• Non ci sono risultati.

L'esecuzione delle sentenze tributarie

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "L'esecuzione delle sentenze tributarie"

Copied!
91
0
0

Testo completo

(1)

Università degli Studi di Pisa

Dipartimento di Economia e Management

Corso di Laurea Magistrale in Consulenza Professionale alle Aziende

Tesi di Laurea

L’ESECUZIONE DELLE SENTENZE TRIBUTARIE

CANDIDATO RELATORE

Carol Costa Prof.ssa Giulia Boletto

CONTRO RELATORE

Prof. Nicolò Zanotti

(2)

Indice

INTRODUZIONE ... 4

1. Il pagamento del tributo in pendenza del processo ... 8

1.1. La disciplina della riscossione frazionata del tributo antecedente alla riforma del d.lgs. n. 156/2015 ... 8

1.2. La disciplina della riscossione frazionata del tributo dopo la riforma del d.lgs. n. 156/2015 ... 12

1.2.1. l’introduzione della previsione di cui al 1° comma, lettera c-bis) all’interno dell’articolo 68 ... 12

1.2.2. La riassunzione del giudizio ... 13

1.2.3. Il pagamento dell’ammontare dovuto nella pendenza del giudizio di primo grado dopo la sentenza della Corte di cassazione di annullamento con rinvio ... 14

1.2.4. Il pagamento dell’intero importo indicato nell’atto in caso di mancata riassunzione del giudizio dopo il rinvio della Corte di cassazione ... 15

1.2.5. Il giudizio di ottemperanza come “diverso” strumento in caso di mancata esecuzione del rimborso a favore del contribuente ... 17

2. L’esecuzione delle sentenze di condanna a favore del contribuente ... 20

2.1. La disciplina della condanna dell’ufficio al rimborso antecedente alla riforma del D.lgs. n. 156 del 2015 ... 20

2.1.1. Profili generali e disparità di trattamento tra contribuente e amministrazione finanziaria ... 20

2.1.2. L’esecuzione di sentenze di condanna dell’Amministrazione finanziaria attraverso il procedimento dell’esecuzione forzata processualcivilistica ... 23

2.1.3. L’impignorabilità dei beni dello Stato e degli enti locali ... 26

2.1.4. Il precedente dibattito dottrinale sulla concorrenzialità e/o esclusività tra giudizio di ottemperanza ed esecuzione forzata ... 27

2.1.5. Le sentenze dichiarative in materia catastale ... 29

2.2. La disciplina della condanna dell’ufficio al rimborso dopo la riforma del D.lgs. n. 156 del 2015 ... 31

2.2.1.L’introduzione del principio di esecuzione provvisoria ... 31

2.2.2. L’immediata esecutività delle sentenze di condanna a favore del contribuente ... 33

2.2.3. L’immediata esecutività delle sentenze in materia catastale ... 41

3. Il giudizio di ottemperanza ... 46

(3)

3.2. La natura del giudizio di ottemperanza ... 46

3.3. L’oggetto del giudizio di ottemperanza ... 49

3.4. La disciplina del giudizio di ottemperanza antecedente alla riforma introdotta dal d.lgs. 156 del 2015 ... 51

3.4.1. Le sentenze suscettibili di ottemperanza ... 51

3.4.2. Le parti ... 52

3.4.3. La competenza delle commissioni tributarie ... 54

3.4.4. I presupposti processuali del giudizio di ottemperanza ... 58

3.4.5. Il precedente dibattito sull’applicabilità dell’art 14 Legge 30 del 1997 al giudizio di ottemperanza tributario ... 60

3.4.6. Il ricorso ... 62

3.4.7. L’assegnazione del ricorso e la fissazione dell’udienza ... 65

3.4.8. Le due fasi del giudizio ... 66

3.4.9. La fase cognitiva ... 67

3.4.10. Il contenuto della sentenza ... 68

3.4.11. Il commissario ad acta ... 68

3.4.12. La fase esecutiva ... 70

3.4.13. Il ricorso per cassazione ... 72

3.5. La disciplina del giudizio di ottemperanza dopo le modifiche introdotte dal d.lgs. n. 156 del 2015 : le novità ... 74

3.5.1. La soppressione dell’accesso alla tutela esecutiva civilistica a favore del contribuente ... 74

3.5.2. L’ampliamento dei soggetti legittimati passivi ... 77

3.5.3. La legittimazione attiva per proporre il ricorso per l’ottemperanza ... 78

3.5.4. Il compenso del commissario ad acta ... 79

3.5.5. L’introduzione della previsione del giudice dell’ottemperanza in composizione monocratica ... 79

3.5.6. L’estensione delle sentenze per le quali è possibile esperire il giudizio di ottemperanza ... 81

3.5.7. L’atto di messa in mora ... 82

Conclusioni ... 84

Bibliografia ... 87

(4)

4 INTRODUZIONE

Il Consiglio dei Ministri del 26 giugno 2015 ha approvato il d.lgs. di parziale ri-forma del processo tributario sulla base dell'articolo 10 della Legge delega n. 23 dell'11 marzo 2014.

L'articolo 10 della legge 11 marzo 2014, n.23 ha voluto rafforzare la tutela sdizionale garantita al contribuente incrementando il funzionamento della giuri-sdizione tributaria e procedendo con una razionalizzazione dell'istituto della con-ciliazione in ambito tributario.

L'articolo 9 del d.lgs. 24 settembre 2015, n.156 ha modificato le disposizioni del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n.546 riguardanti il processo tributario, in-tegrando e modificando vari articoli ed eliminando disposizioni ormai inutili an-nullate in precedenza dalle sentenze della Corte Costituzionale; l'articolo 11, in-fine, ha apportato modifiche al decreto legislativo 31 dicembre 1992, n.545. La riforma è intervenuta quasi dopo venti anni dall’ultimo intervento collocandosi in un quadro completamente diverso rispetto a quello del 1996.

Le principali novità riguardano:

 La possibilità, di applicare la conciliazione al giudizio di appello e alle con-troversie soggette a reclamo e/o mediazione;

 L’estensione dell'operatività degli istituti del reclamo e mediazione alle con-troversie dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, a quelle degli enti locali, degli agenti della riscossione e dei soggetti abilitati a compiere attività di li-quidazione, accertamento e riscossione dei tributi e di altre entrate delle pro-vince e dei comuni (soggetti iscritti all'albo di cui all'art. 53 del D.lgs. 446/1997) e alle controversie catastali che erano fino ad oggi state escluse dall'operatività dei suddetti istituti a causa dell'indeterminabilità del valore;

 L’estensione della disciplina della tutela cautelare a tutte le fasi del processo;

(5)

5

 Il mantenimento del meccanismo della riscossione frazionata del tributo;

 giudizio di ottemperanza come unico meccanismo processuale di esecuzione delle sentenze, siano esse definitive o non;

 L’affidamento alla commissione tributaria in composizione monocratica della cognizione dei giudizi di ottemperanza instaurati per il pagamento di somme di importo non superiore a euro 20.000 e, in ogni caso, per il pagamento delle spese in giudizio;

 L’innalzamento della soglia da 2.582,28 a 3.000 euro per la quale i contri-buenti possono stare in giudizio senza l'assistenza di un difensore abilitato;

 L'ampliamento della categoria dei soggetti abilitati all'assistenza tecnica1.

