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353 Capitolo 20 Applicazioni della fisica nucleare: il metodo dell’attivazione neutronica

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(1)

353

Capitolo 20

Applicazioni della fisica nucleare: il metodo dell’attivazione neutronica

20.1 Generalità

Il processo di attivazione neutronica consiste nella produzione di un isotopo instabile attraverso l’assorbimento di neutroni da parte dei nuclei presenti nel materiale da analizzare. In generale si sfrutta la reazione (n,γ) per neutroni termici, oppure (ma molto meno nella pratica) reazioni del tipo (n,p), (n,α), (n,2n) con neutroni di fissione e veloci. Tornando alla reazione (n,γ), il fotone emesso a seguito della reazione ha in genere una energia di 6÷8 MeV (l’energia di legame del neutrone catturato) e viene detto “pronto” in quanto emesso all’istante della reazione nucleare. Il nucleo formatosi contiene un neutrone in più e molto spesso è soggetto a decadimento β

-

:

γ +

→

+ X

+

X

β ++

Y

++

Y n

ZA AZ1 AZ 11 * AZ 11

Le particelle β

-

e gli eventuali fotoni del decadimento non vengono emessi istantaneamente, ma con la solita legge temporale che è legata alla costante di decadimento λ del nucleo

A+Z1

X . Se sono note le sezioni d’urto di produzione (n,γ) dell’isotopo X

AZ+1

, il flusso di neutroni impiegato e la percentuale in natura dell’isotopo precursore, si può risalire alla quantità di specie atomica selezionata presente nel campione. Si tratta di una tecnica utilissima per l’analisi in tracce di campioni spessi in quanto sia i proiettili (neutroni) che le particelle da rivelare (fotoni) possono attraversare discreti spessori di materia senza essere assorbiti.

La tecnica dell’attivazione neutronica consiste quindi in:

• esposizione del campione contenente l’elemento stabile da analizzare ad un flusso di neutroni termici (generalmente provenienti da un reattore nucleare) per un tempo prefissato;

• estrazione del campione irradiato e misura della radioattività γ indotta;

• calcolo della quantità di elemento stabile presente, noto l’elemento radioattivo, la sezione d’urto della reazione, l’energia e la probabilità di emissione dei fotoni analizzati, ecc.ecc.

Generalmente si misura l‘attività gamma anziché beta perché:

l’energia dei gamma è monocromatica, pertanto definita e caratteristica dell’elemento;

la radiazione gamma è penetrante, e quindi lo spessore del campione può anche essere notevole.

I vantaggi dell’analisi mediante attivazione neutronica rispetto ad analisi chimiche sono:

- misura simultanea di diversi elementi;

- selettività: consente la misura di parametri indipendenti quali l’energia dei gamma

e la vita media del radionuclide;

(2)

354

- vasta applicabilità: non é praticamente applicabile solo se il tempo di dimezzamento è molto breve o molto lungo , oppure nel caso dei puri emettitori beta con energia molto bassa;

- alta sensibilità.

Gli svantaggi sono:

- necessita di una sorgente di neutroni (costi, rischio, …)

- nessuna possibilità di discriminazione chimica (stati di valenza, legami, ..) - non é applicabile per l’analisi di puri emettitori beta:

3

H,

14

C,

32

P,

10

Be 20.2 Analisi quantitativa

Indichiamo con:

Φ : intensità di flusso dei neutroni [cm

-2

s

-1

] σ : sezione d’urto di cattura neutronica [cm

2

]

N : numero totale di atomi dell’elemento X

ZA

presenti nel campione irradiato n

x

: numero di nuclidi radioattivi

A+Z1

X presenti nel campione al tempo t ϑ : abbondanza isotopica dell’elemento precursore

Allora: = ϑ A N m

N

0

, dove N

0

è al solito il numero di Avogadro.

Da notare che m rappresenta la massa dell’elemento che si vuol caratterizzare presente nel campione, e non coincide generalmente con la massa M del campione stesso. Anzi, in genere risulta m<<M: il metodo dell’attivazione neutronica permette infatti di fare analisi elementali di tracce di elementi in matrici complesse. Il rapporto m/M si esprime spesso in “parti per milione” (ppm) ed è una misura della sensibilità del metodo.

