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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.15 (1888) n.735, 3 giugno

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L'ECONOMISTA

GAZZETTA SETTIMANALE

SC IEN ZA ECONOM ICA, F IN A N Z A , COMMERCIO, BANCH I. FE R RO VIE IN TE RESSI P R IV A T I

Anno XV - Voi. XIX

Domenica 8 Giugno 1888

I PRIM I R ISU LT A T I

d e lla n u o v a p o litic a e co n o m ica

A pochi giorni di disianza dalla pubblicazione della statistica del commercio italiano sul primo tri­ mestre, la Direzione Generale delle Gabelle ci manda quella che comprende anche il mese di aprile. Diamo più innanzi un sommario resoconto del mo­ vimento commerciale, ma qui dobbiamo fare alcune considerazioni di indole generale. Le previsioni no­ stre sugli effetti della rottura dei nostri rapporti commerciali con la Francia si vanno avverando con una precisione ancora maggiore di quello che noi stessi avremmo pensato.

Non faremo analisi di cifre, nò andremo arzigogo­ lando su questo o su quel punto ; non faremo ri­ cerche sull’ effetto che il nuovo stato di cose ha prodotto sul commercio francese ; tutto questo può dar motivo ad apprezzamenti e ad ipotesi sulle quali la discussione è sempre possibile.

Ma vi è un fatto intorno al quale ogni discussione sa­ rebbe oziosa davvero, ed è questo,che durante i quat­ tro mesi del 1 8 8 8 1’Italia ha perduto oltre cento undici milioni e mezzo del suo traffico internazionale a paragone del 1 8 8 7 , ne Ita perduti 3 6 .7 milioni nel mese di marzo e quasi 7 6 nel solo mese di Aprile.

Suppongasi pure che queste proporzioni non si aggravino nei mesi venturi, ma rimangano soltanto quali si sono manifestate nel quadrimestre, ed alla fine dell’anno avremo perduti quasi 3 5 0 milioni di commercio, cioè più di un quinto del totale.

E per corrispondente inevitabile conseguenza i prodotti delle dogane segnano un analogo ribasso, erano cinque milioni perduti alla line mese di marzo, sono salili a 18 milioni a tutto Aprile; se il movimento non si arresta, alla fine dell’auro, rimanendo le stesse proporzioni, si avrebbe una perdita di od mi­ lioni nel 188 7 .

Ora noi vorremmo sapore quale sia il pensiero e la opinione di coloro che hanno fatta la nuova ta­ riffa generale, hanno stipulato i nuovi trattati di commercio ed hanno consigliato la denunzia e la non rinnovazione di quello colla Francia.

Essi ci avevano detto che la nuova tariffa aveva un doppio scopo: quello di rinforzare il bilancio; quello di migliorare i nostri rapporti commerciali. Ed i fatti fino ad ora dimostrano con troppo deso­ lante evidenza due cose : la diminuzione delle entrate doganali; l’ infiacchimento del commercio.

E , si noti, la Francia non ha fatto uso di quelle minaccia ni rappresaglia che aveva dapprima fatte tem ere; il mercato finanziario fu a Parigi sufficien­

temente corretto verso l’Italia, forse perchè gli uo­ mini politici, dimenticando molte cose, hanno sentita la opportunità di seguire una condotta meno spa­ valda e meno leggera di quella che non abbiano seguita gli uomini che trattano la economia pubblica. E, si "i oti, che comincia ora appena il traffico della seta ; e tutta una ricca e laboriosa re­ gione attende di conoscere quale sarà, di fronte ai nuovi dazi, il contegno dei fabbricanti di Francia che si provvedevano in Italia della materia prima. E , si noti, che un po' più in là avremmo maturate le no­ stre uve di cui gran parte, negli anni scorsi, era venduta prima che raccolta ; ed altre regioni si tro­ veranno in gravissime condizioni agricole e com­ merciali.

Val la pena, crediamo, di occuparsi alquanto di questi fatti che si maturano o minacciano di matu­ rarsi e domandare agli economisti, i quali hanno voluto tentare il grande esperimento, cosa pensino ora che gli effetti sono contrari alle previsioni loro. Poiché quei signori, grandi e piccoli, che al Mi­ nistero delle Finanze ed a quello dell’Agricoltura, Industria e Commercio fanno come essi dicono l’eco- nomia pratica od applicata, sdegnando le teorie ed i principi, tutta roba da dottrinari, quei signori, ave­ vano concepito tutto un piano economico di cui ane­ lavano la attuazione. Essi ragionavano così: — l’Italia ha una esportazione quasi esclusivamente agricola ed è industrialmente povera ; dei prodotti agricoli che esporta gli altri paesi non possono fare a meno, im­ pediamo quindi la importazione dei prodotti manu­ fatti per rinvigorire le nostre industrie interne per mezzo di alti dazi.

Noi abbiamo invano predicato che la costituzione economica dell’ Italia non era tale da permettersi il lusso di simili esperimenti, che era tanto grande ed insperata la fortuna di aver trovato un mercato as­ sorbente tanto vino, tanto olio, tanti legumi, tanto zolfo e tanta seta greggia da dover usare tutti i ri­ guardi possibili per non u rtarlo ; e dicevam o: ad ogni modo proteggete le industrie se questo fatale andare del protezionismo vi domina, ma fatelo in modo da non compromettere in nessun caso quella esportazione che già abbiamo. Cercate il meglio, se avete tanta bravura da vederlo conseguibile con mezzi artificiali ; ma non rovinate il poco bene che abbiamo già conseguito.

Alcuni sperano, e sono veramente i più, che la Francia si stancherà e verrà a più miti consigli, accettando le ultime proposte fatte dall’ Italia.

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362 L ’ E C O N O M I S T A 3 giugno 1888 ci vuol poco a comprendere, e la esperienza lo in­

segna che la Camera e meno ancora il Senato fran­ cese approverebbero un trattato che fosse peggiore per la Francia di quello del 1 8 8 1 . — Potevamo ot­ tenere la proroga di quello del 1 8 8 1 , perchè era un atto più governativo-che parlamentare, ma, perduta j per colpa della leggerezza dei nostri uomini — già | sconfessati e biasimati perciò dall’on. Crispi — per- j duta quella occasione ed applicate ormai le tariffe generali, le pretese della Camera francese saranno j tanto maggiori quanto minor tempo ci separerà dal 1 8 9 2 , epoca nella quale la Francia intende di appli­ care il protezionismo alla maniera della Germania. La situazione adunque va sempre più designadosi quale 1’ ha predetta 1’ Economista ; ogni giorno che passa si accumula il nostro danno e si perde una probabilità di ripararlo.

Che se dai risultati commerciali e finanziari sin qui ottenuti il Governo trasse già argomento di me­ ditazione, ed è disposto quandoehessia a fare nuove offerte, non si lasci vincere da un falso amor pro­ prio, ma le faccia subito, od accetti quelle francesi. — 11 tempo non può che aggravare la situazione.

Nè può esservi difficoltà nella scelta dei negozia­ tori poiché — mettiamo pegno — che quelli stessi i quali hanno cagionato la rottura si adatterebbero anche a rattopparla. Paris vaut bien une messe.

