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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.15 (1888) n.740, 8 luglio

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L'ECONOMISTA

GAZZETTA SETTIMANALE

SC IEN ZA ECONOMICA, F IN A N Z A , COMMERCIO, BANCHI, FERRO VIE IN TE RESSI P R IV A T I

Anno XV - Voi, XIX

Domenica 8 Luglio 1888

i 740

LA LEG G E COMUNALE E PROVINCIALE

La disputa che si è fatta intorno alla convenienza o meno di discutere il progetto che modifica la legge Provinciale e Comunale ci ha trattenuti dal lare prima d’ ora un esame del progetto stesso. L o di­ ciamo francamente, pareva a noi impossibile che il Governo potesse desiderare e tanto meno esìgere che un progetto su materia così complicata e d iffi­ cile potesse essere discusso negli ultim i giorni della sessione estiva della Caldera ; meno ancora crede­ vamo che la Camera dei deputati si palesasse così inconscia dei suoi sovrani diritti da assecondare chi ostenta tanta mancanza di convenienza. — L ’ ono­ revole Crispí — non sappiamo se convinto, ovvero trascinato dalla necessità di mantenere l’ equivoco — disse che la riforma della legge Comunale e Pro­ vinciale era da tanto tempo in questione, e tanti erano stati i progetti presentati, da non potersi ammettere che occorrano lunghe discussioni per esaminarla. — A chi legge però il progetto presentato ed a chi me­ dita sulla relazione non può a meno di apparire veramente strana simile disinvolta alfermazione del Presidente del Consiglio, poiché non si può dire in verità che il compilatore ed il relatore mostrino di conoscere bene i principali punti ed abbiano fatti tutti gli sforzi per risolverla nel miglior modo.

La fisonomía della legge, a parte I’ allargamento del suffragio, è complessivamente illiberale poiché accresce la ingerenza del potere esecutivo, dim i­ nuisce quella dei corpi elettivi. E sarebbe in­ vero inesplieabile che la Estrema Sinistra la quale, non diciamo che sia , ma vuol essere la frazione liberale del Parlamento, vada in solluchero per il progetto dell’ onorevole C ris p i, se non si sapesse che oggi in Parlamento la apparenza vale milioni di volte più della sostanza. Nè crediamo che faccia opera saggia quel gruppo parlamentare accettando, sia pure a malincuore, tutto il rimanente del pro­ getto al solo fine, di ottenere la approvazione del­ l’allargamento del voto.

Noi dell’

Economista,

veramente ansiosi di libertà, e timorosi come siamo della crescente potenza che va acquistando lo Stato, potenza che diventa tanto maggiore quanto sono minori le garanzie di coltura, di capacità, di carattere che danno gli nomini che lo Stato personificano ; — noi dell’

Economista

men­ tre accettiamo senza alcuna riserva l’ allargamento del suffragio amministrativo che ci pare una neces­ saria e naturale conseguenza del sistema delle im­ poste dirette, respingiamo

toto corde

quelle nuove disposizioni, le quali mentre sconvolgono dalle basi

I’ attuale ordinamento tributario creandone uno nuovo che non è abbastanza giustificato é non pare corretto, tendono a soffocare sempre più I’ autonomia comu­ nale ed a mettere Comuni e Provincie in mano dello Stalo.

Probabilmente I’ on. Crispi non si è reso conto della importanza delle modificazioni che il progetto contempla ; ma è sorprendente che il relatore, il quale altre volte si è occupato dello stesso argo­ mento, accetti delle proposte le quali sono in con­ traddizione con qualunque liberale convinzione, e si veda autorizzato a discorrerne con una leggerezza quale in argomenti così gravi mai fosse è stata usata in uua relazione parlamentare.

Tra i moltissimi esempi che potremmo citare in suffragio di un giudizio così severo che siamo co­ stretti' a dare sull’ opera del Ministro e della Com­ missione, ne scegliamo uno solo, quello che riguarda le entrate.provinciali. Il nuovo progetto propone che le Provincie non impongano più direttamente, ma ritraggano le loro entrate da ratizzi prelevati su tutti i Comuni della Provincia in ragione delle loro entrate ordinarie escluse le partite di giro, e gli stanziamenti attivi per pagamenti d ’ interessi ed estinzioni dì de­ biti. F u già rilevato — anche quando in altra epoca venne proposto un simile sistema — che in questo modo i comuni i quali avendo più bisogni hanno anche maggiori entrate pagherebbero di più, il che è illogico, immorale, addirittura senza senso comune. Ebbene all’ on. La Cava non è sfuggita l’obbiezione, che anzi se ne fa carico ed a pagina 07 della sua relazione nota che tra le obbiezioni sollevale vi è la Seguente : « che le quote comunali si risolvereb­ bero in una imposta ripartita, non già sulla ricchezza dei contribuenti, ma piuttosto sui bisogni dei inu- nicipii ».

E per tutta risposta I’ on. Relatore scrive che tale obbiezione non può con fondamento opporsi al si­ stema dei ratizzi quale viene ordinata in questo pro­ getto « perchè le quote di concorso sono stabilite in proporzione delle entrate ordinarie provenienti da tutti i cespiti indistintamente sulla cifra risultante dal conto consuntivo ».

Non giudichiamo ulteriormente un simile modo di discussione, ma pubblichiamo volentieri un articolo di un nostro egregio amico, il quale potrà certamente col chiaro ragionamento illustrare questo punto e far comprendere che cosa esso nasconda.

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prefettura e di due membri scelti del Consiglio Pro­ vinciale. — Vien fatto di domandare se sia garanzia sufflcente di libertà, e diciamolo pure di serietà, una Giunta provinciale di cinque membri, la quale deve de­ cidere su importantissime materie amministrative quan­ do abbia nella sua giurisdizione 513 Comuni come quella di Como, 443 come quella di Torino, 437 co­ me quella di Novara, 343 come quella di Alessan­ dria, 306 come quella di Bergamo ecc.

Non sappiamo prevedere quale accoglienza il Par­ lamento farà al progetto ; noi ci auguriamo che la Camera accetti in massima i criteri che informano Iiì proposte Crispi ; — allargamento del voto; giunta amministrativa ; lim iti o freni ai debiti comunali ; riforma tributaria delle provincie, primo passo alla loro soppressione — ma sia categoricamente invitato il Governo a rendersi migliore e più completo conto del modo di applicare questi criteri, respingendo que­ gli articoli i quali non sono altro che il risultato di un affrettato abborracciamento.

LE ENTRATE DELLE PROVINCIE

seminilo il progetto li riforma iella Legge C ornale e Provinciale

Dopoché le Leggi 28 Giugno 1806, 7 e 20 L u ­ glio 1868, e 11 Agosto 1870 limitarono dapprima e poi tolsero affatto alle Provincie la facoltà ili sovrim­ porre sui redditi della Ricchezza mobile, si è sem­ pre lamentato che per sopperire ai servigi provin­ ciali debba gravarsi la mano soltanto sui proprielarii di terreni e ili fabbricati. Il lamento è giusto, per­ chè quei servigi non interessano soltanto la ricchezza fondiaria ma ben anche la ricchezza mobiliare ; e quindi è da lodarsi la Commissione parlamentare incaricata di riferire alla Camera sul progetto di riforma della legge Comunale e Provinciale se ha cercato di rimediare a tale ingiustizia riformando il sistema tributario provinciale.

La on. Commissione ha inteso raggiungere lo scopo proponendo che sia tolta alle Provincie la facoltà di sovrimporre sui tributi fondiarii, e che alle loro spese si provveda mediante

quote di con­

corso

a carico dèi Comuni. Propone quindi che tali quote si stabiliscano in

proporzione delle entrate

comunali ordinarie provenienti da tutti ì cespiti

indistintamente,

e nella cifra risultante dai Consuntivi dell’ anno precedente,

escluse le partite di ¡/irò e le

somme corrispondenti agli interessi e all' estinzione

dei debiti.

T a li le proposte che si contengono negli art. 76 o 77 del contro progetto della Commissione, quali già apparivano disegnate in altri progetti ili legge presentati alla Camera nel 1868 e nel 1870.

