Universit`a degli Studi di Roma “La Sapienza”
Facolt`a di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali Dipartimento di Fisica
Laurea Specialistica in Fisica
Corso di Fisica Teorica: Onde Nonlineari e Solitoni Prof. Antonio Degasperis
Dispense del Corso
A cura di
Giorgio Ferrari, Dario Dell’Arciprete
last update: 1 marzo 2008
Anno Accademico
2006-2007
2
3
“ Lo scienziato non studia la natura perch´e sia utile farlo.
La studia perch´e ne ricava piacere; e ne ricava piacere perch´e `e bella.
Se la natura non fosse bella, non varrebbe la pena di conoscerla e la vita non sarebbe degna di essere vissuta.”
Jules Henri Poincar´e
4
Sommario
Questo lavoro `e la rielaborazione degli appunti del corso di Fisica Teorica:
Onde Nonlineari e Solitoni tenuto dal prof. Antonio Degasperis nell’A.A.
2006/2007.
Nella prima parte, si `e affrontato lo studio di sistemi iperbolici e dispersivi nonlineari. Il metodo delle caratteristiche ci ha permesso di trattare il pro- blema di Cauchy associato ad equazioni iperboliche nonlineari, mentre quel- lo perturbativo del multiscala di ricavare delle equazioni d’onda dispersive nonlineari integrabili di generale interesse applicativo.
Nella seconda parte, abbiamo studiato il metodo della trasformata spet- trale, generalizzazione nonlineare della trasformata di Fourier e quello della trasformazione di Darboux. Questi due metodi permettono di investigare alcune Equazioni Differenziali alle Derivate Parziali Nonlineari Integrabili (NLPDEs) di notevole interesse fisico, tra le quali l’equazione di Schr¨odinger nonlineare (NLS), l’equazione di Korteweg-de Vries (KdV), l’equazione di sine-Gordon (SG), le equazioni ridotte di Maxwell-Bloch (RMB).
Nelle ultime tre parti, sono raccolti alcuni lavori di approfondimento su argomenti specifici in forma di tesine prodotte dagli studenti. Tali argo- menti riguardano i campi dell’Ottica Nonlineare e della Superconduttivit`a.
Lo studio qui presentato dei fenomeni fisici - ovvero, di alcuni modelli che li descrivono - sottolinea la potenza e l’utilit`a dei metodi matematici stu- diati durante il corso (metodo perturbativo multiscala, trasformata spettrale, trasformata di Darboux).
Indice
I Onde Non Lineari 10
1 Propagazione ondosa 11
1.1 Onde dispersive ed iperboliche: una prima classificazione . . . 11
1.2 Esempi sulla determinazione della ω(k) . . . . 13
1.2.1 L’equazione di Schr¨odinger . . . 13
1.2.2 L’equazione di Klein-Gordon (K-G) . . . 13
1.2.3 L’equazione di Korteweg-de Vries (KdV) . . . 14
1.3 L’equazione di continuit`a . . . 15
1.4 Equazione delle onde e propagazione iperbolica lineare . . . . 16
1.4.1 Propagazione iperbolica lineare con dissipazione . . . . 19
1.5 Flusso quadratico e onde di shock . . . 21
1.5.1 Tempo critico . . . 22
2 L’equazione di Burgers 24 2.1 Verso l’equazione di Burgers . . . 24
2.1.1 Tempo critico . . . 25
2.2 L’equazione di Burgers . . . 26
2.3 Gerarchia di Burgers . . . 29
3 Propagazione ondosa in fluidi e solidi 33 3.1 Meccanica dei Fluidi e Curve Caratteristiche . . . 33
3.2 Esempi . . . 35
3.2.1 L’onda di shock . . . 35
3.2.2 Un’equazione lineare . . . 36
3.3 Onde sonore in un fluido . . . 37
3.4 Propagazione del suono in un solido elastico . . . 39
4 Caratteristiche 40 4.1 Caso scalare : N = 1 . . . . 40
4.1.1 Vantaggi del metodo delle caratteristiche . . . 41
4.2 Caso vettoriale . . . 42
6 INDICE
4.2.1 A e B matrici N × N diagonali . . . . 42
4.2.2 A e B matrici N × N generiche . . . . 43
4.2.3 Gli Invarianti di Riemann . . . 45
5 Leggi di conservazione 47 6 Multiscale expansion and integrability of dispersive wave equa- tions 51 6.1 Introduction . . . 51
6.2 Nonlinear Schroedinger type model equations and integrability 62 6.3 Higher order terms and integrability . . . 73
7 Onde elettromagnetiche nei mezzi nonlineari 77 7.1 Modello classico di dielettrico . . . 77
7.1.1 Teoria perturbativa e la NLS . . . 79
7.2 L’equazione VNLS . . . 86
7.2.1 Caso di un’onda risonante . . . 86
7.2.2 Caso di due onde non risonanti . . . 89
7.3 Generazione della 2a armonica : 2HG . . . 90
7.4 Caso di due onde risonanti: 3WRI . . . 91
8 Dielettrico quantistico 97 9 Derivazione dell’equazione di Korteweg-de Vries 105
II Solitoni 109
10 Il Metodo della Trasformata Spettrale 110 10.1 Introduzione alla trasformata spettrale . . . 11010.1.1 La trasformata inversa di Fourier come problema RH . 111 10.1.2 Dipendenza parametrica dal tempo . . . 114
10.2 La trasformata spettrale . . . 116
10.2.1 Problema spettrale diretto . . . 120
10.2.2 Problema spettrale inverso . . . 121
10.2.3 Problema RH corrispondente . . . 122
10.2.4 Formulazione alternativa del problema inverso attraver- so le equazioni di Fredholm . . . 125
10.2.5 Dipendenza parametrica di u(x) dal tempo t . . . . 126
INDICE 7
11 Il Metodo di Darboux 129
11.1 La trasformata di Darboux . . . 129
11.2 Alcune equazioni non lineari integrabili di interesse applicati- vo: loro Coppia di Lax e soluzione solitonica . . . 132
III SIT & IST Self-Induced Transparency and Inverse Scattering Trans- form 136
12 Propagazione di impulsi ultracorti in mezzi risonanti 139 12.1 Effetti nonlineari coerenti di transiente . . . 13912.2 Fenomenologia SIT . . . 141
13 Derivazione delle equazioni SIT 144 13.1 Equazioni di Maxwell-Bloch . . . 144
13.2 Equazioni SIT . . . 147
13.2.1 Sharp line limit: l’equazione di sine-Gordon . . . . 149
14 Inverse Scattering Transform 150 14.1 Introduzione al metodo . . . 150
14.1.1 La coppia di Lax . . . 151