I BIGLIETTI FALSI DELLA BANCA DI FRANCIA

La scoperta non nuova, ma ora molto più grave, di biglietti da 5 0 0 lire della Banca di Francia fal­ sificati, produsse a Parigi in queste ultime settimane una vera commozione e un timor panico non lieve sulla solidità della circolazione fiduciaria. Per chi conosce la situazione del grande istituto bancario francese non può esser dubbio che-nel timore inge­ neratosi nel pubblico commerciante di Parigi vi era dell’esagerazione, che del resto si comprende piena­ mente, specie in un paese dove la circolazione fidu­ ciaria oltrepassa i 2 ,7 0 0 milioni. La questione di­ battuta dalla stampa sulla responsabilità o meno che la Banca deve assumere anche pei biglietti falsi non ha un interesse ristretto alla Francia , ma merita di essere attentamente seguita anche all’ estero. In Francia poi questo episodio bancario ha una impor­ tanza speciale pel momento in cui si è prodotto; discutendosi di già, e come di consueto prò e con­ tro, sul rinnovamento del privilegio dell’ emissione che scade, come è noto, col 1 8 9 8 .

Non rifaremo qui la cronaca dei fatti, anche per­ chè in mezzo a narrazioni il più spesso sconcordanti, non riesce facile desumere come realmente essi si manifestarono. Ci basterà dire che secondo quanto disse il ministro delie finanze, sig. Peytral, in risposta alP interpellanza dell’ ou. D reyfus, il 15 maggio la Banca di Francia ebbe conoscenza che circolavano biglietti da 5 0 0 franchi falsi, il 17 una nota del­ l’Agenzia Havas informava il pubblico della cosa, il 2 2 la Banca cessò di emettere biglietti da 5 0 0 franchi e dietro invito del governo deliberò di procedere al ritiro di tutti i biglietti di quel taglio. Con questo la Banca ha seguilo un ottimo sistema, tanto più dacché'facilitava in vari modi il cambio dei biglietti e i biglietti falsi constatati alla Banca fino al 26 maggio erano o9.

Ora, fa questione che venne agitata con maggiore insistenza è appunto questa : se la Banca deve rim­ borsare i biglietti falsi. Pare, a dir vero, che essa non possi avere altra risposta che la negativa, poi­ ché in linea di stretto diritto niuno può essere te­ nuto a pagare una obbligazione che non è la vera, la sua propria, quella realmente emessa.

Se si dovesse accogliere un principio contrario, esso dovrebbe trovare sempre applicazione, e quin­ di anche per lo Stato, ogni qualvolta cioè venissero falsificate monete, titoli di credito, cedole del Debito pubblico, obbligazioni e simili; senza dire che le frodi di questo genere riceverebbero un grande in­ centivo e si recherebbe un danno non piccolo a co­ loro che appunto hanno emesso quelle obbligazioni, qualunque ne sia la forma. Ma ci sono i possessori in buona fede dei biglietti falsificati, ci sono coloro che li hanno ricevuti, perchè i progressi della frode andando, per così dire, di pari passo con quelli dell’ industria legale, non consentono alla generalità del pubblico di distinguere il biglietto vero da quello falso. Ed anzi a questo proposito va notato che non si è risparmiata l’ accusa alla Banca di Francia di non avere recato nella fabbricazione dei propri bi­ glietti tutte quelle cure che avrebbe potuto met­ tervi. Il Ministro delle Finanze ha naturalmente cercalo di dissipare questa accusa alla Banca; ma ad ogni modo, da quello che è venuto in luce, non pare che essa abbia fatto tutto quanto era nell’ inte­ resse suo e del pubblico di fare, per rendere quanto

più è possibile, diffìcile la falsificazione.

Quello ehe è certo, perchè è ornai provato dai biglietti riscontrati falsi, si è, che gli sforzi della Banca non sono riusciti ad impedire le falsificazioni. Ma devesi nondimeno chiamare responsabile la Banca anche dei biglietti che non sono suoi? Nel 1832, secondo quanto disse l’ on. Dreyfus, la giurispru­ denza del Tribunale di commercio della Senna aveva stabilito che la Banca non era tenuta a rimborsare i biglietti che non ha sottoscritti, e il principio è certamente corretto. Nondimeno pare che la Banca sia disposta a far in modo che i possessori in buona fede dei suoi biglietti non rimangano interamente danneggiati, che abbia stabilito cioè di accordare loro una indennità. Dalla discussione avvenuta alla Camera francese n o n . si desume chiaramente che cosa si intenda per questa indennità; ma è chiaro intanto che non si tratta di rimborsarli, bensì di scemare il danno che ne risentirebbero. Il presi - sidente del Consiglio dei Ministri, signor Floquet, disse infatti che la Banca non ha obbligo dì rim­ borsare i biglietti falsi « ma mi affretto di aggiun­ gere, continuò, che noi. riconosciamo che nell’ inte­ resse stesso della solidità del biglietto, importa che i portatori di buona fede siano indennizzati, ch’essi ricevano il compenso della facilità che sono obbli­ gati di portare nelle loro relazioni con la Banca di Francia. Noi abbiamo creduto che nell’ interesse della circolazione fiduciaria una indennità, in circostanze come questa, doveva essere data dalla Banca ai por­ tatori in buona fede dei biglietti falsi, noi l’abbiamo domandata e il Governo, prima di essere interpel­ lato, ha agito in questo senso presso, il governatore della Banca ».

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3 giugno 1888 L ’ E C O N O M I S T A 363 e le precauzioni non possono mai essere sufficienti.

Anche in Inghilterra dove si segue il lodevole si­ stema di emettere sempre biglietti nuovi, la falsifi­ cazione fu qualche volta applicata su larga scala, come nel 1 8 6 2 quando venne rubata una quantità notevole di carta appositamente fabbricata per la Banca, per poter stampare poi i biglietti. Anche in Inghilterra i biglietti falsi non sono certo rari, ma le°precauz'ùn’ prese rendono più facile di accertare subito le falsificazioni. Alla Banca di Francia dove si sono già adottate varie misure cautelari, come l’abbandono del colore nero e 1' adozione di quello turchino, che non ha potere fotogenico, e di una vernice particolare per impedire il riporto dei bi­ glietti sulle pietre, alla Banca di Francia spetta ora di condurre a maggior perfezione la fabbricazione dei suoi biglietti e di adottare nuove misure di garan­ zia. Ma è chiaro che anche la frode saprà fare nuovi passi innanzi nella imitazione, sicché la Banca come o-li altri Istituti di emissione hanno da considerare anche ciò che loro conviene di fare per non scuo­ tere, al primo biglietto falso che loro capita in mano, la fiducia del pubblico nella solidità della circola­ zione.

Il momento in cui si è manifestato questo in­ cidente e le solite idee inesatte di certi uomini politici sulle funzioni delle Banche di emissione, hanno fattosi che, nelle polemiche intorno a questa questione dei biglietti falsi, si è immischiata la solita avversione contro i grandi istituti di credito. E il Dreyfus voleva, ad esempio, che il governo studiasse senza indugio le condizioni nelle quali si trova in Francia la circolazione fiduciaria ; confondendo così cose affatto distinte in un momento che tutto con­ sigliava di occuparsi solo a far cessare il timor panico della popolazione. Il governo ha fatto dichia­ razioni in complesso corrette e giova credere che saranno anche efficaci e varranno a far procedere regolarmente il cambio dei biglietti su cui sono sorti i dubbi.

Quanto alla indennità ai possessori di buona fede di biglietti falsi, una volta escluso categoricamente il rimborso, può essere un mezzo per impedire che delle falsificazioni dei biglietti debbano sentirne il danno quelli che non sono in modo alcuno colpevoli ; ed essa appare tanto più ragionevole perchè i bi­ glietti della Banca di Francia godono ancora, per la legge del 12 agosto 1 8 1 0 , il corso legale. Quando si impone l’accettazione dei biglietti ai privati è equo accordar loro un indennizzo se il biglietto di cui sono in possesso è falso e non potevasi pretendere che si, accorgessero della sua falsità.