Il numero dn

x

di nuclei X

A+Z1

formatisi nel tempo di irraggiamento dt è dato da:

dn

x

= NσΦdt – n

x

λdt

dove il primo termine a secondo membro è dovuto all’irraggiamento e alla creazione continua di nuovi nuclei X

A+Z1

, mentre il secondo termine tiene conto del loro decadimento, che avviene con costante λ caratteristica.

Poniamo NσΦ = ϑ ⋅ σ ⋅ Φ A

N

0

m = R e scriviamo:

dn

x

= (R – n

x

λ )dt

e risolviamo l’equazione differenziale: dt n

R dn

x

x

=

λ

Con la condizione iniziale n(t=0) = 0, la soluzione è la seguente:

( ) (

t

)

0

(

t

)

x

1 e

A m e N

R 1 t

n

λ

λ

⋅ λ

Φ

⋅ σ

⋅ ϑ

= ⋅ λ −

=

( ) ( 1 exp ( t ) )

A m t N

n

x 0

− − λ

λ Φ ϑ σ

=

Se il campione è irradiato per un tempo t

i

, alla fine dell’irraggiamento avremo

evidentemente:

(3)

355

( )

i 0

( (

i

) )

x

1 exp t

A m t N

n − − λ

λ Φ ϑ σ

=

Da questo momento n

x

(t) diminuisce con la solita legge esponenziale. Dopo un generico tempo di attesa t dalla fine dell’irraggiamento:

( )

x

( )

i t 0

(

t

)

t

x

1 e e

A m e N

t n t

n

λa

λi

λ

λ Φ ϑ σ

=

=

Il numero di atomi radioattivi X

A+Z1

presenti nel campione dopo un tempo di irraggiamento t

i

ed un successivo tempo di attesa t

a

allora risulta essere:

( )

a x

( )

i ta 0

(

ti

)

ta

x

1 e e

A m e N

t n t

n

λ

λ

λ

λ Φ ϑ σ

=

=

Pertanto il numero n

y

di atomi

AZ++11

Y

*

prodotti nel campione, a seguito dei decadimenti, in un intervallo di tempo ∆t successivo a t

a

sarà dato da:

( ) =

t

+t

t y x

a

a

dt dt t dn

n = n

x

( ) t

a

⋅ ( 1 − e

λt

)

Se chiamiamo F la probabilità di emissione di un fotone di energia fissata nella diseccitazione:

AZ++11

Y

*

AZ++11

Y + γ , il numero di fotoni di energia fissata emessi nell’intervallo di tempo ∆t è dato da: n

γ

= F⋅n

y

Se per rivelare questi fotoni viene utilizzato un rivelatore di efficienza intrinseca ε, visto dal campione sotto un angolo solido ∆Ω, l’efficienza di rivelazione risulta essere:

π ε ∆Ω

=

η 4 . In questo caso il numero di fotoni rivelati nell’intervallo di tempo ∆t risulta essere:

η

= η π = ε ∆Ω

=

γ γ

γ

n n F

n 4

n

riv y

In definitiva:

( )

0

(

t

)

t

(

t

)

riv

1 e e 1 e

A F m t N

n

γ

λi

λa

λ

λ η Φ ϑ

σ

=

∆ Essendo

2 / 1 2 /

1

T

693 . 0 T

2 ln =

=

λ , si può riscrivere:

( )

 

 

 

 ∆

 ⋅

 

⋅ 

 

 

 

 

− 

⋅ λ ⋅

η Φ ϑ

σ

=

γ

2 / 1 2

/ 1

a 2

/ 1

i 2

/ 1 0

riv

T t 693 . exp 0 T 1

t 693 . exp 0 T

t 693 . exp 0 693 1

. 0

T A

F m t N

n

La massa incognita m si ottiene da:

( ( )

t

)

t

(

t

)

0

riv

e 1 e e 1 F N

A t

m n

γ λi λa λ

− η ϑ Φ σ

λ

= ∆

20.3 Standard di riferimento

Per eliminare, nella determinazione della massa m, la indeterminazione con cui sono

noti σ, Φ, ϑ, η, λ e F, si ricorre spesso a misure relative. Si dispone cioè di campioni

standard contenenti quantità note dell’elemento da misurare e si procede con un

irraggiamento dei due campioni, quello incognito e quello di riferimento, in modo che

