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Estate of the late
Professor J. E. Shaw
Digitizedby theInternetArchive
in2010withfundingfrom University ofToronto
littp://www.archive.org/details/presepidannunziaOObucc
GARIBALDO BUCCO
(Albio Frentano).
S^t^tì (^ì/;^ C^A/^
Presepi
d'Aiinunziani
St-P.
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SocielàE(iitrice"LA POLIGRAFICA,,ViaStella,num.9.
-41
L^ 3
Proprietàcsclmivaartìstico-letteraria,per
l'Italia, della SocietàAnonima Editrice
"
LA POLIGRAFICA
„.Diritti di traduzione riservati ala Pre- detta e a VAutore.._^
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234107
Stab. Tip.Soc. Editr.''LaPoligrafica,,-Milano.
SOMMARIO.
I. //Piacere della Breccia;
II. FantocciPive e Pifferi;
III.
/
Frutti della Terra e delMare
W.
Zingarella,Oera
una volta....;\
. L''allegranza di Betlemme.Adomia
Giuseppinad'Annunzione'Bucco
—
zia dilettissima—
da Varia srande di beatitudineIl Piacere della Breccia.
PrimoS'.rimaglio diCinematografo.
OJIE rigagnolial
mare
:rom- pevano
gli scolaretti da' vicoli assaettati; o,meno
incomposti, sciamavano per la Via larga di
San Giacomo
Nel mattino d'autunno inoltrato, spessoli
accompagnava
e li spingevaun
maestrale gagliardo, quellobuono
dell'Adriatico che dà pèsca copiosa a' paracocci e vi ficca nell'orecchio
un
fischio di locomotiva.Con
quel vento là,non
parliamo delle facce e de' nasi: formaggi tondi d'Olanda e peperoni rossi di Montesilvano!E
che veramente, lo sentivano forse il freddoquelle due o trecen- tinaja di ragazzi da l'argento vivo?Imaginarsi: tutt'al più, nel venire simili adurlindane di eroicòmica
me-
moria, ringuainavano ne' mantelli grevi eimprimevano
il capo nel te- pidario de' sodi baveri eretti. Giunti in Piazzadello Spedale, scoppiavano allora tumulti di voci e gridi di pa- retajo; correvano sfide al gioco de' castelletti di noci e di castagne, de' bottoni strappati per sino a le bra- chette, con grande mortificazione della verginità; sfide a capo e croce di soldini, di tornesi, dipenne
usate onuove
fiammanti, di trottole colo- rate giranti nellavertigined'unpunto, sobbalzate da le piccole frustema-
gistralmente schioccate.Una
varietà formicolante irrequietasfrenatadide- siderio balzano, d'attività pertinace.Pugni e calci tempestavano, si à da dire; qualche sassata
—
e perchèno? —
ne segnava più d'uno, a la cieca.E
per questo?Non
era forse pane e mandorle lo stesso? Dirlo, per esempio, al vecchiodon
Costan- tino Caffè dal soprabito e dal cilin-dro verderame per lunga stagione, a
don
Costantino che per di là pas- sava a pòstatutte le mattine, soffer-mandosi a godere e preparandosi a morire.
La
Scuola era là; ospedaleuna
volta, al
tempo
di 7-e Francischiello,
Un
edificioenorme
liscio chiatto d'avanti, aprèntesi inun
archivolto quasi bujo a boccadi lupo,ma
fermo, fermosu' muriprofondissimi aprovadi
bomba. A
dosso, unpoco
rien- trante, il magazzino dellevecchie ar- tiglierie borboniche; e a l'estremità dellaPiazza,dov'apuntoinfoscavano le carceri ed una sentinella taciturna faceva passi dacondannato a morte, piramidi di palleirrugginite, cannoni sconquassati, ferraglie seminateun
poco
daper tutto: robadi Fra' Dia- volo mozzato!h,'Arse?ialc,
come
i Pescaresi lochiamavano —
era, in vece, gran' parte dell'antica fortezza chedava un
poderoso abbraccio bastionato alpaese in torno, e limitava in basso
la collinaferace di
San
Silvestro e ilGran
Sassocrestato dineve—
VAr-
seìiale, con la sua Polverieraderelitta
mezzo
affondata in un cintato alto e diruto, da le finestre della Scuola, al di là, si vedeva perun
trarre di freccia in giro: tuttoun
verde di prato; i muraglioni possenti, i ridotti di guerra, i posti dicomando,
leca- sematte óra rovinavano e saltavano a' sette cieli con laferocia delle mine che sperdevano la gloria dell' Italia in pillole. Imassienormi,avii prezzo, svegliavano febri edilizie....Eh, si vedrebbe poi!
Che
Pescara e Pescara! Milanuccio à da essere,com'è
vera laMadonna!
\'edete, in Piazza del Municipio,,
il palazzo di
don
Saverio Brina, conla balconata su su lunga lunga,
e
tanti occhi di finestre e di pog-
gioli a' lati quanti sono i miracoli di San Cettèo nostro benedetto?
Beh
, anche meglio, anche megliodi così, tra poco. Vedete qui, in Piazza di
San
Giacomo, il palazzo grigio severodidon
GaetanoGlòria,^dove c'è
donna
Rosina?...Oh, eccola
donna
Rosina dietro a una vetrata del piano nobile.La
cortina di seta gialla marezzata le
nasconde un pocola persona grande prospera desiabile, e la faccia piena di sangue,
non
senza unlume
di nobiltà autentica che piove dalla stella profonda dell' occhio, quella facciabuona
matronale tondeggia e tradisce una curiosità sconsolata, affranta tal voltaChe
cosa mai le passa per la mente, a la Signora?...—
IS—
Eh, indovinala grilloI... Però
Si potrebbe quasi dire
—
In confi-denza: i figli chi glie li à dati?