14.1.2 Il problema di Zakharov e Shabat . . . 152
14.2 Problema Diretto . . . 156
14.3 Problema Inverso . . . 162
14.4 Dipendenza temporale e soluzione a singolo solitone . . . 167
14.5 SIT come sistema di Zakharov e Shabat e soluzione finale . . . 171
14.6 Osservazioni finali . . . 173
IV Sull’Equazione di Sine-Gordon Giunzione Josephson e soluzione ad un solitone 174
15 Lo stato superconduttivo 177 15.1 Propriet`a dei superconduttori . . . 17715.2 Propriet`a elettriche : Temperatura critica e conducibilit`a infinita178 15.3 Propriet`a magnetiche : Effetto Meissner e Campo critico . . . . 179
15.4 Teoria BCS . . . 179
15.5 La teoria di Landau-Ginzburg . . . 181
15.6 Supercorrente di tunneling : Gli Effetti Josephson . . . 182
8 INDICE
16 Sine-Gordon e Giunzione Josephson 183
16.1 Derivazione fisica della Sine-Gordon [46] . . . 184 17 Equazione di Sine-Gordon e Trasformazione di Darboux 191 17.1 Il Metodo di Darboux . . . 191 17.2 Soluzione ad un solitone per l’ Equazione di Sine-Gordon . . . 192
A Metodo della fase stazionaria 199
B Osservazioni sull’integrazione numerica: la discretizzazione
delle PDE 201
C Coefficienti di Trasmissione e Riflessione di un’onda elettro-
magnetica 205
D Il Problema RH 209
Elenco delle figure
1.1 Grafico 3D della soluzione u dell’equazione ut+ c ux = 0, con
c = 1. . . . 17
1.2 Curve di livello della soluzione u dell’equazione ut+ c ux = 0, con c = 1. . . . 18
1.3 Grafico della soluzione u dell’equazione ut+ c ux = 0, con c = 2. 19 1.4 Curve di livello della soluzione u dell’equazione ut+ c ux = 0, con c = 2. . . . 20
12.1 Schema del processo di assorbimento indotto ed emissione stimolata. . . 142
12.2 Evoluzione di impulsi-2π per diverse intensit`a. . . . 143
16.1 Una giunzione Josephson. . . 184
16.2 La curva chiusa d’ integrazione C. . . 185
16.3 Giunzione Josephson come sistema quantistico a due stati. . . 186
17.1 soluzione di kink per la Sine Gordon con parametri : x1 = 0 , κ001 = 2.5 , λ001 = 1.5 (polo in ζ = 2i). . . . 198
17.2 soluzione di antikink per la Sine Gordon con parametri : x1 = 0 , κ001 = 2.5 , λ001 = 1.5 (polo in ζ = 2i). . . . 198
Parte I
Onde Non Lineari
Capitolo 1
Propagazione ondosa
1.1 Onde dispersive ed iperboliche: una pri- ma classificazione
Un’onda pu`o essere vista come un segnale che si trasferisce da una parte di un mezzo ad un altro con una definita velocit`a di propagazione. Il segnale
`e un disturbo di qualsiasi genere che pu`o cambiare le sue caratteristiche come velocit`a, ampiezza, pur rimanendo ad ogni istante di tempo facilmente localizzabile [1]. Sebbene questa definizione possa sembrare un po’ vaga, `e per il momento soddisfacente; in seguito avremo modo di approfondirla e completarla.
Possiamo gi`a dare una prima classificazione delle onde. Queste si dividono in due grandi classi [1]: le onde della prima classe sono matematicamente formulate in termini di equazioni alle derivate parziali di tipo iperbolico e pertanto ci riferiremo ad esse col nome di onde iperboliche. La forma pi`u generale di sistema iperbolico quasi lineare1 `e
A(U, x, t) Ut+ B(U, x, t) Ux+ φ(U, x, t) = 0 , (1.1) dove l’incognita U = U(x, t) `e un vettore (genericamente di dimensione N ), φ `e un vettore dato e A e B sono matrici N × N. D’ora in poi adotteremo la notazione Ut ≡ ∂U∂t, Ux ≡ ∂U∂x, Uxx ≡ ∂∂t2U2 , etc . . . . Le variabili x e t hanno significato di coordinata spaziale e temporale, rispettivamente.
Delle onde della seconda classe `e difficile dare una definizione generale.
Come primo esempio, consideriamo, tuttavia, la generica equazione differen-
1Un sistema quasi lineare `e un sistema di equazioni alle derivate parziale dove le derivate pi`u alte del vettore incognito U entrano in modo lineare.
12 Propagazione ondosa
ziale scalare alle derivate parziali
P u = 0, (1.2)
dove
P = P µ∂
∂t, ∂
∂x
¶
`e un polinomio (formale) a coefficienti costanti nelle derivate spaziotemporali.
Diremo che l’equazione (1.2) `e dispersiva [2] se:
1. Essa ammette soluzioni in forma d’onda piana
u(x, t) = A eiθ(x,t) dove (1.3)
θ(x, t) = kx − ωt, k, ω = cost. (1.4) In tal caso, le quantit`a k (numero d’onda = 2πλ) ed ω (pulsazione = 2πT ) sono radici dell’equazione implicita
P (−iω, ik) = 0 (1.5)
che localmente definisce la relazione di dispersione
ω = ω(k) . (1.6)
Ove per tale relazione sia possibile scegliere tra diverse soluzioni del- l’equazione (1.5), si parla in tal caso di diversi rami della relazione di dispersione.
2. La relazione di dispersione `e a valori reali, ω(k) ∈ R, ed inoltre d2ω(k)
dk2 = ω00(k) 6= 0, q.o. . (1.7) La funzione ω00(k) prende il nome di dispersione.
Possiamo anche definire la dispersione come la derivata prima rispetto a k della velocit`a di gruppo vg:
vg(k) = dω(k)
dk (1.8)
che `e la velocit`a rilevante nella descrizione della dinamica di un ‘gruppo’
di onde con una definita distribuzione di numeri d’onda.
1.2 Esempi sulla determinazione della ω(k) 13
Osservazione. La linearit`a della (1.2) ci consente di cercarne soluzioni nella forma di combinazione lineare di esponenziali complessi. Le equazioni che descrivono la propagazione di onde dispersive in un mezzo nonlineare possono avere la forma
P u = f (u, ux, ut, . . .)
che differisce dalla (1.2) perch`e il termine a destra non `e nullo ma `e una funzione nonlineare dell’incognita u e delle sue derivate.
1.2 Esempi sulla determinazione della ω(k)
Vogliamo ora riportare alcuni esempi di equazioni dispersive lineari per le quali andremo a ricavare l’espressione della relazione di dispersione.
