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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.01 (1874) n.28, 12 novembre

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L'ECONOMISTA

GAZZETTA. SETTIMANALE

DEI BANCHIERI, D E L L E S T R A D E F E R R A T E , DEL COMMERCIO, E DEGLI INTERESSI P R I V A T I ABBONAMENTI Un anno 1 , 3 5 Sei mesi 2 0 Tre mesi 1 0 • Un numero 1 Un n u m e r o arretrato 2

-Gli abbonamenti datano dal 1° d'ogni mese

GLI ABBONAMENTI E LE INSERZIONI

si r i c e v o n o

R O M A FIRENZE

S. M a r i a in Via, 51 ! V i a del Castellacelo, 6 DAL BASCO D'ANNUNZI COMMISSIONI E RAPPRESENTANZE

INSERZIONI A v v i s o p e r linea. Una p a g i n a U n a c o l o n n a L. 1 — ... 100 — ... 60 —

I n un bollettino bibliografico si annunzieranno tutti quei libri di cui saranno spedite due copie alla Direzione.

Anno I - Voi. II

Giovedì 12 novembre 1874

N. 28

S O M M A R I O

P a r t e e c o n o m i c a : L ' i s t r u z i o n e p u b b l i c a i n Inghilterra — Dell'in-g e r e n z a Dell'in-g o v e r n a t i v a — I principii del socialismo cattedratico (Lettera d e l l ' o n . T o r r i g i a n i al direttore dell' Economista) — Stato e c o n o m i c o del B e l g i o — Situazione dell'Australia e della N u o v a Z e l a n d a — Il commer-cio d ' A m b u r g o — Rivista e c o n o m i c a .

I P a r t o f i n a n z i a r i a © c o m m c r e i a l e : R i v i s t a finanziaria g e nerale — Notizie c o m m e r c i a l i — Atti ufficiali — Giurisprudenza c o m m e r -ciale e amministrativa — Listini dello b o r s e .

Gazzetta degli interessi privati — Estrazioni — Bollettino bibliografico — Situazioni delie Banche — Prodotti settimanali delle Strade ferrate.

P A R T E E C O N O M I C A

L'ISTRUZIONE PUBBLICA IN INGHILTERRA

I partigiani delle intrusioni governative hanno con-tratto oggidì il vezzo di citare frequentemente l'In-ghilterra, come un paese il quale avrebbe oramai, se-condo loro, ripudiato, e col proprio esempio condan-nato, la dottrina del lasciar fare. Lo citano su varii punti, interpretati sempre a lor modo, e sui quali in verità non danno prova di ben conoscere questo capi-tolo della storia contemporanea. VEconomista ha già colto l'opportunità di notare come siensi ingannati nel definire il carattere economico de' provvedimenti adot-tatisi intorno al lavoro de'fanciulli ne'grandi opifici! È tempo ora di venire a quelli che concernono la pub-blica istruzione, sulla quale l'enfasi della metafore si è soprattutto gonfiata, giacché era questo il campo in cui potevasi meglio adoprare la tattica dello equivoco. Infatti, il sistema della pnbblica istruzione in Inghil-terra è qualche cosa sui generis. Ha una nomencla-tura, che spesso non combacia con quella del conti-nente; è stato congegnato poco a poco e di pezzo in pezzo; né trovasi codificato, se non nelle parti meno importanti. Quanto poi agli scrittori non inglesi, che hanno assunto l'impegno di farcelo conoscere, essi ispirano ben poca fiducia, perchè son rari coloro che abbiano avuto la pazienza di attingere direttamente alle fonti le loro informazioni, più rara ancora l'im-parzialità de' giudizii ; e copiandosi l'un dopo l'altro, han

molto contribuito a nutrire la confusione di concetti che intorno a questi argomenti è divenuta abituale, specialmente in Italia. Non si meraviglino dunque i nostri lettori se, proponendoci di discutere dallo aspetto economico la portata degli atti recentemente delibe-rati nel Parlamento britannico, noi proviamo il bisogno di cominciare da una precisa esposizione del fatto; la quale, se avrà il difetto di riuscire un po'arida, po-trà presentare il vantaggio di chiarire in brevi parole ciò che difficilmente si arriva a comprendere, salvo che si ricorra a molti e grossi volumi, di cui non tutti potrebbero o amerebbero di far uso. Noi non inten-diamo, per altro, occuparci dell'alto insegnamento. Non è quello a cui alludono i vincolisti. Vogliamo, almen per ora, limitarci al solo elementare, ed a quella parte del medio, che coll'elementare ha un intimo ed imme-diato legame. E qui, che si agita la discussione eco-nomica; è qui il soggetto della legge 9 agosto 1870, nella quale i vincolisti pretenderebbero far consistere il loro trionfo, so mai trionfo, in ogni caso, l'esem-pio inglese può dirsi.

L'istruzione pubblica in Inghilterra presenta quattro epoche ben distinte. Nella prima, anteriore alla riforma, era assai misera, e tutta in mano del clero. Tra i pochi dottissimi e la popolazione ignorante, stava una classe, non numerosa, che imparava a leggere, scrivere e un po' di calcolo, nelle scuole o cappelle, a tal uopo fon-date da privati filantropi, da prelati, talvolta anche da principi. Allora il saper leggere era qualità non comune, e rispettabile tanto, che costituiva il privile-gium clericale, o assicurava la grazia della vita a dei delinquenti, ai quali, senza di ciò, si sarebbe dovuto mozzare il capo; e si sa, d'altronde, come fino al tempo di Elisabetta e di Giacomo I, vi furono pubblici ufìiziali di grado eminente, gli atti de'quali per tutta firma non portano, che un segno di croce.

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758 L' E C O N O M I S T A 12 novembre 1874 scuole ad uso del pubblico le quali, con

denomina-zione moderna, si son chiamate classiche e non-classiche. Le prime, che son le più antiche, furono allora designate col titolo di scuole grammaticali (grammar schools). Prime ad esser fondate, se ne contano ven-tuna, per ordine di Eduardo VI, ad istigazione del suo maestro, Tommaso Le ver; delle quali alcune esi-stono ancora in florida condizione, specialmente la Christ church in Londra. Il titolo non era già nuovo, essendovi memoria di qualche grammar school, che rimonterebbe al secolo VII, fondata dall'arcivescovo di Cantorbery con Breve pontificio; ma è proprio dalla istituzione di Eduardo in poi, che le scuole gram-maticadi presero un grande slancio, giacché, ad imi-tazione di lui, e nel corso d'un secolo e mezzo, mo'te ne furori fondate dalle autorità ecclesiastiche e da cittadini secolari, sempre sotto il medesimo nome. Il loro scopo esplicito fu quello di propagare l'insegna-mento del latino e del greco. Ciò divenne general-mente sottinteso e indiscutibile: i magistrati inglesi han più volte deciso che il titolo di grammar school non potè aver avuto altro senso, nella mente de'foii-datori. fuorché l'insegnamento delle due lingue dotte, ad esclusione d'ogni altro studio. Le scuole gramma-ticali s'istituivano sempre per un numero definito di studenti, in un dato luogo, comune, o quartiere eccle-siastico, al segno che si chiamava straniero qualunque alunno a cui, in via di eccezione, si concedesse di fre-quentarle. Ebbero tutte un patrimonio assegnato in perpetuo, alle condizioni imposte dal fondatore; e perciò l'espressione endoived schools (scuole dotate), che sarebbe generica, nel linguaggio degli Atti inglesi si vede, anche oggidì, adoperata talvolta come sino-nima di grammar schools. Alcune, inoltre, furono con regio diploma incorporate, cioè elevate al rango di ente morale; altre rimasero noi incorporated. La gio-ventù ammessa a frequentar^ impiegava parecchi anni nello studio declassici, e poseia avviavasi alla pro-fessione di legista, notaio, ecclesiastico, medico, sia passando in qualcuno dti Collegi affiliati ad una uni-versità, sia anche entrando talvolta direttamente negli studii universitarii. Intanto, le grammar schools erano affatto indipendenti da qualsiasi potere pubblico: la loro legge stava nell'atto di fondazione, nel testa-mento, o nel diploma d'incorporazione; i loro preposti erano i fidecommissarii proprii, quasi sempre persone ecclesiastiche; e soltanto interveniva la Corte della Cancelleria, quando sorgevano quistioni concernenti il patrimonio costituito.

Le scuole non-classiche spuntarono all'epoca della rivoluzione. Furono anche chiamate libere {free schools, o free grammar schools), non in quanto si volesse dire che le prime erano schiave, ma in quantochè le se-conde non eran tenute di limitarsi allo insegnamento delle lingue dotte, o potevano anche non occuparsene affatto. Perchè in quel tempo il ceto mercantile, arric-chito e moltiplicatosi, abbisognava di insegnare ai

suoi fanciulli tutt' altro, o qualche cosa di più, che l'Eneide e le odi di Orazio; e però sursero gradata-mente, in tutto il paese, dello scuole in cui si po-tesse attendere alla lingua propria, a qualche altra straniera, alla pratica della corrispondenza, alla geo-grafia, al calcolo mercantile, al modo di tenere le scritture, ecc. Talune delle scuole libere furono espres-samente e largamente dotate, a somiglianza delle grom-mar; e ne facevano pompa, distinguendosi da ciò, che, sul sommo della loro porta, si vedeva l'immagine d'un giovinetto vestito in verde od azzurro, con la leggenda: « questa scuola riceve 20 allievi, ai quali, come pre-scrive il testamento di...., s'insegnerà leggere, scri-vere, abbaco, ecc. » Altre vivevano di largizioni avven-tizie, di soscrizioni volontarie, di quasi elemosine ; e perciò furon dette elemosinary, e venner comprese tra le opere pie (Charities).

