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Il Medioevo nel pensiero politico di Montesquieu. Origine ed evoluzione della monarchia in Francia.

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Università degli Studi dell’Insubria Dottorato in Diritto e Scienze Umane

XXX ciclo

Il Medioevo nel pensiero politico di Montesquieu.

Origine ed evoluzione della monarchia in Francia

Tesi di dottorato di Fabiana Fraulini

Tutores:

Prof. Gianmarco Gaspari Prof. Mario Conetti













Anno Accademico 2016/2017

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1 Sommario

Abbreviazioni ... 3

Introduzione ... 4

Capitolo 1 - METODOLOGIA DELLA RICERCA STORICA E ISTITUZIONALE DI MONTESQUIEU ... 10

1.1 I libri XXVIII, XXX e XXXI dell’Esprit des lois e la loro rilevanza all’interno dell’opera ... 10

I libri finali dell’Esprit des lois come esempio di metodologia storica ... 10

Storiografia e politica durante la reggenza e il regno di Luigi XV ... 15

1.2 Influenza della storiografia settecentesca sul pensiero di Montesquieu ... 23

Muratori e Montesquieu storici delle istituzioni medievali ... 23

Erudizione e filosofia in Muratori e Montesquieu ... 30

1.3 Le fonti della ricerca storica in Montesquieu ... 38

Tacito e Cesare ... 39

I diritti germanici ... 43

Il diritto romano ... 45

Formulari notarili e capitolari ... 47

Droit coutumier ... 50

Cronache e annali ... 53

Opere di età moderna ... 56

Capitolo 2 – L’ORIGINE DEL REGNO: LA CONQUISTA DEI FRANCHI ... 58

2.1 Le origini germaniche dei Franchi nel dibattito settecentesco francese ... 58

2.2 I caratteri dei popoli germanici nel pensiero di Montesquieu ... 66

Le origine germaniche dei Franchi ... 66

Libertà germanica e dispotismo romano: il problema della riscossione delle imposte 69 La conquista dei Franchi e il ritorno della libertà in Europa ... 77

2.3 Evoluzione delle leggi civili e politiche nel regno di Francia ... 85

Le leggi dei popoli germanici ... 85

Rapporti tra vinti e vincitori: la personalità del diritto ... 90

L’organizzazione politica del regno e le sue ripercussioni sulle leggi civili: la consuetudine ... 95

Il conflitto tra la nobiltà e il clero: la diffusione del duello giudiziario ... 98

Capitolo 3 – LE ORIGINI DEI FEUDI E DELLE GIURISDIZIONI SIGNORILI ... 105

3.1 Sviluppo della società e delle istituzioni nel regno franco: le origini della nobiltà feudale ... 105

Le origini germaniche dei feudi ... 105

I vassi e l’origine della nobiltà feudale ... 108

Organizzazione politica del regno franco: feudi e allodi ... 114

3.2 Le giurisdizioni signorili ... 118

Le giurisdizioni signorili nella monarchia ... 118

L’origine delle giurisdizioni signorili: il fredum ... 122

Fief et justice sont tout un ... 126

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3.3 Il conflitto tra giurisdizioni signorili e autorità regia ... 132

I «cas royaux» e l’«ordonnance criminelle» del 1670 ... 132

Il caso della strada da Marillac a La Brède ... 138

Capitolo 4 – RE E NOBILTÀ NELLA STORIA DI FRANCIA: LA MONARCHIA FEUDALE ... 145

4.1 Il potere del sovrano e della nobiltà nei primi secoli della monarchia ... 145

Brunechilde: la corruzione della monarchia e il pericolo del dispotismo ... 145

I maestri di palazzo e il re ... 149

Evoluzione dei feudi e degli allodi ... 154

4.2 La legge di successione al trono nel regno di Francia ... 161

Le leggi fondamentali del regno ... 161

La successione di Luigi XIV ... 163

La guerra di successione spagnola e la guerra di devoluzione ... 166

Le origini delle leggi di successione: primogenitura e legge salica ... 171

4.3 I parlamenti ... 176

Il parlamento come «dépôt de lois» ... 176

I parlamenti e il potere giudiziario: la corte dei pari ... 181

I parlamenti e il potere giudiziario: il regno di San Luigi ... 186

4.4 La monarchia francese nell’Esprit des lois ... 191

La distribuzione dei poteri nella monarchia francese ... 191

Il governo gotico e la monarchia feudale ... 195

BIBLIOGRAFIA ... 203

Opere di Montesquieu ... 203

Altre fonti medievali e moderne ... 203

Letteratura critica ... 207

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Abbreviazioni

La pubblicazione della nuova edizione critica in ventidue volumi delle opere di Montesquieu, iniziata nel 1998 e diretta da Jean Ehrard, Pierre Rétat e Catherine Volphilac-Auger, è attualmente in corso. Quando possibile, si è fatto riferimento a tale edizione per la citazione delle opere di Montesquieu.

Masson: Œuvres complètes de Montesquieu, sous la direction de A. Masson, 3 tt., Paris, Nagel, 1950-1955.

OC: Œuvres complètes de Montesquieu, sous la direction de J. Ehrard, P. Rétat et C.

Volpilhac-Auger, Oxford, Voltaire Foundation 1998-2010; Lyon - Paris, Ens Éditions - Classiques Garnier, 2010-.

Collectio juris: Collectio juris, in OC, tt. 11 e 12.

EL: Esprit des lois, in Montesquieu, Tutte le opere [1721-1754], a cura di D. Felice, Bompiani, Milano, 2014, pp. 894-2269.

LP: Lettres persanes, in OC, t. 1.

MsEL: De l’Esprit des loix. Manuscrits, in OC, tt. 3 e 4.

P: Pensées, in Montesquieu, Pensées – Le Spicilège, éd. établie par L. Desgraves, Paris, Laffont, 1991.

Romains: Considérations sur les causes de la grandeur des Romains et de leur décadence, in OC, t. II, pp. 87-316.

Spicilège: Spicilège, in OC, t. 13, pp. 81-654.

Voyage d’Italie: Voyage d’Italie, in OC, t. 10, pp. 489-506.

Catalogue: Catalogue de la bibliothèque de Montesquieu à La Brède, éd. par L. Desgraves e C.

Volpilhac-Auger, Napoli - Paris - Oxford, Liguori - Universitas - Voltaire Foundation, 1999.

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Introduzione

La presente dissertazione ha per oggetto i tre libri di argomento storico con i quali si conclude l’Esprit des lois.

Il libro XXVIII (De l’origine et des révolutions des loix civiles chez les François) è dedicato alla storia della legislazione in Francia tra V e XV secolo. Dopo aver analizzato le leggi dei popoli che invasero l’Impero romano, Montesquieu esamina come da queste leggi si siano sviluppate le consuetudini e la pratica del duello. Vengono poi indagati i cambiamenti politici e istituzionali che hanno determinato l’affermarsi, nel regno di Francia, del diritto romano-giustianianeo e di nuove procedure giudiziarie.

Nei libri XXX (Théorie des loix féodales chez les Francs, dans le rapport qu’elles ont avec l’établissement de la monarchie) e XXXI (Théorie des loix féodales chez les Francs, dans le rapport qu’elles ont avec les révolutions de leur monarchie) dell’Esprit des lois, invece, Montesquieu studia come dall’organizzazione delle popolazioni germaniche abbiano avuto origine i feudi.

L’evoluzione dell’istituto feudale è strettamente connessa, come si evince dai titoli dei libri, alle trasformazioni politiche e istituzionali che avvengono nel regno.