1.2.1 L’equazione di Schr¨ odinger
L’equazione di Schr¨odinger libera descrive la dinamica di una particella quan- tistica di massa m non soggettta ad alcuna forza.
Essa ha la forma
i~ ut+ ~2
2muxx = 0 (1.9)
ed ammette come soluzione esponenziali complessi:
u = A ei(kx−ω(k)t) (1.10)
con A costante.
Sostituendo la (1.10) nella (1.9), notiamo che questa `e soluzione a patto che valga la relazione di dispersione
ω(k) = ~
2mk2. (1.11)
Osserviamo che in base alla definizione (1.7), la dispersione `e non nulla;
il carattere dispersivo dell’onda `e garantito dalla presenza del coefficiente immaginario.
1.2.2 L’equazione di Klein-Gordon (K-G)
L’equazione di K-G `e storicamente la prima generalizzazione dell’equazione di Schr¨odinger nell’ambito di una teoria quantistico-relativistica. Essa ha la forma
utt− c2uxx+ ν2u = 0 (1.12)
14 Propagazione ondosa
dove c ha le dimensioni di una velocit`a, ν quelle di una frequenza e u(x, t) `e un campo scalare.
Ripetendo gli stessi ragionamenti svolti per l’equazione di Schr¨odinger, otteniamo la relazione di dispersione:
ω(k) = ±√
c2k2+ ν2 (1.13)
che presenta due rami1.
1.2.3 L’equazione di Korteweg-de Vries (KdV)
L’equazione di Korteweg-de Vries (KdV) `e un valido modello nella descrizione della dinamica di onde d’acqua con lunghezza d’onda molto maggiore della profondit`a del canale. Essa `e un’equazione non lineare della forma
ut+ uxxx = −uux. (1.14)
Essendo il termine non lineare uux di ordine quadratico, la dinamica di piccole perturbazioni v dalla posizione di equilibrio u0 = cost, ovvero u(x, t) = u0+ v(x, t), pu`o essere descritta dalla KdV linearizzata:
vt+ vxxx+ u0vx = 0 (1.15) che presenta la relazione di dispersione
ω(k) = −k3+ u0k . (1.16)
L’onda `e pertanto dispersiva con velocit`a di gruppo vg = −3k2+ u0.
Osservazione. La distinzione sinora condotta fra onde iperboliche ed onde dispersive non `e netta, n`e restrittiva, nel senso che vi sono casi in cui le equazioni di evoluzione possono essere viste contemporaneamente come iperboliche e dispersive. Questo `e il caso dell’equazione di K-G (1.12) che possiamo riscrivere fattorizzando l’operatore di D’Alembert come
(∂t− c∂x)(∂t+ c∂x) u + ν2u = 0 . (1.17) Chiamando
v = ut+ c ux, la (1.17) diventa
vt− c vx+ ν2u = 0 .
1La radice negativa della (1.13) `e causa nell’ambito della teoria di campo relativistica di problemi interessanti.
1.3 L’equazione di continuit`a 15
Le ultime due equazioni definiscono un sistema di due equazioni accoppiate alle derivate parziali nelle incognite u e v, che possiamo riscrivere nella forma (1.1) con:
U = µ u
v
¶
, A =
µ 1 0 0 1
¶
, B =
µ c 0 0 −c
¶
, φ =
µ −v ν2u
¶ .
1.3 L’equazione di continuit` a
Consideriamo nuovamente un generico sistema iperbolico nella forma (1.1).
Ci chiediamo: perch`e nella (1.1) compaiono solo le derivate prime del vettore incognito rispetto al tempo e rispetto allo spazio e non anche derivate di ordine superiore, come ci si potrebbe aspettare da una generalizzazione della legge di Newton f = ma?
La risposta a questa domanda la si trova osservando che in fisica parec- chi modelli iperbolici derivano direttamente dalla fluidodinamica che molto spesso si basa su leggi di conservazione o di continuit`a, ossia su relazioni differenziali del primo ordine della forma
ρt(x, t) + jx(x, t) = 0 (1.18) dove i campi ρ(x, t) e j(x, t) sono rispettivamente definiti come densit`a lineare e corrente di densit`a anche nota come flusso.
L’equazione (1.18) prende il nome di equazione di continuit`a ed e- sprime la conservazione della densit`a ρ nel tempo.
Supponiamo difatti che sia assegnato un campo di densit`a di massa ρ(x, t).
Ci`o significa che ρ(x, t)dx `e la massa che compete al volume dx attorno al punto x. Sia (α, β) un intervallo dell’asse reale x. La conservazione della massa implica che la sua variazione nell’unit`a di tempo sia esprimibile come la differenza tra il flusso entrante (in α) e quello uscente (in β):
d dt
Z β
α
ρ(x, t) dx = −j(β, t) + j(α, t) = − Z β
α
jx(x, t) dx . (1.19) che `e, non dipendendo gli estremi d’integrazione dal tempo:
Z β
α
[ ρt+ jx] dx = 0 . (1.20) Dovendo valere la (1.20) per ogni volume infinitesimo dx, si ottiene l’e- spressione dell’equazione di continuit`a (1.18):
ρt+ jx = 0 (1.21)
In seguito, partiremo proprio dalla (1.21) per descrivere vari modelli di fenomeni fisici, semplicemente variando la natura del flusso j.
16 Propagazione ondosa
1.4 Equazione delle onde e propagazione iper- bolica lineare
Consideriamo la pi`u nota fra le equazioni iperboliche lineari: l’equazione delle onde nel caso unidimensionale:
utt− c2uxx = 0 (1.22)
in cui u `e un campo scalare o vettoriale dello spazio-tempo.
Notiamo anzitutto che possiamo riscrivere la (1.22) in termini delle due nuove variabili
α = x − c t e β = x + c t in modo che diventi
uαβ = 0 .
di cui la soluzione generale si ricava subito per integrazione:
u = F (α) + G(β) = F (x − c t) + G(x + c t) (1.23) dove F e G sono funzioni arbitrarie di classe C1 delle due nuove variabili α e β. Osservando la forma della (1.23), si comprende immediatamente che questa `e la combinazione di due onde che viaggiano con velocit`a c nei due versi opposti dell’asse x senza modificare nel tempo il proprio profilo.
Se si vuole studiare la propagazione di una sola onda `e sufficiente notare [1] che la (1.22) si fattorizza in
(∂t− c ∂x) (∂t+ c ∂x) u = 0 (1.24) (come gi`a mostrato nella (1.17)) e tener conto di uno solo di questi due fattori.
Dunque, il pi`u semplice problema iperbolico lineare `e dato da
ut+ c ux = 0 u(x, 0) = f (x)
(1.25)
dove la c `e ancora la velocit`a di propagazione dell’onda. Osserviamo che se u `e soluzione della ((1.25)), data la omogeneit`a nelle derivate, anche u0 ≡ uξ con ξ = x − ct sar`a soluzione.
