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La sfida delle dieta mediterranea per il futuro.

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Academic year: 2021

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La sfida delle dieta mediterranea per il futuro.

La dieta mediterranea si trova in questo periodo protagonista di numerosi importanti progetti di prevenzione medica, ma anche come

oggetto di iniziative “negative” legate al mondo del business e ai complicati aspetti della globalizzazione di massa che la portano a essere stimolo di attrazione per guadagli sempre più semplici. Un altro pericolo è la ricerca nel settore degli O.G.M. che in campo alimentare sta portando alla nascita di nuove specie di alimenti che potrebbero essere introdotti o peggio ancora sostituiti con alimenti presenti nella dieta mediterranea che conosciamo.

Gli O.G.M.: i superalimenti contro gli alimenti mediterranei?

Gli organismi geneticamente modificati sono una grande innovazione della ricerca scientifica degli ultimi anni. Il campo di ricerca dell’ingegneria genetica si è spinto anche in ambito alimentare con lo scopo di risolvere quelli che sono

determinati problemi che fino a pochi anni fa non avevano una concreta soluzione. Grazie a una sequenza di DNA estraneo al loro sono state fatte nascere nuove specie di piante che riescono a resistere a larve ed altri insetti, oppure riescono a produrre frutti anche 30 volte più grandi del normale.

Questi sono solo alcuni esempi dell’impatto che la ricerca genetica potrebbe avere sulla natura, ma, anche se non ci sono ricerche prospettiche di grande durata, i prodotti OGM hanno già fatto il loro ingresso nel

mercato alimentare; soprattutto quello di mais destinato alla popolazione america.

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In Europa, dove l’opinione pubblica si dichiara impaurita per questi nuovi strumenti e dove associazioni e stati trovano in questa nuova risorsa una pericolosa minaccia per la diversità biologica, i prodotti OGM sono strettamente studiati e, se presenti nel mercato, devono essere indicati chiaramente.

Più in Europa che altrove il mercato degli alimenti OGM si è trovato in difficoltà. Le usanze alimentari del territorio mediterraneo vedono nei prodotti delle terre e senza trattamenti genetici i cibi migliori.

L’introduzione di prodotti OGM ha portato alla creazione di linee di alimenti che trovano nello slogan “OGM free” il cavallo di battaglia da utilizzare nel marketing. Sempre la paura per i prodotti OGM ha

determinato una crescita vertiginosa del mercato del biologico in cui è certificata non solo l’assenza di ogm, ma anche l’inutilizzo di altri prodotti come i pesticidi che normalmente possono venire utilizzati nella

coltivazione standard.

Globalizzazione alimentare: uno, dieci, mille fast food

Con il termine globalizzazione ci si riferisce a un nuovo modo di vivere l’economia e la gestione delle aziende di carattere mondiale mediante due importanti punti di inizio: aumento del commercio internazionale e la diffusione di un modello stardarlizzato nella

presentazione e nella disponibilità dei beni. E’ possibile citare tantissime aziende “enormi giganti della distribuzione di massa di alimenti” come Coca-Cola e McDonald’s. Proprio quest’ultima, o meglio, la tipologia di azienda dei fast food sta generando problemi di carattere alimentare in tutto il mondo. Recenti studi hanno dimostrato che una vita come quella del 76% degli abitanti europei, caratterizzata da tanto lavoro, modesto tempo

dedicato a famiglie e a hobby lascia sempre meno spazio a quello che è il tempo per il corretto mangiare. Ed ecco come in Italia, per esempio, in

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meno di 10 anni sono nati ben 330 nuovi punti McDonald’s e altrettanti punti gestiti dalle multinazionali del consumo veloce.

Nutrizionisti e sociologi dell’Università di Milano si sono divertiti a indagare su questa nuova tendenza e hanno valutato i rischi di questa nuova moda che sta minando in modo sensibile e persistente la dieta mediterranea e le usanze degli Italiani.