L a proposta innovazione ha di già, per la sua importanza, attirata l’attenzione di varie amministra­ zioni provinciali e comunali, nonché della pubblica stampa, ed alcuni autorevoli periodici ne hanno già fatta parola ; quindi ci sia lecito portarvi sopra an­ che la nostra attenzione, ed esporre le nostre osser­ vazioni in proposito.

Anche prima di considerare quali effetti pratici il nuovo sistema produrrebbe e di fronte ai bilanci f provinciali e comunali, e di fronte alla possidenza fondiaria, alla mente di chi conosce un po’ il con­ gegno dei bilanci dei Comuni si affacciano subito

dubbi gravissimi sullo modalità della sua applica­ zione pratica ; dubbi che non trovano spiegazione negli articoli sopra indicati nè nella relazione del- I’ on. La Cava unita al progetto. — Infatti viene subito fatto di dimandare:

L ° Se si devono computare, agli effetti del detto reparto, anche i redditi

patrimoniali

dei Co­ muni (che si iscrivono nella l a Categoria delle en­ trate ordinarie), dovranno in compenso calcolarsi in detrazione gli

oneri e spese patrimoniali ?

— Un Comune può avere rendite patrimoniali rilevanti, ma in compenso il suo patrimonio può essere talmente gravato per imposte, censi, livelli, prestazioni perpe­ tue, ecc., che il reddito netto patrimoniale si riduca a zero. — Le statistiche ministeriali ci dicono che nei Bilanci Comunali del 1883 di fronte alla entrata ordinaria di circa 43 milioni iscritta alla Categoria delle

rendite patrimoniali

figura una spesa ordina­ ria di oltre 24 milioni per

oneri patrimoniali

senza calcolare gli interessi di mutui passivi.

2.° Se, agli effetti sopra indicati, dal cumulo delle entrate

ordinarie

di un Comune si debbono detrarre le somme corrispondènti alla

estinzione dei

debiti,

come si procederà nel caso frequentissimo che a tale estinzione non si provveda con entrato

ordinarie

ma bensì con entrate

straordinarie,

come, ad esempio, contraendo nuovi debiti, o alienando stabili, ecc. ? — Le statistiche sopra rammentate ci rivelano che nei bilanci comunali del 1883 di fronte a 38 milioni di spese destinate ad estinzione di de­ biti si iscrivevano fra le entrate

straordinarie

niente­ meno che 60 m ilioni da realizzarsi mediante nuovi mutui, ed altri 7 milioni da ricavarsi mediante ven­ dita di stabili od alienazioni di titoli di credito. S ic­ come le spese segnate nei detti bilanci o per nuovi lavori o per acquisto di stabili ecc., sono in cifra assai minore dei ricordati 67 milioni, così è evidente che una buona parte di questa entrata straordinaria veniva erogata per estinzione di debiti antichi. — Può avvenire che un Comune il quale, ad esempio, abbia 30,000 lire di entrate ordinarie stanzii nel suo bilancio per estinzione di debiti una cifra anche maggiore di quella ora indicata, o vi supplisca o con nuovi mutui o con alienazione di stabili. A p ­ plicando letteralmente l’ art. 77 del progetto della Commissione a cotesto Comune nel reparto delle spese provinciali, la sua (piota si ridurrebbe a zero, perchè detraendo dalle entrate ordinarie la somma stanziata por estinzione di mutui resterebbe nulla.

Potrebbero farsi altri quesiti sull’ applicazione pra­ tica di tale disposizione, che non trovano risposta nel progetto in esame, come ad esempio sul com­ puto dei residui attivi di gestioni precedenti che se­ condo ¡ Moduli ministeriali dei Bilanci dei Comuni si iscrivono nella prima Categoria delle entrate or­ dinarie ; ma crediamo sufficienti i due quesiti sopra esposti a dimostrare ad ogni modo la necessità di una redazione più chiara 'e più dettagliata di cote­ sto articolo per non dar luogo all’ atto praticò ad innumerevoli contestazioni fra le Province ed i Comuni.

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Per quanto riguarda la finanza delle Provincie crediamo pur noi con la on. Commissione che essa non venga a soffrirne. Con le disposizioni portate dagli art. 79, 80 e 81 del progetto si assicura poi bastantemente l’ introito del contingente provinciale. Le Provincie anzi guadagnerebbero, perchè verrebbe a togliersi quel vincolo oggi imposto alla estensione della sovrim posta provinciale, e conseguentemente alle spese delle Provincie, dagli art. SO e 52 della Legge 1° Marzo 1880. Questa maggiore libertà dan- neggerebbe forse i Comuni nonostante che si con­ servasse il rimedio autorizzato dall’ art. 192 della Legge vigente, in virtù del quale i comuni che pa­ ghino insieme il decimo del contributo richiesto dalla Provincia possono ricorrere contro le delibe­ razioni dei Consigli Provinciali che aumentino il contributo stesso giacché la pratica ci dice quanto sia diffìcile e raro 1’ uso di tale rimedio.

Di fronte poi ai Comuni oltre l’ accennato peri­ colo dell’ aumento delle spese provinciali e quindi del contingente richiesto dalla Provincia, si verifi­ cherebbe certamente il danno di uno spostamento considerevole nel reparto delle spese provinciali. La quota di concorso, più d ie in ragione della forza contributiva dei Comuni, starebbe in ragione diretta della gravezza dei carichi comunali, ed i Comuni gravati sarebbero quelli che più degli altri abbiano usato ed abusato delle tasse locali. E questi sareb­ bero più specialmente i Comuni urbani che attin­ gono più largamente alla risorsa del dazio-consumo. Le statistiche ministeriali dei Bilanci comunali e provinciali non ci rivelano quanta parte delle at­ tuali sovrimposte provinciali venga pagata nei Co­ muni urbani e quanta negli altri Comuni ; quindi non può farsi un confronto esatto fra quello che attual­ mente si paga negli uni e negli altri per lo spese delle Provincie e quello che dovrebbe pagarsi se­ condo il nuovo progetto. Ma siccome sappiamo che il reddito fondiario è assai minore nei primi che nei secondi, specialmente perchè nei primi è minimo il reddito imponibile sui terreni, mentre invece le en­ trate ordinarie sono, in proporzione, assai più v i­ stose nei primi che negli altri, è facile immaginarsi, cosi all’ ingrosso, le conseguenze pratiche ilei pro­ gettato sistema. Abbiamo in proposito sotto i nostri occhi una statistica risguardante la provincia di Siena, dalla quale rileviamo che al Capoluogo della provincia, il quale oggi sotto forma di sovrimposte contribuisce nell’ anno corrente alle spese provin­ ciali per L. 84,000, col nuovo sistema toccherebbe invece il carico di L. 174,000, ossia più che il doppio. Uguali resultati si verificherebbero presso a poco per tutti ì Comuni più grandi, in specie per i Comuni chiusi che tanto si giovano del dazio di consumo. Il maggior carico metterebbe davvero in serio imbarazzo coteste Amministrazioni Comunali, le quali poi si troverebbero di fronte ad un altro danno, che, cioè, 1’ aumento delle proprie tasse re­ clamalo dalla quota di reparto delle spese provin­ ciali provocherebbe progressivamente di anno in anno nuovo aumento della quota medesima, e quindi la necessità di nuove entrate ordinarie che è quanto dire di ulteriore aumento di balzelli.

Coteste osservazioni ci inducono a desiderare che per il reparto del contingente provinciale si adotti un sistema diverso da quello proposto dall’on. Com­ missione; cioè non si tenga conto soltanto delle en­ trale ordinarie dei Comuni ma anche di qualche

altro elemento, come ad esempio della popolazione, dell’ammontare dei tributi erariali, ecc. In Toscana, ad esempio, quando con la Legge Ricasoli del 14 feb­ braio 1860 si instituivano i Compartimenti, corri­ spondenti presso a poco alle attuali circoscrizioni provinciali, si stabiliva che le spese compartimen­ tali si repartissero fra ì vani Comuni del Compar­ timento, ma in ragione della

massa imponibile

se si trattava di spese ordinarie obbligatorie, e trattan­ dosi di spese facoltative e straordinarie secondo

i

gradi dì utilità

che ciascun Comune poteva avere nel lavoro o nel servizio relativo.