La soluzione del problema ((1.25)) `e allora
u(x, t) = f (x − c t) .1 (1.26)
1E ovvio che nel caso in cui scegliessimo nella ((1.25)) il primo fattore per il quale c ha´ segno negativo, l’onda traslerebbe verso valori negativi delle x, cio`e verso sinistra.
1.4 Equazione delle onde e propagazione iperbolica lineare 17
Difatti se f0 = fξ con ξ = x − c t, allora:
ut+ c ux = −c f0+ c f0 = 0 u(x, 0) = f (x)
(1.27)
Dal momento che la relazione di dispersione associata alla ((1.25)) `e ω(k) = c k ,
l’onda non `e dispersiva essendo
d2ω(k) d2k = 0 .
Riportando l’andamento della u(x, t) nello spazio delle fasi Ω ≡ (x, t), si osserva che le linee di livello sono rette parallele, ognuna delle quali parte da un diverso punto dell’asse delle x con pendenza data dal valore della velocit`a di propagazione c.
Nelle figure 1.1 e 1.3, riportiamo due andamenti delle soluzioni della ((1.25)) insieme alle corrispondenti curve di livello in 1.2 e 1.4: si osservi il cambiamento di pendenza dovuto ad una differente scelta del valore della velocit`a di propagazione c.
-10 -5
0
5
10-10 -5
0 5
10
-20 -10 0 10 20
-10 -5
0
5
Figura 1.1: Grafico 3D della soluzione u dell’equazione ut + c ux = 0, con c = 1.
18 Propagazione ondosa
-10 -5 0 5 10
-10 -5 0 5 10
Figura 1.2: Curve di livello della soluzione u dell’equazione ut+ c ux = 0, con c = 1.
A volte il problema della ricerca delle giuste condizioni iniziali e delle corrette condizioni al contorno `e di grande importanza e di non semplice risoluzione: pu`o capitare infatti che una scelta inappropriata porti al con- trastare dell’equazione stessa con le condizioni assegnate o a situazioni di incompatibilit`a tra le condizioni al contorno e quelle iniziali.
Ritorneremo comunque pi`u avanti su questo punto.
Cercando un’estensione non lineare della ((1.25)), il pi`u semplice esempio lo si ottiene considerando la velocit`a c come funzione del disturbo locale u [1]. In tal caso, la ((1.25)) si modifica in
ut+ c(u) ux= 0 (1.28)
e dallo studio di quest’equazione, che sar`a oggetto di discussione nel paragrafo 1.5, si possono derivare tutte le idee ed i risultati essenziali riguardo le onde iperboliche non lineari.
1.4 Equazione delle onde e propagazione iperbolica lineare 19
-10 -5
0
5
10-10 -5
0 5
10 -10
0 10
-10 -5
0
5
Figura 1.3: Grafico della soluzione u dell’equazione ut+ c ux = 0, con c = 2.
1.4.1 Propagazione iperbolica lineare con dissipazione
Modifichiamo la ((1.25)) aggiungendovi un termine dissipativo 1τ u ed una sorgente o forzante σ(x, t):
ut+ c ux+ 1τ u = σ(x, t) u(x, 0) = F (x)
(1.29)
Il termine 1τ u(x, t), con [τ ] = [t−1], si presenta come un termine dissi- pativo. Immaginiamo difatti, per il momento, che σ(x, t) = 0. Allora dalla (1.28) possiamo cercare una soluzione nella forma
u(x, t) = Z +∞
−∞
Akei(k−ω(k)t)dk . Essenso la relazione di dispersione associata alla (1.28)
ω(k) = ck + i τ , abbiamo
u(x, t) = Z +∞
−∞
Akei(kx−ckt)e−τt F (k) dk ,b
20 Propagazione ondosa
-10 -5 0 5 10
-10 -5 0 5 10
Figura 1.4: Curve di livello della soluzione u dell’equazione ut+ c ux = 0, con c = 2.
Ossia un pacchetto di onde che al crescere del tempo diminuiscono esponen- zialmente la propria ampiezza. τ `e il tempo dopo cui l’ampiezza si `e ridotta di un fattore 1/e.
Dalla sorgente possiamo invece aspettarci la formazione di altre onde dalla forma che caso per caso dovr`a essere specificata.
Il metodo di risoluzione parte da una trasformazione di coordinate capace di porre l’equazione (1.29) in una forma pi`u semplice e conveniente.
Passiamo allora dalle vecchie variabili (u, x) alle nuove (w, y) definite da:
u(x, t) = e−τt w(y, t)
y = x − c t
(1.30)
lasciando invariata la variabile temporale t.
Sostituendo le (1.30) nella (1.29), una volta operate le opportune derivate nelle variabili t ed x, otteniamo
wt= eτtσ(y + c t, t) . (1.31) Integriamo la (1.31) per ricavare la w:
w(y, t) = F (y) + Z t
0
dt0et0τσ(y + ct0, t0) . (1.32)
1.5 Flusso quadratico e onde di shock 21
Sfruttando la (1.30) ritorniamo alla u, ottenendo la soluzione generale della (1.29):
u(x, t) = e−τt F (x − ct) + Z t
0
dt0e−t−t0τ σ(x − c(t − t0), t0) . (1.33)
1.5 Flusso quadratico e onde di shock
Riprendiamo ora l’equazione di continuit`a (1.21) 1 e consideriamo il caso in cui il flusso presenti termini lineari e quadratici in u:
ut+ jx = 0, con j = c u + a 2u2.
Un flusso che dipende dal quadrato della densit`a u non `e una pura com- plicazione matematica del problema, ma `e ci`o che realmente accade nella dinamica dei fluidi.
Esplicitiamo allora la forma dell’equazione di continuit`a sostituendo a j la sua espressione polinomiale in u ed otteniamo il problema al valore iniziale
ut+ c ux+ au ux = 0 u(x, 0) = eu(x)
(1.34)
Osserviamo che i primi due termini del membro di sinistra dell’equazione sono quelli gi`a incontrati nella ((1.25)). Il nostro interesse `e dunque capire l’effetto del terzo termine non lineare u ux.
Prima di procedere coi calcoli, osserviamo che possiamo riscrivere la (1.34) forma
ut+ (c + au) ux = 0, con c > 0 e a > 0 . (1.35) La (1.35) pu`o essere vista come l’equazione di evoluzione di un’onda che viaggia con velocit`a lineare in u: c(u) = c + au; pertanto grandi valori di u viaggiano pi`u velocemente di piccoli valori di u e cos`ı la cresta dell’onda supera tutti gli altri punti.