In questi testi non vi è una narrazione lineare: l’argomentazione è disseminata di numerose citazioni o riferimenti a fonti medievali, principalmente giuridiche, e può pertanto apparire particolarmente dispersiva e di difficile lettura. Anche per questo motivo i libri di argomento storico, considerati «les plus arides de son œuvre»1, non hanno mai incontrato l’interesse degli interpreti, che raramente ci si sono soffermati.

I pochi studi esistenti sul libro XXVIII hanno per oggetto principalmente il suo valore metodologico: ne viene infatti sottolineata l’importanza in quanto esempio di metodo per lo studio delle leggi2. A questi rilievi non è però seguita un’analisi puntuale della metodologia della ricerca storica di Montesquieu. I libri XXX e XXXI, incentrati sulle leggi feudali, sono stati oggetto di alcuni studi che, però, si sono spesso limitati a considerare alcuni singoli aspetti delle argomentazioni3.



1 C. Spector, Montesquieu. Liberté, droit et histoire, Paris, Michalon, 2010, p. 257. Cfr. anche quanto scrive Massimiliano Bravi: «dilungandosi in una lunghissima e dettagliata analisi delle trasformazioni sociali e politiche […] Montesquieu scaraventa il lettore in un florilegio di citazioni e riferimenti storiografici talvolta difficilmente catalogabili» (Leggi civili e leggi politiche nell’evoluzione giuridica della monarchia francese secondo Montesquieu, in biblioteca elettronica di «Montesquieu.it», on-line dal 2012, pp. 1-42: 1)

2 Cfr. infra, pp. 12-13.

3 Cfr. infra, p. 10, nota 3.

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Nella presente dissertazione si è cercato invece di ricostruire il pensiero di Montesquieu relativo al Medioevo non considerandolo separatamente dal resto dell’opera, ma mettendolo in relazione sia con le teorie politiche presenti nell’Esprit des lois, sia con i mutamenti politico-istituzionali in atto nella Francia del Settecento.

Questa ricerca si sviluppa infatti nella convinzione che i libri finali dell’Esprit des lois non costituiscano una semplice dissertazione erudita di storia istituzionale, ma rispondano a problematiche politiche concrete. Dall’analisi dell’opera e degli appunti privati dell’autore4 è stato possibile individuare molteplici riferimenti all’attualità politica: Montesquieu vive in un momento di grandi cambiamenti politici e istituzionali.

Il regno di Luigi XIV ha determinato trasformazioni importanti nella struttura costituzionale della Francia e nei rapporti di potere tra le differenti forze politico-sociali.

La morte del Re Sole e l’inizio del regno di Luigi XV, attraverso la reggenza, determinano l’esplosione delle tensioni latenti tra i diversi ordini del regno. La percezione dei cambiamenti che stanno avvenendo nella struttura del regno e la conseguente sensazione di spaesamento, sperimentata in particolare dalla nobiltà di spada e di toga, le cui prerogative iniziano a essere messe in discussione, portano diversi autori a interrogarsi con preoccupazione sul divenire della Francia. La ricerca di Montesquieu si colloca in questo contesto: come si cercherà di dimostrare, interrogarsi sul passato del regno significa per lui riflettere sulla natura della monarchia.

In questa dissertazione si è quindi dato ampio spazio alla ricostruzione dei contesti politici e istituzionali, i quali, determinando l’esigenza di elaborazioni concettuali capaci di interpretare la realtà, devono essere tenuti in considerazione nell’analisi delle teorie politiche dell’Esprit des lois.



4 Montesquieu, fin dagli anni della formazione, era solito redigere estratti, scrivere riflessioni e appunti, stendere schemi e idee che avrebbero poi potuto essere rielaborate nelle pagine dei testi destinati alla pubblicazione. Sebbene ci sia giunta notizia di diverse raccolte di questo tipo, la maggior parte di esse è andata perduta. Quelle che si sono conservate rappresentano un’imprescindibile fonte per gli studiosi, dal momento che vi si trovano abbozzate, sotto forma di meditazioni e di idee, molte delle tematiche approfondite nelle sue opere, specialmente nell’Esprit des lois. Per i temi trattati in questa dissertazione, si sono rivelate preziose fonti di informazioni e notizie la Collectio iuris, le Pensées, lo Spicilège e i Mes voyages: appunti che hanno consentito di chiarire aspetti del pensiero di Montesquieu espressi nell’Esprit des lois e di analizzare l’evoluzione della sua riflessione nel corso degli anni. Queste raccolte sono state date alle stampe, unitamente ai manoscritti dell’Esprit des lois, altra importante fonte di informazioni, nell’ambito della pubblicazione delle Œuvres complètes de Montesquieu, tuttora in corso. Un altro importante strumento che si è utilizzato è la Correspondance, dalla quale è stato possibile ricavare informazioni sulla vita e sul pensiero di Montesquieu e sulla situazione politica della Francia del primo Settecento: si tratta di elementi particolarmente rilevanti.

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6

Nel Settecento la storiografia era stata sovente utilizzata per sostenere tesi politiche:

nell’analizzare l’evoluzione del pensiero di Montesquieu, si è anche cercato di individuare se vi siano state influenze da parte di autori contemporanei. Ci si è soffermati, quindi, sulla storiografia francese dell’epoca, ricostruendo in particolare i dibattiti che avevano luogo nell’Académie des Inscriptions, oltre che il pensiero di autori quali Dubos e Boulainvilliers, presenze importanti all’interno dell’Esprit des lois.

Dallo studio delle opere di Montesquieu, inoltre, è emerso come vi siano differenze rilevanti, per quanto riguarda la storia di Francia, tra gli scritti giovanili, in particolare le Lettres persanes, e quelli composti negli anni Trenta e Quaranta. Nell’Esprit des lois, in particolare, si riscontra non solo la presenza di interpretazioni differenti, ma vi è una evoluzione del metodo storico-istituzionale utilizzato, frutto di una maggiore consapevolezza nell’approccio alle fonti storiche. Si è quindi cercato di determinare le cause di tali differenze, indagando le vicende biografiche dell’autore.

Particolarmente rilevante è stata l’esperienza del tour europeo, compiuta da Montesquieu negli anni Venti del Settecento, che gli ha consentito di riflettere con maggior consapevolezza sulle problematiche proprie della storia europea e di confrontarsi con intellettuali e personalità eminenti di tutto il continente. È noto che grande attenzione è stata riservata, dalla critica, al soggiorno inglese di Montesquieu.

Meno indagato risulta invece il suo viaggio in Italia, compiuto tra il 1728 e il 1729, durante il quale ha avuto occasione di conoscere diversi tra i maggiori uomini di lettere e di scienza dell’epoca. Dagli appunti di viaggio risulta evidente la stima e l’interesse nei confronti della cultura italiana. Lo studio complessivo delle influenze italiane sul pensiero di Montesquieu esula però dall’argomento della presente dissertazione. Si è cercato di concentrarsi principalmente su quegli incontri che potrebbero aver avuto influenze importanti sulla ricerca storica successiva: questo ha portato a considerare principalmente l’opera di Lodovico Antonio Muratori.

La stima di Montesquieu nei confronti di Muratori è documentabile in diversi punti della sua opera: in questa sede, ci si è soffermati soprattutto sul ruolo avuto da Muratori per il delinearsi della metodologia della ricerca storica e istituzionale di Montesquieu. Si tratta di un aspetto che, finora, non è mai stato indagato e che, come si cercherà di dimostrare, è particolarmente rilevante per una piena comprensione del pensiero relativo al Medioevo nell’Esprit des lois. Grazie al confronto con il pensiero di Muratori è

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7

stato infatti possibile individuare diversi aspetti salienti della metodologia storica messa in atto da Montesquieu.

