• Non ci sono risultati.

L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.15 (1888) n.725, 25 marzo

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.15 (1888) n.725, 25 marzo"

Copied!
16
0
0

Testo completo

(1)

L'ECONOMISTA

GAZZETTA SETTIMANALE

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE INTERESSI PRIVATI

Anno XV - Voi. XI i

Dom enica 25 Marzo 1858

Sempre-più gravi giungono da ogni parte le no­ tizie sulle condizioni della circolazione monetaria in Italia. Come avviene sempre in questi casi, la v io ­ lenza del male non si avverte dalla generalità se non quando d ventano quasi inevitabili i rimedi eroici e forse anche questi non presentano tutte quelle pro­ babilità di efficacia che sarebbero desiderabili.

Aiutile su ta'é argomento I’ Economista nulla ha

da rimproverarsi. E gin molto tempo che meditando sull’ andamento delle cose e sul modo col quale ve­ niva rego'ata la circobzione, abbiamo preveduto che si sarebbe arrivati a questa dolorosa situazione, la quale oggi presenta anche ai profani tutto il pericolo di una crise che non ha altra soluzione se non quella che tutti temiamo come un colpo terribile portato al credilo del paese.

E la situazione non ha bisogno di essere dipinta con lunghi discorsi ; essa si riassume in poche parole.

Col 1885 epoca nella quale cominciò la spensierata politica finanziaria dell’ on. Maglianì, peggiorata poi negli anni seguenti, l’ oro, che nel 4885 era entrato in Italia con una certa abbondanza, cominciò ad uscire; ed in breve le Banche e le Tesorerie dovettero adottare espedienti indecorosi ed inefficaci a tutelare la loro riserva; — sparito l’ oro in circolazione, venne la volta degli scudi che prima lentamente, poi con più energica corrente defluirono all’estero; — esau­ rita anche la massa degli scudi l'emigrazione, fu colpita la moneta divisionaria della quale ora si lamenta la •penuria con una certa vivacità.

Invano le Banche ed il Governo hanno tentato di far cadere la responsabilità di questo stato di cose

sulla ingorda speculazione; abbiamo dimostrato in

altri articoli come il loro ragionamento fosse fa l­ lace e come invece la illegale speculatone fosse esercitata dalle Banche e dalle Tesorerie, alle quali incombe l’ obbligo di cambiare i biglietti loro in moneta metallica; ed abbiamo pure ricordato che il solo modo per far cessare quella che vieti chia­

mata « ingorda speculazione » consiste nell’ obbli­

gare le Banche ed il Tesoro a mantenere i loro im ­

pegni, cioè di convertire i biglietti a vista. L ’ ag­ gio sparirebbe subito e sarebbe cessato lo scopo della speculazione; ma fino a che I’ aggio si man­ tiene al di là di L. 1,50 per cento, mentre il tra­ sporto della valuta metallica non costa che ii 35 od il 40 per cento, è naturale ed inevitabile la specu­ lazione. Basterebbe aprire largamente g li sportelli al

cambio, invece di illegalmente limitarlo, come si fa

ora, per deprimere subitamente l’aggio e far cessare il cambio stesso e con esso la speculazione.

Se non che è forse vano tener parola della situa­ zione attuale per rammaricarsene, ed è più vano an­ cora cercarne le cause e vedere chi ne sia respon­ sabile; piuttosto è opportuno pensare all’ avvenire esaminando se la crise attuale sia il prodotto di causo straordinarie e transitorie, se si possa sperare che segni il massimo della curva ascendente, se infine vi possa essere speranza di scongiurarla.

E sul primo punto è necessario subito avvertire che la crise monetaria che I’ Italia attraversa lungi dall’essere il prodotto di cause transitorie che es­ sendosi accumulate pesino ora assieme sul mercato, ha tutto il carattere di una malattia costituzionale che ha indeboliti i nervi della circolazione ed ha la sua ragione di essere in altri fatti, qi quali non sarebbe facile mettere riparo ed ai quali d’ altronde nè Governo nè Parlamento mostrano di voler met­ tere riparo.

Senza ripetere qui cose ormai notissime, è con­ veniente ricordare che nel 1883 si aboliva il corso forzato con una scorta metallica che poteva essere non abbondante, ma che avrebbe potuto certamente impinguarsi ove fosse stata seguita una saggia poli- lina, che con tutti i mezzi cospirasse a raggiungere il non facile compito di mantenere al paese la c ir­ colazione metallica. Questa politica saggia, imposta dalle circostanze nelle quali il paese si trovava quando vennero aperti gli sportelli al cambio, non soltanto non fu seguita, ma anzi fu perduta di v i­ sta. E Fon. Maglioni, tutto intento a mantenere por mezzo della finanza I’ equilibrio • parlamentare del Ministero, parve non occuparsi gran fatto della crise monetaria che lenta sì, ma inesorabile, si manifestava e continuava il suo corso.

(2)

194

L ’ E C O N O M I S T A

25 marzo 1888

Invece la storia vera è pur troppo nota ; le emis­ sioni a getto continuo paralizzarono il mercato finan­ ziario, poiché il risparmio nazionale non fu sufficiente — ad assorbire.i titoli che emessi all’estero ritornavano in Italia. Alle maggiori spese, per la pertinacia colla quale si volle negare l’ esistente disavanzò, venne fatto fronte con debiti, che emessi all’estero parvero rinforzare per un momento la scorta metallica del paese, ma che invece contribuendo a deprezzare i valori italiani sui mercati esteri, diedero; origine a quelle forti correnti di arbitraggio per le quali la moneta metallica oltrepassò in quantità ancora mag­ giore il confine per ingombrare le casse della Banca ili Francia.

In pari tempo una politica bancaria disordinata, confusa, contraddicentesi aggiungeva gravità alla si­ tuazione, rendendo nullo o quasi nullo quel potente ¡strumento che può prevenire, regolare e talvolta lenire la crisi monetaria, cioè il credito esercitato con sagacia ed abilità da unità di direzione. A l disordine si fecero compagni gli espedienti più meschini e più odiosi per frenare non più la crise, ma la parte appa­ rente della crise; — il biglietto di Stato e quello

delle Banche non furono più convertiti a vista che

nominalmente, poiché gli sportelli aperti al cambio 0 furono occupati da compari delle stesse Banche 1 quali tenevano lontano ii pubblico, od il cambio fu servito con una lentezza calcolata, o, per la più spiccia, fu limitata la somma di cui il pubblico po­ teva nelle quattro ore ottenere il baratto.

Con tutto ciò fu impossibile impedire affatto la speculazione, ma non la si sodisfece abbastanza per to­ glierne la ragione. E così vediamo Governo e Ban­ che procedere di espediente in espediente, di errore in errore. La speculazione arriva ad accumulare con infinita pazienza qualche somma di scudi di argento che vende in Francia ; contemporaneamente le Ban­ che ed il Tesoro per rinforzare le loro riserve acqui­ stano in Francia una eguale somma di scudi d’ar­ gento; e si sa di casi avvenuti nei quali la Banca ed il Tesoro acquistano dalla Francia l’argento che dal- l’ Italia è già in viaggio, per la Francia, ed è lo stesso argento che a metà cammino ritorna in paese e si rinserra ancora per qualche giorno nelle casse delle Banche o delle Tesorerie !

Come si vede, la causa della crisi non ò dovuta a fatti transitori, ma pur troppo a malattie costitu­ zionali, dallo quali è travagliato il paese: — il di­ sordine della finanza pubblica, accompagnato dal cre­ scere continuo del debito; — il disordino bancario accompagnato dalla incertezza e dalla lentezza dei provvedimenti che debbono regolare il mercato; — questi non sono mali da cui un paese guarisca facil­ mente, specie nel caso nostro,, quando è evidente, quanto sia scarsa nel Governo e nel Parlamento, la disposizione sia a ricondurre il bilancio al pareggio, come a regolare razionalmente il sistema bancario.