Questo fenomeno porta inevitabilmente al frangersi dell’onda - cio`e, mate- maticamente, all’esistenza di un punto di singolarit`a e ad una conseguente perdita di univocit`a nel profilo.
Esiste cos`ı un tempo finito in cui il gradiente di u assume valore infinito.
Tale tempo `e detto tempo minimo di rottura ed il fenomeno associato `e conosciuto come frangersi dell’onda (wave breaking).
1Qui indicheremo la densit`a ρ con la lettera u.
22 Propagazione ondosa
Della (1.34), possiamo cos`ı, in analogia con la soluzione della ((1.25)), dare la soluzione in forma implicita:
u(x, t) = ˜u(x − ct − atu) , (1.36) che evidentemente soddisfa alla condizione iniziale. La (1.36) verifica inoltre la (1.35), infatti sostituendo:
˜
u0(−c − au − at ut) + (c + a u)˜u0(1 − at ux) = −at˜u0(ut+ c ux+ au ux) cio`e
ut+ c ux+ au ux = −at˜u0(ut+ c ux+ au ux) ⇒
⇒ (1 + at ˜u)(ut+ c ux+ au ux) = 0 .
Dato che il primo termine `e non nullo, otteniamo nuovamente l’espressione dell’equazione di partenza, e ci`o conclude la verifica.
1.5.1 Tempo critico
Vogliamo ora determinare il tempo critico o tempo minimo di rottura del- l’onda, Tc, noto come l’istante al quale si verifica lo shock per cui ux = ∞
2. Matematicamente Tc `e l’istante che delimita la regione massimale dello spaziotempo entro cui la soluzione del problema di Cauchy relativo alla situ- azione fisica pu`o essere definita, visto che per t = Tc tale soluzione sviluppa una discontinuit`a e che per t ≥ Tc il profilo diventa una funzione a molti valori.
Prendiamo la soluzione (1.36) e deriviamola rispetto ad x:
ux = ˜u0[1 − at ux] dalla quale si ricava
ux = u˜0
1 + at˜u0 , con a > 0 e t > 0 . (1.37) Deduciamo che il comportamento futuro dipende in modo completo dalle condizioni iniziali, ovvero dal profilo iniziale dell’onda eu.
Se la ˜u0 `e negativa il denominatore della (1.37) pu`o anche annullarsi.
Definiamo allora
minx∈Ru˜0(x) = −m, m > 0 (1.38)
2Nel caso multidimensionale, l’ovvia estensione `e ottenuta sostituendo all’operatore ∂x, l’operatore ∇.
1.5 Flusso quadratico e onde di shock 23
sostituiamo questa definizione nella (1.37) e ci chiediamo quale sia il tempo Tc tale che:
1 − aTcm = 0 ,
da cui l’espressione del tempo critico come tempo minimo di rottura dell’
onda:
Tc= 1
am. (1.39)
L’interpretazione della (1.39) `e semplice: pi`u grande `e il valore della costante di accoppiamento a, quindi pi`u `e non trascurabile il contributo nonlineare, meno tempo si impiega a raggiungere lo shock; anche il profilo iniziale ha un ruolo importante nel manifestarsi del fenomeno d’urto, a seconda che descriva una forma iniziale pi`u o meno ripida.
Capitolo 2
L’equazione di Burgers
2.1 Verso l’equazione di Burgers
Continuiamo col modificare l’equazione iperbolica lineare ((1.25)) aggiun- gendovi altri termini e cercando di capire quali siano gli effetti generati.
Riprendiamo la (1.34) e teniamo conto di un ulteriore termine dissipativo
1
τu:
ut+ c ux+ au ux+τ1u = 0 u(x, 0) = eu(x)
(2.1) gi`a incontrato nella (1.29). Ricordiamo che per risolvere il problema (1.29) avevamo impiegato la trasformazione di variabili (1.30) che aveva permesso di determinarne la soluzione nella forma (1.33).
La difficolt`a in questo caso `e rappresentata dalla presenza del termine non lineare che non permette pi`u alla trasformazione (1.30) di semplificare notevolmente il problema. La (1.30) applicata alla (2.1) restituisce difatti il
problema:
wt+ c wx+ ae−τtw wx = 0 w(x, 0) = ew(x)
(2.2) non pi`u semplice da risolversi del (2.1)
Osservazione. La (2.2) non `e un’equazione autonoma, ovvero i coef- ficienti non sono pi`u costanti, ma dipendono dalle varivabili indipendenti x e t. Avere un’equazione di tipo autonomo risulta essere molto comodo, in- fatti da questa propriet`a se ne pu`o derivare immediatamente un’altra molto importante: quella di essere invariante sotto traslazioni spazio-temporali.
Conseguentemente, da questa, sfruttando il teorema di N¨oether, si deduce che energia ed impulso sono conservati.
2.1 Verso l’equazione di Burgers 25
Consideriamo per il momento un’immediata generalizzazione della (2.2) sostituendo al posto di a e−τt una generica funzione del tempo A(t):
wt+ c wx+ A(t)w wx = 0 . (2.3) In analogia con la (1.34), proponiamo la seguente soluzione in forma implici- ta:
w(x, t) = ˜u(x − ct − B(t)w) . (2.4) Sostituendo la (2.4) nella (2.3):
˜
u0[−c − ˙Bw − Bwt+ c (1 + Bwx) + Aw (1 − Bwx)] = 0 ,
sfruttando la (2.3) ed il fatto che ew(x) = eu(x) , si ricava la condizione cui deve soddisfare B(t) affinch`e la (2.4) sia soluzione del problema (2.3):
B = A ,˙ B(0) = 0.
cio`e
B(t) = Z t
0
A(t0)dt0. (2.5)
Riprendiamo il caso specifico in cui A(t) = a e−τt). Dalla (2.5) segue:
B(t) = a
τ(1 − e−τt) e quindi la soluzione generale in forma implicita `e
w(x, t) = ˜u
³
x − ct − a τ
³
1 − e−τt
´ w
´
. (2.6)
2.1.1 Tempo critico
Determiniamo il valore del tempo critico per il problema (2.1). Come al solito siamo interessati a trovare il primo istante di tempo in cui si presenta la sin- golarit`a. Quanto ci aspettiamo `e che per un’opportuna scelta dei parametri caratteristici del problema l’effetto dissipativo riesca a frenare la formazione di un’onda di shock.
Consideriamo la derivata della w rispetto ad x:
wx = ˜u0[1 − aτ (1 − e−τt)wx], con a > 0 ed esplicitiamo in funzione della wx:
wx = u˜0
1 + aτ (1 − e−τt)˜u0 (2.7)
26 L’equazione di Burgers
Osserviamo che la (2.7) porta alla (1.37) nel limite in cui τ −→ ∞, cio`e nel caso di un tempo di dissipazione infinito.