Del resto, se si eccettuano quelle poche scuole libere in cui l'istruzione cominciava dall'alfabeto, fin qui il carattere di pubblico istituto non esisteva che a bene-ficio dell'insegnamento medio, sia classico o non-clas-sico. L'istruzione realmente primaria stava, per così dire, nascosta, ed era perciò ristrettissima. Nell'alto ceto, era lo affare d'un educatore privato, che inse-gnasse leggere e scrivere tanto, quanto bastava per porre l'allievo in grado di entrare nella scuola gram-maticale o nel collegio; e le classi inferiori, quando non potevano sostenere la spesa d'un privato maestro, approfittavano delle piccole scuole ecclesiastiche, ove un po' di alfabeto imparavasi, insieme ai dogmi e alla morale della rispettiva religione. Quest'uso, che nella Scozia fu già largamente introdotto assai di buon'ora, non si estese all'Inghilterra che dopo la metà del se-colo XVIII. Il nome di Rob. Raikes, figlio a un tipo-grafo di Gloucester, tipotipo-grafo egli medesimo e gior-nalista, è ben noto per il suo vivo affetto all'umanità sofferente. I fanciulli che pullulavano ne'sobborghi, lasciati così alle venture della miseria e trascinati al delitto, lo ferivano all'anima, e lo spinsero a cercare pastori, o anche donne, che volessero prendere a cuore l'insegnamento della lettura, ne'giorni almeno della domenica. L'esperimento riuscì felicissimo. In un bat-ter d'occhio le vie di Gloucesbat-ter si trovarono trasfor-mate ; e ben presto tutte le città inglesi abbondarono di scuole domenicali (sunday schools), delle quali tutti sanno i progressi in ogni paese non barbaro, e che verso il 1812, quando Raikes morì, ascendevano in Inghilterra a ben 20 mila, con poco meno che un mi-lione di discepoli poveri.

Ma verso la fine del secolo comincia il terzo de'pe-riodi che abbiamo accennati, nel quale un gran movi-mento venne a destarsi in favore dell'istruzione pri-maria ; e allora spuntarono nuove specie di scuole, che poi si sono imitate ognidove, e nella Gran Bretagna medesima s'ingigantirono.

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12 novembre 1874

direbbe, compiuta ne'primi 30 anni del nostro se-colo, non si percorrono senza provare un sentimento di tenera ammirazione, verso il fervore con cui il patriottismo britannico si slanciò alla esecuzione di un'opera così benemerita. Avrebbe già fatto abba-stanza, se si fosse circoscritto a moltiplicare con ra-pidità inaudita le libere scuole che potevano occor-rere per quella classe mezzana, la quale, secondo le ordinarie abitudini delle moderne società, sente dap-pertutto il bisogno d'iniziarsi al sapere. Ma gl'In-glesi non si fermarono a ciò. L'occhio della loro ca-rità, penetrando ognidove, scoprì nuove lacune ogni giorno, a cui non s'era pensato. Nelle differenze di età, ne Te condizioni domestiche, ne'costumi, nella va-rietà de'mestieri, del tempo libero, de'mezzi pecu-niarii, vide altrettante cagioni che impedivano o ri-tardavano l'istruzione del popolo tutto; e trovò uomini d'ogni grado, pronti a immolare forze e sostanze, con l'intento di eliminarle.

S'era quasi affatto dimenticata la primissima in-fanzia. Fin allora, nell'età inferiore ai 5 anni i bam-bini de'poveri avevano trovato appena l'illusorio ri-fugio di quelle che si chiamavano Dames'schools, una specie di ballato, consistente in una camera sfornita d'ogni agio, mal chiusa e peggio poi ventilata, ove qualche vecchia lavandaia o sartora ne raccoglieva un buon numero per parecchie ore della giornata fino al momento in cui le madri, estenuate dalla fa-tica, venissero a ripigliarli. Ciò costava 4 o 6 danari per testa alla fine della settimana, e rendeva 7 od 8 scellini per la maestra. Non poteva un sistema così meschino pretendere lunga durata. Tostochè la ri-nomanza della scuola istituita in Francia dal vene-rando pastore luterano, Oberlin, passò in Inghilterra, il desiderio di imitarla vi si accese e vi divampò. Ne nacquero le scuole infantili (enfant schools): po-che e imperfette dapprima, fino a po-che Rob. Owen, allora caldo filantropo, senza essere il visionario ri-formatore del mondo, ne ebbe offerto un compiuto modello, in quel celebre Stabilimento di Lanark, dove pur troppo abbiamo ancora mestieri di rintracciare l'origine di non poche idee, che ci si vendono come novità preziose. Le scuole infantili, nel loro doppio aspetto di beneficenza ed educazione, si son poi ri-formate sopra basi più ampie; tutto il mondo n'è pieno, tutti i Governi ne insuperbiscono, ma non è inopportuno il ricordare la nazione che ne diede lo esempio, e non ne ha rotto lo stampo.

Dallo elemento dell'età, il pensiero corse ben pre-sto a quello delle condizioni domestiche e de'co-stumi.

V'erano fanciulli pezzenti, sudici e vagabondi. Per-che non raccorli, non educarli? pensò un giovine zoppo, ciabattino di Portsmouth; e volle provarsi so-pra un suo nipotino e due compagni del vicinato. In quest'uomo dabbene, la placida carità a cui s'ispi-rava rivelò ben presto tutti i talenti che occorrono

759 nella difficilissima arte dell'insegnare. Giovanni Pounds, ammirato e felicitato, diviene maestro di 40 allievi pezzenti, e ne fa la sua prediletta occupazione sino

all'età di 72 anni in cui muore, lasciando alla Gran Bretagna il tipo delle Ragged schools, come furono chiamate più tardi, nel 1843, per indicare (il contra-rio di ciò che a prima giunta parrebbe) la tendenza di queste scuole a sopprimere lo spettacolo di una popolazione cenciosa.

V'erano i figliuoli dell'operaio costumato e labo-rioso, addetti al lavoro delle grandi manifatture: per-chè mai non si poteva dirozzarne la mente ed edu-carne il cuore, nell'atto medesimo che l'esercizio del mestiere fornisse loro il pane quotidiano? Questo que-sito, a cui nessun Governo aveva ancora seriamente pensato, surse spontaneo nel padre di Roberto Peel; e senza indugio, nè esitazioni, nè sfoggio di vanità, si decise a dividere, nell'interno del suo opificio, la giornata de'suoi piccoli lavoranti, dandone metà al-l'alfabeto ed al catechismo, metà al telaio. L' esem-pio fu da molti imitato: ed è così che sin dal 1802 trovasi già praticato in larghe dimensioni il sistema dell'Half-time, di cui molti anni appresso è piaciuto ai legislatori di arrogarsi la gloria.

Dalle scuole de'pezzenti, e dal sistema di Peel, ram-pollò quella specie di scuole miste, nelle quali allo insegnamento del leggere e scrivere si diede per com-pagno obbligato la pratica di qualche mestiere, ma-schile o donnesco (Industriai schools). — Ma poiché la scuola industriale, nella maggior parte dei casi, diveniva difficile a frequentarsi se non ritenendovi per l'intiera giornata gli allievi, non si esitò ad intro-durne una prima varietà, portante gratuita sommini-strazione del pasto (Industriai feeding schools) senza tutto il corredo de'Convitti, serbati a un più alto grado di insegnamento. — E siccome i fanciulli rac-colti nell'infimo strato della popolazione mancavano spesso di tetto e più spesso ancora di vestiti, così si introdusse la varietà che fu detta Ricoveri (Refuges), con vitto, alloggio e vestito. — Nè basta. Non sem-pre la mano della carità giungeva a tempo per in-volare il fanciullo agli impulsi del vizio; ve n'erano così precoci a delinquere, da cadere sotto l'impero della giustizia impuberi ancora. Bisognava carpirli sulla soglia della prigione dalla quale, pagata la pena dei loro trascorsi, uscivano corrotti di più, e bignava raddrizzare le loro tendenze, per restituirli so-cievoli e saggi alla famiglia e al paese. Da qui le scuole di correzione (Reformatonj schools), che poi si incontrano menzionate sì spesso nella legislazione britannica.

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bambini? Non ci voleva di più perchè le scuole da adulti nascessero (Adult institutions). In un anno se ne vider montate 18, capaci di 600 discepoli, nella sola Bristol ; ed appena pubblicatosi il primo reso-conto, le soscrizioni affluirono ; e in men di due anni si ebbero 1770 allievi provetti di ambo i sessi, ai quali la conoscenza della scrittura parve ciò che sa-rebbe al cieco-nato la luce; e questo nuovo genere di scuole si vide ben presto riprodotto in ogni città, ne' villaggi, nelle più solitarie campagne, nel cuore stesso del paese di Galles ; e i più alti signori, col Principe reggente alla testa, se ne dichiararono ar-dentissimi protettori.

Contemporaneamente a queste tante maniere d'in-filtrare nella società l'istruzione primaria, si dovette provvedere alle difficoltà che nascevano dallo ore e da'giorni in cui fosse possibile dispensarla. Le scuole domenicali riuscivano troppo scarse. Scuole dunque quotidiane, ed una o più volte nella giornata, e diurne o serali, secondochè si trattasse di bimbi, giovinetti od adulti, di maschi o di femmine, di gente oziosa o laboriosa. E con questi e cento altri ripieghi, con l'attività e generosità di promotori, contribuenti e maestri, tutta la parte pensante e doviziosa della popolazione britannica parea non avesse che un sol pensiero: l'intento di rinsanguare la patria, assicu-randole una massa di popolo abituato ad apprezzare l'importanza dell'istruzione, assaporare i vantaggi e i piaceri del lavoro, dell'industria, del buon costume, amare il maestro, il pastore, la società tutta quanta, dalla quale sorgevano come per incantesimo quelle pleiadi di benefattori del povero, che nessuna azione governativa saprebbe mai evocare, e che il senti-mento della responsabilità cittadina facea sgorgare spontanee da ogni angolo del paese.