Ma il più grave appunto che, a nostro credere, può farsi al sistema progettato dalla On. Commis­ sione si è che con esso non si raggiungerà nella pratica lo scopo agognato di sgravare in parte la possidenza fondiaria dall’ onere delle spese provin­ ciali, e di repartirlo con equa proporzione su tutti i cespiti di ricchezza. — Ed ecco le ragioni di questa nostra opinione.

La relazione che accompagna il progetto di legge in esame avverto che, soppresse lo sovraimposte pro­ vinciali, resterà intiera nei Comuni la facoltà di sovrimporre ai tributi fondiari entro i limiti oggi concessi cumulativamente alla Provincia ed al Co­ mune. — Difatti il progetto non parla di modifica­ zioni agli- art. 50 e 52 della legge I o marzo 1886; e quindi è da ritenersi che i Comuni, abolita la sovrimposta provinciale, potranno sovraimporre per loro esclusivo conto entro i lim ili fissati dai detti articoli, ossia, secondo i casi, entro i 100 centesimi della lira erariale, oppure entro la media delle so­ vrimposte applicate complessivamente nel trien­ nio 1884-86. — Così essendo, quando la quota assegnata secondo il nuovo sistema ad un Comune per le spese della Provincia sarà

uguale

od

in fe­

riore

al prodotto dei centesimi addizionali tolti alle Provincie e messi a disposizione del Comune in aggiunta a quelli di cui poteva in addietro disporre per conto suo, è da ritenersi che il Comune per saldare la sua quota delle spese provinciali aggiun­ gerà alla antica sua sovrimposta tanti centesimi ad­ dizionali quanti ne occorrono. Non è probabile che un Comune per pagare la sua rata di spese pro­ vinciali voglia aumentare i suoi balzelli diretti o indiretti, e sgravare la possidenza fondiaria di un carico cui oggi è ormai assuefatta ; sarà natural­ mente preferito I’ altro sistema più spiccio che ab­ biamo di sopra accennato.

Quando così avvenga, come certamente avverrà, lo scopo preso di mira dalla Commissione fallirà completamente, perchè in conclusione per cotesti Comuni chi sosterrà totalmente le spese della Pro­ vincia sarà sempre la possidenza fondiaria. Osser­ viamo anzi «he, quando anche per sopperire al nuovo onere del ratizzo provinciale un Comune non abbia bisogno di spingere le sue sovrimposte fino all’estremo limite segnato dall’ art. 51 della legge sopra indicata, è da temersi che ciò faccia per proprio conto, e che |a larghezza della sua facoltà di sovrimporre lo invogli ad aumentare le sue spese.

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spingeranno ,a sovrimposta sulla fondiaria fino allo estremo limite concesso dalla legge. Ma siccome il maggiore prodotto delle sovrimposte non varrà a saldare^ la quota dovuta alla Provincia essi saranno costretti ad aumentare le proprie tasse dirette od indirette, o a diminuire le proprie spese. Se così avvenisse potrebbe dirsi raggiunto, per cotesti C o ­ muni almeno, lo scopo voluto dalla on. Commissione, giacche alle spese provinciali contribuirebbero non solo la possidenza fondiaria ma anche gli altri ce­ spiti di ricchezza. — Ma dobbiamo pure conside­ rare il caso che cotesti stessi Comuni, nella impos­ sibilità o di scemare le proprie spese, o di aumen­ tare notevolmente e finché lo richiede il bisogno le proprie tasse locali, non vedano altra via di scampo che aumentare ancora la sovrimposta sulla fondiaria oltre i limiti estremi legali, invocando 1’ autorizza­ zione del potere legislativo. Quando ciò avvenisse potrebbe dirsi che anche per questi Comuni la pos­ sidenza fondiaria si troverebbe sola a sostenere il carico delle spese provinciali ; ed allora non solo continuerebbe ad esistere l’ inconveniente che si vuole tolto di mezzo ma si aggraverebbe enorme­ mente. — Oggi, è vero che la possidenza fondiaria sostiene da sola le spese dell’ amministrazione pro­ vinciale, e ciò è ingiusto; ma almeno ciascun pro­ prietario, a qualunque comune della provincia ap­ partenga, è gravato in misura uguale, cioè in ra ­ gione del reddito imponibile dei suoi stabili perchè i centesimi addizionali provinciali colpiscono in mi­ sura uniforme tutti i redditi fondiari im ponibili della Provincia. — Ma col sistema proposto tale propor­ zione verrebbe alterata profondamente, e l’ onere dei proprietarii per le spese della Provincia varierebbe a seconda che il Comune dove esistano le proprietà tassate sarà più o meno gravato dal contributo pro­ vinciale in ragione delle sue entrale ordinarie.

Se non ci inganniamo di troppo, pare a noi che, adottandosi le disposizioni proposte col progetto in esame, lo scopo giustissimo voluto dalla on. Com­ missione fallirebbe in gran parte ; e crediamo che nei Comuni, e saranno in maggior numero, per i quali la quota di concorso perule spese della P ro ­ vincia sarà

uguale

o

inferiore

al prodotto delle sovrimposte provinciali soppresse, la possidenza fon­ diaria continuerà a sostenere totalmente le spese della Provincia, e che neppure per gli altri Comuni nei quali la quota sarà

maggiore

di detto prodotto, è sicuro che la eccedenza venga sostenuta da altri cespiti di ricchezza che non sia quella fondiaria.

La on. Commissione pensò anche se conveniva ricorrere ad un nuovo piano di imposte provinciali per farvi concorrere ogni maniera di ricchezza; ma ciò parve a lei di difficile esecuzione e prescelse il sistema che abbiamo lin qui esaminato. — A noi in­ vece sembra che possano agevolmente trovarsi altri modi che non presentino pòi in pratica quelle diffi­ coltà delle quali si è preoccupata la on. Commis­ sione. Per esempio, tenendosi pur ferma nelle P ro ­ vincie la facoltà di sovrimporre sulla fondiaria entro certi limiti anche più ristretti di quelli attuali, po- trebbesi concedere alle medesime una soprattassa fissa del 10 o del l o per cento non solo sui red­ diti di ricchezza mobile tassabili mediante ruoli, ma anche su tutte le tasse dirette e indirette dei C o­ muni. Non vediamo quali difficoltà serie si oppon­ gono in proposito, nè crediamo che tale sistema moltiplichi notevolmente i congegni del sistema

tri-butario o gravi le spese di esazione, come teme la Commissione prelodata. Certo è che nel modo da noi preferito, in ogni Comune della provincia ogni cespite di ricchezza concorrerebbe in misura uni­

forme a sostenere l’onere della spesa provinciale. — L ’ idea non è nuova, perchè un provvedimento presso a poco conforme veniva proposto dal ministro Sella fino dal 1870 insieme ad altri provvedimenti finan­ ziari!.

Vedremo fra poco quello che farà in proposito il Parlamento. — Ad ogni modo è da desiderarsi che l’argomento sia un po’ più studiato; perchè davvero sarebbe deplorabile che , nella fretta , con tutta la buona volontà di'toglierlo di mezzo, il lamentato in­ conveniente si aggravasse di più, ed a quello si ag­ giungessero altri guai anche maggiori.

M. Na r d i-De i

OBBLIGAZIONI FERROVIARIE 3 ° /0

a

re n d ita ita lia n a cinque p e r cen to

L ’on. Prinetti, e più specialmente l’ on. Maggiorino Ferraris, in una recente seduta alla Camera, discu­ tendosi dei provvedimenti finanziari escogitati e pro­ posti dal ministro Magliaui di concerto col suo col­ lega Saracco, sollevarono la questione se a sopperire e far fronte ai bisogni richiesti dalle costruzioni fer­ roviarie e dall’ aumento del capitale patrimoniale delle singole società ferroviarie , fosse conveniente continuare nel sistema incominciato di emettere ob­ bligazioni ferroviarie 3 per cento, ovvero adottare un altro tipo, o piuttosto contrarre il prestito ne­ cessario mediante la inscrizione sul Gran Lib ro del Consolidato 5 0/0.