Definiamo allora il minimo della derivata ricalcando la (1.38) e mas- simizziamo il termine (1 − e−τt) con 1. La singolarit`a sar`a evitata se
1 − amτ > 0 cio`e se
τ < 1 am.
Se quindi la dissipazione diventa rilevante il fenomeno del frangersi del- l’onda viene frenato.
2.2 L’equazione di Burgers
Continuiamo col modificare la forma del flusso j nell’equazione di continuit`a ρt+ jx = 0.
Aggiungiamo in j un nuovo termine dipendente dal gradiente della densit`a che equivale a considerare eventuali effetti diffusivi derivanti da perdite del sistema1. L’espressione di j `e quindi
j = c ρ + 1
2a ρ2− ν ρx (2.8)
con ν > 0.
Il problema che si ottiene impiegando la (2.8) nell’equazione di continuit`a,
ha la forma:
ut+ c ux+ au ux = ν uxx u(x, 0) = u0(x)
(2.9)
La (2.9) pu`o essere vista come il caso unidimensionale delle ben pi`u comp- lesse equazioni di Navier-Stokes in grado di descrivere fenomeni di turbolenza per un fluido incomprimibile.
L’equazione di Burgers rientra nell’insieme delle equazioni c-integrabili, cio`e quelle equazioni non lineari che possono essere linearizzate attraverso una trasformazione lineare 2.
1Matematicamente, ci`o vuol dire che stiamo trattando sistemi di tipo parabolico, e non pi`u iperbolico. Immaginiamo ad esempio di lavorare con un fluido contenuto in un recipiente non ermetico.
2Nel nostro caso la trasformazione che linearizzer`a la Burgers sar`a nella sola variabile dipendente u, ma per altre equazioni si possono operare trasformazioni anche sulle pi`u coordinate.
2.2 L’equazione di Burgers 27
La (2.9) rappresenta inoltre un modello adatto alla descrizione di sistemi nei quali si combinino effetti legati alla propagazione non lineare e a quella diffusiva [1].
La ricerca della soluzione per l’equazione di Burgers consiste nell’effet- tuare una trasformazione linearizzante (dalle variabili di partenza u alle nuove variabili ψ che specificheremo in seguito) la quale permette di eliminare il termine non lineare e conduce ad un’equazione del tipo:
ψt+ c ψx = ν ψxx. (2.10)
che, eliminando il termine cψx con una trasformazione di Galileo, possiamo ricondurre all’equazione del calore.
Osservazione. L’equazione di Riccati.
Consideriamo la seguente equazione ordinaria nella funzione y(x), nota col nome di equazione di Riccati:
y0 = c0(x) + c1(x) y + c2(x) y2 (2.11) E possibile determinare una trasformazione differenziale (non algebrica) che´ linearizza la (2.11) 1. Poniamo dunque:
y = αz0
z = α d
dxlog(z) (2.12)
e sostituiamo la (2.12) nella ((14.72)), ottenendo:
α0z0
z + αz00
z − αz02
z2 = c0+ c1αz0
z + c2α2z02
z2 (2.13)
e scelta α = −c1
2, riusciamo ad eliminare il termine quadratico zz022 .
Notiamo che l’ordine dell’equazione differenziale `e passato dal primo al secondo e questo potrebbe farci pensare che il problema `e stato solamente complicato 2. In realt`a abbiamo ottenuto un grande vantaggio: il termine non lineare, presente nella (2.11), non compare pi`u nella (2.13); abbiamo dunque linearizzato l’equazione di partenza, ed `e questo il grande vantaggio della trasformazione.
Ritorniamo alla equazione di Burgers. In sostanza, il nostro problema consiste nel trovare una trasformazione che ci permetta di passare dalla (2.9)
1La trasformazione prende spunto dalla forma della derivata di un rapporto: il termine quadratico a denominatore ottenuto dalla derivazione del rapporto, pu`o essere sfruttato per eliminare il contributo non lineare (anch’esso quadratico) a numeratore.
2In generale, nel caso in cui i coefficienti dell’equazione sono non costanti, non sappiamo trovare una soluzione esatta all’equazione.
28 L’equazione di Burgers
alla (2.10). Notiamo innanzitutto che possiamo riscrivere la (2.9) nella forma di equazione di continuit`a:
ut= (νux− cu − 1
2au2)x, (2.14)
simile alla forma dell’equazione di Riccati (2.11). Poniamo allora:
u = αψx
ψ (2.15)
ed andiamo a sostituire nella (2.14), ottenendo
ut= Ã
ναψxx
ψ − ναψx2
ψ2 − cαψx
ψ − 1 2α2a
µψx
ψ
¶2!
x
.
Scegliendo in modo opportuno il coefficiente α:
α = −2ν a ,
siamo in grado di eliminare i termini quadratici, arrivando a ut = −2ν
a µ
νψxx
ψ − cψx
ψ
¶
x
. (2.16)
Ricordando la trasformazione (2.15) ed integrando la (2.16) rispetto ad x otteniamo:
(log(ψ))t= νψxx
ψ − cψx
ψ + γ(t) (2.17)
dove γ(t) `e una funzione che possiamo subito eliminare attraverso una nuova definizione della variabile.
Dalla (2.17), discende pertanto:
ψt+ c ψx = ν ψxx, l’equazione del calore.
Osservazione. La trasformazione che linearizza la Burgers (e che ci porta ad una equazione simile a quella del calore a meno di un termine di propagazione) `e detta trasformazione di Cole-Hopf. I passi svolti per effettuare la trasformazione sono riportati nel seguente schema:
2.3 Gerarchia di Burgers 29
u(x, 0) Burgers−→ u(x, t)
Cole-Hopf ↓ ↑ Cole-Hopf−1
ψ(x, 0) Eq.Calore−→ ψ(x, t)
Riassumiamo di seguito le formule di trasformazione:
u(x, t) = −2νa ψψx
ψ(x, t) = Γ(t) e−2νa Rx0x u(x0,t)dx0
(2.18)
dove Γ(t) `e una funzione arbitraria.
Il problema di Cauchy associato all’equazione di Burgers si risolve quindi nel modo seguente:
1. Dal dato iniziale u(x, 0) = ˜u(x), si ricava il corrispondente dato iniziale della ψ, cio`e ψ(x, 0) = ˜ψ(x) = Γ(0) e−2νa
Rx
x0u(x˜ 0)dx0, dove x0 e Γ(0) sono costanti arbitrarie; ad esempio, si potrebbe scegliere un profilo in cui x0 = −∞ e si potrebbe porre Γ = 1 dato che tale funzione non entra nella definizione di u;
2. Si calcola l’evoluzione temporale della ψ:
ψ(x) −→ ψ(x, t) ;˜ attraverso l’equazione del calore;
3. Si ritorna alla u(x, t), nota ψ(x, t), usando la trasformazione di Cole- Hopf inversa:
u(x, t) = −2ν a
ψx(x, t) ψ(x, t) .
