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Teoria della Relatività

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Academic year: 2022

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(1)

Teoria della Relatività

Relatività Generale

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◼ (Commenti):

Orleo Marinaro

Propagazione della Luce

■ 25-1 Rappresentazione con Fasci Larghi di Raggi

La rappresentazione di oggetti per mezzo di fasci sottili di raggi, fatta prima, è approssimata; essa è tanto più precisa, nitida, quanto più i fasci sono sottili. Affrontiamo ora la questione della rappresentazione di oggetti con dei fasci di raggi di spessore arbitrario.

Contrariamente alla rappresentazione di immagini con fasci sottili, che si può realizzare per mezzo di qualunque sistema ottico dotato di simmetria assiale, la rappresentazione con fasci spessi è possibile solo per mezzo di sistemi ottici adeguatamente trattati. Anche con questa restrizione non si possono ottenere le immagini di tutti i punti dello spazio.

I prossimi ragionamenti sono basati sull’importante seguente nota. Sup- poniamo che tutti i raggi emessi da un punto O si intersechino in un punto O' dopo avere attraversato un sistema ottico. Allora il cammino ottico ψ è lo stesso per tutti questi raggi. In effetti nell’intorno di ciascuno dei punti O e O' le superfici d’onda per i raggi che si intersecano in questi punti sono sfere di centri in O e O', queste sfere si riducono al limite ai punti O e O'. Le superfici d’onda sono superfici di fase costante; ne segue che le variazioni di fase lungo i diversi raggi tra i loro punti di intersezione con due superfici d’onda determinate sono identiche. Risulta da ciò che esiste anche uguaglianza, per raggi diversi, nelle variazioni totali della fase tra i punti O e O'.

Troviamo le condizioni necessarie per la rappresentazione di un piccolo segmento di retta per mezzo di un fascio largo; in queste condizioni l’im-

(2)

segmento per largo; queste

magine sarebbe ancora un piccolo segmento di retta. Orientiamo gli assi, che chiamiamo ξ e ξ', secondo questi segmenti e siano O e O' le origini, presi in due punti corrispondenti sull’oggetto e sull’immagine. Sia ψ il cammino ottico per raggi emessi da O e convergenti in O'. Per raggi emessi da un punto infinitamente vicino ad O di coordinata ⅆξ e conver- gente nel punto immagine di coordinata ⅆξ', il cammino ottico è ψ + ⅆψ, in cui

ⅆψ ⩵ ∂ψ

∂ξ ⅆξ + ∂ψ

∂ξ' ⅆξ'.

Introduciamo l’”ingrandimento”

αξ ⩵ ⅆξ' ⅆξ

in quanto rapporto delle lunghezze dell’elemento immagine ⅆξ' e dell’ele- mento oggetto ⅆξ. Poiché il segmento oggetto è piccolo si può considerare costante l’ingrandimento αξ lungo il segmento. Inoltre scrivendo come al solito ∂ψ / ∂ξ ⩵ -nξ, ∂ψ / ∂ξ' ⩵ nξ', essendo nξ, nξ' i coseni direttori degli angoli tra il raggio e i due assi ξ e ξ', si ha:

ⅆψ ⩵ αξnξ'-nξ ⅆξ.

Come per ogni coppia di punto oggetto e punto immagine che si corrispon- dono, il cammino ottico ψ + ⅆψ deve essere lo stesso per tutti i raggi emessi dal punto di coordinata ⅆξ e convergenti nel punto ⅆξ'. Questo fatto induce la condizione:

αξnξ'-nξcostante. (1)

Tale è la condizione che deve verificare la marcia dei raggi in un sistema ottico quando si rappresenta un piccolo segmento di retta con fasci larghi.

La relazione (1) deve valere per tutti i raggi emessi dal punto O.

Applichiamo ora la condizione ottenuta alla rappresentazione con un sis- tema ottico dotato di simmetria assiale.

Cerchiamo l’immagine di un segmento di retta portato dall’asse ottico del sistema, l’asse delle x; per ragioni di simmetria anche l’immagine dovrebbe essere portata dall’asse. In virtù della simmetria assiale del sis- tema il raggio coincidente con l’asse, nx ⩵ 1, non cambia direzione nella

(3)

raggio

trasversata del sistema, cioè nx' ⩵ 1. Ne segue che la costante in (1) è uguale, nel caso dato, a αx -1, e si può riscrivere la (1) sotto la forma

1 - nx

1 - nx' ⩵ αx.

Indicando con θ e θ' gli angoli formati dai raggi con l’asse ottico nei punti oggetto e immagine si ottiene:

1 -nx ⩵ 1 - Cos[θ] ⩵ 2 Sinθ

22, 1 - nx' ⩵ 2 Sinθ' 2 2. Di modo che si ottiene la condizione di rappresentazione sotto la forma:

Sin θ2

Sin θ'2 

costante⩵ αx . (2)

Consideriamo ora la rappresentazione di un piccolo pezzo di piano perpen- dicolare all’asse di un sistema ottico dotato di simmetria assiale; anche l’immagine è perpendicolare all’asse. Applicando (1) ad un segmento arbi- trario che si trova nel piano immagine si ha:

αr Sin[θ'] -Sin[θ] ⩵costante,

in cui θ e θ' sono, come prima, gli angoli tra il raggio e l’asse ottico. Per i raggi emessi dal punto di intersezione del piano oggetto con l’asse ottico e coincidenti con questo asse, θ ⩵ 0, si deve avere anche per ragioni di sim- metria, θ' ⩵ 0. Ne risulta che costante⩵ 0 , e si ottiene la condizione di rappresentazione sotto la forma:

Sin[θ]

Sin[θ'] ⩵costante⩵ αr. (3)

Per quel che riguarda la rappresentazione di oggetti a tre dimensioni per mezzo di fasci larghi è facile vedere che essa è impossibile anche quando il volume dell’oggetto è piccolo, essendo le condizioni (2)e (3) incompatibili.

■ 25-2 I Limiti dell’Ottica Geometrica

Nella definizione di onda piana monocromatica l’ampiezza è la stessa dap- pertutto. Una tale onda è infinita in tutte le direzioni dello spazio ed esiste in tutti gli istanti compresi tra -∞ e +∞. Ogni onda c la cui ampiezza non è la stessa sempre e dappertutto non può che essere più o meno monocromat

(4)

sempre dappertutto può più

ica. Occupiamoci ora del grado di acromatismo delle onde.

