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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.01 (1874) n.27, 5 novembre

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L'ECONOMISTA

G A Z Z E T T A S E T T I M A N A L E

D E I B A N C H I E R I , D E L L E S T R A D E F E R R A T E , D E L C O M M E R C I O , E D E G L I I N T E R E S S I P R I V A T I A B B O N A M E N T I Un anno L. 35 Sei mesi 20 Tre mesi 1 0 Un numero 1 Un numero arretrato 2 -Gli abbonamenti datano dal 1° d'ogni mese

GLI ABBONAMENTI E LE INSERZIONI

si ricevono ROMA

S. Maria in Via, 51

FIRENZE

Via del Castellacelo, C

DAL BANCO D'ANNUNZI COMMISSIONI E RAPPRESENTANZE

I N S E R Z I O N I

Avviso per linea. Una pagina Una colonna

L. 1 ... 100 • ... 60 In un bollettino bibliografico si annunzieranno tutti quei libri di cui saranno spedite duo copie alla Direzione.

Anno I - Voi. II

Giovedì 5 novembre 1874

N. 27

S O M M A R I O

P a r t e e c o n o m i c a : Società Adamo Smith — L'individuo e lo Stato — Dell'ingerenza governativa — Le tariffe differenziali e la ferrovia del Cenlsio — L'ultimo meeting dei lavoratori agricoli in Inghilterra — Il Congrosso di Bruxelles per la numerazione uniforme dei filati — Le finanze degli Stati Uniti d'America — Quindici anni di vita economica nazionale inglese — Ferrovia del Gottardo — Rivista economica.

f a n t e finanziaria e c o m m e r c i a l e : Rivista finanziaria ge-nerale — Notizie commerciali — Atti ufficiali — Giurisprudenza commer-ciale e amministrativa — Listini delio borse.

Gazzetta itegli interessi privati — Estrazioni — Prodotti settimanali delle Strade ferrate.

P A R T E ECONOMICA

SOCIETÀ ADAMO SMITH

Dallo spoglio delle schede pervenute fino a tutto il 1° novembre alla Direzione àe\VEconomista, il seg-gio provvisorio delle Società A D A M O S M I T H è risultato composto come segue:

P R E S I D E N T I ONOR ARII

Capponi marchese Gino, senatore del Regno. Arrivabene conte Giovanni, senatore del Regno.

Peruzzi eomm. Ubaldino, Presidente. Bastogi conte Pietro, Vice-Presidente.

Corsi avv. Tommaso, senatore del Regno, idem. Franco avv. Giulio, Segretario.

Fontanelli prof. Carlo, Vice-Segretario. Genala avv. Prancesco, idem.

Errerà avv. Vittorio, Economo.

N O T A DEI S O C I ORDINARII (continuazione) Marchesini avv. Giovan Battista — Perez Prancesco, senatore del Regno — Rnvolo Ospedale sac. professor Leonardo. — De Filippo comm. Gennaro, senatore del Regno consigliere di Stato. — Carmi Ulisse ex deputato.

L'INDIVIDUO E LO STATO.

Noi non conveniamo colla scuola storica della Ger-mania che non debba ammettersi l'esistenza di leggi economiche naturali, nè accettiamo l'idea di u n ' e c o -nomia nazionale propugnata da List e non approviamo nemmeno il giuoco di parole di Arnold « nella nostra scienza tutto è relativo e solamente il relativo è l'as-soluto. » E questo perchè abbiamo sempre creduto che la scienza sia universale e cosmopolita, e come non sapremmo immaginare una formula matematica che fosse vera a Parigi e falsa a Pietroburgo, cosi non sapremmo supporre una verità economica che cessasse di esser tale sotto qualche plaga di cielo. Il dire che bisogna tener conto delle condizioni di fatto, non infirma per niente la bontà de'principii ; il dire che questi devono piegarsi alla opportunità, non significa nè punto nè poco che sia meno utile l'averli scoperti e proclamati, come niuno direbbe inutile quella formula che il meccanico non può ap-plicare assolutamente, perchè deve tener conto del-l'attrito e della resistenza delle materie di cui forma la stia macchina.

Con tutto questo siamo ben lontani dal negare la importanza della storia. È soltanto dall'esame accu-rato dei fatti che si devono ricavare le leggi eco-nomiche, e se la nostra scienza invoca la libertà, ciò si è appunto perchè osservando la realtà delle cose e studiando l'avvicendarsi degli avvenimenti è venuta a questa conclusione.

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730 5 novembre 1874 a un nuovo momento storico, in cui le idee che si

sono avute fin qui intorno all'efficacia della libertà non bastino più alla soluzione dei problemi sociali. Non ci sembra pertanto inopportuno il ricordare con somma rapidità che cosa la storia ci dica in-torno alle relazioni fra l'individuo e lo Stato. Quando si risale ai tempi primitivi, si trova che l'individuo è da un lato debole perchè povero ed ignorante, e dall'altra ha istinti feroci e brutali, tantoché vi è bisogno di una forza superiore che impedisca il loro trasmodare.

Negli antichi Stati orientali divisi in caste, le une sono assolute dominatrici, le altre oppresse. Presso il popolo Ebraico la legge nell'occasione del giub-b i l o ordinava una nuova divisione delle terre e ad epoche determinate la remissione dei debiti. In Sparta Licurgo tentò di fondare l'eguaglianza assoluta. È chiaro che per giungere a questo scopo bisognava sopprimere per quanto era possibile la responsabilità individuale e impedire lo sviluppo della ricchezza e la diffusione delle cognizioni, che sono tutte cause di disuguaglianza. Di qui l'esclusione delle arti, dell'eloquenza e di ogni eleganza, e la vita del cit-tadino condotta in pubblico. In Atene il tesoro dello Stato sovveniva ai cittadini bisognosi. Secondo la teoria Romana lo Stato è il proprietario delle terre che concede ai privati. Il cittadino sparisce di fronte allo Stato, che personifica, per così dire, la patria. Nel Medio Evo la terra è proprietà de're o de'feuda-tarii.

Quanto al lavoro si era fatto senza dubbio un grande progresso. Esso era passato per molti gradi. Dopo il regime delle caste la schiavitù aveva reso possibile il sorgere delle industrie in un tempo nel quale 1' uomo libero viveva in mezzo ai pub-blici affari ed era costretto per necessità di esistenza a stare continuamente colle armi alla mano. Alla schiavitù succedette la servitù della gleba, molto più mite della prima, e che potè preparare infatti la ri-voluzione che le classi soggette intrapresero per li-berarsi, mentre durava potente l'ordinamento feudale. Yenne così l'epoca delle corporazioni e dei privilegi sorti dapprima per ragione di difesa e divenuti poi alla lor volta aggressivi. Questo ordinamento cattivo economicamente parlando, ebbe però politicamente il suo lato utile e potè anco giovare forse a organizzare più fortemente le industrie nascenti. Caduto il feu-dalismo per opera dei Comuni e della Monarchia, questa tentò di ricostituire il potere assoluto. Lo

Stato son io, disse allora il gran re. Ma gli abusi

provocarono le rivoluzioni. La Costituente pose a capo della costituzione la dichiarazione dei diritti dell'uomo, la terra non più vincolata in mille modi divenne ac-cessibile a tutti. In Italia le riforme avevano già preparato il terreno, ove quelle idee potessero ger-mogliare.

Ma l'individuo rimaneva isolato di fronte allo

Stato, e ciò recava seco nuove difficoltà e nuovi pe-ricoli. Il soverchio accentramento amministrativo, le massime protezioniste, lo spirito di fiscalità conti-nuarono a creare mille impacci alla libera attività dei cittadini. Ma adagio adagio massime più ragio-nevoli intorno agli uffici dello Stato, ai benefizi del-l'iniziativa privata, e ai veri interessi dei paesi si fecero strada e vi contribuì potentemente l'esempio dell'Inghilterra. In tal modo si finì col potere affer-mare che tutta l'opera della civiltà si riassumeva in una graduale emancipazione dell'individuo dalla ti-rannia dello Stato. Lo Stato, si concluse, deve difen-dere i diritti dei cittadini e deve fare di più quello che i privati non siano in caso di fare, e soltanto a questo patto esso non è più un nemico, come lo fu fino a che usurpò più o meno sulla libertà dei privati. E parve una grande conquista per la civiltà che si fosse posto in sodo che lo Stato non poteva mai metter la mano sulla libertà degli individui, e che questi non dovessero essere più una materia bruta maneggiabile a piacere da una burocrazia più o meno intelligente. La conclusione era facile. Lo Stato interviene a danno della libertà? Egli fa male. V'è un servigio da ren-dere o un'opera da compiere nell'interesse generale e che i privati non possano fare? E allora lo Stato in-tervenga, chè ciò sarà un benefizio.

In verità che non ci saremmo aspettati che scrit-tori e pensascrit-tori italiani avessero a venire a proporci di studiare quale sia la funzione economica dello Stato nella società odierna; non ci saremmo aspet-tati che dove il Bandini chiedeva un secolo addie-tro che il cuore si dilatasse con qualche respiro di li-bertà, oggi si avesse già a temere che questa venisse sfruttata dal fatalismo degli ottimisti. Ci sarebbe sem-brato più utile e più ragionevole l'invitarci a cer-care se vi siano materie nelle quali lo Stato entra, ed a torto, o s'ingerisce troppo, come avviene fra noi riguardo all'istruzione che ha resa pedantesca e me-schina. E dopo questa ricerca noi avremmo battuto le mani tutte le volte che si fosse invocato l'inter-vento dello Stato a tutela di un diritto manomesso.

