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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.21 (1894) n.1046, 20 maggio

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L’ ECONOMISTA

GAZZETTA SETTIMANALE

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, F E R R O V IE , IN T E R E S S I P R IV A T I

Anno XXI - Voi. XXV

Domenica 20 Maggio 1891

N. 1040

L A B A N C A D ’I T A L I A

Nel mercato italiano si è manifestato in questi giorni un certo ribasso sul prezzo delle azioni delia Banca d’Italia, ribasso die sarebbe causato, secondo quanto si afferma, da apprezzamenti mollo com­ plessi della situazione.

Si tratta di uno dei pochi titoli che ancora ri­ mangono in piedi in Italia, e si tratta per di più del giudizio che il pubblico fa sulle condizioni di un Istituto che, per l’ ufficio suo, è principale ruota di tutto il meccanismo del credito del paese ; non è quindi inopportuno rilevare il fatto ed aggiun­ gere qualche considerazione.

Vi sono alcuni i quali credono elio il credito

sia una cattiva invenzione, e perciò stesso combat tono ogni sua manifestazione o non potendo combat­ terla vi si mostrano ostili quanto possono e quando possono. Non discuteremo questa tendenza che ci condurrebbe all’esame di uno statò sociale ed eco­ nomico diverso dal presente.

Noi vediamo tutto il mondo civile servirsi del

credito come di un importante stromento conomico, e crediamo quindi che nell’ esaminare e risolvere i più gravi problemi della vita finanziaria ed econo­ mica di un paese non si possa nè si debba prescin­ dere dalla considerazione verso questo stromento, potente e delicato ad un tempo, senza cadere in astruserie, per non dir peggio, lo quali danno con­ seguenze sollecitamente disastrose.

Come sono condannabili coloro che seguendo il sistema di Law, credono di potere ottenere tutto dal credito, così sono condannabili ed ingiustifica­ bili quelli che nel credito veggono un nemico della economia nazionale. Il credito, come tutti gli altri stromenli dei quali si serve la società ha i suoi inconvenienti, che è bene riconoscere e rilevare allo scopo di diminuirne l’azione, ma, per ora e per molte e molte diecine d’anni ancora, è e sarà elemento efficiente della attività economica di qualunque na­ zione.

Se pertanto vi è qualouno che dinanzi alle cadute che in questi ultimi anni si sono verificate in Istituti di credito, crede di soffregarsi le mani con compia­ cenza e magari desidera che la strage sia ancora più vasta, vuol dire che ci troviamo di fronte ad un caso patologico che non può essere curato se non dai psichiatri, e non esitiamo a classificarlo in­ tanto tra i casi di follia.

Ora e per molto tempo ancora una nazione civile ha bisogno di una rete di Istituti i quali sieno

abbastanza apprezzati e giudicati per essere i depo­ sitari e gli amministratori del credito del paese ; dalla minuscola Banca popolare al maggiore Istituto di emissione.

Ma ciò premesso allo scopo che la questione sia posta con tutta evidenza, ci siamo domandati franca­ mente quale sia*e quale possa essere la situazione della Banca d’Italia intorno alla quale in questi giorni, si è concentrata la attenzione del paese preoc­ cupato, allarmato, bisogna dirlo, spaventato dai sin­ tomi di una possibile débàcle manifestatisi specie nella Borsa ili Genova.

Tagliamo subito corto alle voci di speculatori che denigrano il credito del paese, a manovre inconfes­ sabili di Borsa, a partiti presi di far apparire grave o più grave la situazione dell’Istituto di emissione allo scopo di ottenere una qualsivoglia vittoria politica che legittimi certe previsioni che sono state fatte alcuni anni or sono. Noi non crediamo alla efficacia dei ribassisti se non in quanto sieno .assenti i rialzisti, non crediamo a manovre che se possono turbare per qualche ora le Borse, non possono certo determinare una tendenza che dura da più settimane. Meno ancora am- liamo che sia possibile una meditata o premeditata osti­ lità verso la Banca d’ Italia allo scopo di far risultare che si era nel vero giudicandola non vitale quando si propose di crearla.

Le passioni umane hanno .certo grande parte anche negli atti della vita pubblica, ma rifuggiamo dall’om- mettere possibile che si trasformino in delitti, fino a che non abbiamo dinanzi a noi la prova provata.

Perciò appunto crediamo miglior consiglio affron­ tare netta e cruda la situazione e sottoporla ad im­ parziali considerazioni.

Il pubblico è spaventato dai recenti decreti coi quali lo Stato mise con troppa disinvoltura le mani nelle casse della Banca senza nemmeno dire un edu­ cato con perm esso; — il pubblico è spaventato dalla ingiuslifica ile lentezza di una ispezione, la quale, successa ad un’ altra solenne pochi mesi fa termi­ nata, sembrava dovesse essere più formale che so­ stanziale ed alla quale ispezione si è avuto il torlo di mettere a capo un uomo discusso; — il pubblico è spaventato dalle affermazioni misteriose della R i- \ form a - reputata organo diretto del Presidente del

Consiglio dei Ministri - colle quali affermazioni si sfidava ad attendere i risultati della inchiesta per giudicare l’opera del Ministero che sequestrava i ; 200 milioni d’ oro ; — infine il pubblico è spaven­

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Questi sono i motivi che hanno determinato il mo­ vimento di ribasso verificatosi sulle azioni della Banca d’Italia, e nell’ apprezzare questi motivi noi non possiamo a meno di dire una franca parola.

Od ammettiamo di essere in un paese dove ogni arbitrio è possibile e dove domani con o senza legge un Governo od un Parlamento possono impossessarsi della roba altrui, infrangere patti contrattuali, modi­ ficare senza motivo le basi stesse sulle quali vigono i rapporti tra creditori e debitori, ed allora tutto è giustificabile. Non vi sono più valori, non vi può essere più fede, il credito non può esistere.

Od ammettiamo di essere in un paese civile dove le leggi hanno una relativa costanza, dove vi è con­ tinuità di governo , dove la buona fede è il perno di tutti i provvedimenti, dove anche il Governo ed il Par­ lamento saranno trattenuti nella loro azione dai principi fondamentali che reggono le nazioni civili, ed allora non lasciamoci spaventare nè dagli inconsiderati de­ creti di un Ministro delle Finanze, nè dalle sibilline parole della R iform a, nè dai pericoli di una ispe­ zione, nè dalle sfuriate, rimaste senza risposta, di questo o quel deputato e invece ragioniamo coi fatti.

La Banca d’ Italia è sorta con la fusione delle tre Banche per azioni, le quali hanno portato un capi­ tale di 210 milioni che può salire a 300 se si chia­ massero i versamenti dei tre decimi. Ha portato con sè il buono ed il cattivo dei tre Istituti, ha ottenuto dieci anni di tempo per risanare il cattivo, venti anni di privilegio per esercitare la emissione. Queste le linee generali della legge IO agosto 1893, la quale è oggi vigente, e la quale nessuno può pensare di mutare, malgrado i difetti che contiene, giacché, a paragone di tali difetti, è in questo momento ne­ cessario sopratutto mantenere la stabilità.

Quali sono adunque le condizioni della Banca di Italia di fronte ai dubbi presenti? Non abbiamo ele­ menti precisi ed attuali per poterne giudicare, ma prendiamo quelli che ci sono stati forniti da per­ sona su cui non può cadere nessun sospetto, cioè dall’ on. Sidney Sonnino, ministro delle Finanze, il quale era in grado di conoscere con precisione la situazione ed era tra i più fieri oppositori della si­ stemazione legittimata dalla legge 10 agosto 1893.

L’ on. Sonnino ammette che la Banca d’ Italia abbia 307 milioni di immobilizzazioni dei quali 84 rappresentino una perdita assoluta.

La legge ha accordato dieci anni di tempo per smobilizzare le immobilizzazioni e quidi la cifra mas­ sima è di 31 milioni ogni anno, o meglio 62 mi­ lioni ogni biennio.

La Banca d’ Italia ha già fatte convenzioni con alcuni dei suoi debitori ed altre ne sta facendo per ottenere il pagamento di tali immobilizzazioni in dieci anni a mite interesse dal 3 al 4 per cento, per cui è presumibile che entro I’ anno corrente possa aver sistemato tale posizione ; e si comprende che sistemata col Mobiliare, coll’ Immobiliare, colla Tiberina, colla Fondiaria, col Risanamento, ’ec., ec., rimangono le altre sistemazioni che sono di minor conto.

