DISSERTAZIONE E TESI
PRESENTATE
A L L A COMMISSIONE E S A M IN A T R IC E
DELLA
R. Scuola d’ Applicazione per gl’ ingegneri
I N T O R I N O
DA
L U I G I C A M P A N E L L A
DU G E N OVA
PER OTTENERE IL DIPLOMA
DI
I N G E G N E R E L A U R E A T O
1869
G E N O V A
TIPOGRAFIA DI GIUSEPPE MAMBILLAVia Palestro, N. 2
D E L L E M I N E
E
DI U NA NUOVA TEORIA SULLE MEDESIME
Nel settembre del 1863 il Generale Cavalli fu chiamato a dirigere i lavori per la esecuzione di una mina sul monte Orfano destinata a smuovere e sconquassare la roccia, per rendere in tal modo p iù facile l'estrazione dei massi granitici che esso fornisce.
Per determinare la quantità d i polvere necessaria da caricare la mina egli non aveva alcun dato d’ esperienza su mine simili eseguite in altri paesi, ed in Italia era questo il primo tentativo;
e poi dovea andare guardingo sulle formole n o te , poiché in caso di mancato successo s’ affacciava la rovina degli intrapren
ditori per la grave spesa incontrata, e p iù ancora pei danni per cui i vicini protestavano, proteste che da atti notarili risultavano di p iù di un milione.
Queste gravi circostanze obbligavano il Generale Cavalli a determinare colla maggior possibile esattezza la carica da ado- perarsi, dopo di aver bene esaminata la località. E d a questo uopo giovandosi dei risultati di alcune esperienze eli artiglieria, egli cercò la carica necessaria per sollevare a meno di due mil-
limetri la massa del monte, la quale era sta ta valutata di circa 200,000 tonnellate. I suoi calcoli lo portarono ad adope
rare m a carica di 2000 chilogrammi; ed in tal modo egli fu sicuro che il monte sarebbe stato appena smosso, e tale era ap
punto lo scopo da raggiungersi, tanto per evitare ogni danno ai v i c i n i , quanto per non frantumare il granito, pregio dell’ opera essendo il conseguire grossi pezzi.
I risultati furono soddisfacentissimi, imperocché i massi di granito di bella e buona qualità che se ne trassero, si calcola
rono di un valore p iù che triplo della spesa che, tutto compreso, sarà stata appena di 12000 lire (*).
1 calcoli del Generale Cavalli sono, come si disse, fondati puramente sull’esperienza ; in ciò dunque u n tal metodo si av
vicina agli altri finora u s a t i , quali si riducono alla generaliz
zazione di alcuni fatti per mezzo d i formole empiriche. Ma i fatti pratici da sè soli sono insufficienti per istabilire le leggi che legano i fenomeni fisici. E invero sono sette le formole empiriche
(*) M em orie d ella R. A ccadem ia d elle Scienze d i T o rin o , 1 8 6 4 .
finora conosciute, e sono quelle del Marescot, Dobenhein, Lebrun, Gosselin, M üller, Bélidor e M ouzé; ma esse presentano delle differenze tali che i pratici provano la più grande difficoltà nel decidere sulla scelta di quella che debbano preferire. Egli è d’ uopo riconoscere quelle leggi per mezzo dell’ analisi; soltanto, nelle ap
plicazioni alle mine, si deve tener conto delle esigenze che la pratica impone a seconda delle proprietà del mezzo in cui si opera, degli effetti che si vogliono ottenere e della potenza della polvere con cui si caricano i fornelli.
Il Capitano Piron ha tentato di dare una nuova teoria delle mine in una sua opera pubblicata a Parigi nel 1867. Una breve esposizione di essa teoria è lo scopo a cui tende questo mio scritto, ollredichè ho creduto vantaggioso aggiungere alcuni cenni sulla polvere ordina ria e sulle altre sostanze esplosive con cui ora si cerca di sostituirla.
L’ Illustrissima Commissione Esaminatrice porti essa l ' auto
revole suo giudizio sui principii del Piron e sopra il modesto lavoro che ho l’ onore di presentarle.
(2)
«
NOZIONI GENERALI
SULLA POLVERE ORDINARIA E SULLE MINE
A nticam ente si intendeva per m in a u na strad a so tterran ea per cui penetrare nelle città, ovvero u n cunicolo con cui sca l
zare le fondam enta delle m ura e delle to rri che così rovinavano.
Di qui venne il nome di m in a ad u n a escavazione, d e tta anche m iniera, fatta nel seno della te rr a onde ricavarne m ateriali u tili ai bisogni um ani, o più com unem ente a quelle opere che n ell’ a rte della g u erra ed in quella del co struttore e del coltivatore di m iniere servono a sm uovere o far saltare opere m u rali o roccie per mezzo della forza espansiva della polvere pirica.
S trum enti adoperati d ag li an tich i nei loro scavi erano il piccone ed il calore di g ra n d i fuochi, m a il lavoro era di u n a grande lentezza, e quindi 1’ applicazione della polvere fu uno dei progressi p iù rim archevoli d ell’ a rte del m inatore, poiché essa m inorò im m ensam ente e tem po e spesa.
F u Domenico da F irenze il prim o a cui venne in pensiero di usare la polvere a far saltare le m u ra nem iche d u ra n te l’as
sedio di Pisa nel 1407 ; m a la sua idea non ebbe nè effetto nè seguito. Però la potenza esplosiva della polvere continuando a svelarsi rovinando e bruciando palazzi in v arie città, doveva incitare g li uom ini di g u e rra e di pace a tra rn e profitto ; m a è certo che il germ e dell’ invenzione delle m oderne m ine non
fu ridotto a teoria prim a della m età del secolo XV. Il più an tico saggio che siami stato dato trovare (scrive il Ch.mo Carlo Promis) si é nel codice di cose m ilitari che G iovanni M ariano da Siena com poneva nel 1449.
Anche Leonardo da Vinci fu tra g l’ in g e g n e ri che si ado- prarono teoricam ente intorno alle m oderne m ine, e n e fece spe
ciale m em oria nella proposta p resen tata circa il 1483 a Lodo
vico il Moro. .
F ra tta n to che g l’ in g e g n e ri studiavano q uesta teo ria se ne faceva la prim a applicazione dai Genovesi all’ assedio di Sar- zan ello nel 1487; poi dag li Spagnuoli uel 1502 per far saltare i Castelli Nuovo e dell’ Uovo a Napoli.
Della prim a applicazione della polvere nelle m iniere e nelle cave, cioè p er puro scopo in d u striale, non vi h ann o d ati pre
cisi. Secondo il B urat (*) pare che rim onti al 163:2; m a secondo B. Kerl si sa che fu adoperata nelle m iniere di F reiberg nel 1613 e in quelle di H arz n el 1632. Si tro v a m em oria d ie
venisse in A llem agna anche u sata nel 1673 e nel 1678.
Però sem bra incredibile che siensi lasciati p assare quasi due secoli dall’ applicazione della polvere da fuoco nelle mine m ilitari, a lla sua applicazione nelle m iniere.
La polvere da fuoco o polvere da sparo o da g u erra è un m iscuglio intim o, e non u n a com binazione chim ica, di salnitro, di solfo e di carbone; com ponenti t u t ti che quanto alla loro n a tu ra sono identici a quelli an ticam en te conosciuti e ado
perati.
Quanto alle proporzioni dei m ateriali nitro, solfo e carbone, esse non sono costanti presso le diverse nazioni; possono va
riare inoltre le medesime secondo g li usi ai q u ali la polvere è destinata, ma è p u r vero che esse non m ai g ran d em en te si allontanano da u n a norm a p rim itiv a o t i p i c a , che la p ratica già insegnò e che la scienza approva e consiglia (**).