L ’ottima

Corrispondenza finanziaria

di Roma nel suo numero del 30 maggio — che solamente qual­ che giorno fa ci è caduto sott’ occhi — prendendo in esame il problema, ne fa oggetto di uno speciale articolo, e dopo lunghe considerazioni, cui accenne­ remo rapidamente nell’ intento di confutarle, conclude che sarebbe utilissimo pel paese abbandonare il si­ stema di emettere i titoli ferroviari, per adottare quello di creare rendita S per cento.

Ora sia perchè 1’ on. Magliani, tenendo conto -dei concetti espressi e delle obbiezioni fatte dai signori deputati, sembra che voglia davvero studiare la questione e si proponga anzi di presentare una spe­ ciale relazione alla Camera, sia perchè l’ argomento per essere così strettamente collegato coi più vitali interessi economici dell’Italia, è per essa di capita­ lissima e peculiare importanza, stimiamo far cosa grata ai nostri lettori occupandocene un po’ diffu­ samente in queste colonne.

È noto anzitutto 1’ esito avuto dalla prima emis­ sione dei titoli ferroviari 3 0/o* Questa, autorizzata con decreto 3 giugno 1887, venne effettuata poco dopo per un numero di 700,000 obbligazioni, di cui 313,000 spettanti alle società delle ferrovie Me­ diterranee, 313,000 alla società delle ferrovie Meri­ dionali (esercente la Rede Adriatica) e 70,000 alla Società ferroviaria in Sicilia.

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coperta parecchie volte ; il prezzo originario fu di L. 316.00; il prezzo oggi quotato in borsa si ag­ gira sulle L. 302, dando luogo ad oscillazioni di poca entità.

Come si vede adunque il prezzo di mercato scese parecchio in confronto a quello di emissione; ma quando si rifletta alle condizioni punto floride dei nostri mercati monetari in questi ultimi tempi, alla scarsità di capitali che per lunga pezza si ebbe a deplorare pressoché dappertutto, alle crisi industriali che travagliarono specialmente i mercati della capi­ tale, ed infine alle restrizioni di sconto che, venendo ad aggiungersi ai mali preesistenti, furono causa im­ manente di ristagno e di atonia negli affari, quando si rifletta — dicevamo — a tutto ciò non parrà strano come le obbligazioni ferroviarie, al pari di tutti gli altri titoli di credito, abbiano dovuto risen­ tire di questo grave stato di cose e scemare di prezzo. Del resto vuoisi riflettere che siccome la cedola semestrale delPobbligazione ferroviaria in corso è pa­ gabile in L. 6,30 circa nette, il possessore percepì • sce sulla somma sborsata il 4,20 per cento circa , ed Ita inoltre la prospettiva di ricevere il rimborso in L . 500. Ciò vale quanto dire eh’ esso incasserà

184 lire di più della somma sborsata, se l’obbliga- zione venne acquistata al prezzo d’emissione, e L . 198 circa se comperala al prezzo della giornata. Non man­ cano quindi — pare a noi — tutti i requisiti ne­ cessari per formare della obbligazione ferroviaria un buonissimo titolo, se non in linea di speculazione, certo in linea d’ impiego.

Richiamandoci poi a quanto dicemmo più sopra, e cioè che il distacco tra il prezzo di emissione e quello del mercato non dipende affatto dalla meno­ mata fiducia o simpatia da parte del pubblico pel titolo ferroviario, sibbene dalle condizioni finanziarie generali state fin qui poco floride, crediamo di poter affermare, senza essere profeti nè figli di pro­ feti, che questo ribasso andrà man mano scompa­ rendo, e scomparirà affatto volta ohe, verificandosi un po’ d’abbondanza di denaro, gli affari riprende­ ranno un fiducioso sviluppo e il mercato del credito rientrerà nelle sue condizioni normali.

Si tratterebbe frattanto di procedere — per far fronte, come sopra accennammo, ai più urgenti bi­ sogni richiesti dalle costruzioni ferroviarie che lo Stato si è impegnato di eseguire — ad una nuova emissione di titoli.

Ora la

Corrispondenza Finanziaria

per provare che il Governo con codesta operazione fa un pessimo affare istituisce il seguente ragionamento. L o Stato per incassare 39 lire effettive contrae prima di tutto il debito degl’interessi annui corrispondenti, poi l’ ob- uligo di rimborsare 100 lire di capitale in luogo delle 59 che riceve. — P e r quanto si studi a fondo la cosa non si arriva a comprendere — essa dice — la ragione di questo sopraddebito che gratuitamente S1 accolla lo Stato, e per quale necessità lo Stato debba prendere 295 lire, vincolandosi a pagare 15 [ire di interessi lordi su una obbligazione ferroviaria o per cento di 500 lire nominali, a rimborsare 500 bre di capitale, quando potrebbe prenderne circa L. 294 al tasso attuale *) alienando rendita 5 0/o

*) Il tasso della rendita era allora di 98,70 circa; attualmente ha superato il 99,20. Ma possiamo atte­ nerci^ ancora al primo prezzo, poiché non è luogo a dubbio che una nuova emissione di consolidato,

an-con lo stesso onere d’ interessi, meno però il van­ taggio della tassa di circolazione, ma peraltro non riconoscendosi debitore di un capitale superiore a 300 lire.

Senza discutere sulle cifro qui esposte, ma anzi accettandole pienamente, e seguendo lo stesso modo d’ argomentare, noi cominciamo dall’ osservare due cose: 1° che coll’emissione delle obbligazioni lo Stato ottiene una lira di più di quanto non otterrebbe col- l’alienare la rendita. Infatti posto che tanto nell'un caso come nell’ altro esso paghi, come paga in realtà, L. 15 d’ interessi lordi, si osserva, facendo il calcolo, che colle obbligazioni ricava un capitale di L . 295, con la rendita un capitale di L. 294; 2® sulla ren­ dita il Governo non percepisce la tassa annuale di circolazione, sulle obbligazioni si.

Quest’ ultima condizione è di capitalissima im por­ tanza; essa porta di conseguenza che mentre lo Stato su L. l o di rendita, deduzion fatta della ricchezza mo­ bile, sborsa in realtà L. 13,02 d’ interesse, per L . 15 di obbligazioni paga invece, deduzion fatta della ric ­ chezza mobile e della tassa di circolazione, L. 12,64. Sono dunque 38 centesimi che per effetto della tassa di circolazione il Governo trattiene,

ciascun a n n o

, salvo qualche piccola differenza, su ogni obbligazione.

Ora la lira ricavata in più, aggiunta alla tassa di circolazione forma una somma che, impiegata all’ in­ teresse composto, basta a ricostituire durante il lungo periodo che correrà dalla data d’emissione a quella d’ammortamento (90 anni al

maximum)

il capitale sufficiente a rimborsare quella parte di denaro che il Governo, pur non avendo ricevuto, si è obbligato di pagare per estinguere l’ obbligazione.

La

Corrispondenza finanziaria

pare ammetta que­ sto calcolo, o almeno, accennandolo, è certo che non ne contrasta la verità; lo giudica però affatto teo­ rico, il che vorrebbe dire che, secondo essa, l’im­ piego da parte del Governo di una data somma ad interesse composto non è possibile.

Ora per quanto si vada assottigliando il cervello nelle più svariate elucubrazioni, non si riesce ad in­ dovinare da quale concetto parta o su quali ragioni si appoggi l’ottimo periodico per affermare la cosa con tanta asseveranza. A l contrario I’ asserzione ci pare così gratuita che davvero crederemmo inutile porla in discussione, se il sentirla ripetuta da altri e sostenuta da alcuni, non c’ inducesse a fare altri­ menti.

Perchè m a i, domandiamo , il Governo come un privato qualunque nè più nè meno, non potrebbe impiegare una data somma ad interesse composto presso un grande Istituto di credito, la Banca N a ­ zionale od il Banco di Napoli per esempio? Quali sono i motivi che potrebbero per avventura vietargli di detrarre dalla somma ricevuta coll’emissione deile obbligazioni ferroviarie un capitale formato appunto da ciascuna lira trattenuta su ciascun titolo? E s i­ milmente, domandiamo, quali considerazioni plausi­ bili potrebbero sconsigliarlo di destinare allo stesso impiego la tassa di circolazione che trattiene an­ nualmente ?

