TAGETE 3-2007 Anno XIII
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I PROBLEMI IRRISOLTI DELL’ODONTOIATRIA LEGALE Intervista a Fabrizio Montagna
*Presidente SIOLA
Come professionista di lunga esperienza, quali ritiene siano i cambiamenti che nel tempo hanno connotato i maggiori mutamenti della prassi lavorativa?
Grazie per la definizione “di lunga esperienza”, a cinquant’anni ci sono giorni in cui mi sento decrepito.
L’evoluzione dei paradigmi scientifici e del concetto di salute hanno profondamente mutato la sensibilità sociale negli ultimi 20-30 anni, con inevitabili riflessi sul rapporto fiduciario sanitario-paziente e sul diritto positivo.
Si tratta di un periodo solo apparentemente lungo, che rappresenta circa i 2/3 di una vita lavorativa, in grado, quindi di creare difficoltà di adattamento a professionisti di età media, che rappresentano la maggioranza degli operatori.
Agli inizi degli anni ’80 l’elaborazione dottrinale dei concetti di danno biologico e di consenso informato delinearono l’inizio di un inconsapevole percorso, che si definì nei successivi decenni.
Il contenuto dell’ informazione si evolse dal modello paternalistico, all’informativo, all’interpretativo, sino all’attuale interpretativo-deliberativo; in cui il sanitario informa, interpreta le aspettative del paziente e ne supporta decisioni personali e soggettive, mettendo a disposizione conoscenze scientifiche e consigli.
*Prof. ac., Corso di Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria, Università di Cagliari, Presidente SIOLA
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Negli anni ’90 i modelli teorici di rapporto medico-paziente transitarono: dal modello doctor o desease centered, che ponevano in primo piano la patologia e l’agenda del sanitario; al modello patient centered, che considera il vissuto soggettivo del paziente, base per alleanza terapeutica e compliance.
Nel 2000 venivano introdotti in ambito sanitario i sistemi di qualità, i concetti di efficacia ed efficienza, già noti in industria dalla metà del secolo scorso, sia in ambito pubblico che privatistico.
Attualmente certificazioni e accreditamenti rappresentano non solo ineludibili oneri burocratici, ma soprattutto fasi di adattamento per radicare i concetti di omogeneità e qualità dell’assistenza, cruciali nella futura prassi.
Oggi più che mai il problema di qualità reale e percepita, si traduce in performance e competenze dei professionisti nell’individualizzare i percorsi terapeutici, compendiando aspetti soggettivi ed oggettivi: risultati attesi (chief complaint);
aspettative psicologiche (sentimenti, fobie, immagini di sé); esigenze relazionali; limiti economici; protocolli terapeutici.
Passando a considerazioni pratiche, i pazienti richiedono trattamenti di qualità a costi sostenibili; non a caso l’aggiornamento è oggi prevalentemente incentrato su procedure di conservativa estetica e di protesi fissa (implant e ceramic thinking), con particolare riguardo verso metodiche semplificate e materiali di costo ridotto.
Se mi consente di esasperare i concetti, oggi conoscenze e rigore scientifico sono prerequisiti di una professione, sempre più dinamicamente incentrata su problemi
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relazionali ed economici. Sicuramente un passaggio difficile e senza sconti, per chi si è formato alla luce di vecchie culture, fondate sotto l’egida del successo clinico e dell’eccellenza.
Lei ha recentemente ripreso, in articoli e relazioni, i concetti di “Dominanza medica e offensiva delle professioni sanitarie”. Quali sono i riflessi sulla professione odontoiatrica?
Temo che l’aspetto di sociologia del lavoro si riduca a una banale questioni di soldi!
Oggi meccanismi concorrenziali (demedicalizzazione, riduzione dei costi, razionalizzazione dei servizi ed efficienza) spingono verso il superamento del tradizionale modello di dominanza medica e lo smantellamento delle gerarchie professionali, promuovendone la sostituzione con modelli di organizzazione del lavoro multiprofessionale.