Se da un lato le aziende specializzate nei fast food avvicinano i grandi, promettendo velocità e cibi gustosi, dall’altro tentano di avvicinarsi al mondo dei più piccoli (con genitori al seguito) utilizzando soluzioni di business che dal semplice regalino nei pacchetti cibo al parco giochi attrezzati all’esterno delle strutture fino ad arrivare alla scelta di un simbolo-personaggio come il clown per le pubblicità. Solo nel 2004 McDonald’s ha potuto spendere in America 1,4 miliardi di dollari per la pubblicità dei suoi prodotti mentre per la campagna del governo americano “5 frutti e 5 verdure al giorno” è stata stanziata una spesa di poco superiore ai 2 milioni di dollari.

Sempre McDonald’s è stata nel mirino di un film-documentario che ha avuto molti riconoscimenti e che ha scosso l’opinione pubblica americana così tanto da portare altre importanti aziende del settore alimentare come Nestlè, Kraft e Danone a modificare alcune scelte pubblicitarie e componenti dei diversi piatti. Il documentario

“Supersize Me” uscito l’8 aprile 2005 nelle sale americane racconta la vita alimentare di un mese del registra protagonista Morgan Spurlock. Un mese in cui colazione, pranzo e cena vengono consumate nel fastfood mangiando solo quello che è disponibile sul menù, accettando le maxiporzioni solo

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quando vengono offerte e mangiando tutti i piatti proposti sul menù almeno una volta. Dopo un mese sono stati esaminati alcuni valori confrontandoli con quelli misurati prima dell’inizio dell’”esperimento”. E’ stato così possibile osservare un incremento del peso di ben 12kg con un

preoccupante aumento di trigliceridi e colesterolo. Ovviamente il

documentario parla di una situazione alquanto lontana da quella che noi osserviamo in Italia: l’Istat individua che consumano al fastfood colazione,

pranzo e cena “solo” l’1,8% degli individui che mangiano fuori casa, ma non possiamo non considerare che il 18% degli individui, rappresentati da

giovani imprenditori e

soprattutto ragazzi tra i 15 e i 24 anni che consumano dalle 3 alle 5 volta in una settimana il pasto nei servizi fast food, che non possono garantire un’alimentazione bilanciata secondo il Ministero della Salute.

In America dove la situazione è alquanto più preoccupante, con un 56% di individui soprappeso/obesi e con una percentuale del 45% di popolazione che consuma almeno 8 pasti alla settimana in fastfood, le grandi aziende si sono sentite nel mirino del giudizio pubblico e nella pericolosa prospettiva, ancora però remota, che a causa dell’obesità facciano la fine della Philip Morris e delle aziende del tabacco, costrette a pagare 350 miliardi di danni ai fumatori. Molte aziende hanno voluto dimostrare il loro impegno come la Kellogg’s che ha deciso di usare

frumento integrale in molte varietà di corn-flakes, la Pepsi che ha aggiunto vitamine e ridotto grassi e zuccheri, come la Kraft che oltre ad interrompere la pubblicità dei suoi prodotti più ricchi di zuccheri rivolta ai bambini ha immesso sul mercato una nuova linea di dadi con una minore percentuale di sale e di grasso animale oppure come la McDonald’s stessa che ha prima

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aumentato la percentuale di verdura nei suoi prodotti e aggiunto nuovi alimenti come succo di frutta e acqua naturale e poi pianificato una nuova campagna pubblicitaria fondata sulla qualità del cibo e imponendo come protagonista un suo nuovo piatto: “Salad plus” con lo slogan: “un tuffo nella dieta mediterranea”.

Confrontando il menù del McDonald’s con un pasto della dieta mediterranea è possibile notare la grande quantità di calorie presenti nei pasti delle multinazionali del servizio fast-food.