Se non che alcuni si illudono che questo stato di cose, oggi così pieno di pericoli, sia giunto ormai al massimo della curva ascendente e sia quindi da attendersi un ritorno più o meno sollecito ad una situazione normale. Lo ripetiamo, questa è una il­ lusione, la quale può forse essere giustificata dalla serenità, dalia tranquillità e dalla inerzia, colle quali i M inistri, che della crisi sono responsabili diretta- mente, stanno a contemplarla; ma pur troppo non è che una illusione. L ’ esodo prima deH’ oro, poi del- l ’ argento a pieno titolo, e finalmente delle monete

divisionarie, avvenne dal 1884 ad oggi in due di­ verse maniere; per continuo e lento rigagnolo che portò il metallo fuori del paese, e per qualche vio­ lenta e subitanea ondata che spostò delle masse in ­ tere. I l lento rigagnolo, era, giova riconoscerlo, ab­ bastanza esiguo per permettere all’Italia di attendere per lunghi anni un riordinamento della circolazione monetaria e soprattutto il 1890, quando arriverà la scadenza della lega latina e si conoscerà officiai— mente la condotta che la Francia intende seguire. Ma le ondate, rappresentate dalle quattro crisi fi­ nanziarie e bancarie che travagliarono le borse in quésti tre anni e che colpirono specialmente i valori italiani, le ondate furono molto forti, e qualche volta furono così improvvise da trovare impreparato anche il più forte ed il più ordinato dei nostri Istituti di credito. Ciascuna crise si portò seco una porzione

dello stock metallico del paese; le due prime l’oro,

le altre due l’argento a pieno titolo; ora — conti­ nuando le conseguenze dell’ ultima crise, inquanto- chè il cambio su Francia non è mai sceso al disotto del punto d'oro — ora il rigagnolo diventato to r­ rentello ci porta via anche la moneta divisionaria. È possibile illudersi che un prossimo avvenire permetta all’ Italia di rifornirsi dello stock metallico che in quattro anni ha perduto? Ed è possibile spe­ rar ciò proprio quando la nostra politica coloniale porta sempre crescenti imbarazzi al bilancio e ra p ­ presenta per la spesa una incognita relativamente forte? Proprio quando la nostra politica commer­ ciale ci conduce alla denunzia del trattato di com­ mercio colla Francia e ci fa chiudere il mercato elio comperava 300 milioni della nostra esportazione? — proprio quando per una serie di atti e cause siamo in pericolo di trovarci in completa rottura polìtica col mercato che detiene due e forse tre m iliardi del no­ stro debito?

Infine dovremmo chiederci se vi sia rimedio a questa situazione, ma in verità non lo vediamo, e crediamo che ormai la crise abbia raggiunto uno stadio troppo acuto, perchè abbiano efficacia rimedi che non sieno radicali. E se il Governo non ha mezzi di rinnuovare con suo sacrifizio ed a sue spese lo stock metallico che fu ritenuto indispensabile al paese quando venne abolito il corso forzato, il solo rim e­ dio che può impedire che la crisi si risolva in una catastrofe, è, come ci proponiamo di dimostrare in seguito, quello di prevenire gli effetti ultim i della

crise stessa e decretare la sospensione del cambio

dei biglietti.

GLI ERRONEI CONCETTI

su/ movimento commerciale internazionale

Male non ci apponevamo ned’ ultimo numero, quando, parlando delle frasi che oggi si adoperano con tanto successo per coprire l’ insuffìcenza delle idee e delle cognizioni, quando si parla di commerci internazionali, cercammo di spiegare come sia er­ roneo — se espresso in buona fede — il concetto

che un paese non debba essere tributario — è la

(3)

25 marzo 1888

L’ E C O N O M I S T A

195

quali mostrano che chi le usa non riflette suffìcen- temente al meccanismo degli scambi, od obbedisce ad interessi individuali o parziali, perdendo di vista quelli generali.

Noi dubitavamo invero, intrattenendoci di quel­ l ’argomento, di fare opera oziosa, tanto sembravano a noi evidenti e indiscutibili le verità a cui face­ vamo appello per rafforzare la nostra dimostrazione; ma pur troppo dobbiamo rilevare che lungi dal tro­ vare consenzienti i nostri avversari e solo disposti, accettando le massime, a fare — come è loro co­ stume — riserve più o meno ampie, essi hanno creduto e nelle particolari corrispondenze che ci hanno dirette, e nei periodici, che sono oggi palesi organi dei protezionisti, di respingere affatto le con­ clusioni allo quali siamo venuti, illudendosi, i nostri avversari, che sia possibile creare una economia pubblica la quale serva ai loro desideri od alle loro cupidigie.

Non è quindi ozioso insistere sull’ argomento e spiegare con maggiore ampiezza il punto che nell’ ultimo

numero dell 'Economista abbiamo appena sfiorato.

Per lo stesso motivo che la ricchezza di un ne­ goziante dipende dalla quantità di affari che può conchiudere in un dato periodo, e tanto-maggiori, a parità di altre circostanze saranno i suoi u tili, quanto più ampio e più intenso sarà il giro degli affari a cui ha potuto giungere, per lo stesso mo­ tivo una nazione sarà, rispettivamente alle altre na­ zioni, tanto più prospera economicamente, quanto maggiore sarà la somma degli scambi che costitui­ scono il suo commercio internazionale. E le cifre che abbiamo riportate nel citato numero del 18 marzo, dimostrano appunto, pare a noi, con evidenza, che la ricchezza dei differenti Stati è in diretta relazione colla quantità degli scambi che compiono.

Qui non faremo questione adesso se sia il prote­ zionismo od il libero scambio più adatto ad aumen­ tare la corrente degli scambi internazionali di una nazione. Quello che noi vogliamo combattere è la tendenza del protezionismo italiano, che con nuovis­ simo errore, vorrebbe dimostrare possibile la pro­ sperità della nazione, diminuendo la entità degli scambi ed isolando il paese da ogni contatto coll’ e­ stero. Chi abbia seguite certe manifestazioni dei no­ stri proiezionisti, in occasione della lotta tuttora ac­ cesa per il rinnovamento dei trattati internazionali, chi abbia letti gli articoli che vennero pubblicati dai più accalorati periodici protezionisti — ad esem­

pio il Commercio di Milano ed il Tempo di Vene­

zia — non può non aver appunto osservato che va­ gheggiandosi una radicale riforma nella politica com­ merciale del Governo, si pensava che l’ Italia dovesse riconoscere di non aver bisogno dei prodotti stra­ nieri, perchè era in grado di fabbricarseli da sè. Domandavano quindi i nostri protezionisti che si mettessero ai confini alti dazi doganali che allonta­ nassero i prodotti della industria estera, per dar campo alle industrie italiane di conquistare il mer­ cato interno e rinvigorirsi. Ed il Governo, almeno sino a tutto il 1887, ha dato ascolto a questi desi­ deri ed ha fatto quanto era possibile per impedire la rinnovazione dei trattati. F u soltanto più lardi, quando forse era troppo tardi, che cominciò la re­ sipiscenza e si tentò di rifare la strada con troppa leggerezza percorsa.

Ora è bene insistere sopra questo punto fonda- mentale della teorica e della pratica degli scambi

internazionali, che cioè i prodotti si scambiano ne­ cessariamente con altri prodotti, che una nazione non può vendere senza comperare, come non può comperare senza vendere. Meglio ancora che i così delti sbilanci commerciali non possono mantenersi se non quando circostanze speciali rendano neces­ saria la esistenza dello stesso sbilancio.

Noi vogliamo credere che la nuova tendenza ma­ nifestata dai protezionisti italiani provenga da man­ canza di suffìcenti cognizioni economiche e perciò trovi nella propria assurdità la condanna e la morte, imperocché ci dorrebbe vedere propagarsi errori così grossolani, e più ancora ci dorrebbe se servissero di fondamento a qualche nuova scuola economica che avesse invidia degli allori mietuti da quella ormai fa­ mosa sorta nel 1874 ed affermatasi sciaguratamente col Congresso di Milano.

Se noi eoi nostri dazi elevati impediremo la en­ trata dei prodotti esteri, impediremo nello stesso tempo e per necessità inevitabile ad altrettanti pro­ dotti italiani di varcare il confine. Di tanto dim i­ nuiremo la esportazione di quanto avremo diminuita la importazione, poiché l’estero non potrà comperare i nostri prodotti, se non inviandoci altrettanti suoi prodotti.

Bisogna che i nostri industriali bene si imprimano nella mente questa ovvia verità, affine di non crearsi illusioni ed affine di non arrivare a credere, dando retta alle fisime di indipendeza economica e di « l’ Italia farà da sè », che sia possibile diminuire la nostra importazione ed aumentare la esportazione.