Nonostante, adunque, la complicazione apparente delle scuole inglesi, si vede bene com' esse, fin dal principio del nostro secolo, formassero già un sistema di previsioni e di mezzi perfettamente concatenati.

Le classi alte e medie, come anche fanno quasi dappertutto oggidì, provvedevano con una educazione in famiglia allo stadio della prima infanzia. Poscia trovavano l'istruzione mezzana, sia-nelle libere scuole, classiche o no, montate o non montate a convitto, o sia ne'collegi e nelle scuole grammaticali, se amavano avviare i figliuoli nelle carriere in cui l'istruzione classica o universitaria fosse di rito.

La gente povera aveva tutta per sè l'istruzione elementare e tecnica, più o meno estesa, gratuita o lievemente retribuita, secondo i casi e i bisogni.

Nel periodo della prima infanzia, le Infarti Schools, supplivano al difetto delle cure materne, come per lo innanzi non erano riuscite a supplirvi le Dames' schools.

Veducation, l'istruzione propriamente detta, comin-ciava verso l'età di 5 anni.

Allora il fanciullo, non ancora occupato, se trova-vasi in regolare condizione domestica, aveva a stia

12 novembre 1874 disposizione la scuola delle domeniche, o quelle tante quotidiane e diurne, che si potevano frequentare me-diante un invisibile contributo.

Se egli era occupato in qualche mestiere, le scuole domenicali e le serali gli fornivano modo di porre a profitto le sue ore libere; e se era già addetto a qual-cuno degli opificii in cui il sistema di Peel si fosse adottato, riceveva là stesso, per cinque o sei ore della giornata, una istruzione relativamente compiuta.

Se, non non uscito dalla famiglia, mirava ad ap-prendere un'arte, v'erano tre partiti per lui:

la scuola meramente industriale, quando non era del tutto sfornito di mezzi ;

la feeding industriai, quando eragli indispensabile il soccorso del vitto;

il refuge, quando era assai bisognoso per poter domandare vitto, alloggio e vestito.

Se poi era stato così infelice da pregustare il de-litto, usciva fuori da tutte codeste categorie, per tro-vare unicamente il suo posto nella scuola riformativa, che assumeva l'incarico di rigenerarne il carattere.

Gli adulti, infine, uomini o donne che fossero, pote-vano a lor bell'agio frequentare le scuole della dome-nica, o le serali, o anche le diurne e quotidiane, vo-lendo.

Tutti codesti mezzi non si dovevano mendicare e nè anco cercare. Erano apparecchiati, con profusione forse soverchia. Non esigevano sforzi e sacrificii. Ogni famiglia potea rinvenirne a pochi passi dal suo domi- j cibo. Nessuna legge li avea creati e nessun potere im-poneva di profittarne. Se gl'Inglesi se ne sieno giovati, lo vedremo in appresso. Per ora ci si conceda di nar-rare un fatto sopravvenuto in quel torno, al quale pre-cipuamente è dovuto il movimento che abbiamo de-scritto, e quello che dovremo ancora descrivere, nel susseguente periodo.

DELL'INGERENZA GOVERNATIVA

(continuazione vedi n . 26 e 27)

La vita economica d' un paese si manifesta in due ordini di fatti: la produzione e la consumazione; e tanto più rigogliosa si mostra, quanto più è libera nella sua esplicazione, giacché il bisogno e l'interesse individuale sono le migliori rególe pel produttore e pel consumatore. La produzione, sia essa agricola, sia industriale, sia intellettuale, la consumazione, sia ma-teriale che immama-teriale, il commercio sì interno che internazionale, hanno essenzialmente bisogno di libertà. Or bene, queste svariate manifestazioni dell'umana at-tività sono esse libere ili fatto? Vediamolo.

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12 novembre 1874 L' ECONOMISTA 761 desunti, non scomparve dalla odierna legislazione. 11

Codice italiano, che ha sì poche disposizioni per tu-telare la proprietà mobiliare, è sempre premuroso nel circondare la proprietà fondiaria di guarentigie e di formalità, che hanno per effetto di renderne lenti, co-stosi, difficili i trapassi, d'immobilizzare il suolo, di porre la ricchezza agricola in condizione peggiore della ricchezza industriale e della commerciale. La trascri-zione, le ipoteche, i privilegi, le formalità rigorose delia procedura d'espropriazione, le servitù legali, sono per la maggior parte prudenti e necessarie istituzioni, ma sono vincoli. La legge immobilizza gli animali, gli stroirenti, ed i raccolti del fondo, gli utensili e le macchine delle officine, li dichiara suscettivi d'ipo-teca, e vi soprappone, al solito, il privilegio del fisco. Ma non basta. Il proprietario fondiario deve denun-ziare al catasto i suoi stabili, all'agente delle tasse la rendita di essi, all'ufficio del registro o della tra-scrizione i contratti di locazione o di masserizie che faccia. Ad ogni mutazione, ad ogni miglioria intro-dotta nel suo fondo, l'agente delle tasse ne prende nota e ne prende appiglio ad un aggravio d'imposta. Se l'agricoltore vuol ricorrere al credito fondiario, non ha la scelta delle banche a cui far capo : il cre-dito fondiario è privilegio di alcuni istituti, che soli il Governo riconosce, a cui diede leggi, e su cui eser-cita sorveglianza.

Se l'agricoltore crede utile a sè coltivare a riso i suoi poderi, deve chiederne l'autorizzazione al prefetto, se vuole imboschire un terreno sterile o diboscare un monte, non è egli giudice della convenienza, dell'uti-lità, ma senza appello giudica e autorizza o vieta l'Amministrazione forestale, che, col regolamento alla mano, applica ai casi particolari norme generali: al contravventore, processo e multa. Chi voglia cacciare nel suo fondo, deve aspettare che il prefetto dichiari aperta la stagione della caccia, se no, processo e multa. E se il colono vuole chiudere il suo fondo alle deva-stazioni dei Nembrot, non gli basta il suo diritto di proprietà, ma deve ottenere la concessione dal Governo.

La casa che posseggo è mia, ma gli edili munici-pali m'impongono la forma della costruzione, il genere di abbelliménti, i comodi che posso procurarmi.

La meticolosa ingerenza delle autorità municipali in tutti gli affari dei cittadini, è ormai proverbiale, come lo è la frequenza dei processi per contravvenzioni ai regolamenti comunali.

11 lido del mare non è res comunis, come diceva l'antica dottrina, ma proprietà dello Stato, che se ne riserva l'uso e reprime ogni momentaneo possesso di esso: i corsi d'acqua naturali sono quasi tutti indu-striali, e l'industria non può servirsene come forza motrice, nè l'agricoltura per l'irrigazione, senza ot-tenerne dal Governo una costosa concessione.

Il diritto di pesca nei fiumi e nei laghi si vende dal Governo, come si vende dal Governo il diritto di col-tivare una miniera a chi essendo proprietario del suolo

dovrebbe pur avere la proprietà di ciò che vi si con-tiene; e l'industria mineraria, come la peschereccia, è regolata da leggi e da regolamenti, che ne limitano il libero svolgimento.

E come se non bastassero tanti vincoli al proprie-tario fondiario, lo Stato gli fa concorrenza, lo Stato che assorbì tanta parte di proprietà nazionale, che loca i suoi stabili, e coltiva poderi, e mantiene un esercito di funzionari per amministrare il suo patri-monio.

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762 L' E C O N O M I S T A

12 novembre 1874 ai contratti a termine, e prescrive norme e limiti

al-l'aggiotaggio. E frattanto, creato l'enorme debito pub-blico, ridotto il Governo ad uno speculatore che fa speculazione sui suoi titoli di debito, i capitali della nazione furono assorbiti dai prestiti governativi, si ritrassero dall'industria e dal commercio per correre all'agape della speculazione facile e poco faticosa che il Governo bandiva, coli'allettamento di premii e di vistosi interessi, e se ora l'Italia è afflitta dalla crise finanziaria, se l'industria ed il commercio mancano di capitali, se la moneta è rinvilita, lo si deve in buona parte alla concorrenza che il debito pubblico ha fatto al lavoro nazionale. E vergognosa speculazione del Go-verno, male scusata col bisogno finanziario, è il lotto, che ruba all'operaio i risparmi, che dovrebber servire al lavoro.

Sull'esempio del Governo camminarono i Comuni, i quali, con enorme abuso dell'autorità amministrativa, aprirono ingenti prestiti, allettando gl'ingordi colla speranza di favolosi guadagni e colpi di fortuna.

Intanto l'influenza del Governo si estese in ogni ramo d'industria. Alle frontiere dello Stato, alle bar-riere delle città, s'imposero dazii, un po'per iscopo d'imposta, un po'col pretesto di proteggere l'industria nazionale contro l'industria straniera.

Per la smania di favorire, il Governo sussidiò so-cietà ferroviarie e soso-cietà di navigazione, assicurando loro un certo profitto, e riservandosi la sorveglianza sulle loro operazioni, la formazione degli orarii, la fis-sazione delle tariffe, la vigilanza sull'amministrazione; creò ed abolì porti franchi, autorizzò e regolò i doks, avocò a sè la sorveglianza sulle opere pie, sui corpi morali. Volle fissare il prezzo delle derrate, e certi Municipii risuscitarono testé le mete ed i calmieri.