Primo Piatto + Verdura mista :

Penne al pomodoro circa 367 Kcal

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Totale circa 587 Kcal

Proteine tot 12.27

Grassi tot 11.97

Carboidrati tot 69.98

Dati calcolati con le tabelle di “Atlante ragionato di alimentazione”

Non bisogna focalizzare il problema dell’alimentazione di massa solamente sui fastfood. Altre tendenze sono arrivate da paesi molto vicini portando alla nascita di nuovi “momenti alimentari” che, se da un lato possono essere benissimo integrati in uno stile di vita equilibrato tra

alimentazione mediterranea e attività fisica, dall’altro sono molto pericolosi se, invece di rappresentare l’eccezione, cominciano a ricoprire il ruolo di abitudine. Primo tra tutti la tendenza dell’aperitivo. Bevande più o meno alcoliche fino a veri e propri superalcolici vengono consumati insieme a formaggi e tartine di ogni tipo. Molti soggetti, proprio come succedere nei fast food, non riescono a valutare la quantità di cibo e di calorie introdotte e molte volte segue una vera cena senza pensare che normalmente in un aperitivo è possibile ricoprire senza grossi problemi anche 500 calorie.

Nutrizionisti contemporanei, sociologi di massa e ricerche hanno comunque ipotizzato che ci sarebbe comunque un aumento di quella che è l’obesità e di tutte le patologie correlate anche senza la presenza di queste tendenze o delle multinazionali del consumo alimentare. La nostra società, definita appunto “ricca” possiede una quantità di risorse alimentari enorme che sarebbero sfruttate in un modo diverso, ma con un risultato analogo.

La soluzione risiede in quelle che è uno stile di vita il più possibile naturale con una scelta di cibi appartenenti alla nostra cultura e integrando attività fisica proprio come ci insegnano le molteplici iniziative alimentari pianificate dal ministero della salute. L’individuo non si deve sentire costretto; le tendenze alimentari possono essere anche “seguite” se

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di persistere in uno stile di vita che lo possa far vivere meglio nel presente e nel futuro.

Business: la risorsa alimentare per aumentare vendite e introiti

Programmi televisivi, pubblicità, programmi radiofonici, libri, quotidiani, riviste, raccolte culinarie, servizi, risorse

internet…..ormai la dieta è

diventata onnipresente nel mondo che ci circonda perché

rappresentare un nuovo e facile metodo di guadagno nel commercio contemporaneo.

Negli ultimi anni possiamo assistere a una rivoluzione dei contenuti dei programmi televisivi. Una ricerca condotta di recente sui format

televisivi mette solo la mania dei reality sopra il diffondersi di programmi di carattere alimentare nel palinsesto di tutte le emittenti. Un successo così forte da generare la creazione di canali monotematici a carattere alimentare che trasmettono 24 ore al giorno per tutta la settimana.

Accendendo la televisione nella fasce di orario 9-11 e soprattutto 11-14 è possibile imbattersi con certezza in programmi interamente dedicati alla creazione di nuovi manicaretti lontani dalla nostra dieta mediterranea, mentre altri di carattere più informativo-medico dedicano ampi spazi all’interazione di alcuni cibi con le patologie sottolineando l’importanza della dieta mediterranea come prevenzione.

Tutto questo successo è anche osservabile appena si passa dai programmi alla pubblicità. La dietista Irene Evangelisti ha raccolto per la sua tesi dal titolo “Bontà a cuor leggero, l’altra faccia della pubblicità

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televisiva” i messaggi pubblicitari alimentari delle televisione italiana. E’ stato osservato che ben il 42per cento delle pubblicità sulle reti RAI è di contenuto alimentare. Esattamente 3 ore e 30 minuti in cui veniva

consigliato il consumo di acqua (25per cento delle pubblicità sulle bevande), ma anche di innumerevoli bevande gassate (15per cento delle pubblicità sulle bevande) e soprattutto di superalcolici (60per cento delle pubblicità sulle bevande) , di verdure o di ortaggi (5per cento), ma di più di dolci (ben il 33per cento) e di condimenti (4per cento). La scelta del

prodotto alimentare da pubblicizzare cambia in relazione alle diverse fasce di target a cui è rivolta; per esempio la sponsorizzazione delle merendine è concentrata nelle ore pomeridiane nei programmi destinati ai bambini tanto quanto quelle che pubblicizzano nuovi giochi.