O
don
Gaetano o nessuno, è vero?E
dove, dove sono?Don
Gaetano solo lo sa.E
perchènon
ci sono?Don
Gaetano,don
Gaetano !! Chie- detelo a lui a Mustafà! Óra,un
matrimonio cosi era un bel matri-monio? E
quel tocco di grazia di Diodi
donna
Rosina poteva essere con- tenta felice beata?Guardate
un momento
quanti figli in Piazza, e che salti che striUi che terremoto IUn
poco ancora, edonna
Rosina mi scoppia da la dispera- zioneI...Dindlì, diìidiii, dindlìiì : il
cam-
panello della radunata. Sia benedetta quella bellaMadonna
del Soccorso! Óra,laportadelloSpedaleliinghiotte tutti, tutti dal primo a l'ultimo.Donna
Rosi, sia benedetta quella bellaMadonna
del Soccorso!Avete visto?
Una
scampanellata, un' infornata.E
chi riconosce più adesso Piazza di SanGiacomo?
C'è passato l'Orco vivo vivente, e ne à fatto un boccone solo!—
Alzatevi;lapreghiera cantata No, sedete; aspettiamo gli assenti—
Signor Maestro, stanno facendoil Presepio in casa di
don
Ciccillo d'Annunzio.Ò
veduto—
Sguazzonciello porco, tunon
àiveduto niente !...
Ah, il maestro Sisti teneva pieno
il sacco della bile or mai; separlava, t'inoculava la rabbia d'un molosso.
—
Sì signore,signor Maestro...—
Non
finiva, egli arrivava tra capo e collouno
scapaccione solenne.Zitto silenzio !!!
II maestro
don
Giovanni Sisti, ilmanesco buono —
e le mani glie leavevano date per che, se
non
per quel mestieraccio infame?—
sedeva, aspettando—
20—
La
sua testa—
coronatad'una
rada biondezza smorta, da' capelli alsommo
dellafronte a le guance for-temente zigomate, in torno esotto al
mento —
spirava un'aria di tribuno ascetico trascinatoredi turbe devote, e gli occhiali bianchi inforcati rin-frangevano lo spettacolo di
due
oc- chietti malati smarriti inuna
pruri- ginosa ellisse di cispa e di sangue.La
sua testa, intantoche si facevail
comodo
degli assenti—
aspetta cavallo !—
piegava intenta su lamano
abile e sicurache tratteggiava apenna
il Poverello d'Assisi.A
vederla,come
adesso quieta quella Scuola a pena vitale, gu- scio cullato daun'onda
di stagno.Prima, ira di Dio: que' tre banchi a destra del Maestro, tre sparafrCi-
goli; poi adesso ci tirarono dentro
una
cannonata, e brecciacome
qui, sulpalmo
dellamano.
Cioè.... di-remo
, breccia perfettissimamenteno, che c'è là,
come
San Miserino, Baldo Bugaricco chenon
parrebbe, e pure vi declama poesie da omet- tino meccanico, e ci metteun
calore, un calore tale che il Maestro, tutto impastato di Giusti e di Metastasio, guaj a toccarglielo!Basta ;
ma
Gabriele, Gabriele d'Annunzionon
era forse una testa più aguzza del prisma diamantino ?Non
faceva la barba aSalomone
inpersona? Oh, ingiustizie no, poi!...
E
lo negava forsedon
GiovanniSisti? Era maestro sì o no, lui?
Poteva, doveva conoscere sì o
no
?Oh, benedetto Dio!...
—
Il punto—
proseguiva col So- vrintendente scolastico—
il punto marcioè che Gabriele,quando
vuole quella poca volta, vola, e chi glidice il contrario ?;
ma quando non
vuole, sta ; correggo: va; e, nel- l'andare, bravo chi gli sa mettere ilsalesu lacoda! Bene glie ne voglio,
è una verità; però, in coscienza,
non
mi squaglio per lui che rima- neggiailcalendarioscolastico amodo
suo, senza permessode' Superiori, e
comanda
abacchettatuttauna
Scuola.Io
comando,
io? No.E
percliè? Per- chè e'è lui,sempre
lui, ostinata-mente
luiI Gli viene il ticchio di fareil generale con in capo la feluca di carta e la spada di legno al fianco?
Embèh,
viene qui dentro e arruola isoldati per
una
valorosacampagna
di guerra, a sassate, contro a le guardiedaziarie di Porta Principale.
Vuol seppellire il Sindaco eh'è
un
repubblicano protestante mal visto,un
rifattocome
suol dirsi tra noi?Embèh
ancora, mi porta via prete,priore, scaccino,
banda
da gli zufo-letti di canna, becchini, cadavere, e lui, il furbo!, fa l'affossatore. Sotto a le sue mani
non
vorrei fare ilmorto, quanto è vero
Gesù
! C'è il Presepio, il gran Presepio da met-tere assieme?
Embèh,
fuori, fuori di scuola la squadra degli operaj amici di Dio, e avanti con la fabbrica diSan
Pietro, chenon
finisce mai più.Óra,
domando
io: chi, che cosa po- trò mai presentare agli esami finali io, poveravittima d'un arcangelodi quella sortalì? Tuttivedono
e sanno che la Scuola Maggiore e'è enon
c'è; eche io ci sono, edè
come non
ci fossi.