Una certa attenzione è stata dedicata anche alla dimensione intertestuale.

L’argomentazione, nei libri XXVIII, XXX e XXXI, si basa su un ampio impiego di fonti tardo antiche, medievali e moderne. Studiosi quali Fraçoise Weil5, Louis Desgraves6 e Iris Cox7 hanno ricostruito in buona parte gli elenchi delle opere che Montesquieu aveva a disposizione durante la stesura dell’opera. In questa sede, invece, si è cercato di analizzare l’uso delle fonti, esaminando in particolare i criteri in base ai quali le fonti sono state scelte, in quale modo sono state utilizzate, quali documenti sono stati ritenuti attendibili e per quali motivi8.

Va puntualizzato che le ricerche sulle eventuali influenze e sulle fonti utilizzate da Montesquieu non sono volte a mortificare l’originalità del suo pensiero, bensì a chiarirne la genesi e gli elementi costitutivi. Contestualizzare la riflessione di un autore entro vicende biografiche, ambienti culturali, situazioni politiche non significa sostenere che le sue teorie siano state determinate da situazioni contingenti. Si tratta invece di tentare un approccio che permetta di fornire una visione d’insieme del pensiero dell’autore, individuando da quali idee potrebbe essere stato influenzato e a quali problemi la sua opera cerca di fornire una risposta.

Questo tipo di indagine, che ha tenuto conto non solo dell’evoluzione del pensiero di Montesquieu indagandolo tramite lo studio delle opere pubblicate e degli appunti privati, ma soprattutto degli eventi politici, del contesto istituzionale francese e degli ambienti culturali, si è rivelata efficace per fornire nuove interpretazioni dei libri finali dell’Esprit des lois.

Grazie a questa impostazione, si è cercato di mostrare come, per Montesquieu, la ricerca storica fosse funzionale a interpretare le problematiche politiche del presente. A partire dallo studio dell’organizzazione socio-politica delle popolazioni germaniche che invasero l’Impero romano, infatti, Montesquieu mette in atto una riflessione sul potere, analizzando l’organizzazione politica e istituzionale dei nuovi regni e i rivolgimenti



5 F. Weil, Les lectures de Montesquieu, «Revue d’histoire littéraire de la France», LVII (1957), pp. 494-517.

6 L. Desgraves, Catalogue de la bibliotheque de Montesquieu, Geneve-Lille, Droz-Giard, 1954; Id., Les extraits de lecture de Montesquieu, «Dix-Huitième Siècle», 25 (1993), pp. 481-491; Id., Inventaire des documents manuscrits des fonds Montesquieu de la Bibliothèque municipale de Bordeaux, Genève, Droz, 1998.

7 I. Cox, Montesquieu and the History of French Laws, Oxford, Voltaire Foundation, 1983.

8 Cfr. infra, pp. 38-57 (Le fonti della ricerca storica in Montesquieu).

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socio-politici che hanno portato, nei secoli seguenti, alla nascita delle moderne monarchie. Lo spirito di libertà degli antichi Germani sopravvive nel corso dei secoli e determina la creazione in Europa di governi moderati, caratterizzati da una distribuzione dei poteri tra sovrano e nobiltà. La ricerca di Montesquieu evidenzia come l’equilibrio dei poteri tra nobili e re sia difficile da mantenere: particolare attenzione viene dedicata dall’autore allo studio dei meccanismi istituzionali che si sono sviluppati nel tempo per evitare abusi di potere. Nei momenti storici in cui si è assistito a un eccessivo accentramento di potere nelle mani del re o della nobiltà, e alla conseguente degenerazione del regime monarchico, la nazione francese è sempre riuscita a individuare meccanismi istituzionali in grado di riportare a un equilibrio.

In età moderna l’assolutismo, con l’accentramento dei poteri nelle mani del sovrano, ha determinato la perdita di questo equilibrio. La ricerca storica consente a Montesquieu di individuare le soluzioni proprie per un ritorno a un regime moderato o, almeno, per arginare il pericolo che la Francia si trasformi in dispotismo. Come si cercherà di mettere in evidenza, a partire dalle informazioni contenute nelle fonti medievali Montesquieu compie una ricostruzione storica originale, fortemente influenzata dai concreti problemi politici e istituzionali propri dei suoi tempi9.

L’analisi della ricostruzione storica di Montesquieu consente quindi di fornire nuove interpretazioni della natura della monarchia, forma di governo poco indagata dagli interpreti. Tra gli elementi più importanti che emergono dall’analisi dei libri finali dell’Esprit des lois, vi è il ruolo delle giurisdizioni signorili all’interno della forma di governo monarchica10. Si tratta di un argomento sul quale non esistono studi specifici;

in questa sede, si è cercato di metterne in evidenza l’importanza all’interno delle teorie politiche di Montesquieu. Le giurisdizioni signorili costituiscono infatti un elemento imprescindibile della monarchia: in loro assenza la nobiltà non riesce a limitare il potere del sovrano. Lo studio di questo tema è stato condotto anche prendendo in considerazione le vicende biografiche di Montesquieu, titolare, come è noto, di diritti feudali nei territori di La Brède, Raymond e Clairac. Si è cercato di mostrare come la gestione dei suoi territori abbia portato a una riflessione teorica sull’organizzazione del



9 Si veda, ad esempio, la sua interpretazione della conquista della Gallia ad opera dei Franchi: cfr. infra, pp. 69- 84.

10 Cfr. infra, capitolo 3, pp. 105-146.

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regno, in particolare per quanto riguarda i conflitti tra giurisdizioni signorili e autorità regia11.

Un ulteriore aspetto che è parso particolarmente rilevante nella teorizzazione di Montesquieu è costituito dal ruolo, nella monarchia, dei parlamenti francesi12. Seppur esistano numerosi studi sull’argomento, questi si sono concentrati sui primi libri dell’Esprit des lois, senza tenere in considerazione la genesi storica dei parlamenti delineata nel libro XXVIII. L’esame della ricostruzione storica attuata da Montesquieu ha consentito di fornire nuove interpretazioni del ruolo dei corps politiques all’interno della monarchia, forma di governo estremamente complessa e difficile da salvaguardare13.

Questa dissertazione dottorale è animata dall’auspicio di gettare nuova luce sulle teorie politiche contenute nell’Esprit des lois e di mettere in evidenza alcuni aspetti che, finora, sono stati piuttosto trascurati dalla critica: i libri finali dell’Esprit des lois sono un campo di ricerca particolarmente proficuo e capace di fornire nuove interpretazioni del pensiero dell’autore.



11 Cfr. infra, pp. 138-144 (Il caso della strada da Marillac a La Brède).

12 Cfr. infra, pp. 176-190.

13 Cfr. infra, pp. 191-195.

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Capitolo 1 - METODOLOGIA DELLA RICERCA STORICA E ISTITUZIONALE DI MONTESQUIEU

1.1 I libri XXVIII, XXX e XXXI dell’

Esprit des lois

e la loro rilevanza all’interno dell’opera

I libri finali dell’Esprit des lois come esempio di metodologia storica

I libri XXVIII, XXX e XXXI1 dell’Esprit de lois hanno sempre costituito un’incognita per gli studiosi di Montesquieu. Il libro XXVIII è stato oggetto di qualche tentativo di intepretazione2, mentre i libri sulle leggi feudali sono stati spesso considerati «un appendice historique dont on n’a pas toujours senti l’utilité», un «traité rapide, capricieux, incomplet»3.