Suppongasi quindi che, sugli 84 milioni di perdita non ricavando nessun interesse, sui rimanenti 223 milioni ricavi solo il 3 per cento nei dieci anni, la Banca potrà nei dieci anni :

1. ° riscuotere il 3 per cento sui 223 milioni di immobilizzazioni siste­

mate... milioni 6.7 2 . ° mettere a perdita ogni anno

il ventesimo degli 84 milioni cioè . » 4.2 Avrà quindi un avanzo per questa ---partita d i... » 2.5

Ma intanto la Banca esercita il suo ufficio di Banca di sconto e di emis­ sione e suppongasi che al 5 per cento il suo portafoglio, comprese le antici­ pazioni, sia limitato a 480 milioni, il

che darebbe un utile lordo di . . » 24.5 Preleviamo da questa la tassa di

circolazione dell’uno per cento sopra 480 milioni cioè . . . milioni 4.80

Preleviamo il 10 per cento di perdita sui nuovi

sconti... » 4.80

in totale... » 9.6

si hanno a n c o r a ... milioni 14.9 di utili a cui aggiunti i due milioni e mezzo di cui sopra, si ha un utile finale di oltre diciassette mi­ lioni fino dal primo anno, cifra che andrebbe mano a mano crescendo quando per effetto delle smobilizza­ zioni la Banca ritornasse in possesso di 30 milioni ogni anno sulla cifra totale di 223 milioni e ne ri­ cavasse il 5 invece del 3 per cento supposto.

Questa cifra di utile può servire benissimo a co­ prire le perdite che avesse subito dopo le investi­ gazioni dell’on. Sonnino, a pagare le spese ed a la­ sciare un utile non spregevole agli azionisti.

Queste cifre sommarie abbiamo voluto qui ricor­ dare partendo dalle premesse stesse dell’on. Sonnino, perchè crediamo degno di considerazione il seguente brano di una lettera che un egregio amico nostro in grado di conoscere la situazione della Banca, ci dirige :

« Ho potuto rendermi conto — egli ci scrive — « dopo non poco studio, della situazione della Banca « e mi sono convinto che anche colla rigorosa ap- « plicazione della legge 10 agosto 1893, la Banca « possa raggiungere i suoi fini, cioè:

a) « mobilizzare le sue partite dubbie od in- « cagliate nel termine di dieci anni ;

b) « riparare nel ventennio della sua conces- « sione a tutte le perdite che si sono accumulate « sul suo bilancio ed a quelle inevitabili cui anderà « incontro nell’esercizio del suo ufficio ;

e) « esercitare il suo ufficio di Banca di emis- « sione riducendo la circolazione ai limiti del porta­ ci foglio commerciale, astenendosi dalle operazioni non « conformi al suo compito, risanando il biglietto, « riprendendo nella economia del paese il posto che « non ha più ;

d) « rimunerando in congrua misura il capitale

« ad essa affidato dagli azionisti.

« Una sola condizione mi pare necessaria — con- « tinua l’ amico nostro — per raggiungere tali fini, « ed è che la s i lasci stare invigilando p u re p e r -

« chi osservi la legge, m a senza torm entarla nem - « meno a fin d i bene. »

È capace il Governo, a cui sembra che nessuno possa respirare in Italia senza il suo intervento, di seguire il consiglio dell’amico nostro ?

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deve adunarsi un Consiglio di Ministri « per avvisare ai modi » di rassicurare il credito. Per carità, lascia­ telo stare il credito, è materia troppo delicata per­ chè il Governo sappia e possa maneggiarla ! Lascia­ telo stare; ci guadagneremo tutti.

IL MILITARISMO A LLA CAM ERA

Un incidente avvenuto alla Camera nella tornata del 15 scorso a proposito della spesa iscritta per alcuni capitoli del bilancio della guerra, ha sollevato alcuni veli — però in piccolissima parte — sul modo con cui funziona la amministrazione chiamata della guerra.

Senza che sorgessero smentite convincenti si è parlato di illeciti rapporti tra i fornitori dell’ eser­ cito ed i funzionari dell’esercito stesso, si è parlato di somme che vengono riscosse senza che abbiano la destinazione che il bilancio stabilisce, infine si sono portate alla Camera, come una novità, molte delle voci che sono convinzioni ben radicate nel pubblico non solamente in Italia ma anche al di là delle Alpi, perchè tutto il mondo è paese e da per lutto si hanno gli stessi danni e gli stessi inconve­ nienti quando le cause permangono.

L’ E conom ista non segue gli scandali e non li ama e perciò non entrerà a deplorare nè le reti­ cenze degli on. Niccolini ed Imbriani, nè la acquie­ scenza del Ministro della guerra. Pur troppo la cuffia

del silenzio è ancora il sistema più gradito alla rap­

presentanza nazionale, e se mai qualche coraggioso imprende a svelare qualche cosa, non dice che una piccola porzione di quello che sa o di quello che crede. Il falso concetto che i Ministri debbano, per il decoro e per il prestigio delle istituzioni, nascon­ dere o coprire le amministrazioni da loro dipendenti, mette i deputati nella dura alternativa di dover pro­ vare con documenti, che molte volte sono in mano dei Ministri, quello che è nella coscienza di tutti. Mentre dovrebbero le interpellanze e le interroga­ zioni essere di stimolo ai Ministri per investigare se non sanno, per impedire se sanno.

Ma appunto perchè non vogliamo entrare, trattan­ dosi di argomenti così delicati, in questioni minute, ci crediamo in dovere di presentare la importantis­ sima questione ad un punto abbastanza alto perchè sia possibile discuterne senza nemmeno la apparenza della offesa e senza nessun pericolo di risentimenti.

Nel 21 agosto 1892 noi scrivemmo nell’ E co n o ­

m ista in un articolo intitolato « militarismo e socia­

lismo ».

« Nel 1881, cioè acquistata Roma, compiuta o i quasi la unità nazionale, bastavano per spese mili­ tari guerra e marina 250 milioni di lire, oggi sono più di 450 milioni necessari allo stesso scopo senza contare che alcuni anni le spese straordinarie spin­ sero quella cifra oltre ai 600 milioni.

« Tuttavia malgrado questo enorme aumento non abbiamo ancora trovato un ufficiale superiore il quale osasse nella sua coscienza negare che per mettere 1’ esercito e la marina nelle condizioni nelle quali le leggi vigenti domandano, sarebbe necessaria una spesa straordinaria che si avvicina assai ai due mi­ liardi.

Questo staio di cose, che è così sproporzionato ai

mezzi dei quali dispone e può disporre la nazione, noi lo chiamiamo m ilitarism o, perchè non vediamo soltanto la istituzione che si chiama esercito od ar­ mata, « m a vediam o con dolore una serie d i iute- « ressi p iù o meno diretti che si ran n odan o alla « g u erra ed a lla m arin a e che si esplicano in fo r - « niture, in fortificazion i, in perfezion am en ti di « a r m i, in m odificazioni d i divise ; insom m a una « poten za econom ica d i coalizzazion i v a rie, contro « le q u a li invano possono resistere le mutevoli p e r ­

ii sonalità d e i m in istri, e le fr a g ili disposizioni dei

« regolam enti. »

Ed è appunto questo concetto alto ed astratto che la Camera avrebbe dovuto discutere per persuadersi che così inteso il m ilitarism o è la causa inevitabile delle corruzioni, delle irregolarità, delle più o meno | colpevoli tolleranze. E se la rappresentanza nazionale non volesse essere sorda quando voci molto chiare e sonore le rivelano i mali, avrebbe trovato, senza scendere a questioni personali sempre disgustose, e sulle quali è difficile venire a buone conclusioni, avrebbe trovato che degli abusi, delle irregolarità delle compiacenze tollerate l’ esempio viene dallo stesso Parlamento, e che i fatti od i casi o le ipotesi che l’altro giorno si sono portati alla Camera non sono che esplicazioni o, se si vuole applicazion i del sistema.

Chi non conosce la storia della fabbricazione dei nuovi fucili? Dopo aver stabilito di cambiare il mo­ dello, non potendosi per ragioni tecniche intrapren­ dere la fabbricazione dei nuovi fucili, si continuò per più mesi a fabbricare quelli di vecchio modello nella idea di trasformarli più tardi. E questa strana e abu­ siva destinazione delle somme iscritte in bilancio fu con tutta franchezza dichiarata alla Camera senza che alcuno protestasse.

Chi non sa che a Terni si fabbricano corazze e rotaie per un prezzo del 90 per cento superiore a quello che si potrebbero avere dall’ estero? Eppure la spesa passa nel bilancio senza rimostranze.

Si dice : — ma non si potevano chiuder le fab­ briche d’ armi di Brescia, non può l’ Italia rinun­ ziare-ad uno stabilimento come quello di Terni.

E concediamo — senza ammetterlo — che questa impossibilità sia, ma allora bisogna dire chiare e nette le cose come sono : bisogna che il bilancio ammonisca, Governo, Parlamento e paese del come e del perchè si spendono i denari.