Il Commercio di Milano, si ribella a queste verità, perchè sconvolgono tutto l ’ edificio protezionista che egli ha tanto contribuito a creare ; e prendendosela

con noi, quasiché 1’ Economista fosse responsabile

od autore delle necessità economiche, tenta con uno spirito molto discutibile, di metterci in contraddizione dimandandoci imprudentemente in qual modo abbia pagato l’ Italia sinora a ll’ estero le differenze del suo bilancio commerciale.

In qual modo? — A h im è ! L ’Italia ha avuto gran mercè di trovare all’ estero un mercato che in cam­ bio dei prodotti che ci mandava e dei quali avevamo così forte bisogno, accettasse quattro o cinque dei

dodici miliardi di debito che abbiamo creati. Quando

noi importavamo dall’ estero tutto quel materiale che ci fu necessario' per rinnovare sotto tanti aspetti il paese, noi - poveri tanto da non avere sufficienti pro­ dotti da dare in cambio di quelli che ci abbisogna­ vano - abbiamo mandato all’ estero dei titoli che ci venivano apprezzati appena il 50 od il 60 per cento del loro valore nominale; Stato, ferrovia, banche, grandi imprese, tutti pagarono largamente l’ estero, che ci fece credito, con titoli, mentre l ’estero ci man­ dava ferro, carbone, tessuti, frumento e quanto altro ci abbisognava.

(4)

196

L’ E C O N O M I S T A

25 marzo 1888

I SERVIZI MARITTIMI

tra Venezia, / ' Egitto e / ' estremo Oriente

(V ed i n u m e ro p rece d en te )

Abbiamo detto, nel nostro nomerò precedente, di voler f.ire un confronto tra le proposto presentate al Govert o dalla Società Peninsulare e dalla Navi­ gazione Generale Italiana. Una prima proposta della

Peninsulare era un viaggio settimanale tra Venezia,

Ancona, Bari, Brindisi e Alessandria, per I* annua sovvenzione di L. 1,250,000. La N. G. I. offriva di fare lo stesso servizio, ma per L. 1,000,000. Lo Stato dunque avrebbe conseguito un risparmio di L. 230,000, che è qualcosa. — Un’ altra proposta della Peninsulare (quella che è stala scelta) consiste

nel viaggio anzidetto, ma quindicinale. La sovven­

zione annua è dì L. 775,000. La N. G. I. offriva 10 stesso servizio, ma per L. 500,000, con risparmio per lo Stato di L. 273,000. Entrambe le proposte della Peninsulare riguardavano dunque la linea Ve- nezia-Alessandria. Ma poiché, come dicemmo nel- l’ ultimo numero, a Brindisi dovrebbe aver luogo la coincidenza colla linea tra Londra, le Indie e la China, che è quindicinale, Venezia verrebbe ad avere comunicazioni quindicinali coll’estremo Oriente, men­ tre fin qui le ebbe meno frequenti. Se non che, es­ sendo stata scelta la seconda tra le due proposte, Venezia viene ad avere soltanto quindicinale anche 11 viaggio da e per Alessandria d’ Egitto , che da

anni ed anni aveva settimanale. Perde dunque da

una parte ciò che guadagna dall’altra.

Sia pure, come alcuni pretendono, che un viaggio quindicinale per il non lontano Egitto possa bastarle. Noi ci abbiamo i nostri dubbi , ma ammettiamolo. Resta però certo che due altrettali proposte, cioè una pel viaggio settimanale e una per quello quin­ dicinale ; èrano state fatte come si è visto, anche dalla N. G. Italiana, la quale si poteva benissimo costringere a stabilire colla Peninsulare in Brindisi un servizio cumulativo per l’ inoltro delle merci ve­ neziane verso l ’estremo Oriente e viceversa.

La Relazione ministeriale tace tutto c iò , ma fa sapere che, non stringendosi il contratto, la Peninsu­ lare aveva già dichiarato che non farebbe più fermare a Brindisi i vapori della sua linea Anglo Indo-Chi­ nese. — Abbiamo già visto, la settimana scorsa,

quanto illusoria sia la speranza di una sicura e co­

stante coincidenza a Brindisi tra le due linee della Peninsulare. Ma la N. G. I. aveva provveduto anche a ciò, facendo una terza proposta così formulata: —

Viaggio settimanale tra Venezia, Ancona, Bari, Brin­

disi, Corfu ed Alessandria ; più quattro viaggi l’anno obbligatori e due facoltativi tra Venezia , B rin d is i, Porto Said , Suez , Aden , Bombay , Singapore, per l’annua sovvenzione di L. 1,150,000 (cioè, in con­ fronto della prima proposta inglese, un risparmio per lo Stato meno vistoso che negli a ltri casi, ma pur sempre di L . 100,000). — Dunque, risparmio di spesa, teniamolo bene a mente, contrattando colla Società italiana, vi sarebbe sialo più o men grande, ma sempre e in tutti i casi.

E vero che con sei viaggi annui oltre Suez Ve­ nezia non avrebbe avuto colle In d io , China , eco.,

fuorché una comunicazione diretta bimestrale. Ma

la avrebbe avuta quindicinale, se se ne contino altre

diciotto annue un po’ meno dirette bensì, ma pure

quasi egualmente u tili. La Navigazione Italiana ha da e per l’estremo Oriente diciotto viaggi annui da Genova, i cui vapori passano tutti per Messina. Da B rin d isi, d’ onde sarebbe passata la .linea Venezia- A lessa ri rio, le comunicazioni mediante vapori della stessa Società sono regolari con Messina, sono fre­ quentile si potrebbero disciplinare anche meglio. La distanza poi non è grande, sopra un viaggio di così lunga percorrenza come quelli di cuusi parla.

Ora a noi quest’ ultima proposta della Navigazione Italiana sembra fosse tra tutte preferibile, giacché metteva in disparte l’ illusorio impegno della coinci­ denza inglese a Brindisi , mal tutelato, come si è visto, dalla Convenzione col Governo italiano, assi­ curava a Venezia sei viaggi diretti oltre Suez e altri diciotto lievemente indiretti, procurava un risparmio all’ e ra rio , accordava la preferenza a una Società

nazionale in confronto d’ una straniera.

E quest’ ultima considerazione, unita a quella della minor spesa, vale senza fallo, nel nostro modo di vedere, a controbilanciare l’ interesse che può avere Venezia a preferire i ventiquattro viaggi un poco più diretti della Peninsulare, anche dato — ma non concesso — che la promessa coincidenza inglese di Brindisi sia cosa seria, cioè effettiva e permanente. Infatti non bisogna dimenticare che Venezia, se è la prima interessata nella questione, non è poi la sola. Perchè i nuovi servizi di cui si tratta fanno capo colà, non è mica detto che non sieno di interesse generale italiano! Non sono in Italia anche Brindisi e Ancona? Non è italiana la Società che questa volta è stata respinta come un’ intrusa ? Non sono italiani il suo materiale navale e il suo personale marina­ resco? Non è italiano quel pubblico erario, col quale si tratta, pare, con tanta disinvoltura?

Ma qui si viene a una considerazione, di indole nazionale anch’essa, che è forse la più grave di tutte.

Servizio prezioso, indispensabile, presta in caso di guerra la marina mercantile, col suo materiale, a quella militare. Nessuno Stato, neanche l’Inghilterra che ha un naviglio da guerra potentissimo, può far di meno di noleggiare piroscafi mercantili quando deva eseguire trasporti di milizie. Di rado finora po­ teva 1’ Italia ritrovarsi in tale congiuntura, salvo i consueti cambiamenti di guarnigione all’interno; ma dopo la prima spedizione d’ Africa, in cui il servizio di trasporti marittimi —- lo notammo in un prece­ dente numeio — riuscì egregiamente, ognun vede che il caso si rende assai più probabile che per" lo innanzi. Ma come si può mai pensare a servirsi di navi estere per spedizioni guerresche ? Requisirle, questo è chiaro , non è lecito , mentre lo Stato ha diritto di requisire quelle nazionali; ma noleggiarle neppure, in genere perchè non è nè prudente nè decoroso, in ¡specie perchè anche lo Stato di cui portano la bandiera può eventualmente trovarsi in ¡stato di guerra. Nel caso concreto anzi la Società Peninsulare si.è perfino riservata il diritto di so­ spendere, in tempo di guerra, i servizi assunti per conto del Governo italiano.