Altro importante pericolo sono le diete che vengono pubblicizzate da soggetti inesperti nel mondo dell’editoria non scientifica di grande

diffusione. Negli ultimi 10 anni si contano circa 30 nuovi giornali di uscita settimanale o mensile che promettono perdita di peso con diete dalla caratteristiche strane e in alcuni casi anche molto pericolose per

l’organismo. Dalla dieta del minestrone a quella del gelato. Dalla dieta del limone fino a quella dell’ananas passando dalla dieta di Cleopatria che impone solo siero di latte per 3 giorni.

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Il mondo dell’editoria ha scoperto il grande interesse

dell’alimentazione e tutti i quotidiani o settimanali di grande notorietà hanno deciso di aggiungere un’area dedicata interamente all’alimentazione in cui settimana dopo settimana vengono rivelati i nuovi dati delle ricerche sugli alimenti e la sempre più importante aderenza a quella che è una dieta come quella mediterranea.

Articoli redatti da personale inesperto si trovano sempre più spesso in profondo disaccordo con articoli redatti da nutrizionisti, dietisti o dietologi anche in quelle che sono le nuove frontiere dell’informazione di massa come internet, la rete delle reti.

Nuovi siti, nuove risorse, nuovi servizi di dieta on line poco controllabili sono visitati giornalmente da decine e decine di centinaia di persone che si affidano ai consigli di forum, email e articoli per migliore quelle che sono le loro caratteristiche alimentari e i loro problemi. Molti di questi siti offrono servizi solo a pagamento con un giro di affari che solo nel 2005 si è aggirato a 50 milioni di euro con una successiva crescita del 3per cento dei primi due mesi del 2006 (fonte istat)

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Questa realtà, in cui informazioni vere sono messo alla pari con metodi sicuri per fare soldi, mettono in pericolo quelle che sono le tradizioni della dieta mediterranea che non trova un giusto spazio, e in alcuni casi nessuno, in quelli che sono gli strumenti di comunicazione di massa.

Il ministero della salute ha in questi anni pianificato numerose iniziative per aumentare la conoscenza della dieta mediterranea, del consumo di frutta e verdura e dell’attività fisica in quelli che sono gli strumenti di massa, ma le risorse economiche messe in campo saranno sempre insufficienti in relazione alla mole di industrie e servizi che vedono nella martellante pubblicità del loro prodotto l’unico modo per permettere un aumento delle vendite anche in relazione ad un prodotto alimentare “non sano”.

Ruolo nella prevenzione medica: dall’indagine alla campagna informativa

Nel campo medico la dieta mediterranea sta acquistando sempre più importanza come forma di prevenzione per molte patologie. Sempre più ricerche di massa e analisi a carattere chimico-biologico dei componenti dei cibi stanno permettendo anno dopo anno di aumentare le conoscenze del mondo degli alimenti svelando nuove caratteristiche e funzioni preziose per la salvaguardia o il miglioramento della salute.

Nell’anno 2005 sotto la direzione del prof. Sirchia, il Ministero della Salute ha condotto una ricerca per inquadrare le caratteristiche attuali di quella che è l’alimentazione mediterranea della popolazione italiana per poter poi, in seguito, pianificare una campagna pubblicitaria più specifica verso i veri problemi. Sono stati individuate 5 popolazioni-tipo:

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Studenti: piatti troppo ricchi

Rappresentano il 13% della popolazione italiana è hanno un’alimentazione sempre più ricca di cibi derivati dall’industria. La colazione è il loro pasto principale. Più volte al giorno (dati dell’associazione italiana di pediatria) aprono il frigorifero per spuntini ricchi di proteine e zucchero. Consumano molto pane, pasta, riso e burro. In drastica discesa il consumo di frutta e verdura. Bevono poca acqua prediligendo birra e vino. E’ anche stimato un aumento del consumo

di superalcolici oltre che una diminuzione dell’età della prima sigaretta.