Dico che la p ra tic a insegnò, perchè non si sa chi fos
(*) B u ra t. M in era lo g ìe a p p liq u è e.
(**) S o b re ro — M a n u a le d i c l i n i c a a p p lic a ta a lle A r ti.
»
se il primo a mescolare 75 p a rti di nitro con 12 di ca r
bone e 12 1/2 di solfo ed averne la polvere detonante. Il frate Bertoldo Schaw artz, tedesco, che dicono le trovasse a caso, pare da collocarsi fra g li enti favolosi, im perciocchè m entre si dice Ch’ egli vivesse nel XIV secolo, Rogero Bacone nel secolo XIII la descrisse come cosa g ià da lu n g a m ano conosciuta ed ado
perata, Più probabile è siasi appresa dag li Arabi i q u ali l' ab
biano avuta dalla C hina: e poiché quel popolo toccava in di
versi punti la cristianità, in più d' un luogo introdusse le sue pratiche; onde le vediamo com parire in diverse p a rti ad un tratto senza che si m eni alcun vanto degli autori. Confermano ciò le ricerche di Lodovico L alan n e, del R einaud e F a v e t, del Lacabanne ed a ltri (*) ; come pure le cognizioni lasciate da I. F. Davis antico presidente della Com pagnia delle Indie (**).
Le proporzioni dei com ponenti della polvere v ariano secondo gli usi ai quali essa è destinata, ed in fa tti se 75 di nitro, 12 di solfo, e 12 1/2 di carbone sono i com ponenti della polvere da can
none, per quella da m ina e da caccia si dim inuisce la propor
zione del nitro. In quella da m ina non si richiede esplosione molto rapida, m a s o p ra tu tto buon p re z z o , e uno sviluppo di gas in q u an tità m aggiore possibile, cosa che si ottiene aum en
tando lo solfo e dim inuendo il n itro per la stessa q u an tità di carbone che nella polvere da g u erra.
Quindi la composizione della polvere da m ina si fa: 62 di nitro, 18 di carbone, 20 di solfo. Q uantunque il v a n tag g io d e l- 1' aumento dei gas v en g a lim itato da u n a m inore tem peratura nella combustione, pure si usa quel m iscuglio, diverso da quello da guerra, perchè assorbe m inore um idità e costa meno. Non si potrebbe però adoperare nelle arm i da fuoco poiché, per la m ag - g iore quantità di solfo, dopo la com bustione si forma m aggiore residuo solido che è quello che ese rcita c a ttiv a azione sulle armi. Il punto d'accensione della polvere è a 250° e b asta a produrre questa accensione il calor ro ss o , la scintilla elettrica, un colpo violento.
(*) O irardin. L e çons de Chim ie e lé m e n ta ire . (**) V. Pozzi. D izio n a rio d i C him ica e F .sica .
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La sua combustione, q u an tu n q u e abbia luogo in u n tempo brevissim o, pure non è istan tan ea; come quella che procede da gran o a grano, ed in ciascun g ra n o per su p erficie concentriche.
La polvere detonando, da luogo a g a s acido carbonico, ad azoto, ad ossido di carbonio, a vapor d’ acqua e ad u n residuo di solfuro di potassio. Primo a ten tare la m isura del volum e di questi gas fu G iovanni B ernoulli, il qu ale trovò essere circa 100 volte il volum e della polvere im piegata; eg li però ignorava la solubilità dei g a s n e ll’ acqua (*).
Anche il Conte di Saluzzo studiò sui fluidi elastici che svi
luppa la polvere da cannone allorquando s’ infiam m a, e co
nobbe che i gas occupano 200 volte il volum e della polvere da cui provengono (**).
Ma esperienze più recenti di Gay -L ussac dim ostrarono che un decim etro cubo di polvere che pesi 0 Chg 900 produce 450 li
tri di ga s a O° ed a lla pressione di 0 760 ; ed in questo dato si h a da avere tu tta confidenza, sta n te la no ta ab ilità del grande sperim entatore.
L’ elevazione di tem p eratu ra che h a luogo al momento della detonazione è enorme; dappoichè sorpassa i 2500° secondo Bunsen e Shischkoff ; m a non a rriv a sicuram ente a g li 8984°
di Prechtl, perchè egli nel tro v ar questo risu ltato am m ise co
sta n ti i calorici specifici dei g as ad a lte tem p eratu re, e non ten n e conto del calore che si rende la te n te n ell’ atto d ella for
m azione dei g as (***). Dei quali g as 1’ a lta tem p eratu ra fa di
v e n ta r decuplo il volum e, ed è la principale causa deg li effetti della polvere. La pressione che ne proviene si può riten ere sor
passare le 4000 atm osfere, e qu indi non sarà esagerato il dire che una cartuccia di 12 e tto g r.mi di polvere solleva 20 quintali di p ietre ed a ltre tta n ti ne scuote e screpola.
L’ adoperare della polvere n elle m iniere e nelle cave con
dusse ad u n metodo se m p lic issim o , con sisten te nel praticare
(*) V . F . H o e fe r. H is t oire de la C h im ie.
(**) M elange de filo so p h ie et de m a te m a tiq u e de la Societé R o y a le de Tu- r in , 1 7 6 0 - 1 7 6 1.
(***) Mu sp ra tt’ s. Chemie f rei bearbeitett von D .r F. Stohmann.
d e b it a m e n t e dei fori cilin drici nella roccia che si vuole far altare n e ll'in trodu rre in essi u n a cartu ccia con carica tale che sia in rapporto colle dim ensioni dei fori e colla resistenza d ella roccia, n e ll’ in ta sa rla convenientem ente e darle fuoco.
Per mine molto rile v a n ti si fa invece u n a g alleria che a rriv i prossimamente fin sotto il centro di g ra v ità del masso a sta c carsi vi si pone a ll’ estrem o la q u a n tità di polvere necessaria, e poi si chiude od in ta sa acciocchè i g as della com bustione non escano per essa. Le g allerie si faran no piccole e con ris
volti acciocchè siano p iù difficili le perdite. Nella m ina d ata a Baveno dalla vedova Galli nel 1866 si ebbe qualche p e r d ita , perchè non si tennero le condizioni p reced en ti, contuttociò il risultato non m ancò di essere soddisfacente.
Non parlerò ora nè degli utensili adoperati dal m inatore, nè del modo di caricare le m ine, nè di ta n te altre partico larità di cui dovrebbe parlare colui che volesse dare u n ’ idea com pleta dell’ arte del m inatore, non essendo questo il mio assunto. Solo dirò che quanto a lla posizione dei fori, s i esige dalla p arte dei m inatori in tellig e n za ed abitudine, perchè è difficile il dare qualche regola, essendo questa posizione determ in ata da circo
stanze variabili e com plicate.
Da varii a n n i, pei fori delle m ine si adopera con successo la perforazione m eccanica, senza della quale sarebbe sta ta follia lo sperare che col 1871 si potesse d all’Ita lia passare in F ran cia per mezzo di u n a g a lle ria fa tta nelle viscere delle Alpi.
Si hanno perforatori a pressione d’ acqua, a vapore e ad aria compressa (*). I quali u ltim i hanno otten u to la preferenza per i molti v a n ta g g i d iretti e in d ire tti che presentano sug li altri.
Per quelle roccie poi in cui sono insufficienti g li utensili in acciaio, si cercò d’ im piegare il diam ante. Questa idea venne al Leschot e fu applicata dal P ichet in u n a sua m ac
china semplicissima e d’ assai g ra n d e potenza. I d iam anti ado
perati sono i neri pel loro m inor prezzo.
Per poi in g ran d ire i fori da m ina g ià fa tti , si hanno g li apparecchi scavatori del T rouillet (**), che agiscono su tu tte le
(*) V. L acroix. E t udes s u r l'e x p o s itio n de 1 8 6 7.