1 I tre libri furono composti tardi, quando già il resto dell’opera era nelle mani dell’editore. Il 28 marzo 1748 Montesquieu scrive a monsignor Gaspare Cerati (1690-1769), conosciuto durante il viaggio in Italia e con il quale manterrà sempre un’assidua corrispondenza, una lettera dalla quale si apprende che la stesura del libro XXVIII dell’Esprit des lois era stata completata nel corso dei primi mesi di quell’anno («J’ai per me tuer depuis trois mois, afin d’achever un morceau que je vais y mettre, qui sera un livre de l’origine & des révolutions des lois civiles de France. Cela formera trois heures de lectures mais je vous assure que cela m’a coûte tant de travail, que mes cheveux son blanchis»: Montesquieu à Cerati in Masson, t. 3, pp. 1114-1117: 1116-1117).

Montesquieu illustra poi la sua intenzione di terminare l’opera con due ulteriori libri di argomento storico: «Il faudroit pour que mon ouvrage fût complet, que je pusse achever deux livres sur les lois féodales. Je crois avoir fait des découvertes sur une matière, la plus obscure que nous ayons, qui est pourtant une magnifique matière. Si je puis être en repos à ma campagne pendant trois mois, je compte que je donnerai la dernière main à ces deux livres; sinon mon ouvrage n’en passera» (Montesquieu à Cerati, cit., pp. 1116-1117). Nel giugno 1748 Jacob Vernet (1698-1789), che stava sovrintendendo, dietro richiesta dello stesso autore, alla stampa dell’Esprit des lois a Ginevra, insiste perché Montesquieu spedisca all’editore, affinché venga inserito nell’opera,

«le morceau sur Les Lois féodales». La richiesta di Vernet viene ripetuta in quattro lettere, scritte tra il giugno e il luglio 1748: Masson, t. 3, pp. 1117-1122. Su Vernet e la pubblicazione della prima edizione dell’Esprit des lois, si veda G. Gargett, Jacob Vernet, éditeur et admirateur de Montesquieu, in M. Porret - C. Volpilhac-Auger (ed.), Le Temps de Montesquieu, Geneve, Droz, 2002, pp. 107-125.

2 Al libro XXVIII sono stati dedicati alcuni studi. Ricordiamo in particolare il recente F. Bonzi, Esempio di metodologia storica e conferma storica del principio dell’onore: il libro XXVIII dell’«Esprit des lois», «Studi filosofici», 32 (2010), pp. 77-112, nel quale l’autore, dopo una prima analisi generale del libro, si sofferma su uno degli argomenti più importanti in esso trattati, ossia il duello giudiziario. Rilevante è anche G. Benrekassa, Philosophie du droit et histoire dans les livres XXVII et XXVIII de «L’Esprit des lois», in Id., Le concentrique et l’excentrique. Marges de lumières, Paris, Payot, 1980, pp. 155-182.

3 É. Carcassonne, Montesquieu et le problème de la constitution française au XVIIIࢥ siècle (1927), Genève, Slatkine Reprints, 1978, p. 87. Secondo Alfred Sorel, «Books XXVI-XXXI, important as they are in themselves, are scarcely more than a supplement to an essay on the Roman laws of inheritance, and to an unfinished history of feudal laws in France. And there is a pause in the work at the end of chapter XXVI. The wonderful cohesion which has hitherto given it so majestic an air is lessened in the further development of the subject, and there are numerous digressions in the later books» (Montesquieu, London, Routledge, 1887, p. 82). Il più recente tentativo di analisi complessiva dei libri XXX e XXXI è quello di Massimiliano Bravi, Leggi civili e leggi politiche nell’evoluzione giuridica della monarchia francese secondo Montesquieu, cit.). La ricostruzione del pensiero di Montesquieu da parte di Bravi si limita, però, a tentare di mettere in ordine cronologico gli avvenimenti narrati negli ultimi libri dell’Esprit des lois, senza una particolare attenzione critica e senza che venga fornita una interpretazione complessiva di questa parte dell’opera. Analisi più sviluppate in senso critico si trovano in C.

Spector, Montesquieu. Liberté, droit et histoire, cit., pp. 257-270 (chap. 5: L’histoire de la féodalité [Livres XXVIII,

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Questa concezione sembra essere avallata anche dal titolo completo dato da Jacob Vernet alla prima edizione dell’opera: De l’Esprit des Loix […] à quoi l’Auteur a ajouté des recherches nouvelles sur les lois Romains touchant les successiones, sur les lois Françoises et sur les lois féodales4. Il termine «ajouté» può indurre a ritenere che le parti storiche del volume non siano altro che un’appendice, separata dal resto dell’opera.

Nonostante negli ultimi decenni sia stata riconosciuta l’importanza dei libri finali dell’Esprit des lois, tuttavia «nella letteratura critica non sembra mai essere scomparsa l’impressione che Montesquieu abbia dedicato troppo spazio a quella che viene designata, riduttivamente, ‘analisi storica’»5. I libri XXVIII, XXX e XXXI sono quelli più lunghi dell’opera e sono contraddistinti da un’esposizione particolarmente articolata.

Gli argomenti trattati possono risultare ostici: Montesquieu si sofferma infatti su complessi problemi di storia istituzionale medievale, di difficile comprensione se non si tiene conto del dibattito storiografico settecentesco e delle fonti utilizzate dall’autore. A causa, probabilmente, anche di queste difficoltà di lettura mancano a tutt’oggi delle analisi complessive di questa parte dell’opera, che rimane appunto tra le meno studiate dell’intero Esprit des lois.

Si tratta di un’assenza significativa, considerando l’importanza che Montesquieu stesso attribuisce a questa parte dell’opera. Il libro XXX si apre infatti con le parole: «Je croirois qu’il y auroit une imperfection dans mon ouvrage, si je passois sous silence un



XXX, XXXI]) e in I. Cox, Montesquieu and the History of Laws, in D.W. Carrithers et al., Montesquieu’s Science of Politics. Essays on «The Spirit of Laws», Lanham (MD), Rowman & Littlefield, 2001, pp. 409-430, contributi nei quali si cerca, seppur sinteticamente, di fornire una spiegazione complessiva dei libri XXX e XXXI. Entrambe le autrici, tuttavia, si soffermano forse eccessivamente sulla polemica tra Dubos e Boulainvilliers, e questo fa passare in secondo piano alcuni aspetti maggiormente rilevanti. Si vedano inoltre gli studi di M. Hulliung, Montesquieu and the Old Regime, Berkeley, University of California Press, 1976, pp. 54-76 (chap. 3: Feudalism and the Problem of the Past); E. Magnou-Nortier, Les «lois féodales» et la Société d’après Montesquieu et Marc Bloch ou la Seigneurie banale reconsidérée, «Revue Historique», 586 (1993), fasc. 2, pp. 321-360; G. Vallone, La costituzione feudale di Montesquieu, «Le carte e la storia», XX (2014), n. 2, pp. 9-25. Questi studi si soffermano infatti su alcuni degli elementi presenti nel libro XXXI, senza però inserirli in una ricostruzione complessiva.