Noi intendiamo il Ministro della guerra che, d’ac­ cordo con quello dell’ interno per l’ ordine pubblico e d’accordo con quello del Commercio per il prote­ zionismo, dicesse: — iscriviamo in bilancio la somma

tot per la fabbricazione dei fucili e quella tot per

la fabbricazione delle corazze e delle rotaie, e poi iscriviamo in bilancio la somma tot per mantenere aperte anche quando non occorra le fabbriche d’armi del bresciano, e la somma tot per mantenere in vita lo stabilimen.o di Terni.

Veggano i nostri avversari protezionisti che noi non entriamo nella gelosa cittadella nella quale si trovano così concordi ; soltanto e per il Parlamento e per il paese che non hanno tempo di studiare e di verificare desideriamo che le cose sieno messe in chiaro e le somme abbiano la destinazione vera e reale portata dalla voce del bilancio.

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che meraviglia, se il Ministro non avendo coraggio di proporre un aumento di stipendio al generale X ed Y , iscrive a suo favore la spesa di mantenimento di dieci cavalli, mentre sa che non ne ha se non cinque ? — Che meraviglia se il meno scrupoloso funzionario Z od R protegge la industria della sua regione o della sua città procurando la fornitura a Tizio piuttosto che a Cajo e condivide il guadagno, quando sa che lo Stato spende a costruire una nave 20 milioni, mentre notoriamente 15 sarebbero ba­ stati ?

Noi siamo tutt’ altro che teneri delle Commissioni di inchiesta, ed i risultati di alcune recenti ci hanno fatto persuasi che non è la verità quella che si cerca in tali casi, ma se fosse possibile trovare una dozzina di uomini capaci di investigare tutto e di dire tutto, senza riguardi di persone e senza tene­ rezze per sistemi o per istituzioni, noi vorremmo che si facesse una inchiesta per soddisfare la seguente curiosità :

Quanti dei d ie c i m ilia rd i che furono spesi dal 1861 in poi per l’esercito e la marina sono stati sper­ perati per incapacità, per tolleranza, per malversazioni? E se ne trarrebbe una grande conclusione mora­ l e : — Il prestigio delle istituzioni si conserva molto meglio correggendole dai loro difetti ed impedendo i loro abusi che non sia lasciando credere al pub­ blico il quale molto sa, molto più suppone, e mol­ tissimo teme, che quelle istituzioni si vogliono in ­ sindacabili perchè sono incorreggibili.

Riforme finanziarie in Francia

Abbiamo già dato alcune notizie sul bilancio fran­ cese pel 1895 (vedi XEconomista de! 29 aprile), ma l’ importanza che esso presenta dal punto di vista delle riforme tributarie ci consiglia di tornare sul- l’argomento per completare le notizie già pubblicate. Come è noto, le spese previste per l’anno prossimo ammonterebbero a 3,423,893,000 franchi e le entrate a 3 ,4 2 4 ,407,000; l’avanzo risulterebbe di poco più di mezzo milione di franchi e non occorre essere grande finanziere per immaginare che cosa avverrà di un simile avanzo dopo i crediti supplementari e dopo le solite leggi con cui si fa scialacquo del de­ naro pubblico durante l’esercizio finanziario. Ma c'è di più; quel supposto equilibrio non è ottenuto dal ministro Burdeau che dopo aver creato 140 milioni di entrate in più di quelle del bilancio 1893. Di quei 140 milioni 68 derivano dall’utile che ha pro­ curato la recente conversione del 4 Quanto allo scoperto resultante in 70 milioni il Burdeau vi ha provveduto con varie riforme che appunto meritano d’essere brevemente accennate. Egli ha voluto met­ tere nel bilancio del 1895 i mezzi per far fronte ai disavanzi anche troppo sicuri dell’avvenire, in parte dissimulando o trasformando certi oneri del Tesoro, in parte creando un sistema di imposte che pog­ giano sulla progressività e la cui scala facilmente mobile si presterà a tutti i bisogni dì aumento delle entrate, mediante un semplice cambiamento di ali­ quote.

Le proposte del progetto ministeriale si possono distinguere in due gruppi : le une recano nella ri­ partizione e nell’ ordinamento delle imposte varie

modificazioui che in alcuni punti equivalgono a sta­ bilire una fiscalità nuova; le altre sono in fondo dei palliativi per far fronte alle difficoltà del Tesoro e si risolvono nello sconto anticipato di entrate future.

L’ imposta fondiaria è anch" essa rimaneggiata ; inatti la imposta sulla proprietà fabbricata è portata dal 3.20 al 4 ' per cento e in pari tempo si vuol modificare il calcolo dei centesimi addizionali. Que­ sti prelevati d’ora in poi sul capitale vero grave­ ranno in una proporzione minore e più equa la pro­ prietà non fabbricala, cioè i terreni. Lo sgravio che ne risulterà per questi ultimi è calcolato a circa 16 milioni di franchi. Il diritto di accrescimento sui beni delle comunità religiose, ossia la tassa di ma­ nomorta è trasformata in una annualità di 30 cen­ tesimi per 100 franchi.

Viene poi la maggiore modificazione che può dirsi la base del bilancio del sig. Burdeau, cioè la soppressione della contribuzione mobiliare e di quella sulle porte e le finestre, contribuzioni che sono so­ stituite nel progetto del Ministro da una « tassa di abitazione » la quale si divide alla sua volta in due parti: l’ imposta sul valore locativo, e l’ imposta sui domestici. In altri termini, la tassa di abitazione vorrebbe essere la imposta sul reddito presunto o piuttosto supposto in base alla spesa per l’ abita­ zione e pel servizio domestico. Non occorro dire che sono indici ingannatori, incerti, i quali danno luogo a errori e a ingiustizie.

Il Ministro calcola che la sua nuova imposta darà 106 milioni come imposta principale e 141 milioni e mezzo aggiungendo i centesimi addizionali pereetti per conto dello Stato. Prendendo per fatto acquisito che la spesa per l’abitazione, ossia la pigione, equivalga al settimo del reddito di ciascun cittadino e adot­ tando questa base di capitalizzazione il Ministro ne in­ ferisce che la taxe d'habitation - così egli la chiama- colpirà un capitale di 11 miliardi enon rappresenterà quindi che la media di 1.25 per cento a carico di ogni cittadino.

Si può però osservare al Ministro che il sno cal­ colo è assai discutibile. Il numero delle persone che dedicano alla pigione di casa il settimo della loro entrata è una minoranza sopratutto nelle classi medie, fra quelli che vivono del prodotto del loro lavoro, in un modo qualsiasi e ciò non a Parigi sol­ tanto, ma in tutto il paese, nelle piccole città come nelle grandi e fino nelle campagne. In realtà è sulle grosse fortune, su coloro che hanno forti redditi e capitali che la tassa di abitazione così applicala pe­ serebbe meno gravemente e la espressione impôt sur la richesse acquise di cui il Burdeau ama adornare la sua riforma, sarà un controsenso in molli casi *).

La classificazione laboriosa alla quale il Ministro si è dovuto appigliare per regolare l’ applicazione della nuova imposta I’ avrà già avvertilo delle ine­ guaglianze di condizioni contro le quali urta il suo piano. Il suo quadro di repartizione gradua la im­ posta in otto classi, chiamate a pagare rispettiva­ mente da 4,95 a 6,60 per cento sull’ ammontare dei loro fitti o valori locativi. Al contrario ili ciò che avviene di solito è a Parigi e alle grandi città

*) Su questo punto, cioè sul rapporto tra la spesa per P abitazione e il reddito totale, si vegga nella

R iform a Sociale del 25 aprile i’ articolo di R. Dalla

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321 che incombono le aliquote minori e ciò perchè si

reputa che il prezzo della pigione vi prenda una por­ zione più considerevole del reddito e per conse­ guenza si crede debba essere colpito meno forte­ mente. Questa precauzione rivela la ineguaglianza ma non vi rimedia. La gradazione della tassa di abitazione secondo le località di residenza sarebbe questa : Comuni di Aliquote 1000 abitanti e al disotto...6.60 °/0 1001 a 2000 abitanti... 6. 50 » 2001 » 5000 » 6.30 » 5001 » 10000 » 6 . — » 10001 » 30000 » 5.80 » 30001 » 200000 » 5.70 » 200001 abitanti e più...5. 50 » A Parigi...4. 95 »

Come si è detto, questa imposta ha per comple­ mento una tassa sui domestici, che nel pensiero del signor Burdeau sembra farne parte integrante, quan­ tunque ne formi un elemento separalo. Qui il cal­ colo diventa più complicato attesoché si tratta di combinare il prezzo della pigione, la cifra della po­ polazione del luogo di residenza e il numero dei domestici che ciascuno tiene presso di sé. Ecco co­ me è stata stabilita la imposta sui domestici nelle varie categorie dei Comuni e in ragioue del prezzo della pigione:

Comune di Pigione 1 domestico franchi fr. cent. franchi

Parecchi Pigione domestici 1000 abitanti e al disopra 1001 a 2000 abitanti. 2001 a 5000 abitanti.. 5001 a 10000 abitanti 150 300 500 200 400 660 250 500 830 300 600 1,000 2. 83 6. 77 12. 02 3. 73 8.70 15. 16 4. 45 10:59 18.71 4.50 11.56 20.97 600 1,600 4.000 800 2,080 5.200 1.000 2,640. 6,600 1.200 3,200 8,000 fr. cent. 29.28 81.70 207. 72 37 29 100. 93 256. 06 45. 77 126. 39 321. 06 51.36 145. 52 371.51 ( 375 10001 a 30000 abitanti.. ' 750 ( 1,250 ( 450 30001 a 200000 abitanti. 1 900 (1 ,5 0 0 ( 525 200000 abitanti e più. . . ! 1,050 (1 ,7 5 0 5.20 1,500 59. 13 13. 32 4,000 167. 43 24. 15 10,000 715. 35 5. 88 1,800 65. 22 14.79 4,800 184. 02 26. 67 12,000 469. 14 6.61 2,100 71.87 16. 39 5,600 202. 21 29.42 14,000 515. 03 ( 750 6.61 3,000 72.71 Parigi... 1,500 16.53 8,000 204.91 (2 ,5 0 0 29.75 20,000 522.19 «

Aggiungasi che le famiglie numerose dovrebbero godere esenzioni parziali al disotto di una certa cifra di pigione, e cioè del 25 per cento se vi sono 3 o 4 figli, del 50 per cento se sono S o f i e dell’ 80 per cento se sono 7 o più. Ma data la cifra del fitto, al disotto della quale la esenzione si applica, si tratta più che altro di una lustra. Se un padre di famiglia alloggia a Parigi con la moglie e 7 figli in un ap­ partamento di 800 franchi non ha più diritto allo sgravio.

Queste due nuove imposte, delle quali si è veduto il meccanismo, non presentano le condizioni di sem­ plicità e di equità che vi ha riscontrato il suo pro­ ponente. Esse sopprimono due forme di contribuzioni contro le quali sono frequenti le lagnanze, special­ mente contro quella delle porte e finestre, ma non si vede che il regime che vi sostituiscono offra qual­ che vantaggio sia dal punto di vista della riparti­ zione, sia da quello della percezione della imposta. Il ministro Burdeau riassume con queste parole il pensiero che lo ha ispirato nelle sue proposte : « esse « accrescono alcuni degli oneri che gravano sui con- « tribuenti agiati, ma essendo conformi al principio « della proporzionalità, esse non attribuiscono a quelli « che la loro giusta parte d’ imposta; esse tendono « a risparmiare i meno agiati non pel fatto di una « repartizione arbitraria, ma per la semplice appli- « cazione della stessa proporzionalità; esse si inspi­ ri rano serenamente a un pensiero di giustizia, il « solo che abbia diritto di dominare in materia di « imposta. »

Ciò sta bene, ma è permesso dubitare che lo scopo sia stato raggiunto, quando si vede che la imposta colpisce in base a elementi mal sicuri.

Il Ministro non ha soltanto proposto di modificare il sistema tributario nel modo che si è detto, ma per diminuire gli oneri del Tesoro ha pure ideato una riforma dei rapporti finanziari tra lo Stalo e le compagnie ferroviarie. La marea crescente delle garanzie d’ interesse che il Tesoro deve pagare, lo spaventa; la somma pagata per questo titolò dal Te­ soro eccedeva appena i 50 milioni nel 1889, essa sarà quest’ anno rii 416 milioni e di 135 nel 1895. Il rapporto del Ministro prevede anzi che fra breve quella cifra salirà a 460 milioni, senza contare le annualità varie che devono essere aggiunte, il com­ plesso minaccia di arrivare a 370 milioni e collo sviluppo delle spese pubbliche una simile prospet­ tiva impensierisce naturalmente il Ministro. Le com­ pagnie ferroviarie potranno certo moltiplicare le eco­ nomie nell’esercizio della loro industria, ma gli oneri che finiscono a ricadere sullo Stato in causa della insufficienza dei redditi finiranno fatalmente a ecce­ dere le sue forze. Il sig. Burdeau crede aver tro­ valo un rimedio nella emissione da parte delle Com­ pagnie di obbligazioni speciali. Questa emissione for­ nirebbe loro, oltre le somme necessarie per supplire alle insufficienze prevedute, un capitale che le met­ terebbe in grado di rimborsare al governo le anti­ cipazioni delle quali gli sono debitori. Sarebbe pel Tesoro una diminuzione di oneri per I’ avvenire e il ricupero prossimo di circa 300 milioni. In cambio non avrebbe da sostenere che la spesa pel servizio degli interessi delle obbligazioni annualmente emesse. È un espediente che viene in soccorso del presente, diminuendo d’ altrettanto i mezzi riservati pel secolo prossimo.

Ma anche in Francia nelle finanze si impone la vita alla giornata e I’ espediente del Burdeau libera il Tesoro da gravi impegni presenti, senza dover riaprire il gran libro del debito pubblico.

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Che il sig. Burdeau abbia fatto opera degna di studio non si può certo contestare, ma il giudizio del Say ci pare esagerato ; esso prova per altro che neglr ul­ timi vent’ anni, in Francia, come altrove, si sono fatte riforme finanziarie tutt’ altro che soddisfacenti. A noi non mancherà occasione di tornare su queste proposte ora allo studio presso la Commissione del bilancio e di metterne in maggiore evidenza i pregi e i difetti.

LA FINANZA DELLE GRANDI CITTÀ ITALIANE

Il continuo sviluppo delle grandi città rende al­ tamente interessante lo studio' delle loro condizioni finanziarie. L’ aumento della popolazione, i nuovi bisogni che vanno diuturnamente manifestandosi nei riguardi della igiene, della viabilità, della istruzione, della illuminazione e via dicendo, le maggiori co­ modità che da ogni parte si chiedono sotto tanti aspetti ai municipi, queste e altre cause cospirano a dare incremento alle spese dei grandi centri : a renderne sempre più complessa la loro amministra­ zione; a creare tanti bilanci non meno importanti a seguirsi e a studiarsi di quegli degli Stati. È utile quindi, anche perchè è indiscutibile che lo studio della finanza dello Stato, va integrato con quello della finanza dei corpi locali di mettere sotto gli occhi dei lettori alcuni dati forniti da una recente pubblicazione della Direzione Generale di Statistica in un volume sulle condizioni demografiche, edilizie e amministrative di alcune grandi città italiane ed estere nel 1891.

Rileviamo anzitutto che 1’ aumento di popolazione delle città italiane fu, in generale, più rapido nel decennio 1882-91 che non sia stato nel decennio precedente. Ciò è a dirsi particolarmente per le città di Roma, Milano, Torino e Firenze. Le città estere d’ Europa, Considerate nella pubblicazione citata, presentano in confronto alle italiane differenze meno notevoli di accrescimento fra i due periodi decen­ nali di osservazione.Anzi in Parigi, Bordeaux, Londra Breslavia, Lipsia e Trieste la popolazione è negli ultimi anni cresciuta meno rapidamente che in anni meno recenti. In quasi tutte le città prese in esame dalla Direzione Geuerale di Statistica I’ aumento di popolazione fu determinato più dal movimento, che può dirsi sociale di immigrazione che non dall’ ec­ cedenza dei nati sui morti. Così, per esempio, la popolazione di Roma fra il 1882 e il 1891 è cre­ sciuta annualmente di 45.16 per mille, mentre l’au­ mento dovuto all' eccedenza delle nascite sulle morti fu soltanto di 9.20 per mille, e quello dovuto all’ecce­ denza della immigrazione di 35.96; inTorino l’aumento annuo complessivo fu di 30.98 dì cui 24.58 per eccedenza della immigrazione. Fanno eccezione a questa regola fra le città italiane considerate nella pubblicazione di cui ci occupiamo, Napoli, Palermo, Catania; fra le estere Lipsia o Vienna.

Ma è delle condizioni finanziarie dei grandi centri che vogliamo specialmente occuparci in questo ar­ ticolo. Sfortunatamente la pubblicazione della Dire­ zione Generale di Statistica oltre le cifre relative a IO città italiane non dà che quelle concernenti cinque grandi centri esteri e quindi i paragoni che si pos­ sono fare sono, relativamente all’ estero, assai limitati.