(**) V. Lacroix (già c ita to).
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ro c c ie , m entre che quello del Courbebaisse (m in e acidulate) non può essere applicato se non alle roccie calcari e compatte.
Dagli esperim enti del gen erale Marescot risu lta fuor di dubbio che 1’ effetto della polvere v aria colla in ta s a tu ra , e si h a g ra n d e econom ia, se si lascia un vano nello spazio ove agisce la carica. A questo modo si au m en ta l ’ effetto utile di u n dato peso di polvere, aum ento che si ottiene pure col porre nella cartuccia un cilin d retto di legno duro o di ferro, oppure col mescolare alla polvere della se g a tu ra di le g n o ; di
viene così m aggiore la superficie sopra la quale i g as agiscono.
Quanto alle m ine sott’ acqua è da sapere come, finché l ’ al
tezza dell’acqua non è molto considerevole e solo si eleva di pochi decim etri sopra il livello della roccia n ella quale vuoisi p ra tic are la m in a , il m inatore può u sare procedim enti analo
g h i a quelli che si seguono operando all’ asciutto. Ma questi procedim enti sono insufficienti quando si devono p raticare delle m ine sotto masse acquee di altezza considerevole. In tali cir
costanze si cercò sovente di tr a r p a rtito d’ apparecchi molto sim ili a g li adoperati p er le fondazioni ad a ria com pressa ; e ciò per poter far lavorare g li operai a ll’ asciutto.
Ma di questi m etodi troppo dispendiosi, m olto più economico è quello che fu di g ra n uso n eg li S tati U n i t i , che servì al Ravier per iscavare la roccia e is te n t e a ll’ e n tra ta del porto d ’A lg e r i, e che venne seguito n ell’ esecuzione della v ia ferrata del litorale ligure. Questo metodo economico consiste nel dis
porre sulla roccia che vuoisi far saltare diverse grosse botti piene di polvere da m ina e nel produrne la sim u ltan ea esplo
sione. In questo sistem a di m ina subacquea la colonna liquida so vrastante a lle botti fa ufficio d’ in ta s a tu r a , e 1’ effetto dello scoppio apparisce esteriorm ente m ediante u n ’ agitazione nel- 1’ acqua e u n sobbollimento causato dallo sprigionarsi dei gas.
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II.
NUOVA TEORIA DELLE MINE
Volendo ora dare un cenno della teoria del Cap. Piron, p re m etterò alcune definizioni necessarie per l’ in tellig en za della medesima.
Camera, da mina, è la cav ità in cui ponesi la polvere ; quando la m ina è caricata la cam era dicesi fornello.
Lo scavo o fossa prodotto alla superficie del suolo da u n a
m ina si chiam a im buto. ,
Linea di m inim a resistenza o di scoppio ( che indicherò con linea di M. R.) è la più breve distanza che passa fra il cen
tro della polvere o del fornello e la superficie del suolo.
Raggio dell’ imbuto è quello della circonferenza che forma l' orlo del fosso od im buto ; raggio d ’ esplosione è invece la linea condotta dal centro della polvere ad u n pun to di questa cir
conferenza.
Cono d’esplosione è il solido lim itato dai ra g g i d’ esplosione.
Nell’ arte m ilitare si distinguono cinque specie di fornelli da m ina, cioè :
1.° Fornello semplice od ordinario nel quale il ra g g io del
l’ imbuto è eguale alla lin ea di M. R.
2.° Fornello sopraccarico o globo di compressione nel quale il raggio dell’ im buto è m aggiore della linea di M. R.
3.« Fornello sottocarico o m ina com pressa in cui il ragg io dell’ im buto è m inore della linea di M. R.
(5 )
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4.° Fumacchio massimo o fum ata m assim a, che non ha im
buto, e che è il lim ite dei fornelli sottocarichi.
5.° Fogat a, ch e ha per o g getto di proiettare, sotto un angolo d a to , dei proiettili qu alunque deposti in un fosso od imbuto prep arato prim a.
Se chiam iam o R il ra g g io della base superiore del co no , la sua espressione g en e rale sarà
R = n h
ove h è la lin ea di M. R . ed n u n num ero che in g en erale non sorpassa il 3 , perocchè il ra g g io dell’ im buto non sorpassa di m olto tre volte la lu n g h ezza della lin ea di M. R ., qualunque
sia la carica im piegata.
Quando si fa n = 1 si è nel caso del fornello ordinario ; quando n = 0 non si ha im buto , cioè si è nel caso della fu
m a ta m assim a, perchè u n leggiero aum ento della carica da
rebbe ad n un valore m ag g io re di zero, e allo ra si avrebbe un fornello sottocarico.
Da n = 0 ad n = 1 i fornelli sono sottocarichi ; da n = 1 ad n = 3 e al di là i fornelli sono sopraccarichi.
Nella Fig. 1 , essendo M N la superficie del terreno, si ha in C un fornello sopraccarico ed in C' u n fum acchio. La per
pendicolare CL è la lin ea di M. R . , la re tta L h' è il raggio dell’ im buto e la Ch' il ra g g io d’ esplosione.
Q u a n t i t à d i p o lvere n ecessar i a p e r p r o d u r r e u n c h i l o g r a m m e t r o. — Non si hanno m ezzi appropriati per m isurare direttam ente la q u a n tità di lavoro m eccanico che può produrre u n a data carica di polvere, quindi bisogna ricorrere a processi indiretti.
Am mettendo col Poncelet che le cariche sono proporzionali alle forze vive im presse ai proiettili delle bocche da fuoco, la q u a n tità di lavoro totale trasm esso da u n a carica d i polvere posta in u n cannone sarà :
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dove V e V' sono le velocità im presse risp ettiv am en te al
>-o P della p alla e al peso P' del pezzo col suo affusto. Ma si può trascu rare il lavoro perduto contro il pezzo, e am m et
tere che la potenza di u n a carica h a p er m isura la q u a n tità di lavoro o la m età della forza viva ricevuta dal pro iettile, cioè :
Chiamando C la carica in chilogram m i che produce il la voro T. e Q la carica necessaria per produrre un ch ilo g ram m etro, ossia V equivalente meccanico delia polvere, essendo la cariche proporzionali alle q u a n tità di lavoro che esse producono nelle stesse co n d izio n i, si av rà :
C : T : Q : 1 onde :
Perciò, conoscendosi la carica C che produce la q u a n tità di lavoro T , si tro v e rà l’ equivalente m eccanico della polvere d i
videndo la carica pel lavoro che essa produce.
L' equivalente m eccanico della polvere così trovato non ha un valore asso lu to , il suo valore num erico dipende dalle con
dizioni nelle quali si trova la carica C per produrre il lavoro T.
Quindi è bene fare u n certo num ero di esperienze, e poi prendere la media dei risu lta ti. 9
Per T a rtig lie ria queste esperienze sono facili e poco costose;
m a non è così nella pratica delle m ine : quindi gioverà ri
correre alla prim a , giacchè l’ esattezza rigorosa non è n e cessaria nella determ inazione della carica dei fornelli da m ina:
le q uantità di polvere im piegate sono g eneralm en te troppo con
siderevoli perchè un errore di qualche g ra m m a possa av ere in fluenza apprezzabile nei risu lta ti che si vogliono ottenere.
Esperienze fatte con diverse arm i da- fuoco danno per Q dei valori che v ariano fra 18 e 36 m ilionesim i di chilogrammo.
La m edia sarebbe 0.Chg 000027, e rappresenterebbe l'equivalente m eccanico della polvere per 1’ a rtig lieria. Ma siccome si deve, nelle m in e, ten er conto della p erdita di gas che è inevitabile, poiché i m ateriali dell' im buto sono posti in movimento, prende
rem o invece
Q = 0,Chg 00003
cioè am m etterem o che tre cen tig ram m i di polvere producano, bruciando, un chilogram m etro (*). Questo num ero però potrà va
ria re se varia la quantità della polvere, e se ne varia il modo
d’ agire; così se è poca o n u lla la perdita di g a s quel numero sa rà m inore.