Con
questo andazzo—
oio m' inganno
— avremo
certoun
giorno, a Pescara, de' generali che riempiranno di gloria il brachiere, de' beccamorti che seppelliranno icadaveri in piedi, degli architetti che capitomboleranno da l'impalcato con muri balconi tetti e tutto quanto;
ma
della gentenova
e sapiente, egregiodon
Settimio, della gentenova
e sapiente,come
m'intendo ioecome
Voi v'intendete, ah nonononò, mai e poi mai !Con
un tal ritornello, ove vibravauna bell'anima, anche una bella voce d'educatore nato sofferto per esserlo sul serio, era intrattenuto su e giù per il corridojo della Scuolail
sovrintendente,
don
Settimio deMa-
rinis: da la faccia assai piena bo- naria saggia,
un
pezzod'omo come
una valanga,un
poco dolente su lepodagre de' piedi, la persona lenta-
mente
natante nell'ampio paluda-mento
sacerdotale che, a la lontana,rammentava una
vastamembrana
ali-forme di galeop'iteco..., salvo la ra- gione e la santità.
Don
Settimio óra si metteva, con tatto sagace, a riconciliare col De- stino l'animo esulcerato del Maestro ch'egli stimava sinceramente e pa- ternamente amava.Ma
il Maestronon
se ne chetava, e voleva fargli vedere etoccare conmano
il chiodo della croce che te-neva confitto in pieno petto....
A
l'udir chiodo e croce, il Sovrin-tendente squillò in una risata
me-
tallica che precipitò in un gruppetto di note serpentine, indugiò in una baccante corona musicale, ruppe chiocciò s'aperse pappagallando nel bargiozzo turgido e scosso da un
moto
d'alto e basso diseguale ega- gliardo.Il Maestro ne rimase confuso av- vilito fuori del
mondo
; era stato azzaffato, perla parte del cervelletto, da una tromba marina avvolgente caotica rapace.—
Via via,don
Giovannimio —
fece, con
un
gesto accorto ed in- coraggiante,don
Settimio—
robadichiesa, lasciatelaanoialtri preti..., se pure!...
Ma
già,quando
si studia in seminario e ci si frega, oggi do- mani e sempre, in quel sacco lì, senon
ci si appiccica a' panni farina bianca di mulino, farina nera..., già c'intendiamo!...Óra
il colloquio si veniva ricom-ponendo
lucidamente: i pappagalli erano snidati dal bargiozzo del So- vrintendente, e latromba
marina aveva restituita la vittima, ancora un poco sbattuta, a la spiaggia de' vi- venti;— E
permettete, caro Maestro:io sono vecchio ed ò un
amor
dipodagra a dosso e l'asma e il dia- volo e la versiera. Permettete, e Vi parlerò
come un
testamento, sciocca modestia a parte. 11 Presepio? I Pre- sepisti?A
quattr'occhi: in linea di disciplina, certamenteGabriele d'An- nunzio eCompagnia
bella sono con- dannabili condannabilissimi; ed io per ciò, a pena avrannomésso
a dormire, di primo sonno, il Bambi- nello amato, darò loro unastrigliata potente e tale da passare in re- pertoriomorto
con quelle degli anni scorsi e de' futuri.Ma,
in linea di morale, seuna
scappata fanciul- lesca— Una
Breccia; dite:una
Brcc- ciàaa!!...—
Sii, sìii, già che Vi piace; unaBreccia,
una
Breccia, benedetto Dio! Se una Brè...ccì...àa—
e, a questa parola, il Sovrintendente incavernò la voce comicamente, sottolineando e staccando—
senza merito Vostro, scusate, Vi dà il riposo dell'animae del corpo per otto, dieci, quindici buoni giorni che mai i più belli in vita Vostra; se essa, in fin de' conti,non
lasciamura
abbattute, case di- strutte, morti e mutilati sulcampo
;a l'opposto, Vi dà lo spettacolo sano e brillante della vita che vive, che, per vivere, spezza i freni e
rompe
ilmorso, e
non
offende,non
danneg-gia,
non
sopprime né Dio né uomini né cose; dite, Ì7i liìica di morale, la colpa della Breccia c'è,come
volete Voi che sia, o purenon
c'è niente affatto affattissimocome
pare a me, debolmente?E
se c'è—
torno aVoi
—
essa, la colpa della Breccia, è propria di chi disubbidisce a lacampanella della scuola, o di chi la suona, ola fasonare, quellabenedetta campanella tutt'i santissimi giorni, salvo i salvabili, a un'ora eguale
monotona
cattiva che torna rapacecome
un rostro di falco, che incu- piscecome una
rupe selvaggia ouna
cavernavorace?...Ed
era il Sovrintendente che par- lava a quelmodo
? ! Cosi, senza scrupoli?! Bàzzica, Monsignore!Ed
era un prete?! Prete sì,
ma
degna- mente,ma
amodo
suo, perdinci!Tanto
vero, clie aveva sentito le li-vidure delle manette borboniche, perchè gli era parso di vedere 1'I- talia anche
un poco
più in su della fortezza di Civitella del Tronto!—
Ah,don
Giovanni mio, sono contento, to' !E —
Presepio e Pre-sepisti a parte, dite
mo
: quello scel- lerato dimio
nipote studia, studia, s'ajuta?...— Don
Settimio mio caro, Ovidio disse a proposito: Utdesinivii es....—
tamen est laudanda volunias.Bravo!