Nel mese di maggio testé decorso ebbe luogo nella sede del Circolo Enofilo in Roma una animata con­ versazione tra i membri del circolo stesso intorno ai provvedimenti proposti dal Ministero d’Agrieqltura e Commercio all’ approvazione della Camera, intesi a prevenire e combattere le adulterazioni e sofisti­ cazioni dei vini.

L ’ assemblea era competente, la conversazione fu seria e piatita, l’oggetto è importante: dei concetti che sono prevalsi è naturale e utile tener conto.

Ma dicendo prevalsi non siamo abbastanza esalti. Piuttostochè la prevalenza d’ un dato .ordine di idee, si determinarono tre correnti diverse, di cui ciascuna è degna di nota, mentre nessuna risoluzione defini­ tiva venne presa a maggioranza.

Alcuni ritenevano superllua una legge speciale, dovendo bastare ad impedire le adulterazioni l’ op­ portuna applicazione del Codice penale. Se gli articoli del Codice vigente, dissero, non bastano, se ne in­ troducano di appositi nel Codice nuovo di prossima promulgazione, e tali che tutelino il pubblico contro le frodi relative non solo al vino ma a tutti i ge­ neri alimentari.

Altri invece opinavano esser provvida una legge come quella proposta dal Governo, per due motivi: per tutelare cioè la pubblica salute contro l’ impiego di sostanze nocive, e per prevenire il discredito in cui i nostri vini possano cadere, specie all’ estero, per colpa delle adulterazioni che subiscono.

Altri finalmente manifestarono l’opinione che qual­ che provvedimento speciale possa essere opportuno a favore degli onesti produttori di vino, ma che l’ ingerenza governativa, quale deriverebbe dal pro­ getto ministeriale, sia soverchia e tale da perturbare ì’ industria vinicola, anziché aiutarla.

Non occorre dire che dei tre pareri ci associamo al primo. Più e più volte abitiamo rilevato, biasi­ mandola, l’odierna tendenza allo eccessivo legiferare da cui derivano troppe volte due conseguenze pa­ rallele: la insufficienza dei provvedimenti legislativi presi in fretta e senza coordinamento alle materie affini, e il turbamento di privati interessi che per loro natura devono essere liberi. Ma, per non stare sulle generali, veniamo al caso concreto.

L’ industria enologica, lo abbiamo notaio altre volte, è nel nostro paese una delle più sviluppate, delle più floride e promettenti. Nella non rapida trasformazione delle colture, la vite, da un capo al­ l’altro della penisola, si estende sempre, cuopre uno spazio ogni giorno maggiore, vien meglio coltivata. La produzione del vino si fa sempre più abbondante e perfetta, l’esportazione cresce, e se anco la rottura del trattato commerciale colla Francia le ha chiuso pel momento il maggiore e miglior suo mercato, si tratta d’uno stato di cose che non potrà durare a lungo, mentre frattanto si vanno cercando nuovi sbocchi per lo sfogo del prodotto, che non si acqui­ stano in un giorno, ma pei quali è aperto un non lontano avvenire. Si capisce dunque come l’ industria del vino sia in certo modo la più curala, la più studiata e protetta, quella a cui con lena e perti­ nacia molte persone, anche non direttamente inte­ ressate, dedicano l’attenzione e l’opera loro. A primo aspetto pertanto sembra che una oculata tutela di essa, mediante leggi speciali che, punendo le frodi, la riparino da un possibile discredito, sia quanto di più giusto, tempestivo e benefico si possa escogitare e applicare.

Se non che altre industrie, anche agricole, fiori­ scono nel nostro paese. Si vorrà quindi per ciascuna singolarmente redigere e promulgare una legge ? Le medesime poi crescono di numero e anche si tra­ sformano. Vorremo che tante nuove leggi discipli­ nino man mano ogni industria nuova e seguano le industrie vecchie nelle loro infinite trasformazioni?

__ Perchè n o? ci pare di sentir rispondere da qualche parte.

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364 L ’ E C O N O M I S T A 3 giugno 1888

possibile; e si badi che una esagerata tutela per | alcune industrie si risolve in un trattamento ingiu­ stamente diseguale per quelle che ne restano prive. In secondo luogo non sappiamo dove e come si troverebbe una vigilanza speciale davvero efficace su tante diverse forme del lavoro umano. Non po­ tendola organizzare, o disponendone una che in pra­ tica riesca illusoria, ne va di mezzo quella maestà della legge che in uno Stato civile è interesse di tutti non resti offesa mai. Che importa sia questa una considerazione ovvia e stravecchia ? Bisogna ripeterla quante volte la si vede dimenticala..., il che accade spesso. Da ultimo poi si apre largo il campo alle frequenti vessazioni. Non solo il legisla­ tore, anche bene coadiuvato, non è sempre compe­ tente in materie tecniche speciali, nta l’ente incari­ cato di eseguirne i precetti, che è il Governo, non presta mai interamente gratuita l’opera propria. E la tutela d’ una industria dovendo, come è naturale, spiegarsi su tutti gli esercenti, ne consegue che spesso riesce dispendiosa e molesta specialmente per quelli appunto che non 1’ hanno desiderata e che non ne avrebbero mai fatto domanda. Il caso della sor­ veglianza governativa su talune industrie, riconosciuta ad un tempo molesta ed inutile, non è nuovo. Basti citare quella del marchio governativo obbligatorio, dapprima vigente e poi abolito sui metalli preziosi. Ma qui sorge il quesito : Poiché ogni lavoro deve essere lasciato libero, si dovrà permettere che certe industrie portino sul mercato del consumo roba in­ trinsecamente cattiva, in cui la sostanza non corri­ sponde alla forma e alla apparenza, la cosa al nome, e senza che il pubblico o parte di esso abbia modo di difendersi dall’inganno nè di farsi risarcire dal danno? E rispondiamo : La frode in materia di generi ali­ mentari e di consumo non è diversa nella sua es­ senza, ma solo nella forma che assume, da tante altre frodi di cui la umana malizia è pur troppo feconda. Come non v’è una legge apposta per repri­ mere ogni singola specie di frode, ma di tutte la sanzione rientra in qualche modo tra i casi previsti dalle leggi generali punitive vigenti nello Stato, così non v ’è^ ragione perchè non possa e debba rientrarvi anco quella in discorso. Ma qui le sanzioni, a ca­ restia d’ una, possono essere anzi due: quella del Codice Sanitario per l’abusiva produzione e lo spac­ cio abusivo di bevande nocevoli alla salute, e quella del Codice Penale per la dolosa consegna di merce intrinsecamente diversa da quella pattuita. Tanto l’uno che l’altro Codice verranno probabilmente votati dalle Camere nella sessione che sta per chiudersi e per la definitiva redazione del secondo si prevede che verranno lasciate al Governo facoltà insolitamente ampie. Poiché dunque il tempo non manca per provvedere, si provveda nel modo più razionale.

LETTERE PARLAMENTARI

La mozione dell’ on. NicoteraLa discussione del Codice Penale — / / bilancio della Marina.

Roma, 31 Maggio.