2.3 Gerarchia di Burgers
Le propriet`a di linearizzabilit`a non appartengono solo all’equazione di Bur- gers, ma `e possibile individuare una classe di equazioni, o meglio, una ge- rarchia di equazioni linearizzabili tramite la trasformazione di Cole-Hopf. Lo
30 L’equazione di Burgers
scopo ora `e individuare tale gerarchia. Consideriamo nuovamente la forma dell’equazione di Burgers (2.9) “pulita”dalle costanti1:
ut+ uux = uxx,
che possiamo anche riscrivere come equazione di continuit`a:
ut= (ux+ u2)x.
Come visto, la trasformazione che linearizza la Burgers `e la trasformazione di Cole-Hopf:
u = ψx
ψ (2.19)
che porta all’equazione del calore
ψt= ψxx. Poich`e dalla (2.19) si ricava immediatamente
u = ψx
ψ −→ ψx = uψ ,
possiamo riscrivere l’equazione del calore come un sistema di due equazioni differenziali nella sola variabile ψ:
ψx = u ψ
ψt = (ux+ u2) ψ
(2.20)
Notiamo per`o che tale sistema `e sovradeterminato essendo il numero delle equazioni maggiore di quello delle incognite, ed ammette perci`o come soluzione unica la banale, data da ψ = 0.
Per ricercare delle soluzioni non banali, dobbiamo imporre delle condizioni particolari sulla u affinch´e il sistema risulti compatibile.
La condizione di compatibilit`a `e data dal teorema di Schwartz sulle derivate parziali miste 1,
ψxt= ψtx.
1La pulizia, cio`e l’opportuna ridefinizione delle costanti del problema, la si pu`o effet- tuare attraverso dei cambiamenti di sistemi di riferimento ed attraverso adeguati riscala- menti delle variabili. Nel caso specifico della (2.9) abbiamo posto: c = 0 con una trasformazione di Galileo, e a = −2 e ν = 1.
1Nel caso a pi`u dimensioni, si considera il gradiente ∇.
2.3 Gerarchia di Burgers 31
Dalla (2.20):
ψxt = utψ + uψt = [ut+ u(ux+ u2)]ψ ψtx = [(ux+ u2)x+ (ux+ u2)u]ψ e dal Lemma di Schwartz:
ut= (ux+ u2)x che `e proprio la Burgers.
L’equazione di Burgers pu`o essere quindi interpretata come condizione di compatibilit`a del sistema sovradeterminato e quindi come condizione di integrabilit`a della (2.20).
Estendiamo tale ragionamento ad altre equazioni modificando l’equazione del calore in
ψt= ψxxx, (2.21)
sempre con la condizione ψx= uψ.
Calcoliamo l’espressione del termine dispersivo sfruttando la trasformazione di Cole-Hopf:
ψxxx = [(ux+ u2)x+ (ux+ u2)u]ψ = (uxx+ 3u ux+ u3)ψ In questo caso 1, la condizione di compatibilit`a `e
ut = uxxx+ 3u2x+ 3u uxx+ 3u2ux.
Si pu`o generalizzare in ψt = ∂∂xnψn, trovando per ogni ordine n una nuova equazione di compatibilit`a del tipo
ut= Fn µ
u, ux, . . . ,∂nu
∂xn
¶ .
Cerchiamo ora di determinare una formulazione pi`u compatta della ger- archia di Burgers.
Esplicitiamo la trasformazione di Cole-Hopf attraverso una trasformazione di gauge sull’operatore differenziale. Partendo da
u = ψx
ψ = (log(ψ))x= φx.
1Quest’equazione non ha evidenti applicazioni in Fisica, ma `e speciale perch`e linea- rizzabile con la trasformazione di Cole-Hopf. Contrariamente, la (2.9) pu`o essere un buon modello per studiare il flusso di acqua in un canale sotto opportuni regimi (ad esem- pio, di grandi lunghezze d’onda, come gi`a anticipato per la KdV, nel caso di assenza di dispersione.)
32 L’equazione di Burgers
Definiamo l’operatore
D = e−φ∂xeφ, tale che
D1 = φx = u
D21 = Du = ux+ u2 D31 = uxx+ 3uxu + u3
...
Dn = ¡
e−φ∂xeφ¢n
= e−φ∂xneφ
L’ equazione che si ottiene all’ n-esimo ordine possiamo riscriverla di con- seguenza come:
ut= (Dn1)x.
L’equazione di Burgers appare pertanto come secondo membro di una ge- rarchia di equazioni di evoluzione, tutte linearizzabili ed integrabili, tramite una trasformazione di Cole-Hopf, e tutte caratterizzabili come condizioni di compatibilit`a di sistemi sovradeterminati quale il (2.20).
Capitolo 3
Propagazione ondosa in fluidi e solidi
3.1 Meccanica dei Fluidi e Curve Caratteris- tiche
Abbiamo visto come la diversa scelta della corrente j nell’equazione di con- tinuit`a ci abbia portato ad equazioni ogni volta sempre differenti. A partire da
ρt + jx = 0 (3.1)
e scegliendo:
j(x) =
c ρ , equazione di propagazione lineare c ρ + a2ρ2 , equazione dell’ onda di shock c ρ + a2ρ2 + νρx , equazione di Burgers
siamo giunti a tre equazioni differenti, ognuna in grado di modellizzare sistemi fisici diversi.
Nell’ambito della Fluidodinamica, `e naturale interpretare la densit`a ρ come la densit`a di massa del fluido , e la corrente j come il flusso :
j = ρ v
con v velocit`a delle particelle costituenti il sistema.
La relazione di continuit`a ci permette cos`ı di legare i due campi di densit`a e di velocit`a del fluido:
ρt + (ρ v )x = 0 (3.2)
34 Propagazione ondosa in fluidi e solidi
Tuttavia perch`e i due campi possano essere determinati univocamente occorre introdurre un’altra relazione.
Se il fluido non `e soggetto a forze esterne, possiamo pensare che un’altra grandezza conservata sia la densit`a di quantit`a di moto q:
q = ρ v
soddisfacente anch’essa ad un’equazione di continuit`a del tipo:
(ρ v )t + (ρ v2)x = 0 (3.3)
Abbiamo cos`ı un sistema di due equazioni che possiamo sperare di risol- vere nei due campi incogniti di densit`a di massa e di velocit`a.