Ma anno
inventato l'olio di fegato di merluzzo per la forza— E
per labuona
volontà?...— La
venuta del Messia ogni dodici mesi—
Questa volta rise
don
GiovanniSisti: tal quale, un capretto avido di
poppa
materna.E
quel giovialone filosofo delSo- vrintendente feceper ritirarsi nel ga- binetto vicino, glorioso etrionfante, dimenandosicome un
gavitello nel- l'onda....Ma
potrà mai durare un pezzo la gioja d'un maestro?...In iscuola, adesso,
dopo
quella bella risata fatta di gusto, vedere ilfinimondo!:lacarbonella del braciere s'appiccava a lo zoccolo di legno
—
nel braciere avevano cacciato dentro, conuno
spintone nellaschiena, quel povero innocente di
Baldo Bugaricco
—
e su l'ammatto- nato brillavauna
costellazionedi pic- coli fochi morienti; avevano sbatac- chiato un calamaio su la carta geo- grafica, elastoppacciadell'inchiostro era inchiodata lìcome un
riccio di castagna; sotto a l'ascella diGesù
Cristo in Croce avevano piantatauna
bandiera rossa con la scritta :W
Gabriele!; e su'banchi era un'im- pronta di piedi euno
scompiglio di libri squinternati, di quaderni sciu- pati, di cartelle pestate, e via alle-gramente con larivoluzione. Di que' quattrogatti rifiutati,
non uno
aposto,non
uno...; è capitalQuando
il Maestro ebbe rimessoil capo in quell'inferno, lo accolse una sciarrata che egli, col fiuto del mestiere, finse di
non
rilevare, e salì,fremente sotto a' panni, quella cat- tedra deliziosa.
In tanto, a la beilemeglio, per di
qua e per di là, mogi frustati so- spettosi da l'occhio e dal gesto, gli scolaretti, rossi infiammati in faccia da la
campagna
anarchica, ripiglia-vano il posto. Il Maestro, senza in- chiesta, aperto ilregistro,appioppava zeri ch'eran chicchi di grandine al capo.
Baldo Bugaricco, bruciacchiato in
un'ala di giacchetta e ne' mezzi guanti di lana, lo guardava attento e gli favellava una discolpa muta.
Ma don
Giovanni, in cuor suo e con la penna, gli aveva già fatta ragione.Che
è chenon
è?Un
sussurro un vocìouno
scatto, e uno sporgersi da' banchi un additare un ridereuno
schiamazzare da lagamma
bollente saliente rompenteTutti gli sguardi a la finestra che dava su VArsenale, tutti ; il
Mae-
stro vi fu attratto, imaginate
come
felice!
Niente
meno,
la Scuola Maggiore stretta serrata compatta a gli ordini del capobanda, di Gabriele che sga- rettava con i calci più d'uno e squil- lavauna
voce autocratica che nes- suno mai glie l'aveva potuta fermare in gola.Ma
che facevano da sapersi, che facevano tutt'insicme que' lazzaron- cielli patentati ?Scusate:
doveva
venire, s"i o no,il Bambinello
Gesù
? Il Presepio do- veva esser fatto sì o no?E dunque
?Dunque,
strappavanozolle brinate, caricandosele su le braccia indolen- zite da la fatica; e si volgevano un'ultima volta, apostrofando lezio-samente, da la parte della Scuola
dove vedevano un mucchio
tutt'as- sieme nelvano
della finestra,un mucchio
eh'era il loro divertimento atroceAllora,
don
Giovanni giurava esacramentava, borbogliando piano, che li ripagherebbe, oh se li ripa- gherebbe; e, /;/ linea di disciplina
,
la provvida campanella cacciava lui e i suoi quattro scolari fuori, fuori finalmente;al'aria, a l'ariaaperta!...
Fantocci Pive e Pifferi.
SecondoScri»iaglio diCineviatografo.
i^^—/i=3^i é vespro, i Presepisti, che
l tacevano
come
piche ean-^ davano come
saette, face-vano
la via più lestada la partede' contrafossideW
Arsenale,guatando le profondità, saltando altezze di forti- ficazionea rotta di collo, e miracolo senon
s'insaccavano!La
corsa affannavasempre
più a- vanti avanti avanti; sin che, lasciato in dietroil paese così preso affondato inun
anello frangibile di mura, pro- mettesse una liberazione dell'anima
e del corpo la vista della pianura grande ferace pescarese.
Una
pianura da l'immortale dia-dema
sculto nel verde del colle, nel bronzodel monte; cantata ne' secoli da l'irriguo avolo Aterno che, da lefonti al mare, vide crebbe temprò sua stirpe laurata;
una
pianura da' grappoli di case rustiche in torno a chiesole proteggitrici bianche (stiàn- ciano rilievi gremiti sentieri, opre d'uomini e voli di passere); una pia- nura inmezzo
a cui qui giù slan- ciasi e squassa nelle aperte braccia del cielo, là su imprìmesi e requia nella solvente lontananza grigia lo stradone di Chieti.Óra, su lo stradone, a l'imbocco,
i Presepistiattendonoun'apparizione,
l'Apparizio7ie; e la provocano e la insolentisconocon le
mani
additanti e con gli strilli.Anno
focoefiamma
a la faccia, e l'impazienza squilla e stride nelle voci confuse, nelle voci fuse loquenti. Ripercuotono gli echi destati 1' esultanzarompente
dal vi- vajoEcco: un punto nero in fondo...;
una chiazzanella perla incrinata del- l'aria tramontante...;
come
un falco a volo fermo fendente ; e poi un'altra formacome
unavela grande nel vento....; un'altraancorasimile a lenta torre mozzataUno
scalpito quasi tacente,una
bubboliera quasi zirlo....A
grado, fondo netto,moto
deciso, figure spiccanti Carrozza e cavalli; ferri, frusta esonagli ; ruote rotolanti, fiotto dirotto, scatto bal- zante, scoppio di
bombarda
— Zi
Micalàngelo, zi' MicalàaaH..Una sommossa una
mischiaun
as- salto.Fermitutti:passeggerie bestie!Un
signorerimminchionito simo-
strò a lo sportello; tornò in sé, si
levo tanto di cappello, e fece ener- gicamente:
—
- Viva la faccia di Passatore !!Zi' Micalàngelo, impastato col burro e col miele di unavecchiaja longeva e di una rassegnazione divota, pò-
teva forse
menar
bòtte e tirardritto?La
forza, la forza di cinquant'anni a dietro chi gliela dava?E
poi, suV
imperiale, c'era sì ono
la cassa de'fantocci pelSignorino didon
Cic- cillod'Annunzio?