La mozione presentata dall’ on. Nicotera è andata a terminare molto diversamente da ciò che ognuno credeva. L ’ on. Nicotera, corno è noto, aveva pre­

sentato una mozione diretta ad ottenere che il Go­ verno provvedesse a una più efficace difesa delle principali città marittime, e si sapeva che il propo­ nente era d’ accordo col Governo. La mozione era stata letta prima dal Presidente del Consiglio e poi dal Ministro della G u erra.il quale anzi all’ elenco delle città marittime indicate dall’ on. Nicotera, aveva fatto aggiungere Veuezia, eli’ era stata trascurata o dimenticata.

La riapparizione dell’ on. Nicotera, che sembrava ritirato sotto le tende, fatta in occasione di un ar­ gomento rispondente ad un’ aita nota patriottica, e insieme agli interessi di parecchie città, situate in diversissime regioni d’ Italia ; questa riapparizione dell’ on. Nicotera nella parte militante del mondo politico, e l’ accordo col Governo avevano dato luogo a vaste supposizioni nei circoli parlamentari. Si di­ ceva: evidentemente il Ministero Ita bisogno di far nuove spese per la difesa delle coste, ed ha bisogno che la proposta gli venga dalla Camera, ed in una forma e con una estensione tale d’ interessi che all’oc- correnza sia uno dei buoni argomenti per le elezioni generali. Si aggiungeva : se la cosa va come si pre­ vede, è certo che il Governo si prepara a fare po­ sto all’ on. Nicotera in un prossimo avvenire.

Ma la Carriera è composta di un pubblico come un altro, e non si sa mai bene che viso farà a una proposta o ad un oratore. Questa volta, ad esem­ pio, quelle previsioni sopra accennate sono tutte fallite.

La mozione Nicotera non fece buon incontro nella Camera, Il Ministro della Guerra se ne avvide su- vito e cominciò — abilmente per lui — dal far sopprimere I’ elenco delle città da di tendersi ; più tardi quando la discussione dimostrava che il favore della Camera diminuiva sempre più, fece sopprimere anche la dizione « delle principali città marittime » in modo che la proposta non aveva più un signifi­ cato speciale diretto di un provvedimento immediato. Ridotta a questi termini generici, la mozione passò, e passò come non avesse importanza, impedendo che ne presentasse una precisamente contraria I’ on. Me­ notti Garibaldi, il quale ieri ebbe un vero successo ed avrebbe avuto un trionfo perchè interpretò il sentimento della Camera, mal disposta ad impegnare il bilancio in una spesa gravissima senza certezza di raggiungere il grande obiettivo di proteggere con fortificazioni tutte le città marittime.

Risultato pratico della discussione d’ ieri : l'o n o ­ revole Nicotera non ha raggiunto il suo scopo, ma il Governo sì, perchè I’ on. Nicotera ha dovuto ri­ durre il suo ordine del giorno a proporzioni, che sono iti disaccordo con le premesse del suo discorso, il Governo ha abbastanza in mano, coll’ ordine del giorno votato, per presentare, per esempio a novem­ bre, un progetto di nuove spese per fortificazioni, sostenendo sempre che, in ultima analisi, è la Ca­ mera, la quale esprime desideri di maggiori difese e spinge il Ministero della Guerra a spendere.

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3 giugno 1888 L’ E C O N O M I S T A 365 discutere, ma non proporre emendamenti. Ci fu una

vera ribellione, molto maggiore di quella che sia apparsa dai resoconti parlamentari. Ed è un fatto che il Presidente della Camera dovette prendere le difese delle prerogative della Camera, e proclamare altamente che nessuno aveva tolto e poteva togliere ai deputati la facoltà di proporre emendamenti e di farli votare.

L’ on. Zanardelli andò sulle furie per la inattesa resistenza e dubitò per un momento delle sorti del Codice. Certo la sua condotta poco accorta ha pro­ vocato una reazione e ha fatto aumentare il numero dei discorsi e degli oppositori. Ma ora corrono le voci di un compromesso che dovrebbe risultare agli occhi del pubblico appena si riprenderà la discus­ sione, o almeno quando verrà in discussione l’arti­ colo -1° della legge, con cui si dà facoltà al governo di promulgare il Codice. Il compromesso sarebbe questo ; la Camera nominerebbe una Commissione incaricata di procedere, d’accordo col Ministro al coordinamento del progetto del Codice con gli emen­ damenti, i voti, le raccomandazioni che risulteranno da tutta la discussione. Di tal maniera ci si acco­ sterebbe al metodo seguito dalla Camera per la discussione e approvazione del Codice Civile. Se si riesce a questa intesa, il Ministro cede nella forma, ma in sostanza guadagna molto e molti alla sua causa. Intanto però egli non si fida; e volendo essere pa- ratus ad omnia, ha inviato una circolare ai deputali suoi amici (e questi I’ hanno ricevuta oggi stesso) per invitarli a trovarsi alla Camera da martedì, 5 Giu­ gno, fino al giorno del voto. Il Ministro spera che al 5 Giugno sia esaurita la lunga lista degli oratori iscritti in questa discussione generale, o almeno cal­ cola di farli terminare giovandosi delle facoltà che hanno i Ministri di poter parlare sempre, quando meglio lo credono. È inutile aggiungere che l’ono­ revole Zanardelli intenderà pronunziare un discorso magistrale, da par suo, chiudendolo con un voto, che sarà più o meno importante secondo che sarà intervenuto l’accordo suaccennato.

— Dalla relazione, non ancora distribuita, sul Bi­ lancio della Marina, risulta che la previsione delle spese effettive per la Marina nell’esercizio 1 8 8 8 - 8 9 ammonta :

Per la parte ordinaria a . !.. 9 2 ,0 6 3 ,7 4 4 .4 6 Per la parte straordinaria a » 2 6 ,4 4 6 ,5 0 0 .0 0 Totale spese effettive L. 1 1 8 ,2 1 0 ,2 4 4 .4 6 Oltre a ciò sono stanziate L. 2 ,5 0 2 ,7 4 9 .1 7 per partite di giro e L . 2 ,3 0 0 ,0 0 0 per movimento di capitali.

Di fronte alla somma di spesa effettiva preve­ duta nel bilancio di assestamento dell’ esercizio in corso 1 8 8 7 - 8 8 , l’aumento nell’anno prossimo sarebbe di L. 4 ,7 7 8 ,1 5 1 .8 2 cioè nella parte ordinaria di L. 2 ,7 4 7 ,6 5 1 .8 2 e nella straordinaria di L. 2 ,0 3 0 ,3 0 0 .

Rivista Bibliografica

anzitutto il fenomeno della emigrazione in rapporto alla densità della popolazione e alla natalità, estende le sue ricerche ai principali paesi e dimostra come il numero degli emigranti non sia ancora tale in Italia da impensierire, Respinge I’ idea che l’ emi­ grazione possa spopolare un paese come il nostro, e mette in luce i moventi dell’ emigrazione, oggi più che mai in azione per I’ aspirazione, anche troppo legittima nelle classi diseredate, a una condizione economica meno triste. Nel capitolo successivo espone sommariamente le varie fasi avute dall’ emigrazione italiana e le tendenze che la sua storia rivela. Le statistiche non lasciano dubitare che è nell’America meridionale dove si dirige il grosso dei nostri emi­ granti, perchè ivi varie condizioni li favoriscono.