Il diritto di proprietà privata industriale fu assog-gettato ad una sanzione governativa, il diritto di pro-prietà letteraria dovette avere l'approvazione ministe-riale per essere riconosciuto, e sanno gli autori e gli inventori che sorta di tutela sia quella che loro ac-cordano legge e regolamenti.

Il lavoro, la più legittima affermazione della libertà individuale fu anch'esso assoggettato alla trafila del-l'azione governativa.

L'industria dell'oreficeria fu assoggettata al marchio governativo, quella del farmacista, del droghiere, del fabbricante di prodotti chimici, fu vincolata da rego-lamenti e concessioni speciali; l'autorità politica si ri-servò il diritto di autorizzare l'apertura d'ogni pubblico esercizio; sui pesi e sulle misure fu applicato il con-trollo dello Stato, ai molini il contatore, alle fabbri-che di birra, di alcool, di vino, il sigillo dell'agente fiscale.

L'arte e la scienza diventarono monopolio dello Stato. Il Governo, fattosi maestro, volle essere solo ad impartire alla nazione lo scibile umano, e si ar-rogò il diritto di concedere lauree, diplomi e patenti, di allevare maestri e maestre, di spezzare ai fanciulli

ed agli adulti il pane della scienza, e di fissarne il modo e la misura: aprì scuole, università, accademie, istituti nautici, conservatorii, negando lavoro e diritti a chi non avesse succhiato il sapere alla fonte g o -vernativa. E così le professioni liberali furono sog-gette alla patente d'idoneità che solo può concedere il Governo.

Ma non bastando negare la libertà della scienza, si volle che il Governo penetrasse nelle famiglie, e imponesse l'istruzione, come s'imporrebbe una multa. Il teatro fu assoggettato alla censura governativa, la stampa alla sorveglianza politica.

L'associazione, dichiarata come un diritto dallo sta-tuto, dovette piegarsi alla vigilanza del Governo ; ed il prefetto ebbe potere di sciogliere le società operaie, e l'autorità giudiziaria di reprimere gli scioperi che la legge dichiarava un diritto.

Autorità di pubblica sicurezza, prefetti; consigli forestali, amministrazioni doganali, consigli d'igiene, edili, uffici di sorveglianza, di controllo, agiscono di concerto per intralciare ad ogni passo l'iniziativa, l'attività dei cittadini.

Noi non vogliamo certo sostenere che indebito sia sempre siffatto intervento dello Stato: non abbiamo voluto che sbozzare un quadro dello stato attuale delle cose, lasciando che ne giudichi il lettore, e riservan-doci di esporre il nostro pensiero sulla convenienza e legalità di questo intervento, sia in tesi generale che nel principali casi pratici accennati. E comincie-remo per esaminare se, in astratto, lo Stato debba avere una funzione economica, esaminando in seguito entro quali limiti debba essere contenuta. Ma parci fin d 'ora che dal quadro esposto risulti non essere precisamente sentito il bisogno di allargare i confini di siffatta ingerenza governativa, già di soverchio ec-cessiva.

I principii del socialismo cattedratico

Dall'egregio prof. Piero Torrigiani deput. al Par-lamento, riceviamo la seguente lettera che ben vo-lentieri pubblichiamo :

Pftrina, 7 n o v e m b r e 1871.

Stimatissimo signor Direttore,

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av-L' E C O N O M I S T A 763 « vertendolo sin d'ora, che riterrò il suo silenzio come

« una ritrattazione. » Il vivere io a questi dì nella so-litudine di una campagna, mi fece giungere con ritardo di tempo V Economista d'Italia, che regolarmente mi è favorito dalla cortesia del suo Direttore, ed è per ciò che non ho potuto soddisfar subito alla domanda diret-tami dall' esimio prof. Cusumano.

Per verità non intendo lo scopo della riproduzione di alcune parole del mio scritto, pubblicato nell'Economista in Firenze il 1» dell' ottobre scorso, colle quali ho sem-plicemente confermato quanto aveva in modo esplicito e chiaro annunziato il Conte di Cavour nel suo bel lavoro pubblicato nel 1855 intorno alle idee comuniste ed ai mezzi di combatterne gli sviluppi. « Cette considération (ecco le parole di Cavour dopo i lamenti pei danni che deri-vano dalla confusione fra i fatti e il diritto) explique pourqaoi l'on voit. aujourd'hui beaucoup de comiwist.es

sortir des Universités allemandes, mi l'on professe cette phi-losophie qui co.-.duit à justìfier tout ce qui arrive. »

10 spero che il prof. Cusumano non vorrà contraddire questa dichiarazione uscita così a proposito da quell'al-tissimo e dotquell'al-tissimo ingegno di Camillo Cavour; e se è vero che per le ragioni da lui sviluppate, molti dei co-munisti sono usciti dalle Università alemanne, perchè mai il prof. Cusumano vuol passare a me la qualità di profeta che io ho riferito alle parole del Conte di Cavour? Se in-torno alla metà di questo secolo cominciarono a prodursi comunisti nelle scuole alemanne, può essere difficile non ammettersi che da questa sorgente abbiamo oggi coloro che da tutti si chiamano, e dallo stesso prof. Cusumano, socialisti in cattedra.

So benissimo che l'idea di Cavour può salire a tempi anteriori.

Chi ignora che cosa fosse la scienza camerale in Ger-mania, dove la economia politica si restringeva niente più niente meno che nel ramo amministrativo? Così la quali-ficano ingegni eminenti come quelli di Herman e Nébe-nius. L'ingerenza dello Stato, di cui oggi si cerca di pro-pagare la utilità nelle applicazioni della scienza econo-mica, fa rivivere le idee che pei progressi della scienza stessa dovevano credersi sepolte.

11 prof. Cusumano studia e riferisce pubblicamente ciò che si svolge in Alemagna nelle opere e nelle riunioni di molti economisti, ma egli non può credere certamente che nella stessa Alemagna siano tutti d'accordo per allonta-narsi da quei principii a cui la scienza è arrivata dopo le fasi storiche degli svolgimenti sociali.

Sarebbe utile, esimio signor Direttore, che la nostra Società Smitliiana producesse, in una serie di articoli, un' epitome della storia dell' economia politica, prendendo ad esame 1' interessante e dottissimo libro di M. Kantz sullo sviluppo storico dell'economia nazionale e della sua letteratura (Die geschichtliche Entwickelung dei- nationale Aekonomie und ihrer Litteratur - Wien, 1860). Vedremmo la strada e il confine a cui sono ora arrivati molti eco-nomisti in Germania. Negli svolgimenti storici della no-stra scienza è impossibile addentratisi, senza risalire ai fatti sociali generatori della verità e potenza del diritto. Finché l'intervento dell'opera dello Stato non altera, ma anzi difende e tutela i limiti del diritto, la scienza trova una piena riconferma dei suoi precetti, ma quando ere-desi di riparare ai mali, abbandonando la scorta dei

prin-cipii scientifici, mentre può vedersene riparato uno, si tace, per nascondere, dai propugnatori della scuola che segue questo cammino, le degenerazioni e i danni che in altre parti della» società si creano. È uno svolgimento del delizioso pamphlet di Federico Bastiat, ce qu'on voit et ce qu'on ne voit pas.

Maurizio Block, il quale rende conto dell'andamento delle riunioni di economisti in Germania, parlando di quella tenutasi il 17 dello scorso agosto a Crefeld, ha giustamente notato i due punti nei quali principalmente i socialisti in cattedra si separano dalle sane dottrine economiche, ossia 1° dell'intervento dello Stato, senza il rispetto necessario per queste dottrine, 2" della predile-zione pei lamenti delle classi operaie, contro coloro che li impiegano.

L' egregio prof. Cusumano, citando Bohmert come militante nella scuola avversaria, annunzia che la diffe-renza caratterizzata da questo economista colle parole di seguaci del libero scambio e non seguaci del libero scam-bio, è rifiutata come espressione di quanto succede nella nuova scuola alemanna. Eppure il libero scambio rchiude la somma di tutte le libertà economiche. Si ac-costa il prof. Cusumano al prof. Brentano, il quale, a nome dei suoi amici, dichiara che i così detti socialisti della cattedra sono seguaci di ogni libertà, meno della li-bertà delta merce-lavoro. Ma buon Dio ! non è forse nel-l'idea del lavoro che si concentrano tutte quelle che la economia politica esamina? Come si può parlare di li-bero scambio senza partire dal concetto limpido e intero della libertà del lavoro ? Io non posso credere che 1' esi-mio prof. Cusumano abbia prodotta la citazione delle parole del prof. Brentano quasi per far credere che i so-cialisti della cattedra ammettendo ogni libertà, meno quella della merce-lavoro, la differenza delle scuole sia così piccola che non vale la pena di occuparsene.

Quand' è che il gran padre della nostra scienza, Adamo Smith, ha potuto giungere alla dimostrazione che i pro-dotti di tutte le cose suscettive di cambio derivano dal-l' umano lavoro, e che i tanti economisti di ogni civile nazione han poi sviluppato, e il chiarissimo prof. Cher-buliez ha così esattamente descritto nel suo epilogo della storia della scienza economica fino ad Adamo Smith? Quando in seguito agli svolgimenti sociali, gli studi dei fatti economici, inseparabili dalla umana esistenza, han condotto all' adozione del sistema mercantile, e poscia al fisiocratieo, e finalmente all' industriale sulla base gene-rale del lavoro. L' origine del lavoro, salendo al principio attivo di cui l'uomo è dotato, colle facoltà che ne diri-gono l'andamento e lo scopo, dimostra come ogni restri-zione alla sua libertà (su cui il prof. Brentano è citato dal prof. Cusumano per indicare la differenza di scuola della quale ci occupiamo), deve necessariamente tradursi in una restrizione di prodotti, con danno manifesto della loro distribuzione, se nel modificarla offendesi il prin-cipio della proprietà individuale, degenerando nei tanti danni inevitabili che si accompagnano alle diminuzioni del lavoro e di prodotti.