A partire dagli anni ’90 iniziava in Italia un processo di inquadramento delle professioni sanitarie non mediche (attualmente una trentina), con profili di autonomia e responsabilità, per consentire di svolgere in maniera più incisiva la funzione assistenziale. In odontoiatria il problema ancora oggi si pone per assistenti dentali, igienisti e odontotecnici.
La reazione degli odontoiatri ricalca sostanzialmente quella dei medici della seconda metà dell’ottocento nei confronti di levatrici e infermieri; il timore di sostituzione, che deriva dalla delega a collaboratori e dipendenti, genera due diversi tipi di reazione:
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l’incorporamento, che rivendica il monopolio assoluto sulla professione; la demarcazione che relega il confine occupazionale entro aree ridotte.
La figura dell’igienista dentale è stata introdotta dalla decisione politica di attivare l’intervento dello stato nel campo della prevenzione, sulla spinta di fattori di ordine culturale e sociale. Imposta ex lege, non è nata da una sentita esigenza di odontoiatri e questo spiega il rapporto conflittuale, che ancora residua da parte di alcuni professionisti.
La categorie è riuscita a conquistarsi una certa autonomia avendo acquisito la possibilità di operare “su indicazione degli odontoiatri” e non “in dipendenza” o “su prescrizione”, solo dopo un lungo iter di riforme. Rimangono i problemi inerenti le limitazioni all’utilizzazione di farmaci, anestetici, attrezzature (protossido d’azoto, laser), indispensabili all’atto terapeutico.
Si tratta di un evidente esempio di demarcazione attraverso una gerarchia funzionale, tesa a mantenere il controllo del mercato.
Il ruolo dell’assistente dentale è limitato a mansionari che prevedono funzioni ancillari; attualmente lo sfondamento delle competenze rappresenta un fenomeno dilagante, con evidenti ripercussioni in ambito di responsabilità.
Per questa figura le iniziative di formazione professionale legalmente riconosciuta vanno a rilento, verosimilmente per l’aumento degli oneri retributivi che comporterebbero inquadramenti organici.
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Igieniste dentali e assistenti ripropongono la diatriba ottocentesca tra levatrici e mammane, in cui i medici per lungo tempo favorirono queste ultime, cercando di limitare l’autonomia delle prime.
L’odontotecnico è rimasta una figura artigianale (con l’ottico) estranea ad ogni inquadramento normativo nell’ambito delle professioni sanitarie, nonostante la complessità delle prestazioni e della formazione culturale necessaria.
Basti pensare che per aprire un laboratorio per costruire plantari su misura, è richiesta la laurea triennale per tecnico ortopedico.
Di recente è comparso un articolo di un associazione di odontotecnici che sollecitava l’istituzione di corsi di laurea specifico e la possibilità di contatto diretto con il paziente (attualmente negato in base a un regio decreto del 1934).
Il giorno successivo una associazione odontoiatrica di importanza nazionale, riformulando un esempio tipico di lotta di retroguardia sindacale, negava la necessità di tale profilo.
Nell’attuale situazione diventa fondamentale ripensare e definire il processo di professionalizzazione di queste figure, per ritrovare un modus vivendi in linea con le nuove esigenze del lavoro e le normative; prendendo atto che la formazione culturale e lo sviluppo tecnologico spostamento continuamente il limite dell’atto medico.
L’arroccamento dei professionisti, che vedono, nella professionalizzazione di collaboratori e dipendenti, solo il rischio di sostituzione e di aumenti dei costi, non
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premette di cogliere le opportunità, che loro consente l’evoluzione del mondo del lavoro.
Si è recentemente costituita la Società di Odontoiatria legale e Assicurativa (SIOLA), della quale lei è membro del comitato di fondazione e attuale presidente. Quali sono gli obiettivi?
La ringrazio per l’interessante domanda, che si presta a risposte pratiche.
La diatriba che distingueva odontoiatri legali (dentisti) e odontologi forensi (medico- legali) ha per alcuni anni sostanziato il tentativo di demarcazione da parte di pochi personaggi, per interessi di potere o francamente economici.