Relativamente ad alcune posizioni presenti nell’articolo di Vallone, cfr. infra, p. 131, nota 103. È indicativo, a riprova della scarsa attenzione riservata ai libri finali dell’Esprit des lois, che David Carrithers, nel suo contributo su Montesquieu’s Philosophy of History («Journal of the History of Ideas», 47 [1986], 1, pp. 61-80) si concentri sui Romains e su alcuni scritti minori di Montesquieu (De la politique [1725] e Réflexions sur le caractère de quelques princes et sur quelques événements de leur vie [1731-1733]), mentre non tenga in considerazione la parte finale dell’Esprit des lois.

4 La frase relativa alle «recherches nouvelles» fu aggiunta su suggerimento di Vernet. Si veda la sua lettera a Montesquieu del 4 settembre 1748 (Masson, t. III, pp. 1130-1131): «Ne seroit-il point à propos, outre l’addition explicative du titre dont nous sommes convenus, d’y ajouter: avec des recherches nouvelles sur les loix romains touchant les succession, sur les loix françoises & sur les loix féodales,ou quelque chose d’approchant».

5 F. Bonzi, Esempio di metodologia storica e conferma storica del principio dell’onore: il libro XXVIII dell’«Esprit des lois», cit., p. 78.

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évenement arrivé une fois dans le monde, & qui n’arrivera peut-être jamais»6, dove l’avvenimento in questione è lo sviluppo delle leggi feudali.

Nel libro primo dell’Esprit des lois, inoltre, Montesquieu, dopo aver elencato i vari fattori da tenere in considerazione quando si affronta lo studio della legislazione, conclude che le leggi hanno «des rapports entr’elles, elles en ont avec leur origine, avec l’objet du législateur, avec l’ordre des choses sur lesquelles elles sont établies: c’est dans toutes ces vûes qu’il faut les considérer»7. Questo elenco, come hanno rilevato alcuni studiosi, sembra riassumere il contenuto dell’ultima parte dell’Esprit des lois: i «rapports entr’elles» e «l’ordre des choses sur lesquelles elles sont établies» sembrano riferirsi al libro XXVI8, «l’objet du législateur» al libro XXIX9 e «leur origine» ai libri XXVII10, XXVIII, XXX e XXXI11. Parrebbe quindi che i libri finali dell’Esprit des lois si inseriscano perfettamente all’interno del piano dell’opera pensato da Montesquieu.

Date queste premesse, risulta necessario, prima di analizzare nello specifico la teorizzazione di Montesquieu relativa al Medioevo, cercare di dare un’interpretazione complessiva dei libri finali dell’Esprit des lois.

Come ha recentemente dimostrato Federico Bonzi12, la funzione dei libri XXVII13 e XXVIII è quella di fornire un esempio metodologico per lo studio delle leggi, considerate in relazione alla loro origine e al loro sviluppo nella storia. Nella pensée 1794, che avrebbe dovuto costituire un’introduzione al libro XXVII, si legge:

J’ai pris un example qui est de l’origine et de la génération des lois des Romains sur les successions, et cet exemple servira ici de méthode.

Je n’ai point pris la plume pour enseigner les lois, mais la manière de les enseigner. Aussi n’ai- je traité des lois, mais de l’esprit des lois.

Si j’ai bien donné la théorie des lois romaines sur les successions, on pourra, par la même méthode, voir la naissance des lois de la plupart des peuples14.



6 EL, XXX, 1, p. 2082.

7 EL, I, 3, p. 920.

8 Des loix, dans le rapport qu’elles doivent avoir avec l’ordre des choses sur lesquelles elles statuent.

9 De la manière de composer les loix.

10 De l’origine & des révolutions des loix des Romains sur les successions.

11 R.B. Oake, De L’Esprit Des Lois, Books XXVI-XXXI, «Modern Language Notes», 63 (1948), pp. 167-171:

168-169. La posizione di Oake è accettata da F. Bonzi, Esempio di metodologia storica e conferma storica del principio dell’onore: il libro XXVIII dell’«Esprit des lois», cit., p. 81.

12 F. Bonzi, Esempio di metodologia storica e conferma storica del principio dell’onore: il libro XXVIII dell’«Esprit des lois», cit., pp. 79-89.

13 De l’origine & des révolutions des lois des Romains sur les successions.

14 P 1794, pp. 556-557.

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La stessa funzione è, evidentemente, ricoperta anche dal libro XXVIII, nel quale Montesquieu si propone di fornire «un petit essai de l’histoire des lois de la France, comme je viens de donner l’histoire de quelques lois romaines. Je voudrais bien que l’on fît de meilleures ouvrages sur les lois de chaque pays»15.

Nella visione di Montesquieu, pertanto, questi esempi possono fornire un metodo che consenta di analizzare la storia delle leggi dei differenti popoli.

Si tratta di un aspetto presente anche nei due libri finali dell’Esprit des lois, nei quali però l’oggetto della ricerca è più complesso: se nei libri XXVII e XXVIII Montesquieu

«si è soffermato su due capitoli particolari della vasta storia della legislazione, nei capitoli XXX e XXXI il suo sguardo investe un panorama più vasto e completo:

l’evoluzione di tutta una società»16. L’analisi della società franca non vuole tuttavia delineare «un’evoluzione tipo, quasi che l’evoluzione di tutti i popoli dovesse seguire il medesimo schema»17. Montesquieu difende infatti le specificità di ogni singolo popolo:

le leggi «doivent être tellement propres au peuple pour lequel elles sont faites, que c’est un très-grand hasard si celles d’une nation peuvent convenir à une autre»18. L’obiettivo di questi libri, pertanto, è quello di fornire «un metodo-tipo per lo studio della storia delle leggi»; di conseguenza, «non è il contenuto ma il metodo ad avere valore esemplare»19.

Questo intento è espresso anche nelle pensées: «J’aimerais mieux enseigner à considérer les lois dans leur origine, qu’à faire un livre sur l’origine des lois»20. Lo scopo non è stendere uno studio erudito dell’origine di alcune leggi particolari21, bensì fornire un metodo di lavoro che consenta allo studioso di esaminare i fattori che portano all’origine e all’evoluzione delle varie leggi che si sono sviluppate nel corso del tempo presso i diversi popoli. Questi libri dell’opera, pertanto, sono fondamentali in quanto depositari anche di indicazioni di metodo.



15 P 1795, p. 557.

16 S. Cotta, Montesquieu e la scienza della società, Torino, Ramella, 1953, p. 400.

17 Ivi, p. 408.

18 EL, I, 3, p. 918.

19 S. Cotta, Montesquieu e la scienza della società, cit., p. 408. Cfr. anche C. Oudin: «l’étude sur les lois féodales est un troisième exemple de la méthode analytique qu’il faut suivre pour dégager l’ordre historique de la succession des lois par rapport à l’évolution de la vie sociale et en conformité avec les influences extérieures qui président à l’organisation des peuples» (De l’unité de «L’Esprit des lois» de Montesquieu, Paris, Rousseau, 1910, p. 151).

20 P 1831, p. 568.

21 Ibid.: «J’aurais encore bien choses à dire; mais j’aurais peur que cela ne devint une matière de pure érudition».

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Occorre tuttavia ricordare come, in età moderna, la storiografia sia stata spesso utilizzata, come è noto, per suffragare posizioni politiche. Per una piena comprensione dell’Esprit des lois, e in particolare dei libri XXX e XXXI, è pertanto necessario considerare l’attualità politica e culturale del primo Settecento e cercare di determinare se la ricerca storica di Montesquieu risponda anche a esigenze politiche.