Ma poiché il progetto dell’ on. Grispi prende di mira le agenzie per l’emigrazione, il sig. Nitti esamina in un terzo capitolo questa questione, artificialmente ingrossata per dare sempre nuove ingerenze al Go­ verno e crearlo ancora una volta arbitro di permet­ tere o no un fatto, che giustizia vorrebbe fosse lascialo completamente libero. Or bene l’Autore dimostra con cifre e in base alle risposte date dai prefetti ai que­ siti loro sottoposti con una circolare del 1 8 8 2 , ohe l’ in­ fluenza esercitata dagli agenti fu sempre minima e che altre cause determinarono gruppi considerevoli di operai agricoli ad espatriare. E fra queste cause non va trascurata quella dei resultati buoni che o t­ tengono alcuni emigranti e che invogliano altri a raggiungerli. Le disposizioni del progetto Crispi sugli agenti sono eccessive e illiberali, riesciranno dannose agli emigranti, senza però opporre un freno alla emigrazione. In ¡special modo l’ Autore respinge la facoltà, che si vorrebbe lasciare al governo, di limi­ tare l’arruolamento, tanto per le provineie nelle quali vuol farsi, quanto nei paesi pei quali è destinato. Questa facoltà è invero quanto di più arbitrario si possa accordare ad un governo, il quale diverrebbe necessariamente il tutore degli emigranti con le re­ sponsabilità relative.

Negli ultimi due capitoli del suo interessante scritto il sig. Nitti si occupa specialmente delle provineie meridionali e degli effetti prodotti in esse dalla emi­ grazione. Confuta i pregiudizi e i sofismi degli inte­ ressati a impedire l’ emigrazione per avere il lavoro a basso prezzo, dimostra che sventuratamente l’ emi­ grazione non ha ancora fatto sensibilmente aumen­ tare i salari e brevemente, ma con molta efficacia, mette in evidenza gli errori e l’ ingiustizia della po­ litica economica italiana, che aumenta, il dazio sui cereali e vuol frenare l’ emigrazione. È uno scritto forse gettato giù un po’ troppo in fretta e quindi non sufficientemente ordinato, ma che si legge con inte­ resse e che ha uno scopo meritevole del massimo elogio. Il sig. Nitti si è proposto di difendere l’ emi­ grazione contro l’ intervento malefico del legislatore; non ammette che oltre il Codice penale vi sia una legge la quale colpisca gli agenti che frodano o in­ gannano gli emigranti; — e noi siamo d’ accordo con lui, come abbiamo sostenuto, recentemente in queste stesse colonne. (V . L'Economista del 1 5 Gennaio e del 19 Febbraio).

Finché in Italia l’ operaio agricolo adulto avrà la mercede di 6 0 o di 7 0 centesimi; finché i capitali non avranno fatto fruttificare la terra ed equamente retribuiti i lavoratori, l’ emigrazione sarà sempre ne­ cessaria e il legislatore, tentando di opporvisi, non farà che accrescere il malessere della classe

lavora-Francesco S. Nitti. — L ' em igrazion e italian a t i suoi a v v ersari. — Torino, Roux e C., pag. 87.

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306 L ’ E C O N O M I S T A 3 giugno l$88 trice. Nelle condizioni attuali l’ emigrazione non è un

male, per quanto possa essere un fatto doloroso. Il libretto del sig. Nini può servire a correggere molte idee errate su questo importantissimo argomento.

Stephen Dowell. — A H istory o f T ax a tio n an d Taxe.s in È n g lan d fr o m thè ea rliest times to thè y e a r s 1885. \ Second edition. — London, Longmans and 0 „ 1888, 4 volumi.

La prima edizione di quest’opera è uscita nel 1884 e non abbiamo mancato di segnalarla ai lettori e di indicarne i pregi. (V . L'Economista n.° 6 0 7 ). Questa seconda edizione, conforme nelle sue grandi divisioni alla prima, è stata però dal sig. Dowell veramente riveduta e accresciuta. I primi due volumi trattano della taxation, ossia dei tributi nel loro complesso e dei modi di percepirli; gli altri due volumi si oc­ cupano invece di ciascuna tassa singolarmente e l’Au­ tore spiega questa divisione, avvertendo che la mol­ teplicità delle tasse imposte in Inghilterra nell’ultimo secolo è tale da non rendere possibile di combinare in una narrazione sola i particolari relativi alle tasse con la storia generale delia tassazione. E non v’ ha dubbio che questa ripartizione giova alla trattazione di una materia così complessa. Nella storia generale delle tasse, lo storico può tenere conto di tutti quegli argomenti che si connettono con la finanza, come le circostanze politiche, economiche ec. nelle quali fu­ rono introdotte le varie tasse, gli eventi che le resero necessarie o preferibili, e simili altri fatti. Questo è anche il metodo seguito dal sig. Dowell che nei primi due volumi abbonda in particolari e ha scritto una storia che non interessa solamente il finanziere.

Nella storia delle singole tasse l’Autore dà natu­ ralmente tutte le notizie desiderabili sui progetti pri­ mitivi di ogni tassa, sulle riforme introdotte, sui pro­ dotti assoggettati a imposta, sulle variazioni dei proventi che hanno dati, sulla incidenza, sulla in­ fluenza che le tasso possono avere avuto sui costumi e consuetudini del popolo nella vita quotidiana ec. Tutto questo materiale distribuito per ogni tassa, di cui P Autore si occupa, riesce altamente prezioso e interessante e costituisce un opera che noi non ab­ biamo esitato, fin dal suo primo apparire, a parago­ nare pel suo merito a quelle del Freeman, dello Stubbs e del May. Il successo avuto dalla prima edizione ci .conferma nel nostro giudizio. Questa se­ conda edizione è poi notevolmente arricchita di ap­ pendici contenenti documenti di molto interesse per la storia delle finanze inglesi.

È ingomma un opera che racchiude tutta la espe­ rienza finanziaria di un popolo che ha avuto i più insigni finanzieri ; ed è veramente quanto di meglio si possa desiderare per eletta dottrina e ricchezza di notizie abilmente esposte.

H. Bovet-Bolens. — L a fin de la crise. —• Paris, Giiil-laumin, 1888, pag. 293.

La crise di cui tratta l’Autore è quella commer­ ciale e suo scopo non è tanto di esporre analitica- mente il sorgere, le vicende e le conseguenze della crise, quanto di studiare il mezzo per mettervi fine. Tuttavia un terzo del libro è dedicato dal sig. Bo­ vet-Bolens a determinare la perturbazione sopravve­ nuta nelle idee e nei fatti relativamente agli scambi internazionali. Comincia quindi a stabilire le conse­ guenze dei trattati di commercio, che trova comple­ tamente conformi alle previsioni fatte dagli economisti,

e passa poi alla disamina delle cause reali della rea­ zione protezionista, di cui mostra i pericoli nei ri­ guardi economici, sociali e internazionali.

Questo esame della crisi e delle sue cause, sebbene non privo di considerazioni assennate, non ci è parso però nè completo, nè condotto con criteri scientifici ben determinati. È certo che l’Autore ragiona a filo di logica e che è sulla strada buona, ma non cre­ diamo che dalla lettura dei primi sei capitoli sia possibile di formarsi una idea chiara ed esatta delle cause che hanno determinata la crise economica.

La conclusione alla quale giunge il nostro Autore è che il sistema dei trattati gli sembra non risponda più ai bisogni de! nostro tempo, che oggi siamo meno innanzi del 1 8 6 0 e che in questo momento le menti gli sembrano essere completamente disorientate; per difetto di cognizioni economiche il dubbio ha invaso le menti più illuminate, i principi un tempo meno contestati sono caduti in sospetto.