IISignorinoadessola voleva, e
dunque?!
—
'CcelkìizaSignori, aspettatenu
pucurillo; v' 'a vianìie 'o palazze,'Ceellen za Signori
Oh
sì, poteva risparmiare il fiato pel dì del testamento !In tantoch'egli tentava di persua- dere e d'andare (che, poveraccio!, gli gracidava nelle viscere la rana dellafame maligna); in tanto ch'egli n'acchiappava e n'indugiava qual-
cuno
di quella sbarazzinata, ehèi l'arrancarsi per di qua e per di là di que' gatti foresti, a torno a la diligenza sgheronata che stava su l'inquadro delle ruotecome un
epi- lettico su la barella.I viaggiatori, una miseria di nu-
mero, sgalluzzavano; e, dagli tira bistira, se c'eran posti, c'erano; se no, chi in serpe, chi sul predello di dietro, chi su Vimperiale, e via che l'andava
Gabriele era un
Automedonte
spie-tato: stringeva le redini e tirava a sé, urtando nelle bocchedue ronzac- chioni stracchi dimessi che pareva volessero inginocchiarsi ed inchio- darsi lì.
Zi' Micalàngelo rincantucciava vi- cino a o Signoriìio; e, giàche il
me-
stiere disobbediva, masticava il San- tissimo Rosario: una divozione che era nata con leossa sue, a Cajanello.
—
Zi' Micalà, erabona
da leccare laminestra di fave con li scarrafonif— B
eneretta 'aMaronna
d''o Ro- salie, Signori; epecche m''arrieor- date?!...La
faccia del Vecchio smorfiava sotto a lamezza
tuba lustra d'anti- chità. Curiosaquella facciacome un
alveare su cui avessero date
una mano
sicura di terra rossa e una venatura di blu marialuisa!La
faccia del Vecchio pativa. Eh, solo il Diavoloaveva potuto affogare neltegame
quella tribù di scarafaggi maledetti !—
SìgTioiì, e pecelìè vi 'arricor- date?!...A
pena dentro in paese, si sve- gliavano per sino i ciottoli delle vie, e si formava un fitto corteggio stre- pitosodietro a quel treno comicissi-mamente
trionfale.Tuttii Presepistl impettivano,
come
per dire:
— Siamo
onon
siamo noi?!Gabriele scattavadi cassetta,bran-
dendo
alto la frusta e snerbandolain aria,
come
per far intendere:— Sono
onon
sono io?!'Ladiligenza si fermava (finalmente, per zi' Micalàngelo e per le bestie), e sùbito ilServo di Casa
d'Annunzio
scendevasul portone ad abbracciare, con grande dignità di gesto, la cas- setta de' fantocci, venuta da Chieti, Affare di
mezzo
minuto: dentro iPresepisti, e tanto di catenaccio a que"
mammalucchi
di fuori.Un
resto di chiasso,un mormorio
dispettoso, un fischio screanzato, e tutto finiva moriva vaniva....Oh, adesso che pensate?
Pensate certamente che se i fan- tocci, a mal grado dell' allegro bal- lonzolamento su l'imperiale, avean pure salvatele quattr'ossa di legno, adesso
poveramè
in mani di unamezza
dozzina di Sparafucili, che liassassinerebbe senza pietà.
Si correva da tutte le stanze, e il
miracolo d'un cerchio di curiosi era presto fatto in torno a la cassetta de' personaggi del Presepio.
La
cassettafremeva, saltava sottoa lacarezza selvaggiadellepiccolemani.Le
si ficcava un coltello aguzzo da—
46—
un chiodo all'altro, tra asseed asse:
due coltelli per farpresto, tre, quat- tro per fare più presto, e si faceva lèva...; lalèva cantava...; poi si affon- dava il colpo, si apriva un fesso, il
coperchio scattava secco; la violenza delle mani finiva di strappare tutto, tutto....
Eccoli, eccoli lunghi distesi incar- tocciati gli amici fra trucioli,
come
briganti sparati alamacchia.Vederli! ,
vederli!... Novità! Quelli di tutti gli anni. Magi, pastori e bestie di
codesta pelle
non
invecchiano mai perchènon mangiano
mai, e stannosempre
lì duri tirati perchè cianno
la schiena che
non
patisce—
— E
già si capisce: la vostra, galantuomini, è fatta di giunco!...Chi parlava?