L'obiettivo di tale riforma è stato quello di superare le principali criticità riguar-danti il contenzioso tributario fino ad oggi caratterizzato da un elevato numero di controversie di modesto valore, come anche rilevato dalla Relazione illustrativa del 26 giugno 2015 nella quale è evidenziato che il 70% dei ricorsi di primo gra-do presentati nell’anno 2014 e il 54% degli appelli presentati nel 2014, riguarda-no controversie per valore inferiore a euro 20.000; da un'elevata richiesta di so-spensione degli atti di riscossione confermata dal fatto che il 56% dei ricorsi in-staurati in primo grado presentano tale istanza; da uno scarso utilizzo dell'istituto della conciliazione in pendenza di giudizio di primo grado, solo l’1% delle defi-nizioni complessive; da un elevato uso della compensazione delle spese di giudi-zio.

A proposito dell’esecuzione delle sentenze tributarie il decreto legislativo 156/2015 ha apportato molteplici e significanti modifiche mediante l’applicazione del principio, contenuto nella Legge n. 23 del 2014, di “immediata esecutorietà, estesa a tutte le parti in causa, delle sentenze delle commissioni tri-butarie”2

.

Con riferimento al quadro normativo antecedente alla riforma in oggetto, per quanto concerne l’esecuzione delle sentenze, gli articoli di riferimento del

1 Cfr. Circolare n. 38/E, 2015 Agenzia delle Entrate 2

(6)

6

to n. 546 del 1992 sono gli articoli 68, 69, 69-bis e 70. Il legislatore delegato ha modificato il capo IV del decreto n.546 e nello specifico ha, in primis, introdotto l’articolo 67-bis, rubricato “Esecuzione provvisoria” allo scopo di rafforzare la tutela giurisdizionale del contribuente prevedendo l’immediata esecutorietà delle sentenze delle commissioni tributarie, ha modificato gli articoli 68, 69 e 70 e ha abrogato l’articolo 69-bis poiché l’immediata esecutività è stata prevista anche per le sentenze aventi a oggetto gli atti relativi alle operazioni catastali. L’articolo 67-bis è stato introdotto allo scopo di equiparare l’esecutività delle sentenze tri-butarie a quella nel giudizio civile e amministrativo.

La precedente disciplina, riguardante l’esecuzione delle sentenze tributarie, pre-vedeva trattamenti diversi a seconda che la sentenza fosse favorevole all’amministrazione finanziaria o al contribuente, sollevando inevitabilmente non pochi dubbi di costituzionalità in merito al giusto processo tributario come sanci-to all’art. 111 della Costituzione al primo e al secondo comma che prevedono che: “La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge. Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole dura-ta”. Per quanto atteneva la parte privata, il problema riguardava le sentenze di condanna a favore del contribuente, per le quali l’esecuzione delle stesse era cir-coscritta al fatto che fossero passate in giudicato. Ciò era confermato dal fatto che per i giudizi aventi a oggetto un atto impositivo, si applicava l’articolo 68, secondo comma, che prevedeva che in caso di sentenza favorevole al contribuen-te, l’ufficio doveva effettuare il rimborso di quanto pagato in eccedenza rispetto a quanto statuito dalla sentenza emessa dalle Commissioni tributarie; per i giudizi aventi ad oggetto un diniego tacito o espresso alla restituzione di quanto sponta-neamente versato, l’articolo 69 prevedeva che il contribuente dovesse attendere il passato in giudicato della sentenza per ottenere l’esecuzione della stessa e lo stesso dicasi per i ricorsi proposti contro atti relativi ad operazioni catastali, come precedentemente disciplinato dall’articolo 69-bis3; l’amministrazione finanziaria,

3

(7)

7

invece, poteva vedersi riconosciuta un diverso trattamento in quanto la stessa po-teva, nella misura di legge, riscuotere provvisoriamente il tributo anche in caso di decisione intermedia.

Diversamente, l’attuale disciplina prevede il consolidamento del concetto di im-mediata esecutività delle sentenze per tutte le parti in causa; la novità principale e di maggior rilievo attiene l’introduzione del principio di esecutività immediata delle sentenze di condanna in favore del contribuente; inoltre è stato ritenuto pre-feribile prevedere che il giudizio di ottemperanza possa essere l’unico strumento di esecuzione di tutte le sentenze, definitive e non; tale previsione è stata giustifi-cata affermando che con tale procedura è possibile ottenere, in tempi brevi, l’adempimento dell’Amministrazione finanziaria; ciò non era possibile con l’ordinaria procedura esecutiva, visti i noti limiti alla pignorabilità dei beni e del denaro dello Stato. Nel lavoro che segue verranno confrontate la disciplina ante riforma e quella attuale, evidenziandone le principali differenze e analizzando i problemi che la riforma ha risolto o cercato di risolvere con l’obiettivo di rilevare gli aspetti positivi e quelli negativi.

L’obiettivo dell’elaborato è quello di verificare se le modifiche e le introduzioni fatte sono state sufficienti al raggiungimento degli obiettivi che il legislatore si è posto e se con tale riforma si è riusciti a creare un processo tributario che rispon-da alle esigenze, ormai rispon-da tempo ricercate, di semplificazione del processo e di tutela del contribuente; allo stesso modo l’obiettivo attiene alla verifica che le nuove previsioni e modifiche non siano state fatte in modo superficiale e mal progettate perché, se così fosse, l’operatività della disciplina e l’intento riforma-tore risulterebbero compromessi.

(8)

8

1. Il pagamento del tributo in pendenza del processo

1.1. La disciplina della riscossione frazionata del tributo antecedente

alla riforma del d.lgs. n. 156/2015

L’articolo 68 rubricato “Pagamento del tributo in pendenza del processo” disci-plinava la riscossione frazionata del tributo in pendenza del processo mediante l’applicazione di regole che permettevano di rendere uniforme un regime in pre-cedenza disciplinato nelle singole leggi d’imposta. Il meccanismo della riscos-sione frazionata era, antecedentemente alla riforma del 1992 4, disciplinato da singole leggi d’imposta e ciò era diventato inopportuno perché le commissioni tributarie non erano più viste come un semplice continuum di ciò che era un’attività di accertamento; esse, infatti, stavano sempre più assumendo un ruolo giurisdizionale del tutto indipendente, quindi, dall’attività di accertamento posta in essere dai diversi uffici. A fronte di tal esigenza venne, appunto, inserito nel D.lgs. 546/1992 l’articolo 68, anche se tale disciplina era “oggettivamente fuori posto perché constava di norme più sostanziali che processuali, norme che rego-lavano, in maniera in parte diversa da com’era stato fatto in precedenza, il pro-blema della riscossione frazionata5”. In merito a ciò sorse la questione se tale di-sciplina avesse una portata generale tale per cui le norme, che nelle singole leggi d’imposta disciplinavano la riscossione nella fase successiva all’impugnazione dell’atto di accertamento e in attesa della pronuncia della commissione tributaria provinciale dovessero ritenersi abrogate; sul punto si erano espresse giurispru-denza e dottrina e tra gli orientamenti prevalse quello che poi ha fatto proprio an-che l’amministrazione finanziaria in base al quale il secondo comma dell’articolo faceva implicitamente riferimento anche a frazioni d’imposta da corrispondere nelle more del giudizio di primo grado.