(4)

356

restino esposti allo stesso flusso Φ di neutroni. Se chiamiamo m

0

la massa (nota con grande precisione), la massa m è data ovviamente dal rapporto:

( ) ( ) ( ) ( ) ( )

( )

0

riv 0

t t t

t t

t riv

0

n t

e 1 e e

1 e

1 e e 1

t m n

m

i a 0i 0a 0

⋅ −

= ∆

γ

∆ λ λ −

− λ

∆ λ

− λ

− λ

− γ

Spesso campione e standard vengono irradiati simultaneamente e misurati, uno dopo l’altro, per lo stesso tempo. Pertanto risulta t

i

= t

0i

e ∆t = ∆t

0

. La formula precedente risulta ancora più semplificata:

( )

( )

a

0a 0 t riv 0

riv t

0

n t e

e t m n

m

λ

γ

λ

− γ

= ∆

Comunque sia, gli errori sul tempo sono comunque trascurabili e l’indeterminazione sulla massa m è data

da: ( ) ( ) ( )

( ) ( )

( ) ( )

200 riv 0riv

2 riv 2

0 0riv 2 riv 2

riv 2 02

0 2

n 1 n

1 m

m n

n n

n m

m m

m

γ γ γ

γ γ

γ

σ + +

σ = σ +

σ + σ =

In genere m

0

è determinata con grande precisione e ( )

0 0

m m

σ è trascurabile. Poiché

inoltre lo standard di riferimento contiene una massa notevolmente maggiore dell’elemento in questione, la sua attività dopo l’irraggiamento sarà tale per cui:

riv 0riv

n

n

γ

>>

γ

. In definitiva quindi risulta: ( )

n

riv

1 m

m

γ

σ = Per avere una misura di m con l’indeterminazione del 3% è quindi necessario che sia n

γriv

≈ 10

3

.

I valori di E

γ

, σ, η, F e T

1/2

di tutti i radionuclidi analizzabili con il metodo

dell’attivazione neutronica sono riportati nella che segue.

(5)

357

Tab. 20.1

(6)

358

Tab. 20.1

(7)

359

Tab. 20.1

(8)

360

Tab. 20.1

(9)

361

20.4 Sensibilità del metodo Dall’espressione: n

x

( ) t R ( 1 − e

λt

)

= λ si vede che per t→ ∞ si raggiunge un valore di saturazione dato da R/λ. In pratica (indicando con τ = 1/λ la vita media del radionuclide) non è conveniente irraggiare per tempi t

i

> 3τ ≈ 4T

1/2

. Inoltre, ovviamente è necessario che t

a

<< T

1/2

in modo che il campione non decada significativamente prima della misura. Anche il tempo di misura ∆t deve essere confrontabile con 3τ ≈ 4T

1/2

.

Sintetizzando, le condizioni di massima efficienza di misura sono le seguenti:

• t

i

≈ 4T

1/2

• t

a

<< T

1/2

• ∆t ≈ 4T

1/2

Non sempre si possono scegliere i valori ottimali di t

i

, t

a

e ∆t, dato che in pratica si ha:

t

i max

≈ 1 ora, t

a min

≈ 5 minuti e ∆t

max

≈ 30 minuti. Sulla base di questi valori possiamo calcolare la minima massa misurabile con una indeterminazione del 3%.

Nella pagina seguente sono riportate per molti elementi i valori di σ, ϑ, T

1/2

e F. Il flusso di neutroni è assunto pari a Φ = 10

12

cm

-2

s

-1

, assolutamente standard per i piccoli reattori da ricerca usati per le analisi di attivazione neutronica. Per l’efficienza si è assunto il valore η = 0.1 e si è imposto un conteggio di fotoni totale n

rivγ

= 10

3

. si sono poi utilizzati per i tempi sia i valori teorici che quelli realistici, e precisamente:

• t

i

= 4T

1/2

(e comunque t

i max

= 1h)

• ta = 5m

• ∆t = 4T

1/2

(e comunque ∆t

max

= 30 min.)