Notevole è anzitutto la differenza che si nota nelle entrate e nelle spese effettive dei 10 più importanti Comuni italiani nel 1890. Si vegga infatti questo prospetto :

Le entrate effettive dei Comuni, cioè escluse le partite di giro ed escluso il movimento di capitali e i residui attivi, vanno adunque da un minimo di L. 23.39 per abitante a un massimo di 57.40 ; no­ tevole è il fatto che Milano e Napoli hanno una quota di entrate effettive per abitante inferiore a quelle di Genova e di Firenze. Per le spese Roma occupa il primo posto con L. 97.89 per abitante, mentre Napoli ha una aliquota inferiore della metà a quella di Roma e cioè 32.52 ; altissima è pur la quota per abitante delle spese effettive a Genova dove è di L 84.94 mentre a Venezia è di 29.73, a Bo­ logna di 23.70 La spiegazione almeno parziale di coteste differenze si può avere dalle ultime due co­ lonne del prospetto relative al debito dei Comuni per mutui. Si vede infatti che Roma ha un debito di lire 498.53 per abitante ; Genova di 2 4 1 .7 9 ; Napoli di 246.06 ; Milano di 224.58 , Firenze di 218.88 mentre Palermo ha 1’ aliquota di debito per abitante di sole 37 lire e 69 centesimi ; Torino di 39.77 ; Catania di 50.81 ecc. Però questi dati spiegano solo parzial­ mente le differenze nelle spese perchè, ad esempio confrontando Genova e Napoli si trova che pure essendo per esse 1' aliquota del debito per abitante quasi equale (poco più di 240 lire) la spesa effet­ tiva è invece per abitante di 32.52 a Napoli e di 84.94 a Genova. Soltanto un esame dei loro bilanci

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passivi può dare la chiave di queste notevoli dif- ferenze

Per le città estere non si hanno dati che relati­ vamente al debito ; essi sono i seguenti :

P arig i Berlino V ienna Breslavia

Debito effettivo del — — “

» ! 1892,551,366 231,570,171 138,212,606 37,024,821 »tltaitì. P#r. .l t í 78.052 15,174 16,468 1 0,687

Il debito di Parigi che ha anche la tendenza a crescere, e certo oggi è a una cifra superiore a quella suindicata, non ha bisogno di commenti. Vienna e Berlino sono quasi nella identica condizione e anche nelle cifre dei loro debiti rivelano un’ amministra­

zione più ordinata di quella del comune di Parigi. Se passiamo a un po’ di analisi delle entrate, tro­ viamo che nel 1892 la imposta e sovrimposta sui fabbricali nel 1892 era per le IO maggiori città ita­ liane la seguente : c o i n CO (M P - i n rH .■s c o 0 5 rH r R rH 0 5 CO o 1 c ? "3 CO c ò c o i n rR lÓ <=> (M o CO CO CO rH ! OD p - 0 5 i O CM rH rR HO CO i n CO i ® < m v-H c f CM* rH <M* © f r - rH H d & CO COCM <MrR (MP - S 0 5i n <MrH c ot - CO0 5 a 1 s CN CO P - CO m P - © 0 5 o c o rH O (M o i n 1 n 0 5 CO m rH P - O CO c o Ih ( « CM <m c T CO o c o t - f <© c o CM^ i f f rH i n r R CM o f b \ 4 tH yH rH s s 0 5o iCOn 0 5CO c om t r ­ io» 0 5i o § rHP~

s

0 5 0 «J »10 CO CO c ò (M r - ì CÒ l a W IO o CO o O o CO % 1 7* p - ^R 0 5 r f rH CO © CO i o < 1 jg rH Il H 1zp CO ICO p - i n o CO 0 5 CO 0 5 h rR c o c o r i r —1 o C5 I f 0 5 CO CM (M c o l O CO CM 0 5 r R iv s 1 s rH CO co* cn~ rH c o co" CO A o s o CO rR CO rR r i i 0 5 CM rR 0 5 rR P~ », K co CM co rH rH rH i H / o © t— in rH CO r R p- lO X ga . co CO co 0 5 rR co 0 5 CO p- rH r i i r i i S ! »rf ir i »0 CÒ 0 5 0 5 <¡ rR rR <M © CO CO CO rH 1 • co CO (M rR co in co co n ì X 1 0 5 0 5 o rH IO O rR co co ìd in ito r R 0 5 lO co CO 1 n? CM rH m co Ir» in CO co o f 2 CO in co L"- rR in o rH I] p4 « s o o co co CM co l - CO Ph lO CN rR co rH P- lO r R CM 0, 1 » v—( rH r i rH rH 2 05 o rH in p- CO 05 rH CO in f t rH CO co 05 rH O rH P- CO r— > CO r i i co CO 05 ltÒ CÒ CO cò p^ W 1 § CO P- o rR CO CO 05 (M M3 o t^ rH co CO CO CN (M 05 t'- co X < j S. rH rH rH rH rH -s ca CO »O S rR rR CM CO P - CO < rR P - rR m CO Q A ai O CO 05 0 5 rR CO o CO CO i o w r j CO i d rH rR o co 05 co p -r i ! ,® CM 05 m rR CO c o 05 lO co <M X CO CN m rR CO tr* CO rR o rR o CO m rR rH <N (M rH rH

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i) I debiti per mutui al 31 Dicembre degli anni tra il 1877 e il 1890 erano i seguenti in milioni di lire :

C IT T À I877¡ 1878 1880 1882 1885 1886 1887 1888 1889 1890 : i ! I I I________________________ R o m a. . . . Napoli . . . M ilano. . . T o rin o .. . Palermo . Genova .. Firenze .. V enezia. . Bologna .. Catania .. 37.9 45.4 46.8 44.1 78.9 98.0114.5137.5163.4210.9 106.6112.9 121.6 125. 0133.8 1 35.2134.1133.0 1 31.8 130.6 71 6 70.9 78.7 76.6 75.7 79.7 82.7 87.0 86.8 93.1 15 7 15.5 14.9 14.4 14.5 13.9 13.3 12.7 12.9 12.7 11.8 11.3 12.2 11.5 10.3 9.5 11.6 11.1 10 6 10.0 46.0 47.4 44.1 43.1 45.3 45.3 47.1 47.8 »8 .5 49.9 149.5153 8 54.0 42. 8 40.4 40 0 40.7 40 4 41.2 41.9 14.1 13.8 13.4 12.7 12.2 11.8 11 3 10 9 10.4 10 8 9.2 9.1 8.9 9.2 8 5 8 .6 9.0 9 6 9 .9 9.7 0.2 0.2 4.4: 4.5: 4.4 4.4! 5.2 5.2! 5 .4 5.5

Basterebbe questo prospetto per mettere m evi­ denza la sperequazione della imposta sui fabbricati. Anche per essa le differenze da città a città sono rilevanti; da L. 27.91 per abitante (Roma) si scende fino a L. 6.15 (Catania). Quando si vede Palermo che ha di sovraimposta comunale sui fabbricati sol tanto 296.385 lire mentre Genova, ad esempio, pur avendo una popolazione inferiore a quella di Pa­ lermo di 60,000 abitanti ricava 1.402.503 e Catania con 117.519 abit. paga 46.499 lire di sovraimposta comunale sui fabbricati mentre Bologna con 143.471 abitanti paga per lo stesso titolo 736.906 lire e si tien conto, come vedremo più sotto, dei dati sul dazio di consumo si comprendono certe lagnanze sulle ingiuste enormi sperequazioni che esistono nel nostro sistema tributario *).

A completare queste cifre vediamo appunto quelle che si riferiscono al dazio di consumo, distinguendo il dazio consumo governativo da quello comunale e poi considerandoli insieme :

DAZIO D I CONSUMO NEL 1891 C IT T À

Governativo Comunale

Complessivo effettivo | por 100 abit.

Roma . . . 3,606,350 14,000,000 17,606,350 4,036. 50 Napoli... 5,814,148 10,000,000 15,814,143 2,950.40 Milano... 3,710,000 6,100,000 9,810,000 2, 312. 62 Torino... 3,500,000 6,693,000 10,193,000 3,077. 78 Palermo . 1,980,000 7,280,000 9,260,000 3,462. 77 Genova.. 2,400, 000 7,150,000 9,550,000 4,518. 46 Firenze.. 2,220,000 4,429,172 6,649,172 3,411.09 Venezia.. 1,499, 323 3,440,000 4,939,323 3,373. 51 Bologna . 1,370,000 1,959,300 3,329,300 2,291.28 C atania.. 950,000 2,775,776 1 3,725,776 3,279. 65

Qui si vede pure co me il dazio consumo sia an­ che esso nou poco sperequato, e più ancora sarebbe palese questo fatto se venisse calcolato ciò che paga ogni abitante delle suindicate città per il solo dazio consumo comunale. Ad ogni modo se lasciamo fuori Roma e Genova che si trovano incondizioni speciali, il che non toglie è vero che il dazio di con­ sumo vi sia applicato esorbitantemente, si trova che mentre a Milano la quota per abitante è di L. 23 .1 2 , a Napoli di 29.50 e a Bologna di 22.91, a Pa­ lermo sale a 34.62, a Firenze a 34.11, a Catania a 32.79.