Sfruttando le due equazioni a disposizione riscriviamo il sistema nella
forma:
ρt + (ρ v )x = 0 , ρ(x, 0) = ρ0(x) vt + v vx = 0 , v(x, 0) = v0(x)
(3.4) di due equazioni accoppiate.
La seconda equazione `e proprio l’equazione dell’onda di shock di cui conosciamo la soluzione implicita:
v(x, t) = v0(x − v(x, t) t) (3.5) con v0 profilo iniziale dell’onda. Nota la v(x, t) possiamo procedere con l’integrare la prima delle (3.4):
ρt + ρ vx + v ρx = 0 (3.6)
Cerchiamone una del tipo:
ρ = ρ(x(s), t(s))
tale che la derivata totale della ρ rispetto al parametro caratteristico s sia data da
dρ
ds = dρ dx
dx ds + dρ
dt dt
ds (3.7)
Notiamo che la variazione totale di ρ rispetto ad s `e uguale a − vxρ solo se valgono le:
dx
ds = v(x(s), t(s)) , dt
ds = 1 (3.8)
Le curve x = x(t) e t = t prendono il nome di curve caratteristiche del sistema e rappresentano le traiettorie seguite dalle particelle del fluido nel piano (x, t).
3.2 Esempi 35
Lungo le traiettorie vale cos`ı:
dρ
dt = − ρ(x(t), t) vx(x(t), t) (3.9) che, nota v(x(t), t) dalla (3.5), pu`o essere integrata restituendo la soluzione della (3.4):
ρ(x(t), t) = ρ (x(0), 0) eR0tdt0vx(x(t0),t0) (3.10) Se lungo le curve caratteristiche la densit`a di massa `e costante, l’idea `e quella di fissare un punto nel piano (x, t), seguire la caratterisica che vi passa fino a che questa non si interseca con l’asse delle ascisse t = 0 e determinare cos`ı il valore che la ρ assume in (x, t), noto il valore del dato iniziale ρ (x, 0).
3.2 Esempi
3.2.1 L’onda di shock
Esercizio: Ricavare la soluzione implicita 3.5 del problema al valore iniziale:
vt + v vx = 0 v(x, 0) = f (x) servendosi del metodo delle caratteristiche.
Soluzione : Parametrizziamo il campo delle velocit`a come:
v = v(x(s), t(s))
e calcoliamone la derivata totale rispetto al parametro s:
dv
ds = dv dx
dx ds + dv
dt dt ds che risulta nulla se e solo se:
dt
ds = 1, dx ds = v da cui:
t = s , x(t) = v t + x0
Sappiamo che il campo presenta un profilo iniziale f (x) = v(x, 0) che calco- lato lungo le caratteristiche restituisce:
v(x0, 0) = f (x0) = f (x − v t) = v(x, t)
36 Propagazione ondosa in fluidi e solidi
essendo la velocit`a costante lungo le curve caratteristiche. Notiamo che la caratteristica x(t) `e una retta nel piano (x, t) con coefficiente angolare dato dal valore della velocit`a nel punto dell’ asse delle ascisse (x0, 0).
Pertanto ogni curva presenter`a un proprio coefficiente angolare in generale diverso da quello dell’altra potendo variare il parametro x0 da −∞ a +∞.
Esister`a cos`ı un punto in cui due o pi`u curve caratteristiche verranno ad intersecarsi: al valore dell’ordinata di tale punto diamo il nome di tempo minimo di rottura dell’onda: Tc.
Da questo istante in poi il profilo dell’onda diventa a molti valori. Ques- ta polidromia non `e in generale accettabile da un punto di vista fisico.
L’evoluzione del sistema per t > Tc puo’ essere descritta da un’opportuna soluzione debole (discontinua), ad un sol valore.
3.2.2 Un’equazione lineare
Esercizio: Ricavare la soluzione del problema al valore iniziale:
ut + 1τ (x u)x = 0 u(x, 0) = f (x) servendosi del metodo delle caratteristiche.
Soluzione: Come nell’esempio precedente parametrizziamo la funzione incog- nita:
u = u(x(s), t(s))
ed eseguiamone la derivata totale rispetto ad s ottenendo il sistema di equazioni
ordinarie:
dt
ds = 1 , t(0) = 0
dx
ds = xτ , x(0) = 0
du
ds = −uτ , u(x(0), 0) = f (x0) da cui
x = x0eτt , u = f (x0) e−τt , t = s , che restituisce immediatamente
u(x, t) = f (x e−τt) e−τt .
3.3 Onde sonore in un fluido 37
3.3 Onde sonore in un fluido
Nel paragrafo precedente abbiamo visto come la dinamica di un fluido possa essere descritta dal sistema (3.4).
Abbiamo per`o anche notato come l’equazione per il campo delle veloci- t`a presenti un problema non banale: la formazione di onde di shock e la conseguente polidromia del profilo dell’onda.
Possiamo cos`ı pensare di modificare il modello aggiungendo un termine forzante che permetta di domare la formazione di singolarit`a.
Come scegliere per`o tale forcing? Possiamo ipotizzare che le forze siano solo di contatto, cio`e esercitate da porzioni di fluido su di altre porzioni di fluido infinitesimamente vicine tra loro.
Se inoltre richiediamo che lo sforzo, cio`e l’azione elementare di contatto, sia puramente normale alla superficie di separazione fra due strati contigui di fluido, otteniamo il sistema di equazioni 1 [6]:
ρt + (ρ v )x = 0 vt + v vx = −1ρpx p = p (ρ)
(3.11)
con p funzione scalare della densit`a cui diamo il nome di pressione.
L’equazione per il campo delle velocit`a `e la versione unidimensionale dell’Equazione di Eulero per i fluidi 2.
Sfruttando l’ultima delle (3.11) possiamo riscrivere:
ρt + (ρ v )x = 0 vt + v vx = −1ρ(dpdρ) ρx
(3.12)
Notiamo che la derivata di p rispetto a ρ ha le dimensioni di una velocit`a al quadrato e pertanto chiamiamo:
dp
dρ = c2(ρ)
1La richiesta che lo sforzo sia puramente normale si traduce nel richiedere che l’ener- gia del sistema sia una costante del moto. Assumere che la forza di contatto contenga anche una componente parallela alla superficie di separazione delle due porzioni di fluido, permette di passare dall’Equazione di Eulero a quella di Navier-Stokes [5].
2In generale la pressione potrebbe dipendere anche dalla temperatura ma se si ammette che, a causa di condizioni ambientali stazionarie e di una sufficiente lentezza del moto, la temperatura rimanga costante, possiamo supporre che la pressione dipenda solamente dalle densit`a del fluido.