4 Legge n. 413/1991, articolo 30, comma 1, lettera z) prevedeva uno dei principi e criteri direttivi che

do-vevano essere seguiti per la revisione della disciplina del contenzioso tributario fosse “revisione della

di-sciplina dell’iscrizione provvisoria a ruolo ovvero del pagamento provvisorio delle imposte accertate, coordinandola con la previsione di due gradi di giudizio”.

5 Cfr. Consolo C., Glendi C., Commentario breve alle leggi del processo tributario, CEDAM, terza

(9)

9

Il principio della riscossione graduale in pendenza del giudizio era visto come un favor al contribuente rispetto alla normale esecutorietà dei provvedimenti ammi-nistrativi, anche se in realtà era una previsione a tutela dell’amministrazione fi-nanziaria, in quanto a seguito dell’impugnazione dell’atto era l’efficacia esecuti-va che lo accompagnaesecuti-va ad essere sospesa e la legge stabiliesecuti-va per ogni singolo momento una disciplina dei presupposti e dei limiti di esercitabilità del potere di riscossione.

L’articolo 68 disponeva che: “1. Anche in deroga a quanto previsto nelle singole leggi d’imposta, nei casi in cui è prevista la riscossione frazionata del tributo oggetto di giudizio davanti alle commissioni, il tributo, con i relativi interessi previsti dalle leggi fiscali, deve essere pagato:

a) per i due terzi, dopo la sentenza della commissione tributaria provinciale che respinge il ricorso;

b) per l’ammontare risultante dalla sentenza della commissione tributaria provinciale, e comunque non oltre i due terzi, se la stessa accoglie par-zialmente il ricorso;

c) per il residuo ammontare determinato nella sentenza della commissione tributaria regionale.

Per le ipotesi indicate nelle precedenti lettere a), b) e c) gli importi da versare vanno in ogni caso diminuiti di quanto già corrisposto.

2. Se il ricorso viene accolto, il tributo corrisposto in eccedenza rispetto a quan-to stabiliquan-to dalla sentenza della commissione tributaria provinciale, con i relativi interessi previsti dalle leggi fiscali, deve essere rimborsato d’ufficio entro novan-ta giorni dalla notificazione della sentenza.

3.Le imposte suppletive debbono essere corrisposte dopo l’ultima sentenza non impugnabile o impugnabile solo con ricorso in cassazione”.

(10)

10

Dalla lettura del 1° comma emergeva chiaramente come il potere di riscossione in pendenza di giudizio fosse strettamente correlato all’esito dello stesso ed in caso di sentenza sfavorevole al contribuente egli avrebbe dovuto versare l’ammontare del tributo e relativi interessi al netto delle somme precedentemente corrisposte; in caso di accoglimento parziale del ricorso, invece, il contribuente avrebbe dovuto versare l’ammontare risultante dalla sentenza della commissione tributaria provinciale ma comunque non oltre i due terzi e questa è stata una pre-visione che da un punto di vista quantitativo limitava l’importo che il ricorrente avrebbe dovuto corrispondere. Questa diversa misura di riscuotibilità del tributo dopo la sentenza della commissione tributaria provinciale, a seconda che questa respingesse totalmente o solo in parte il ricorso, aveva però dei profili di criticità in quanto in caso di accoglimento parziale, pur vigendo il limite dei due terzi, l’amministrazione finanziaria aveva possibilità di riscossione intera del tributo. Si può quindi rilevare che l’entità del frazionamento della riscossione si riduceva quanto più aumentava la divergenza fra la misura del tributo accertato e quella determinata nel giudizio di primo grado6. Molto importante è capire come doves-se esdoves-sere effettuato il calcolo dei due terzi e l’opinione prevalente affermava che esso doveva essere effettuato sulla differenza tra l’imposta complessivamente ac-certata e quella corrispondente all’imponibile dichiarata7. Altro orientamento più favorevole al contribuente, invece, affermava come tale calcolo dovesse essere effettuato sull’imposta complessivamente accertata e solo in seguito si dovesse procedere alla deduzione di quanto già corrisposto8. L’articolo 68 faceva esplici-to riferimenesplici-to al tribuesplici-to e agli interessi ma per effetesplici-to del rinvio operaesplici-to dall’articolo 19 del d.lgs. 472/1997, tale disposizione si applicava anche alle ri-scossioni delle sanzioni9.

6 Cfr. Russo P., Manuale di diritto tributario, GIUFFRE’ – 2005

7 Cfr. Consolo C., Glendi C., Commentario breve alle leggi del processo tributario, CEDAM, terza

edi-zione, 2012.

8

Ardito F., La riscossione in pendenza del giudizio nel nuovo contenzioso tributario, in Bollettino tribu-tario 98, 1541

9 Art. 19 D.lgs. 472/1997 rubricato “Esecuzione delle sanzioni”, al primo comma dispone che: “In caso di ricorso alle commissioni tributarie si applicabili le disposizioni dettate dall’articolo 68, commi 1 e 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n.546, recante disposizioni sul processo tributario”.

(11)

11

La previsione in tema di rimborso d’ufficio nel caso di vittoria del contribuente doveva essere coordinata con quella riguardante la riscossione in caso di soc-combenza nel caso in cui la vittoria, in tal caso, era parziale e ciò era confermato nell’ultimo periodo del primo comma dell’articolo 68 che prevedeva che gli im-porti da versare dovevano essere diminuiti di quanto già corrisposto.

Il secondo comma si occupava del rimborso d’ufficio degli importi riscossi in pendenza di giudizio, in eccedenza a quanto stabilito dalla sentenza della com-missione tributaria provinciale, in caso di accoglimento del ricorso, prevedendo che tale rimborso dovesse avvenire “entro novanta giorni dalla notificazione del-la sentenza”.

Tale previsione era applicabile alle controversie relative ad avvisi di accertamen-to, avvisi di liquidazione, provvedimenti di irrogazione delle sanzioni e alle iscri-zioni a ruolo10. La cassazione11 ha ritenuto che l’obbligo di restituzione di cui al secondo comma dell’articolo 68 “è limitato agli esborsi che il contribuente abbia compiuto in favore del fisco in esecuzione del provvedimento impositivo impu-gnato, e non si estende ai rimborsi di imposte legittimamente pagate subordinati all’esito dell’accertamento oggetto del giudizio”. Per procedere ai rimborsi ai sensi dell’articolo 68, secondo comma, non occorreva attendere la notifica della sentenza favorevole al contribuente ma questi dovevano essere effettuati subito dopo la comunicazione del dispositivo della sentenza da parte della segreteria della commissione tributaria; quest’ultima doveva garantire la presenza di tutti gli elementi necessari ai fini della determinazione dell’importo da rimborsare12.