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accen-731 tratore di autorità, aveva una politica personale, ed

avrebbe voluto poter dire : l'Europa sono io, la volontà dei Francesi è la mia: a quella politica egli faceva piegare gì' interessi morali e materiali non solo della Francia, ma dell' Europa tutta : quando fu necessario alla sua politica, proclamò il blocco continentale, questo funesto errore economico.

Avendo bisogno di tenere nel pugno le sorti di tanti popoli, il suo governo dovette di necessità essere ac-centratore. Ma Napoleone era soldato, ed all'ambizione dei suoi sudditi dava a pasto la gloria militare : sotto il suo impero, quella falange di ambiziosi, di tutti i tempi e di tutti i luoghi, che aspirano ad acquistare potere e ricchezza senza troppa fatica, si slanciò nella carriera delle armi, fertile allora di onori, di guada-gni e di potenza. Caduto il grande artefice di eserciti, sfrattata, col cessar delle guerre, la carriera militare, questa falange di gente, che non aveva più mestiere, si arrabattò a cercare nuova occupazione, e si riversò sul Governo, chiedendogli impieghi. Il Governo della ristorazione, nel bisogno di tenersi amici tanti fautori del vecchio regime, propenso, per politica, ad imba-vagliare i cittadini, per soddisfare a tanti postulanti moltiplicò le cariche di corte e di Stato, e creò un'ar-mata di funzionari, i quali, col considerando in bocca, colla penna sull'orecchio, sfruttarono la Francia. Allora si potè ripetere il detto di Colbert: Il Re non può creare una carica, che Dio non crei subito un imbe-cille per domandarla. In Piemonte il regime napoleo-nico avea militarizzato l'amministrazione pubblica: la Ristorazione la fece borghese, ma la lasciò burocra-tica. E la piaga si accrebbe quando, per le annes-sioni, si dovette ampliare l'amministrazione del Governo piemontese. In allora, alla tribù dei vecchi impiegati dello Stato sardo, si aggiunsero le falangi d'impiegati dei Governi soppressi; si aggiunse una turba di pa-trioti, che, avendo fatto l'Italia, pretesero dal Go-verno il compenso d'un impiego, la turba di giovani che nell'ampliarsi dello Stato videro un'occasione fe-lice di acquistare con poca fatica una carriera ed una pensione. Il Governo fu assediato di domande d'im-piego, e per soddisfarvi si moltiplicarono le cariche, gl'impieghi, le occupazioni: la giovane nazione, ge-nerosamente smaniosa di far tutto in una volta, mise in azione tutte le sue forze, e volle che il Governo provvedesse i mezzi alla nuova e febbrile attività. Ma intanto cominciava quel pazzo steeple-chasse di debiti e di imposte, che si corrono dietro per raggiungersi e pareggiarsi; cominciò la litania delle leggi erariali: ad ogni nuovo debito una nuova imposta, ad ogni nuova imposta un nuovo ufficio per regolarla, per ri-partirla, per esigerla. Nella favolosa prodigalità go-vernativa, non si lasciò fonte alcuna di ricchezza pri-vata, che non fosse sondata, sfruttata, esaurita; e così ogni atto della vita economica, in cui il fisco sovrano avesse potuto subodorare un cespite di tassa, ebbe il suo scrutatore, la sua sentinella. Il suolo d'Italia fu

invaso dagli agenti governativi, come un campo di biade dalle cavallette, la vita economica si trovò ri-stretta in un laberinto di vincoli, di pastoie, di leggi, di regolamenti, di amministratori, di sorveglianti, di protettori per for^a, di dazi, di barriere, soffocata sotto un monte di carta bollata e protocollata. Stabilito il sistema di tutto fiscaleggiare a profitto dell' erario go-vernativo, si fiscaleggiò anche col lodevole pretesto di far prosperare il paese.

Le popolazioni avvezze a trovare ad ogni passo l'agente fiscale, si credettero in diritto di chiedere che il Governo provvedesse a tutti iloro bisogni, e si ebbe 10 spettacolo strano, che in Italia si chiede da una mano al Governo, sotto forma di sovvenzioni, di ini-ziativa, di protezione, ciò che gli si dà dall'altra, sotto forma d'imposta. Il governo diventò un Giano bifronte, anzi una dualità; da una parte toglie ai cittadini, dal-l'altra provvede loro. A frenare questa invasione del-l'ente governo, negli interessi privati, avrebbe giovato quello spirito di libertà personale, quell'amore al self

governement, che in Inghilterra ha formato la

robu-sta tempra nazionale ed il severo spirito pubblico; ma l'Italia, giovane nazione, uscita appena dalla lotta po-litica in cui tanta parte attiva aveva avuto il go-verno, non poteva certo avere ancora quell'energia, quello spirito di associazione, quella sicurezza in-dividuale, che sono necessarie per fare da sè. È con-seguenza in buona parte delle circostanze politiche, è difetto di gioventù, se gl'italiani, senza ammetterlo in teoria, in fatto considerano il governo, come il tutore generale, a cui, privati e Comuni, ricorrono nel biso-gno, se al governo chiedono ferrovie, e strade, porti o canali, scuole e poderi modello, capitali ed insegna-menti, sbocchi all'industria e difesa contro la concor-renza, incoraggiamenti e protezione.

Non è peranco entrato nello spirito pubblico il prin-cipio, che lo Stato non è superiore agl'individui, che 11 governo non è il sovrano assoluto che dispensa fa-vori e ricchezze, ma che il governo, è solo l'ammini-stratore di quegli interessi generali, che esorbitano dalla sfera della vita privata. Disgraziatamente da noi l'individuo si rimpicciolisce, scompare quasi di fronte al governo: lo stesso Comune, quest'ente necessario, naturale, che assimila e concretizza gl'interessi sociali, che perciò dovrebb'essere autonomo, è quasi una. di-pendenza del governo, diventa una ruota del mecca-nismo governativo.

E così, con questo funesto accentramento, si inau-gura un sistema, che sotto forma di libertà, non è altro che socialismo, socialismo burocratico.

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Non vogliamo certo sostenere, che il governo non debba nulla vedere negl'interessi privati; per ora ci limitiamo a dire in quanti modi esso esercita la sua influenza sui medesimi.

{continua).

LE T A R I F F E D I F F E R E N Z I A L I

E LA. F E R R O V I A D E L G'EMSIO

E noto come il nostro Governo visti i danni ar-recati al traffico per la via del Moncenisio dalle speciali tariffe della Compagnia ferroviaria della

Suisse Occidentale, sporgesse reclamo al governo

svizzeroper il trattamento diverso a cui in Gine-vra venivano sottoposte le merci provenienti da Marsiglia, ovvero dal Moncenisio. Ora il pregevole giornale DieEisenbahn di Zurigo pubblica gran parte di una lettera che la direzione della Suisse

Occi-dentale ha diretto, in data 30 marzo 1874, al

Di-partimento delle ferrovie e commercio in risposta agli appunti del governo italiano.

Noi richiamiamo su questo argomento l'atten-zione delia stampa italiana ed in particolar modo di quella genovese per la quale la questione di cui parliamo ha una importanza particolare.

Ecco i brani della lettera della Suisse Occidentale: « Ciò che si rimprovera alle Compagnie Svizzere si è di non trasportare al di là di Ginevra, verso la Svizzera e rAllernagna, le merci venute a Gi-nevra dal Moncenisio alle stesse condizioni di quelle che la Compagnia Paris-Lyon-Méditerranée porta a Ginevra da Marsiglia. 11 fatto che serve di base a questo rimprovero é esatto e senza entrare per il momento nella spiegazione dì questa apparente anomalìa, noi faremo avvertire che basta gettare per un momento gli occhi sopra una carta per riconóscere che la linea del Moncenisio sembrava dover essere la via naturale di una gran parte del traffico italiano con la Svizzera ed i paesi posti al di là di essa come il Granducato di Baden, la Prus-sia Renana, il Belgio e l'Inghilterra, e ciò Prus-sia che si trattasse della esportazione dei prodotti del paese, sia del traffico di transito.

« Ora la cosa è ben lontana dall'essere in questi termini, e noi vediamo questa strada, la cui co-struzione è stata sì costosa, poco utilizzata e quasi abbandonata. Tuttavia la distanza chilometrica da Basilea a tutte le stazioni dell'Alta Italia fino e com-presa Verona, è minore per il Moncenisio che per qualunque altra via; è la stessa cosa per le stazioni dell'Italia centrale e meridionale. Per il traffico con destinazione o provenienza da Zurigo, tutte le sta-zioni dell'Alta Italia lino a Brescia, come dall'Italia centrale e meridionale avrebbero interesse di uti-lizzare la vìa del Moncenisio. Infine il transito per rAllernagna, via di Basilea, a destinazione per il

5 novembre 1874 [ Granducato di Baden, p e r l a Baviera, per la Prussia Renana, per il Belgio, per l'Inghilterra, dovrebbe, in virtù della legge della più breve distanza es-sere diretto per il Moncenisio per tutte le stazioni situateal di qua di Milano.

« Se questa via appartenesse fino a Ginevra ad una sola Compagnia, ovvero a Compagnie che non avessero interessi di vergenti, essa sarebbe senza alcun dubbio utilizzata ben altrimenti che non lo è presentemente, poiché non è il traffico che manca. « Disgraziatamente le cose stanno in termini di-versi, le Compagnie di Paris-Lyon-Mediterranée e dell'Alta Italia, mirano ambedue ad uno scopo al quale la via del Moncenisio è estranea e per il quale essa non può servire altrimenti che non

ser-vendo.