(5)

25 marzo 1888

L’ E C O N O M I S T A

197

che sono previsti e pattuiti nei quaderni d’ oneri. — Le visite ai piroscafi della Peninsulare dovranno in­ vece essere subordinate al concorso del Console in- ■ glese !

Lo Stato può dunque imporre molte importanti condizioni a una Società nazionale, alle quali deve rinunziare contrattando con una Società estera.

Fu forse inesatta nell’ ultimo numero la nostra as­ serzione che dalle due Società concorrenti si potes­

sero avere gli stessi servizi alle identiche condizioni.

Sarebbe invece assolutamente esatto dire servizi equi­

valenti a condizioni migliori per p iù rispetti. E cre­ diamo di averlo dimostrato.

Non si può' fare un confronto tra due Conven­ zioni scritte, giacché una sola ne fu stipulata, quella colla Peninsulare, la Navigazione Generale Italiana essendo stata respinta. Ma quest’ultima, avendo molto

scritto e fatto scrivere nei giornali prò domo sua ,

il confronto si è potuto fare tra le sue proposte, che essa ha reso note, e quelle della Peninsulare state concretate ed accettale colla Convenzione, non­ ché, come noi abbiam fatto, tra la possibilità d’avere, all’ occorrenza, altri importanti servigi dalla prima e l’ impossibilità d’averli dalla seconda.

V ’ Ita, per dir tutto, chi pone in dubbio che la So­ cietà italiana possa mai impiegare nelle linee di cui fu sin qui discorso un materiale che pareggi quello della Peninsulare ed eseguire all’ atto pratico un ser­ vizio altrettanto perfetto. Ma i dubbi non sono ar­ gomenti e delle cose bisogna giudicare a ragion ve­ duta. Sulla qualità precisa del materiale e sulle norme minute del servizio il Governo avrebbe potuto gua­ rentirsi nel contratto che avesse stipulato, ma non volle stipulare, colla Navigazione Generale, inclu­ dendovi, come sarebbe staio suo diritto insieme e dovere, clausole rigorose e severe sanzioni.

Anzi, poiché bisogna pur prevedere il caso, non improbabile secondo le notizie che corrono, che la Convenzione colla Peninsulare e relativo progetto di legge non vengano approvati dalla Camera, e che il Governo prima o poi deva accordarsi colla Società Italiana anche pei servizi Adriatico—Egiito—Indie— China, non sappiamo far di meno di esprimere il suggerimento che il Governo, in tale evenienza, pre­ tenda dalla Società stessa alcune garanzie e conces­ sioni maggiori di quelle che risultano dalle proposte ch’ essa ha fatte, anche lasciando intatte le basi di queste.

Per esempio noi crediamo che a Venezia sieno sufficienti, per le comunicazioni coll’estremo Oriente, i sei viaggi annui diretti, oltre ai diciotto un po’ meno diretti, di cui abbiamo parlato sopra. Ma perchè

sieno sei davvero e non quattro soli, bisognerebbe

che anche i due proposti dalla Navigazione Generale

come facoltativi diventassero, al pari degli altri

quattro, obbligatori ; altrimenti l ’ impegno si rid u r­

rebbe a quella derisoria promessa ; farò la tal cosa....

se vorrò, che, come insegna qualunque trattato ele­ mentare di diritto non costituisce una obbligazione. Parimente sarebbero da farsi patti chiari sulla qualità del materiale, ossia sul tonnellaggio dei pi­ roscafi, sul loro interno adattamento, e più di tutto sulla loro effettiva velocità, cosa primaria al giorno d’ oggi. I bastimenti dovrebbero superare, potendo, quelli della Peninsulare ormai ben conosciuti ed ap­ prezzali dal ceto commerciale veneziano, ma in ogni caso non rimaner loro inferiori, in guisa da non suscitare rimpianti e da non determinare un regresso sotto verun rispetto.

Vantaggi speciali si dovrebbero poi procurare alla città di Venezia; la quale se, come si è detto, non deve credersi arbitra nella questione od unica ispiratrice del Governo in questa circostanza, biso­ gna riconoscere che è uno ilei maggiori interessati.- — La Navigazione Generale Italiana, negli scritti pubblicali in patrocinio della propria causa, fa sapere che al Governo avea dato formale promessa, ove fosse per essere scelta a concessionaria dei nuovi servizi, di iscrivere al Compartimento marittimo di Venezia non solo i battelli necessari al disimpegno dei viaggi per 1’ Egitto e le Indie, ma anche quelli per il Le­ vante, Corfù e la Dalmazia, e inoltre di elevare la sua Succursale di Venezia ad Ufficio di armamento, aumentando il personale amministrativo e tecnico. — A nessuno può sfuggire l’ utilità di cosiffatti prov­ vedimenti per una piazza come Venezia, a cui as­ sicurerebbero riparazioni navali nei suoi cantieri, provviste d’ ogni genere presso fornitori locali, la­ voro in più forme a molti individui. Ma anche tutte coleste cose, che ora non potevano essere annunziate fuorché come intenzioni e promesse, dovrebbero, in un’ eventuale concessione di servizi alla Società italiana costituire oggetto nè più nè meno che di precise clausole contrattuali.

Fatta così la giusta parte a ciascuno e posto in r i­ lievo, come è nostro costume imparziale, il prò e il contro delle cose che si trovano in reciproco con­ flitto d’ interessi, concludiamo manifestando il desi­ derio che lo stato si assicuri il miglior servizio possibile, non oltrepassi il puro necessario nei cor­ rispettivi, pretenda le più ampie garanzie di adem­ pimento de’ patti, ma, se fa ancora in tempo, non privi la marineria nazionale d’ un lavoro che le spetta.

LETTERE PARLAMENTARI

/ progetti per le ferrovie e per i provvedimenti finan­

zia ri dinanzi alle Giunte della CameraLa con­ venzione per la navigazione da Venezia a ll’Oriente.

Roma, 22 Marzo. Dopo le dichiarazioni del Presidente del Consiglio sulle gravi ragioni che gl’ imponevano di tenere an­ cora il portafoglio degli affari esteri — dichiarazioni, commentate in vario senso, ma ritenute sempre come allusive a nuovi e prossimi avvenimenti, I’ attività parlamentare che si era per un momento concentrata nella grande politica, torna alle predilette questioni

d’ interesse.

(6)

198

L ’ E C O N O M I S T A

25 marzo 1888

quindi sembrano adattarsi a quelle modificazioni della linea esistente, che vennero studiate anche sotto il ministero Genala.

Comunque sia, quest’ agitazione ferroviaria (che non si limita alla direttissima Roma-Napoli) fatta noi corridoi di Montecitorio e da qualche Ministero ha portalo il resultato di quell’ ordine del giorno della Commissione, in cui si ritiene che con gli ar­ ticoli 3 e seguenti del progetto Saracco si debba r i ­ solvere tutta quanta la questione delle linee ferro­ viarie indicate dalle leggi del 1879, 1882, 1887, tenendo anzi conto, per ciascuna linea, dei d iritti di precedenza.

Naturalmente non c’ è nessuno che creda alla so­ luzione del problema ferroviario, ottenuta per virtù magica ; tuttavia ogni Deputato è contento di poter dire agli elettori che nell' elenco delle ferrovie che si faranno c’ è anche la loro. Ma quel futuro è più o meno prossimo. È coloro che credono di aver messo contro il Ministro un grosso ostacolo con questa specie di graduatoria delle strade ferrate, fondandosi sulla precedenza stabilita dalle leggi anteriori, sba­ gliano e di grosso. Dacché il ministro affronta la costruzione delle ferrovie contemporaneamente, coi tre sistemi della costruzione a conto proprio, della concessione, e della licitazione privata, il titolo della precedenza sfuma. Infatti se le convenzioni che presenta sono buone ed u tili, la Camera deve approvarle perchè nonse ne trovano ugualmente buone e u tili dall’ oggi al domani ; e se d’ altra parte, la Camera fa rilevare che un tronco o un altro dev’es­ sere fatto senza ritardo, il Ministro può sempre r i ­ spondere che tenterà la licitazione privata o costruirà per conto proprio. Sicché la precedenza, stabilita dalle leggi anteriori all’ attuale progetto, diventa un illusione. Del resto questi tentativi di ostilità contro il progetto Saracco non hanno probabilità di riuscita, anzitutto perchè i Deputati interessali alla riuscita delle convenzioni firmate e da firmarsi sono in mag­ gioranza nella Commissione e nella camera ; e poi perchè 1’ on. Crispi, quando ne fosse il caso, inter­ verrebbe per far sua la responsabilità dell’ on. Sa­ racco. La questione ferroviaria fu parte integrante del programma di Governo.