È stato altresì evidenziato come l’ipotesi contenuta nel secondo comma dell’articolo 68, si differenziava dalla c.d. azione di rimborso autonomo, in cui il diritto era dichiarato in giudizio che aveva come oggetto la condictio indebiti e come risultato l’accertamento dell’esistenza dell’obbligo di versare quella som-ma o meno; nell’ipotesi contemplata dall’articolo 68, comsom-ma 2, il diritto al

10 La circ. Agenzia delle entrate 49/e dell’1.10.2010 specificava inoltre che l’articolo 68, secondo comma,

decreto legislativo n.546 del 1992 non trovava applicazione per le controversie concernenti il diniego e-spresso o tacito alla restituzione di tributi e relativi accessori pagati spontaneamente. A queste ultime si applicava l’articolo 69 del decreto suddetto, che obbligava l’Amministrazione ad effettuare il rimborso soltanto in esecuzione di sentenze passate in giudicato.

11 Si veda C. 15388 del 5 dicembre 2001. 12

(12)

12

borso rappresentava un effetto legale della pronuncia giudiziale e aveva ad ogget-to un diritogget-to naogget-to esternamente rispetogget-to al contenuogget-to della sentenza13.

Altro aspetto da rilevare è che se anche il secondo comma del citato articolo si riferiva espressamente alle sole sentenze delle commissioni tributarie provinciali, tale disposizione doveva essere applicata anche alle sentenze emesse dalle Com-missioni tributarie regionali.

Alcuni sostenevano il contrario ovvero che, nel caso di sentenza emessa dalla commissione regionale, non sussisteva l’obbligo alla restituzione delle somme corrisposte in eccedenza rispetto a quanto statuito. Tale orientamento era tuttavia illogico e smentito dalla stessa amministrazione finanziaria. In dottrina, infatti, era stato ritenuto che il legislatore non aveva volutamente differenziare la senten-za della commissione provinciale e quella della commissione regionale poiché gli effetti previsti per la prima valevano anche per le sentenze espresse dalla com-missione provinciale, essendo la ratio normativa comune ad entrambe14.

1.2. La disciplina della riscossione frazionata del tributo dopo la

rifor-ma del d.lgs. n. 156/2015

1.2.1. l’introduzione della previsione di cui al 1° comma, lettera c-bis) all’interno dell’articolo 68

Il decreto riforma ha confermato il meccanismo di cui al primo comma dell’articolo 68 avente ad oggetto la riscossione frazionata del tributo e dei rela-tivi interessi in ragione degli esiti dei vari gradi di giudizio15. Il legislatore ha,

13

Come osservato in Consolo C., Glendi C., Commentario breve alle leggi del processo tributario, cit., ove è stato rilevato che: “ Questa differenza si riscontra anche sul piano normativo: nel caso di azione di rimborso autonoma, il 3° co. dell’art. 37 del d.p.r. n. 602 del 1973 (…) dispone che l’ufficio vi provvede entro il termine di trenta giorni dalla data in cui il provvedimento di accoglimento del ricorso si è reso de-finitivo; mentre, secondo quanto disposto dall’art. 68 in esame, la restituzione va effettuata entro novanta giorni dalla notificazione all’ufficio della sentenza, ancorché non definitiva. La diversa disciplina si spie-ga agevolmente considerando che, nel secondo caso, l’eventuale pronunzia del giudice ha per oggetto un diritto che può ritenersi esterno e strumentale rispetto all’oggetto della sentenza, in quanto si tratta soltan-to di verificare l’effetsoltan-to che consegue per legge alla pronuncia giudiziale, e pertansoltan-to prescinde dal caratte-re definitivo o meno della sentenza”.

14 Cfr. Consolo C., Glendi C., Commentario breve alle leggi del processo tributario, cit., pag. 792. 15 Come disciplinato dall’articolo 68, comma 1, D.lgs. 546/1992 ante riforma che prevede che la

(13)

13

rò, aggiunto a tale comma, la lettera c-bis)16 che si occupa di disciplinare le due strade che si possono aprire a seguito di una sentenza della Corte di Cassazione di annullamento con rinvio, ovvero il caso della pendenza del giudizio di rinvio ovvero la mancata riassunzione della causa. È stato in parte, quindi, modificato l’assetto della riscossione frazionata del tributo “incanalandosi lungo una pro-spettiva specularmente opposta a quella sulla quale si era orientata l’evoluzione precedentemente maturata17”; ciò perché è stato impropriamente ripristinato il processo giurisdizionale nei suoi vari gradi senza eliminare la riscossione provvi-soria e frazionata del tributo che danneggia sia l’amministrazione finanziaria, da un lato, in quanto si ravvisano ritardi inutili per quanto concerne il prelievo, sia, dall’altro, il contribuente che abbia ragione18.

1.2.2. La riassunzione del giudizio

In termini generali si deve precisare il termine tempestivo entro il quale il giudi-zio successivo alla cassagiudi-zione con rinvio19 debba essere riassunto. Il D.lgs. 156/2015 ha, infatti, modificato il termine di riassunzione del giudizio di cui all’articolo 63, comma 1 del D.lgs. 546/1992 sostituendo la previgente previsione di un anno con il nuovo termine di sei mesi. La legge delega n.23/2014 nulla pre-vedeva in merito alla modifica sopra citata, ma nella Relazione illustrativa al de-creto di riforma l’intervento venne giustificato da un lato per il fatto che si pro-cedeva, così, con l’allineamento al termine previsto dall’articolo 43 dello stesso decreto n.546 del 1992 per la riassunzione del giudizio interrotto o sospeso20 e

viene respinto il ricorso, ovvero, in caso di accoglimento parziale per l’ammontare risultante dalla senten-za della Commissione tributaria provinciale, ma non oltre i due terzi e per il residuo ammontare determi-nato nella sentenza della Commissione tributaria regionale.

16 Articolo 68, comma 1, lettera c-bis), come introdotta dal decreto legislativo n. 156 del 2015: “per l'ammontare dovuto nella pendenza del giudizio di primo grado dopo la sentenza della Corte di cassazio-ne di annullamento con rinvio e per l'intero importo indicato cassazio-nell'atto in caso di mancata riassunziocassazio-ne”. 17 Cfr. Glendi C., Consolo C., Contrino A. in Abuso del diritto e novità sul processo tributario – com-mento al D.lgs. 5 agosto 2015, n.128 e al D.lgs. 24 settembre 2015, n.156 , IPSOA, 2016, pag. 269 18 Da Glendi C., Consolo C., Contrino A., op. ult. cit., pag. 269

19

Nel momento in cui la Corte di cassazione rinvia la causa alla commissione tributaria provinciale, ov-vero regionale.

20 Nel caso in cui il processo è sospeso, il termine perentorio decorre dalla data in cui è cessata la causa

che ne ha determinato la sospensione; se il processo è interrotto, il termine decorre da quanto è stata di-chiarata l’interruzione.

(14)

14

dall’altro per il fatto che la riduzione del termine permetteva un allineamento con la disciplina prevista dal c.p.c.21

In realtà tale giustificazione non appare del tutto corretta ed esauriente poiché il termine previsto dal citato codice risulta essere pari a tre mesi e il dimezzamento operato non ha comunque permesso un allineamento tra processo civile e proces-so tributario22.

La circolare dell’Agenzia delle Entrate, n.38/E del 2015 specificò che tale nuovo termine ridotto si applica per le sentenze depositate dal 1° gennaio 2016 poiché la previsione risponde all’obiettivo di poter accelerare la conclusione del processo. Ciò significa, quindi, che la pubblicazione della sentenza deve essere avvenuta successivamente all’entrata in vigore della nuova legge.