« Per ragioni politiche e patriottiche facilmente apprezzabili e legittime, la Compagnia

Paris-Lyon-Médìterranée tiene e deve tenere a che il porto

di Marsiglia non perda d'importanza, ma che in-vece ne acquisti ; in ciò essa agisce più che altro nel proprio interesse, poiché questa testa di linea ha per essa una importanza di prim'ordine, e che essa raggiunge, favoreggiandola, un percorso di 452 chilometri da Marsiglia a Culoz, più G7 chilo-metri da Culoz a Ginevra, in tutto 519 chilochilo-metri ch'essa perderebbe se prestasse mano ad attivare tariffe ridotte per il Moncenisio ove non avrebbe che G9 chilometri.

« La Società dell'Alta Italia sa bene esser molto diffìcile che la Compagnia francese acconsenta ad una riduzione di tariffe per il Moncenisio; ecco in-fatti ciò che leggiamo in una lettera del suo agente a Parigi,signor Minaux, indirizzata al signor Pliil-lipin in data 19 agosto 1872:

«E facile di comprendere ed anche giustificare, egli dice, la resistenza della P. E. M. alle riduzioni di tariffe specialmente sui cotoni, perchè se si presta ad una combinazione che abbia per risultato di fare un per-corso minore per il Moncenisio, perderà tutto il traffico di Marsiglia per la Svizzera, ciò che dà un percorso chilometrico di molto più considerevole.

« È cosa ben difficile esigere che vi sia chi si rassegni ad uccidersi da sé stesso quando non vi è forzato. »

«La Società dell'Alta Italia ha da sua parte in vista lo sviluppo del porto di Genova e l'aumento del suo commercio, ma può anche darsi che si occupi di far risorgere Venezia come porto di mare.

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5 5 novembre 1874

sue linee con quello di Genova, ha dovuto cer-care d'intendersi colle ferrovie del Sud dell'Au-stria alle quali si riannoda a Peri, ed essa non ha potuto fare in favore del Moncenisio sforzi che avrebbero condotto a dei risultati diametralmente op-posti ai propri interessi come Società di ferrovie. Essa farà possibilmente tutto ciò che potrà per au-mentare il movimento del porto di Genova, ma logicamente è spinta a cercare air Est un passag-gio al traffico che il mare le conduce a Genova. Alia loro volta le ferrovie del Sud dell'Austria rice-vendo l'offerta di un traffico non sperato hanno dovuto nel loro interesse beninteso mostarsi assai facili nel consentire importanti riduzioni di tariffe.

« Frattanto il commercio italiano movendo la-gnanze e domandando per quale motivo il governo aveva speso dei milioni per contribuire al tra-foro del Moncenisio, dal momento che questo pas-saggio non era utilizzato, la Società dell'Alta Italia ha compreso che non poteva limitarsi a d i r e il per-chè si facesse così, ed allora ha portato in causa la Società Paris-Lyon-Méditerranée siccome quella che ricusa ogni riduzione di tariffa sul percorso da Modane a Ginevra e poi le Compagnie Svizzere facendo credere che si fossero collegate con quella francese per escludere dalia Svizzera tutte le mer-canzie venute dall'Italia per il Moncenisio, od al-meno per far loro pagare una tariffa così elevata da rendere impossibile ogni concorrenza. Ecco come si è sperato di divagare l'attenzione ed illudere l'opinione pubblica.

« Ed infatti che cosa si rimprovera alle ferrovie Svizzere ed al Governo di Berna? Di percepire sui trasporti venuti d'Italia il prezzo della loro

ta-r i f f a geneta-rale. Ma è ciò che fanno geneta-ralmente le ferrovie della Svizzera orientale per questo

stesso traffico attivato verso il Brennero dalla So-cietà dell'Alta Italia alleata delle Meridionali au-striache e che entra in Isvizzera per la parte del lago di Costanza. Ora noi non sappiamo che vi sia persona che abbia trovato esservi in ciò qual-che cosa di anormale e di riprovevole e giammai il Nord-Est o l'Unione Svizzera sono state inquie-tate perché ricevono le loro tasse complete su questo stesso traffico che entra in Svizzera col concorso delle ferrovie italiane.

Si rimprovera ancora alle ferrovie della Svizzera Occidentale, della Centrale ed alloStato di Berna, di aver stabilito con la Società

Paris-Lyon-Meditér-ranée delle tariffe a prezzi ridotti per i cotoni che

vengono direttamente da Marsiglia. Noi non ne-ghiamo la cosa, ma non ci sarà difficiledi provare che ricusandovisi, noi saressimo stati senza alcun equivalente, semplicemente privati di questo traf-lìco. Non bisogna infatti perdere di vista che la Società Paris-Lyon-Méditerranée può, quando le piaccia stornare il traffico di cui si parla dalla

via di Svizzera dirigendolo sulla via Belfort-Basilea, ed è ciò che avrebbe sicuramente fatto se le Com-pagnie svizzere non avessero ammesso le tariffe che proponeva, ed è ciò che farà certamente, se aderendo al desiderio diS. E. l'Ambasciatore d'Italia, il Consiglio federale costringerà le ferrovie svizzere (ammettiamo momentaneamente la possibilità legale di questa ipotesi) a riscuotere sulle merci prove-nienti dal Moncenisio le tariffe più basse fra quelle convenute colla Società Paris-Lyon-Méditerranée.

« Quest'ultima allora farebbe una leggiera ridu-zione sul percorso Belfort-Marsiglia e il Monceni-sio non approfitterebbe in alcun modo della mi-sura presa, ma le ferrovie della Svizzera occi-' dentale, dello Stato di Berna e della Centrale sa-rebbero private di un traffico che poteva essere a loro mantenuto, e d i e invece si toglierebbe ad esse senza però migliorare le condizioni attuali della via del Moncenisio;

« Si comprenderà che senza essere per nulla ostili alio sviluppo del traffico del Moncenisio le Società Svizzere non hanno acconsentito ad im-porsi, assolutamente con pura perdita, dei sacrifizi che alla line non avrebbero dato profitto ad alcuno, neppure alla Società Paris-Lyon-Méditerranée, ob-bligata per controbilanciare la riduzione acconsentita dalle ferrovie svizzere sulle mercanzie provenienti dai Moncenisio, di abbassare le sue tariffe sulla li-nea Marsiglia-Belfort per evitare la Svizzera.

« Le dichiarazioni che precedono, ci sembra che dimostrino come le Compagnie svizzere non si tro-vino in grado di contribuire allo sviluppo del traf-fico sulla linea del Moncenisio fino a che le due Società che esercitano questa via non si siano messe d'accordo sugli interessi divergenti che le sepa-rano. »

L'ultimo meeting dei lavoratori agricoli

in Inghilterra

Potevasi prevedere che l'agitazione agricola, di cui ab-biamo seguito anche qui l'andamento ed il progresso, non resterebbe confinata nei luoghi che la videro nascere. U n a corrispondenza che il Times ha inserito nel suo n u m e r o del 21 di questo mese dimostra che questa previsione è oggi u n fatto compiuto.

I campioni dell'Unione agricola (the national

Labou-rers1 Union) hanno trasportato la loro azione dalle contee

dell'est a quelle dell'ovest dell'Inghilterra. Essi hanno te-nuto nel Devonshire e nel Somersetshire u n a serie di

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6 5 novembre 1874 e qualcuna delle loro donne, con i loro bambini

lal-tanii in b r a c c i o ; dall'altra un forte g r u p p o di fittaiuoli. Questi si sono sentiti dire delio cose spiacenlissime, ed h a n n o mantenuto u n contegno riservato. I contadini per parte loro non h a n n o ceduto alla tentazione di profittare di ciò che essi avrebbero potuto considerare come una prova dello scoraggiamento dei loro avversari. Essi non sono abituati, come dice il corrispondente del Times a vedere « tanti squires, tanti curati, tanti fittaiuoli » venire ad ascoltare discorsi poco adatti a recar loro piacere; ma questi contadini hanno avuto il buon senso di non mani-festare questa meraviglia grossolanamente, nella stessa maniera che questi curati, questi squires, questi fittaiuoli hanno conservato il contegno di persone che ascoltano, se non di persone ancora convinte del loro errore.

Il baronetto Acland ha dichiarato, all'apertura del

mee-ting che egli volentieri aveva prestato u n locale ai

dele-gati dell' Unione agricola, ma che la riunione ora cosa | loro e non sua. Dopo ciò il signor Giorgio Mitchell è stato chiamato alla presidenza ed i contadini h a n n o into-i nato l'into-inno dell' Uninto-ione into-intinto-itolato, into-il Bel vecchinto-io lavoratore

dell'Inghilterra (The fine old English Làbourer).