Sono gli uomini del domani e su questa popolazione sono maggiormente concentrati gli sforzi per la conoscenza, l’aderenza e la

salvaguardia della dieta mediterranea.

Donne: sempre più bilanciate

Le donne, sia che siano lavoratrici che studentesse o casalinghe hanno una dieta più bilanciata. Nutrizionisti hanno evidenziato quando il potere della pubblicità possa portare questo sottogruppo della popolazione ad

informarsi sull’alimentazione fino a seguire con parsimonia un regime alimentare. Sono anche molto influenzabili da diete a immediato e discutibile risultato, ma sono i soggetti che si avvicinano per prima ai consigli dei dietisti dopo

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1-3 volte la settimana fuori da casa consumando uova, pesce, carne, formaggi e latte. La loro tavola è ricca di frutta (anche 3 porzioni al giorno) e un po’ meno di verdura. Consumano poco vino preferendo l’acqua. Nella più giovani è individuabile un aumento del consumo del vino e degli alcolici.

Di tutte le categorie della popolazione quella delle donne è quella in cui è possibile individuare una migliore aderenza alla dieta mediterranea.

Poveri: diete povere

Il 16% della popolazione è rappresentata da poveri e disoccupati con un basso livello di istruzione. Il loro pasto è spesso costituito per più volte alla settimana da insaccati e pane con burro. Solo 2-4 volte alla settimana mangiano frutta, verdura, uova e pesce. Non fanno mai colazione (85% del totale) e sono forti bevitori di birra, alcolici e vino fuori pasto.

Impossibile pensare che la dieta mediterranea possa essere seguita da questo gruppo di popolazione soprattutto per problemi di carattere economico.

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Lavoratori: sempre più in fretta

Sono soprattutto giovani maschi dai 23 ai 35 anni, dirigenti, professionisti o impiegati con istruzione elevata a rappresentare il 18% dei lavoratori che mangia in fretta al bar o nei servizi di fast food. Sono concentrati soprattutto nel nord e nel centro Italia. Per loro la cena rappresenta il pasto principale e l’unico fatto in famiglia. Una o due volta al giorno mangiano carboidrati, insaccati, vegetali e latte. Solo una volta alla settimana uova e pesce. Il tasso di fumatori è stimato intorno al 65% e non

disdegnano birra e vino consumata molte volte al posto dell’acqua.

In questa sottocategoria di popolazione l’aderenza alla dieta mediterranea è la più

difficile da realizzare per una tipologia di stile di vita incentrato su spostamento e velocità.

Anziani: l’esempio da seguire

Sono il 26,5per cento degli italiani. Un quarto del totale con un incremento sullo stesso ogni anno. La loro salute necessita di controlli periodici e la loro alimentazione è caratterizzata da una dieta leggera e sana. Colazione con tè o caffè e una piccola quantità di dolce. Il pranzo rappresenta il pasto più importante dove è

registrato un consumo di pasta, pane, carne, pesce, uova e cereali. Il consumo di frutta e

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verdura è alto e vario e preferiscono l’acqua a vino, birra e alcolici.

Gli anziani sono, insieme alle donne, il gruppo della popolazione dove la dieta

mediterranea e uno stile di vita sano possono essere raggiunti egregiamente. Bisogna però ricordare che molte volte lo stile alimentare è imposto per determinate patologie e per risolvere particolari situazioni.

Dopo questa importante ricerca sono partite molteplici iniziative promosse da altrettante

associazioni per aumentare la consapevolezza negli italiani dell’importanza di una dieta come quella mediterranea. Ogni target di riferimento è stato raggiunto attraverso diversi strumenti di

informazioni e da messaggi studiati per poter incuriosire, informare e fare proprie le basi di uno stile di vita sano. E’ possibile già dopo un anno vedere che alcuni di questi messaggi sono stati recepiti dalla popolazione contemporanea, ma ancora molto bisogna fare.

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