Attualmente questa differenziazione ha perso significato, poiché gli odontoiatri hanno acquisito maggiori conoscenze e costantemente affiancano o sostituiscono i medici legali in questa branca; che li vede poco interessati, proprio per la specificità della preparazione richiesta.
In passato si sono consumate diverse esperienze nella formazione in odontoiatria legale in ambito universitario e associativo/sindacale; che, per la loro rigida connotazione e per la presenza di soverchi personalismi, sono state bersaglio di aspre critiche da più fronti, proprio per l’incapacità di incidere sul tessuto sociale, e sulla prassi professionale.
In definitiva, parafrasando Omar Khyamm (filosofo arabo medievale):
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”Da giovane ho frequentato pieno d’ardore templi di saggezza e su questo o quello io ho ascoltato grandi ragionamenti, ma ogni volta mi sono allontanato dalla stessa porta dalla quale ero entrato”.
La SIOLA rappresenta uno strumento più agile ed aperto ad esigenze sociali e di lavoro: motivata da curiosità culturale e da necessità di conoscenze indispensabili al lavoro sia medico-legale, che odontoiatrico; accessibile a tutti secondo una mentalità di servizio, scevra da corporativismi.
Si tratta di una associazione di liberi professionisti odontoiatri e medici-legali, affiliata alla già nota società di medicina legale Melchiorre Gioia; persegue tre scopi al servizio della libera professione:
- prevenzione del conflitto e del contenzioso, mediante l’educazione degli odontoiatri, fondata sull’analisi statistica specifica;
- confronto e dibattito continuo tra esperti medico-legali, odontoiatri e giurisperiti, per cogliere l’evoluzione di problematiche emergenti e adeguare le realtà professionali alla mutate esigenze del sentire sociale e del diritto;
- aggiornamento sulle acquisizioni scientifiche, che vengono a mutare i percorsi valutativi.
Non si parla di formazione primaria, che rimane compito istituzionale dell’Università, dalla quale ci si attende il superamento della consolidata situazione di isolamento e di disinteresse, che tutt’ora la separa dalla prassi attiva e dalla professione.
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Il 5-6 Ottobre a Riccione si svolge il primo congresso sulla “Responsabilità professionale, valutazioni medico-legali e gestione del rischio”, organizzato direttamente dalla SIOLA. Contiamo di ripetere il successo del congresso congiunto con la Melchiorre Gioia dello scorso anno e abbiamo, inoltre, aperto l’accesso, oltre che agli esperti legali, anche agli odontoiatri impegnati nella professione.
In autunno al convegno degli Amici di Brugg a Sestri Levante “Controversie in odontoiatria”, terrà un relazione in tema di odontoiatria legale. Ci anticipa contenuto e problematiche?
Vista la confidenza ne approfitto per risponderle anch’io con una domanda. Mi consente di anticipare alcune considerazioni personali, prima di riparlare del solito argomento?
Si sfoghi pure, se la fa sentire meglio!
In riviste e congressi mi trovo inevitabilmente a parlare di odontoiatria legale;
sebbene la mia vita professionale sia quella di un dentista e maggiore sia stato, nel tempo, il contributo originale in studi e pubblicazioni più strettamente odontoiatriche.
Credo che vi siano almeno tre spiegazioni al paradosso, che vede la maggior parte degli sforzi meno apprezzata. (Per inciso ricordo che anche Petrarca lavorò per anni al poema “Africa” e fu reso famoso dai sonetti).
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In primis è difficile sfuggire alla regola non scritta per la quale l’impoverimento del profilo risponde alla necessità, che tutti abbiamo, di categorizzare e inquadrare il prossimo, per meglio capire e ricordare.
In secundis l’odontoiatria legale ferisce le pudende del professionista, nella concreta fattispecie il portafoglio e l’amor proprio, ovvero l’incrollabile presunzione del sè. Il dentista è come un orso nella caverna, fortissimo finché non incontra il cacciatore!