Il signor Mitchell nel prendere possesso del seggio ha detto, che oggi si trovava in uno stato agiato, ma che nel principio della vita aveva sofferto crudeli privazioni. Egli aveva promesso a sè stesso, se mai giungeva a miglior sorte, di sostenere i suoi antichi compagni d'aratro nelle loro giuste pretese, e nelle loro legittime rivendicazioni. Egli ha ringraziato sir Acland della sua compiacenza e generosità, poiché la sala da lui prestata, l'aveva prima a sue spese fatta p r e p a r a r e per la circostanza. « È doloroso ha sog-giunto che vi siano così pochi proprietari, Landowners, così ben disposti. Se ne vedevano molti al contrario che si servivano della loro influenza diretta o indiretta per vessare gli unionisti, e la polizia che si era messa al loro servizio, poteva dirne qualche cosa. Mai, pertanto, ha con-tinuato l'oratore, consiglierò i lavoratori a condursi male verso i loro padroni. Dirò loro anzi, nella maniera più esplicita, di guardarsi da certi perfidi consigli, che li fa-rebbero e n t r a r e nella via dell'intimidazione e delle cattive az'oni. Proprietario io stesso, capisco d'altronde che se si vuole esser ben serviti, bisogna anche pagar bene. »

S u questo proposito, egli ha interrogato i lavoratori presenti sulla cifra del loro salario. « Quanto guadagnate voi qui, ha domandato loro? — Io guadagno 2 scellini e 6 danari al giorno (quasi 3 franchi e IO cent.) dice un assistente, più due quarti di sidro (circa un litro). » Da diverse parti della sala a questa risposta hanno protestato: « Ma ve n e sono molti altri che non guadagnano tanto. Ci avviene spesso di non riunire più di IO o 11 scellini alla fine della settimana. — Siete voi pagati q u a n d o il cattivo tempo v'impedisce di lavorare nei c a m p i ? — Qual-che volta, rispondono gli uni, no, dicono gli altri. » L'ultima di queste risposte è stata confermata in seguito di una interrogazione più precisa. « D u r a n t e la falciatura del fieno quante ore lavorate? Lavoriamo abitualmente dalle sei del mattino fino alle dieci di sera, ed anche fino alla mezzanotte. — In questo caso quale è il vostro s a -lario? — T r e scellini e da bere. » Un filiamolo è inter-venuto in questo momento gridando ai lavoraratori : « Ma dite a quo3li signori quale è la durata del vostro lavoro o r d i n a r i o ! — E b b e n e ! lavoriamo dalle sette del mattino

fino alle cinque della sera. — È vero, ma dimenticate di dire che di queste ore ne prendete una e mezzo per i vostri pasti, il che riduce la durata effettiva del vostro lavoro al (iisotto della giornata degli operai delle città. — Sia ; ma voi pure ricordatevi ciò che guadagna quest'ope-raio. » L'incidente è chiuso. Il signor Mitchell d o m a n d a ciò che guadagnano le d o n n e che vanno a lavorare nei campi. Egli credeva che non percepissero una r e m u n e r a -zione maggiore di 7 o ' 8 danari (70 o 8 0 centesimi), gli fanno osservare che da poco, questa rimunerazione ha rag-giunto la cifra di uno scellino ( l fr. 23). « Ne sono soddi-sfatto, ha detto allora il signor Mitchell, però non posso fare a meno di essere dispiacente che gli uomini col loro lavoro non guadagnino tanto, perchè le donne possano consacrarsi interamente ai lavori di casa. Là è il vero loro posto, il loro vero impiego. E in vero, fa pietà che ne escono per guada-g n a r e 8 danari al guada-giorno o anche uno scellino. » Non di-mentichiamo d'aggiungere che uno dei lavoratori ha detto di riscuotere fino 15 scellini alla settimana. S e m b r a però re-sultare da tutte le testimonianze, che la media varia tra 11 e 12 scellini alla settimana, più il sidro.

Il signor Mitchell ha fatto gli elogi di sir Acland e della maniera con cui tiene le sue terre e tratta i suoi affittuari. Gli dispiace solo che presso di lui, come altrove, si facciano pagare i fitti dei terreni, meno ai fittaiuoli che ai contadini propriamente detti. A Pelherton aveva visitato due case di lavoratori, e la loro vista gli aveva fatto male. Erano prive di mobili, ed i figli dei miseri operai erano coperti di pi-docchi. P e r tutta la famiglia vi era un solo letto, una sola c o p e r t a : gli abiti di tutti erano un a m m a s s o di stracci. Q u a n d o il signor Mitchell entrò da loro, e r a n o a tavola, ma su quella tavola non vi era che pane ed acqua. E questi non sono casi particolari ci dice il signor Mitchell: « In generale la sorte del lavoratore inglese non è migliore di quella del povero. Infatti, in u n villaggio ho veduto la metà almeno, •Iella popolazione agricola, iscritta sui registri della pub-blica carità.

« E p p u r e il valore delle t e r r e è aumentato di molto, ed i fittaiuoli vivono nell'abbondanza ed anche nel lusso.... Le società agricole aggiudicano ricchi premii agli allevatori dei migliori cavalli, e del miglior bestiame ; m a del lavoratore nessuno se ne occupa ; resta nell'abbandono, e la sua sorte sembra disperala. »

Il signor Mitchell, terminando il suo adress, ha dato ai suoi uditori il consiglio di ascriversi all' Unione agricola. In questi ultimi tempi, \'Unione non ha riunito e dispensato meno di 2 5 , 0 0 0 lire sterline per soccorrere i lavoratori, vit-time del Lockout o congedo in massa degli operai agricoli. I fittaiuoli cominciano ad avvedersi che q u e s t ' a r m i da guerra non ha tutta la portata e l'efficacia che gli h a n n o liberamente prestata. L'utilità dell' Unione risulta al c o n trario dal fatto che, da che è in attività, la media dei s a -lari agricoli si è rialzata di due scellini alla settimana. Ma l'eloquenza del signor Mitchell non è riuscita subito a deci-dere i radunati a Broad Clyst. Quando si è trattato di sa-pere se volevano, o n o , farsi unionisti, appena una doz-zina hanno alzato le mani in segno affermativo, m e n t r e la negativa ha riunito circa il doppio dei suffragi.

(7)

785 alcuno, e senza lasciarsi andare ad alcuna eccentricità d'idee

o di lingua. Egli ha cominciato il suo discorso col r a m m e n -tare ai suoi compagni, che la gran legge economica dell'offerta e della demanda doveva regolare e regolava i loro r a p -porti con i fitta inoli.

Il signor Ball non ha reso n è questi, nè i proprietari esclusivamente responsabili della disgraziata situazione dei lavoratori. Egli ha rovesciata questa responsabilità sopra un concorso di circostanze diverse ; ma che tutte hanno contribuito a m a n t e n e r e ed anche a peggiorare quella situa-zione. « Si pretende, ha esclamato, che il paese sia troppo popolato. » — E vero, è stato risposto nella sala, rigurgita di piccoli bottegai. » Tutti i lavoratori h a n n o applaudito.

Il signor Ball non ignorava l'antipatia che esiste tra i lavoratori ed i piccoli bottegai di villaggio ; ha colta questa occasione per farne una lezione per i suoi uditori, ed a profitto della sua tesi. « N o n so capire perchè si odii un uomo per la ragione che ha aperto una bottega. Si ha il diritto di esigere da lui, solo due cose : che non domandi u n prezzo maggiore del valore, e che non alteri la qualità delle sue mercanzie. Ciò detto, non vedo n e p p u r e la r a -gione perchè si faecia spesso come un rimprovero al lavo-ratore di essere più agiato di un piccolo fìttùuolo o di un piccolo bottegaio. Mi si mostri nella S a c r a Scrittura o altrove, la sentenza che condanna coloro che lavorano eolle loro braccia a rimanere più povero di un proprieta-rio o di un commerciante ! Si potrebbe domandare d' al-tronde se il piccolo commerciante od il lavoratore , ren-dano maggiori servigi allo Stato. Si è fatto notare inoltre, che quest' ultimo non lavorava che otto ore e mezzo al giorno, m e n t r e che l'operaio delle città n e lavora nove. L'oratore non si è mostrato molto convinto che le persone che sembrano r i g u a r d a r e corno corta la giornata di un la-voratore, non la troverebbero troppo faticosa se essi stessi dovessero lavorare. Circa l'operaio, la giustizia voleva che si mostrasse ciò che questa m e z z ' o r a di lavoro in più, rappresentava in salario. E b b e n e ! L ' o r a del lavoro dell'ope-raio valeva nove denari, cioè precisamente il triplo di quello che vale l'ora del lavoro, materialmente più penoso del contadino.

Il s'gner Ball si è scagliato vivissimamente contro la sostituzione delle macchine alle braccia u m a n e , di cui la scarsità, dicevano, cominciava a farsi sentire. « L ' e c o n o -mia politica può appianare questo s;stema, tua la legge

divina lo condanna. » Non si è mostrato meno energico nel suo apprezzamento delle Poor Laws o leggi dei po-veri. Ha qualificato questo leggi « come il più gran male dell'Inghilterra, » aggiungendo che non vi sarebbe paupe-rismo, se ogni coltivatore possedesse in proprio u n piccol campo di quattro acri di terreno. Fino allora i fittaiuoli pre-senti avevano ascoltato con pazienza l'oratore; ma hanno pro-testato quando lo hanno inteso dire che l'ignoranza delle masse è stata mantenuta allo scopo di lasciarli poveri. Allora si è impegnata una serie di colloqui tra il signor Ball ed i fittaiuoli. Il primo pretendeva che tutto era rincarato in grandi proporzioni, al punto che la p o t è ' z a di compra di 2 0 scellini d'oggi, eguagliava appena quella di 14, di po-chi anni prima. « Ma il grano almeno, ha esclamato un fittamelo, è meno c a r o . — Il thè c lo zucchero anche, si è affrettato ili aggiungere un altro. Il signor Bali ha conte-stato nettamente la prima di queste asserzioni e si è bur-lato della « strana pozione che usurpava il titolo di thè

sulla tavola del contadino. » Finalmente l'oratore ha ter-minato il suo Adress, che, secondo le parole del corri-spondente del Times, « ha presentato un miscuglio di pa-radossi c d'idee sane » con buonissimi consigli sui vantaggi della temperanza e quelli del risparmio, sulla necessità assoluta d'istruirsi e di ben educare i figli ; sulle gioie dolci e benefiche che comportava la vita di famiglia, e che invano si cercherebbero altrove.