1.2.3. Il pagamento dell’ammontare dovuto nella pendenza del giudizio di pri-mo grado dopo la sentenza della Corte di cassazione di annullamento con rin-vio

Sulla questione si era precedentemente espressa l’amministrazione finanziaria che nella circolare n. 48/E del 24 ottobre 2011 precisò che, quando una sentenza di appello sia stata cassata con rinvio, “è principio fermo nella giurisprudenza di legittimità e nella riflessione della pressoché unanime dottrina processualistica che il giudizio di rinvio costituisce una fase nuova ed autonoma, ulteriore e suc-cessivo momento del giudizio diretto e funzionale ad una sentenza che non si so-stituisce ad alcuna precedente pronuncia, riformandola, ma statuisce direttamente sulle domande proposte dalle parti23”. Il fatto che il legislatore abbia stabilito che dopo l’annullamento della cassazione24 con rinvio si debba procedere con il

pa-gamento dell’ammontare dovuto nella pendenza del giudizio di primo grado è

21 L’articolo 392 c.p.c. prevede che: “La riassunzione della causa (…) può essere fatta (…) non oltre tre

mesi dalla pubblicazione della sentenza della Corte di cassazione”.

22 Da Glendi C., Consolo C., Contrino A., op. ult. cit., secondo cui , “Se si voleva uniformare i termini tra

processo civile e processo tributario, anche il termine per il processo tributario avrebbe dovuto essere ri-dotto a tre mesi. Se, invece, si voleva tenere distinti i due processi, tanto più che, ripetesi, la legge delega nulla disponeva al riguardo, bastava non disporre alcunché, lasciando inalterati i termini diversificati cosi come in precedenza”.

23 Quanto riportato è contenuto nella circolare ultima citata e in Boll. Trib. 1 del 15 gennaio 2016 pag.78 24 L’annullamento della Corte di cassazione può avvenire con sentenza o con ordinanza; si ha una

pro-nuncia con sentenza in tutti i casi in cui si definisce il giudizio; nel secondo caso, invece, non si ha la de-finizione del giudizio; in tal caso specifico la norma si riferisce solo alla sentenza.

(15)

15

stato ritenuto assurdo perché la sentenza di annullamento non ripristina l’efficacia dell’atto in quanto l’atto originario è rimasto ormai privo della sua ef-ficacia originaria25. Ciò che risulta “incomprensibile” è il motivo per cui è speci-ficato ammontare dovuto nella pendenza di giudizio di primo grado piuttosto che ammontare risultante dall’atto impugnato in quanto la sentenza di primo grado è stata sostituita da quella di secondo grado e questa a sua volta sostituita dalla sen-tenza di annullamento della cassazione26.

Un’ultima precisazione da fare concerne la circostanza che la sentenza cassata sia favorevole o meno all’amministrazione finanziaria in quanto ciò ha rilevanza sul piano operativo poiché:

 se la sentenza di appello risultava favorevole all’amministrazione finan-ziaria: essa stessa dovrà, successivamente al giudizio di cassazione con rinvio, procedere con uno sgravio parziale;

 in caso contrario, la stessa amministrazione dovrà procedere all’iscrizione a ruolo di un terzo del tributo oggetto di giudizio e dei relativi interessi.27

1.2.4. Il pagamento dell’intero importo indicato nell’atto in caso di mancata ri-assunzione del giudizio dopo il rinvio della Corte di cassazione

Nel caso in cui il giudizio di rinvio non sia stato tempestivamente riassunto, il pagamento previsto è quello dell’intero importo indicato nell’atto. In tale ipotesi (mancata riassunzione entro 6 mesi dalla pubblicazione della sentenza di cassa-zione o si configura una causa di estincassa-zione del giudizio di rinvio) il processo si estingue. L’inosservanza di tale termine comporta conseguenze gravi, in

25 In Glendi C., Consolo C., Contrino A., op. ult. cit., pag. 271, “l’assurdità” della previsione è rimarcata

da una serie di precisazioni ove è viene detto che: “ E tanto più, qualora, ad es., la Corte di cassazione ab-bia annullato la sentenza di secondo grado per uno dei casi di rimessione obbligatoria dal secondo al pri-mo grado e nel giudizio di pripri-mo grado già fosse stata concessa la sospensione cautelare dell’efficacia dell’atto impugnato. O anche qualora la Cassazione abbia annullato con rinvio una sentenza della Com-missione tributaria regionale che aveva erroneamente riformato, in tutto o in parte, una sentenza che ave-va totalmente annullato l’atto impugnato. O, ancora, nell’ipotesi in cui da parte della Corte di cassazione sia stata annullata una sentenza della Commissione tributaria regionale che aveva confermato una senten-za con la quale era stato rigettato il ricorso avverso l’atto impositivo, di cui pure era stata sospesa l’efficacia”.

26 Cfr. Glendi C., Consolo C., Contrino A., op. ult. cit., pag. 271. 27

(16)

16

lare per il soggetto privato in quanto in tal modo si ha “la consolidazione dell’atto impugnato28”.

L’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 38/E del 2015 ha precisato, come con-fermato dalla giurisprudenza di legittimità, che l’estinzione del processo compor-ta la caducazione di tutte le sentenze medio tempore pronunciate e che ciò è scompor-tato previsto per far meglio comprendere al soggetto privato le conseguenze spiace-voli della mancata riassunzione del giudizio29.

Per quanto concerne la caducazione di tutte le sentenze medio tempore pronun-ciate, già nel 1983 la Corte di cassazione si era pronunciata con sentenza n. 465, con la quale dispose che: “ qualora, in seguito alla cassazione della sentenza d’appello che abbia dichiarato inammissibile il gravame, la causa non sia stata riassunta in sede di rinvio, o sia stata riassunta tardivamente, si verifica, a norma dell’art. 393 c.p.c., l’estinzione non solo della fase processuale nella quale è stata emessa la sentenza cassata, bensì dell’intero processo, con il conseguente venir meno della sentenza di primo grado, poiché le uniche pronunce che resistono all’estinzione del giudizio di rinvio sono quelle già coperte da giudicato, in quan-to non investite da appello o ricorso per cassazione, in base ai principi della for-mazione progressiva del giudicato30”.

Nella seconda parte della lettera c-bis), come già ricordato, si fa riferimento al pagamento dell’intero importo indicato nell’atto visto che l’atto oggetto di impu-gnazione diviene definitivo, con conseguente esigibilità delle somme richieste con lo stesso31. Questa previsione è stata vista da alcuni in senso positivo32 anche se, analizzandola nello specifico, risulta evidente come trattasi di un’ulteriore in-completezza prevista dal legislatore visto e considerato che il pagamento dell’intero importo è conseguenza naturale in tutti i casi in cui si ha l’estinzione

28

Sul punto v. Glendi C., in “Neoescrescenze” normative processualtributaristiche: applicazione

inter-temporale del D.lgs. n. 156/2015, in Corriere Tributario n. 10, 2016.