Consideriamo un’onda elettromagnetica la cui ampiezza è in ciascun punto dello spazio funzione del tempo. Sia ω0 una certa frequenza media del- l’onda. Allora il campo dell’onda, diciamo elettrico, nel punto dato è della forma E

0[t ] ⅇ-ⅈ ω0t. Questo campo, che non è monocromatico, si potrebbe decomporre in componenti monocromatiche, cioè in integrali di Fourier.

L’ampiezza della componente di questa decomposizione di frequenza ω è proporzionale all’integrale

-∞

+∞

E

0[t ] ⅇ-ⅈ (ω-ω0) t ⅆt.

Il fattore ⅇ-ⅈ (ω-ω0) t è una funzione periodica, il cui valore medio è nullo. Se E

0 fosse costante in generale, l’integrale sarebbe esattamente nullo per tutti i valori ω ≠ ω0. Ma se E

0[t ] è variabile variando poco in un intervallo di tempo dell’ordine di 1 / (ω - ω0), allora l’integrale è quasi nullo; ed è tanto più piccolo quanto più lentamente varia E

0. Affinché l’integrale sia notevolmente diverso da zero, è necessario che E

0[t ] vari in maniera sensi- bile in un un intervallo di tempo dell’ordine di 1 / (ω - ω0).

Indichiamo con Δt un ordine di grandezza di tempo durante il quale l’ampiezza dell’onda varia sensibilmente nel punto considerato dello spazio. Dalle considerazioni fatte risulta che le frequenze che si distin- guono di più da ω0 entrano nella decomposizione spettrale di questa onda con intensità notevoli e sono determinate dalla condizione 1 / (ω - ω0) ∼ Δt. Indicando con Δω l’intervallo delle frequenze, attorno alla frequenza ω0, nella decomposizione spettrale, si ottiene la relazione

ΔωΔt ∼ 1. (4)

Si vede che effettivamente l’onda è tanto più monocromatica, cioè tanto più Δω è piccola, quanto più Δt è grande, cioè quanto più l’ampiezza varia lentamente in ogni punto dello spazio.

Si possono stabilire relazioni analoghe a (4) per il vettore d’onda. Siano Δx, Δy, Δz gli ordini di grandezza delle distanze secondo gli assi x, y, z, per i quali l’ampiezza dell’onda varia sensibilmente. All’istante dato il campo in quanto funzione delle coordinate, si scrive

(5)

E

0[ r] ⅇⅈ k0r, in cui k

0 è un certo valore medio del vettore d’onda. Esattamente come si è fatto per stabilire la (4), si può trovare un intervallo Δ k di valori del vettore d’onda contenuti nello sviluppo dell’onda in integrale di Fourier:

Δkx Δx ∼ 1, Δky Δy ∼ 1, Δkz Δz ∼ 1. (5) Consideriamo in particolare un’onda che sia stata emessa durante un inter- vallo di tempo finito. Indichiamo con Δt l’ordine di grandezza di questo intervallo. L’ampiezza nel punto dato dello spazio varia in ogni caso notevolmente nel tempo Δt durante il quale l’onda attraversa completa- mente questo punto. In virtù delle relazioni (4) si può dire ora che il “grado di acromatismo” di una onda simile non possa essere in alcun modo minore di 1 / Δt, ma può essere certamente più grande:

Δω ≳ 1

Δt . (6)

In maniera analoga, essendo Δx, Δy, Δz gli ordini di grandezza dell’onda nello spazio, si trova per gli intervalli di valori delle componenti del vettore d’onda che entrano nello sviluppo dell’onda:

Δkx ≳ 1

Δx , Δky ≳ 1

Δy , Δkz ≳ 1

Δz . (7)

Risulta da queste formule che se si ha un fascio di luce di larghezza finita, allora la direzione della propagazione della luce in tale fascio non può essere rigorosamente costante. Dirigendo l’asse x secondo la direzione media della luce nel fascio, si ottiene:

θy ≳ 1

kΔy ∼

λ

Δy , (8)

in cui θy è dell’ordine di grandezza dello scarto del fascio dalla sua direzione media nel piano {x , y } e

λ

la lunghezza d’onda

D’altronde la formula (8) risponde alla questione della nitidezza limite delle immagini ottiche. Un fascio di luce del quale tutti i raggi dovrebbero intersecarsi in un punto secondo l’Ottica Geometrica forma infatti una immagine che non è un punto, ma una tacca. Per la larghezza Δ di questa

(6)

immagine punto, larghezza questa tacca si ha in virtù di (8):

Δ ≳ 1 kθ ∼

λ

θ, (9)

in cui θ è l’angolo di apertura di questo fascio. Questa formula si può appli- care non solo all’immagine, ma anche all’oggetto. Più precisamente si può affermare che se si osserva un fascio di luce emesso da un punto luminoso, non si può distinguere questo punto per un corpo di dimensioni

λ

/ θ. Di conseguenza la formula (9) definisce il potere di risoluzione limite di un microscopio. Il valore minimo di Δ, raggiunto per θ ∼ 1, è

λ

, in piena confor mità con il fatto che i limiti dell’Ottica Geometrica sono determinati dalla lunghezza d’onda della luce.

■ 25-3 Problemi

1. Trovare l’ordine di grandezza della larghezza minima di un fascio luminoso formato da un fascio parallelo alla distanza l del diaframma.

Indichiamo con d la dimensione del diaframma. L’espressione (8) dà come angolo di deviazione dei raggi, “angolo di diffrazione”, il valore ∼

λ

/ d, per cui la larghezza del fascio è dell’ordine di d +

λ

d l. Il minimo di questa grandezza è ∼

λ

l .

■ 25-4 Diffrazione

Le leggi dell’Ottica Geometrica sono rigorosamente esatte solo nel caso ideale in cui la lunghezza d’onda si possa considerare come infinitesima.

Meno questa condizione è rispettata, più si scarta dall’Ottica Geometrica. I fenomeni osservati in conseguenza di questi scarti portano il nome di fenomeni di diffrazione. Parleremo della diffrazione della luce anche se tutto quello che si dirà riguarda qualunque tipo di onda elettromagnetica.

Si osservano fenomeni di diffrazione quando la luce incontra nel suo cam- mino degli ostacoli, dei corpi opachi, che chiamiamo schermi, di forma qualsiasi, o anche quando la luce passa attraverso aperture praticate in schermi opachi. Se le leggi dell’Ottica Geometrica fossero rigorosamente osservate dovrebbero esserci dietro gli schermi delle zone d’”ombra” netta- mente delimitate rispetto alle regioni illuminate. La diffrazione è la causa

(7)

rispetto regioni

che al posto di avere una frontiera netta tra luce e ombra produce una immagine molto complessa della distribuzione dell’intensità della luce.