Nel caso per esempio del Manganese, dalla tabella ricaviamo:

T

1/2

= 2.6 ore = 156 min → λ = ln2/T

1/2

= 4.44⋅10

-3

min

-1

. σ = 13.3 barn

ϑ = 100%

F = 100%

Sostituendo, per il caso teorico si ottiene :

( ( )

t

)

t

(

t

)

0

riv

e 1 e e 1 F N

A t

m n

γ λi λa λ

− η ϑ Φ σ

λ

= ∆ = 1.7⋅10

-10

g

In pratica, irraggiando per un tempo t

i max

= 1h e misurando per un tempo ∆t

max

= 30 min, il valore ottenuto è: m = 5.1⋅10

-9

g.

Nella tabella 20.2 è riportata la sensibilità del metodo per vari elementi quando si

voglia una indeterminazione del 3% sul valore della massa. La minima massa

misurabile è stata calcolata con le ipotesi fatte sopra. Va detto che in pratica le

cose possono essere differenti. Infatti spesso ci si accontenta di una

indeterminazione maggiore: per esempio un ∆m/m = 10% porta ad un valore n

rivγ

= 10

2

,

(10)

362

quindi 10 volte più basso. Inoltre, nei conti fatti finora non si è tenuto conto del contributo del fondo nella misura dell’area del picco di fotoni.

La risoluzione energetica del rivelatore è essenziale in questo tipo di misure, dove si deve identificare un elemento dalla presenza delle sue righe gamma, che devono essere separate dalle righe degli altri elementi presenti nel campione.

Generalmente il rivelatore usato è un HpGe. Il fondo quindi, oltre che dalla radioattività ambientale. è costituito anche dalla presenza, ineliminabile, di più elementi nel campione. Se l’energia dei fotoni provenienti dal “fondo” è maggiore di quella dei fotoni da rivelare, i picchi gamma che costituiscono il segnale sono sovrapposti alle spalle Compton dei fotoni di più alta energia.

Per diminuire il contributo delle spalle compton, spesso il lavora in anticoincidenza con un rivelatore NaI che lo circonda in geometria quasi 4π, come illustrato nella figura 20.1. Lo scopo della anticoincidenza, detta appunto schermo anticompton, è quello di far sì che vengano eliminati dalla acquisizione tutti quelli eventi nei quali si è verificata una coincidenza tra il rivelatore principale HpGe e lo schermo NaI. In questo modo viene soppresso, non solo il fondo dei raggi cosmici e della radioattività ambientale esterna al rivelatore, ma anche gli eventi nei quali un fotone del