E s p r e s s io n e g e n e r a l e d i u n a c a r i c a q u a l u n q u e .
— Essendo dato il lavoro T da pro dursi in u n arm a da fuoco, oppure in u n a m ina qualunque, si conoscerà la carica C ne
cessaria per produrre questo lavoro, m oltiplicando T per il va
lore di Q adottato come equivalente m eccanico della polvere.
Si av rà dunque in g en e rale:
C = Q T
e questo valore C rappresenta, in chilogram m i, la polvere ne
cessaria per produrre il lavoro m eccanico T. In fatti, se Q rap
presen ta la carica che produce un chilogram m etro , le cariche essendo proporzionali ai lavori che esse producono, per un lavoro T volte più gran d e abbisognerà u n a carica eguale a T volte quella di u n chilogram m etro. P er conseguenza l’ equazione pre
cedente è g enerale e si applica ad u n a carica qualunque, poi
chè tu tte le cariche hanno per og g etto di pro du rre una quantità di lavoro m eccanico determ inato.
L’ equivalente Q essendo l’ u n ità che serve di m isu ra alla
(*) B u n se n trovò c h e u n c h ilo g ra m m a di p o lv e re p ro d u c e , decom ponendosi, u n lav o ro teorico d i 6 7 4 10 c h ilo g ra m m e tri, il ch e d a re b b e Q = 0 ,Chg.0 0 0 0 1 5.
carica si potrà dire che C è u n a funzione di Q e rap p resen tare una carica qualunque con
C = F (Q).
E f f e t t i g e n e r a l i p r o d o t t i d a l l ' e s p l o s i o n e d e l l a carica di un fornello qualunque. — U na carica di pol
vere posta in u n mezzo qualunque p uò d a r luogo g eneralm ente ai tre seguenti effetti:
1.° Formazione di uno sferoide di com pressione; 2.° D isgre
gazione del mezzo verso la p arte della m inore resistenza ; 3. ° Proiezione delle p a rti disgregate.
Si ha la formazione di uno sferoide di com pressione p e
rocchè la forza espansiva dei g as com prime in tu t ti i sensi le pareti del fornello. La c u rv a tu ra di questo sferoide v aria con la resistenza delle diverse p a rti del mezzo, e sarà u n a vera sfera quando il mezzo è omogeneo: m a ciò in p ratica non si potrà m ai avere imperocchè la densità di un mezzo au m e n ta con la profondità, e, la resistenza degli stra ti essendo m inore n el senso del loro piano di posa che nel senso ad esso norm ale, lo sferoide sarà sempre schiacciato.
Se la forza elastica dei g*as non è e sa u rita dopo aver for
mato lo sferoide di com pressione, essi gas p enetrerann o n eg li strati del m ezzo , si d irig eran n o verso la p arte che presenta meno resistenza e si formerà così il cono d’ esplosione, che darà luogo all’ imbuto o scavo della mina.
È evidente che si form erà questo im buto perchè, la forza espansiva dei g as irradiando in tu tti i sensi, ciascun ra g g io incontrerà una molecola del mezzo am biente e ciascu na m o
lecola sarà un proiettile, la cui tra ie tto ria è la risu ltan te della forza elastica dei g a s , della g ra v ità e della resistenza che il mezzo oppone alla penetrazione del mobile.
I ra g g i al disotto della carica o sotto-orizzontali, incontrando strati sempre più resistenti, dovranno allo n tan arsi d alla norm ale a ciascun passaggio da uno stra to ad u n altro, dappoichè essi tendono sempre a dirigersi in modo da in co n tra re la m inore resistenza possibile. Dopo aver attra v ersato un certo num ero
eli stra ti, la tra ie tto ria si rialza seguendo un cam m ino sim me
trico al prim o braccio della curva. Si ottiene così u n a curva analoga alla prodotta per rifrazione nel fenomeno del miraggio, solam ente che essa è di posizione inversa. Si può dim ostrare che la sua equazione è quella di u n a parabola, il cui fuoco è il centro della polvere e che ha per asse la linea di M R pro
lu n g a ta . Quindi la superficie dell’ im buto , che è l’ inviluppo di tu tte le traiettorie, sarà un paraboloide di rivoluzione V Fig 2.
Persistendo sem pre la forza elastica dei gas, la massa, com
presa n e ll’ im buto sarà p ro iettata al difuori con u n a velocità iniziale che dipende dalla densità del mezzo e d alla potenza elastica che i g as hanno conservato.
Nelle fum ate non si ha che la form azione dello sferoide di compressione, cioè esse producono solo u n effetto sotterraneo;
m entre nei fornelli o rd in a rii, nei sopraccarichi e nei sottocari
chi si hanno prodotti i tre effetti , cioè agiscono alla super
ficie del suolo e sotterraneam ente.
E s p r e s s i o n e g e n e r a l e d e l l a C a r i c a d i u n a m i n a q u a l u n q u e . — Abbiamo trovato che u n a carica qualunque,
h a per espressione,
C = F (Q) = Q T
dove T è la somma dei lavori da prodursi dalla carica e Q l'e quivalente meccanico delia polvere che im piegasi.
P er i fornelli da m in a il valore di T si decompone in tre p a rti relative ai tre effetti generali di essi. Se chiam iam o t il la
voro necessario per la formazione dello sferoide di compressione, t' il necessario per la disgregazione del mezzo per formare l' im
buto e t " il necessario per p ro iettare a l di fuori la m assa con
te n u ta n e ll’ im buto, avrem o :
(A) C = F (Q) = Q ( t + t' - t '')
Questa espressione contiene la carica delle cinque specie di fornelli da m ine da noi d istin ti precedentem ente.
In fatti essa conviene 1.° ai fornelli o rd in a rii, 2.° a quelli so-
praccaricati, 3.° a quelli sottocaricati. P er la fum ata m assim a t ' e t '' sono zero e si ha
C = Q t
— 23 —
Nel caso particolare della fogata, l ' im buto essendo p reparato prima, si avrà t = 0 e si troverà
C = Q ( t + t " )
L’ espressione (A) contiene dunque t u t t i i casi particolari ; per c o n s e g u e n z a essa deve b astare per tro v are la carica di un fornello qualunque.
Onde si potrà dedurre la regola, che la carica di qualsiasi fornello è eguale al lavoro da effettuarsi m oltiplicato per l’equi
valente meccanico della polvere.
Quindi potremo affermare che la teoria delle m ine non è altro che la risoluzione di u n a quistione di lavoro m ecc an ico , perocchè a conoscere la carica C basterà calcolare i lavori t , t ' e t'', i quali, per ottenere u n a formola più g e n e ra le , si potranno esprim ere in funzione di h , linea di M. R ., e di n, num ero delle volte che il ra g g io della luce del cono d’ esplo
sione contiene la lin ea di M. R. Ino ltre si faranno e n tra re nei calcoli le costanti re la tiv e a lla densità ed a lla coesione delle t e r r e , e si supporrà la carica com posta di tre p a rti d istin te operanti successivam ente, cioè :
l .° Carica della fum ata m assim a
Dimodochè l’ espressione generale della carica necessaria per produrre u n im buto qualunque sarà :
C' = Q t
2.° Carica necessaria per la formazione dell’ im buto C" = Q t ' ’ 3.° Carica consum ata nel proiettare le terre
C ''' = Q t''
( B ) C = C + C''+ C'"
L a v o r o p r o d o t t o p e r f o r m a r e l a s f e r a n e l l a f u m a t a m a s s i m a . — Supponiamo che d i c o m p r e s s i o n e la carica della fum ata m assim a sia u n a sfera di ra g g io x e della quale si conosce il volume V si avrà :
_ 24 — " ---1
(1) dalla quale
(2)
Si av rà egualm ente per la superficie di questa sfera
Chiamiamo b la pressione per m. q. che sviluppano i g as al momento dell’ esplosione della carica. La pressione sviluppata alla superficie della sfera sarà :
Per un accrescim ento dx del rag g io , il lavoro elem entare prodotto dai gas av rà per espressione
e il lavoro totale si o tterrà integrando tra i lim iti : raggio della carica ( x = r ) e ra g g io della sfera di compressione ( x = ρ );
V errà :
Il ra g g io r può essere dato dall’ equazione (2), il lavoro t può invece essere fornito d all’ esperienza ; dimodochè tu tto es-
sendo cognito si potrà avere il raggio della sfera di compres
sione.