Questi fenomeni di diffrazione sono tanto più marcati quanto le dimen- sioni degli schermi e dei fori sono piccole, o quanto più grande è la lunghezza d’onda.

La teoria della diffrazione ha come obiettivo, essendo data la disposizione e la forma dei corpi, così come la disposizione delle sorgenti di luce, di determinare la distribuzione della luce, cioè il campo elettromagnetico in tutto lo spazio. La risoluzione esatta di questo problema è possibile solo per l’equazione delle onde con le condizioni ai limiti sulle superfici dei corpi, le quali dipendono inoltre dalle proprietà ottiche dei materiali. Una tale risoluzione implica di solito affrontare difficoltà matematiche molto grandi.

Tuttavia in molti casi i metodi di risoluzione approssimata del problema della distribuzione della luce nell’intorno della frontiera dell’ombra sono sufficienti. Questa metodologia è applicabile quando si scarta poco dall’Ot- tica Geometrica. Si suppone pertanto, primo, che tutte le dimensioni siano grandi rispetto alla lunghezza d’onda, questo riguarda anche tanto gli schermi e le aperture quanto le distanze dei corpi dai punti di emissione e di osservazione della luce; secondo si considerano solo piccoli scarti della luce rispetto alla direzione dei raggi definiti dall’Ottica Geometrica.

(8)

ⅆf n

R

P

Consideriamo uno schermo qualsiasi con una apertura che lasci passare la luce di sorgenti date. La figura rappresenta questo schermo in sezione, tratto pieno blu; la luce va da sinistra a destra. Indichiamo con u una qual- siasi delle componenti del campo o E o H. Si supponga allora che u sia un campo che dipende solo dalle coordinate, senza il fattore ⅇ-ⅈ ω tche dà la dipendenza dal tempo. Ci proponiamo di determinare l’intensità della luce, cioè il campo u, in ogni punto di osservazione P dietro lo schermo.

Quando si risolve questo problema approssimativamente, e si scarta poco dall’Ottica Geometrica, si può ammettere che nei punti dell’apertura il

(9)

può punti dell’apertura campo sia lo stesso come se non ci fosse lo schermo. In altre parole i valori del campo qui sono quelli che risultano dall’Ottica Geometrica. Per ciò che riguarda i punti immediatamente dietro lo schermo, si può supporre che il campo lì sia nullo. Le proprietà dello schermo stesso, il materiale di cui è fatto, non giuocano alcun ruolo in generale. Nel caso considerato solo la forma del bordo dell’apertura ha interesse per la diffrazione, non essendo essenziale invece la forma dello schermo opaco.

Immaginiamo una superficie che ricopra l’apertura e sia limitata dai suoi bordi, questa superficie è rappresentata in figura col tratteggio. Dividiamo questa superficie in elementi di area ⅆf, piccoli rispetto alle dimensioni dell’apertura, ma grandi rispetto alla lunghezza d’onda della luce. Si può allora ammettere che ogni elemento raggiunto dall’onda luminosa sia divenuto esso stesso una sorgente d’onda luminosa che si propaga in tutte le direzioni a partire da questo elemento. Si consideri che il campo in P sia la sovrapposizione dei campi emessi da tutti gli elementi ⅆf della superfi- cie ricoprente l’apertura: Principio di Huygens.

Il campo creato dall’elemento ⅆf nel punto P è proporzionale al valore del campo sull’elemento ⅆf stesso, ricordiamo che stiamo supponendo che il campo in ⅆf sia uguale a quello che esso sarebbe in assenza di schermo.

Inoltre è proporzionale alla proiezione ⅆfn dell’area ⅆf sul piano perpendi- colare alla direzione n del raggio arrivato dalla sorgente su ⅆf. Ciò è dovuto al motivo che, qualunque sia la forma dell’elemento ⅆf, è attraver- sato da raggi identici, purché la sua proiezione ⅆfn sia invariabile, fatto che fa sì che la sua azione sul campo in P sia identica.

Di conseguenza il campo creato in P dall’elemento ⅆf è proporzionale a uⅆfn . Inoltre bisogna tenere conto ancora della variazione dell’ampiezza e della fase dell’onda durante la sua propagazione da ⅆf al punto P. La legge di questa variazione è data dalla formula(24.16). Bisogna quindi moltiplicare ancora uⅆfn per il fattore 1

R ⅇⅈ k R, in cui R è la distanza da ⅆf a P e k il valore assoluto del vettore d’onda della luce, e si trova che il campo cercato è

a u ⅇⅈ k R R ⅆfn,

(10)

in cui a è, per il momento, una costante incognita. Il campo totale in P, che è la sovrapposizione dei campi creati da tutti i ⅆf , è quindi

uP ⩵ a  uⅇⅈ k R

R ⅆfn, (10)

in cui l’integrale è preso sulla superficie delimitata dai bordi dell’apertura.

All’approssimazione considerata questo integrale non dipende dalla forma di questa superficie. La formula (10) va bene anche per la diffrazione attorno ad uno schermo, dove la luce si può propagare liberamente. In questo caso la superficie di integrazione nella (10) si estende in tutte le direzioni a partire dal bordo dello schermo.

Per determinare la costante a consideriamo un’onda piana che si propaghi secondo l’asse delle x; le superfici d’onda sono parallele al piano {y , z }. Sia u il valore del campo nel piano {y , z }. Allora nel punto P, che noi prendi- amo sull’asse delle x, il campo è uguale a uP ⩵ u ⅇⅈ k x. D’altronde si può definire il campo in P a partire dalla formula (10), prendendo per superfi- cie di integrazione il piano {y , z }. In queste condizioni, poiché l’angolo di diffrazione è piccolo, intervengono nell’integrale solo i punti del piano {y , z } che sono vicini all’origine delle coordinate, cioè i punti per i quali y, z ≪ x, x è la coordinata del punto P. Allora

R ⩵ x2+ y2+ z2 ≈ x + y2+ z2 2 x e (10) dà:

uP ⩵ a u ⅇⅈ k x x 

-∞

+∞

ⅈ k y

2

2 x ⅆy 

-∞

+∞

ⅈ k z

2

2 x ⅆz.