Tab. 20.2

1.4·10

-4

1.4·10

-4

0.14 90 1.00 5.1 m

36

S Zolfo

4.4·10

-5

6.1·10

-8

0.1 95 18.6 13.8 h

68

Zn Zinco

9.8·10

-8

9.8·10

-8

4.9 100 95.7 3.7 m

51

V Vanadio

5.4·10

-7

6.4·10

-10

0.53 100 100 15.0 h

23

Na Sodio

5.7·10

-7

9.2·10

-10

4.5 38 69.1 12.8 h

63

Cu Rame

2.9·10

-5

5.0·10

-8

1.2 18 6.77 12.4 h

41

K Potassio

2.0·10

-4

4.4·10

-11

4.0 77 29.8 46.9 d

206

Hg Mercurio

1.1·10

-8

3.6·10

-10

13.3 99 100 2.6 h

55

Mn Manganese

2.2·10

-5

2.2·10

-5

0.03 70 11.3 9.5 m

26

Mg Magnesio

1.4·10

-7

7.5·10

-8

6.4 16 100 25.0 m

127

I Iodio

2.5·10

-3

5.8·10

-9

1.1 56 0.31 45.6 d

56

Fe Ferro

1.7·10

-5

5.9·10

-9

17 9 4.31 27.8 h

50

Cr Cromo

9.5·10

-8

3.1·10

-8

0.4 47 24.5 37.3 m

37

Cl Cloro

6.0·10

-5

6.0·10

-5

1.1 89 0.18 8.8 m

48

Ca Calcio

3.3·10

-7

2.4·10

-7

8.5 7 50.5 17.6 m

79

Br Bromo

2.0·10

-5

1.3·10

-11

4.5 43 100 26.4 d

76

As Arsenico

2.4·10

-6

2.8·10

-6

0.24 100 100 2.3 m

27

Al Alluminio

Sensib Realistica Sensib

Teorica σ

barn F (%) ϑ (%) T

1/2

Nucleo stabile precursore Elemento

1.4·10

-4

1.4·10

-4

0.14 90 1.00 5.1 m

36

S Zolfo

4.4·10

-5

6.1·10

-8

0.1 95 18.6 13.8 h

68

Zn Zinco

9.8·10

-8

9.8·10

-8

4.9 100 95.7 3.7 m

51

V Vanadio

5.4·10

-7

6.4·10

-10

0.53 100 100 15.0 h

23

Na Sodio

5.7·10

-7

9.2·10

-10

4.5 38 69.1 12.8 h

63

Cu Rame

2.9·10

-5

5.0·10

-8

1.2 18 6.77 12.4 h

41

K Potassio

2.0·10

-4

4.4·10

-11

4.0 77 29.8 46.9 d

206

Hg Mercurio

1.1·10

-8

3.6·10

-10

13.3 99 100 2.6 h

55

Mn Manganese

2.2·10

-5

2.2·10

-5

0.03 70 11.3 9.5 m

26

Mg Magnesio

1.4·10

-7

7.5·10

-8

6.4 16 100 25.0 m

127

I Iodio

2.5·10

-3

5.8·10

-9

1.1 56 0.31 45.6 d

56

Fe Ferro

1.7·10

-5

5.9·10

-9

17 9 4.31 27.8 h

50

Cr Cromo

9.5·10

-8

3.1·10

-8

0.4 47 24.5 37.3 m

37

Cl Cloro

6.0·10

-5

6.0·10

-5

1.1 89 0.18 8.8 m

48

Ca Calcio

3.3·10

-7

2.4·10

-7

8.5 7 50.5 17.6 m

79

Br Bromo

2.0·10

-5

1.3·10

-11

4.5 43 100 26.4 d

76

As Arsenico

2.4·10

-6

2.8·10

-6

0.24 100 100 2.3 m

27

Al Alluminio

Sensib Realistica Sensib

Teorica σ

barn F (%) ϑ (%) T

1/2

Nucleo

stabile

precursore

Elemento

(11)

363

campione, dopo aver subito un effetto compton nel rivelatore HpGe, sfugge ad esso ed interagisce nel rivelatore NaI circostante. Questo evento avrebbe popolato la parte di spettro detta appunto “spalla compton”.

In figura 20.2 è riportato un esempio di spettro ottenuto dopo una attivazione neutronica. Come si vede i vari picchi sono impostati su un fondo continuo. In questo caso il conteggio S di fotoni rappresenta l’area “netta” del picco, a fondo sottratto.

Fig. 20.1 rivelatore HpGe con schermo anti-compton in NaI

Fig. 20.2 spettro gamma ottenuto dopo attivazione neutronica

(12)

364

Possiamo valutare separatamente l’area totale C ed il fondo B (il fondo si valuta misurando l’area del trapezio sotto il picco, oppure considerando il conteggio di un intervallo energetico adiacente, privo di picchi). Poiché il conteggio totale è pari a C

= S + B, avremo: S = C –B. Sia C che B sono affetti da una indeterminazione statistica: C ± C , B ± B e pertanto l’indeterminazione su S è data da:

( C B ) C B

S = − ± + , cioè nell’indeterminazione dell’area S entra anche l’indeterminazione statistica del fondo. Affinché il contributo del picco S sia significativo, la differenza tra C e B non deve essere compatibile con zero:

B C B

C

S = − > ασ = α + , dove α rappresenta il livello di confidenza che si accetta (1σ, 2σ, 3σ). Per esempio, se si accetta un livello di confidenza del 66% (1σ), il minimo segnale misurabile risulta essere: S

min

= C + B . Al limite della sensibilità del metodo, per valori cioè di S << B, risulta C≈B e quindi: S =

min

2 B . Risulta quindi evidente quanto sia conveniente cercare di ridurre il più possibile il fondo. In generale avremo: S min = α 2 B a seconda del livello di confidenza.

S B

Fig. 20.3 sottrazione del fondo B e valutazione del conteggio netto S

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