Trattasi, ci pare, di un’operazione semplice, ele­ mentare, comunissima, spoglia non solo di qualsiasi

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difficoltà, ma utile sotto ogni riguardo. L ’ idea poi di togliere all’ atto di contrare un prestilo, una parte della somma ricavata dal medesimo e destinata me­ diante l ’ impiego all’ interesse composto per l’estin­ zione del debito derivante dal prestito stesso, non è tanto nuova nè cosi peregrina da destare meraviglia. Insigni economisti e valenti finanzieri fra i quali ri­ cordiamo specialmente Fiorez-Estrada, Senior, Skar- bek, Stuart M ill, escogitando i mezzi più opportuni ed efficaci per provvedere all’ammortamento del de­ bito pubblico, ebbero ad accennare appunto al si­ stema degl’ impieghi ad interesse composto, impieghi che come è noto universalmente sono fecondi di r i­ sultati davvero straordinari e meravigliosi.

E si badi che noi appunto perchè non teorici, in­ tendiamo sempre che questo impiego da parte dello Stato debba esser fatto materialmente. Non vale il dire — come si potrebbe nel caso nostro — che il Governo pel solo fatto di ricavare una lira di più emettendo obbligazioni in luogo di rendita, e trat­ tenere la tassa di circolazione annuale, fruisce già del vantaggio sovraccennato, poiché ha così un ca­ pitale che gli eviterà — almeno fino alla concor­ renza del capitale stesso — di contrarre un debito fluttuante per coprire agl’immancabili

deficit

prov­ visori. Ciò dicendo si esprime un concetto vero fin che si vuole, ma vero teoreticamente, ed in pratica non fecondo di buoni resultali.

E passando dalle considerazioni economiche a quelle di diritto pubblico, cominciamo subito dall’osservare che così procedendo all’ ammortamento del prestito, la domanda che alcuni pongono a sè stessi, se cioè sia giusto accollare tutto il debito alla generazione futura, non ha più ragione d’ essere sollevata, e ciò perchè non è affatto vero che tutto il debito venga ad essa accollato. Ci sarebbe, ben è vero, il peso, derivante dalla tassa di circolazione, ma questo peso oltre essere moderatissimo, è anche voluto dall’ e - quità e dalla giustizia ; che se in materia di pub­ blici prestiti non è bello gravare unicamente del debito contratto la generazione fu tu ra , non è men bruito imporlo totalmente alla presente, tanto più quando le spese che provocarono il prestito giovano tanto all’ una, come all’altra.

Quando le forze contributive — dice il Messeda- glia — non reggono ai carichi pecuniari dello Stato, un’ imperiosa necessità impone che si chiamino, in sussidio di quelli, le forze contributive degli avve­ nire. In altri term ini, quando T imposta che dà la misura dei mezzi attuali riesce insufficiente, altro allo Stato non rimane che di anticipare col credito sui redditi del futuro. Può un Governo far delle spese straordinarie per aprir delle piazze, delle strade, dei mercati, ecc., ed essi profittano tanto alla gene­ razione presente che futura ; ma in tal caso bisogna che il tutto sia ben ponderato e calcolato, e che il peso non ricada che equabilmente tanto sui presenti che sui futuri.

Ma — tornando al nostro proposto — una delle ragioni principali che si pongono innanzi per dimo­ strare l’ utilità emergente dalle emissioni del conso­ lidato è questa. Il mercato, si dice, non ha per quanto riguarda le transazioni di rendita tutta la elasticità e l ’espansività desiderabile, e ciò perchè la rendita venendo continuamente investita negli impieghi pa­ trimoniali, per lo più immobili, scarseggia dapper­ tutto; mancando cosi la molla principale e la base più solida delle operazioni sui valori pubblici, tutto

langue e si vive in un marasmo deplorevole. Ora poiché abbiamo già un titolo ricercato, apprezzato così all’ interno come all’estero, per qual motivo non continuare a valersene assicurandosi i benefici che presenta ?

Che questo ragionamento sia semplicemente un antilogia, il lettore non durerà fatica a riconoscerlo se si compiacerà tener dietro alle considerazioni che seguono..

Noi non neghiamo, nessuno nega elio la rendita è il titolo di credito per eccellenza, il valore più ambito, ricercato ed apprezzato tanto in Italia che all’ estero. Ma dall’ ammetter questo al voler racco­ mandare nelle attuali circostanze l’ emissione del con­ solidato pel solo fatto che si crea un valore ricer­ cato ed apprezzato, ci corre; ed è questo appunto che non possiamo ammettere. Anzi noi, tenendo un ragionamento perfettameute opposto, diciamo:

Se la rendita è un titolo di credito apprezzato e ricercato, dobbiamo scrupolosamente, gelosamente curare che rimanga tale; se la costituzione sul Gran Lib ro della rendita è la forma di prestito più ac­ cetta, ottimamente ; avremo un mezzo potente per sopperire, data 1’ eventualità, ai più urgenti e gravi bisogni.

E perchè la rendita è apprezzata? — Ci pare che il mettere la quistione sia lo stesso che risolverla. — La rendita è apprezzata appunto perchè di essa vi ha grande ricerca; la ricerca poi è quella che ge­ nera l’ effetto della scarsità.

Ora coll’ alienare rendita qual altro risultalo si ottiene se non quello di togliere questa scarsità, far diminuire la ricerca, e quindi produrre un abbas­ samento di valore? Il dire emettiamo della rendita perchè è ricercata ed apprezzata è lo stesso che dire: giacché il consolidalo è un ottimo valore, procuriamo di renderlo meno buono; in altri termini è un voler distruggere ed annientare le qualità ossenziali ed in­ trinseche che lo rendono tale.

Questo diciamo in tema di principio. Certamente noi abbiamo troppa fiducia nel credito che gode l’ Italia sia all’interno come all’ estero, nelle sue ri­ sorse naturali, nella sua potenzialità economica, per credere che I’ alienazione di 200 o 300 milioni di rendita nominale — come si tratterebbe, ammesso il caso, di alienare ora — possa esercitare un’ a- zione così malefica e deprimente da alterarne pro­ fondamente i corsi o turbare in modo eccessivo i mercati ; ma noi non vogliamo fermarci sui fatti d’ ordine secondario e della cosa ne facciamo una questione di massima ; ciò che combattiamo, astrazion fatta da tutto, è la smania di voler riaprire il Gran Libro senza una ragione al mondo, senza una circo­ stanza che ne giustifichi il bisogno.

P u r troppo potrebbe avvenire il caso (non ce lo auguriamo certamente, ma pure non è fuori del probabile) che l’ Italia si trovasse ad un tratto con­ dotta nelle più paurose estremità; si supponga una guerra, una cattiva annata agraria che obblighi a grandi provviste alimentari all’ estero, una cattiva direzione impressa alla potenza produttiva, ecc.

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oossiono — la raccomandazione fatta al tradizionale irlandese che ricavasi a visitare la fiera di Donni - lirook e che il sig. David W e lls ricorda così argu­ tamente:

Wherever you, see a head, hit it

Do­

vunque tu discopra una testa, picchiavi su.

In materia d’ imposizioni poi bisogna andar cauli e la sapienza di mio statista sta in ciò, eh’ egli non deve esigere mai sacrifici maggiori di quelli che il paese può sopportare, nè gravare l’industria più di quel lo che il lucro emergente non lo permetta; in caso diverso si attaccano le sorgenti produttive della ricchezza, si paralizza lo spirito d’ intrapresa e si ot­ tiene un risultato perfettamente opposto a (quello desiderato; si diminuiscono cioè, invece d’ aumen­ tare, le entrale del Tesoro.