Qui u è costante, il campo nel piano {y , z } ; nel fattore 1 / R si può porre R ≈ x ⩵costante. Con la sostituzione y ⩵ ξ 2 x / k , gli integrali sopra prendono la forma:

-∞

+∞

ⅈ ξ2ⅆξ ⩵

-∞

+∞Cosξ2 ⅆξ + ⅈ 

-∞

+∞Sinξ2 ⅆξ ⩵ π

2 (1 + ⅈ), e si ottiene:

(11)

uP ⩵ a u ⅇⅈ k x 2 ⅈ π k . D’altronde uP ⩵ u ⅇⅈ k x, quindi

a⩵ k 2 ⅈ π.

Sostituendo quest’ultima espressione in (10) si trova in definitiva la soluzione del problema posto sotto la forma:

uP ⩵  k u

2 ⅈ π R ⅇⅈ k Rⅆfn. (11)

Nello stabilire la formula (11) si è supposto infatti che la sorgente di luce fosse puntiforme e che la luce stessa fosse rigorosamente monocromatica.

Il caso di una sorgente reale estesa irraggiante luce acromatica non richiede tuttavia uno studio particolare. Essendo data l’indipendenza totale, l’incoerenza della luce irraggiata dai diversi punti della sorgente e l’incoerenza delle diverse componenti spettrali della luce irraggiata, il risul- tato globale della diffrazione si riduce semplicemente alla somma delle distribuzioni dell’intensità proveniente dalla diffrazione di ciascuna compo- nente indipendente della luce.

Serviamoci della formula (11) per risolvere la questione del cambiamento di fase da una parte all’altra del punto di contatto di un raggio con la sua caustica. Prendiamo per superficie di integrazione in (11) una superficie d’onda qualsiasi e cerchiamo il campo uP nel punto P che si trova su un certo raggio alla distanza x del punto di intersezione con una superficie d’onda data, questo punto sia l’origine delle coordinate O e sia {y , z } il piano tangente alla superficie d’onda in O. Durante l’integrazione in (11) basta limitarsi ad un piccolo dominio della superficie d’onda nell’intorno di O. Se le superfici {x , y } e {x , z } sono state scelte in modo da coincidere con i piani principali di curvatura della superficie d’onda in O, l’equazione di questa superficie si scrive allora nell’intorno di questo punto

X ⩵ y2

2 R1 + z2 2 R2,

in cui R1 e R2 sono i raggi di curvatura. Quanto alla distanza R del punto della superficie d’onda di coordinate {X , y , z } nel punto P di coordinate

(12)

superficie punto {x , 0, 0}, essa è uguale a

R ⩵ (x - X )2+ y2+ z2 ≈ x + y2 2

1 x - 1

R1 + z2 2

1 x - 1

R2 . Si può ammettere che il campo u sia costante sulla superficie d’onda; è la stessa cosa per 1 / R. Poiché ci interessa solo la variazione della fase, ometti amo i coefficienti e scriviamo

uP ∼ 1

l  ⅇⅈ k Rⅆfn ≈ ⅇⅈ k x l 

-∞

+∞

ⅈ k y

2

2 1

x-R1

1

ⅆy -∞

+∞

ⅈ k z

2

2 1

x-R1

2

ⅆz. (12) I centri di curvatura della superficie d’onda si trovano sul raggio consider- ato nei punti x ⩵ R1 e x ⩵ R2; questi sono i punti di contatto del raggio con le due caustiche. Sia R2< R1. Quando x < R2 i coefficienti di ⅈ negli esponenti delle espressioni che si trovano sotto i due segni di somma inte- grale, in ⅆy e ⅆz, sono positivi e ciascuno di questi integrali è pro- porzionale a (1 + ⅈ). Si ha di conseguenza sul pezzo di raggio davanti al punto di contatto con la prima caustica uP ∼ ⅇⅈ k x. Quando R2< x < R1, cioè sul segmento di raggio tra i due punti di contatto, l’integrale in ⅆy è pro- porzionale a 1 + ⅈ e l’integrale in ⅆz a 1 - ⅈ, di modo che il loro prodotto non contiene ⅈ. Abbiamo anche uP ∼ -ⅈ ⅇ-ⅈ k x ⩵ⅇⅈ k x -π2, cioè che inoltre nel momento in cui il raggio passa nell’intorno della prima caustica la fase varia di -π / 2. Infine quando x > R1 si ha uP ∼ -ⅈ ⅇⅈ k x ⩵ⅇⅈ (k x -π), cioè la fase varia ancora una volta di -π / 2 quando il raggio passa nell’intorno della seconda caustica.

■ 25-5 Problemi

1. Determinare la distribuzione dell’intensità della luce nell’intorno del punto di contatto di un raggio con la caustica.

Per risolvere questo problema utilizziamo la formula (11), facendo l’inte- grazione su una superficie d’onda qualunque sufficientemente lontana dal punto di contatto considerato del raggio con la caustica. Sulla figura a b è la sezione di questa superficie d’onda e a' b ' la sezione della caustica; a' b ' è l’evoluta della curva a b. Cerchiamo la distribuzione dell’intensità nell’in- torno del punto di contatto O del raggio QO con la caustica; si suppone che la lunghezza D del segmento QO del raggio sia sufficientemente grande.

(13)

lunghezza segmento raggio grande.

Indichiamo con x la distanza sulla normale alla caustica a partire da O, essendo x positivo per i punti della normale che si trovano dal lato del centro di curvatura.

θ

θ

ρ O' P

x

a' b'

O Q D

Q'

a b

L’espressione sotto il segno di somma integrale in (11) è una funzione della distanza R di un punto arbitrario Q' sulla superficie d’onda fino al punto P. Per una evoluta la somma della lunghezza del segmento Q' O ' tangente in O' e della lunghezza dell’arco OO' è uguale alla lunghezza del segmento QO tangente in O. Quando i punti O e O' sono vicini si ha OO' ⩵ θρ, essendo ρ il raggio di curvatura della caustica in O. Di con- seguenza Q' O ' ⩵ D - θρ. La distanza Q' O, in linea retta, è, supponendo l’angolo θ appunto piccolo, quasi uguale a:

Q' O ≈ Q ' O ' + ρ Sin[θ] ⩵ D - θρ + ρ Sin[θ] ≈ D - ρ θ3 6 .

Infine la distanza R ⩵ Q ' P è uguale a R ≈ Q ' O - x Sin[θ] ≈ Q ' O - x θ cioè R ≈ D - x θ - 1

6 ρ θ3.