29 Come affermato nella relazione illustrativa del 26 giugno 2015 al decreto di riforma. 30 Cfr. Cass. n. 465/1983

31 La Corte di Cassazione, con sentenza n. 7828 del 1986 dispose che: “il processo tributario si configura come un mezzo di impugnazione dell'atto di accertamento, da proporsi entro un determinato termine di decadenza, per cui, estintosi il processo e consumatosi nel contempo il mezzo di impugnazione esperito, l'accertamento acquista il requisito della definitività e, quindi, dell'intangibilità".

32 Si veda Russo A., in Riscossione provvisoria a seguito di cassazione con rinvio, in Il Fisco n. 35, 2015,

(17)

17

del giudizio di rinvio dopo la Corte di cassazione (come già disciplinato dall’articolo 63 del decreto legislativo 546 del 1992). Inoltre non è conseguenza automatica alla mancata riassunzione del giudizio la previsione del pagamento dell’intero importo indicato nell’atto in quanto nel corso del processo potrebbero essersi formati dei giudicati interni in base ai quali è stato diversamente previsto in merito all’importo oggetto di giudizio33

.

1.2.5. Il giudizio di ottemperanza come “diverso” strumento in caso di mancata esecuzione del rimborso a favore del contribuente

La modifica all’articolo 68 ha poi interessato il secondo comma nel quale è stata inserita, ex novo, una nuova previsione in merito all’accoglimento del ricorso per quanto concerne il rimborso a favore del contribuente. La previsione è un raffor-zativo che va a tutelare maggiormente il contribuente che non veda soddisfatto il proprio diritto al rimborso a causa dell’inadempienza da parte dell’amministrazione finanziaria.

Il nuovo inciso, dispone che: “In caso di mancata esecuzione del rimborso il con-tribuente può chiedere l’ottemperanza a norma dell’articolo 70 alla commissione tributaria provinciale ovvero, se il giudizio è pendente nei gradi successivi, alla commissione tributaria regionale”. Naturalmente, tale rimedio a tutela del con-tribuente potrà essere attivato da quest’ultimo solo una volta decorsi novanta giorni dalla notificazione della sentenza; in caso contrario, qualora tali condizioni non siano soddisfatte, non si potrà procedere con tale ricorso34.

Ciò nonostante, parte della dottrina35osserva come, nel caso in cui sia proposto ricorso in appello, la notifica della sentenza sarebbe priva di adeguatezza in quanto l’ente impositore ne conosce il contenuto36.

33 Cfr. In Glendi C., Consolo C., Contrino A., Abuso del diritto e novità sul processo tributario,cit., pag.

272.

34 In quanto trattasi di presupposti di legge per l’accesso a tale giudizio, nonostante la stessa Agenzia

del-le Entrate, già nella circolare n.48/e del 2010 confermò che ai fini del rimborso non occorreva necessa-riamente attendere la notifica della sentenza.

35 Si veda sul punto Lovecchio L. in Attuazione solo parziale del principio di parità delle parti nel pro-cesso tributario, in Il Fisco, n.31, 2016.

36 Lovecchio L. in Il Fisco, ult. cit. , afferma però che: “in assenza di orientamenti di riferimento da parte

(18)

18

Nella relazione illustrativa è stato specificato che con tale previsione “si viene a colmare una lacuna37, che vedeva il contribuente del tutto privo di mezzi giuridici di fronte all’inerzia dell’ente impositore, che all’esito di una sentenza (anche non definitiva) favorevole al contribuente, ometteva di eseguire in suo favore il rim-borso delle somme medio tempore riscosse”.

In realtà, non ravviso in tale nuova previsione un elemento innovativo, idoneo a fronteggiare la lacuna richiamata da parte della dottrina e dalla stessa relazione illustrativa38. Il giudizio di ottemperanza, al quale fa ora riferimento il secondo comma dell’articolo 68, poteva essere utilizzato dal contribuente come rimedio all’inerzia dell’amministrazione finanziaria, nonostante tale previsione non fosse contenuta nel secondo comma del citato articolo; essa risulta essere ridondante se non per la novità concernente il fatto che tale strumento può, in base al disposto del secondo comma dell’articolo 68, essere attivato anche in presenza di sentenza non ancora definitiva.

Tuttavia, questo contrasta con il disposto dell’articolo 70 del d.lgs. n. 546/92, nel quale è precisato che la parte che ne ha interesse può essere chiedere l’ottemperanza degli obblighi derivanti dalla sentenza (…) passata in giudicato. Come osservato da parte della dottrina39, la diversa previsione del secondo com-ma, articolo 68, contrasta con quella di cui all’articolo 70 e trasla il criterio di ri-ferimento dalla sentenza ottemperabile alla sede del giudice per il ricorso; cosi facendo, la commissione tributaria regionale risulta essere competente in tutti i giudizi pendenti successivi al primo40.

La disposizione in oggetto è entrata in vigore il 1° gennaio 2016 e applicata a tut-ti i giudizi pendentut-ti alla stessa data.

37 Come anche confermato da parte della dottrina, si veda sul punto Lovecchio L., in Il Fisco, ult. cit. pag.

3039.

38 Come osservato da Glendi C. in Abuso del diritto e novità sul processo tributario,cit.

39 Si veda Glendi C., Consolo C., Contrino A., in Abuso del diritto e novità sul processo tributario,op. ult.

cit., pag. 273

40 Lovecchio L. in Attuazione solo parziale del principio di parità delle parti nel processo tributario, Il Fisco, n.31, 2016 afferma come non risulta essere chiaro, quindi, in quali situazioni si realizza la

compe-tenza della commissione tributaria provinciale, con riferimento a quelle sentenze che sono solo provviso-riamente esecutive.

(19)

19

Inoltre, è stato precisato41 che tale disposizione resta applicabile anche per la ri-scossione delle sanzioni; l’articolo 19 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n.472 contiene, infatti, il riferimento, al comma 6, all’articolo 68, secondo com-ma, del decreto legislativo 546 del 1992. Il giudizio di ottemperanza potrà essere di conseguenza utilizzato dal contribuente anche per la restituzione delle sanzioni corrisposte in eccedenza rispetto all’esito della sentenza di primo o di secondo grado.

41

(20)

20

2. L’esecuzione delle sentenze di condanna a favore del

contribu-ente

2.1. La disciplina della condanna dell’ufficio al rimborso antecedente

alla riforma del D.lgs. n. 156 del 2015

2.1.1. Profili generali e disparità di trattamento tra contribuente e amministra-zione finanziaria

L’articolo 69 del d.lgs. 546 del 1992, ante riforma era rubricato “Condanna dell’ufficio al rimborso”; esso trovava applicazione per le controversie concer-nenti il diniego espresso o tacito di tributi pagati in modo spontaneo e obbligava l’amministrazione a rimborsare quanto dovuto solo dopo che la sentenza fosse passata in giudicato. L’articolo in oggetto prevedeva testualmente che: “Se la commissione condanna l’ufficio del Ministero delle finanze o l’ente locale o il concessionario del servizio di riscossione al pagamento di somme, comprese le spese di giudizio liquidate ai sensi dell’articolo 15 e la relativa sentenza è passa-ta in giudicato, la segreteria ne rilascia copia spedipassa-ta in forma esecutiva a nor-ma dell’art. 475 del c.p.c. , applicando per le spese l’art. 25, comnor-ma 2”. Dalla lettura della disposizione si aveva conferma (nuovamente) del rapporto di dispa-rità tra contribuente e Amministrazione finanziaria, poiché solo le pronunce favo-revoli a questa erano sempre e comunque dotate di esecutività (anche se in forma graduale, come disciplinato nell’articolo 68 al primo comma), mentre al contri-buente era riconosciuto il diritto al rimborso solo nel momento in cui la sentenza era passata in giudicato. La questione fu sollevata dinanzi alla Corte costituziona-le nella quacostituziona-le il ricorrente riteneva l’ilcostituziona-legittimità costituzionacostituziona-le dell’articolo 70 del d.lgs. 546/1992, nella parte in cui prevedeva come requisito per l’ammissibilità al ricorso il fatto che la sentenza fosse passata in giudicato. Per parte della dottrina42, tale disparità di trattamento era inaccettabile, in quanto