Questo tentativo non può, però, ridursi a considerare la polemica che vede contrapposte la tesi germanista suffragata da Boulainvilliers e quella romanista sostenuta da Dubos, come hanno spesso fatto in passato gli studiosi di Montesquieu. Tale impostazione risulta infatti essere estremamente riduttiva, come notava già diversi decenni fa Sergio Cotta22. Al tema della conquista dei Franchi, intorno al quale si sviluppa la polemica tra Dubos e Boulainvilliers, è infatti dedicata solo una parte del libro XXX. L’ultimo libro dell’Esprit des lois, invece, ripercorre l’evoluzione della monarchia franca dall’epoca di Clotario II fino alla presa di potere di Ugo Capeto. La diatriba tra Dubos e Boulainvilliers, seppur sia presente e costituisca un elemento essenziale, è ben lungi dall’esaurire la riflessione di Montesquieu relativa al Medioevo.

Escludendo gli studiosi che hanno soffermato la loro attenzione sul dibattito tra germanisti e romanisti, non vi sono state ulteriori indagini che abbiano cercato di mettere in relazione la ricerca storica di Montesquieu e la situazione politica della prima metà del Settecento. Si tratta di un aspetto che è necessario esplorare, in quanto potrebbe permettere di avanzare nuove interpretazioni dell’opera di Montesquieu.



22 «È stato detto che i due libri XXX e XXXI sono una replica alla tesi opposte di Boulainvilliers e di Dubos:

tale opinione ha indubbiamente un aspetto di verità, ma non la coglie tutta […]. I suoi studi sulla società feudale […] non possono quindi venir intesi come la semplice partecipazione a una polemica – se così fosse, tra l’altro, essi verrebbero di nuovo a trovarsi isolari dal resto dell’opera – laddove, se certamente la polemica tra germanisti e romanisti fu presente e stimolò il pensiero di Montesquieu, non vi è dubbio che la sua soluzione mirò a un risultato più scientifico che politico, poiché infatti essa si sostanzia di tutti i prìncipi della ricerca da lui precedentemente condotta» (S. Cotta, Montesquieu e la scienza della società, cit., p. 402). Anche recentemente, tuttavia, vi sono intepreti che hanno continuato a leggere i libri finali dell’Esprit des lois come una presa di posizione entro il dibattito tra romanisti e germanisti: tra gli esempi più recenti, si segnala I.

Wood, The Modern Origins of Early Middle Ages, Oxford, Oxford University Press, 2013, pp. 37-41; C. Nicolet, La fabrique d’une nation. La France entre Rome et les Germains, Paris, Perrin, 2006, p. 58. Su Dubos e Boulainvilliers, cfr. infra, pp. 63-66.

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Storiografia e politica durante la reggenza e il regno di Luigi XV

In seguito alla morte del Re Sole, il 1° settembre 1715, inizia quella che è stata definita la «transizione conservatrice»23: il sistema politico a tendenza autoritaria inaugurato da Luigi XIV si trova in una situazione di estrema tensione nei confronti delle élite e degli stati confinanti. La morte del sovrano e il vuoto di potere determinato dalla minorità dell’erede al trono comportano la necessità di gestire queste tensioni, evitando che il sistema creato dal Re Sole ne risenta eccessivamente. Il duca Filippo d’Orléans, ottenuta la reggenza24, restituisce pertanto parte dei pubblici poteri a parlamenti e nobiltà nel tentativo di ottenerne il consenso e di scongiurare il deflagrare di conflitti.

I parlamenti, in cambio dell’appoggio fornito a Filippo d’Orleans, ottengono la restituzione del diritto di rimostranza25, tolto loro da Luigi XIV, e tornano così ad esercitare una funzione politica all’interno del regno. Il reggente e i suoi collaboratori riescono a gestire la fase delicata dell’inizio della reggenza, ma le tensioni latenti presto riesplodono.

Durante gli anni della reggenza, infatti, i parlamenti rivendicano il ruolo di primo corpo dello stato; si considerano indispensabili per limitare l’autorità del sovrano e per assicurare l’equilibrio dei poteri nella costituzione del regno26. La monarchia, pertanto,



23 E. Le Roy Ladurie, L’Ancien Régime, 2 voll., Bologna, il Mulino, 2000, vol. II (Il declino dell’assolutismo: l’epoca di Luigi XV [1715-1770]), p. 8.

24 Il successore al trono di Francia, Luigi XV, all’epoca della morte del Re Sole ha solo cinque anni. Luigi XIV, consapevole dei rischi di crisi politiche che ogni reggenza comporta, prima di morire ha dato precise disposizioni nel suo testamento per cercare di garantire la massima stabilità al regno del nipote durante gli anni della minorità di quest’ultimo, stabilendo, in particolare, la separazione della tutela del re minorenne dalla reggenza. La tutela del sovrano avrebbe dovuto essere attribuita, unitamente al comando della Guardia Reale, al duca del Maine, figlio naturale del Re Sole. Un consiglio di reggenza, composto da Filippo d’Orléans e da altri ministri, si sarebbe occupato dell’amministrazione e del governo del regno. Queste disposizioni, però, non troveranno mai attuazione. Filippo d’Orléans, infatti, convince il parlamento di Parigi a modificare in suo favore il testamento del Re Sole e ottiene la reggenza senza limitazioni. Cfr. infra, p. 164.

25 Sul diritto di rimostranza, cfr. infra, pp. 177-178.

26 Riguardo ai parlamenti e al conflitto con il reggente e con Luigi XV, in particolare per quanto riguarda le implicazioni istituzionali, il rimando imprescindibile è P. Alatri, Parlamenti e lotta politica nella Francia del Settecento, Roma-Bari, Laterza, 1977. Si veda vedano inoltre F. Diaz, Filosofia e politica nel Settecento francese, Torino, Einaudi, 1962, pp. 13-82 (cap. I: Contrasti politici, idee di riforme e problemi costituzionali in Francia alla metà del secolo XVIII); F. Di Donato, L’ideologia dei «robins» nella Francia dei lumi. Costituzionalismo e assolutismo nell’esperienza politico-istituzionale della magistratura di antico regime, 1715-1788, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2003, pp. 49-171 (cap. 1: Dalla rinascita politica del Parlement alle crisi costituzionali del 1730-’31 e del 1753-

’54); L. Egret, Louis XV et l’opposition parlementaire, 1715-1774, Paris, Colin, 1970; J.J. Hurt, Louis XIV and the Parlements. The Assertion of Royal Authority, Manchester-New York, Manchester University Press, 2002; L.

Rothkrug, Opposition to Louis XIV. The Political and Social Origins of the French Enlightenment, Princeton, Princeton University Press, 1965; J. Rogister, Louis XV and the Parlement of Paris. 1737-1755, Cambridge, Cambridge University Press, 2002; M. Antoine, Louis XV, Paris, Fayard, 1989; J. Swann, Politics and the Parlements of Paris under Louis XV, 1754-1774, Cambridge, Cambirdge University Press, 1995; É. Carcassonne, Montesquieu et le problème de la constitution française au XVIIIࢥ siècle, cit., pp. 2-63.

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deve essere posta sotto tutela dal parlamento27. Per sostenere questa posizione,

«nouvelle et hasardée»28, i teorici parlamentari ricorrono alla storiografia.