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applica-764 L' E C O N O M I S T A 12 novembre 1874 zione è rispettato, si tenti ora di retrocedere verso i tempi

in cui all'adozione della lunga e funesta schiera dei vincoli, corrispondevano altrettanti mali e altrettante miserie dei popoli.

Io le dico sinceramente, egregio signor direttore, che ho fede di non vedere questa macchia di regresso propagarsi come alcuni desiderano. Nell'elenco degli stimatissimi scien-ziati che sembrano opporsi alla società Smithiana, vi ho letto a capo il prof. Antonio Scialoia, che mi conosce quale uno degli ammiratori del suo valore scientifico.

Io potrei citare a dozzine le idee di completa libertà economica, che abbondano nei celebrati suoi scritti, ma amo di citare adesso un solo esempio raccolto in un pe-riodo di questo dotto maestro, entro l'encomiato suo opu-scolo Carestia e Governo. Sebbene il nome di Governo fosse sotto la sua penna, egli era tanto lontano dal chiederne qualsiasi intromissione nel campo del lavoro e del com-mercio, che a pagina 51 leggiamo queste belle parole:

« La libertà ò nel mondo pratico, quel che la verità è nel mondo delle idee. Quando l'uomo possedesse la verità completa sotto tutte le sue forme, e la libertà pratica senza limiti, non sarebbe più uomo: egli sarebbe Iddio. »

Accostiamoci adunque all'Ente Supremo progredendo sempre, e non retrocedendo mai sul cammino delle libertà!

Yi è un altro nome che mi piace citare nell'elenco degli aderenti alla Circolare di Padova, analizzata nel n. 21 di questo giornale, VEconomista. E il nome del commenda-tore Quintino Sella, dell'amicizia del quale grandemente mi onoro.

Nel suo discorso al banchetto elettorale di Bioglio, in-trodusse opportunamente questo periodo: « Si disputa vi-vamente intorno al più o meno d'ingerenza dello Stato. Non sono di quelli che credono al lasciar passare e fare. Ma pure codesta ingerenza la desidero ridotta al minimum poss b le. »

Ridurre questa ingerenza non può certo significare allar-garla. Sarà bene che nell'unione preparata in Milano dagli oppositori della società Adamo Smith, scrivansi queste giu-ste parole a capo della discussione. Il minimum possibile è proprio il concetto più conforme alla scuola di Adamo Smith.

Ma è tempo che io proceda per rispondere alla domanda personale dell'egregio prof. Cusumano : se io credo le sue dottrine socialistiche, o a meglio esprimersi, dei socialisti in cattedra.

Parò qualche analisi di confronto fra gli stadi del signor prof. Cusumano, sulla condizione attuale degli studi economici in Germani ed alcuna delle sue riflessioni. Il lettore giudicherà.

Finché il prof. Cusumano non fa che produrre i pen-sieri della scuola germanica dei socialisti in cattedra, com'egli pure li chiama, può dirsi che secondi la domanda (è una sua parola) direttagli da sua eccellenza il mini-stro dell'istruzione pubblica, incaricandolo di raccogliere e portare in Italia le idee della nuova scuola economica in Germania.

Al che fummo spinti, (scrive il prof. Cusumano) dalla im-portanza del tema e dalla promessa fatta agli illustri Mes-sadaylia, Lampertico e Cossa. Aggiunge il prof. Cusumano di tenersi siouro di avere soddisfatto il suo compito in un modo più completo e più veritiero di quello di Maurizio Block, uomo abbastanza ricco di esperienza e che la

So-cietà degli economisti di Francia ha elevato a grandis-sima stima, incaricandolo di riferire, come conoscitore profondo dello svolgimento delle idee della nuova scuola economica alemanna nel giornale degli economisti, quanto di più importante vi si manifesta.

Non contento il prof. Cusumano di far la parte di storico, piega nella sua pubblicazione alla critica di uno fra i più distinti economisti d'Italia, il chiarissimo pro-fessore Boecardo, arrivando al punto di dichiararlo cieco seguace dell'assoluta concorrenza L

Quando si va a questo punto è davvero difficile non concludere che chi pensa e scrive .così, è legato alla scuola innovatrice ch'egli dipinge con colori di un vero seguace delle idee che vi si adottano.

Il prof. Cusumano, ripetute più volte le intromissioni nella scienza economica, della politica e dell' etica, di-chiara (pag. 288) dimostrata la necessità di fare della economia politica una scienza etica. La buon' anima di Giuseppe Droz giustamente sentenziò che la economia politica era la migliore ausiliare della morale, ma se vuoisi convertire quella in questa, vai quanto emanare una sentenza di morte di una scienza seppellita .dentro un'altra !

La economia politica studia le leggi con cui la ric-chezza si svolge, distribuisce, circola e si consuma. Se queste leggi si confondono con altre di altre scienze, na-scono alterazioni della verità che rendono il loro studio impossibile.

L'egregio professore Cusumano sdegnasi di appartenere alla scuola dei socialisti in cattedra. Questo sentimento è lodevole. Ma quando riferisce l'accusa di Held (pag. 288) che la scuola di Manchester nello studio della ricchezza dimenticò gl'interessi della; civiltà umana, come mai non sentesi egli spinto a dichiarare che la storia dei popoli dimostra precisamente il contrario ? Ricchezza e civiltà sono due linee parallele che ascendono e discendono in-sieme.

Io non devo, esimio signor Direttore, espandermi troppo in citazioni di paragrafi dello scritto nel quale il pro-fessor Cusumano non ha solamente svolto le idee della giovane scuola germanica, ma anche le proprie, pale-sando per molte di esse la propria simpatia. Mi limiterò quindi a trascrivere alcune linee della pag. 295 e 296 di quanto il professor Cusumano ha portato dalla Ger-mania.

Ripetendo egli quanto fu le cento volte discusso sulla libera concorrenza, trionfando sempre i suoi sostenitori, il professor Cusumano crede di poter pronunziarsi nel seguente modo :

« Il primo inconveniente ohe si trova nella concor-« renza illimitata, è il dominio del forte sul debole; del « capitalista sull'operaio, del possessore sul non posses-« sore, della grande industria e grandi fabbriche sulla « piccola.

« Se essa giova molto ai consumatori, perchè si pro-< duce a buon mercato e si aumenta la produzione, pure « non può negarsi che dà un monopolio reale alla grande « industria, e ne abbiamo un esempio nelle ferrovie. »

(È suo, del professor Cusumano, questo esempio?)

1 Vedi nel voi. xii, fase. 2 e 3 dell' Archivio Giuridico,

(9)

765 « Ma, astrazion fatta da questo danno, sono più

per-« niciose le conseguenze relative alla divisione dei beni, « poiché essa, dicono generalmente i nuovi economisti « della Germania, li divide troppo ingiustamente. Anzi, « Schmoller, che dimostra nel corso di tutta la sua « opera la lotta della grande colla piccola industria, lo « ritiene per fatto sicuro ed innegabile. Da ciò, l'oppres-« sione, l'agonia, la disperazione dei maestri, ossia la « crisi attuale delle maestranze in Germania e la perdita « totale dell indipendenza degli operai. »

Chi partecipa a queste opinioni, può essere liberato dall'accusa di socialista in cattedra, ed anche al di là della cattedra? Dal modo col quale il prof. Cusumano si esprime, tale accusa è una conseguenza logica pura e semplice delle parole sue proprie. Eccone altre :

« Nè meno dannose (è luì che parla così) sono le con-« seguenze se si riguarda la libertà economica interna-c zionale, poiinterna-ché essa minainterna-cinterna-cia la esistenza dell' ope-« raio (niente meno !) ecc. »

Io mi sentirei attratto a parlare alquanto sulla parte del lavoro presentato dal professor Cusumano al Mini-stro e al pubblico, che volgesi intorno alle imposte. Ma l'argomento richiederebbe una duplicazione di quanto ho già scritto a lei, esimio signor direttore, al fine di mo-strare perchè non accetto la parola di ritrattazione, di-rettami dal signor prof. Cusumano. Anch' io provo il desiderio di una sua ritrattazione, laddove ha creduto di adoprare la parola ingiusta e poco conveniente di insinuazione, che in tutta coscienza so di poter rifiutare.

Basta così, e mi pregio di offerirmi a lei, egregio si-gnore, con tutta la stima

Devotissimo F. Torkigiani.

STATO ECONOMICO DEL BELGIO

(Annuaires statistiques de la Belgique. Quatrième.annéel873) Abbiamo avuto non ha guari occasione di tracciare un quadro economico dell'Inghilterra basato sullo Btati-stical Abstract; altrettanto interessante e forse più, lo è in certi riguardi il piccolo Belgio, che, senza avere nelle mani la signoria del mondo, pure sviluppa una tal vita economica, da essere invidiato da molti grandi Stati. Il tracciare l'andamento economico di questo po-polo, che all'attività del sangue celtico riunisce la per-severanza di qupll ' germanico e, grazie a questo felice connubio, da secoli forma il punto centrale del com-mercio e dell'industria del mondo, le cui più lontane fila si ricongiungono nella ora tranquilla Bruges, è tanto più facile, poiché anche nel Belgio abbiamo un paese classico per le statistiche. Noi possiamo tranquilli e senza temere contraddizione azzardare il giudizio che gli Annuaires statistiques del Belgio attualmente non hanno i loro pari nella letteratura statistica. Affidandoci a simile guida, vogliamo considerare ora la vita econo-mica di un popolo, che malgrado le sole sue 535 miglia quadre, ha sviluppato un commercio estero con una in-tensità di 900 franchi per testa.