Dove trovare il rimedio e la salute? Se i trattati di commercio si ritengono erroneamente inefficaci; se si crede che essi abbiano fallito al loro scopo, per l’Autore diventa necessario cercare un nuovo sistema che ridoni la pace alle turbate relazioni commerciali e questo mezzo sarebbe una Federazione liberoscam­ bista internazionale. L’ idea non è certo, nel 188 8 , originale; ma l’Autore dice di averla esposta e pa­ trocinata dieci anni fa contemporaneamente al De Mo- linari e ne fa in questo volume il capo-saldo di tutto il suo ragionamento. Egli non vuol farsi illusioni e quindi passa a rassegna i vari Stati per vedere quelli sui quali non si può contare (Germania, Francia, Italia, Russia) e quelli che invece potrebbero facil­ mente conchiudere una alleanza libero-scambista (Belgio, Svizzera, Olanda, con l’ Inghilterra alla testa); potrebbero poi, secondo l’Autore, aderire alla Unione libero-scambista l’Austria Ungheria, la Grecia e gli Stati balcanici, le colonie inglesi, gli Stati Uniti e il Giappone. S’ intende che 1’ adesione di questi Stati dovrebbe aver luogo per ragioni speciali a ciascuno di essi che l’ Autore espone abbastanza largamente, come fa del resto per tutti gli altri. Quali le conse­ guenze pratiche di una simile Federazione? In breve, nel territorio dell’ Unione ai prodotti dei paesi ad essa estranei sarebbero sostituiti i prodotti di Stati appartenenti alla Unione; quindi, per dare un esempio, ai vini francesi, italiani, ungheresi e serbi succede­ rebbero in parte, nel territorio dell’ Unione, quelli di Spagna, del Portogallo, dell’ Australia e del Capo.

Esposte le varie probabilità che l’ uno o l’ altro Stato partecipi alla Federazione libero-scambista l’Au­ tore risponde alle possibili obbiezioni, e si occupa in­ fine della esecuzione del piano esposto e delle con­ seguenze politiche ehe può produrre la Federazione libero-scambista internazionale.

Sono sforzi lodevoli per tentare di uscire da questo stato di gelosie e di guerre economiche che tanti danni va producendo ; ma, non bisogna davvero farsi illusioni, la costituzione di una Unione libero- scambista, non ostante i suoi benefici, è oggi meno che mai probabile. Il libro del sig. Bovet-Bolens è nondimeno di una lettura molto interessante per le giuste osservazioni che contiene e lo svolgimento di una idea, per la quale non si può non avere che una sincera simpatia.

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3 giugno 1888 L’ E C O N O M I S T A 367

Rivista (Economica

La questione degl’ Infortuni del lavoro alla Camera francese.I l contrabbando al confine franco­ italiano e te rivelazioni del Tim es. — / / con­ gresso delle cooperative inglesi a Dewsbury. La questione degli infortuni sul lavoro si presenta a poro a poeo e viene agitata in tutti i paesi. Un pensiero senza dubbio generoso e filantropico anima coloro che chiedono o propongono leggi per accor­ dare all’ operaio uno speciale privilegio giuridico o le maggiori facilità per assicurarsi contro gli infor­ tuni sul lavoro. Ed anche in Francia, come abbiamo notalo altre volte, più di un progetto è stalo for­ mulato con quegli intenti, ma solo ora la Camera francese si è veramente occupata della questione. La discussione avvenuta sulla prima lettura del pro­ getto ha provato ancora una volta che non bastano le migliori intenzioni per fare una legge anche so­ lamente passabile!.

L’idea fondamentale in questa questione è quella di mettere 1’ operaio che resta ferito sul campo di battaglia, cioè sul lavoro, in condizione di ottenere con minore difficoltà l’indennità che può spettargli. Ora esso deve sostenere lunghi e difficili processi per avere, quando ne ha diritto, una indennità; e non va trascurato che se nell’infortunio vi è stata sua colpa o se trattasi di un caso fortuito o di forza maggiore l’indennità non gli spetta. Si è domandato se non vi ò in tutto questo una ingiustizia, se è giusto che l’operaio, il quale espone la sua vita in una industria pericolosa ed è in un contatto incessante con macchine che possono cagionare la morte, debba trovare tanta difficoltà per farsi indennizzare delle disgrazie di cui è vittima, e se l’ imprenditore, per conto del quale lavora, non deve garantirlo in una misura più larga contro i rischi che possono risul­ tare dalla esenzione del contratto.

Si può ammettere che questa sia una preoccupa­ zione umanitaria abbastanza giusta e ragionevole e che meriti di essere presa in seria considerazione. Ma è quando si vuol tradurre con una formula giu­ ridica quel concetto che informa tutte le proposte' di legge sulla materia, che si parano dinanzi le mag­ giori difficoltà. È quello che si è accertato anche in Francia in occasione della discussione alla quale accennavamo prima. Infatti dopo molte indagini e niolt’. studi non si è saputo far altro che mettere nella legge diversi paradossi giuridici. Questo, ad esempio, che in certi casi e nelle condizioni che la legge tentò di definire per alcune industrie di cui cerca di compilare la lista, fu soppresso il principio di diritto, di buon senso e di giustizia, pel quale chi ha commesso uua colpa deve sopportarne le con­ seguenze. Si vuol mantenere questo principio in certi casi e stabilire per altri casi un principio as­ solutamente contrario. Si vuol far decidere che il tal opeiaio continuerà ad essere responsabile delle sue colpe, e che il tal altro non solo non sarà più responsabile, ma potrà anche domandare una inden­ nità. E evidente che con questo sistema non si fa altro che creare delle disparità e che si è costretti a una classificazione delle industrie pericolosissima.

Intanto sempre, a proposito dell’assicurazione con­ tro gli infortuni sul lavoro vi è stato chi ha fatto

l’apologià delle corporazioni e ne ha chiesto la ri­ costituzione sopra basi quasi mistiche. Il conte de Mun, che è il fautore eloquente delle antiche corporazioni, non faceva nessun conto dei cinque secoli di espe­ rienza che hanno avuto le.corporazioni di Parigi, e dimenticava che nonostante tutti gli impacci messi al lavoro, essi non hanno impedito nè la miseria, nè gli scioperi, nè l’antagonismo tra padroni e ope­ rai. Il sistema è giudicato non solo teoricamente, ma anche praticamente. Al socialismo cattolico tutto que­ sto imporla poco; gli basta tenere l’operaio avvinto alla corporazione e soggetto alla Chiesa.

— Il corrispondente da Parigi del Times ha man­ dato all’ organo della City una interessante lettera, nella quale rende conto esteso e molto istruttivo, della organizzazione del contrabbando che si esercita ora tra la Francia e l’Italia. La cosa non ci ha re­ cato, a dir vero, alcuna maraviglia, chè non v’ era ragione di dubitare che date le alte tariffe doganali italiane e francesi il contrabbando sarebbe venuto a mitigare gli eccessi dei Governi. Il male è che una volta dato impulso, sia pure indirettamente, al contrabbando, è assai difficile di sradicarlo, e per tal modo il Governo italiano, che già si trova in­ capace a frenare il contrabbando alla frontiera set­ tentrionale, ora dovrà pensare a impegnarsi in una, lotta tenace anche al confine occidentale. Ci duole di non poter riferire qui estesamente la narrazione pubblicata dal Times nel n.° del 2 8 maggio con i com­ menti e le considerazioni giustissime che lo stesso giornale ha fatto nel numero successivo in un lea- ding article. Ma non possiamo omettere di accen­ nare ad alcuni fatti. Il corrispondente del Times nota che in principio quelli che erano danneggiati ' dalla rottura commerciale franco-italiana tentarono di sottrarsi alle conseguenze dannose facendo pas­ sare le merci per la Svizzera. Ben presto però que­ sta manovra venne scoperta e allora si tentò un altro mezzo, che fino ad ora avrebbe condotto ai migliori risultati, e secondo ogni apparenza conti­ nuerò con lo stesso successo per lungo tempo. Venne cioè impiantata una vera e propria organizzazione, con la quale trasmettere da un paese all’ altro le merci, senza assoggettarle ai carichi fiscali « stupi­ damente imposti » ilice il corrispondente, il quale si è recato apposta sul luogo scelto come punto centrale per regolare il contrabbando e fa una minuta d e­ scrizione del metodo adottato.