Inoltre vi è un’altra gravissima ragione che ci fa ritenere condannabile 1’ emissione della rendita in luogo dei titoli ferroviari, e la ragione è questa, che colle obbligazioni ferroviarie si contrae un debito temporaneo, redimibile e la sua estinzione entro un lasso di tempo più o meno lungo (nel caso nostro dai 40 ai 90 anni) è certo , indiscutibile, pdhdiè è pel Governo obbligatoria; coll’ alienazione della ren­ dita al contrario si grava il paese di un debito per­ petuo. E ciò è chiaro, dappoiché pagando annual­ mente un interesse sopra un capitale elio non d im i­ nuisce m ai, a capo d’ un decennio o poco p iù , si trova d'aver restituito al credito il suo denaro sotto forma d’ interesse, mentre il debito è rimasto intatto.

Ma qui si potrebbe opporre che nessuno vieta al Governo di ricomperare le rendite dai privati con­ forme ne abbia la possibilità, sia per risparmi che può operare nelle proprie spese sia per altri spe- dienti. — In fatti la cosa è vera, ma vera teorica­ mente, non in pratica. Altro è dire che il Governo potrebbe comperare, se volesse, ed altro è affermare che comprerà; dove non incombe obbligo assoluto, non vi è sicurezza pel passe che il debito verrà estinto. Si potrebbe del resto sostenere il contrario con In probabilità più lontana di essere creduti, quando si vede che il Governo anziché estinguere i diversi debiti redim ibili attualmente esistenti, studia tutti i mezzi affine di consolidarli , e per soprassellò va ogni di più sopraccaricandosi di pesi che se mo­ strano il suo buon volere, provano anche che la sua grande sinecura per tutto ciò che è risparmio ? fi lar debili è il

facilìs descensus Averni

di Vip— gdi°, il diffìcile sta nefi’uscirne. E qui non ci pare inopportuno ricordare che lo Stato ha un debito di complessive L . 489,013,852.72 in rendila annua, equivalenti a L. 9,992,046,128.1 * ; e questa cifra così ripartita :

Consolidato 5 o/„ Rend. L . 446,174,082.79 Nom. L. 8,903,481,255.80 I d - 3 o /, , » 6,408,080.40 » » 213,588,923.90

Debiti redimibili . . . . » 23,907,205.06 » » 532,198,079.79

Contabilità speciali . . . » 13,524,494.13 » » 342,777,868,65

Inoltre prescindendo anche dalle ragioni sovra­ pposte, codesto mezzo di ricomperare la rendita Per ammortizzare il debito pubblico non è cosi fa­ cile e piano come di primo acchito si potrebbe sup­ porre. E valga il vero. Se il Governo compra quando la rendita è al disotto del

pari

perde ogni fiducia pel motivo che si mette allato ai privati speculatori elio scopo di guadagnare sulle oscillazioni del mer­ cato e dei pubblici negoziati, se compra quando la rendita è al disopra del

pari

esso fa delle perdite che non possono essere approvate da una saggia ammi­

nistrazione finanziaria; acquistare finalmente al

p a ri

è difficile perchè appena il Governo si mostra in piazza affine di comperare rendita per proprio conto, In medesima si alza subito por la legge immutabile della richiesta.

Ma e ormai tempo di concludere, e la nostra conclusione ci sembra iluire logicamente dalle cose fin qui discorse. L ’ obbligazione ferroviaria è un buon titolo sia rispetto al pubblico che rispetto allo Stato.

Rispetto al pubblico ò un buon titolo perchè dà un interesse abbastanza rimuneratore ; è un valore di solidità inecceppibile, non è esposto a pericolose oscillazioni, ha il vantaggio assicurato della incon­ vertibilità e della irriducibilità e finalmente ha la prospettiva del rimborso non lontano in una cifra quasi doppia di quella di costo.

Riferibilmente all'argomento messo innanzi da ta­ luno, e cioè clic la tassa di circolazione da cui è gravato il titolo, rende il medesimo incerto e agisce come ostacolo alla sua facile negoziazione e trasmis­ sibilità, c un argomento claudicante, poiché biso­ gnerebbe provare elio tutti i titoli gravati dalla tassa di circolazione — e quasi tutte le obbligazioni e i prestili comunali lo sono — soffrono di questi in­ convenienti ; il che non ò.

Rispetto allo Stato (’ obbligazione è un titolo buono perchè non costituisce per esso un debito perpetuo, l’ interesse che dà — attese, le condizioni moneta­ rie generali ed il tasso deh denaro — è moderatis­ simo. Circa la somma differenziale occorrente ai- fi estinzione abbiamo già visto in qual modo, senza grave sacrificio gli viene rifornita.

Coll’emissione della rendita al contrario si crea un debito perpetuo, si paga un interesse non minore di quello che si paga sulle obbligazioni, e si ha la certezza di precipitarne i corsi, si sfrutta la forma di prestito più popolare ed efficace; e tutto ciò senza una ragione al mondo.

Per queste, e le altre considerazioni di cui si è fatto cenno più sopra, noi crediamo conveniente ab­ bandonare affatto il pensiero di creare rendita e continuare — almeno finché sia possibile — nel si­ stema di emettere le obbligazioni ferroviarie 3 0|0.

Francesco Pandiani.

L E T T E R E P A R L A M E N T A R I

La finanza e la economia nazionaleLa discussione

sulle convenzioni ferroviarie e l ’assenza dell’ono­ revole BaccariniLa legge Comunale e Provin­

cialeLa sede della Camera.

Roma, 5 Luglio.

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ziare ai mezzucci, e ricorrere alle tasse a larga base. Giunti a questo punto del ragionamento ; i primi suggeriscono di rimettere il macinato, profit­ tando del largo rimpianto che ora c’ è alla Camera per averlo abolito, e delle intenzioni favorevoli a queste imposte, ripetutamente manifestate dal Pre­ sidente del Consiglio.

Alcuni deputati meridionali, di ritorno da una rapida corsa nel collegio, già si fanno eco delle preoccupazioni di quegli elettori che veggono votare imposte, e ne odono annunziare delle altre, mentre il vino non trova sfogo sul mercato e il danaro d i­ minuisce. Essi cominciano a dire che bisogna an­ dare adagio, e non si rendono ragione del perchè le cose siano così, quando il Ministro delle Finanze ha sempre dato eccellenti assicurazioni per I’ avve­ nire ed ha ritenuto più che sufficiente, al restauro completo delle finanze i provvedimenti proposti, e ormai votati. Non è facile dare spiegazioni soddisfa­ centi agli elettori che vengono a sottoporre sim ili quesiti al deputato; la verità pura e semplice li trova increduli: essi non ammettono che si siati lasciate giungere le cose ad un punto di gravità, quale ora sarebbe, dando voti di fiducia all’Am m i­ nistrazione, che invece avrebbe dovuta essere arrer stata sulla china rovinosa, in cui si era messa. Il buon senso, e l’interesse, alla fin fine, suggeriscono loro il sospetto di essere stati largamente ingannati.

A novembre, continuano a riferire quei deputati, quando gli effetti della crisi che ci travaglia si sa­ ranno fatti più evidenti e più penosi, cotesta preoc­ cupazione, diretta o indiretta, degli elettori per le nostre condizioni finanziarie, aumenterà gradatamente e terminerà col fare pressioni sui deputati, sicché la maggior parte di questi sentirà di dover assu­ mere un atteggiamento ben diverso da quello avuto fin qui, per fare ammenda di molti peccati. Intanto non manca, voi lo sapete, un grosso nucleo di de­ putati che giudica con severità l’Amministrazione finanziaria: e l’on. Mugliarli deve aver notato, a pro­ posito dei provvedimenti finanziari, che, allontanan­ dosi dai voti politici provocati per lui dall’on. Grispi, già sono tornate nell’ urna ottanta palle nere.

Le previsioni che si facevano sulla discussione dei provvedimenti ferroviari sono state sconcertate completamente dalla scomparsa dell’ on. Baccarini. Questo avversario delle C o n v e zio n i e delle conces­ sioni, riunendo intorno a sè quante più forze po­ teva, doveva dirigere una battaglia campa'e contro il progetto di legge, contro Fon. Saracco, Ministro, contro l’on. Genala, relatore. L ’ attacco era già co­ minciato nella stampa, quando il giorno prima della discussione si sparse la nuova che I’ on. Baccarini doveva partire per motivi di famiglia ed effettiva­ mente partì. Stupore generale, e arrabbiatura di molti deputati di Estrema Sinistra, i quali, incapaci sempre di una critica seria, tecnica, di un’ analisi profonda, pratica, speravano nell’ alleanza efficace dell’on. Baccarini per dare consistenza alle loro molte proteste.