Prima di tutto vogliamo osservare il movimento

com-merciale. Il totale commercio del Belgio dal 1840 in poi si è sviluppato nelle seguenti proporzioni:

1840 429s milioni franchi 1850 912s 1860 1 8 0 k » 1865 2569a » 187 0 3282o » 1871 44 9 72 »

Nal corso dunque degli ultimi trenta anni troviamo un aumento del commercio più che dieci volte maggiore. Il raddoppiamento sembra aver luogo da dieci in dieci anni, di cui la diecina 1860 fino a 1870 mostra una piccola declinazione, ma che nella diecina dal 1870 al 1880 sarà minima. Se osserviamo solo il commercio speciale, que-sto nel 1871 ascese nell'importazione a fr. 1,276,977,000 e nell'esportazione a fr. 888,659,000. Anche qui appa-risce una preponderanza nell'importazione, come nella maggior parte dei popoli le cui condizioni economiche sono sviluppate. Il commercio più importante è con i seguenti paesi:

I M P O R T A Z I O N E E S P O U T A Z I O N E

Erancia . fr. 247,378,'00 Francia . .fr. 297,001,000 Inghilterra » 232,884,000 Zollverein.» 196,051,000 Zollverein. » 213,433,000 Inghilterra » 193,465,000 Paesi Bassi » 170,720,000 Paesi Bassi » 102,983,000 Stati Uniti » 87,390,000

Russia . . . » 63,667,000 Rio della Piata» 63,318,000

Anche nel commercio di transito sono gli Stati sopra-mentovati cui tocca la parte principale. Tra gli articoli importati e dichiarati di consumo i seguenti sono da distinguersi. (I dati si riferiscono all'anno 1871). Cereali fr. 236,619,000, lana fr. 141,751,000, pelli gregge fran-chi 63,473,000, cotone fr. 63,229,000, materie tessili ve-getali fr. 61,474,000, semi oleosi fr. 41,479,000, caffè fran-chi 38,336,000, tessuti di seta fr. 33,774,000, legname da costruzione fr. 25,699,000.

Nell'esportazione primeggiano i seguenti articoli: filati fr. 95,178,000, materie tessili vegetali fr. 83,373,000, stoffe fr. 82,518,000, carbon fossile e cocks fr. 67,366,000, ferro lavorato fr. 46,494,000, pelli gregge fr. 45,935,01 0, zucchero scuro fr. 44,119,000, macchine e strumenti fran-chi 24,904,000. Anche la carta, il vetro e le armi appa-riscono per una forte somma. L'aumento nei singoli articoli dell'importazione è ragguardevole: l'importa-zione dei cereali nel 1840 fu di soli 10 milioni, della lana di 11 milioni, delle pelli gi'egge di 1 1{2 milione, del cotone di 15 milioni. L'importazione delle pecore è salita da 275,000 a 6,856,000 e quella degli animali suini da 49,000 a 4,472,000.

Dopo quello delle merci, viene il commercio monetario, che nell'ultimo periodo economico ha preso un grande sviluppo.

La somma dei biglietti in circolazione ed il valore delle cambiali in portafoglio salì alle seguenti'cifre:

Fine di didfclttlltu B i g l i e t t i in circolii'/.ione Cambiali in p o r t a f o g l i o

(10)

766 L' E C O N O M I S T A Lo sconto bancario sali dal 1860 di 1 55 per cento.

11 denaro divenne dunque negli ultimi anni sempre più caro. Una direzione contraria sembra segnalarsi nel corso delle obbligazioni del debito pubblico, che, per esempio, la rendita 4 l\2 per cento da 56 2-3 nel 1858 salì nel 1870 a 61 74 e nel 1871 a 62 03.

Passando alle industrie, troviamo anche qui un forte aumento nella produzione, specialmente in quella delle miniere e delle ferriere ed in quella delle cave delle pie tre e del carbon fossile: al contrario le fabbriche per la lavorazione del ferro hanno diminuito alquanto. Per quello che riguarda specialmente la produzione del car-bone diamo la seguente tabella.

1840 1871 Numero delle miniere . . . 299 284 Estensione (ettari) 123,933 . 141,202

Produzione (tonnellale).. . 3,929,962 13,733,176 Valore (franchi) 46,343,285 153,803,341 Numero dei lavoranti . . . 47,949 94,286

La totale industria delle miniere nel 1871 occupava 165,356 lavoranti e 10,454 macchine a vapore, che rap-presentavano la forza di 334,006 cavalli.

Interessantissimi sono anche i dati circa i Conseils de prud'hommes. Il numero delle controversie portato dinanzi a loro salì costantemente da 2761 nel 1862 a 3330 nel 1872. In tutto i Prud'hommes durante gli ultimi dieci anni hanno deciso 33,000 controversie. Non tutte queste controver.de si riferivano ai rapporti tra operai e princi pali, ma bensì la maggior parte; le altie erano di operai, o principali tra di loro ; un gran nùmero di queste benché non di competenza del consiglio , pure gli furono volon tariamente sottoposte.

Anche nel Belgio, come nella maggior parte degli Stati, ha avuto luogo negli ultimi anni un forte rincaro nei prezzi. Vogliamo segnalare solo alcuni dei principali oggetti. Il prezzo del terreno dal 1856 fino al 1866 è sa lito da 3171 franco per ettare a 3946, circa il 24 per cento. Il grano gentile dal 1860 al 1872 salì da fr. 81 15 por 100 chilogrammi a fr. 33 35, le civaie da fr. 25 18 fino a fr. 26 15: invece il grano duro, l'avena e le pa-tate diminuirono di prezzo. Il burro salì da fr. 2 13 fino a fr. 2 77 e la carne bovina dal 1863 fino al 1872 da fr. 1 27 fino a fr. 1 73. Salirono molto anche la carne di vitella di latte e di maiale.

Se finalmente osserviamo il movimento commerciale del paese, troviamonhe il numero delle persone trasportate sulle ferrovie nel 1840 era di 2,199,319 e nel 1872 di 23,197,623. Le mercanzie trasportate nel 1860 ascendevano a chilo-grammi 27,379,300 e 102,154 tonnellate, e nel 1872 a 187,749,714 chilogrammi e 13,076,981 tonnellate. Il nu mero delle lettere dal 1860 al 1872 ascese da 23,960,846 a 53,191,476, quello dei giornali spediti da 26,358,020 a 51,243,101, quello delle stampe da 6,t>68,452, a 22,018,724. Il numero dei telegrammi infine è salito da 52,050 nel

1853, a 2,407,363 nel 1872.

Situazione dell'Australia e della Nuova Zelanda

S o m m a r i o : — 71 b i l a n c i o di Vittoria. — l.e tariffe protettrici, il Ubero s c a m

-b i o e d il tesoriere c o l o n i a l e . — Lo ferrovie. — L ' i s t r u z i o n e p u -b -b l i c a . — La N u o v a Zelanda : il suo stato finanziario ; sue f e r r o v i e e sue strade o r d i n a r i e . — I iilaoris e l ' i m m i g r a z i o n e .

La colonia di Vittoria ha traversato or son pochi mesi una crisi ministeriale. Un nuovo gabinetto si è formato

sotto la presidenza del signor Kerferd, ed uno dei suoi primi atti è stato la presentazione del bilancio per l'esercizio

1874-75 (dal 1" luglio a tutto giugno), documento che 1' antico ministro delle finanze aveva lasciato sospeso. Le spese per questo esercizio sono valutate a 4.478,080 lire sterline, il che presenta, in confronto dell' esercizio pre-cedente, una differenza in più di 30.018 lire sterline. Circa gì' incassi, il Gabinetto li calcola 4,259,135 lire sterline, ossia 194,211 più dell'esercizio passato. I prin-cipali incassi sono: 1° le dogane, 1. st. 1,765,00); 2° le entrate dei lavori pubblici (canali, fiumi ecc.), l,00fi>625 lire sterline ; 3° 1' entrate prediali, 878,000 1. st., cifra nella quale si è compresa la somma di 701,200 1. st. rap-presentante la vendita delle terre demaniali. In quanto al solo articolo che proviene dall' imposta diretta, e che consiste in un diritto di mutazione sui beni mobili o im-mobili, cambiando di mano, per via di donazioni o per successione naturale, non si calcola più di 60,000 lire sterline.

Il signor Service, il nuovo tesoriere coloniale, entrava in un gabinetto notoriamente protezionista ; ma egli era conosciuto personalmente come il capo dei liberi-scam-bisti, e si aspettavano che tentasse di fare qualche cosa nel senso delle convinzioni dell' intera sua vita. Questa legittima aspettativa è stata delusa, e le poebe modifi-cazioni recentemente introdotte nelle tariffe non sem-brano che averne accentuato di più il colore protezio-nista. In verità, i tessuti, gli articoli di moda, la chin-caglieria, ed un gi'andissimo numero di altri oggetti, di quelli che la colonia non produce, si sono veduti affran-care da ogni diritto. Al contrario, hanno portato al dop-pio la tariffa per i metalli manifatturati, ecc., colla sostituzione dei diritti ad valorem agli antichi diritti spe-cifici o mobili, molti articoli si trovano tassati più di prima. Gli stivali e le scarpe da uomo sono ora tassate in proporzione di 2 scellini al paio ; i diritti sul vino sono portati da 3 a 6 scell. il gallone (litri 4.543) per le specie mussanti ; da 3 a 4 scell. per le altre ; il che non sembra aver commosso alcuno.