Chiamando G il coefficiente, pel quale si deve moltiplicare il cubo della linea di M. R. per avere il lavoro prodotto nella fumata massima, si avrà :
— 25 —
Ma si sa che la carica di un fornello è eguale al lavoro a prodursi moltiplicato per l’equivalente meccanico della polvere,
quindi si troverà : 1
Siccome C', Q e h si possono avere sperimentando sopra di un fornello che dia una fumata massima, si avrà per un ter
reno qualunque
L avoro consum ato p e r d isg re g a re i l m ezzo se
condo le p a r e ti d e ll'im b u to . — Abbiamo già veduto che l’ imbuto formato da una mina ha forma di paraboloide di ri
voluzione. L’ equazione generale della parabola generatrice ri
ferita al suo fuoco ed al suo asse sarà:
nella quale facendo e si ricava pel
valore del semi-parametro p ,
— 26 —
Differenziando 1’ equazione (1) si avrà :
Ora 1’ elem ento dell’ arco h a per espressione :
e sostituendo ,
In u n a superficie di riv o lu zio n e, la superficie di u n a zona di altezza ds è eguale alla circonferenza m edia m oltiplicata per ds, cioè
oppure sostituendo,
Diciamo ora a il coefficiente di resistenza per m. q. che la coesione oppone al lavoro di disgregazione dei g a s ; allora la resistenza che presenta la zona di altezza ds sarà evidente
m ente
Il lavoro di questa resistenza si o tterrà moltiplicando per lo spazio ds che le molecole devono percorrere per vincere
la coesione. Chiamando d 2 t' il lavoro elementare e ponendo per
ds il suo valore trovato, avremo :
— 27 —
che, riducendo, viene
Il lavoro prodotto sulla superficie del paraboloide formante' l’ imbuto sarà l’ integrale doppio di quest’ ultima espressione preso da y = 0 ad y = nh raggio superiore dell’ imbuto.
Per una prima integrazione si avrà :
Integrando dì nuovo :
non si ha costante perchè quando y = 0 è t' = 0 . —
Ponendo per y il suo valore n h , e per p il valore del sem i
param etro della parabola g en e ratrice , si av rà :
L a vo r o p e r l a p r o i e z i o n e d e l l e t e r r e d e l l 'i m b u t o .
— Per ottenere il lavoro t" risu ltan te dalla proiezione delle terre con una velocità iniziale v , bisogna prendere la metà della forza viva ac q u ista ta al m omento in cui il peso di te rra P ha ricevuto la velocità v. Si avrà dunque :
Osservando che v 2 = 2 g H, e che H rap p resen ta l’ altezza della proiezione in funzione della velocità in iz ia le , v e rrà :
Il valore di P è u g u ale al volum e V dell' im buto m oltipli
cato per il peso specifico φ delle terre che si considerano. Ora il volume del paraboloide è ugu ale alla m età di quello di un cilindro di medesima base e di m edesim a altezza, cioè:
M o l t i p l i c a n d o V p e r φ peso di u n m . c . d i t e r r a, si avrà :
e per ottenere il valore di t ' ’ si dovrà m oltiplicare P per 1’ al
tezza alla quale si eleva il centro di gravità.
Qui si presenta u n fatto di osservazione, ed è, che 1’ altezza di proiezione cresce con la grandezza della base superiore del
l’imbuto; m a questa base essendo espressa por n e supponendo rappresenti H 1’ altezza di proiezione nel caso di n = 1 (for
nello ordinario), si av rà che n H rappresenta quell’ altezza per nn imbuto qualunque. Dimodochè per n = 0 non si a v rà pro
iezione di terra, cioè si sarà nel caso della fum ata massima.
Moltiplicando dunque il valore di P per n H avrem o il la
voro necessario per la proiezione dèlie terre dell’ imbuto, cioè :
F orm ola gen e ra le d e lla c a rica . — O ttenuti i diversi lavori che occorrono per avere g li effetti g en erali di u n a m ina qualunque, sostiduendoli nella (A) si o tterrà il valore g enerale della carica t cioè :
Dividendo per h3 si ha :
Si potrà porre :
e quindi la formola generale che dà la carica C di una mina qualunque sarà
Prima di passare all’ applicazione di questa formola ai casi che ordinariamente s’ incontrano nella pratica delle cave, ac
cennerò che nel caso di mine in terre ordinarie, che è uno di quelli in cui possono sussistere tutti tre i termini del secondo membro, se si cercano i valori di G , a , φ e H che ad esse convengono, allora la formola della carica viene
I valori delle due funzioni di n si potranno calcolare, ed ec
cone alcuni nella seguente tavola
Da questa tavola si av rà la carica di un fornello qualunque, moltiplicando il cubo della linea di M. R . per il num ero della colonna F corrispondente al valore di n che si considera,
Colle formole precedenti sì potrà pure calcolare la segu ente;
tavola nella quale si hanno i volum i degli im buti, e i volum i ed i pesi delle cariche in funzione della linea di M. R. per a l
cuni valori di n.
A p p lica zio n e d e lla teo ria g e n e r a le a i fo r n e lli de
m olito ri. — N ella teoria si sono considerati fornelli q u alu n que producenti i tre effetti generali g ià accennati. Ma vi sono casi in cui si richiede che u n a m in a non li produca tu tti, come avviene per le cave di m ateriali da costruzione nel
le quali basta che la m in a scuota la m assa e la rom pa senza proiettarla. Quindi noi intenderem o per fornelli demolitori tu tti quei fornelli che hanno per oggetto di d istru rre m etodica
mente e a d u n o scopo d eterm in a to dei m ateriali da costruzione.
In questi si dovrà d istin g u e re il mezzo omogeneo e il mezzo eterogeneo, secondochè la carica g iuocherà tu tta in tera o in parte nel mezzo a demolirsi. Si av rà il caso del mezzo omogeneo, per es;, quando la carica si fa n ell’ in tern o di u n a roccia o di un muro ; e si av rà il caso del mezzo eterogeneo quando la ca
rica si pone, per e; , al fondo del m are per d istru rre un banco od accanto ad un m uro per abbatterlo,
Il mezzo poi potrà essere compressibile ed incom pressibile;
cosi si ha un mezzo omogeneo e com pressibile nel caso di una carica nell’ acqua ad u n a ce rta altezza dal fondo, e un mezzo
omogeneo ed incompressibile nel caso di una mina in roccia compatta.
Voglion farsi queste distinzioni perché non solamente si de
vono cangiare nella formola generale della carica i coefficienti relativi alla resistenza dei diversi mezzi, ma bisogna inoltre osservare la variazione del lavoro utile della polvere, il cui equi
valente meccanico è una funzione del modo di resistenza del mezzo, nel quale la carica lavora. Io darò solo un cenno del
l’applicazione della teoria all'ultim o caso, che è quello delle cave di pietre da costruzione.