Alcuni delegati d e l l ' U m a n e agricola hanno allora preso la parola a turno, ma senza p r o d u r r e una notevole im-pressione sull'uditorio. Sir Aeland ha saputo farsi ascol-tare, malgrado un esordio alquanto personale e molto umoristico, forse a cagione di questo esordio.... Eccolo. « Il signor Ball ci ha detto che aveva cessato di essere servo fino dal 1 8 7 2 ; e b b e n e ! allora egli ha impiegato bene il suo tempo per rifarsi : poiché le sue guance e tutta la sua k

persona mostrano una salute floridissima. » Tutti hanno riso, e lo ste«so signor Ball non si è mostrato formalizzato di questo argomento molto ad hominem. Sir Thomas Acland si è posto allora a qualificare da argomenti da retore, una buona parte dei periodi del signor Ball. Si è lamentato che i campioni d e l l ' U m o r e Agricola seguissero, attaccando

lo Poor Laws, un esempio cho i tories avevano già dato,

< solamente i tories si rispettavano di più nel loro lin-guaggio. Non è, ha dichiarato l'onorevole baronetto, che io stesso sia ben disposto a favore di queste leggi ; no, e non domando di meglio che vederle sparire. Bisogna però sviluppare prima nelle masse operaie un senti-mento di dignità virilo, e d' indipendenza personale, che fino ad ora ha loro mancato troppo, e a cui non potrebbero supplire declamazioni più o meno speciose. >> Il baronetto ha avuto qui un vero slancio d'eloquenza. « È in que-sta scuola costituita da mio padre, e mantenuta ed in-grandita da me, che non si è temuto di accasare i

Land-lords di fare della sistematica ignoranza un mezzo per

conservare il pauperismo ! » [Procedendo nel suo discor-so, ha domandato a sè stesso ed ai suoi uditori se cre-devano cho vi fosse u n a potenza u m a n a capace di rialzare i salari agricoli, senza spendere pi'N denaro, o senza di-m i n u i r e il n u di-m e r o dei lavoratori. É sedi-mpre, si vede, la questione del rapporto tra l'offerta e la d o m a n d a ; solamente i Farmers ed i Landlords hanno una maniera di stabilire questo rapporto ed i lavoratori ne hanno u n ' altra. Sir Thomas Acland ha detto, che per parte sua, pagava ai suoi sottoposti 1 3 scellini alla settimana, d'altronde senza vantaggi incidentali o supplementari. Quando lavoravano a e o t t i m o — e li invitava volentieri a f a r l o — g i u n g e v a n o senza fatica ad una rimunerazione settimanale di 16 a 17 scellini. Sir T h o m a s Acland ha reso giustizia ai delegati dell' Unione agricola. < Essi avevano detto delle eresie; ma avevano anche dato ai coltivatori molti buoni consigli. »

Quando sir Acland ebbe finito la sua allocuzione, era mezzanotte, e tutti erano stanchi. D o p o avere acclamato l' Unione e ringraziato il baronetto della sua cordialità, tutti si sono ritirati senza il minimo disordine.

IL CONGRESSO DI BRUXELLES

P E R LA NUMERAZIONE U N I F O R M E D E I F I L A T I Rapporto del Conira. Cantoni al Ministero d'Agricoltura e Commercio

(8)

in-736 L' ECONOMISTA 5 novembre 1874 ternazionali, facevano sempre più fortemente sentire il

bisogno di agevolare le transazioni, riducendo a pochi e possibilmente ad uno i numerosi sistemi di classifica-zione dei filati in uso.

Nel 1873 la Camera di commercio della Bassa Austria, visto che i tentativi fatti a questo scopo in diversi tempi dai Governi di diversi paesi, non erano giunti a nessun pratico risultato, cogliendo l'opportunità presentata dal-l'Esposizione universale di Vienna, propose di convocare un Congresso di industriali per istudiare il modo di scio-gliere l'importante questione.

L'idea venne accolta Gon favore ed il Congresso ra-dunatosi, dopo varie sedute, riconosciuta la necessità del-l'unificazione, adottò come base di essa il sistema deci-male , e stabilì che il titolo di ogni filato si dovesse de-durre dalla quantità di chilometri di filo, corrispondenti al peso di un chilogrammo.

Nel breve giro però di poche sedute non si potevano conoscere e risolvere tutti gli ardui problemi, dal cui scioglimento dipendeva la pratica effettuazione della ri-forma desiderata ; per cui, nominato un Comitato perma-nente che mantenesse viva l'agitazione provocata, il Con-gresso ne rimise l'esame ad una seconda sessione ohe si tenne a Bruxelles nel settembre del

1874-Il Gomitato permanente residente a Vienna ed i suoi membri dispersi nelle varie parti d'Europa, avevano colla loro attività saputo destare l'interesse generale, di modo che il Congresso di Bruxelles assunse un carattere di importanza molto utile al raggiungimento dei suoi fini, della quale importanza furono prove l'averne l'on. mini-stro degli affari esteri del Belgio, conte d'Aspremont Lynden, accettata la presidenza onoraria, e le feste e le dimostrazioni di cui lo fecero segno il Governo del re e la città di Bruxelles.

I membri del Congresso, eletto l'ufficio di presidenza, che risultò composto dai signori; Paoher de Theinburg (Vienna) presidente; Barone Cantoni (Italia), prof. Alcan (Francia), Van de Vin (Belgio), vice-presidenti; Karcher (Alsazia), Rieter (Svizzera), Roussel (Belgio), dott. Grothe (Berlino), segretari; Ch. Mìillnndorf, relatore generale, volsero la loro attenzione a due punti principali : il primo era il modo con cui procedere rispetto all'industria serica, che deduce i suoi titoli da un principio assolutamente opposto a quello che regge la numerazione degli altri filati; il secondo il perimetro da stabilirsi per gli aspi come il più conveniente per ottenere le matasse corri-spondenti a quantità decimali.

Due Commissioni, una per la seta composta dai signori: Barone Cantoni (Italia) presidente ; comni. Ferrerò (Italia) relatore, prof. Alcan (Francia), Karcher (Alsazia), Lose (Prussia), Musin (Roubaix), comm. Mazzoni (Italia), E. Si-mon (Francia), L. SiSi-mons (Elberfeld), H. Schwers (Prus-sia), dott. Max Weigert (Berlino), ed una pel perimetro, furono incaricate di riferire intorno ad essi, e la con-clusioni dei loro rapporti, dopo animata discussione, vennero approvate dal Congresso.

Nella prima sessione tenutasi a Vienna era stato deciso di estendere anche alla seta il principio del nuovo sistema proposto, ma serie e gravi considerazioni indussero il Congresso a mutar parere. La speciale natura di quel tessile ed il suo pregio molto maggiore di quello degli altri, che esige un modo di apprezzamento assai accurato

e sicuro, nel qnal bisogno trova la sua ragione il principio di numerazione per essa in uso da oltre un secolo, furono i motivi per cui il Congresso credette opportuno, udito il rimarchevolissimo rapporto del comm. Ferrerò, di ammet-tere che. i fili di seta si numerassero dalla quantità di unità di peso corrispondenti ad una lunghezza fìssa, men-tre l'opposto rimaneva stabilito pel cotone, pella lana, pel lino, ecc.

Salvato in tal modo il principio, restava però a cercare un sistema decimale con cui surrogare i diversi sistemi in uso nei centri della produzione serica. L'idea di dare una base decimale alla numerazione della seta, aveva dato ori-gine a riforme negli antichi metodi in Italia ed in Francia, ma non si era giunti ad un risultato definitivo e generale. Il Congresso accettò la proposta delle Camere di Com-mercio di Torino e di Como, di dedurre i titoli dei fili di seta dal peso in decigrammi di un chilometro di essi.

Giova sperare che tale idea si farà strada anche nel Congresso dei setaiuoli che si terrà fra non molto a Lione appunto allo stesso

scopo-La questione del perimetro dell'aspo venne pure fe-licemente sciolta. I pareri erano divisi. Alcuni sostene-vano la necessità di fissare per legge un solo perimetro per innaspare i fili d'ogni sorta di tessili; altri, consi-derando la necessità di non impacciare la libera inizia-tiva degli industriali con nuove restrizioni amministrative, e la importanza secondaria della questione, proposero che si dichiarassero convenienti tutti quegli aspi che, mediante un certo numero di giri, producessero la lunghezza di mille metri; e ove si volesse in qualche modo pronunciarsi in proposito, di limitarsi a indicare quei perimetri, che si giudicavano più confacenti alle diverse specie di filati. Questo secondo parere ottenne voto favorevole, ed i perimetri raccomandati furono i seguenti:

( = 1 m. 37) pel cotone, che è il perimetro inglese : ciò renderebbe più facile l'adesione dell' Inghilterra al si-stema decimale;

di 1 m. 50 per la lana cardata e 67 giri per matas-sina di 100 m ;

di 1 m. 37 per la lana pettinata e 73 giri per la matassina di 100 m. ;

di 2 m. pei numeri grossi di lino e di canape e 50 giri per la matassina di 100 m.;

di 1 m. 25 pei numeri fini di lino e di canape e 80 giri;

di 1 m. 37 e 73 giri per la vigogna; di 1 m. e 100 giri per la seta greggia e lavorata. Prese queste risoluzioni, rieletto un Comitato perma-nente, il Congresso rimise alla terza sessione da tenersi nel 1875 in una delle città più industriali dell'Alta Ita-lia, Milano o Torino, lo studio dei lati della questione non ancora esplorati; e si sciolse colla convinzione di avere fatto progredire la causa alla quale consacrava i suoi sforzi ed il cui trionfo sarà fonte di immensi van-taggi alla industria ed al commercio europeo.

LE FINANZE DEGLI STATI UNITI D' AMERICA

(9)

9 5 novembre 1874

al signor John Sherman, presidente del Comitato sena-toriale delle finanze agli Stati Uniti.