Probabilmente il Presidente del Consiglio non fa­ rebbe lo stesso per tutti i provvedimenti finanziari. Egli si è mostrato abbastanza cedevole con la Com­ missione del Bilancio, farà lo stesso con la Commis­ sione finanziaria, perchè dove non ò necessario non vorrebbe ostinarsi e crearsi piccole difficoltà all’ in­ torno, mentre il suo grande obiettivo è la politica estera. Ai due decimi sulla fondiaria, che vennero condannati dalla Commissione e Io sarebbero indub­ biamente dalla Camera, non si sostituisce nulla; o almeno non se ne parla dall’on. Magliani o da chi per lui. E non è esatto che si voglia cercare il compenso aggravando la progettata tassa sulle be­ vande alcooliche; la Commissione propende per una forma di esazione diversa da quella proposta dal Go­ verno, meno odiosa, meno fiscale, meno costosa, e probabilmente meno proficua. Non è qui dunque che si troverebbe il compenso agli aboliti due de­ cimi. Lo si troverebbe forse, in parte, nell’aumento dei proventi doganali ; perchè se Fon. Magliani nello stato di previsione del Bilancio porta per le dogane una diminuzione, Fon. Ellena sostiene che l’ appli­ cazione delle tariffe generali, almeno per ora, ci deve dare nelle dogane un aumento di circa 10 milioni.

E la Camera crede più all’ ipotesi dell’ on. Elieoa, che a quella dell’ón. Magliani.

Le relazioni fra il Ministro delle Finanze e la Commissione del Bilancio continuano ad essere ne­ gative. L ’ uno mostra di non aver fretta, e anzi di non aver bisogno di nuovi mezzi ; l’altra mostra una fretta anche minore nell’aecordarglieli. L ’ uno sente di non avere e F altra di non accordare la sua fi­ ducia ; pure, per una specie di finzione legale vanno innanzi come se fossero d’accordo.

Senza entrare per nulla nello studio e negli ap­

prezzamenti che fa l’Economista del nuovo contratto

concluso dal Governo colla Peninsulare, è certo che la Commissione, da principio assai avversa al pro­ getto, pare convertita dopo che F ou. Crispi e Fon. Saracco diedero molte spiegazioni sullo stato di fatto della questione. E le spiegazioni sono queste: Venezia volendo tentare di costituire un servizio di vapori per l’ Adriatico e l’ Oriente, chiedeva che ora si fa­ cesse una convenzione provvisoria per non attraversare i disegni di questa nuova impresa nazionale. E il Go­

verno non poteva, a priori, mostrarsi contrario allo

sviluppo di una grossa impresa italiana. Intanto ca­ pitava la coincidenza che la Peninsulare aveva an­ cora per due anni il servizio della Valigia, delle Indie e Brindisi (poiché fra due anni conta portarlo a Salonicco) e non aveva perciò difficoltà a pren­ dere il servizio provvisorio di due anni per Venezia, mentre la Società di Navigazione Generale non ac­ cettava il provvisorio minore di quattro anni, e non si sottoponeva all’articolo 3 della legge l o giugno 1877, secondo il quale al cessare di servizi della Penin­ sulare nell’Adriatico il Governo deve provvedere ad un servizio settimanale da Venezia ad Alessandria d’ Egitto, toccando Ancona, Bari, Brindisi, e ad un servizio mensile da Venezia a Bombay, con approdi ad Ancona, Bari, Brindisi, Porto Said, Aden. La Società Generale accettava il servizio settimanale da Venezia ad Alessandria, ma por il rimanente offriva quattro viaggi all’anno obbligatori, e due facolta­ tiv i. I l Governo quindi si trovava o a non eseguire la legge o a spendere per eseguirla molto di più di quello che ora spendeva con la Peninsulare. Que­ ste sono le ragioni che hanno scosso la maggio­ ranza della Commissione Parlamentare.

Rivista (Economica

Protezionismo e libero scambio in Inghilterra — / de­ biti delle amministrazioni pubbliche locali negli Stati UnitiNecrologia : F. W. Raiffeisen.

La reazione economica, in virtù della quale è oggi permesso di rinnegare e di dichiarare dannosi i prin­ cipi di economia commerciale che erano, non è gran tempo, trovati i m igliori, continua a fare i suoi ten­ tativi anche nel solo paese dove viga ancora il li­ bero scambio. In Inghilterra l ’ agitazione dei prote­

zionisti — fair-traders — è tenuta viva da alcuni

(7)

i-25 marzo 1888

L ’ E C O N O M I S T A

199

damente sostenuta. (1 risultato è però sempre nullo e lo si è visto anche ultimamente alla Camera dei Lordi dove Lord Delawarr dopo esposte le condi­ zioni deplorevoli nelle quali si trovano i proprietari, i conduttori e i lavoratori di fondi rustici invocava in favore di essi l’ intervento del Parlamento e ac­ cennava alla convenienza di adottare provvedimenti protettivi dell’ industria agricola.

Nella discussione che ne seguì Lord Salisbury fece alcune dichiarazioni molto importanti, dacché in passato non mancarono ragioni per dubitare che

I’ attuale Premier si mantenesse sostenitore della'

libertà commerciale. Passate le preoccupazioni elet­ torali, il primo ministro inglese è tornato avver­ sario deciso del protezionismo. Egli dichiarò nel suo discorso in risposta a Lord Delavvarr che nessuno meglio di lui conosceva e deplorava le condizioni infelici dell’ industria agricola, ma ohe quello stato di cose era la conseguenza di fenomeni generali evolutivi o provvidenziali contro i quali sarebbero stale impotenti e forse perniciose le misure che avesse voluto prendere il Parlamento. E aggiungeva che dalle statistiche risultava che se il ribasso dei prodotti agricoli era dannoso per alcune classi, era però tanto favorevole per le altre che il numero dei paupers, cioè degli indigenti assistiti coi proventi della tassa dei poveri, era diminuito di circa una metà.

Passando a considerazioni politiche e sociali Lord Salisbury insistette sui pericoli di una guerra civile che un ritorno al protezionismo potrebbe suscitare e rammentò che il popolo inglese quarant’ anni fà ha manifestata chiaramente la sua volontà di non voler più dazi protettivi ; fino a che non avvenga nell’ opinione pubblica inglese un cambiamento radi­ cale a questo proposito —- la qual cosa ci pare poco probabile — non è a credersi che il regime doga­ nale inglese da fiscale come è ora divenga protettivo. Intanto però se i protezionisti non ottengono la pro­ tezione doganale cercano di rendere meno facile la importazione estera. Così alla stessa Camera dei lordi, discutendosi il progetto di legge sulle ferrovie Lord Jersey ottenne con sei soli voti di maggioranza però, che fosse tolta alle Compagnie ferroviarie inglesi la facoltà di accordare tariffe di favore. Il divieto si collega con le cosidette tariffe di penetrazione che i protezionisti non vogliono ammettere perchè faci­ litano le importazioni con qualche riduzione di spesa di trasporto. Il voto della Camera dei Lordi non co­ stituisce 1’ ultima parola sull’argomento e la Camera dei Comuni dove i liberi scambisti predominano, non darà probabilmente la propria approvazione; ma esso è un segno delle tendenze e delle mire di una delle due Camere legislative inglesi.

— La riduzione del Debito pubblico agli Stati Uniti fu resa possibile per 1’ assenza di spese m ilitari no­ tevoli, nello stesso tempo che il mantenimento di d iritti di dogana molto elevati forniva al tesoro delle abbondanti risorse. Ma se si esaminano i bilanci locali, si vede dall’ altra parte dell’ Atlantico la stessa situazione che nella vecchia Europa.