Il fondamento legittimante delle rivendicazioni parlamentari viene individuato nel passato del regno. Gli snodi cruciali delle vicende storiche della Francia sono indagati con l’obiettivo di trovare le argomentazioni necessarie per sostenere le pretese politiche dei parlamenti. In particolare, viene studiato il momento della fondazione della monarchia per rinvenire l’antica costituzione: l’originario assetto politico-istituzionale del regno, che nel corso dei secoli è stato intaccato dalla corruzione, è considerato l’unico legittimo. L’origine dei parlamenti viene fatta risalire nelle antiche assemblee dei Franchi, che limitavano il potere del sovrano. Derivando dall’evoluzione istituzionale di questi antichi istituti, i parlamenti dovrebbero costituire l’elemento portante della costituzione29 francese30. La legittimità di un particolare assetto costituzionale viene misurata in base alla fedeltà a una tradizione, ossia si fonda sulla ricostruzione di uno sviluppo che dalle origini del regno conduce all’ordine del presente.

In questi stessi anni anche la nobiltà, le cui tradizionali prerogative politiche erano state drasticamente ridotte durante il regno di Luigi XIV31, incomincia rivendica il proprio ruolo all’interno del regno. Una volta assunto il potere, il reggente con un decreto sancisce la sostituzione dei singoli ministri e segretari di Stato, direttamente dipendenti dal sovrano, con un sistema di sei consigli, che sarà conosciuto come



27 Queste posizioni trovano espressioni in diverse opere che si diffondono in quegli anni. Tra i principali, vanno ricordati i Memoires del cardinale di Retz, pubblicati nel 1717, e il cosiddetto Judicium Francorum, rimaneggiamento di un pamphlet dei tempi della Fronda, Les véritables maximes du governement de la France, justifiées par l’ordre des temps, depuis l’établissement de la Monarchie jusques à présent (pubblicato prima in F.E. de Mezeray, Mémoires historiques et critiques, Amsterdam, 1732, poi, nello stesso anno, edito separatamente). Il 13 agosto 1732 il parlamento di Parigi decreta che il pamphlet deve essere bruciato, poiché «attentatoire à la Souveraineté du Roy, & contraire aux loix fondamentales du Royaume» (Arrest de la cour du Parlement qui ordonne qu’un Libelle intitulé: Mémoire touchant l’origine & l’autorité du Parlement de France, appellé Judicium Francorum, sera lacer & brulé, Paris, Simon, 1732, p. 3) anche se, come nota Carcassonne, «on est en droit de supposer qu’au moins plusieurs de ses membres approuvaient le livre qu’ils faisaient brûler» (Montesquieu et le problème de la constitution française au XVIIIࢥ siècle, cit., p. 37).

28 Saint-Simon, Réfutation de l’idée du parlement d’estre le premier corps de l’estat nouvellement prise et hasardée, in Id., Écrits inédits, Paris, Hachette, 1880, t. III, pp. 401-418: 401.

29 Relativamente al termine «costituzione» nell’antico regime, cfr. infra, p. 178, nota 146.

30 Relativamente a questi aspetti e alla storiografia parlamentare si rimanda a É. Carcassonne, Montesquieu et le problème de la constitution française au XVIIIࢥ siècle, cit., pp. 25-41; F. Di Donato, Giuristi e storia dello Stato: il conflitto magistratura – potere politico nella Francia del Settecento, «Storia Amministrazione Costituzione. Annale dell’Istituto per la Scienza dell’Amministrazione Pubblica», 11 (2003), pp. 73-122; Id., Le recours à l’histoire dans le discours juridique et dans la stratégie politique de la robe parlementaire au XVIIIe siècle, in L’histoire institutionnelle et juridique dans la pensée politique, Actes du XVIIe Colloque international de l’AFHIP (Aix-en-Provence 12-13 mai 2005), Aix-en-Provence, Presses Universitaires d’Aix-Marseille, 2006, pp. 215-223.

31 Cfr. infra, p. 112.

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«polisinodia»32. All’interno dei consigli Filippo d’Orléans inserisce diversi membri dell’aristocrazia: la nobiltà, che durante il regno di Luigi XIV era stata pressoché esclusa dalla gestione dei pubblici poteri, torna così a svolgere un ruolo importante nel governo dello stato. L’esperienza della polisinodia avrà però breve durata: nell’estate del 1718 il reggente ridefinisce l’apparato dello stato, elimina i consigli e restaura il sistema di governo precedente, basato sulle figure dei ministri e dei segretari di stato.

In questi stessi anni si consuma inoltre uno scontro tra i pari33 e il resto della nobiltà.

Da diversi decenni i duchi e i pari di Francia si consideravano un corpo separato e superiore rispetto al resto della nobiltà, e lamentavano di essere stati privati di prerogative e poteri che sarebbero spettati loro di diritto. L’affermazione del loro primato all’interno della nobiltà non è solo questione di rango, ma ha concrete ricadute nel diritto pubblico. I pari ritengono infatti di dover, in virtù del loro ruolo, dividere il potere con il sovrano e reclamano che la loro superiorità sia giuridicamente e politicamente riconosciuta. Come i teorici parlamentari, anche i pari si rifanno alla storia per sostenere la legittimità delle loro pretese politiche: nel 1664 avevano incaricato l’abate Jean Le Laboureur (1623-1675) di scrivere una Histoire de la Pairie con il preciso obiettivo politico di difendere le loro prerogative34. Anche in quest’opera, che godrà di



32 Déclaration portant établissement ac plusieurs conseils pour la direction des affaires du royaume, in Recueil général des anciennes lois françaises, depuis l’an 420 jusqu’à la Révolution de 1789, 29 voll., Paris, Belin-Leprieur, 1821-1833, t.

XXI, pp. 36-40. Sulla polisinodia, Montesquieu scrive nelle Lettres persanes: «Dès que le feu Roi eut fermé les yeux, on pensa à établir une nouvelle administration. On sentoit qu’on étoit mal; mais on ne sçavoit comment faire pour être mieux. On s’étoit mal trouvé de l’autorité sans bornes des Ministres précedens; on la voulut partager: on créa pour cet effet six ou sept Conseils: & ce Ministere est peut-être celui de tous qui a gouverné la France avec plus de sens: la durée en fut courte aussi bien que celle du bien qu’il produisit» (LP CXXXII, p.

499).

33 Nel Medioevo i pari di Francia erano i grandi feudatari, vassalli diretti della corona. In seguito, a partire dal regno di Filippo il Bello, il titolo di pari divenne una dignità attribuita dal sovrano. Nel XVII e XVIII secolo le funzioni dei pari consistevano, teoricamente, nell’assistere e consigliare il re nelle sue decisioni; fino al 1667 facevano parte del Conseil du roi. I pari avevano inoltre il diritto di partecipare alle sedute del parlamento di Parigi. Cfr. M. Marion, voce «Pairs» in Id., Dictionnaire des institutions de la France aux XVIIe et XVIIIe siècle, cit., pp. 413-415.

34 «Nous Ducs et Comtes Pairs de France, soussignéz, ayant considéré qu’il est très important pour relever la grandeur de cettre première Dignité de l’Estats et en maintenir les droits et les prérogatives, de faire choix d’une personne qui non seulement recherce dans l’histoire, dans les auteurs qui en ont écrit, et dans les registres publics, tout ce qui regarde l’éminence des Pairies, mais encore qui puisse agir dans les rencontres pour nos intérests commun, Nous avons creu ne pouvoir donner cette Commission à personne qui fust intelligent et plus capable de s’en bien acquitter que le sieur La Laboureur. C’est pourquoy, nous le changeons de travailler incessemment à recueillir tant ce qui concerne nostre Dignité en général, que l’histoire particulière des Pairies, et faire imprimer cet ouvrage, lorsque ceux d’entre Nous que Nous commettrons pour l’examiner l’auront approuvé» (Commission donnée en 1664 au sieur abbé Le Laboureur par messieurs les ducs et pairs de France pour veiller a leur affaires, in Saint Simon, Écrits inédits, cit., t. III, pp. 508-510: 508). La commissione rinnova l’incarico a Le Laboureur nel 1704; il suo lavoro circolerà inizialmente manoscritto. Due edizioni

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una notevole diffusione nella prima metà del Settecento, l’argomentazione ricorre all’origine della monarchia per avvalorare le pretese politiche dei pari di Francia, considerati i veri rappresentanti della nazione. Nel corso della reggenza queste richieste portano a un conflitto aperto con il resto della nobiltà, la quale si riunisce in assemblea nel marzo-aprile 1716 per opporsi alle pretese dei pari35. Una seconda riunione dell’assemblea avrà luogo l’anno successivo, in seguito alle richieste dei pari di eliminare dalla linea di successione il duca del Maine e il conte di Tolosa36, principi legittimati di Luigi XIV 37.