Secondo il signor Frignet, il credito indiscutibile e senza eguale degli Stati Uniti deve essere la base suffi-ciente per il ritorno ai pagamenti in contanti ed, ap-poggiandosi sopra questo credito, un atto del Congresso basterà, egli pensa, a condurre tutto nel suo stato nor-male. Il debito dell'Unione può essere diviso in due grandi categorie :

1° Il debito consolidata al 5 e

al 6 per cento Doli. 2,000,000,000 2° Carta-moneto in circolazione

o debito fluttuante » 382,000,000 Totale. . . . Doli. 2,382,000,000 Queste due categorie devono, nel medesimo grado, essere religiosamente liquidate. Se si trasformasse il de-bito fluttuante in dede-bito consolidato al 5 per cento, nulla sarebbe cambiato. Non si sarebbe fatto altro che sem-plicizzare, riunendo in una sola le due categorie del debito. Tuttavia, se si opera questa trasformazione, non bisogna farla al prezzo fittizio iscritto come valore sulla carta, ma al prezzo reale col quale questa carta è ac-cettata sul mercato ; in altri termini, non bisogna con-servare alla carta che il suo valore in oro, che è molto minore. Per ciò, vi sono due serie ragioni. Il Governo non avendo fissato l'epoca del ritiro della sua carta, e non essendosi mai impegnato a rimborsarla oggi, piut-tostochè domani, è evidente che rende un servizio ai detentori della carta rimborsandoli una volta per tutte, ed è giusto che si faccia pagare questo servigio, rite-nendo una specie di sconto, che consiste nella differenza tra la pari della carta ed il suo valore mercantile in oro. La seconda ragione si è che, mai la carta-moneta è stata accettata alla pari. Per esempio, un biglietto di 5 dollari non è stato mai da alcuno pagato 5 dollari in oro. Dunque se il Governo ritirasse i biglietti alla pari, con ciò regalerebbe ai possessori un premio, a spese di tutti coloro che pagano le imposte. Ora, il te-soro, che non è in sostanza che il curatore del denaro della nazione, e ohe è responsabile del maneggio di que sti fondi in vista del solo interesse della nazione, non ha alcun diritto di frustrarla di questo benefizio. Il primo dovere dello Stato è di far fronte al debito legale, in maniera da custodire salvo l'onore finanziario del paese.

-Cosa succederà, se si ammette questo ragionamento, al quale l'autore della lettera attribuisce una grandissima importanza? Proponendo di ritirare i 382 milioni di dol-lari di carta moneta attualmente in circolazione, al prezzo del Ir evalore mercantile in oro, si porterebbe questa somma, con uno sconto medio del 10 per cento, ad un valore in bonds di dollari 343,800,000. È dunque un'eco-nomia di dollari 38,200,000 che il governo realizza.

Il sig. E. Frignet tratta in seguito la questione del mezzo pratico per ritornare ai pagamenti in contanti, secondo le basi del suo sistema. Questo mezzo consiste in ciò che il Congresso emanasse ima legge che autorizzasse il Tesoro a emettere per dollari 343 milioni di gold

bonds governativi assimilati, in quanto alla forma e ai

diritti, alle altre, serie dei Bonds governativi anterior-mente emessi, ma sottoposti a due clausole speciali :

1° I compratori dei nuovi Bonds, che si potranno chia-mare subito Banknote Bonds, li pagheranno esclusiva-mente in carta moneta.

2° Il compratore dovrà pure depositare questi nuovi

Bonds, nel più breve tempo possibile, al Tesoro e

rice-verà 90 per cento del valore nominale in nuovi biglietti di Banca pagabili a vista ed in oro.

In questa maniera, il ritiro della carta moneta sarà immediatamente compensato, da un'emissione equiva-lente dì nuovi biglietti di Banca.

« È vero, soggiunge il signor Frignet, che vi sarà « una differenza tra 1' ammontare delle diverse somme. « Invece dei 382 milioni di dollari di carta moneta « attualmente in circolazione, il Tesoro non potrà emet-« tere che 90 per cento di banconote della somma di « dollari 343,S00,0i'0 in nuovi Bonds, sia per un valore « di dollari 309,420,000 di nuove banoonote. In seguito « spiegherò come si può cuoprire questa differenza di « dollari 73 milioni. Ma ciò che sopratutto voglio pro-« vare, è la libertà e la facilità che questa conversione « offrirebbe al pubblico, non forzandolo affatto a sotto-« porsi al ritorno dei pagamenti in contanti, a piacere « del Governo; e lasciandogli, al contrario tuttala li-« berta di effettuare il ritiro della carta moneta secondo « le sue proprie convenienze, e ciò anche adagio o pre-« sto come i suoi bisogni lo consiglieranno. >

Tuttavia, fa osservare il sig. Frignet, 1 greenbacks non sono la sola carta moneta in circolazione negli Stati Uniti. Oggi esiste per 360,000,000 di dollari di carta emessa dalle Banche nazionali, il che, con i 382 milioni di dol-lari in greenbacks, costituisce un totale .di 742 milioni di dollari, totalmente fuori di proporzione con gli scambi del paese. Il sistema però dell'autore della lettera non porta la distruzione dei biglietti delle Banche nazionali.

« In sostanza, dica egli, quale è l'origine di questi « biglietti? Essi sono stati emessi dallo associazioni pri-« vate fino alla concorrenza del 90 per cento del valore « alla pari dei Bonds governativi depositati ad hoc al « Tesoro da queste stesse Società- In altri termini, questi « biglietti di Banca sono stati emessi da Società private, « in condizioni assolutamente identiche a quelle nelle « quali il Tesoro dovrebbe emettere i suoi nuovi bi-« glietti dì Banca, in cambio dei nuoyi Bonds che cree-« rebbe. Tutto quello che resterebbe a farsi, in questo « ultimo caso, per conservare in circolazione l'equiva-« lente dei 360 milioni di dollari in biglietti delle Ban-« che nazionali che circolano attualmente, si ridurrebbe « a affettuare uno scanibìo di biglietti coi Tesoro. I

« green backs sparirebbero, ed al loro posto si avrebbero

« i gellaw baclcs o i red backs o i biglietti non importa « di che colore. »

In fondo poi, la garanzia resterebbe assolutamente la medesima.

(10)

738 L' E C O N O M I S T A 5 novembre 1874 dunque, ipso facto, biglietti anonimi, non comportando

la creazione di alcuna Banca privata, non valendo, in-somma, che proporzionalmente al deposito operato, e pagabili al Tesoro.

Per stabilire la loro autenticità, il Congresso, con la legge che promulgherebbe, dovrebbe autorizzare la crea-zione, nel dipartimento del Tesoro, di tre nuovi uffici :

1° Ufficio di depositi, per consegnare le polizze cer-tificanti che tale o tal'altro ha depositato tanti bonds.

2° Ufficio tipografico, per procedere alla stampa delle banconote fino alla concorrenza del 90 p er cento della po-lizza di depositi che gli vien presentata.

3° Ufficio di emissione, per consegnare, dietro verifica della polizza in questione, le sue banconote al deposi-tante.

Questa polizza e le firme dei tre uffici risponderanno del deposito e dell'emissione ; dunque, il Tesoro ne sarà respon-sabile e niente altro. Allora, le banconote potranno en trare in circolazione.

Non volendo che il suo sistema cada nei dettagli, l'au-tore entra lui stesso nelle difficoltà amministrative e per risolverle propone quanto segue:

Il Congresso deve autorizzare il Tesoro, al momento del deposito dei bonds e per costituire una garanzia della sua emissione in banconote, a ritenere, finché conserva i bonds in questione, 2 per cento del loro interesse, inconseguenza non dando che 3 invece di 5 per cento d'interesse su que sti bonds.

Oltre che questa maniera di procedere sarebbe perfettamente equa, secondo il signor Erignet, costituirebbe un mi -glioramento nella situazione, attuale dei banchieri, come sono regolati dalla presente legge sulle banche. Ecco come l'Autore spiega le sue vedute:

L'interesse sarebbe di dollari 17,242,000. D'altro lato si avrebbero i seguenti conpensi: 2 0[0 sopra dollari 343,800,000 di

banconote, bonds da creare . . Doli. 6,875,000 2 Oio sopra dollari 396,000,000 di

depositi già effettuati dalle Ban-che Nazionali come garanzia

del-l'attuale circolazione . . . . » 7,920,000 2 0l0 sopra dollari 80,000,000 da

depositare perricondurre la nuo-va circolazione al livello della

cir-colazione attuale » 1,600,000 2 Ojo sopra dollari 110,000,000 di

bonds supplementari da emettere

per portare la circolazione a

dol-lari 842 milioni » 2,200,000

Totale. Doli. 17,595,000

Sarebbe dunque un benefizio annuo di dollari 353,000 che il Tesoro realizzerebbe, benefizio che basterà probabil-mente a cuoprire le spese della nuova emissione di ban-conote.

« Ho mostrato, dice il signor Frignet, che secondo il mio sistema il capitale del debito resta intatto. Provo adesso che l'aumento degl'interessi a carico del Tesoro è largamente compensato. Chi può dunque lagnarsi? Non certo il Tesoro. Nemmeno i contribuenti nò le stesse Banche nazionali. Il Tesoro non perde nò guadagna. I contribuenti in cambio di una ritenuta d'interesse,

ot-tengono un vantaggio reale. Le Banche nazionali sole ci guadagneranno un benefizio chiaro e netto. Nel nuovo slato di cose, se le Banche lasciano i loro bonds in de-posito al Tesoro, esse riceveranno 3 invece di 5 per cento; ma non avranno più bisogno di riserva e potranno impiegare tutti i 90 per cento dei biglietti che riceve-ranno. »

L'autore consiglia lo stabilimento per parte del Te-soro di un banco di liquidazione, per elassare i biglietti di Banche nazionali che riceverebbe e che accrediterebbe ciascuna di queste Banche di doli. 50,000 in nuove ban-conote a misura poi che ricevesse per doli. 50,000 dei loro biglietti annullati.