Ciò è dimostralo a meraviglia da un volume

pubblicato a Nuova Y ork sui Public Debts dal pro­

fessor Henry Adams. Nel 1849 i debiti delle città non oltrepassarono 25 m ilioni di d o lla ri; nel 1860, i debiti di città (aventi più di 7,500 abitanti toc­ cavano i 51 milioni e se si aggiungono q .'elli delle altre divisioni locaii non si arriverebbe a una

- cifra di 100 milioni.

Da allora, la pratica dei prestiti locali fece enormi progressi : nel 1870 ¡ debiti riu n iti delle città, contee e distretti ammontavano a 515,800,0 0 0 , e nei dieci anni successivi aumentarono di 508,500,000 dolían ; nel 1880 si passava la cifra di 4,110 milioni di fran­ chi. Le grandi città nel numero di 511, sono re­ sponsàbili di tale aumento così notevole.

La media per abitante, di debito municipale, è di 51,15 dollari nelle città, 21 città centengono più di 100,000 abitanti ; in 3 soltanto, la media del de­ bito è, inferiore a 51 dollari. Nella maggior parte é superiore; a Jersey City, 127; a Nuova Y ork, 9 0 ; a Provvidenza, a Cincinnati, Nuova Orleans, Fila­ delfia, 89. Se si paragona la situazione di dodici grandi città (Nuova Y ork, Filadelfia, Boston, Chicago, Cincinnati, Baltimora, San Francisco, Nuova Orleans, Brooklyn, Louisville, S. Luigi e Pittsburg) e quella di dodici città meno importanti, si vede ohe per lo prime in dieci anni : il delitto aumentò del 187 0(0 ; il valore della proprietà immobiliare del 74 0|0 ; le imposte del 86 0[0 ; la popolazione dell’ 88 0|0. Il montare del debito è di 80 dollari e 1[2 per. testa.

Per le seconde^ il debito crebbe del 98 0|0 ; ¡I valore della proprietà immobiliare del 121 0 |0; la imposta del 108 per cento ; la popolazione del 42 P io­ li montare del debito è di 26 dollari 1|2 per testa.

Alcune piccole città sono più gravate ; Balli Con 8000 abitanti, deve 216 dollari per testa ; Bangor 137 ; Rockland 129 ; Elisabeth, nello Stato di Nuova Jersey, con 28,000 abitanti, 195 dollari per testa. Questa città, favorevolmente situata come deposito e luogo-di sbarco, è paralizzata nella sua espansione dal grosso debito contratto.

I debiti municipali aumentarono più presto della popolazione e del valore delle proprietà colpite d’im ­ posta.

Per le cinque principali città degli Stati-U niti dal 1866 al 1875 , la popolazione aumentò del 70 0|0; il valore della proprietà del 159 ; il debito del 2 7 0 ; le imposte del 565.

Le causo di questa sì rapida progressione secondo : il prof. Adams, sono tre :

1° Il rapido accrescimento della popolazione urbana impose nuovi doveri a coloro che ammini­ strano gli affari locali ;

2. ° Il rifiuto degli Stati di venir in aiuto, dopo

il 1848, con .sovvenzioni, allo sviluppo delle vie di comunicazione, portò le Compagnie anonime a r i­ volgersi alle contee e alle città ;

3. ° Lo sviluppo imperfetto dei metodi ammini­

strativi sotto il regime democratico incoraggiò la cor­ ruzione presso le autorità locali ; il socialismo di Stato, la sostituzione dell’ attività municipale alla at­ tività e iniziativa dei privati, fecero ricorrere al cre­ dito in una larga misura.

Gli Stali avevano riconosciuto, i pericoli dell’ ap­ poggio dato alle Compagnie-ferroviarie; i Municipi presero il loro posto ed è a questo intervento elio è dovuto un sesto circa del debito locale (183 m i­ lioni di dollari). Nuova York:ha particolarmente sof­ ferto dalle: esigenze delle fazioni poco scrupolose che si erano impadronite della Direzione degli affari mu­ nicipali. Essa deve a quelle la metà del suo debito. In un Solo arino questo debito aumentò, senza serio profitto, por gli abitanti, di 15 milioni di dollari.

(8)

200

L ’ E C O N O M I S T A

pieri per 2 1/2, i parchi pubblici per 40 1/2, le cloache per 21 1/3, le strade per 81 1/2, i lavori per le acque 141, la milizia per 28 la consolidazione del debito fluttuante e la conversione di antichi de­ biti per 193 milioni, gli edilizi pubblici per 23 1/2 le ferrovie per 68, i canali per 16, le scuole e bi­ blioteche per 14 milioni.

Il prof. Adams arriva alla conclusione che è ne­ cessario riorganizzare il governo municipale, restrin­ gere la sfera di attività delle autorità locali e ben precisare i lim iti delle loro autonomie finanziaria e fiscale.

— L ’ undici marzo è morto F. W. Raiffeisen al­ l ’età di 70 anni nel comune di Heddersdorf, presso Neuwièd, noto come promotore di Società mutue di prestiti, costituite principalmente a favore dei pic­ coli proprietari. Il movimento di cui il Raiffeisen si fece iniziatore ha messo radici in particolar modo nella Germania occidentale e meridionale, e in una certa misura ha reso servigi analoghi a quelli di cui è fatto merito allo Schulze-Delitzsch per la bor­ ghesia e gli operai dell’ industria. Fu nel 1849 che il Raiffeisen, mentre l’ agricoltura traversava una crise, volle venire in aiuto alla classe agricola, fon­ dando una Società di soccorso per le vedove, gli or­ fani e gli operai senza lavoro; questa Società doveva fare anche delle anticipazioni a interesse moderato. Essa aveva però carattere di beneficenza, ma in seguito egli diede vita a un’altra Società che fu sol­ tanto Gassa di prestito, e nel 4874 di queste Casse di prestiti secondo il sistema Raiffeissen la Germa­ nia ne contava 90 e nel 1883 salivano tra 500 e 600. In Italia, come è noto, si è fatto convinto e in­ defesso fautore delle Casse rurali di prestiti il Dott. Leone Wollemborg, il quale è riuscito a istituirne parecchie nel Veneto, con risultati soddisfacenti.

Movimento Commerciale dell’ Inghilterra nel 1887

Il movimento degli scambi dell’ Inghilterra con l ’estero, nello scorso anno 1887, accennava indub­ biamente ad una viva ripresa, dopo la ostinata de­ pressione degli ultim i tempi.

L ’ importazione totale nella Gran Bretagna, dai paesi stranieri e dai possedimenti britannici, che ascese, nell’ anno 1886, ad un valore complessivo di lire sterline 349,381,086, si elevò nell’anno 1887, a sterline 361,933,006, aumentato perciò di oltre 12 milioni e mezzo di lire sterline in confronto del­

l’anno precedente. Inoltre, mentre V importazione

nel mese di dicembre 1886, era stata di st. 31,011,283, essa salì, nel corrispondente mese del 1887, a lire sterline 34,175,968, cosicché il solo mese di dicem­ bre ha da sè solo prodotto non molto meno della quarta parte dell’ aumento.

S im ili sono i risultati dell'esportazione. L ’ espor­ tazione dei prodotti inglesi fu di st. 212,432,754 nel 1886 e di st. 221,388,440 nel 1887, aumentò cioè di sterline 8,965,686. Anche qui influisce gran­ demente sull’ aumento generale quello verificatosi durante il mese di dicembre. Infatti, mentre nel di­ cembre 1886 si esportarono per sterline 17,555,510, questa cifra ascese, nel dicembre 1887, a lire ster­ line 20,385,464, cosicché devesi registrare un

au-25 marzo 1888

mento di sterline 5,231,945, corrispondente a circa il terzo dell’aumento generale annuale.

Un altro fatto degno di nota è che l’ accrescimento nell’ esportazione del mese di dicembre 1887 pre­ senta un carattere uniforme e concordante, giacché l’aumento in parola si riscontra in quasi tutte le principali categorie di merci, nonché per tutti i ge neri di fabbricazione e semi-fabbricazione. Non così può dirsi dell’ importazione, nella quale anzi si hanno delle diminuzioni in diverse merci, abbenchè com­ pensate dall’aumento nell’ importazione di talune altre. L ’ importazione dei generi alimentari, nel 1887, è stata di molto maggiore di quella del 1886, fatto questo che invero può solo riuscire soddisfacente per i consumatori. Così pure è aumentata di circa lire sterline 4 1|2 milioni l’ importazione dei materiali grezzi e parimenti è aumentata la importazione dei generi manifatturati.