Sostituendo questa espressione in (11) abbiamo uP ∼ 

-∞

+∞

-ⅈ k x θ-ⅈ k ρ6 θ3ⅆθ ⩵ 2 

0

+∞Cos k x θ + k ρ

6 θ3 ⅆθ (facendo fare l’integrazione a Mathematica si ha)

(14)

uP

2

2 π k x3/2

ρ 23k2ρ223BesselI-13, 2 2 k x3/2

3 ρ  - k2x ρ BesselI13, 2 2 k x3/2

3 ρ

3 k x3/2

ρ 13k2ρ256

il fattore 1 / D, poiché varia lentamente, nell’espressione sotto il segno di somma integrale, non è essenziale rispetto al fattore esponenziale e lo si può supporre costante. Introducendo la nuova variabile di integrazione ξ ⩵ (k ρ / 2)13θ si ottiene

uP ∼ Φx 2 k2

3 ρ ,

in cui Φ[t ] è la funzione di Airy. La funzione di Airy è definita dalla formula Φ[t ] ⩵ 1

π 

0

+∞Cos ξ3

3 + ξ t  ⅆξ. (13)

Per i t positivi grandi Φ[t ] decresce esponenzialmente secondo la legge asintotica

Φ[t ] ≈ 1

2 t 14 Exp- 2

3 t32. (14)

Per grandi valori negativi di t la funzione Φ[t ] oscilla con una ampiezza descrescente secondo la legge

Φ[t ] ≈ 1

(-t )14 Sin2

3 (-t )32+ π

4. (15)

La funzione di Airy è legata alla funzione di Macdonald, funzione di Hankel modificata, d’ordine 1 / 3:

Φ[t ] ⩵ t

3 π K13 2

3 t32. (16)

La formula (14) corrisponde all’espressione asintotica di Kν[t ]:

Kν[t] ≈ π

2 t ⅇ-t. (17)

L’intensità I ∼ uP 2 diventa:

(15)

I ⩵ 2 A 2 k2 ρ

16

Φx 2 k2

3 ρ 2.

Si deduce per le x positive grandi la formula asintotica

I ≈ A

2 x Exp-4 x32 3

2 k2 ρ ,

che mostra che l’intensità diminuisce esponenzialmente, regione di

”ombra”. Per le x negative grandi si ha:

I ≈ 2 A -x

Sin2 (-x )32 3

2 k2

ρ + π 4 2.

cioè l’intensità oscilla rapidamente; il valore medio di I relativamente a queste oscillazioni è

I ⩵ A -x

,

che esplicita il significato della costante A: essa definisce l’intensità, lon- tano dalla caustica, che risulta all’Ottica Geometrica, quando si faccia astrazione degli effetti della diffrazione.

Il valore massimo, uguale a 0.949, si raggiunge con la funzione Φ[t ] per t ⩵ -1.02; rispettivamente l’intensità massima si raggiunge per x 2 k2 ρ13⩵ -1.02, in cui

I ⩵ 2.03 A k13ρ-16

nel punto di contatto stesso del raggio con la caustica, x ⩵ 0, si ha I ⩵ 0.89 A k13ρ-16, essendo dato che Φ[0] ⩵ π

32/3Gamma23 ≃ 0.629. Di con- seguenza nell’intorno della caustica l’intensità è proporzionale a k13, cioè a λ-13, λ è la lunghezza d’onda. Quando λ→ 0 l’intensità tende all’infinito.

■ 25-6 Diffrazione di Fresnel

Quando la sorgente e il punto P, nel quale si cerca l’intensità della luce, si trovano a distanza finita dallo schermo, nella determinazione dell’intensità

(16)

in P interviene solo una piccola regione della superficie d’onda, alla quale viene estesa l’integrazione nella (11); questa regione si trova nell’intorno della retta che unisce la sorgente e il punto P. In effetti, essendo dato che si scarta poco dall’Ottica Geometrica, l’intensità della luce che arriva in P da diversi punti della superficie d’onda diminuisce molto rapidamente nella misura in cui ci si allontani dalla retta. I fenomeni di diffrazione in cui intervengono solo dei piccoli elementi di superficie d’onda si dicono diffrazione di Fresnel.

Consideriamo la diffrazione di Fresnel di uno schermo qualunque. In virtù della proprietà ricordata sopra, interviene allora, essendo dato P, solo una piccola porzione del bordo dello schermo. Tuttavia una piccola porzione del bordo si può sempre considerare rettilinea. Per cui come bordo ciò intenderemo nel seguito: precisamente una porzione rettilinea.

P d x α

Q O

z

y

y

D

q

D

p

Prendiamo per piano {x , y } il piano passante per la sorgente Q, vedi figura, e per la retta che definisce il bordo dello schermo. Scegliamo il

(17)

figura, per Scegliamo piano {x , z } perpendicolare a quest’ultimo di modo che esso passi per il punto Q e per il punto di osservazione P, dove si cerca l’intensità della luce. Infine prendiamo l’origine O sulla retta definita dal bordo dello schermo, dopo di che la posizione dei tre assi è completamente determinata.

Sia Dq la distanza della sorgente Q dall’origine. Indichiamo con Dp la coor- dinata x del punto di osservazione P e con d la distanza dal piano {x , y } lungo la coordinata z. Secondo l’Ottica Geometrica la luce potrebbe rag- giungere solo i punti al di sopra del piano {x , y }; la regione situata al di sotto di questo piano dovrebbe restare nell’ombra, nella regione di ombra geometrica.

Determiniamo la distribuzione dell’intensità della luce dietro lo schermo nell’intorno della frontiera dell’ombra geometrica, cioè per piccoli d, rispetto a Dp e Dq. d negativo significa che P si trova nella regione dell’om- bra geometrica.

Prendiamo per superficie di integrazione in (11) il semipiano passante dal bordo dello schermo e perpendicolare al piano {x , y }. Le coordinate x e y dei punti di questa superficie sono legate dalla relazione x ⩵ y Tan[α] , α è l’angolo tra la retta del bordo dello schermo e l’asse y, essendo positiva la coordinata z. Il campo dell’onda emessa dalla sorgente Q alla distanza Rq di quest’ultima è proporzionale al fattore Exp[ⅈ k Rq]. Risulta che il campo u sulla superficie d’integrazione è proporzionale a

u ∼ Expⅈ k y 2+ z2+Dq+ y Tan[α]2 .

Nell’integrale (11), si deve sostituire R con questa espressione R ⩵ y 2+ (z -d )2+Dp- y Tan[α]2 .