Abbiamo ancora da considerare tre indici, aventi per tante ragioni un valore differente, della condi­ zione economica della popolazione dei maggiori centri

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italiani e sono i proventi della vendita del sale e del tabacco-e il provento del lotto:

C ITT À Provento della vendita del Sale nel 1890 Provento della vendila

dei Taba chi nel 1890

Provento d e l L o t t o

n el 1890

effettivo l i " * 00 abit. | abitanti effettivo abitantiper 100

R o m a . . . . 1,153,158 272.47 6,377,558 1,506.92 5,194,66e[l, 227.42 Napoli . . . 992,967 187.04 7,682,369 1,447.12 12,275,036 2,312.24 Milano ..1,025,300 247.33 5,631,584 1,358.48 2,596,320 626.30 T o rin o . . . 666,316 207.70 3,522,596 1,098.04 3,101,933 966.91 P alerm o .. - - 1,921,270 718.46 3,843,575 1,437.30 Genova .. 409,475 198.31 3,390,9441,642.22 2,155,152 1,043.73 F irenze .. 449,315 234.69 3,195,051 1,668.84 1,963,167 1,025.40 V e n e z ia .. 282,852 193.18 2,456,900 1,678.04 1,965,717 1,342.57 Bologna.. 331,523 230.85 1,903,916 1,325.78 695,337 484.19 C atan ia.. — 896,653j 817.47 714,738 651.62

Questi dati non riguardano propriamente la finanza delle grandi città perchè trattasi di proventi che vanno allo Stato, ma rivelano anch’ esse differenze degne di considerazione : il sale dà un provento di 2.72 per abitante a Roma e di 1.87 a Napoli, 1.93 a Venezia, 1.98 a Genova. La vendita dei tabacchi procura 7.18 per abitante a Palermo, 17.14 a C a­ tania, e 16.68 a Firenze, 16,42 a Catania, 13.06 a Roma ecc.

Il lotto raggiunge la quota massima per abitante a Napoli (23.12) e la minima a Bologna (4.84), mentre per Roma (12.27) quasi la metà di quella di Napoli e a Milano (6.62) quasi la metà di quella di Roma. Chi si diletta di indagini di psicologia po­ polare ha nelle cifre del lotto un elemento positivo sul quale discutere ; qui sarebbe fuori di luogo il farlo.

Rivista Bibliografica

Luigi Albertini. — L a questione delle otto ore d i la­

voro. — Torino, Bocca, 1894, pag. I l i (L. 2,50).

John Rae. -— Eight H ou rsfor W ork. — London, Ma- millan and C°, 1894, pag. X II-340 (4 scellini). Questi due nuovi studi sulla questione delle otto ore di lavoro meritano d’ essere raccomandati ai lettori perchè danno un concetto esatto del punto al quale è pervenuta la indagine scientifica circa gli effetti probabili e possibili di una graduale ri­ duzione delle ore di lavoro. L ’ Albertini, che ha compiuto il suo studio nel Laboratorio di Economia politica recentemente istituito dal prof. Cognetti de Martiis nella Università di Torino, ha divisa la sua trattazione in tre parti relative ciascuna ai cenni storici, alle relazioni tra la giornata di otto ore e la produzione e infine alle conseguenze economiche della giornata di otto ore.

Questi vari argomenti sono trattati con larghezza di idee, con notevole corredo di cognizioni cosi che

la monografia dell’ Albertini viene opportunamente a completare e a mettere al corrente gli studi già pubblicati in Italia sopra l’ interessante questione. Il ricco materiale che in questi ultimi tre anni si è andato accumulando intorno alle 8 ore di lavoro ha reso possibile all’ Albertini di’ fare uno studio nel quale i dati di fatto e le notizie storiche sono copiose. Nelle conclusioni dell’ Autore in generale concordiamo, non però intorno all’ Intervento dello Stalo che egli vorrebbe diretto a limitare le ore di lavoro.

Il Rae nel suo volume sullo stesso argomento trattato dall’ Albertini ha riuniti i suoi vari studi pub­ blicati negli ultimi anni nelle riviste inglesi met­ tendoli al corrente e completandoli. Sotto I’ aspetto dell’esame strettamente pratico dell’ argomento questo del Rae è certo una delle migliori trattazioni che possegga la letteratura economica. E può dirsi che essa è stata già utilizzata da coloro che si sono oc­ cupati della questione, appunto perchè gli articoli pubblicati dal Rae, dal 1890 in poi, non sono pas­ sati inosservati, ma anzi sono stati messi largamente a contribuzione. L ’ Autore ha esposto assai bene i vari esperimenti fatti finora della giornata di otto ore, ha studiato le relazioni tra la diminuzione delle ore di lavoro e la produzione nonché riguardo ai disoccupati, alla concorrenza estera, ai salari e via dicendo. Il Rae è noto agli studiosi italiani per il bel volume sul « Socialismo contemporaneo » e que­ sto sulle ore di lavoro conferma la sua fama di acuto scrittore di cose economiche.

Dr. Georg von Mayr. — Zur Reichsfinanzreform. — Stuttgart, J . Gr. Cotta, 1893, pag. 160 (marchi 2,40). Dr. J. Jastrow. — Preussisches Steuerbuch. Ein Weg­

weiser durch die neuen Steuergesetze fü r jeden preussischen Staatsbürger. — Leipzig, C. L. Hirsch­

feld, 1894, pag. 268 (4 marchi),

J. J. 0’ Meara. — M unicipal Taxation at home and

abroad. — London, Cassell and C°, 1894, pag. 319.

La pubblicazione del Mayr, del quale gli studiosi italiani conoscono ed apprezzano il pregevole trat­ tato di Statistica tradotto dal Salvioni, è formata in gran parte da scritti inseriti negli ultimi tempi nel- 1’ Allgemeine Zeitung, sicché manca la trattazione sistematica dell’ importante tema della riforma dèlie finanze imperiali germaniche ; però nell’ insieme l’ Autore fornisce gli elementi necessari per cono­ scere la situazione delle finanze dell’ Impero tedesco e più ancora le varie questioni che a questo ri­ guardo sono state discusse negli ultimi tempi.

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20 maggio 1894 L ’ E C O N O M I S T A 325

imposte proprie, o indirettamente cioè aumentando le entrate dei singoli Stati e accrescendo poi le loro contribuzioni matricolari. L’ Autore è favorevole piuttosto al primo che al secondo metodo ; egli vuole però che i singoli Stati restino liberi di stabilire la loro legislazione sui tributi diretti come vogliono e che l’ impero si valga a preferenza dei tributi in­ diretti. E in relazione a questo concetto sono pas­ sate in rassegna le varie imposte sul vino, sul tabacco, sugli affari ecc., che possono essere modificale con l’ intento di accrescere i proventi dell’ erario impe­ riale. Per chi voglia studiare la riforma finanziaria della Germania lo studio del Mayr sarà certo assai utile.

Il dr. Jastrow, che già pubblicò nei Jahrbilcher

di Jena interessanti studi sulle riforme tributarie del ministro Miquel, offre ora, col suo Preussichrs Steuerbueh la raccolta delle varie leggi annotate, e preceduta da opportune spiegazioni sui punti fonda- mentali di ciascuna legge. È un vero manuale delle imposte dirette prussiane compilato con lo scopo di agevolare ai contribuenti la conoscenza della nuova legislazione fiscale riguardante non solo lo Stato prussiano ma anche i corpi locali. Il libro del dr. Jastrow è diviso in tre parti : nella prima I’ Autore spiega brevemente i punti principali di ciascuna legge ; nella seconda sono riprodotte le leggi con le annotazioni più indispensabili ; nella terza si ha, a un tempo, un indice alfabetico e un piccolo dizionario dei termini usali dal legislatore nelle leggi riprodotte nell’ opera, la juale si racco­ manda da sè per lo scopo eminentemente pratico che si propone.

Il libro del sig. 0 ’ Meara sui tributi comunali in Inghilterra e all’ estero è un tentativo non riu­ scito di esporre in breve I’ ordinamento della finanza dei comuni nei principali paesi con particolare ri­ guardo all’ Inghilterra e alle questioni che a questo paese si riferiscono. Diciamo che il tentativo non è riuscito, perchè I’ Autore, a nostro avviso, non ha saputo far conoscere completamente ed esattamente questa importante materia ; e se si eccettuano i primi cinque capitoli che forse possono riuscire utili a chi voglia studiare l’ ordinamento dei tributi locali in Inghilterra, I utilità degli altri capitoli, formanti la meta del volume, non la sappiamo proprio vedere. Le notizie che il sig. 0 ’ Meara fornisce sono mon­ che, talvolta, come per la Prussia, non sono più corrispondenti allo stato attuale delle cose ; per Italia non mancano le inesattezze. In generale trat­ tando dell estero, I’ Autore non si dimostra punto al corrente dell’ ordinamento odierno dei tributi co­ munali nei vari paesi. Si comprende quindi come 1 s**o libro per ie prime 130 pagine, relative alla Inghilterra, può essere consultato con profitto ; pel rimanente, non lo crediamo davvero.