Dalla statistica dolio scorso anno si può quindi desumere che' ¡1 commercio comincia a migliorare, che l’ inazione, nella quale ha languito finora, tende a scemare

Il miglioramento dell’ anno 1887 si è reso evidente durante tutto il corso dell’ anno, abbenchè non sem­ pre in egual misura. Nell’ importazione, per esempio, ad un aumento maggiore, verificatosi nell’aprile, se-' guono tre mesi di diminuzione. Minori sono le va­ riazioni che si ebbero nell’ esportazione; soli due mesi presentarono diminuzione, e quei due mesi ap­ partengono al primo semestre dell’ anno scorso. Negli ultim i sei mesi non puossi registrare verun accenno retrogrado, che anzi l’aumento dell’esportazione si è reso, negli u ltim i tre mesi, più evidente, massime poi in novembre e dicembre. La piega a migliorare pare dunque passata dal campo delle congetture in quello dei fatti reali.

IL MOVIMENTO DEI METALLI PREZIOSI

fra l’ Italia e I’ estero nei primi undici mesi del 1887

Le importazioni dell’ oro e dell’ argento in Italia dal 1 gennaio 1887 a tutto novembre danno i se­ guenti risultati: D o g a n a M in iste ro D iffe re n z a — d e l C om m ercio — Oro . . L. 7,010,201 7,116,210 + 106,010 Argento « 80,174,720 92,298,970 + 12,124,250 Totale L. 87,184,920 99,415,180 -f- 12,230,260 Le esportazioni dell’ Italia all’estero furono:

D o g an a M in is te ro D iffe re n z a — d e l C om m ercio —

Oro . . L. 23,719,200 31,986,237 + 8,267,037

Argento « 84,067,480 132,187,153 + 48,119,673

Totale L. 107,786,680 164,173,390 + 56,386,710 Analizzando questi risultati si ha un’ eccedenza della esportazione dei metalli preziosi sulla im por­ tazione, la quale secondo la statistica doganale am­ monta :

per l’oro a ... L. 16,709,000

per l’argento . . . . « 3,892,760

(9)

25 marzo 1888

L ’ E C O N O M I S T A

201

e per la statistica del Ministero del commercio ammonterebbe invece

per l’oro a ... L. 24,870,027 per l’argento . . . . « 39,888,183

in tutto a . . . L. 64,758,210

Riunendo insieme importazione ed esportazione il movimento complessivo dei metalli preziosi sarebbe stato di L. 194,971,600: per la statistica doganale-, e di L . 263,588,570 per quella dei Ministero del Commercio.

Quanto poi ai paesi coi quali è avvenuto lo scam­ bio dei metalli preziosi, si rileva che per quello che riguarda gli arrivi dall’ estero, le maggiori importa­ zioni ci sono venute dalla Francia con 78,619,050

di franchi sopra una importazione complessiva

di L. 94,085,483 viene poi la Germania con 7 mi­ lioni 794 mila, l’ Austria con circa 4, e la Svizzera con poco più di 3 milioni. Gli altri paesi d'Europa ci hanno dato poco più di 600 mila franchi. Fuori d’Europa il paese dal quale abbiamo tratto maggior quantità di metalli preziosi è l’ Egitto con 3,760,562 franchi. Vengono poi le Indie inglesi con fr. 667,600: e i possedimenti italiani in Africa con 451,876 lire.

Queste importazioni sono state esuberantemente compensate dall’ Italia, avendo pagato assai più di quello che essa abbia ricevuto. Alla Francia, con­ tro i suoi 78 milioni ne abbiamo dati da oltre 9 0 ; alla Svizzera per i suoi tre oltre 31 ; all’ Austria circa 6 per i suoi 4 e all’ Inghilterra per le sue 11,497 lire oltre 5 milioni e mezzo. Fra i grandi Siati di Europa la Germania soltanto si trova al di sotto, essendo in perdita di L. 1,474,332. Fra i paesi fuori d’Europa, all’ Egitto abbiamo reso 15 m ilioni e mezzo contro i suoi e alle Indie inglesi L. 6,781,704 contro le sue 667,600 lire.

Il movimento

M

cereali e delle farine agli Stati Uniti

nel 1887

La produzione media granaria degli Stati Uniti negli ultim i cinque anni è stata di 444,902,012 bushels per il grano ; di 4,680,877,666 per il mais o granturco, di 663,518,280 per l’avena, di 56,540,420 per l’orzo e di 25,190,436 per la segale.

I l raccolto del frumento nel 1887 fu di 6,363,988 slaia superiore alla media dell’ ultimo quinquennio; quello degli altri cereali all’incontro inferiore e cioè di 227,242,266 per ii granturco; di 1,594,280 per l’ avena, di 1,540,428 per l’orzo e di 1,190,436 per la segale.

La produzione, l’importazione, l’esportazione e la quantità disponibile per il consumo resultano per i cinque anni 1882-86 come segue:

Q u a n tità d isp o n ib ile A n n i P r o d u z io n e Im p o r ta z . E s p o r ta z . per il < (insufflo 1 8 8 2 . . . B u sh els 5 04,185,470 976,526 147,811,316 357,350,680 1 8 8 3 . . . . 4 20,154,500 32,474 1 11,534,182 308,652,792 1 8 8 4 . . . » 5 12,763,900 212,304 132,569,584 380,406,620 1 8 8 6 . . . > 8 57,112,000 281,689 9 4 ,5 91.861 202,801,828 1 8 8 6 . . . » 477,218,000 358,476 153,804,947 323,771,529 T o ta le B u sh els 2,271,433,870 1,861,469 640,311,890 1,632,983,449 454,286,774 372,294 1 28,062,378 326,596,690

Il consumo interno di frumento agli Stati Uniti per l’alimentazione, semine e industrie sarebbe stato per gli ultim i sei anni come appresso:

A n n i A lim en ta -/. S e m in e I n d u s tr ie T o ta le 1882- 8 3 Busehels 241,552,589 5 1 ,1 51,929 1 5 ,0 0 0 ,0 0 0 807,704,518 1883- 8 4 . . . , 249,079,653 50,308,718 1 5 ,000,000 314,388,371 1884- 8 6 . . . » 256,394,927 5 4 ,4 7 6 6 8 4 15,000,000 325,8 7 1 ,5 9 1 1 8 8 6 - 8 6 ... » 263,301,408 52,440,000 1 5 .0 00,000 330,741,408 1886- 8 7 . . . > 270,071,618 50,792,534 1 5 ,0 00,000 3 35,864,152 1887- 8 8 . . . » 277,678,539 52,440,000 1 5 ,0 0 0 0 0 0 3 45,118,539

La quantità di frumento consumata annualmente per il mantenimento della popolazione è indicata in 4- 1/2 bushels o staia a testa.

Al 1° gennaio 1888 esisteva negli stati della Unione una rimanenza di 65 milioni di staia di frumento liberi per l ’ esportazione, oltre ad una riserva di 40 milioni per il consumo interno.

1 prezzi medi del frumento, del granturco, e del- 1’ avena negli ultimi sei anni sono andati annual­ mente ribassando, come meglio apparisce dal se­ guente specchietto : A n n i F r u m e n to G r a n tu r c o A v en a 1882. .. Doli. 1,27 0,80 </„ 0,52.2 1883.. . . » 1,17 'U 0,65 0,42 Vg 0,36 % 18M. . . » 0,96 0,61 1885. . . » 0,96

Vi

0,53 0,35 •/» 0, 35. 2 1886. . . » 0,88 vi' 0,48 V. 1887.. . . » 0,88

Vs

0,49 V, 0,34 ‘/ 4 L ’ esportazione della farina nel 1887 è stata molto forte, eguagliando quasi quella del frumento, e i prezzi variarono in conformità a quelli del grano fino a luglio, per discendere negli ultim i mesi dell’anno.

BOLLETTINO DELLE BANCHE POPOLARI

Il Consiglio d’ amministrazione della Banca Po­

polare di Verona ci ha mandato la sua relazione sulla gestione sociale del 1887 che è la ventesima dalla sua creazione. I risultati principali furono i seguenti :

Al 31 dicembre 1887 il patrimonio sociale era rappre­ sentalo da N. 10,720 azioni per l’ importo ili L. 385,920, la qual cifra saliva fino a L. 444,327.34 aggiungen­ dovi la riserva stabile nella somma di L. 58,407.54. Confrontando la cifra complessiva più sopra indicata con quella resultata al 31 dicembre 18h6 si ha per il 1887 un aumento nel patrimonio sociale per l’ im ­ porto di L . 15,078.04.