Sotto il segno di somma integrale i fattori che variano lentamente non sono essenziali rispetto all’esponenziale. Si può quindi considerare 1/R costante e sostituire ⅆfn con ⅆy ⅆz. Si trova allora per il campo nel punto P:

(18)

uP ∼ 

-∞

+∞

0

Expⅈ k Dq+ y Tan[α]2+ y2+ z2 +

Dp- y Tan[α]2+ y2+ (z - d )2  ⅆy ⅆz.

La luce che giunge nel punto P proviene essenzialmente dai punti del piano di integrazione vicini ad O . Risulta che nell’integrale (18) interven- gono solo i valori piccoli, rispetto a Dq e a Dp, di y e z. Si ha:

Dq+ y Tan[α]2+ y2+ z2 ≈ Dq+ y2Sec[α]2+ z2

2 Dq + y Tan[α],

Dp- y Tan[α]2+ y2+ (z - d )2

Dp+ y2Sec[α]2+ (z - d )2

2 Dp - y Tan[α].

Sostituiamo in (18). Poiché ci interessa solo il campo in quanto funzione della distanza d, omettiamo il fattore costante Expⅈ k Dp+ Dq; anche l’integrale in ⅆy dà una espressione che non contiene d e la omettiamo. In queste condizioni si ottiene:

uP ∼ 

0

Expⅈ k 1

2 Dq z2+ 1

2 Dp (z - d )2 ⅆz. Si può riscrivere questa espressione sotto la seguente forma:

uP ∼ Expⅈ k d2

2 Dp+ Dq 

0

Expⅈ k

12  1 Dp

+ 1Dq

 z - d Dp

2 1

Dp

+ 1Dq

 ⅆz. (19)

L’intensità della luce è determinata dal quadrato del campo, cioè dal quadrato del modulo uP 2. Di conseguenza il fattore che si trova davanti all’integrale non è essenziale per calcolare l’intensità, poichè il prodotto per la sua complessa coniugata è l’unità. Facendo una sostituzione si ottiene per l’integrale l’espressione

uP ∼ 

-w

Expⅈ η2 ⅆη. (20)

(19)

in cui

w ⩵ d k Dq

2 DpDp+ Dq . Di conseguenza l’intensità I nel punto P è

I ⩵ I0 2

2 π 

-w

Expⅈ η2 ⅆη

2

⩵ I0

2 Cw2 + 1 2

2

+ S w2 + 1 2

2

,

(21)

in cui

C[z ] ⩵ 2 π 

0

z Cosη2 ⅆη, S[z ] ⩵ 2 π 

0

z Sinη2 ⅆη

sono gli integrali di Fresnel. La formula (21) risolve il problema posto nel definire l’intensità della luce come funzione di d; I0 è l’intensità della regione illuminata in punti sufficientemente lontani dal limite dell’ombra, cioè per w ≫ 1, nel limite di w → ∞ si ha C[∞] ⩵ S [∞] ⩵ 1 / 2.

Le regioni d’ombra geometrica corrispondono ai w negativi. Stabiliamo la forma asintotica della funzione I[w ] per grandi valori negativi di w. Si procede nel seguente modo. Integriamo per parti:

w

Expⅈ η2 ⅆη ⩵ - 1

2 ⅈ w ⅇⅈ w2+ 1 2 ⅈ 

w

ⅈ η2 ⅆη η2 .

Integrando il secondo membro ancora una volta per parti e iterando questo processo si ottiene una serie di potenze in 1 / w :

w

Expⅈ η2 ⅆη ⩵ ⅇⅈ w2 - 1

2 ⅈ w + 1

4 w 3 … . (22)

Per quanto una simile serie non converga, già il primo termine fornisce una buona rappresentazione della funzione a sinistra per w sufficiente- mente grandi, essendo dato che per tali w i termini successivi tendono rapidamente a zero. Questi tipi di serie si chiamano asintotiche. Di modo che si ottiene per l’intensità I[w ], (21), la formula asintotica seguente, valida per i valori w negativi grandi:

(20)

I ⩵ I0

4 π w2. (23)

Si vede che nella regione di ombra geometrica lontano dalla frontiera l’in- tensità tende verso zero come l’inverso del quadrato della distanza dalla frontiera all’ombra.

Consideriamo ora i valori positivi di w, cioè la regione al di sopra del piano {x , y }. Scriviamo:

-w

Expⅈ η2 ⅆη ⩵ 

-∞

+∞Expⅈ η2 ⅆη - 

-∞

-wExpⅈ η2 ⅆη ⩵

(1 + ⅈ) π 2 - 

w

Expⅈ η2 ⅆη.

Per w sufficientemente grandi si può utilizzare la rappresentazione asintot- ica dell’integrale di destra e si ha:

-w

Expⅈ η2 ⅆη ≈ (1 + ⅈ) π

2 + 1

2 ⅈ w Expⅈ w2. (24) Sostituendo questa espressione in (21), si ottiene:

I ⩵ I0 1 + 1 π

Sinw2- π4 

w . (25)

Di conseguenza nella regione illuminata, lontano dal bordo dell’ombra, l’intensità possiede una infinità di massimi e di minimi, di modo che il rapporto I / I0 oscilla da una parte all’altra dell’unità. L’ampiezza di queste oscillazioni diminuisce quando w aumenta come l’inverso della distanza dal bordo dell’ombra geometrica e i luoghi dei massimi e dei minimi si restringono progressivamente.

(21)

w

Regione illuminata

I I0

Ombra geometrica

-4 -2 0 2 4 6

0.0 0.2 0.4 0.6 0.8 1.0 1.2 1.4

Per valori piccoli di w la funzione I[w ] possiede qualitativamente lo stesso comportamento, vedi figura. Nella regione d’ombra geometrica l’intensità decade monotonamente quando ci si allontana dalla frontiera d’ombra, su questa frontiera si ha I / I0⩵ 1 / 4. Per w positivi l’intensità possiede mas- simi e minimi in successione. Nel primo massimo, il più grande, I / I0⩵ 1.37.

■ 25-7 Diffrazione di Fraunhofer

Gli effetti della diffrazione dovuti all’incidenza sugli schermi di fasci piani paralleli presentano un interesse particolare per le applicazioni fisiche. In seguito alla diffrazione il fascio perde il parallelismo e si mostra come luce avanzante in direzioni differenti dalla direzione iniziale. Poniamo il prob- lema della determinazione della distribuzione in direzione dell’intensità della luce diffratta a grandi distanze dietro allo schermo, un modo tale di porre il problema risponde alla diffrazione di Fraunhofer. Inoltre si sup- porrà che si scarti poco dall’Ottica Geometrica, cioè che gli angoli di devi- azione a partire dalla direzione iniziale, angoli di diffrazione, siano piccoli.