Il signor Ernesto Frignet ritorna in seguito sull' idea che ha emesso precedentemente e che chiama in maniera pittoresca la valvola di sicurezza automatica del suo si-stema : ritenere il 2 per cento degl' interessi. « Se la « circolazione delle nuove banconote, dice egli, si ristrin-« gesse al pimto di non più bastare ai bisogni del com-» mercio, il prezzo del denaro alzerà. Fin d'allora sarà « vantaggioso per i detentori di bonds il depositarli al « Tesoro e riceverne il 90 per cento in banconote paga-« bili a vista, ed in conseguenza la circolazione ritorne-« rebbe normale. Se al contrario vi è eccesso di circo-« lazione, il denaro, diminuendo di valore, non sarebbe « più vantaggioso per i possessori dei bonds il perdere « 2 per cento dei loro interessi. Ritireranno dunque i loro

« bonds depositati al Tesoro, rendendo a questo le sue

« banconote, fino a che di nuovo la circolazione sia di-« venuta normale. »

In quanto al rimborso a vista, si può garantire in due maniere. Sia colla riserva in contanti, sia col mettere in vendita la garanzia, a scelta del Governo. È evidente che secondo questo sistema, una banconota di 100 dol-lari non rappresenterebbe definitivamente che un bond di doli. 110, che si troverebbe nelle casse dello Stato. Questo bond può esser venduto: avrà sul mercato un prezzo che sarà certamente più elevato della differenza del 10 per cento che esiste tra il bond e la banconota, poiché anche nella situazione attuale i bonds dell'Unione raggiungono la pari. Questi bonds saranno dunque, in ultima analisi, per così dire, come oro, e più, il Tesoro ne avrà sempre tanti da far fronte a tutte le spese.

Non si può contestare la seducente originalità delle ce-dole del signor Frignet, poiché arriva a riprendere i pa-gamenti in oro senza inquietarsi dell'oro. Questa non è una critica, ma un'osservazione che faranno tutti i conti-nentali, imbevuti del sistema delle grandi riserve metal-liche.

Quindici anni di vita economica nazionale inglese O

Sopra tutte le statistiche pubblicate quelle del Board

of Trade inglese si distinguono per essere presto rese di

pubblica ragione, e per costanti confronti in un periodo di molti anni; due specialità che aumentano il valore del lavoro statistico. Lo studioso dell'economia nazionale trova pure ampi ammaestramenti nell' esposizione di pe-riodi precedenti, ma per la vita pratica per l'immediato

(11)

5 novembre 1874 L' ECONOMISTA 11 uso del presente, il lavoro statistico acquista un vero

merito solo quando appartiene al presente ed è real-mente al corrente della storia dei nostri giorni.

Tra le varie pubblicazioni inglesi, vi sono gli

Stati-stical abstracts, che per forma e contenuto sono veri

mo-delli di lavori statistici. Non vogliamo troppo trattenerci sul lato letterario di questi lavori, ma bensì basandoci sui dati degli abstracts offrire un quadro di quella im-mensa vita internazionale nella quale il commercio inglese si è veramente sviluppato ed esteso. Qui abbiamo vera-mente che fare non colla vita economica di una nazione ma con il resultato di un immenso lavoro economico che tutto abbraccia, coli'intrecciato processo economico, il cui campo d'azione comprende tutta l'umanità.

Guardiamo prima, quali sorgenti del consumo (l'appa-gamento dei bisogni e l'aumento del capitale) posseg-gano i 32,412,010 abitanti attuali del Regno Britannico, e verremo al resultato della tassa delle entrate; poi Irò veremo che le sorgenti delle tasse obbligatorie dell'entrata, che comprendono fondi, terreni, affitti, commercio, indu-strie ed ogni genere di servigi, rappresentano un annuo prodotto netto, cioè un'entrata di 482,338,317 lire ster-line per il 1872. Per considerevole elle sia questa somma, non resulta, per dir la verità, più di 375 franchi a testa, il che in media non sarebbe bastante per soddi-sfare al bisognevole, e ci fa concludere, che malgrado la grande attività industriale del popolo inglese, questi non è provvisto in beni bastanti per vivere comoda-mente. Pertanto le imposte ci permettono solo uno sguardo parziale nella realtà, e la vera entrata oltrepassa immen-samente l'imponibile.

L'aumento dell'entrata nazionale da 15 anni in qua è rappresentato dalle seguenti cifre :

1858 L. st. 327,138,852 1866 L. st. 413,105,180 1859 » 328,127,416 1867 » 423,773,568 1860 » 335,188,318 1868 » 430,368,971 1861 » 335,654,211 1869 » 434,803,957 1862 » 351,745,241 1870 » 444,914,228 1863 » 359,142,897 1871 » 465,594366 1864 » 371,102,842 1872 » 482,338,317 1865 » 395,828,680

Andando dietro alla direzione commerciale dei

Tra-desmcn inglese ed esaminando in quali paesi il

commer-cio sviluppò maggiormente, possiamo notare i seguenti Stati :

1859 1873 Porti della Russia merid. import. 3,064,580 7,529,290

» esport. 615,455 2,624,733 Svezia e Norvegia . . import. 3,529,659 10,686,777

» . . esport. 1,424,240 6,972,999 Germania import. 10,489,396 19,926,451 » esport. 16,059,316 36,709,419 Olanda import. 6,712,585 13,272,444 » esport. 8,159,186 24,578,380 Belgio import. 3,532,891 13,075,786 » esport, 3,703,546 14,230,511 Francia import. 16,870,858 43,339,234 » esport. 9,561,956 30,196,168 Spagna import. 3,285,394 10,973,231 » esport. 2,125,586 4,527,817 Turchia import. 2,813,194 6,068,925 » esport, 4,680,946 8,120,246 Egitto import. » esport. Stati Uniti . . . China 8,572,311 14,155,913 2,341,693 6,322,461 import. 34,294,042 71,471,493 esport, 24,417,892 36,698,424 9,014,310 12,520,460 2,574,825 5,017,334 96,983 3,198 2,828,770 3,840,904 1,969,547 1,510,176 1,645,002 896,030 5,834,641 12,495,285 561,390 1,884,145 7,399,974 7,876,595 4,764,195 3,310,102 5,219,572 2,741,255 17,262,706, 19,225,636 . . . . import. » esport. Giappone import. » esport. Brasile import. » esport. Chili import. » esport. Perù import. » esport. Australia import. » esport. Indie inglesi . . . . import.

» . . . esport. Capo di Buona Speranza import.

» esport.

Come l'entrata nazionale, così anche ambedue le mi-gliori sorgenti della medesima, il commercio nei suoi due rami di importazione e di esportaziane, si sono ampia-mente estesi. Nel 1873 la totale importazione ascese a L. st. 371,287,372 e la totale esportazione a 310,994,765 lire sterline. La prima dà una media di 11 lire sterline, 11 scellini e 2 pence, a testa, e la seconda 9 lire sterline, 13 scellini e 7 pence. Dagli ultimi 15 anni in poi l'im-portazione è aumentata di 192,105 517 lire sterline e l'esportazione di 155,301,790 lire sterline, nella seguente 15,244,869 29,890,802 20,782,853 22,313,988 1,684,646 4,120,915 2,045,425 4,645,967 maniera. Importazione Esportazione 1859 . . L. st. 179,182,355 L. st. 155,692,775 1860 . » 210,530,873 » 164,521,351 1861 . » 217,485,024 » 159,632,498 1862 . » 225,716,976 » 166,168,134 1863 . » 248,919,020 » 196,902,409 1864 . » 274,952,172 » 212,619,614 1865 . » 271,072,285 » 218,831,576 1866 . » 295,290,274 » 238,905,682 1867 . » 275,183,137 » 225,802,529 1868 . » 294,693,608 » 227,778,454 1869 . » 295,460,214 » 237,015,052 1870 . 303,257,493 » 244,080,577 1871 . » 331,015,480 » 283,574,700 1872 . » 354,693,624 » 314,588,834 1873 . » 371,287,372 » 310,994,765

Anche la navigazione ha preso in questi ultimi quin-dici anni un maggior sviluppo. La navigazione a vapore per sè sola accenna un aumento di 18,048,617 ton-nellate.

Il carico annuo negli ultimi 15 anni ascendeva a:

(12)

740 L' E C O N O M I S T A 5 novembre 1874 Nel medesimo tempo i capitali delle Casse di

rispar-mio sono saliti da 38,995,870 lire sterline a 40,500,135 lire sterline, mentre le Casse di risparmio postali fondate nel 1864, attualmente amministrano un capitale di lire sterline 21,167,749. Gli annui depositi nelle Casse di risparmio private e postali ammontano in media a 17 mi-lioni di lire sterline.

La circolazione dei biglietti e la riserva metallica della Banca d'Inghilterra alla fine di decembre ammontava ;

a n n i Hanco Note Riserva metallica

1859 22,413,000 17,002,000 1864 20,771,000 13,636,000 1869 23,910,000 18,827,000 1873 26,219,000 20,218,000 Lo sconto degli ultimi 15 anni ha variato tra un mi-nimo del 2 l j 4 ed un massimo del 7 Ij2.