G li altri conti principali ebbero nella gestione del 1887 il seguente movimento:

Gassa... L. 54,398,148.14 Conti correnti ed interessi » 14,440,533.00 Effetti scontati... » 15,745,826.20

» all’ incasso e vaglia

a v i s t a ... . » 30,609,752.85

Corrispondenti... » 32.652,156.74

Gli effetti scontati e i depositi a conto corrente ebbero un movimento inferiore a quello del 1886 di L. 1,688,813.56 per i primi, e di L. 2,015,898.80 per i secondi lu tti g li altri ebbero un movimento maggiore.

I depositi a conto corrente alla fine del 1887 presentano un saldo di L. 1,815,927.96 a credito dei correntisti, con una differenza in meno in confronto l della corrispondente epoca del 1886 di L . 476,634.32.

(10)

202

L ’ E C O N O M I S T A

25 marzo 1888

Le cambiali e i prestiti scontati nel 1887 furono 9,6-49 con un importo medio per effetto di L . 702 contro 9,200 con una media di L. 829 nell’ anno precedente.

Le rendite, depurate dalle spese, ammontarono a L. 21,773.24, delle quali L. 19,071 vennero distri­ buite agli azionisti, cifra che corrispondendo a L . 1.80 per azione equivale al 5 0/o sul valore nominale di ciascuna.

Camera di Commercio di Bergamo. — La Ca­ mera di Commercio di Bergamo nella sua ultima seduta ha deliberato di esprimere il voto al Go­ verno, che sia intieramente abolito il dazio d’ u- seita delle sete tanto greggie che lavorate , come già hanno domandato l’Associazione serica e le Ca­ mere di commercio di Milano, di Torino e di altre

città. ✓

Circa l’ industria del cotone si convenne di insi­ stere perchè sia conservata la misura di dazio por­ tata dalla tariffa generale.

Camera di commercio di Cremona. — Gli ar­ gomenti più importanti trattati nella seduta del 1° marzo furono i seguenti :

1° Sentita la relazione circa i criteri di mas­ sima del disegno di legge intorno al riordinamento degli Istituti d’ Emissione, presentato nel p. p. no­ vembre alla Camera Elettiva - riconfermando l’opi­ nione espressa nell’ ultima adunanza — augura, nel- I interesse generale del credito e del commercio, che sieno mantenuti i principii costitutivi del progetto — specialmente in ordine al limite normale della circojazione fissato nella complessiva somma di L. 753,250,000ed all’abolizione del corso legale; — fa voti che gli analoghi provvedimenti governativi siano presi gradatamente con opportune cautele onde evitare una possibile crisi a danno del commercio nazionale: a maggiore comodità del piccolo com­ mercio poi esprime voto perchè non solo gli Istituti minori, ma anche i maggiori abbiano facoltà di emet­ tere biglietti del taglio di L. 25 e quella di aumen­ tare la emissione dei biglietti del taglio di L. 50.

2° Quanto poi al ripristinamento dei decimi sulla fondiaria - avendo riguardo al principio asso­ luto del credito nella vitalità delle leggi —e tenendo calcolo dell’esistente crisi agraria e delle condizioni economiche commerciali a ttu a li, deliberò di espri­ mere al Ministero del Commercio, al Parlamento, agli Onorevoli Deputati della Provincia, voto con­ trario al proposto ripristinamento.

Camera di Commercio di Milano. — Nella se­ duta del 9 marzo:

a) Fu deliberato di presentare una petizione al Parlamento nazionale, intesa ad ottenere che sia so­ spesa ogni deliberazione sul progetto di legge per l ’instituzione d’ una tassa di vendita sugli alcool e sulle bevande alcooliche;

b) Furono approvate le perizie presentate dalla Commissione apposita in merito ad alcune contro­ versie doganali per le seguenti merci: Tessuti di co­ tone, buste da lettere, bauli di cuoio, vernici, ritagli di carta.

c) La Camera infine determinò in 38 centesimi

per ogni cento lire di reddito imponibile la sovra- imposta camerale per l’anno 1888.

La Petizione presentata al Parlamento dalla Ca­ mera di Commercio di Milano, in merito al progetto d’ una nuova tassa di vendita sugli alcool e le be­ vande alcooliche, si riassume in queste conclusioni :

La Camera di Commercio di Milano ;

Visto il progetto di legge per la nnova tassa di vendita sugli alcool e le bevande alcooliche;

Ritenute le dichiarazioni del Governo sugli studi da esso iniziati per dare assetto stabile al regime fiscale degli alcool e delle bevande alcooliche;

Considerando che la legge presentata provoche­ rebbe molestie gravissime e perturbanti agli interessi commerciali del Paese, senza che si abbia neppure la sicurezza che possono esser necessarie ed utili all’assetto definitivo del regime fiscale degli alcools;

Mentre fa voti vivissimi perchè si portino a com­ ponimento gli studii sulla contrastata materia e si determini in modo definitivo un regime che valga a salvaguardare i d iritti dell’ erario e gli interessi legittim i delle distillerie nazionali;

Crede che frattanto e sino a che questi studi non siano compiuti, sia doveroso ed opportuno sospendere ogni deliberazione sul progetto di legge.

Camera di Commercio di Varese. — Riunitasi il 23 febbraio fra altre cose di minore importanza espresse il volo che qualunque sieno le costruzioni ferroviarie da eseguirsi nel distretto la Camera abbia ad agire nel senso che, in qualunque eventualità, sieno almeno mantenute alla ferrovia Varese-Lnveno- Milano quelle agevolezze di corse e di tariffe delle quali attualmente fruisce, e che, in breve volgere di anni, tanto incremento hanno apportato alla città nostra.

(Notizie). — La Camera di Commercio italiana in Londra, in occasione dell’ esposizione che si aprirà colà il 1° maggio prossimo, darà opera alla pubbli­ cazione di un catalogo degli espositori con notizie relative alla loro produzione.

A l catalogo stesso intende aggiungere un elenco delle ditte nostre esportatrici e di quelle ancora che potrebbero avviare affari coll’estero, dimostrando il loro valore agricolo ed industriale.

In questi frangenti, in cui il nostro principale mercato all’estero ci vien pressoché chiuso, gli in­ dustriali italiani non devono lasciarsi sfuggire qual­ siasi opportunità per procurarsi nuove relazioni in­ ternazionali, o per meglio estendere gli sbocchi già aperti ai loro p ro d o tti, e le Camere ad essi addi­ tano un'ottima occasione per far conoscere la produ­ zione nazionale nell’opera lodevolissima propostasi dalla consorella di Londra, la quale curerà la stampa, sia del catalogo che dell’ elenco, a tutte sue spese.

Riferimenti

Documenti correlati

Ma se non è stata ottima l’ impressione lasciata dal Presidente del Consiglio durante la discussione della Riforma Comunale, quella della Commissione è stata

Dispone espressamente l’ articolo 16 della legge testé pubblicata, riguardante la tassa di vendita del- 1’ alcool, che il governo del Re è autorizzato a

Vi sono non poche Casse di risparmio, e fra que­ ste talune delle meglio ordinate e più reputate, le quali da lungo tèmpo fanno il servizio dì cassa alla

doganale internazionale; e più ancora la diminuzione complessiva dei nostri scambi col­ l’ estero, diminuzione che in sette mesi ha quasi rag­ giunti 180 m ilioni

— Dal_ complesso delle notizie avute dai prin­ cipali mercati dell’ interno apparisce che le transa­ zioni ebbero minore estensione delle settimane pre­ cedenti, e

L ’on. Luzzatti nella sua relazione sul bilancio di assestamento, si mostra certo più avveduto dell’ on. Giolitti, ma anche in quella relazione all’ esame freddo

Canada pretendeva di computare le tre leghe della zona ri­ servata a partire dalla linea collegante, due promon­ tori di ogni baia o porto; questo principio era

— Il capitale utile alla tripla emissione 6 1’ ammontare dei biglietti in circolazione (dedotti la corrispondente riserva metallica esistente in cassa, le