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368 L ’ E C O N O M I S T A 3 giugno 1888 è molto di vero nelle affermazioni del corrispon­

dente del Times. Non diremo che i contrabbandieri sono gli emancipatori del commercio e dell’ indu­ stria dai gravi oneri « stupidamente loro imposti, » come scrive il corrispondente, ma pensiamo che quanto avviene alla frontiera italo-francese è la mi­ gliore risposta alla politica assurda e dannosa oggi in voga al di qua e al di là delle Alpi.

— ìl Congresso delle società cooperative inglesi, tenuto quest’anno a Dewsbury ha compito i suoi la­ vori fino dalla settimana precedente. Parecchi sono stati i discorsi pronunziati in quella riunione, fra i quali furono principalmente degni di nota quelli del Neale, di Lord Ripon, di T. Hughes e di qualche altro. Come fu già accennato in un articolo del pre­ cedente numero sullo « Stato e gli operai, » I argo­ mento intorno ai quale si aggirarono i discorsi e le discussioni è stato quello della cooperazione appli­ cata alla produzione.

Quasi tutti gli oratori invocarono 1’ altruismo per poter fondare'le cooperative di produzione. Questo appello all’ altruismo, fatto con molto calore special­ mente dal Vansittart Neale, è stata una confessione involontaria di sconfitta della quale non possiamo non prender nota. Sono infatti parecchi anni che i cooperatori inglesi vanno asserendo, che la coope­ razione può essere applicata alle industrie con lo stesso vantaggio col quale è stata applicata.al con­ sumo delle cose più necessarie alla vita. Ma non si è ancora usciti dalle semplici affermazioni e i non molti esempi di società produttrici cooperative inglesi che si possano citare, non provano ancora nulla di concreto. La promessa evoluzione industriale non ha evidentemente per ora nessuna probabilità di essere iniziata ; e temiamo che non debba averne mai per­ chè l’organizzazione economica, che non è fondata sull’egoismo o se vuoisi sull’ interesse singolo dei partecipanti alla produzione, non ci pare possa reggere. Comunque sia di ciò, il Congresso di Dewsbury non ha fatto davvero la luce sul gravissimo pro­ blema della produzione cooperativa. I cooperatori inglesi hanno certamente, in circa cinquant’ anni, fatto molto a vantaggio della classe operaia, miglio­ rando i consumi e riducendo i prezzi, col soppri­ mere gli intermediari, ma a chiunque segue il mo­ vimento cooperativo inglese appare subito che da qualche tempo la cooperazione non fa più progressi in Inghilterra. Questo non sta contro la bontà della cooperazione così detta distributiva, ma prova che essa risolve un problema secondario più o meno importante, e urgente, secondo i tempi e i luoghi. Il bilancio dell’operaio ne trae senza dubbio un sen­ sibile vantaggio, e per questo, il concetto che in­ forma la cooperazione di consumo è buono, quan­ tunque essa rechi dei danni al piccolo commercio. Ma le illusioni sulla produzione cooperativa possono, se non a tempo combattute, far perdere nel com­ plesso quel beneficio clje è giusto riconoscere nella cooperazione di consumo.

IL COMMERCIO I T A L I A N O

nei primi quattro mesi del 1888

Dopo quanto abbiamo estesamente esposto nell’ul­ timo numero circa il comercio italiano nel primo trimestre e nel mese di marzo, poco possiamo oggi

aggiungere, dappoiché per quanto le cifre appari­ scano sempre più gravi per il movimento commer­ ciale italiano, non possono ancora servire di defini­ tivo criterio per giudicare.

Dedotti i metalli preziosi il quadrimestre passato presenta questi risultati:

1887 1888 Differenza

Importazione L. 5 0 2 ,3 4 5 ,1 6 3 4 0 6 ,8 6 2 ,7 6 4 - 9 5 ,4 8 2 ,3 9 9 Esportazioni » 3 4 4 ,1 4 0 ,2 8 2 3 2 7 ,9 6 6 ,2 8 8 16,1 7 3 ,9 9 4 Totale.. . . L . 8 4 6 ,4 8 5 ,4 4 5 734,8 2 9 ,0 5 4 — 111,656,393

I metalli preziosi diedero il movimento seguente:

1887 1888 Differenza Importazione T-i. 3 7 ,9 2 2 ,6 0 0 Esportazione » 55, 774,200 3 4 ,6 2 9 ,1 0 0 3 8 ,8 3 2 ,6 0 0 — 3 ,2 9 3 , 500 — 1 6 ,9 4 1 ,6 0 0 Totale.... L 9 2 ,6 9 6 ,8 0 0 7 3 ,4 6 1 ,7 0 0 — 2 0 ,2 3 5 ,1 0 0

In quanto al mese di aprile esso ha dato un m o­ vimento che-fu giudicato addirittura desolante per le cifre diminuite tanto alla importazione come al­ l’esportazione, le quali cifre sono le seguenti :

1887 1888 Differenza Importazione L. 138,751,118 Esportazione » 92,273,591 82,549,622 72,565,410 — 56,201,496 — 19 273,591 Totale.... L 231,024,709 155,115,032 - 75,475,087 Diamo inoltre i prospetti delle categorie quali ci sono fornite dalle statistiche della Direzione generale delle Gabelle. 1 lettori esaminandoli rileveranno quali sono le variazioni più notevoli.

IMPORTAZIONE

CATEGO RIE secondo la tariffa doganale

Valore delle merci importate nei primi quattro mesi dell’ anno 1888 Differenza col 1887 12,454,718 21,339,921 16,691,768 7,846,239 7,578,247 56,073,095 25,998,449 23,172,684 — 4,310,799 I I . III.

Generi colon., droghe e tabacchi. Prodotti cliim. generi medicinali?

— 12,822,862 — 120,736 IY . Colori e generi per tinta e Per

— 659,882 V. Canapa, lino, juta ed altri vege­

tali filamentosi esci, il cotone- - 4,946,843 — 11,954.346 V II. — 6,279,441 — 11,961,990 IX . 12,514^470 3,668,152 13,725,855 — 7,591,786 — 2,025,445 + 12,600 X I I . X II I . X IV . XV .

Minerali, metalli e loro lavori.* Pietre, terre, vasellami , vetri e Cereali, far., paste e prodotti ve- get.,non compresi in altre categ. Animali,prodotti e spoglie di ani­

mali non compresi in altre cat.