42 Russo P., in Manuale di diritto tributario, cit., affermava che: “gli artt. 68 e 69 del d.lgs. 546/92

(21)

21

lava l’articolo 3 della Costituzione; secondo altra dottrina43

concorde, invece, alla pronuncia della Corte costituzionale44 la questione di legittimità sollevata era manifestamente inammissibile e manifestamente infondata. La corte affermava che: “la posizione del privato, il quale chiede un rimborso, e dell’Amministrazione finanziaria, la quale esercita la potestà impositiva, non so-no equiparabili” e che “tali rilievi in punto di inammissibilità valgoso-no a prescin-dere dalla considerazione che, nel merito, le medesime questioni appaiono ictu oculi non fondate, sia con riferimento all’art. 3 Cost., perché il rimettente ha er-roneamente posto a raffronto situazioni eterogenee (cioè, da un lato, quelle nelle quali si è in presenza di un atto impositivo ed il contenuto della sentenza di primo grado è costituito dal rigetto dell’impugnazione di tale atto e, dall’altro, quelle nelle quali, invece, manca il suddetto atto ed il contenuto della sentenza di primo grado è costituito dall’accoglimento del ricordo inteso ad ottenere il rimborso di un tributo corrisposto mediante versamento o ritenuta diretti); sia con riferimento all’art. 24 Cost., perché la tutela del creditore mediante giudizio di ottemperanza di una sentenza non passata in giudicato e non provvisoriamente esecutiva certa-mente è coessenziale alla tutela giudiziale dei diritti ed interessi legittimi e non è, pertanto, imposta dalla Costituzione”45

.

La dottrina che condivideva tale pronuncia, affermava come la disparità si rile-vava solo qualora gli effetti della sentenza, all’interno di una stessa area di tutela giurisdizionale, erano disciplinati in modo diverso, cosa che non avveniva nell’area delle liti di impugnazione. L’art. 68, secondo comma, avrebbe potuto fare da contrappeso a questa disparità dal momento che prevedeva che il contri-buente, fosse rimborsato entro novanta giorni dalla notificazione della sentenza; in tal modo si garantiva equivalenza di trattamento tra contribuente e

contribuente, cosicché il giudizio di incostituzionalità formulato da molti autori sembra necessariamente da condividere”.

43 Si veda Randazzo F., in Escluso il giudizio di ottemperanza in pendenza del termine per proporre ap-pello, in GT n. 11/2008.

44 Corte costituzionale, Ord. 30 luglio 2008, n.316 45

(22)

22

strazione finanziaria, parificandoli sotto un punto di vista degli effetti delle sen-tenze non ancora passate in giudicato46.

Nel caso specifico, si trattava di un credito che nasceva direttamente dalla legge e quindi la realizzazione della tutela esecutiva ad essa legata, non doveva necessa-riamente seguire il percorso disciplinato dall’art. 69, nel quale era richiesto il passato in giudicato della sentenza. A proposito delle liti da rimborso, invece, l’articolo 69 prevedeva espressamente il passato in giudicato della sentenza; per la Corte, però, tale scelta ricadeva nella sfera discrezionale del legislatore. Egli ha dovuto scegliere tra la certezza e la stabilità della sentenza e la tempestività e velocità con la quale questa doveva essere messa in atto, privilegiando la stabilità della stessa visto che il grado di certezza richiesto era quello massimo, ovvero la sentenza non più soggetta agli ordinari mezzi di impugnazione. La soluzione a-dottata aveva come fondamento la dimensione quantitativa degli opposti interes-si; le liti che davano luogo a condanna dell’amministrazione finanziaria avevano per oggetto degli obblighi di restituzione di somme di denaro. Esse riguardavano liti nelle quali prevaleva l’interesse all’immediatezza della tutela rispetto alla sta-bilità della sentenza, poiché poteva sorgere un pericolo in merito ad un possibile impoverimento del debitore con erosione della garanzia patrimoniale generica a favore del creditore e ciò, era da escludersi con certezza nel processo in questio-ne, dal momento che esso vedeva collocato, in posizione debitoria, lo Stato, e cioè un soggetto sempre solvibile47. In conclusione, non si aveva violazione dell’articolo 3 Cost. vista la previsione a favore del contribuente contenuta nell’articolo 68, secondo comma; il legislatore, nel caso specifico, ha dovuto far prevalere un interesse maggiormente meritevole di tutela rispetto all’interesse personale del contribuente. D’altro canto, la previsione di cui al secondo comma dell’art. 68, che equiparava le diverse posizioni, non appariva adeguatamente ac-compagnato da strumenti idonei ad ottenerne l’attuazione contro l’amministrazione finanziaria.

46

Si veda Consolo C., Glendi C., Commentario breve alle leggi del processo tributario, cit. , Randazzo F. in GT n.11/2008, cit.

47 Cfr. Consolo C., Glendi C., Commentario breve alle leggi del processo tributario, cit., pag. 794 e

(23)

23

2.1.2. L’esecuzione di sentenze di condanna dell’Amministrazione finanziaria attraverso il procedimento dell’esecuzione forzata processualcivilistica

Quando si fa riferimento all’esecuzione di sentenze di condanna dell’Amministrazione finanziaria, è buona norma ricordare la differenza tra l’esecutività e l’esecutorietà della sentenza; la prima si riferisce alla capacità del-la stessa di modificare unidel-lateralmente del-la sfera giuridica del destinatario; l’esecutorietà ,invece, consiste nella capacità della sentenza di produrre i suoi ef-fetti. L’esecuzione riguardava determinate sentenze. Le sentenze che annullavano un atto amministrativo si eseguivano da sé e non richiedevano nessuno strumento di esecuzione; quelle che respingevano l’impugnazione di un atto impositivo era-no, invece, sentenze dichiarative48. L’esecuzione riguardava le sentenze di con-danna49 dell’amministrazione finanziaria che, spedite in forma esecutiva a norma dell’art. 475 c.p.c., costituivano titolo per l’esecuzione forzata secondo il rito del processo civile.