Si potrebbe risolvere il problema posto partendo dalla formula generale (11) nella quale si passa al limite allontanando indefinitamente dagli schermi la sorgente e il punto di osservazione. Una particolarità caratteris- tica del caso considerato è che nell’integrale che definisce l’intensità della luce diffratta tutta la superficie d’onda su cui si integra giuoca un ruolo

(22)

superficie integra giuoca

essenziale, contrariamente al caso della diffrazione di Fresnel, nella quale solo le regioni della superficie d’onda vicine ai bordi dello schermo inter- vengono effettivamente.

Si ottengono i criteri di diffrazione di Fresnel e di Fraunhofer ritornando alla formula (19) e applicandola ad una fenditura di larghezza a, al posto del bordo di uno schermo isolato. L’integrazione in ⅆz nella (19) si fa allora tra 0 e a. La diffrazione di Fresnel corrisponde al caso in cui nell’espo nenziale sotto il segno di somma integrale il termine in z2 è essenziale e il limite superiore dell’integrale si può sostituire con l’infinito. A questo fine si deve avere

k a2 1 Dp + 1

Dq ≫ 1.

Al contrario, se questa disuguaglianza fosse invertita, si può omettere il termine in z2; questo è il caso della diffrazione di Fraunhofer.

Ciononostante è più semplice riprendere il problema senza ricorrere alla formula generale (11).

Indichiamo con u0 il campo dietro gli schermi che ci sarebbe stato se le leggi dell’Ottica Geometrica fossero state rigorosamente osservate. Esso rappresenta un’onda piana, la sui sezione trasversale comprende tuttavia delle regioni, corrispondenti all’”ombra” prodotta dagli schermi opachi, in cui il campo è nullo. Indichiamo con S la parte del piano della sezione trasversale in cui il campo u0 è diverso da zero; poiché ogni piano di questo genere è una superficie d’onda di un’onda piana, si ha u0costante

su tutta l’area S.

Sviluppiamo il campo u0 in integrale doppio di Fourier secondo le coordi- nate y e z nel piano della sezione trasversale dell’onda. Si ha per le compo- nenti di Fourier:

uq⩵ 

S u0-ⅈ q rⅆy ⅆz, (26)

in cui i q sono dei vettori costanti nel piano {y , z }; l’integrazione viene effettuata infatti solo sulla parte S del piano {y , z } in cui u0 non è nullo.

Se k è il vettore d’onda dell’onda incidente, allora alla componente del

(23)

componente campo uqⅈ q r corrisponde il vettore k' ⩵ k +q. Di modo che il vettore q ⩵ k' -k definisce la variazione del vettore d’onda della luce durante la diffrazione. Poiché i valori assoluti sono k ⩵ k ' ⩵ ω / c, risulta che gli angoli piccoli di diffrazione θy e θz nei piani {x , y } e {x , z } sono legati alle componenti dal vettore q dalle relazioni

qy ⩵ ω

c θy, qz ⩵ ω

c θz. (27)

Quando si scarta poco dall’Ottica Geometrica si può ammettere che le com- ponenti dello sviluppo del campo u0 coincidano con quelle del campo reale della luce diffratta, di modo che la formula (26) risolve il problema posto.

La distribuzione dell’intensità della luce diffratta è determinata dal quadrato uq 2 come funzione del vettore q. Il legame quantitativo con l’intensità della luce incidente è dato dalla formula

 u02ⅆy ⅆz ⩵ 1

(2 π)2   uq2ⅆqy ⅆqz. (28) Ciò mostra che l’intensità relativa della diffrazione nell’elemento di angolo solido

ⅆo ⩵ ⅆθy ⅆθz è data dalla quantità

uq 2

u02

ⅆqy ⅆqz

(2 π)2 ⩵ ω 2 π c

2 uq

u0

2ⅆo. (29)

Consideriamo la diffrazione di Fraunhofer nel caso di due schermi

“complementari”: il primo schermo ha una apertura là dove l’altro è opaco e viceversa. Siano u(1) e u(2) i campi della luce diffratta da questi schermi, essendo identica la luce incidente nei due casi. Poiché u(1) e u(2) si espri- mono per mezzo degli integrali (26) estesi alle superfici delle aperture negli schermi e che le aperture nell’uno e nell’altro schermo si completano a vicenda occupando tutto il piano risulta che la somma u (q 1)+u (q 2) sia la componente di Fourier del campo ottenuto in assenza di schermi, cioè tutta la luce incidente. Ma la luce incidente rappresenta un’onda rigorosa- mente piana con una direzione di propagazione determinata, quindi uq (1)+u (q 2)⩵ 0 per tutti i q non nulli. Di modo che uq (1)⩵ -uq (2) o per le

(24)

intensità corrispondenti

uq (1) 2 ⩵ uq(2) 2, q ≠ 0. (30) Ciò significa che gli schermi complementari danno distribuzioni identiche dell’intensità della luce diffratta, principio di Babinet.

Ricordiamo qui una conseguenza interessante del principio di Babinet.

Consideriamo un corpo nero qualunque, cioè un corpo che assorbe total- mente tutta la luce incidente. Secondo l’Ottica Geometrica, quando un tale corpo è illuminato da un fascio parallelo dietro di lui dovrebbe formarsi una regione di ombra geometrica la cui area della sezione dovrebbe essere uguale all’area della sezione del corpo perpendicolare alla direzione di incidenza della luce. Ma la diffrazione implica una deviazione parziale della luce rispetto alla sua direzione iniziale. Insomma a grandi distanze dietro il corpo non c’è ombra e nello stesso tempo che la luce si propaga nella direzione iniziale ci sarebbe anche una certa quantità di luce avan- zante sotto piccoli angoli relativamente alla direzione iniziale. In virtù del principio di Babinet la quantità di luce deviata in seguito alla diffrazione sul corpo considerato è uguale alla quantità di luce che viene deviata nella diffrazione da un’apertura tagliata in uno schermo opaco la cui forma e area coincidono con la forma e l’area della sezione trasversale del corpo.

Ma quando c’è diffrazione di Fraunhofer con una apertura c’è una devi- azione di tutta la luce che attraversa l’apertura. Risulta che la quantità totale di luce diffusa dal corpo nero è uguale alla quantità di luce che rag- giunge la sua superficie e che ivi è assorbita.

■ 25-8 Problemi

1. Determinare la diffrazione di Fraunhofer quando un’onda piana incide normalmente su una fenditura infinita, di larghezza 2 a, sui bordi paralleli tagliati su uno schermo opaco.