Rivista' Economica

Pgt la r ifo r m a del Codice d i Com m ercioMovim ento

co m m erciale d i M a ss au aDue d is eg n i d i Legge

s u lle C asse di R isp arm ioLe co n ve rs io n i Russe.

P er la riforma del Codice di Commercio. —

Si é riunirla al Ministero di grazia e giustizia la Com­ missione istituita con decreto ministeriale 12 apri­

le p p., per studiare e proporre le modificazioui al Codice di Commercio.

Il ministro guardasigilli, senatore Calenda inaugu­ rò, con un discorso i lavori della Commissione.

Osservò che il primo Codice scritto dall’ Italia libera in Roma, è quello commerciale, titolo di grande onore per l’on. Zanardelli, che lo controfirmò. Ma, a parte l’obbligo del legislatore di tener conto dei rapporti mutati per le continue ed incessanti evoluzioni nella vita economica ed industriale della Società, la no­ vità stessa degli istituti e le nuove norme dettate in quel Codice, fecero ancor prima che andasse in vi­ gore, sentire la convenienza di rivederlo, in un pe­ riodo di tempo non maggiore di un quinquennio, come si legge nell’ordine del giorno della Commis­ sione nominata dalla Camera per esaminare il pro­ getto presentato dal Governo.

E quell’ordine del giorno, accettato dal Governo, fu preso in considerazione dalla Camera.

Ricordò, l’on. ministro, che fin da’ 27 giugno 86, l’on. Taiani essendo guardasiglli, istituiva una Com­ missione con incarico di studiare le questioni tutte, con il nuovo codice, dando luogo a proporne le so­ luzioni da attuare con provvedimeuti legislativi od amministrativi. Ma, per eventi parlamentari, poche se­ dute potè tenere quella Commissione e l’ attenzione del Governo, intanto, veune tutta rivolta a dotare l’ Italia di un Codice unico.

Ma se per il momento venne posto in disparte lo studio di revisione del Codice di commercio, forse non fu un danno che più lungo esperimento abbia potuto meglio addimostrare in quali parli era ur­ gente una riforma.

Di questa riforma e specialmente della parte ri­ guardante i fallimenti, si occupò la Commissione per la statistica giudiziaria nella sessione del 1 8 9 2 -9 3 ; se ne occupò il Consiglio dell’ industria e del com­ mercio nella sessione del giugno 1893.

Il Congresso nazionale delle Società economiche, tenutosi a Torino nel settembre 1893, non mancò di portare la propria attenzione sull’ordinamento giu­ ridico delle Società e specialmente di quelle ano­ nime, facendo voti per una pronta riforma della le ­ gislazione commerciale.

Il Governo, pertanto, per secondare quei voti e per adempiere l’ impegno assunto nel 1891, ha isti­ tuita la Commissione, la quale può formare oggetto dei propri studi, tutto il Codice del Commercio, ma deve ricordare che alcune parti di esso reclamano riforme non più differibili.

Concludeva l’on. ministro, che a dar norma al lavoro della Commissione, contribuirà la sapiente direzione dell’ illustre presidente, sicuro che il lavoro risponderà al valore scientifico, alla consumata espe­ rienza di quanti sono chiamati a far parte della Com­ missione stessa.

E con questa speranza, l’on. guardasigilli, sin da ora porgeva azioni di grazie più vive in nome del Governo, il quale si varrà degli studi della Com­ missione, a fondamento dei disegni di legge da pre­ sentarsi ll’approvazione del Parlamento.

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L’ E C O N O M I S T A

20 maggio 1894

Ritiratosi poscia il guardasigilli, la Commissione, dopo breve discussione, deliberò, su conforme pro­ posta del senatore Auriti, di dividersi in quattro sotto Commissioni; l’una per le Società; l’altra per i fallim en ti, la terza per il diritto ca m b ia rio ; la quarta per il d iritto marittim o.

A far parte della prima sotto Commissione furono chiamati i signori: Besso, Boccardo, Danieli, Luzzatti, Magaldi, Yivante ed il cav. Azzolini, segretario.

Della seconda, i signori: Alaggia, Bolalfio, Mortara, Parenzo, Penserini e l’avv. De Feo, segretario.

Della terza, i signori: Facheris, Gianolio, Rinaldi, Vidari e l’avv. Morisani, segretario.

Della quarta, i signori: Caveri, Comandò, De Rossi, Labano e l’avv. Saiucci, segretario.

L’altro segretario della Commissione, il cav. Bor- gomanero, è addetto alla persona del presidente, se­ natore Auriti.

Le sotto-Commissioni hanno già cominciato il loro lavoro.

Movimento commerciale di Massaua. — Dal

rapporto del gen. Baratieri, governatore della Colo- Ionia eritrea, rileviamo che il valore del movimento commerciale di Massaua per il 1893, non contando il valore delle merci e dei materiali colà spediti dall’ Italia per uso delle truppe e neppure il valore delle monete d’ oro e d’ argento entrate ed uscite, ascese a L. 9,017,417, delle quali: 7,124,702 per merci non soggette a dazio perchè provenienti dal­ l’ Italia; 943,938 per madreperla, es-nte da dazio, e 33,145 per altre merci esenti per motivi vari.

Nel 1892 il movimento era sceso a L. 10,505,238 e però nel 1893 si ebbe una diminuzione di Lire 1,864,882 nel movimento delle merci soggette a da­ zio; diminuzione di 13.540 nella importazione di merci dall’ Italia; aumento di 372,554 nell’ arrivo della madreperla; aumento di 18,027 nelle merci varie esenti.

Tra le merci soggette a dazio all’ atto della im­ portazione si ebbe aumento nella birra, negli olii, nel tabacco, nei cotoni, nelle lane, nelle sete, nel bestiame bovino e nelle mercerie; si ebbe invece diminuzione negli spiriti, nel caffè, nei pimenti, nei metalli, nei cereali ed altri prodotti vegetali, nel burro e nei grassi.

Gli aumenti di codeste voci sono prova del cre­ sciuto benessere nelle popolazioni, le quali impie­ gano in acquisti di generi di secondaria necessità ed in rifornimento di bestiame per la ricostituzione delle mandrie, il denaro che già erano costretti a spendere quasi esclusivamente in rifornimenti di dura.

La diminuzione nella sola categoria dei cereali ed altri prodotti vegetali ascende nel 1893 a 3,800,000 lire mentre si nota aumento di otre 1,100,000 nei cotoni; di oltre300,000 nel bestiame bovino,di 130,000 nei tabacchi, di 100,000 nelle lane e sete ecc.

Rimane stazionaria o quasi la cifra della impor­ tazione degli zuccheri, del legname, dei cuoi conciati e lavorati ecc.

11 movimento d’ importazione di merci dall’ Italia ebbe nel 1893 la sola diminuzione di 13,000 lire, mentre scemò di molto il numero dei consumatori italiani per effetto delle continue riduzioni nelle trup­ pe e degli oramai quasi cessati lavori edilizi; Ciò vuol dire che le merci italiane vanno a poco a poco generalizzandosi nell’ uso degli indigeni. Molta strada resta ancora da fare al commercio d’ importazione dall’ Italia in una colonia dove ascende ad oltre due

milioni di lire il consumo delle cotonate estere, di 100 mila quelle degli spiriti, a circa 250 mila quello delle lane e sete ecc.

La madreperla esportata da Massaua nel 95 ascese a L . 943,938 vale a dire ad oltre il doppio di quella esportata negli anni 1891 e precedenti e a 370,000 più di quella esportata nel 1892.

il considerevole aumento è dovuto così alla sop­ pressione del dazio, decretata nel gennaio 92, come alle disposizioni tutelari di quel commercio date con decreto governatoriale del maggio dell’ anno stesso.

Due disegni di Legge sulle Casse di Risparmio.

— È già stato distribuito alla Camera il progetto formulato dal ministro Maggiorino Ferraris, di con­ certo col suo collega delle finanze, per modificare la legge sulle Casse di risparmio.

Fra le innovazioni più importanti che sono pro­ poste notiamo le seguenti:

Le Casse postali di risparmio potranno provve­ dere all’acquisto, per conto di terzi, alla custodia ed alla alienazione di rendita consolidata e di titoli di Stato o garantiti dallo Stato.