O mondo
stordito,don
GiovanniSisti in genere
numero
e caso!Don
Giovanni Sisti?Ma
come?...Ma
dove siamo, dove?...Come
va ilmondo;
e siamo, senon
vi dispiace, inun
fior diPaese ove c'è un fior di Sovrinten- dente scolastico che convertirebbe pure papa Sisto, se
non
fosse per- chè Quellonon
c'è più.Or
mai, la Scuolaera soltanto sul calendario del Provveditore; tanto valeva darle unbuon
girodi chiave, e a rivederci abuon
tempo. Poi, un Maestro, che s'intendevad'arte, di pittura e di meglio, poteva rifiu- tare a sé il piacere di sfoggiare e adonna
Luisetta d'Annunzio
lamano
direttiva de' lavori ed anchela poesia d'occasione pel figlio.'*...
Ah,
don
Giovanni si faceva onore decisamente !Il Presepio c'era qua tutto bel verde, là a pena in ischeletro: va- riavano confusamente tavoli per i sostegni, canne pe' reticolati, crete per monti valli e pianure, ghiaje
fluviali, sfagnacee palustri e brigne rupìcole....
Il Presepio grandeggiava nell'aula vasta e profonda,
come
la fonda- zione d'un regno. Pensate: tutto ilmondo
inuno
scatolino!E
sta bene.Ma
i personaggi, per l'ora che annunzierà il Bambino, chi sa la sorte che avranno toccata!Non
sentitecome
chioccano?Ne
fanno torsoli a dirittura!Adagio
: novità vuol sua parte.Chioccano fino ad
un
certo punto, e torsolinon
diventeranno no mai, che Gabriele lascia fareun
poco..., eun
altro pococomanda
lui—
Ecco, lo
chiamano
per la cena.Egli a' vili satelliti
pimmei impone
:—
Statevi bene—
e li urta per le spalle e per i fianchi, li càccia fuori aduno
aduno
—
I Presepisti si voltano in dietro forse?
Provarsi !
Tra poco, Gabriele scaraventerài
fantocci sul letticciolo tiepido del lento foco del prete, e gradirà il
covacciolo sprimacciato. (I fantocci dormiranno
msieme
con lui...).La
sua bella testa di fanciullo, finecome
uncammeo,
vivacome
un ritmo febrile, spiccherà sul bu- cato de' lini, sotto a l'imagine diSan Luigi della Verginità. Egli so- gnerà iridi balenanti , giubilanti spi- ritelli....
A
l'alba color cenere, il canto de' galli, risveglio delle opre umili e buone.La
piva gonfia l'otre tri-cànnulo, lenta grave solenne quasi
ammonimento
; quasi gaudio di fa- vella rapida, balza il pifferoamor
del Poeta di Bilbili.
Oh
l'Antico!:quando
Fauno, ilbuon
Fauno, Oracolo benevolente benedicente, deprecato a le Feste, plasmava il saturnio verso nellafonte di Albunea. Intendevan le genti in 4torno, sopra quanta era terra di Lazio fatata, sopra quanta era terra di Sannio, prospera di frutti, di brac- cia prospera. Intendevan gli avino-
stri Sanniti
— Scudo
PossanzaGloria della Gloria diRoma —
; e Fauno,il
buon
Fauno, davadonava
spar- geva il fiore de' campi, il fiore del sangue. Versavano i cieli il Sole, la pioggia; versavano i solchi,dalseme,il cibo e le rose; alghe fragranti e conchiglie luminose gli oceani del- l'acque versavano
Un'Oasi, un'Oasi gelosa si apriva.
o Sonatori della
Novena
del Messia, nell'animadell'Umanità
;edera quella Divina l'immortale rifugio dell'A- more
e della Fede.%\r
I Frutti dellci
Terra
e delMare.
TerzoScrimagliodiCinematografo.
RIMA, molto prima ancora che la luce del giorno a- prisse le tenebre e sper- desse le stelle, e i galli de' cortili
con varia
gamma
cantassero il sor- gimentodegli uomini,e ilcampanone
di San Cettèo agitasse il battaglio del mattutino su le case spente del Paese; prima, molto prima ancora
animavan
levie i cafoni venienti per lungocammino
da' villaggi e da' borghi della pianura della collina e delmare
S'udiva il rimescolio piano, forte,
più forte della
umana
piena ridon- dante, e il dialetto cantava nellevoci piano, forte, più forte—
S'udivan confusamente le chiac- chiere, le
compre
e le vendite; e di- stintamente lo starnuto solenne del calzolajoLa
Bravetta il cui naso dava de' punti adun
perfetto cro-nometro
;un
naso che sonava tre volte nel dì, e in tremomenti
capi- tali: óra, a mezzogiorno, a sera.L'orologiajo
non
aveva maimésso
l'occhio ed i ferri del mestiere in quella pendola misteriosa senza con- gegno, e puresenzafallo.Com'era?..
Mah
!....Anche
Giordano, il cagnaccione,il
buon
cagnaccione delbuon
vecchio barone Cappa, abbaiava ai profondo palpito de' silenzi celesti; e la cor- rente degli uomini, la fiumana, lagrande fiumana ecco addensava ognor più a Porta Principale e a Porta Sale dov' eran i posti del dazio; urgeva
poi dentro in Paese, dilagando; tu- multuosamente ingorgava dove levie delmercato stringevano il purgatorio degl'imbocchi e degli sbocchi....