Il signor Service ha sentito il bisogno di conciliare, se era possibile, le sue antiche opinioni e la sua antica po-sizione. Egli lo ha fatto in un linguaggio che non manca d'originalità. « Resto quello che io era prima (egli ha « detto), cioè un partigiano convinto e devoto della dot-« trina del libero scambio. Ma non mi sono sentito in « diritto, entrando al potere, di far predominare le mie « opinioni personali contrarie a quelle della maggio-« ranza degli abitanti. Quando un paese è democra-« tico, bisogna sapere chinarsi dinanzi all'opinione delia « maggioranza, e non vedo senza dispiacere che un gran-ai dissimo numero di liberi-scambisti si mostrano troppo « inclinati a raccogliere il premio della vittoria, prima « di aver vinta la battaglia. Essi dimenticano che in « sono al Parlamento esiste una maggioranza protezio-« nista e che anche la massa dei coloni è protezionista. « Ecco lo stato delle cose che ho trovato; non sono stato « io che 1' ho fatto ; e non mi sento né qualità né forza « per modificarlo bruscamente. »

(11)

solle-L' E C O N O M I S T A 767 vare il commercio. Egli aveva già avuto occasione di

esaminare i reclami di qualoheduno dei rami di com-mercio, che i diritti ad valorem coltivano il più, e si era convinto che non sarebbe impossibile il farvi giustizia, senza offendere lo stesso principio protezionista. « Per < intraprendere questo lavoro, ha soggiunto, bisognerà « aspettare che la Provvidenza abbia aperto gli occhi « acciecati dei difensori della protezione. »

Riproducendo questo estratto del discorso del signor Service, un corrispondente del Times fa notare che que-sto linguaggio dipinge bene lo stato d' animo di molti uomini politici, i più capaci del paese, cbe professano la teoria del libero scambio, e che transigono con quella della protezione.

« Essi non possono adattarsi all'idea d' essere esclusi « per un tempo indefinito dal potere, e pretendono « avere il diritto d'entrarvi ; fino da oggi, alle sole « condizioni, che per molto ancora gliene possono aprire « le porte. La libertà commerciale non è, aggiun-« gono essi, l'unico terreno sul quale possono essere « utili, e fin d' allora non è loro permesso di starsene « malcontenti sotto la loro tenda. » Il giornale Argus, dopo averli incoraggiti a seguire questa linea di con-dotta, si è messo in seguito a biasimarli duramente, a gridare all'apostasia, ed hanno concepito contro questo procedere un vivissimo risentimento. Questi attacchi, e la maniera futile con cui i liberi scambisti hanno difeso la loro causa, nelle ultime elezioni generali, hanno più che contrabbilanciato 1' effetto dell' esempio dato dalla Nuova Galles del Sud, che ha francamente disertato, come ben si sa, le pratiche protezioniste.

Certo, il peso di queste pratiche ricade pesantemente sulle classi operaie ; ma, d' altra parte, si sanno così bene lnsiagarle e procurar loro certi indennizzi, che esse sono giunte a considerarle come una delle loro prero-gative ed a sospettare i motivi di coloro che le respin-gono. I commercianti all'ingrosso, che prima si lamenta-vano fortemente del sistema, se ne stanno oggi tranquilli, ed hanno buone ragioni per far ciò. Le forti tasse che bisogna pagare in moneta contante, hanno effettivamente diminuito molto l'importazione dei mercanti in dettaglio, e conferito un vero monopolio alle case le più potenti. Il debito attuale della colonia sale a 12,520,432 lire sterline, per le quali paga un interesse in media del 5 Ij2 per cento. Di questa somma, 123,889 lire non sono state ancora impiegate, e sono in cassa.

La colonia possiede 515 miglia di ferrovia ; un bacino galleggiante cbe è costato 342,000 lire sterline e nu-merosi condotti d'acqua che gli fruttano delle belle entrate. In ciò che riguarda le ferrovie, sembra che più vi consacreranno del denaro e più frutteranno. Nel 1870 esse costituivano il pubblico tesoro in perdita dell'annua somma di 311,000 lire sterline. Nel 1873, dopo aver aggiunto nuove linee alla rete primitiva, questa perdita non era più che di sole 168,000 lire sterline, ed il Go-verno si crede sicuro, non solo di vederla sparire, ma di entrare anche nel periodo dei benefizi, subito che le nuove linee principali, che sono cominciate, e le loro di-ramazioni si avvicineranno al compimento.

Si sa che questo governo si dà tutte le premure per sviluppare l'istruzione pubblica, e questa nobile preoccu-pazione costituisce già uno degli articoli più forti del

budget delle spese; perchè non si tratta di aprire sola-mente delle scuole nuove, bisogna anche provvederle dei convenienti materiali, ed istallarle in locali spaziosi, co-modi e ben appropriati al loro scopo. Per questi diversi oggetti sono state spese 500,000 lire sterline nel passato esercizio, e per l'attuale, il credito sollecitato alle Camere è ancor più forte. Gli altri aumenti di spese si riferiscono al mantenimento degli asili di alienati, alle spese di polizia, all' armamento delle milizie locali e dei volon-tari, articolo per il quale sono state giudicate necessarie 10,000 lire sterline.

Il bilancio non era stato ancora votato agli 8 settem-bre. Le riforme che trattavano d'introdurre nella costi-tuzione del Parlamento sono state sottopeste ad un co-mitato speciale, e le contee rurali hanno indirizzato al potere legislativo, per mezzo dei corpi municipali, una petizione tendente a riottenere i sussidi in favore del-l'immigrazione che da tre anni aveva cessato di essere sussidiata. Il Council si è mostrato favorevole a questo desiderio. Non sembra però esservi molta speranza cbe possa essere realizzata prontamente; perchè il governo non si sente forte abbastanza per incorrere il malcon-tento delle classi operaie, importando nuove braccia sul mercato del lavoro. I tempi di una immigrazione senza distinzione sembi'ano esser passati, ed il sistema, detto di famiglia, famUy system, in virtù del quale gli immi-granti sono designati dai coloni stessi, questo sistema è quello che sembra riunire le maggiori possibilità di essere adottato.

L'accordo progettato tra la Nuova Galles del Sud e la linea delle valigie di San Francisco, non ha avuto luogo, e vari accidenti sono accaduti sulla linea del di-stretto di Torrès. In compenso i coloni di Vittoria non possono che felicitarsi della maniera con cui i basti-menti della Peninsular and orientai Company disimpe-gnano il loro servizio. Durante i mesi di giugno, luglio ed agosto p. p. sono arrivati a Melbourne tre, quattro, e cinque giorni avanti. Alcuni montoni allevati in Tasma-nia, dal sig. James Gibson sono stati venduti in questa città a prezzi eccezionalmente elevati. Un ariete stallone, specialmente, è stato acquistato dal sig. Thomas me-diante la somma,, che sembra favolosa, di 680 ghinee (più di 17,000 franchi). Un altro colono, sig. Samuel Wilson d'Ercildoun, conosciuto per il suo zelo per i ten-tativi d'acclimatizzazione ha rega ato alla Società di Mel-bourne la somma di 1,100 lire sterline per favorire l'in-troduzione del salmone nelle acque del paese. E il

secondo esperimento che sarà tentato; il primo mancò totalmente, ma ciò si attribuisce ad errori suscettibili ad essere corretti.

Passiamo ora nella Nuova Zelanda, paese così inte-ressante per tutti i riguardi.

Il Parlamento si è riunito, il 3 luglio, ed ha sentito lo stesso giorno, l'esposizione finanziaria del sig. Vogel colonial treasurer. Questo documento, è la prova di una buonissima situazione finanziaria, come dei rapidi pro-gressi della colonia e della bontà del sistema d'immi-grazione che essa tiene. Gl'incassi dell'esercizio finanziario 1873-74 hanno oltrepassato della somma di 300,814 lire sterline quella dell'esercizio antecedente.

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se-768 L' E C O N O M I S T A 12 novembre 1874 guenti cifre attestano in modo chiarissimo lo sviluppo

progressivo delle colonie :

Entrate ordinarie V e n d i t a delle torre demaniali

1870-71 lire st. 936,188 lire st. 208,091 1871-72 » 1,031,082 » 336,311 1872-73 » 1,119,904 » 889,642 1873-74 » 1,420,216 » 1,038,797

I lavori pubblici hanno ricevuto un impulso vivissimo; sono state decretate 1,010 miglia di via ferrata; verso la, metà dell'anno venturo, contasi che vi saranno 672 mi-glia terminate, colla spesa di 3,660,881 lire sterline. In origine, cioè nel 1870, la spesa totale della rete non era stata valutata che a 7,500,000 lire sterline, più la conces-sione gratuita di 2,500,000 acri di terreno,

II sig. Yogcl la stima oggi circa 10,000,000 di lire sterline, ma è ben lungi dallo spaventarsene, perchè, dice egli, « l'eccedente dell'entrate fìsse dei due ultimi esercizi « si è elevato a 412,000, mentre allora non vi era che un « piccolissimo numero di miglia di ferrovie che funzio-« nassero. Cosa sarà dunque, quando in qualche anno « sarà terminata la rete intiera e tutte queste linee « comincieranno a fruttare, come quelle che già servono « al trasporto dei viaggiatori ed al traffico delle mer-« canzie? »

La costruzione delle ferrovie non ha, però, impedito di attendere seriamente allo sviluppo delle altre strade. Così, ai 30 giugno 1874, le strade carrozzabili, finite o cominciate, nell'isola settentrionale, abbracciavano uno spazio di 1188 miglia; i sentieri praticabili a cavallo poi si estendevano sulla lunghezza di 526 miglia.