F o r m ole g e n e ra li n e l caso d e l m ezzo omogeneo ed in com pressib ile. — Abbiamo veduto che la formola generale che dà la carica di un fornello qualunque è
— 32 —
Ora nel caso del mezzo incompressibile, non si avrà forma
zione della sfera di compressione, e quindi sarà zero il lavoro corrispondente, cioè si dovrà fare
Così pure nel caso delle mine di demolizione non si do
vranno proiettare i materiali disgregati, ma basterà solo spo
starli d’ alquanto per meglio rompere la coesione delle masse, Allora il lavoro t" non sarà zero, ma però vedremo che si può
trascurare anch’ esso, e quindi facciamo pure
Allora 1' espressione della carica nel caso dei fornelli di demolizione sarà ;
nella quale invece di Q si pose k Q, perocchè 1’ equivalente meccanico della polvere dev’ essere determinato sperimental
mente per le diverse specie di materiali a demolirsi.
C alcolo d e l lavo ro d a p ro d u rsi n e lle m ine d i de
m olizio n e. — Per applicare la formola (C) bisogna calcolare (C)
il valore t del lavoro meccanico utile che deve fare il fornello.
Questo lavoro consiste, come abbiamo già detto, nel rompere la coesione degli elementi della massa a demolirsi. Si rompe la coesione per ¡strappamento, per ischiacciamento, per torsione, per allungamento , ecc. Ma nelle demolizioni i modi di disgre
gare più frequenti sono lo strappamento e lo schiacciamento, e si ammette che la resistenza per metro quadrato e per ciascun corpo è la stessa qualunque sia il modo di disgregamento , quando il lavoro si effettua in materiali a struttura granulare.
Pei corpi fibrosi non è più cosi; ma in generale le mine di de
molizione si àanno in materiali della prima struttura.
Allorquando una carica agisce in un mezzo omogeneo, 1’ e
splosione dà origine a differenti effetti secondo la posizione dello parti che presentano minore resistenza. Sotto questo a
spetto si può distinguere:
1.° Una sola linea di M. R. che dà luogo ad un cono d’ esplo
sione.
2.° Due linee di M. R che danno luogo a due coni op
posti pei loro vertici.
3.° Una superficie di M. R. che risulta dall’ esistenza di più linee di M. R. per le quali si può sempre far passare la su
perficie secondo la quale si produrrà la disgregazione.
Questi diversi casi danno diversi valori pei lavori da pro
dursi con la carica; cerchiamoli.
1.° Una sola linea di M. R. Nei materiali incompressibili , a struttura granulare o cristallina, a frattura concoide, 1’ im
buto prodotto dall’ esplosione di una carica di polvere si ri
duce ad un cono d' esplosione più o meno regolare, cono che ò accompagnato da fenditure e crepature.
Affine di determinare il lavoro necessario par distaccare il cono d’ esplosione , consideriamo la linea di M. R. come 1’ asse delle x , e conduciamo, per il centro della carica , 1’ asse delle y perpendicolarmente al primo asse.
La generatrice del cono avrà per equazione : che dà, differenziando,
La superficie convessa di u n a zona conica di larghezza ds sarà
— 34 —
Ma ds è 1’ elemento di una g eneratrice per la quale si ha
nella quale per d x sostituendo il suo valore
Sostituendo, la superficie convessa della zona conica v errà :
Diciamo a la resistenza per m etro quadrato che il mezzo oppone a lla ro ttu ra ; la resistenza sulla superficie elem entare sarà :
Il lavoro di questa resistenza, si o tterrà m oltiplicandola per lo spazio ds che basta a vincere la coesione. Si av rà pel la
voro elem entare :
Il lavoro sulla superficie in tie ra del cono sarà 1’ integrale doppio preso da y = 0 a y = nh. Si av rà dunque :
oppure essendo y = nh.
— 35 —
Osserviamo dapprim a che il cono d’ esplosione non è mai completo, attesochè il vertice si trova nella cam era della pol
vere; in seguito che nei fornelli di demolizione n essendo or
dinariam ente m aggiore dell’ u n ità , si p otrà prendere n^2 in luogo di n^3 + 1 affine di com pensare 1’ errore commesso p ren dendo il cono intero per calcolare il lavoro ; e infine che la forma irregolare dell’ im buto perm ette di fare π = 3 , e di can
cellare il fattore com une n ell’ ultim a espressione del lavoro. Se noi operiamo questo cangiam ento, che la p ratica autorizza , si otterrà pel valore del lavoro effettuato nella formazione del- 1’ imbuto conico,
e questo é il lavoro nel caso di u n a sola linea di M. R., cioè di un solo cono di esplosione.
2.° Due linee d i M. R. Due linee di M. R . si hanno quando una carica di polvere si trova per es. posta tr a le due faccie di un muro. Abbassando dal centro u n a perpendicolare sopra cia
scuna faccia, si o tterranno le due linee di M. R . e 1’ esplosione potrà produrre due con i quali, dietro 1’ esperienza, si può am mettere che per certi lim iti d’ elasticità dei m ateriali , e per certe aperture co m u n i, abbiano superficie convesse equiv alenti e quindi si debbano fare lavori eguali per distaccarli.
Ora nel 1.° caso di u n a sola linea di M. R. si è trovato che il lavoro necessario per produrre il cono d’esplosione è eguale al cubo del ragg io della base m oltiplicato pel coefficeute di ro t
tura. Quindi noi avrem o pei due coni opposti al vertice av euti linee di M. R. ed ap e rtu re differenti
— 36 —
i g-tmglia.ndo qu esti due v a lo ri di t' si t r o v e rà
V ale a dire che le aperture dei coni sono inversam ente pro
porzionali alle distanze dal centro della carica a ciascuna delle faccie dei m uri.
3. Una superficie di M. R. — Quando la m assa che si vuole rom pere o spaccare presenta u n g ra n num ero di linee di M. R., queste possono essere considerate come lati di u n a piram i
de o di u n a superfìcie conica che ha per vertice il centro delle polveri. Questa superfìcie di M. R. sarà evidentem ente la su
perfìcie secondo la quale si deve produrre la ro ttu ra.
Consideriamo una m assa cilindrica a base circolare e di u n ’ altezza sufficiente perchè, la carica essendo posta in un punto dell’ asse, la superficie di M. R. sia u n a sezione del cilin dro. La superficie di ro ttu ra sarà dun qu e u n circolo passante
pel centro della carica.
P er determ inare il lavoro prodotto dalla resistenza allo strap
pam ento sopra la superfìcie del circolo di rag g io r, sia dx un elem ento del rag g io posto alla distanza x dal centro. La s u perfìcie g en e rata nella rivoluzione dell’ elem ento dx sarà:
La resistenza secondo questa superficie av rà per espres
sione :
Per rompere la coesione, b asta che questa resistenza p er
corra un piccolo spazio dx. Il lavoro elem entare sarà dunque
li lavoro sul circolo in te ro si o tterrà integrando 1’ ultim a espressione tra i lim iti x = o e x = r V errà
Se si vuole il lavoro corrispondente all’ unità di superficie basterà sostituire per r il valore del raggio di un circolo che sia di superficie 1 m. q. Avremo:
e sostituendo verrà
Quindi, conoscendo la superficie di M. R, sì avrà il lavoro da prodursi per la rottura, moltiplicando questa superficie per 0, 188 a.
Lavoro p ro d otto p er lo spostam ento d elle m a sse disgregate. — Dimostriamo ora che il lavoro da farsi per ispostare d’ alquanto i materiali, acciocchè meglio risultino di
sgregati, è trascurabile, essendo assai piocolo lo spazio per
corso.