Levato di mezzo l’ on. Baccarini, il disegno di legge dell’ on. Saracco, come per incantesimo, è di­ ventato buono anche per parecchie persone che lo avevano trovato pessimo. A rao' d’esempio, l’on. Del Giudice, ex-Segretario Generale dei Lavori Pu b b lici, amico personale e politico dell’ on. Baccarini, con­ vinto che i provvedimenti ferroviari e le conven­ zioni con le Società fossero pessimi affari per lo

Stato, li aveva osteggiati quanto era in suo potere durante e dopo le 42 o 43 sedute della Commis­ sione, e proprio fino alla vigilia della discussione. Or bene, dal suo banco di deputato, fatte alcune osservazioni e raccomandazioni, ha dovuto dichiarare che voterebbe in favore del progetto, e ch’ era con­ tento di farlo. È una bella e quasi incredibile sod­ disfazione per gli onorevoli Saracco e Genala, aver tanta forza di persuasione sugli avversari! E ciò, secondo alcuni, dovrebbe dirsi anche sul conto del­ l’on. Baccarini. Si riferisce che l’on. Baccarini, pre­ parato a violenti attacchi, sia rimasto molto impres­ sionato, e quasi scosso, alla lettura della relazione dell’ on. Genala. La questione ferroviaria, esposta con tanta lucidità di ragionamento, da essere alla portata di tutti, con tanta verità ed esattezza scru­ polosa di cifre, non sopportava facilmente attacchi artificiosi, i quali anzi erano preveduti e implicita­ mente respinti dalla relazione stessa.

Del resto, sia vero o no questo particolare, non rimane meno nero il trionfo del Ministro dei Lavori Pubblici, che dando prova di straordinaria abilità e forza parlamentare giunge a risolvere il più arduo problema che avesse ora dinanzi a se il Governo, e del relatore, on. Genala, che si è mostrato all’ al­ tezza di un compito arduo per tutti, delicatissimo per lui. E di un’ altra cosa, per amor di giustizia, si deve tener conto, del lavoro della Commissione, eh’ era presieduta dall’on. Branca. Baramente una Commissione ha lavorato con tanta assiduità, con tanto studio e tanto scrupolo: essa nulla ha trascu­ rato per migliorare i contratti coi quali prendeva così gravi impegni lo Stato, e da questo lato i de­ putati nell’ accogliere domani con un voto favorevole i provvedimenti finanziari, possono davvero aver la coscienza tranquilla.

— A i provvedimenti ferroviari succede, forse dopo l ’ intervallo di due piccole leggi, la riforma della Legge Comunale e Provinciale. L ’ on. Crispi si è ostinato a volerla discutere adesso, e, checché si dica in contrario, ha forzato la mano alla Camera. Senza fatica però, non avendo la Camera la benché minima forza di resistenza; fatto molto deplorevole in sè stesso — all’ infuori dell’ on. Crispi, il quale naturalmente ne approfittò — che si aggiunge ai motivi che creano quella specie di disgusto del paese verso la Camera. È uno spettacolo miserando, ma vero: la Camera ha paura, come se le fosse minac­ ciata una pena. A uno a uno, che cosa non hanno detto i deputati contro « la prepotenza

»

dell’ on. Crispi di esigere l ’ immediata discussione della R i­ forma Comunale e Provinciale! Ma se uno o due par­ lavano nettamente come gli altri, li ammiravano muti, come si ammirano gli audaci; ma cercati per appoggiare col loro nome una proposta di rinvio, sfuggivano, pronti invece a battere le mani al Pre­ sidente del Consiglio, che li obbligava a fare ciò che non vogliono.

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Crispi, dopo un certo numero di oratori, parlerà collo scopo di troncare la discussione generale; av­ viene per tutte le leggi, che dopo il Ministro pochi o punti parlino, e gli altri chiedano la chiusura. P e r molli deputati l’ iscriversi fra gli oratori è una dimostrazione di buona volontà, agli occhi degli elettori ingenui.

Si calcola generalmente che la discussione della Legge comunale e provinciale possa durare fino a sabato 14; ma sono ipotesi poco fondate perchè l ’andamento della discussione dipende unicamente dal volere dell’on. Crispi, dalla sua disposizione ad accettare o no modificazioni ed emendamenti ; e poi­ ché non ha manifestalo le intenzioni sue è inutile attenersi alle congetture che corrono per Monteci­ torio, dove per esempio, ieri affermavasi che da parte del Governo si volesse provocare un accordo per sopprimere la discussione generale. Ma era un

si dine.

— Viene sul tappeto anche la questione del P a ­ lazzo del Parlamento. È un’ antica idea dell’on. Crispi di volere in Roma un edificio che possa compren­ dere i due rami del Parlamento, con relativi uffici ; un palazzo hello, grandioso, ricco che sia una affer­ mazione di Roma italiana. Essendo ora venuto il momento per decidere di rifare 1’ aula attuale che non dà più sufficienti garanzie dal lato della solidità, e non ne ha mai date dal lato dell’ igiene, ed avendo la Presidenza della Camera messo innanzi un di­ segno dell’ ingegnere Comotto che porta la spesa di due milioni, l’on. Crispi ha preso la palla al balzo ed ha presentato un progetto. Con questo si chie­ dono sei milioni, divisi in più esercizi, per mettere il governo in condizione di fare ciò che più con­ viene. Il Presidente del Consiglio disapprova il di­ segno (domotto e relativa spesa, e dice: Se in Mon­ tecitorio comprando o espropriando tutte le casupole che stanno dietro e attorno al Palazzo si può otte­ nere un edificio degno del suo scopo, si faccia e si resti col Parlamento nel centro della vecchia Roma; ma se ciò non è possibile facciamo i piccoli restauri a ll’aula attuale ( L . 25,000) perchè duri due anni e imprendiamo subito gli studi per costruire il Pa­ lazzo del Parlamento in altra località di Roma ; oc­ correndo molli anni, si potrebbe anche rifare l’ aula dov’ è (L, 250,000) ma non gettiamo due milioni a sciupare il Palazzo di Montecitorio e a fare una cosa incompleta.

L ’on. Crispi ha fatto prevalere in massima il suo concetto ; ma la Commissione parlamentare nel dare mandato al proprio Presidente e relatore, on. Ca­ molini, di approvare il progetto ministeriale, lo ha incaricato di proporre alla Camera un ordine del giorno col quale si stabilisca che se il parere dei tecnici ritenesse impossibile di fare di Montecitorio il Palazzo del Parlamento, voluto dall’on. Crispi, il governo non possa impegnarsi in altri progetti, in acquisti ecc. écc. senz’ avere consultato la Camera.

Comprare un area a Roma per un palazzo colos­ sale, costruirvelo con tutto il lusso che sarebbe ne­ cessario, vorrebbe dire impegnarsi in una spesa in­ gente, forse di 40 o 50 milioni. È questo il mo­ mento di proporla ai contribuenti, ai quali parrebbe di spendere per sola comodità dei rappresentanti della Nazione ?

Rivista (Economica

La questione dell'immigrazione degli operai stranieri.

Un progetto di legge per le case operaie nel

Belgio.La produzione dei metalli preziosi.La

statistica della produzione della seta nel 1887.