Non bisogna dimenticare che quasi tutte queste strade e tutti questi sentieri sono stati aperti in località, quasi prive, tre anni or sono, di qualunque stabilimento europeo e che traversano contrade di milioni d'acri di un suolo fertilissimo, e coperto da foreste .magnifiche ma fino ad ora rimaste impenetrabili.

Si capisce, allora, che il ministro dei lavori pubblici divide la fiducia del suo collega, il tesoriere coloniale nel risultato finale della grande opera, di cui uno sorvei glia l'esecuzione e l'altro ne procura i mezzi pecuniari. « Il governo, ha esclamato il ministro dei lavori pub-blici, si è sobbarcato ad un lavoro gigantesco; ma l'av-venire della colonia vi è unito, ed i resultati già otte-nuti sono di un carattere totalmente incoraggiante. Che l'assemblea generale si sostenga, e per conto mio, considero come certo il successo finale. » Quest'assem-blea deve discutere due progetti importanti; uno con-cerne la conservazione delle foreste esistenti e l'imbo-scamento di alcune parti del paese; l'altro ha in vista la costituzione di una compagnia quasi officiale, per fare il traffico con gl'isolani del mare del Sud. È pro-babile che tanto l'uno, che l'altro saranno vivamente dibattuti, ma solo per forma perchè a nessuno, governo o deputati, sembra importare di venirne ad una solu-zione immediata. In quanto all'immigrasolu-zione è un'altra cosa: si tratta qui di un interesse urgente e perma-nente. Noi non dobbiamo entrare nella gran questione etnografica e morale di sapere se le razze che si chia-mano inferiori, essendo riconosciute incapaci di piegarsi alla civilizzazione, devono fatalmente sparire. In tutta l'estensione degli arcipelaghi della Polinesia, questa

spa-rizione, è già un fatto compiuto o in via di compimento. Infatti, limitandosi alla Nuova Zelanda, i Maoris, suoi abitanti indigeni, rappresentavano nel 1769 una popo-lazione, che i primi visitatori europei dell'isola calcola-rono 400,000 anime. Ottanta anni dopo, era scesa a 109,000; nel 1853 non era più di 56,000 e nel 1860 di soli 30,000. Questa razza, che pertanto era forse la più socievole di tutta la Polinesia, malgrado la sua an-tropofagia, è sparita per così dire, nelle sue guerre in-testine, e nelle sue lotte nazionali contro gl'inglesi. E solo adunque per l'affluenza dell'elemento europeo che la colonia ha potuto svilupparsi e godere la prosperità allit quale sembra essere giunta. Ogni anno riceve un certo numero d'immigranti europei, e si vede, dai quadri dell'emigrazione britannica del 1872, che 6616 inglesi vi sono sbarcati quest'anno, sopra un totale di 15,876

che avevano preso la strada dell'Australasia.

(Économis'e Francis)

Il COMMERCIO D'AMBURGO

Una notizia pronta e chiara intorno allo sviluppo del commercio tedesco, ce la dà' la città di Amburgo per mezzo dei suoi specchi commerciali, in principal modo perchè il suo porto è il più importante della Germa-nia e perchè le sue relazioni tengono conto del peso e del valore delle merci.

Le relazioni dello stesso Zollverein vengono pubblicate troppo tardi e senza dati sul valore, cosicché danno solo schiarimenti limitati, e si è obbligati di attingere le neces-sarie informazioni circa le nuove condizioni del commercio dal movimento dell'incasso delle dogane.

Il commercio d'Amburgo segna lo stesso gigantesco sviluppo che abbiamo ammirato in Inghilterra, negli Stati Uniti, e da dieci anni anche in Francia. y

In questo momento riceviamo il quadro dell' importa-zione del 1873, gentilmente speditoci dall' Ufficio di statistica commerciale in Amburgo. Questo mostra che nemmeno la crisi ha incagliato questo notevole sviluppo. Il valore dell'importazione in Amburgo era nei seguenti anni, calcolato in Marchi ed escluso il contante, il se • guente :

In media dal 1846 fino al 1850 409,272,000 Marchi » » 1851 » 1855 587,040,000 » » » 1856 » » 1861 » » 1866 Nell'anno 1870 1871 » 1872 1873 » 1860 753,303,000 » 1865 894,831,000 » 1870 1,098,270,000 1,045,617,000 1,546,809,000 1,712,373,000 1,714,407,000

In contanti e verghe oltre a ciò furono importati nel 1871 per 262,920,000 Marchi; nel 1872 per 304,848,000 Mar-chi e nel 1873 per 229,660,000 MarMar-chi.

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via di mare, di 114,825,000 Marchi, che giunsero dalla parte di Aìtona e di 712,061,000 Marchi, che furono importati per terra e per fiume.. Questa ultima somma rappresenta esportazione di fronte alla Germania, come pure indubitatamente una parte del valore importato da Altona.

Piii chiaro apparisce il progresso del commercio te-desco dal numero dei bastimenti giunti in Amburgo, e molto più dalle tonnellate loro. Sono giunti in A m -burgo:

In me.lia T o t a l e delle tonnellate Bastimenti •"•gli su ni Bastimenti r e g i s t r a l e Vapori a vela

1821 1830 2284 193,614 36 2248 1831 1840 2657 260,453 239 2408 1841 1850 3613 427,324 368 3245 • 1851 186 ) 4649 756,099 928 3720 1861 1865 5209 1,046,344 1386 3823 1866 1870 4975 1,457,003 2039 2936 1870 4144 1,389,789 1949 2195 1871 5439 1,887,505 2458 2981 1872 5913 2,080,912 2749 3164 1873 5270 1,887,057 2534 2736

Il più importante nello sviluppo del commercio è il fatto che la portata a tonnellate dei bastimenti a va-pore è quattro volte più di quelli a vela. Nel 1873 in cui il numero dei bastimenti a vela fu superiore di 202, furono per questi registrate 486,151 tonnellate, mentre per i bastimenti a vapore appariscono 1,400,906 di ton-nellate. Il tutto accenna chiaramente allo sviluppo che in avvenire prenderà il commercio coll'aiuto dei bastimenti a vapore.

R I V I S T A ECONOMICA

V e n d i l a elei beni demaniali del l i e g n o «l'Italia al 15 ottobre. — 11 Sellilo jiubblicQ italiano al SI ottobre 1S14. — bituaziona generale delle euitl"? ninni ferroviarie per c o n t o diretto dello Stato al 1 o t t o b r e 1871..— I trat-tati di eotnntereio della l l u u e p i a . — L a popolazione dei principati Danu-biani. — Le ferrovie di tutta il mondo nel 1874. — Le f e r r o v i e in Fran-cia al 31 dicctnbro 187 L — Il Bilancio d e l l ' i m p e r o Germanico pel 1873. — Creazione di un'autorità amministrativa autonoma nell'Alsaaia-Loretta. — La moralità dell'Irlanda. —• Scioperi e Lock out in Inghilterra. -— Il Buardiug-out system. — Operazioni della Gfcariufi-ltouse di N u o v a - Y o r k . L e m a c c h i n e austriache ed il mercato italiano. — l.'industria del t a b a c c o nell'America del Nord. — Canaio fra il Pacifico e l'Atlantico — Con-gresso ferroviario internazionale. — N u o v e f a b b r i c h e nelle India. — l i Congresso degli antìliberil ti.

Le vendite di beni demaniali operate dalla Società per la vendita dai beni del Regno d'Italia durante la prima quindicina di ottobre ammontano a 103 lotti per la somma complessiva di lire 605,666 14 repartite nelle diverse provmoie del Regno come segue :

Alessandria 23 L. 61,352 00 3 » 40,223 00 Aquila

. »

6 » 62,689 20 Ascoli Piceno . . . . « . » 4 » 39,962 68 Avellino 3 » 2,424 83 Bari 4 2> 13,108 30 Caserta » 4 » 170,730 00 7 » 21,219 12 Como » 1 » 7,500 00 Cuneo * 1 » 900 00 Foggia 17 » 15,533 00 » 2 » 4,865 73 Macerata » 1 » 9,968 85 » 1 » 20,000 00 Napoli » 1 » 4,853 18 Pavia » 2 » 7,670 IMi Perugia » 7 » 75,532 24 Pesaro ed Urbino. . . » 1 » 16,200 00 Potenza * » 11 » 20,136 66 Salerno » 3 » 9,407 0e Sassari . . . » 1 > 1,349 00

Dalla tabella che riproduciamo più sotto intorno alla situazione del Debito Pubblico italiano rilevasi come dal 1° luglio al 1° ottobre ora decorso vi è stata una diminu-zione di Rendita di lire 1,189,796 41.

La nuova Rendita consolidata per la somma di lire 414,551 75, già trascritta nel Gran Libro, è composta di lire 362.220 provenienti dalle obbligazioni dell'antica So-cietà Vittorio Emanuele, di lire 6,510 di Obbligazioni della Ferrovia Torino-Savona-Acqui e di lire 45,866 76 per unificare gli antichi debiti.

Quanto all' ammortizzazione ed unificazione di lire 1,604,348 15 proviene per lire 1,741 01 dall'unificazione degli antichi debiti 5 0[0 fra i quali quello dell'antico Monte Veneto; per 44,125 74 dall'unificazione del Con-solidato Romano; per 115,569 98 dalla Rendita dei Titoli estratti e rimborsati alla pari; per 368,730 dalla Ren-dita dei Titoli annullati ; per 265,903 dall'acquisto di Ti-toli al costo di giornata o finalmente per 208,278,43 dalla Rendita corrispondente alla quota d'ammortizzazione scaduta il 1" ottobre 1874.

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