62,903,828 41,689,338 66,203,612 25,649,660 9,352,728 + 1,282 -h 776,653 — 26,101,571 — 2,967,233 — 4,530,000

Totale delle prime 16 categorie 406,862,764 34,629,100

- 95,452,399 — 3,293,500

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3 giugno 1888 L ’ E C O N O M I S T A 369

C ATE G O R IE secondo la tariffa doganale

ESPORT Valore | delle merci esportate nei primi quattro mesi dell’ anno 1888 AZIONE Differenza col 1887

I. Spiriti, bevande ed olii... 61,881,282 — 8,120,082 II. Generi colon, droghe e tabacchi. 1,373,699 — 721,281 I I I . Prodotti chim .,generi medicinali,

resine e profu m erie... 18,445,055 - f 635,320 IV. Colori e generi per tinta e per

concia... 3,231,155 — 20,546 V. Canapa, lino, juta ed altri vege­

tali filamentosi, esci, il cotone. 16,863,004 + 2,674,534 VI. Cotone... ... 8,391,479 + 1,651,029 V II. L ana, crino e peli... 2,897,609 -b 353,709 V i l i . Seta... 99,342,784 -b 6,018,300 IX. X. Legno e p a glia ... Carta e l ib r i... 18,349,435 3,429,437 — 59,499 -b 992,940 XI. P e lli... 6,473,265 8,956,651 -4- 210,260 X II. Minerali, metalli e loro la v o r i.. -b 1918,541 X III. Pietre, terre, vasellam i, vetri e

cristalli... 17,434,958 — 8,960,200 XIV . Cereali, far., paste e prodotti ve­

getali, non compr. in altre cat. Animali, prodotti e spoglie dì ani­ mali, non compr. in altre categ.

28,815,826 — 13,808,188 XV.

30,567.808 — 1,830,133 XVI. Oggetti d iv e rs i... 2,012,841 — 2,108,692

Totale delle prime 16 categorie.. 327,966,288 — 16,173,994 X V II. Metalli p rez iosi... 38,832,600 — 16,941,600

Totale generale.. . . 366, 798,888 — 33,115,594

Ed ecco infine i prodotti delle dogane :

Titoli di riscossione 1888 1887 Differenza Dazi d’ importazione 58,568.312 75,507,457 — 16,939,145 Dazi di Esportazione 2, 086, 734 2,246,744 — 160,010 Sopratasse di fabbri­ cazione... 1,156,185 1,924,169 — 767,984 Diritti di b o llo . . . 533,714 681,235 — 147,521 Diritti marittimi . . 2,264,491 2,206,216 -+ 58,275 Proventi diversi . . 498, 278 510,822 — 12,544 T o ta le . . . 65,107,714 83,076,643 - - 17,968,929

LA SITUAZIONE DEL TESORO

al 30 aprile 1888

FI conto del Tesoro al 5 0 aprile p. p. dava i se­ guenti resultati :

A t t i v o :

Pondi di Cassa alla chiusura del­

l’esercizio 1886-87... L. 342,276,005.03 Incassi dal 1° luglio 1887 a tutto

aprile 1888 (Entrata ordin.) » 1,297,407,700.58 Idem (Entrata straordinaria).. » 226,860,087.21 Per debiti e crediti di Tesoreria » 1,660,986,647.44 Totale. L. 3,527,530,440. 26

P a s s i v o :

Pagamenti dal 1° luglio 1887 a

tutto aprile 1888 ... L. 1,473,999,783.41 Per debiti e crediti di Tesoreria. » 1,745,921,093.47 Fondi di Cassa al 30 apri­

le 1888 ... » 307, 609,563. 38 T ota le. L. 3,527,530,440. 26

La situazione dei debiti e crediti di Tesoreria è indicata dal seguente specchietto:

Conto di cassa L. 30 giugno 1887 342, 276,005. 03 30 aprile 1888 307,609,563.38 Differenza — 34.666, 441-65

Situaz. dei cre­

diti di Tesor.a 66,777,386.20 179,458, 200. 58 +112,680,814.38

Tot. dell’attivo L. 409,053,391. 23 487,067,763.96 + 78,014,372.73 Situaz. dei debiti

di Tesoreria.. 496,121,940.95 523,868,309. 30 — 27,746,368.35

Differ. attiva L.

» passiva » 87,068,549.72 36,800. 545. 34

50,268,004.38

Gli incassi nel mese di aprile ammontarono a L. 1 5 6 ,3 0 8 ,0 9 9 .8 4 e questa cifra confrontata con gl’ incassi dell’ aprile 1887 dà una maggiore entrata di L. 1 4 ,1 3 0 ,6 0 4 .5 6 . Dal primo luglio 1 8 8 7 a tutto aprile 1 8 8 8 gli incassi raggiunsero la som­ ma di !.. 1 ,5 2 4 ,2 6 7 ,7 8 7 .7 9 con un aumento di L. 1 8 5 ,4 8 5 ,0 2 0 .3 7 sul periodo corrispondente del­ l’esercizio 1 8 8 6 -8 7 .

I pagamenti effettuati nell’ aprile sommarono a L. 1 0 2 ,3 9 3 ,0 2 5 .9 6 contro L. 8 9 ,8 2 8 ,6 1 7 .2 1 spese nell’aprile 1 8 8 7 , e dal primo luglio 1887 a tutto apri­ le 1 8 8 8 i pagam. ammontarono a L. 1 ,4 7 3 ,9 9 9 ,7 8 3 .4 1 con una differenza in più di L . 2 0 4 ,7 1 8 ,9 2 5 .5 9 in confronto del luglio-aprile 1 8 8 6 - 8 7 .

II seguente specchietto contiene le cifre degli in­ cassi ottenuti nell’ aprile 1 8 8 8 in confronto con la previsione mensile dell’entrata stabilita nella somma di L . 1 4 6 ,5 6 8 ,4 8 7 , e con gl’ incassi ottenuti nell’a­ prile del 1 8 8 7 . Entrata ordinaria Incassi nell’ aprile 1888 Differenza col 12» preventivato Differenza con gl’ incas. ottenuti nel­ l ’ aprile 1887 Redditi patrimoniali. .. L. 4,168,706 28, 657,066 — 2,622,315 + 2,278,272 Imposta fon d ia ria ...

Imposta sui redditi di

rie-+14,672,370 — 1,369,791 chezza mobile . . . .

Tasse in amministrazione del Ministero delle

Fi-21,210,371 + 3,434, 539 ~b 1,933, J 39

nanze... , ... Tassa sul prodotto del mo­

vim ento a grande e

pie-15,561,392 + - 594,626 — 342,483

cola velocità sulle ferr. Diritti delle Legazioni e

1,225,840 — 391,937 + 7,361 dei Consolati a ll’ estero

Tassa sulla fabbric. degli

110,104 + 54,271 + 44,211 spiriti, birra, e cc... 3,866,368'+ 866*368 + 246,962 Dogane e diritti m aritt.. 12,975,437 — 6,111,900 — 12,791,509 D azi interni di consumo. 7,217,452 + 436,015 -+ 470,848 Tabacchi... . 15,098,357 — 1.234,976 — 1,049,914 S a l i ... 4,501,355 — 453,978 — 183,566 Multe e pene pecuniarie. 2,429 + 2.263 -b 784 6,219,990 — 305,010 + 821,835 3,503,170 — 163,496 — 76,932 1,597,091 + 415,831 + 488,298 Servizi d iv e rs i... 1,252,830 — 165,503 — 584,420 Rimb. e conc. nelle spese. 2,809,837 + 695,185 + 1.071,164 391,227 — 131,076 — 58,193 + 5,334,216 Partite di giro... Entrata straordinaria 5,270,784 — 2,216,192 2,238,081 -+ 1,310,184 + 1,763,786 Movimento di capitali. . . 1,318,077 — 1,692,213 — 618,210 Costruz. di strade ferrate

Capitoli aggiunti per

re-17,012,126 + 3,141, 293 -+16, 745,545

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