Infine le prime pubblicazioni ebbero minor successo perché trattavano di AIDS e medicina orale; ci volle del tempo per capire che, per molti professionisti, l’unica vera patologia incurabile era la povertà (tertium non datur).
Per consolare la fatica mi piace credere: che scrivere e parlare in pubblico sia comunicare, per sentirsi meno isolati e dimenticati (l’illusione è scintilla di umanità?);
che la curiosità sia elisir d’intelligenza e pedaggio di vita.
Diogene viveva in una botte, con una lanterna, un cane e una ciotola. Un giorno guardò cane bere e buttò la ciotola; tenne la lanterna per cercare l’uomo e il cane per compagnia.
Nel variegato mondo dei relatori capita d’imbattersi in grandi professionisti, del tipo
“l’odontoiatria con me risorta” (tecnicamente bravi, quanto umanamente insopportabili); ma si ricordano solo altre persone, che cercano scorci d’orizzonte oltre il colle gengivale.
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Così, quando qualcuno si profonde in lodi, per piaggeria spiego che ogni lunedì alzo la serranda della bottega e ritocco, per vivere, una vecchia dentiera; che mi piacerebbe avere ogni nuovo giorno un bel pensiero pulito.
I problemi irrisolti dell’Odontoiatria Legale.
Esistono diversi problemi irrisolti in odontoiatria legale e tanti più ne appaino quanto più ci si addentra nella materia. Le attuali statistiche indicano una prevalenza di contenzioso assicurativo e giuridico di circa il 3%, ma le sensazioni degli esperti indicano tendenza all’incremento. Mediante la SIOLA stiamo eseguendo un’indagine statistica multicentrica, per verificare la situazione eliminando i bias di confondimento;
del resto potrebbe anche trattarsi di in un effetto di concentrazione proprio su pochi specialisti affermati.
Sicuramente è in aumento l’area conflittuale tra le pareti dello studio, che richiede un ripensamento dei rapporti con i “pazienti difficili”: sono il 20%, riconoscibili nell’80%
dei casi al primo appuntamento e occupano il 40% del tempo totale, con inevitabili ricadute psicologiche e gestionali.
Rimane confermata il teorema secondo cui pochi errori tecnici, non più di 2-3 per ogni branca, rappresentano il 70-80% dei motivi di conflitto/contenzioso; nei restanti casi sono determinanti procedure di ingiunzione di pagamento e fattori comportamentali (fattori di indignazione).
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I consulenti medico-legali non sono scevri da contraddizioni: i medici legali stentano ad entrare nell’analisi specifica; gli odontoiatri sono vittime delle sintesi cliniche (tipo problem solving), poco inclini ad argomentazioni giuridiche di tipo probabilistico.
Sussiste difformità tra esperienza, valutazioni e buon senso; si giudicano, cioè i casi in modo diverso da come si lavora in clinica. Tali rigidità si traducono talvolta in valutazioni del danno:
- maggiorative per sopravalutazione dell’importanza dell’organo masticatorio;
- riduttive per inconsci timori professionali o corporativismi residui;
- punitive, guidate da assunti colpevolistici di tipo moraleggiante;
- di mestiere per fornire ai magistrati letture semplici e univoche (siamo sicuri di questa richiesta?), per il fatto che minori proteste e chiamate a chiarimenti crea il porre l’onere risarcitorio su professionisti e su compagnia assicurative.
Le applicazioni di previsioni codicistiche recenti, in tema conciliazione e di contraddittorio, trovano risposte difformi da parte di una categoria ancora disomogenea. Con questo non intendo una medicina legale deficitaria, ma perfezionabile; anche tenendo presente che non è sempre possibile eseguire un taglio chirurgico tra torto e ragione. Del resto, se servissero ulteriori spiegazioni, si rammenti che in caso di dubbio, il contratto sociale, che è alla base del diritto, propende per la difesa della parte più debole. Comprensibile come la soccombenza dei sanitari sia prossima alla totalità nelle vertenze giuridiche.
Non quindi in dubio pro reo, bensì in dubio contra medicum!