Come consolanti resultati degli ultimi anni sono da considerarsi anche l'aumentato consumo da un lato, e dall'altro la diminuzione dei poveri e dei delinquenti. Per ciò riguarda l'aumento del consumo a testa troviamo quanto segue:

1859 1873 Burro 1.66 Libbra 4.sd Libbra Formaggio. . . . 1.56 » 4.69 » Thè 2.67 » 4.u » Grano e Farina . . 81.04 » 170.79 » RÌSO 1.16 » 11.37 » Zucchero scuro . . 33.85 » 43.oo » » raffinato . 0.95 » 7.63 » Il tabacco, il vino e lo spirito segnano un piccolo au-mento di consumo ed il caffè una diminuzione.

Il numero dei poveri negli ultimi 15 anni era il se-guente (considerando solo l'Inghilterra e il Gallese):

1859 . . . . 860,470 1867 . . . . 958,824 1860 . . . . 851,020 1868 . . . . 1,034,823 1861 , . , . 890,423 1869 . . . . 1,039,549 1862 . . . . 946,166 1870 . . . . 1,079,391 1863 . . . . 1,142,624 1871 . . . . 1,081,926 1864 . . . . 1,009,289 1872 . . . . 977,664 1865 . . . . 971,433 1873 . . . . 890,372 1866 . . . , 920,344 1864 . . . . 829,281 E pure interessante l'aumento nel numero delle let-tere, giornali e vaglia postali:

Lettere Giornali Vaglia-postali ANNI 185 9 545 mil>on' 82 6,969,108 186 0 564 83 7,229,146 186 1 593 85 7,580,454 186 2 605 87 7,593,280 186 3 642 89 7,956,794 186 4 679 95 8,398,927 186 5 720 97 8,551,719 186 6 750 99 8,995,967 186 7 775 102 9,348,410 186 8 808 106 9,555,594 186 9 824 109 9,823,484 187 0 847 131 10,244,785 187 1 867 202 13,062,886 187 2 885 223 13,984,189 187 3 907 254 15,118,546 Osserviamo finalmente il movimento dei viaggiatori tulle lìnee inglesi; da 149,807,148 (cioè 14,980 per

miglio) nel 1859, salì nel 1864 a 229,338,664 (cioè 17,933 per miglio), nel 1869 a 287)807,904 (cioè 20,201 per miglio) e nel 1873 a 455,634,767 persone, (cioè 28,332 per miglio).

Nel 1873 furono trasportati sulle linee inglesi più di 455.6 milioni di persone, il che per la popolazione d ' I n -ghilterra darebbe in media 14 viaggi all'ann > per te-sta. Negli ultimi 15 anni furono trasportati circa 4000 milioni di persone, che è più di un terzo di tutta la esi-stente umanità

FERROVIA DEL GOTTARDO

Dal ventesimo Rapporto mensile del Consiglio federale svizzero sullo slato dei lavori delta linea del S. Got-tardo al 31 agosto 1874 riponiamo U Seguente pro-spetto. i r

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RIVISTA ECONOMICA

Il Commercio italiano nei primi 9 mesi del 1871. — Il prestito della città di Urbino. Le riformo finanziario in Ungheria. — Il prodotto dello im-posto nel Belgio pei primi nove mesi dell'anno. — Movimento commer-ciale della Danimarca nel 1873. — L'industria dello zucchero in Panne-nia — Il commercio francese nei mari dell'India e della China. — Lo ferrovie nelle ìndio inglesi. — L' Esposizione internazionale al Chili. — J. Bright e la vaccinazione in Inghilterra.

(13)

5 novembre 1874 L' ECONOMISTA 741 e di esportazione dei primi nove mesi del 1874 eoi

con-fronto dello stesso periodo del 1873; e noi ne esponiamo 1 riassunto :

1874 1873 Importazione L. 1,018,556,662 L. 864,959,841 Esportazione * 806,413,876 » 830,854 646 La di Gerenza che resulta dal confronto dei valori e delle quantità, è 153,r>98,821 in più per le importazioni e di lire 24,440,770 per le esportazioni.

L'importazione del novimestre del 1874 supera quella dello stesso periodo del 1873 di lire 153,598,821, e le merci che più vi contribuirono sono l'alcool, gli olii mi-nerali depurati gli olii di sesamo, di ravizzone e di lino, la cicoria macinata, i pesci salati, i coralli, la lana in massa, i' cereali, il corallo greggio e lavorato, le rotaie di ferro, la ghisa in rottami, il ferro di prima fabbricazione, il piombo in rottami ed il càrhon fossile ; mentre che sono in diminuzione il caffè, le pelli erode verdi o secche, i tessati di cotone stampati, i tessuti di lana follati, i tes-suti di pura seta e le mercerie comuni.

L'esportazione poi in confronto del 1873 è minore di lire 24,440,770, e le merci che vi hanno contribuito sono i vini, 1' olio d' oliva, i generi medicinali non nominati gli agrumi, il bestiame, i tessuti di pura seta, i cereali, il corallo lavorato e lo zolfo ; ed. invece figurano ,in au-mento i prodotti chimici non nominati, la canapa ed il lino grezzi, le sete erude greggie, gli avanzi di seta tinti e non tinti, non che i vetri e smalti tagliati.

Considerati in complesso gli scambi, abbiamo che il 1874 ha superato il 1873 di L. 129,158,051; esperiamo che l'ab-bondante raccolto del vino e dell' olio di oliva, di cui si fa molta ricerca all' estero aumenterà le nostre esporta-zioni, le quali daranno un più soddisfacente confronto

La città di Urbino ha aperto la pubblica sottoscrizione di nn prestito. Lasciamo a chi spetta il parlare dal punto di vista finanziario di questa operazione che per la cifra in cui è contratta non ha certo grandissima importanza, e nemmeno avremmo avuto bisogno di far menzione in questo luogo di questo fatto che non può essere sfuggito a chiunque abbia lasciato cader gli occhi sopra la quarta pagina di un giornale quotidiano, se non dovessimo espri-mere la nostra sorpresa ohe in Italia si scelga appunto questo momento per la emissione di nuovi valori di tal natura, e se dopo aver vivamente sperato che il periodo dei prestiti municipali sarebbe rimasto chiuso per lungo tempo avessimo potuto nascondere il rammarico con cui vediamo che nelle presenti condizioni economiche del nostro paese vi sono sempre municipi inclinati a racco-gliere egregie somme che potrebbero utilmente sovvenire le industrie ed i commerci per erogarle in opere pub-bliche della cui utilità e produttività vi è molto da du-bitare.

Completiamo con i seguenti particolari le notizie da noi già date (v. n" 25) intorno al bilancio ungherese testé presentato dal ministro Ghyczy al Parlamento.

Il ministro si è proposto di ottenere il pareggio: se-condo le sue assicurazioni il deficit che nel 1874 è di 34 milioni di fiorini si ridurrà a 15 milioni nel 1875.

A parole si fa presto sparire il deficit, resta a vedere se si possano limitare le spese, se sia facile aumentare

le entrate. Ecco intanto le nuove imposte che il ministro ungherese ha presentate al Parlamento: sui trasporti per ferrovie e per battelli a vapore, sul capitale e sulla rendita, sulle Società obbligate per legge a pubblici rendimenti di conti, sul vino, sulla carne, sulla caccia e sulle armi da caccia, ecc., ecc., si tratta insomma di un rimaneggiamento generale di tutte le imposte. Quello che più monta si è che sembra egli voglia trovare il mezzo di ottenere non solo la votazione delie imposte ma anche il loro pagamento per parte dei contribuenti.

Lo stato comparativo delle imposte dirette e indirette nel Belgio durante i nove primi mesi del 1874 e del 1873 è abbastanza soddisfacente. Le riscossioni delle imposte dirette dei nove primi mesi "del 1874 superano 1 di fr. 2,507,069 quelle del 1873 e quelle delle imposte indirette e di altri prodotti sono superiori di fr. 13,010,843, a quelle del corrispondente periodo del 1873.

Un rapporto consolare pubblicato a Londra dà dei dettagli interessanti intorno al movimento commerciale della Danimarca. Il peso totale delle mercanzie traspor-tate nel 1873 è stato di 1,622,000 tonnellate, cifra che fino allora non era stata mai raggiunta ; l'importazione figura per due terzi del totale. Tutti i diritti sono pa-gati secondo il peso, e non si tiene conto alcuno del va-lore della importazione: quanto alla esportazione dei pre-dotti del paese, essa ha rappresentato nel 1873 la somma di 51 milioni di rixdaler: il progresso è stato continuo dal 1866, nel quale anno ammontava a 37 milioni.

Anche la navigazione progredisce In modo sensibile: nel 1873 sono usciti dai porti della Danimarca 6700 ba-stimenti e 200,000 tonnellate di mercanzie al di sopra della media dei precedenti otto anni. L'esportazione del bestiame costituisce pure un ramo considerevole del com-mercio di quel paese: essa è ascesa nell'anno decorso a 45,980 animali bovini, 17 313 montoni e 111,637 ma-iali. Sono stati inoltre spediti 110,000 barili di burro, mentre la media dei sette anni precedenti era di 47,000. L'Inghilterra assorbisce quasi la totalità di quel'e sostanze alimentari e questo ramo di commercio produce un be-nessere straordinario per le oneste e laboriose popola-zioni delle campagne danesi.

Per far nascere l'industria dello zucchero in Rumenia il Governo ha pubblicato una legge la quale garantisce i più larghi privilegi ai fabbricanti di zucchero. Tutto lo zucchero che e3cirà dalle fabbriche concesse dal Go-verno, per la durata di 30 anni in tutto il territorio della Rumenia non sarà colpito da nessuna imposta nè del Governo nè dei Comuni. Le azioni delle Società ano-nime sono esenti dal bollo, le macchine destinate alla industria dello zucchero importate dall' estero non paghe-ranno dazi d'entrata nè altre imposte comunali.

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