Era una bàzzica,
non
c'è che dire, per il CaffèGrande
didon
NicolaBrunelli, il Cialdiìii di Pescara
—
e, di fatto,
come
tagliareun pomo
in due, esattamente
—
; erauna
bàz-zica famosa per le gargottine -
em-
poriodidon Donato
e di Mariantòniala Chietina;quello, il gazzettino con- fidente del Paese (non sapeva far altro, il brav'
omo
!) ; questa, un pezzo caldo massiccio d' artiglieria ultimo modello, enon
senza una storia di battaglie!...Una
processioneche andava,un'al- tra che veniva: i bicchierini d'ani- setta e dirumme
e le tazzettine di caffè {caffè permodo
di dire,ma
gli era orzo cicoria e liquirizia) chi po- teva contarli, chi? Si vedrebbe poiil
mucchio
de' soldi, unmucchio
che
non
si arrivava a fare in tutto insieme il resto dell'anno: né pure a Pasqua, né purea la Festa grandedi
San
Cettéo,nono
!Óra,l'alba
rompeva
luminosamente e là squillavala trombetta del Quar-tiere militare, allegra metallica sve- gliante. Quasi tutto il Paeseera de- sto, e aggiungeva
man mano
riga- gnoli al mare, emare
a l'oceanoÓra, si potea vedere la magnifi- cenza copiosadi Piazzadel Municipio dov'erano i dolci frutti de' rusticani abbracciamenti e i dolci frutti della prodiga Terra madre.
Femine
da le trecce enormi giranti e rigiranti per le tonde nuche alsommo
del capo valido, capellature nerolucenti che maiebano
vinse :facce rossobrune tagliate nel duro delle cave
montane
; dovizie di seni frenati in alto, sotto a le gole tur- gide ; procaci lombi scattanti di corpi inesplorati che fremevano desideripeccabili, di corpi raggiunti che sa- pevano l'estasi, l'amore fugace
Giovani bruni, sani
come
il corallo, da' pettorali di bronzo, grotteschi inamore, con la penna di pavone su l'ala del cappello molle e il sicario nero napolitano in bocca: unosbuffo, una guappafa
Sotto al palazzo di
don
Gaetano Brina, ceste ecestini divimine bianco con entro, acuspide, le uova fresche pellucidecome
tornite nell'alabastro.A
canto, per terra, galli galletti e tacchini, legati pe' tarsi bigi a due a due, da le zampette tremolanti, da le ali starnazzanti, da le code a tettuccio, dal beccoquando
aperto per l'infamia del gastigo,quando
se- viziante le galline quatte nellaschia- vitù.Le
creste e i bargigli, nell'al- lineato, parean filari di pioppi di cuisi vedesse al Sole unacosa sola: la fronda dal colore cangiante. I tac- chini gorgogliavano nella profondità
del collopieghettato e bitorzolutoe,
anche così maledetti, celebravano ricchi sponsali facendo scattare le timoniere rigide, aprendo in alto la
coda simile a ventaglio da' riflessi d'acciajo, drizzando la testaaltezzosa e guarnita del fusello carnoso pen- zolante pel becco.
Altrove, 1'
abbondanza
stracarica de' cavolfiori bianchi , neri, tondicome
palle d' avorio o di bronzo- ruggine; cavolcappucci maravigliosiappena
sciolti dalla saggezza del vinco;cardoni dell'altezzad'unomo,
sedani gentili, uve ancorfresche, in- salatecandide, meleroseridenti, mele diaccecome
cristalli di Boemia, mel- loni verde reticolati d'inverno, pere butirrose; e poi fichi secchi e poi mandorle e poi noci e via via a sporte, a sacchi, a carrettateSi sarebbe mangiato tutto, tutto;
néanche
un
chicco su le tavole, né anche.Non
si crepa forse una sola volta in vita?A
Porta Principale, pure là giù, un diluvio di gente sul mercato de' pesci.Là
giù fuori, in fondo, il Pianorodi
Rampigna
verzicava tisicuzza- mente entro il rilievo dellemura
falcate. Ciccardielle, da la faccia di legno inverniciato, straccio misero sporco
come San
Quintino, vi nu- trivailrifiutodelle scuderiedi piazza, povere bestie gementi da le piaghe, imploranti co' nitritil'ammazzamento
liberatore.
In
mezzo
al Pianoro, verticalmente,le Carceri di transito,
come
un dorsodi dinosauro.
Il Boja, assai più piccolodel vero, vi godeva l'onoratapensione insieme co' suoi, tutti epilettici esciancati....,
capponi e capinere...., e vi passava
la vitaa fabbricare e mercanteggiare ventagli di carta, ventagli di
penna
pe' fornelli di quanti erano paesi in giro.