Infatti supponiamo che la massa parziale da staccare pesi 100,000 chilogrammi. Per rompere la coesione lo spazio da farle percorrere è infinitamente piccolo ; ma per produrre una fendi
tura secondo la superficie di rottura, supporremo che il distacco
necessario debba p re sen tare una larghezza di 1 centim e
tro circa. Il lavoro dello spostam ento sarà 1000 chilogram m etri.
Ora per un chg.tro abbisognano chg. 0,00003 di polvere nelle terre ordinarie, quindi ne abbisogneranno 30 gram m i per ispo
stare di 0n,01 i 100000 chg. supposti liberi. Ma in re altà que
sta m assa non è libera, dacchè riposa sul suolo ed è incastrata alla m assa totale ; dimodoché si dovrà ten er conto delle resi
stenze passive.
Ad avere un’ idea della carica necessaria per un lavoro qua
lu n q u e, giovi il seguente quadro di cariche in terre ordinarie supponendo lo spostam ento di 0 n,01 :
Questa tavola fa vedere che u n a resistenza di 1,000,000 di chi
logram m i percorrenti un piccolo spazio di 1 centim etro non pro
duce che 10000 chilogram m etri, e la carica necessaria allo spo
stam ento non sarebbe che di 300 g ram m i di polvere. Ora sic
come la carica dei fornelli di demolizione é generalm ente g ra n de, si potrà trascurare la parte di carica necessaria per lo spo
stam ento dei m ateriali, se il cam m ino percorso è piccolissimo.
Del r e s to , si sa che il lavoro prodotto per la ro ttu ra sopra d ’una superfìcie di un m. q. ha per espressione
t ‘ = 0, 188 a
e che i valori di a per i diversi m ateria li possono variare da 7500 a 600 000 secondo la loro n a tu ra e qualità. Per conse
g u en z a il valore di t ‘ sarà compreso tra 1410 ch g .tri e 112 800
chg.,tri per m. q. di rottura. Da queste cifre è facile il co n v in cersi che i valori di l t saranno sem pre trascu rab ili quando non si avrà uno spostam ento considerevole, come precisam ente ac
cade per le mine da demolizione.
A p p lica zio n i. — Per mezzo delle formole ora tro v a te , cerchiamo la carica di u n a m in a posta in un dato mezzo da demolirsi, in funzione della lin ea di M. R.
Abbiamo trovato
— 39 —
nel caso che si abbia u n a sola linea di M. R.
Sostituendo verrà:
'Facciamo ora
Q = 0 ,chg 00003 per la polvere ordinaria,
k = 0, 50 per il caso in cui non si abbia perdita di g a s , supponendo cioè ben fa tta la intasatura.
n = 1 per ottenere il ra g g io dell’ im buto eguale alla linea di M. R.
a = 33000chg per resistenza alla ro ttu ra del mezzo.
Sostituendo questi valori particolari v errà
Questa formola si av v icin a molto a quella del generale Burgoine
che viene adoperata nelle cave ; in questa, c sono gram m i e h decimetri.
Cerchiamo ora la carica in funzione della superficie da di
sgregarsi.
Abbiamo trovato nel caso della superficie di M. R. che
per ogni m. q. Per N m. q. sarà
Sostituendo verrà
oppure
cioè per disgregare un m. q. abbisognerebbero circa 100 gram
mi di polvere, oppure che la carica contiene tanti da un etto- gramma quanti sono i m. q. di superficie da disgregarsi.
Abbiamo già detto che per le mine subacquee bisogna ap
plicare la teoria generale considerando un mezzo eterogeneo.
In queste gli effetti generali si producono tutti e tre. I gas risultanti dalla combustione della polvere producono dapprima lo sferoide di compressione; spostano in seguito un certo volu
me di liquido dalla parte della minore resistenza ; ed infine proiettano, con più o meno velocità, il volume d’acqua spostato.
Per calcolare 1’ effetto utile di una carica immersa bisogna distinguere due casi, cioè: 1.° La carica direttamente in con
tatto con la massa a distrursi; 2.° La carica a distanza dalla massa a distrursi.
Applicando a questi due casi la teoria generale si trovano le formole che danno la carica.
Ma io non procederò più oltre nelle applicazioni di questa teoria, perchè credo che i cenni dati bastino per avere un’ idea della medesima, e potrà ricorrere al libro del Cap. Piron chi desideri averne una cognizione più completa.
I I I . •1
NUOVI COMPOSTI ESPLOSIVI
Mentre così g ra n d i progressi le diverse parti dell’ ar te del m inatore hanno fatto nei tem pi m oderni, la polvere pirica solo h a , come ho g ià d e tto , conservata la forma e g li elem enti ch’ essa a vea ric e v u ti, si può dire, fin dalla p rim a sua com
parsa in Europa. Vi furono scienziati che studiarono sopra i suoi com ponenti e sulle m igliori proporzioni di e s s i, come sa rebbero il P ro u st, il G uitton-M orveau , il D um as, il Beaumé e l’ E ssonne, ma poi si ritornò sem pre a g li an tich i metodi.
Senonchè il bisogno di u n a forza espansiva nuova, di u n ag e n te più attivo della polvere, continuando sem pre più a farsi sen tire per le g ran d i proporzioni che da qualche tem po hanno prese i lavori p u b b lic i, eccitò i chim ici e g l’ in d u striali a porsi di nuovo allo studio, e si riuscì così alla scoperta di m olte so
stanze esplosive che u tilm en te si possono sostitu ire alla polvere.
F ra queste le più im portanti sono ce rtam en te il fulm ico
to n e , la n itro g lic e rin a , la din am ite, la polvere al picrato di potassio, e la polvere compressa. La quale u ltim a se non è nuova quanto alla so stan za , è nuova per le operazioni a cui si assoggetta onde renderla più attiva.
F u l m i c o t o n e . — Il cotone fulm inante fu scoperto dal dottor S choenbein, e si ottiene tra tta n d o il cotone con u n m i
scuglio di acido solforico e nitrico concentrati. Il cotone ado- (6)
— 42 —
perato dev’ essere privo di tu tte le im pu rità organiche che contiene quello co m m erciale, e ciò perchè non ven g a in seguito m enom ata la sua stabilità. ( *)
Il punto d’ accensione del fulm icotone è a 136° , e ciò sem
b ra costituire a prim a vista un forte difetto paragonandolo alla polvere or di nar i a, m a è com pensata d all’im possibilità quasi as
soluta di esplodere d u ran te il corso della fabbricazione, eccetto n ell’ operazione finale dell’ essiccarlo.
Il fulmicotone non è deteriorato d all’ acq ua, an zi questa agisce come u n eccellente p ro tetto re, e quindi g li approvigio- nam enti possono essere conservati sotto la m edesim a per operarne l’essiccazione a m isura dei bisogni.
Si credeva dapprim a che condizione essenziale da soddisfarsi per avere dal fulm icotone il più g ran de effetto, fosse il chiu
derlo esattam ente nella cam era che lo contiene (**). Ma ora, dietro le recentissim e esperienze dell’ Abel, resta dim ostra
to il contrario , che cioè si può avere dal fulm icotone un g ra n d e effetto anche quando si fa esplodere a ll’ aria libera. Per aver ciò basta variare il modo d’ accensione che prim a si ado
perava, cioè bisogna accendere il fulm icotone per mezzo della detonazione di u n altro composto esplosivo. Dalle esperienze fatte risu lta che 1’ esplosione del fulm icotone avviene per le vibrazioni che tendono a prodursi in esso quando detona un corpo postogli in prossimità', e non per ia tem p eratu ra che sviluppa questo corpo (**). Quindi applicando ciò si trovò che con cariche di cotone in fori da m in a e accese per mezzo di miccie detonanti poste sia n ell’ interno delle cariche, sia al dis
sopra di esse, si ottengono dei grandissim i effetti di ro ttu ra e di strappam ento, anche quando i fori delle mine restano aperti o s o n o s o la m e n te r ie m p iti d i s a b b ia o d i te r r a s e n z a e s s e r e calcata. M entre invece, se si accendono con m iccie ordinarie le stesse mine bene intasate, si hanno risu ltati relativam ente minori. Quindi accendendo il fulm icotone per detonazione si
(*) V. Bultetin de la s ocieté chimique de P a ris, 1807.