Prendiamo il piano della fenditura come piano {y , z }, essendo l’asse delle z diretto secondo la fenditura, in figura è rappresentata in sezione.

Quando la luce incide normalmente il piano della fenditura è una superfi- cie d’onda che si prende come superficie d’integrazione nella (26). Poiché la fenditura è infinita, la luce devia nel piano {x , y }, l’integrale (26) si

(25)

piano l’integrale

annulla per qz ≠ 0. Quindi lo sviluppo del campo u0 si deve effettuare sola- mente secondo la coordinata y:

uq ⩵ u0

-a a

-ⅈ q y ⅆy ⩵ 2 u0

q Sin[q a].

-

a a

K

K' θ

y

x

x Sin[x]2

x2

L’intensità della luce diffratta nell’intervallo angolare ⅆθ è ⅆI ⩵ I0

2 a

uq u0

2 ⅆq

2 π ⩵ I0 π a k

Sin[k a θ]2 θ2 ⅆθ,

in cui k ⩵ ω / c, essendo I0 l’intensità totale della luce incidente sulla fenditura.

ⅆI / ⅆθ in quanto funzione dell’angolo di diffrazione ha la forma rappresen- tata in figura. Quando θ aumenta da una parte all’altra del valore θ ⩵ 0 l’intensità passa per una serie di massimi le cui altezze diminuiscono rapi- damente. I massimi sono separati nei punti θ ⩵ n π / k a, gli n sono interi, dai minimi in cui l’intensità è nulla.

2. Stesso problema per la diffrazione con un reticolo, schermo piano attraversato da una serie di fenditure parallele identiche, la larghezza di una fenditura è 2 a, la larghezza della banda opaca che separa due fenditure vicine 2 b, il numero delle fenditure N.

Scegliamo il piano del reticolo come piano {y , z }, essendo l’asse delle z diretto parallelamente alle fenditure. La diffrazione si sviluppa di nuovo

(26)

parallelamente sviluppa nel piano {x , y }, e l’integrazione in (26) dà:

uq ⩵ uq' 

n=o N-1

-2 ⅈ n q d ⩵ uq' 1 -ⅇ-2 ⅈ N q d 1 -ⅇ-2 ⅈ q d ,

in cui d ⩵ a + b e uq' è il risultato dell’integrazione fatta su una fenditura.

Utilizzando i risultati del problema 1 si ottiene ⅆI ⩵ I0a

N π

Sin[Nqd ] Sin[qd ]

2 Sin[qa]

qa

2

ⅆq ⩵ I0

Nπ a k

Sin[Nk θd ] Sin[k θd ]

2 Sin[k a θ]2 θ2 ⅆθ,

essendo I0 l’intensità totale della luce che attraversa tutte le fenditure.

Quando il numero delle fenditure è grande, N → ∞, questa formula si può mettere sotto un’altra forma. Per i valori q ⩵ π n / d, n intero, ⅆI / ⅆq possiede massimi; nell’intorno di un tale massimo, cioè q d ⩵ n π + ε, con ε piccolo,

ⅆI ⩵ I0a Sin[qa]

qa

2 Sin[Nε]2 πN ε2 ⅆq.

Ma quando N → ∞ si ha la formula LimitSin[Nx ]2

πNx2 , N → ∞ ⩵ δ[x ].

Per x ≠ 0 la funzione a sinistra dell’uguaglianza è nulla, e, in virtù di for- mule note nella teoria delle serie di Fourier,

Limit 1 π 

-a a

f[x ] Sin[Nx ]2

Nx2 ⅆx , N → ∞ ⩵ f [0].

Da cui si vede che le proprietà di questa funzione coincidono effettiva- mente con le proprietà della “funzione” δ, l’iperfunzione di cui abbiamo già discusso.

Si ha di conseguenza nell’intorno di ogni massimo:

ⅆI ⩵ I0 a d

Sin[qa]

qa

2

δ[ε] ⅆε.

cioè i massimi hanno al limite una larghezza infinitesima e l’intensità

(27)

larghezza totale della luce nell’n-esimo massimo è

I(n)⩵ I0 d π2a

Sin[n π a / d ] n

2

.

3. Determinare la distribuzione dell’intensità secondo le direzioni quando c’è diffrazione di luce a incidenza normale su una apertura circolare di raggio a.

Introduciamo le coordinate cilindriche {z , r , φ}, con l’asse delle z passante dal centro dell’aperttura perpendicolarmente al suo piano. La diffrazione è simmetrica rispetto all’asse delle z, di modo che il vettore q possiede solo una componente radiale qr ⩵ q ⩵ k θ. Contando l’angolo φ a partire dalla direzione di q e integrando la (26) sul piano dell’apertura, si trova:

uq ⩵ u0

0 a

0 2 π

-ⅈ q r Cos[φ]r ⅆφ ⅆr ⩵ 2 π u0

0 a

J0[q r ] r ⅆr, in cui J0 è la funzione di Bessel di ordine zero. Utilizzando la formula nota uq' è il risultato dell’inegrazione fatta su una fenditura. Utilizzando i risul- tati del problema 1 si ottiene

0 a

J0[q r ] r ⅆr ⩵ a

q J1[a q ], si ha:

uq ⩵ 2 πu0a

q J1[a q ],

e in virtù di (29) si trova in definitiva l’intensità della luce diffratta nell’ele- mento di angolo solido ⅆo:

ⅆI ⩵ I0 J1[a k θ ]2 πθ2 ⅆo,

in cui I0 è l’intensità della luce incidente sull’apertura.

(28)

2 4 6 8 10 12 14

-0.4 -0.2 0.2 0.4 0.6 0.8 1.0

J0(qr) J1(qr)

Grafico delle due funzioni di Bessel.

:-) Orleo

-∞

- ⅈ ⅇk -x θ-

θ3ρ 6

ⅆ θ

ConditionalExpression 1 3 x (k2ρ2)3/4

2 k2x21/4 π  k2x2 ρ -x k2ρ2 BesselJ-1

3, 2 2 (k2x2)3/4 3 (k2ρ2)1/4

 +

π  k2x2 ρ -x k2ρ2 BesselJ1

3, 2 2 (k2x2)3/4 3 (k2ρ2)1/4

 -

3  k2x2 ρ +x k2ρ2 BesselK-1

3, 2 2 (k2x2)3/4 3 (k2ρ2)1/4

,

k x ∈ Reals && k ρ ∈ Reals

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