È data facoltà al Governo di delegare agli uffizi di posta, nei limiti e colle norme da determinarsi con decreti reali, il ricevimento di domande rela­ tive ad operazioni di debito pubblico e la consegna dei nuovi titoli, emessi in relazione alle domande stesse.

Lo stesso ministro Ferraris ha poi proposto llaa Camera che, per agevolare il piccolo risparmio, sia data facoltà alle Casse postali di mettere in vendita cartoline di risparmio nominative, non eccedenti nello importo lire cento, fruttifere rimborsabili a richiesta dei rispettivi titolari, per opera degli uffizi di posta.

Le Casse postali potranno convertire in cartoline di risparmio i libretti aventi un credito non supe­ riore alle lire cento e che dorante il corso di due o più anni non abbiano presentato alcun movimento di fondi.

Le conversioni Russe. — La Russia dopo aver

menato a buon fine nel 1891 la conversione del 1° prestito di Oriente del 5 e 4 0/0 si accinge ora a fare la identica operazione riguardo al 2° e 3° pre­ stito di Oriente 5 °/„, ed alla 1” e 2* emissione di buoni della banca egualmente al 5 °/°’. „ .

Dei 300 milioni di rubli del 2° prestito d Oriente emesso nel 1878 ne rimangono ancora 2 7 0 ; dei 300 milioni di rubli del 2° prestito d’ Oriente ne esistono ancora 273 ; i buoni di Banca della l a emis­ sione ammontarono a 116 milioni, quelli della 2a a 355 milioni di rubli; di modo che si ha un totale di 1014 milioni di rubli di titoli al 5 °/o che si tratta di convertire al 4 °/0.

La conversione sarà facoltativa. 1 titoli 5 °/0 sono al presente a Pietroburgo ad un corso di poco su­ periore al 101 °/0. 1 nuovi titoli 4 °/o saraiin0 of­ ferti al saggio dei 93 % mentre i titoli 4 °/0 già esistenti toccano il 93 °/0.

Siccome si prevede che certi portatori preferi­ ranno non convertirli, così non si emetterà pel mo­ mento che un massimo di 750 °/0 di nuovi titoli 4 °/0. I buoni di Banca si trovano tutti in Russia ; so­ pra i 543 milioni di rubli dei prestiti di Oriente, circa un 40 milioni soltanto si trovano all’estero.

Dal punto di vista del bilancio russo questa con­ versione rappresenterà, quando sarà terminata, una economia di più di 10 milioni di rubli l’anno.

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20 maggio 1894

L ’ E C O N O M I S T A

327

Cassa di risparmio di Foligno

CRONACA DELLE CAMERE DI COMMERCIO

La Cassa di risparmio di Foligno alla fine del 1895 compiva il suo trentaseesimo anno di vita.

Durante l’anno, il movimento delle operazioni svol­ tesi supera quelle del 1892 per un milione avendo raggiunto i 46 milioni, come apparisce dal seguente specchietto :

Cassa Dira L. 16,529,067.03 Avare L. 16,446,945.45 G iro ...» 29,179,614.98 » 29,264,349.06 Sopra venienze. » 66,137.85 » 180.— Spese Rendite.» 362,379.77 » 385,892.32 Beneficenza...» 2,612.50 L. 46,139,812.13 Passività e Attività al 1° gennaio. L. 7,037,941.51 Id. al 31 die. » 7,752,571.62 L . 46,097,366.83 L . 7,384,410.90 » 7,448 547.53 L. 60,930,325.26 L. 60,930,325.26 I depositi che al 1° gennaio sommavano a 5 mi­ lioni e 500 mila lire proseguirono gradatamente a salire in tutti i primi sei mesi fino a L. 5,700,000, per discendere nel secondo semestre, diminuendo di L. 243,215.86 soltanto.

II portafoglio ha avuto il seguente movimento:

Cambiali esistenti al 1°

gennaio 1893...N. 4,493 per L. 2,644,504.59 Effetti entrati nell’anno » 16,264 » 8,412,923.22

Totale N. 20,757 per L. 11,057,427.81 Effetti usciti... » 16,169 » 8,144,927.31 Effetti rimanenti al 1° ---.

---gennaio 1894 ... N. 4,588 per L. 2,912,500.50 I mutui ipotecari che al 1° gennaio 1893 erano 62 per l’importo di L . 987,671.24, rimasero alla fine dell’anno a 61 per la somma di L. 972,547.24.

I mutui chirografari da L. 41,675.48 salirono a L. 221,250.66.

I fondi pubtilici di proprietà dello stabilimento, tenuto conto delle riduzioni avvenute nell’ anno, ascendevano al 31 dicembre 1893 alla somma di L. 746,507.50 e il valore degli stabili a L. 41,735.01.

I conti correnti con istituti e privati ebbe un la­ voro importantissimo raggiungendo le seguenti cifre:

1,310,697.07 Assegni 2 ,5 1 1,420.22 887,812. 49 Effetti 2,154, 359. 99 4,453,078.78 Versamenti ed interessi 2,453,320.61

6,651,588.34 7 ,1 1 9,100.82

992,503. 94 Debitori e credit. 1* genn. 330,637. 96 427,413.60 Creditori e debitori 31 die. 621, 772.10 * I

8,071,510.88 8,071,510.88

I resultati dell’esercizio furono i seguenti :

Rendite... L. 385,892.32 S p e s e ...» 359,767.27 e quindi un sopravanzo di rendita per L. 26,135.05

Camera di Commercio di Alessandria.

— Nella ultima sua riunione fra le altre deliberazioni decise di accogliere favorevolmente la mozione contro la progettata tassa di bollo sulle girate degli effetti commerciali presentata dalla Camera di commercio di Reggio Calabria, quella sulla classificazione delle industrie insalubri deliberata dalla Camera di com­ mercio di Torino, quella per la diminuzione dello sconto ufficiale proposto dalla Camera di commercio di Roma ; quella contro il dazio consumo dei com­ bustibili impiegati ad uso iudustriale, e delle mate­ rie prime per l’ industria formulata dalla Camera di commercio di Treviso, e quella della Camera di commercio di Londra che si riferisce ad un pro­ getto di modificazione delle polizze di carico per i porti del Mediterraneo.

Camera di Commercio di Caltanisetta.

— lu una seduta tenuta ultimamente la Camera espresse il desiderio che il dazio di introduzione sui grani sia elevato a quella maggior cifra che la Commis­ sione parlamentare per i progetti finanziari credeva proporre per affrontare la concorrenza straniera. E questa deliberazione fu presa per diverse conside­ razioni, fra le altre quella che il ribasso dei grani ha prodotto l’attuale crisi agricola, che la classe ope­ raia non trova modo negli esili salari a sodisfare quella maggior copia di salari cui aspira, e che l’aumento del dazio da 5 a 7 lire al quint. è in­ sufficiente a proteggere i grani nazionali della con­ correnza estera.

Camera di Commercio di Como.

— Nella seduta del 17 aprile fra le altre cose si discusse sull’ op­ portunità di istituire una Cassa di previdenza a fa­ vore degli impiegati presso l’ Ufficio di stazionatura e assaggio delle sete. La questione principale si ag­ girò intorno al metodo che doveva seguirsi per tale istituzione, ritenendo alcuni che si dovesse per mezzo di contributi annui della Camera e degli impiegati costituirsi a favore di essa una somma da rilasciarsi in occasione del loro collocamento a riposo; ed altri ritenendo miglior sistema di assicurare un annua quota di pensioni invece di un capitale fisso. Dopo lunga discussione la Camera incaricò la Presidenza di studiare col sussidio di una apposita commissione, I’ argomento sotto quest’altro nuovo punto di vista. Esaurito il quale la Camera approvava il conto con­ suntivo del 1893 nei seguenti resultati. Entrata L. 9 ,9 5 7 .3 0 . — Uscita L. 9 ,9 5 7 .3 0 comprese L. 9 1 3 .1 0 per deperimento di mobili. — Stato pa­ trimoniale al 31 dicembre 1893 L .16,283.75 com­ presi i mobili per L. 2,187.80 — e approvava pure la situazione dalla Cassa di previdenza per gli im­ piegati nella somma di L. 5,973.42.

Camera di Commercio di Macerata.

— Il Col­ lcttino degli Atti della Camera di commercio di Ma­ cerata contiene nell’ultimo fascicolo testé pubblicato una pregevole Nota statistica del sig. Francesco Co­ letti, segretario della Camera stessa, sui rapporti com­ merciali tra l’Italia e la Francia. In quella elaborata Nota lo studio delle statistiche conduce il Coletti alle stesse conclusioni alle quali YEconomista è ve­ nuto di recente rispondendo alla R iform a (Vedi

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