Il Cioppo di Bènzio abitava
uno
smesso Posto di guardia lì a destra, quasi balzante su la sinistra sponda del fiume; ed erandue
stanzacceumide
crepitanti dove 1'ex
Frate scaccino (stomaco forte sugamba
stroppia) si teneva tre femine:
una
legittima, e le altre due così e così. Tutt'e tre, per grazia di Dio, d'
un
piacere variato, fecondecome
pollastrotte, aggraziate
come
ilpeccato mortale; tutt' e tre d' una nazione, di Spoltore che
dove
volevate trovarne un'altra?; dite!A
sinistra del Pianoro, un braccio arginato di strada ferrata, che finiva nella galleria metallica alta, moltoalta su' due piloni estremi; unagal- leria simile a
un
serraglio a scac- chiere.La
Pescara vi lanciava sotto le sue acque unpoco
calunniate,mordendo
le sponde limacciose ein-camminandosi, con un certo fare da gran signore crucciato, al mare, al
grande Adriatico mare, italico Pro- testante secolare
Poco
su della curvità dove attin-gevano le grandi conchedi
rame
cor- ruscanti, leconche urgenti prementi schiaccianti il capo a le serve ed ale femine povere, poco su, lelavan- daje curve su lo specchio dell'onda, da le teste civettanti, da' seni quasi cadenti sul pelo della corrente, da
le anche
mosse
quasi poderosa bat- teria mobile. Il sapone e la sporci- zie addensavano chiazze ributtanti qua e là; qua e là le biancherie, a lo sciaguattamento. gonfiavano, ed era una cosa simile adun
parco areostatico che si mostrasse per l'occhio granded'una
torre.La
vista così varia ed una ripo- sava su lanon
molto lontana super- bia della collina lunata di Castella- mare: un Paese, allora, dal chiuso Fatofulgente; il Nimico dellanimica Pescara che scongiurava assiduo,
-
64-
nelle lotte de' duecampanili vicini,
il
nome
illustre e la storiaverace di secoli.Dietro a le spalle delle folle, sul rettifilo di PortaPrincipale, incupiva, sotto, il
Bagno
penale che avea vistoil patriotismo martire e santo e il
brigantaggio feroce della màcchia;
ingrigiava, sopra, la
Caserma
mas- siccia de' soldati di fanteria, lunga quanto il Paese, daLa
Bandiera—
ultimo bastione dellasponda
de- stra del fiume—
a PortaSale, prin- cipio della curva fortificata.D'avanti si lanciava il ponte di chiatte: il ponte, sotto al peso del gremito vivente, del gremito gia- cente
—
uomini e cose—
scric-chiava
come
una protesta, schian- tavacome un
dolore.Dondolavano, in tanto, nelle ac- que del fiume i vivicridi
Comacchio
(parean gondole chiuse), i vivieridove
i capitoni raggomitolavano aquintali; più grossi, molto più grossi delle anguille
un
poco gialle che sapea dare la Pescara.Venivano dal mare, per la piena foce, le parafize di Ortona, i para- cocci di Silvi, e versavano sul mer- cato pesci pesci e pesci: merluzzi, aguglie, gattucci, seppie, sardoni
—
Era la fame
dopo
la carestia: che più ne veniva, e più se ne sbaraz- zava a la lesta, a prezzi favolosi, a danaro contante, nelle mani de' fo- rastieri d'ogni parte delmondo
; e via, via ogni cosa per i paesi della montagna, per Chieti, perFirenzeI poveri Pescaresi, vedevano sì,
ma
miracolo se potean saggiare! Ilmare
era tutto compro, tutto tuttocompro
daquelli di fuori. PerCristo,come
in casa loro!...II mercato durava giorni,
durava
settimane; eun
gran poco di quelfilitessi
umano,
un gran poco diquelle finezze da mangiare si poteva
vedere in Casa d'
Annunzio
bene- detta da la più preziosa ricchezza de' poderi sterminati tra Villa delFuoco
al piano e Fontanella amezzo
colle, benedetta da
un
pajo di pa- racocci suoi particolari che avean fortuna con le vele o senza..., conla bonaccia o col fortunale
Casad'Annunzio,
un
portodimare:isocci e le socciai-elle virovesciavano dentro tutto quello
— non mancava
nulla
—
che si potesse vedere congli occhi,desiderare con la gola sul mercato dei frutti della Terra. I
marinaj, altre tanto, co' frutti del
Mare
E
pure, Gabrielenon
se ne con- tentava. Voleva qualcosa di più e di meglio.... Lui era ilprimo
Si-gnore di Pescara, e voleva esser trattato da primo, capite?
Oh, era fatto così, lui!...
Da
quella Casa di Dio usciva poi la processione grandiosa di quasi-
67-
tutto quello che di
buono
e di bello vi era entratoDoni pel Medico, per lo Speziale, per l'Abate, pel Maestro, pel Se- gretario comunale, per gli amici...;
in una parola, per quasi tuttisenza distinzione, bene
badando
alnumero
delle bocche!...
Gabriele voleva, a qualunque co- sto, che si
mandasse
il regalo pure adon
Torquato.A don
Torquato?E
perchè mo?...Bella, perchè gli spettava....
Ma
perchè gli spettava, o cocciu- taccio senzacomprendonio
?...Perchè?!...
Era, o
non
era,don
Torquato To- gnamillo, vegliardo incartapccorito e povero, il piùvecchio maestro pri- vato di Pescara, il maestro delle borse corte?E
dunque, i signori eilsignored'Annunzio
dovevano
farla, sì o no, quella carità vera, quella ca- rità fiorita?Dovevano
farla sì ono
?E
poi, che carità?I...Sì signore; dagli picchia e sbatti,
il regalo
don
Torquato lodoveva
avere, lodoveva avere di sacrosanta ragione e di cuore sacrosanto, i3er-chègli spettava; gli spettava, e storie
non
ce n'era !—
Si teneva pace; e il cestino, il
misero cestino di poche
mandorle
secche, di quattro sfogliate calde, conun
biglietto da cinque lire inuna busta, andava
Su
le mosse, Gabriele trovavamodo
di cacciarci dentroun
bel capitone vivo e unarama
di lauro verde fragrante.Zingarella, C'era
una
volta..QuartoScrimagliodiCinemalografo.
i che dunque, e' era una volta »
>BBri—-«!ej: Così lo spunto sinfonico della favoletta,
quando
aprivaboccala Ziiigarella; e tutti stavano a u- dire, e tutti stavano a rapirla
—
Da
quella bocca uscivano strane concezioni figurate, metamorfosi vio- lente, simboli eterni, prima terribili assaicome
lame fredde, poi un pocomeno
spietate, affannanti un poco meno,poi infine serene radiosecome
la gloria d'un
Eden
Torbida plaga e cieca,