(**) V. Répertoire de chimie — 1805.
(***) V . R . v ue hebdom ad a ire de chm ii e. — P a r is , semptem bre 1869
— 43 —
può sopprimere com pletam ente la in tasatu ra dei fori da mi na, che è l ' operazione più pericolosa del m inatore.
Parim ente, in g ra z ia di questo metodo di accensione, non è più necessario, per operare sott’acqua, di rinchiudere le cariche delle m aterie esplosibili in recipienti m etallici resistenti, come si fu obbligati di fare sino al presente per assicurare lo sv i
luppo della forza esplosiva ; basta rinchiuderle solo in sacchi impermeabili per avere un effetto distru ttiv o molto più consi
derevole.
N itr o g lice r in a e D in a m ite. — La nitro glicerina è un a combinazione chim ica proveniente dalla reazione dell’ acido azo
tico sulla g licerin a , che possiede proprietà esplosive di u n a prodigiosa potenza.
È un liquido oleoso, giallo o b ru n o , più denso dell’ acqua, insolubile in questo liquido e solubile n ell’ alcool e nell’ etere.
La sua detonazione può avvenire per un aum ento di tem p e
ra tu ra , come per un colpo violento o per 1’ esplosione di u n ’ a l tra m ateria fulm inante che le sia in contatto o vicina.
Il prezzo della n itro g licerin a è m aggiore di quello della polvere ordinaria, m a la sua forza è da 9 a 10 volte m aggiore d i essa, quindi si può dire che 1’ adoperarla nelle cave p o rta un’ economia del 50 per 0[0.
I l primo che abbia pensato ad applicarla n ell’ arte del m i
natore fu l’ in g eg n ere svedese Nobel: a lui non è tu tta v ia do
vuta la scoperta di questa sostanza, m a si al d istinto Chimico il prof. Ascanio Sobrero , che primo la ottenne n el 1847 nel la boratorio del sig n o r Pelouze a P arig i , trattan d o la g licerin a con un m iscuglio di acido nitrico e solforico. (*)
Molte esperienze per l’ applicazione d e lla n itro g lic erin a alle mine si sono fatte in G erm ania, e i te n ta tiv i riuscirono tan to sotto il rapporto della economia come sotto quello della facilità e della rapidità del lavoro.
Picco il modo di adoperarla. Si versa nel foro da m ina g ià preparato la q u a n tità di n itro g lic erin a necessaria per fare il la
voro che si desidera; vi si fa in seguito discendere u n piccolo
(*) Repertoire de Chimi e , 1 8 6 0 e F ig u ie i l 8 6 6 .
cilindro di legno o di cartone di circa 5 o 6 cen tim etri di a l tezza, riem piuto di polvere ordinaria; a questo cilindro è fissata u n a miccia, che vi penetra fino ad u n a certa profondità per assicurarsi dell' accensione della polvere. Si versa in seguito della sabbia nel foro da m ina fino a che non sia riem piuto e si dà fuoco alla miccia. Poco dopo la polvere s’ infiam m a e ne risu lta un colpo violento, che fa detonare la n itro g lic erin a , e 1’ esplosione è così istantan ea, che la sabbia non è nemmeno proiettata.
T u tta v ia la nitro g licerin a, in rag io n e medesim a delle sue proprietà esplosive , è u n a sostanza em inentem ente pericolosa.
Le disgrazie successe in America ad Aspinw all e a ria San F ra n cisco, ed in Europa a Quénost (Belgio), dim ostrarono sufficien
tem ente che il trasporto di questa sostanza, sia per m are sia per terra, offre dei g ra n d i rischi d’ esplosione, sicchè vi furono governi che ne proscrissero 1’ impiego.
Allora 1’ ing. Nobel pensò a renderla innocua conservandole tu tta v ia le sue proprietà balistiche. Vi riuscì dapprim a mesco
landola con alcoole m etilico o spirito di legno , ed ebbe un liquido inesplosibile, sia a lla percussione, sia al calore. Si r i a veva il liquido fu lm inante a g g iu n g en d o acqua, per cui esso di
scendeva al fondo del vaso, da cui si ritira v a per mezzo di un sifone.
Nuovi studi però lo portarono alla preparazione della D in a - m ite, m iscuglio di n itro g lic erin a con fin a sabbia s ilic e a , che non la cede per n u lla in potenza alla n itro g licerin a, m a c he è com pletam ente innocua nelle particolari condizioni in cui la si adopera, come sem brano avere posto fuor di dubbio g li espe
rim e n ti fa tti (*).
La dinam ite consta di 75 per 0/ 0 di nitro g licerin a e 25 per O/ O di silice; quindi eguali pesi di d inam ite e di nitroglicerina certam ente non possedono la stessa potenza, perocchè, a cagione della sua composizione, la dinam ite non ha che i 3/4 della forza esplosiva della nitroglicerina. In pratica però ciò riesce di poco svan tag g io essendo facile far capire nello stesso foro u n a q u an-
(*) V. Le technolog i s t e 1 8 6 9
tità di dinam ite equivalente ad u n dato peso di n itro g licerin a pura, non essendo necessario adoperare cartuccia od a ltri i nvo
lucri, i quali occuperebbero u n a porzione dello spazio d estinato a contenere la carica.
Quasi tu tti g li accidenti che sono sta ti causati d alla n i
troglicerina si può dire essere dovuti a fughe, che per r a gioni pratiche è diffìcile il prevenire e che si possono a t t r i buire al suo stato liquido. Ora la dinam ite essendo allo stato solido non potrà dar luogo a perdite e q u in d i a disgrazie.
Ma indipendentem ente dalla sicurezza, la dinam ite ha, sopra la nitroglicerina, a ltri v a n ta g g i speciali.
Il fuoco 1’ abbrucia senza farla detonare (*), ed essendo poco sensibile agli u rti, si può facilm ente trasp o rta re e conservare in m agazzino.
Inoltre è n a tu ra le che i m inatori preferiscano, come più.
pratica, un a m a te ria esplosiva solida ad u n a liquida.
Essa, in giornata, si adopera senza far uso d’ in ta sa tu ra , come la n itro g lic e rin a , e per conseguenza si fanno sparire u n gran num ero di piccole disgrazie che sono troppo freq uen ti
nella p ratica delle mine.
Si è detto che i prodotti dell’ esplosione della dinam ite s ieno di n a tu ra nociva, ma 1’ uso che se ne fa nei lavori sot
terranei dim ostra che i m inatori non ne sentono alcun a pena.
Lo stesso però non si potrebbe dire della n itro g lic e rin a pura, la quale entrando certe volte nelle crep atu re senza deto
nare, si disperde poi nell’ atmosfera, ed è causa di violento m al di capo.
R ecentem ente venne sp erim entata u n a m iscela di n itro g li
cerina e di polvere ordinaria, la cosidetta dualina, (**), la quale vuoisi abbia ra g g iu n to a Kiel considerevoli risultati. Di questa sostanza si p arla nel Dizionàrio tecnico del M uspratt m a non
si hanno ancora precise notizie intorno alla sua azione.
Abel ha pure proposto di imbevere di nitro g licerin a il fulm i
cotone per au m entarne così il potere esplosivo (***).
(*) V . L e t e c h n o l o g i s t e 1 8 6 9
(**) V. R ivista m a rittim a ita lia n a . O tto b re 86 (***; V . L e t e c h n o l o g i s t e , J a n v i e r 1 8 6 9