Tra gli argomenti che tengono e più ancora do­ vranno tenere un posto importante nelle discussioni economiche e in pari tempo tra le questioni che più sono agitate nel mondo del lavoro occupa un posto distinto quella dell’ immigrazione del lavoro estero, che fa concorrenza al lavoro indigeno in più d’ uno Stato. Senza tener parola ora, il che faremo quanto prima, delle tendenze che agli Stati Uniti si vanno manifestando e rafforzando circa alla im m i­ grazione, basta considerare le varie proposte che fu­ rono fatte più volte in Francia por colpire il lavoro straniero e limitare, se non impedire, che cresca l’ af­ fluenza degli operai delle altre nazioni in Fra n ­ cia. Di essa abbiamo informato i lettori altre volte e qui noteremo soltanto che se la Francia non si trovasse ad avere una popolazione che assai lenta­ mente e insensibilmente si accresce e quindi nella convenienza di aumentarla con la naturalizzazione degli stranieri, molto probabilmente, per non dire di certo, le misure restrittive sarebbero già ap­ plicate agli operai stranieri. Ma la Francia non è il solo paese dove affluiscono in numero ra g ­ guardevole gli operai stranieri. Questo fatto si nota pure per l’ Inghilterra. Una parte della po­ polazione lavoratrice delle regioni meno agiate dell’ Europa, attratta dai salari più alti, rifluisce nelle grandi città dell’ Occidente. Si sa in quali propor­ zioni questa invasione pacifica si è estesa in alcuni Stati, e in Inghilterra sebbene meno numerosa che in Francia, tuttavia l’ immigrazione è regolare e per­ sistente. Gli operai inglesi si preoccupano di questo fatto e cominciano a chiedere che il Governo prenda delle misure fiscali o amministrative per limitare la importazione della mano d’opera. Ma senza discono­ scere che sul principio la concorrenza possa ferire qualche interesse non si può neanche negare che l ’ immigrazione operaia non è un fatto accidentale, essa deriva da cause economiche di molta impor­ tanza e si impone quasi con la potenza di una fatalità economica. La riduzione delle spese è una necessità generale della produzione.

Nei paesi in cui la vita è costosa, i salari sono forzatamente alti e l’ industria minacciata dalla con­ correnza, turbata dagli scioperi, accasciata dal peso delle imposte, arrestata spesso nelle sue operazioni dallo commozioni politiche, è costretta di ridurre le sue spese al minimo possibile. E poiché l’ operaio straniero si aecontenta di un salario inferiore a quello degli operai inglesi e francesi, questa è una ragione sufficiente perchè venga preferito nei cantieri e nelle officine.

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Gli effetti non sono difficili a scorgersi ; i salari nelle industrie in cui la concorrenza dell’ operaio straniero è più vivace hanno la tendenza a scendere e se questo non avviene in misura ed estensione con­ siderevole ciò deriva incontestabilmente dalla supe­ riorità tecnica del lavoro inglese e francese. Ma ad ogni modo qualche depressione nei salari si è potuta notare, la qual cosa per altro ha prodotto un effetto benefico per la generalità dei consumatori. La

Contem­

porary Review

citava non è molto in un articolo su questo argomento un esempio nella fabbricazione delle calzature in Inghilterra. Colla sostituzione del- I’ operaio tedesco o belga a quello inglese, il prezzo delle calzature diminuì sensibilmente.

Non va neanche trascurato che senza il lavoro straniero parecchie industrie dovrebbero soccombere specie in Francia, perchè le condizioni della concor­ renza rendono impossibile un aumento nella spesa per la mano d’ opera. Certo questa immigrazione a differenza di quelle di capitali non avviene senza qualche disturbo, ma nell’ insieme è aneli’ essa sa­ lutare e feconda, e bisogna considerare i suoi risultati ultimi più che le conseguenze parziali e momentanee. L ’ equilibrio, quando si lascia ai fenomeni economici il loro corso naturale, non tarda a ristabilirsi, per­ chè anche I’ operaio straniero ha bisogni in continuo progresso e quindi la tendenza innata di migliorare la sua posizione e di mettersi al livello dell’ operaio indigeno. Ma bisogna lasciare al tempo la parte che gli spetta, tanto nella economia industriale che in quella sociale.

— I lettori non hanno certo dimenticato che in se­ guito agli scioperi avvenuti nel 1886 il governo belga fece studiare da una Commissione tutte le varie questioni attinenti alla classe operaia. Questa Commissione ha compiuto già da qualche tempo i suoi lavori e poiché aveva fatte molte, anzi troppe proposte di leggi, il go­ verno va presentando alcune di quelle leggi. Così re­ centemente è stato sottoposto alla Camera dei Rappre­ sentanti un progetto di legge sulle abitazioni operaie. Vediamo adunque l’economia generale di quella pro­ posta.

In ogni circondario amministrativo dovrebbe es­ sere istituito un comitato di patronato composto « di uomini devoti alla grande opera del miglioramento sociale » e i cui membri in numero di cinque come minimo e di nove al massimo, sarebbero nominati per un periodo di tre anni in parte dal governo e in parte dalle deputazioni permanenti dei consigli provinciali.

L ’articolo primo del progetto dà loro questi vari uffici :

a

) di favorire la costruzione e la locazione di case operaie salubri e la loro vendita agli operai, sia a contanti, sia mediante annualità —

l)

di v e ­ gliare alla salubrità delle case abitate dalle classi la­ voratrici e all’ igiene delle località in cui esse sono più specialmente stabilite —

c)

di incoraggiare lo sviluppo del risparmio e delle istituzioni di mutuo soccorso e di pensione. L e società aventi per og­ getto la costruzione, l ’ acquisto, la vendita o la lo­ cazione di case destinate agli operai potranno assu­ mere la forma economica o cooperativa mediante parere lavorevoie del comitato di patronato. E questo è naturale, perchè come è noto le associazioni c o o ­ perative per la costruzione di case operaie sono as­ sai diffuse in Inghilterra e agli Stati Uniti ed è sotto quella forma che hanno realizzato i maggiori

pro-G li atti e i processi verbali relativi alla costitu­ zione di queste società o alla loro vita sociale saranno esenti dal bollo e registro.

Le loro azioni e le loro obbligazioni non saranno soggette che a un diritto di bollo ridotto. Una ridu­ zione di metà circa è accordata dal progetto quanto ai diritti di registro e di trascrizione relativi alle vendite ed aggiudicazione concernente le abitazioni operaie e i terreni destinati alla costruzione. Questi diritti potranno essere pagati anche in cinque rate annuali. Di queste disposizioni profitteranno sia le società costituite specialmente con lo scopo di mi­ gliorare le abitazioni operaie, sia le amministrazioni pubbliche, sia gli stessi operai.

La Gassa di risparmio e delle pensioni è autoriz­ zata a impiegare una parte dei suoi fondi disponi­ bili in prestiti a favore della costruzione o dell’ac­ quisto delle case operaie.

Il problema delle case operaie è certo assai importante e sopratutto nei paesi dove la popolazione dedita alle industrie è più densa — il Belgio ne è appunto l’ esempio — assume anche una certa gra­ vità per ragioni igieniche, morali ed economiche. Il governo belga non si propone colla legge che ab­ biamo riassunta di intervenire direttamente il che gli era impossibile, senza grave pericolo finanziario, ma tende a facilitare il miglioramento delle abita­ zioni operaie. Segue in ciò una tendenza oggi as­ sai diffusa, ma certo meno dannosa di molte altre che si manifestano pure a proposito della classe operaia.

— L a produzione dell’ oro nel 1887 è stata di 502,015,400 franchi e questa cifra indicherebbe un aumento rispetto alla produzione del 1880; in­ fatti in quest’ ultimo anno sarebbe stata di 488,803,000 franchi.

Dall’ ultimo

Report

del Direttore della Zecca degli Stati Uniti togliamo questi dati sulla produzione del- 1’ oro e dell’ argento nel mondo dal 1885 al 1886:

, ORO ARGENTO

Chilogrammi Dollari Chilogrammi Dollari

1 8 8 3 .. . 143,533 95,392,000 2,769,197 115,088,000 1 8 8 4 .. . 153,017 101,694,000 2,804,725 116,564,000 1 8 8 5 .. . 154,942 102,975,000 3,062,000 127,257,000 1 8 8 6 .. . 147,097 97,761,000 3,137,175 130,383,000

L ’ aumento nella produzione dell’argento è, come vedesi persistente ; però anche 1’ oro è sempre pro­ dotto in quantità rilevante e i dati s u p p o rta ti di­ mostrano quanto sia fondato I’ argomento della ca­ restia dell’ oro.

L'Union des marchands de soie

ha pubblicata la sua statistica annuale della produzione mondiale della seta. In un primo quadro sono riprodotti i dati più importanti della sericoltura francese nel 1887, in un secondo si ha un riassunto generale della pro­ duzione della seta greggia nel mondo.

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