Gli anni della reggenza e del regno di Luigi XV risultano pertanto caratterizzati da una forte conflittualità tra le diverse forze politico-sociali. La nobiltà e i parlamenti, che erano stati ridotti pressoché al silenzio durante il lungo governo del Re Sole, ritornano durante il regno di Luigi XV a far sentire la loro voce, ma non riescono ad affermarsi come protagonisti della vita politica di Francia né a riappropriarsi, se non in minima parte, delle prerogative e dei pubblici poteri tolti loro dall’assolutismo.

Questa situazione di tensione causa un disagio in molte componenti della società francese:

Il potere monarchico, ancora forte dell’eccezionale prestigio conferitogli dal Re Sole, veniva esercitato da Luigi XV senza serio impegno nè senso di responsabilità, cercando solo di risolvere alla meglio i problemi politici, militari, finanziari più urgenti, e lasciando che le cose andassero per il loro verso: ciò generava anche fra i ministri e consiglieri del sovrano, e nei ceti privilegiati, disorientamento, scoraggiamento, sbandamento generale degli spiriti. D’altra parte, le istituzioni della vecchia Francia, già garanti di autonomie, di privilegi, di libertà locali e personali, avevano ormai perduto ogni effettiva forza politica, e non erano più in grado di esprimere un’apprezzabile reazione: la autocrazia aveva agito così profondamente, durante tutto il XVII secolo, che nessuna concreta riforma avrebbe potuto richiamarsi, in Francia, ad



dell’opera appariranno, rispettivamente, nel 1740 e nel 1743. Cfr. É. Carcassonne, Montesquieu et le problème de la constitution française au XVIIIࢥ siècle, cit., pp. 11-14.

35 Nello Spicilège Montesquieu riassume la memoria, scritta probabilmente da Boulainvilliers, Requête de la noblesse contre les fausses prétentions de MM. les ducs et pairs, con la quale l’assemblea della nobiltà replica alle pretese dei pari: Spicilège n. 267, p. 273. La memoria è riportata integralmente in J.-D. Lassaigne, Les assemblées de la noblesse de France aux XVIIe et XVIIIe siècle, Paris, Cujas, 1965, pp. 230-243.

36 Sulla questione dei legittimati e sulle leggi di successioni francesi, cfr. infra pp. 164-165.

37 In seguito a queste vicende, viene fatta proibizione alla nobiltà di riunirsi, mentre alcuni dei suoi rappresentanti vengono imprigionati. Fino al 1789, non vi saranno più assemblee della nobiltà. Su queste vicende, lo studio più completo rimane J.-D. Lassaigne, Les assemblées de la noblesse de France aux XVIIe et XVIIIe siècle, cit., pp. 129-152 (La Noblesse contre les Ducs et Pairs). I documenti relativi a queste vicende sono riportati in A. Lancelot, Memoires concernant les Pairs de France avec les preuves, Paris, Coustelier, 1720.

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una rinascita o ad una restaurazione, che pur fu vanamente auspicata e richiesta, degli ordinamenti cui era legato il ricordo delle antiche libertà francesi38.

La stessa impressione di disorientamento è presente anche nell’opera di Montesquieu.

Nelle Lettres persanes si avverte infatti «la vertigine di fronte a un mondo che cambia, lo smarrimento tinto di rimpianto di fronte al processo di decomposizione della società francese». In particolare, nell’opera emerge prepotentemente «la coscienza della mancanza di concrete prospettive politiche»39. I parlamenti, privati delle loro prerogative, sono simili a «ces ruines que l’on foule aux pieds; mais qui rappellent toujours l’idée de quelque Temple fameux par l’ancienne Religion des Peuples»40, mentre il «droit public» è ridotto a «faibles et misérables restes de nos lois, que le pouvoir arbitraire a pu jusqu’ici cacher, mais qu’il ne pourra jamais anéantir qu’avec lui- même»41: in seguito al regno di Luigi XIV gli antichi istituti della monarchia sono stati svuotati del loro ruolo politico e né la reggenza42 né il regno di Luigi XV si dimostrano capaci di restituire un assetto politico stabile al regno. Probabilmente la massima, contenuta nell’Esprit des lois, «dans le cours d’un long gouvernement, on va au mal par une pente insensible, & on ne remonte au bien que par un effort»43, va interpretata in riferimento al lungo regno del Re Sole che ha per sempre cambiato l’assetto costituzionale del regno.

I due libri finali dell’Esprit des lois devono essere considerati, a mio avviso, in relazione a questo contesto politico. Rispetto alle Lettres persanes si riscontrano tuttavia



38 G. Astuti, La formazione dello Stato moderno in Italia. Lezioni di storia del diritto italiano, Torino, Giappichelli, 1967, pp. 173-174.

39 S. Rotta, Il pensiero francese da Bayle a Montesquieu, in L. Firpo (dir.), Storia delle idee politiche economiche e sociali, vol. IV (L’età moderna), t. 2, Torino, Utet, 1975, pp. 177-244: 207-208.

40 LP LXXXIX, pp. 380-381. La lettera prosegue: «Ces grands Corps ont suivi le destin des choses humaines:

ils ont cedé au tems, qui détruit tout; à la corruption des mœurs, qui a tout affoibli; à l’autorité suprême, qui a tout abattu. Mais le Regent, qui a voulu se rendre agreable au peuple, a paru d’abord respecter cette image de la liberté publique: & comme s’il avoit pensé à relever de terre le Temple, & l’Idole; il a voulu qu’on les regardât comme l’appui de la Monarchie, & le fondement de toute autorité legitime».

41 P 1183, p. 403.

42 «Vous me demandez ce que c’est la Régence. C’est une succession de projets manqués et d’idées indépendantes; des saillies mises en air de système; un mélage informe de faiblesse et d’autorité; toute la pesanteur sans la gravité du ministère; un commandement toujours trop raide ou trop lâche; tantôt la désobéissance enhardie, et tantôt la juste confiance découragée; une malheureuse inconstances à abandonner le mal même; un conseil qui tantôt se raidit, tantôt se multiplie, qui paraît et se perd aux yeux de public d’une manière sourde ou éclatante, aussi différent par les personnes qui le composent, qu’il l’est par la fin qu’elles se proposent» (P 1613, p. 507). Su Montesquieu e la reggenza si rimanda in particolare a J. Ehrard, Montesquieu, Saint-Simone et la Régence, «Cahiers Saint-Simon», 19 (1991), pp. 21-30 (riproposto, col titolo La Régence, in J.

Ehrard, L’esprit des mots. Montesquieu en lui-même et parmi les siens, Genève, Droz, 1998, pp.109-120).

43 EL, V, 7, p. 1008.

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