È bene ricordare che da un punto di vista sistematico, in dottrina, si distingueva tra rimborso in senso stretto e rimborso da sgravio e tale distinzione proveniva dalla differenziazione delle azioni restitutorie del contribuente, tra azioni auto-nome e azioni dipendenti rispetto alle impugnazioni degli atti impositivi50. Il di-ritto al rimborso in senso stretto traeva origine da sentenza che accertava in modo autonomo l’assenza di diritto di attribuzioni effettuate mediante ritenute o versa-menti diretti51; per la seconda tipologia di azioni, invece, i diritti erano coinvolti nell’annullamento di un atto dell’Amministrazione finanziaria da cui ne

48 È la sentenza che dichiara la non fondatezza del ricorso e che, quindi, non modifica la situazione

so-stanziale, poiché l’atto impugnato rimane in vita. Se viene impugnato un avviso di accertamento ed il ri-corso viene respinto (in tutto o in parte), l’obbligo di pagamento non deriva dalla sentenza, ma dall’atto che era stato impugnato, in quanto rimane produttivo dei suoi effetti.

49

Possono essere considerate sentenze di condanna quelle che hanno per oggetto il pagamento di somme di denaro e quelle che dispongono l’eliminazione di un atto impositivo dell’Amministrazione finanziaria; per quest’ultime, l’esecuzione avviene attraverso il ricorso per ottemperanza ai sensi dell’art. 70 del d.lgs. 546/1992.

50 Si veda Tabet G., in La difficile strada della esecuzione delle sentenze tributarie favorevoli al contribu-ente,in GT n. 2, 2009.

51 Condicio indebiti o indebito oggettivo; contemplato all’art. 2033 c.c. che dispone: “chi ha eseguito un pagamento non dovuto ha diritto di ripetere ciò che ha pagato. Ha inoltre diritto ai frutti e agli interessi dal giorno del pagamento, se chi lo ha ricevuto era in mala fede, oppure, se questi era in buona fede, dal giorno della domanda”.

(24)

24

guiva la caducazione del titolo in base al quale era pretesa la riscossione provvi-soria. Il primo diritto era un effetto diretto della sentenza, il secondo un effetto indiretto. Per essere suscettibile di esecuzione forzata, la decisione doveva essere integrata da una statuizione di condanna52.

I titoli esecutivi indicati per categorie generali dall’art. 474 c.p.c. legittimavano l’esercizio dell’azione esecutiva in relazione ai diritti in essi contenuti che aves-sero i requisiti della certezza, liquidità ed esigibilità.

Le sentenze dovevano riguardare un diritto certo, liquido ed esigibile. Il diritto era, liquido nel momento in cui era determinato in modo esatto il suo ammontare. Ciò, non significava che la sentenza doveva individuare l’esatto contenuto dell’obbligazione da adempiere; il fattore indispensabile risiedeva nel fatto che la sentenza avesse un contenuto tale da poter determinare l’obbligazione53

. L’esigibilità richiedeva che l’eventuale condizione doveva essersi già realizzata e l’eventuale termine già scaduto e ciò doveva risultare già dal titolo; la certezza più che risultare dal titolo e dai suoi requisiti essenziali, era una conseguenza dell’esistenza del titolo stesso.

Come già affermato, l’art. 69 del d.lgs. 546/1992 disponeva la spedizione in for-ma esecutiva della sentenza, ai sensi del 475 c.p.c. , rifor-mandando in tal modo alla disciplina prevista dal rito civile ordinario.

L’art. 475 del codice di procedura civile dispone che: “ Le sentenze e gli altri provvedimenti dell’autorità giudiziaria e gli atti ricevuti da notaio o da altro pub-blico ufficiale, per valere come titolo per l’esecuzione forzata, debbono essere muniti della formula esecutiva, salvo che la legge disponga diversamente. La spedizione del titolo in forma esecutiva può farsi soltanto alla parte a favore della quale fu pronunciato il provvedimento o stipulata l’obbligazione, o ai suoi suc-cessori, con indicazione in calce della persona alla quale è spedita”54

. La copia della sentenza doveva contenere, oltre all’attestazione di conformità all’originale, la sottoscrizione del cancelliere e il sigillo della cancelleria. Qualora la copia del titolo in forma esecutiva, fosse stata rilasciata ad un soggetto diverso rispetto a

52 Come affermato da Tabet G., in GT n.2, 2009, cit.

53 Cfr. Consolo C., Glendi C., Commentario breve alle leggi del processo tributario, cit., pag. 795. 54

(25)

25

quanto stabilito dall’art. 475 c.p.c., non si aveva la nullità o l’inefficacia dell’atto, ma ne conseguiva una irregolarità che doveva essere fatta valere a norma dell’art. 617 c.p.c.55.

Prima dell’esecuzione forzata, dovevano essere fatti degli atti preparatori che a-vevano la funzione di preannunciare solennemente al debitore il proposito del creditore di procedere ad esecuzione forzata, in modo da offrire al debitore, l’ultima possibilità di eseguire spontaneamente l’obbligo. L’art. 479 del c.p.c. prevede che sia il titolo che la sua spedizione in forma esecutiva assolvano il ruo-lo di preparazione all’esecuzione forzata. La notificazione del titoruo-lo esecutivo consisteva nella consegna al debitore di una copia autentica del titolo esecutivo. La manifestazione del proposito di procedere ad esecuzione forzata veniva, poi, compiuta in modo esplicito con l’atto di precetto che consisteva nell’intimazione di adempiere l’obbligo risultante dal titolo esecutivo, entro un termine non mino-re di 10 giorni, con l’avvertimento che in mancanza, si samino-rebbe proceduto con l’esecuzione forzata. In tale specifico caso, c’era una particolarità per quanto ri-guardava il termine decorso il quale era possibile procedere ad esecuzione forza-ta, visto che, la stessa era attuata nei confronti delle pubbliche amministrazioni; era infatti previsto che, la pubblica amministrazione avesse possibilità di effettua-re i pagamenti dei titoli esecutivi in modo ritardato, impedendo l’azione esecuti-va per 120 giorni dalla notifica del titolo esecutivo. Il decorso di tale termine di-latorio costituiva, quindi, condizione di efficacia del titolo esecutivo e di proce-dibilità dell’esecuzione;il termine dei 120 giorni sommato ai 10 giorni previsti dall’art. 480 c.p.c., faceva sì che l’esecuzione non potesse iniziare prima di 130 giorni dalla notifica del titolo esecutivo (considerato , poi, il tempo necessario al-la notificazione del precetto).

Ai sensi dell’art. 491 del c.p.c. l’espropriazione forzata iniziava con il pignora-mento56.

55 Cfr. Giuliani F., in Codice del contenzioso tributario – annotato con la giurisprudenza, Giuffré, 2012,

pag. 552.

56 Il pignoramento ha la funzione di vincolare determinati beni del debitore alla soddisfazione del credito;

è un vincolo giuridico che non impedisce al debitore di disporre materialmente del bene e servirsene, esso ha l’effetto di rendere inefficaci nei confronti del creditore gli atti con i quali il debitore intende alienare le cose pignorate o comunque disporne giuridicamente.

(26)

26

L’aspetto che maggiormente rilevava era la difficoltà di procedere con il pigno-ramento e quindi con l’esecuzione forzata viste le limitazioni che conseguivano dalle leggi di impignorabilità dei beni dello stato o degli enti locali.

2.1.3. L’impignorabilità dei beni dello Stato e degli enti locali

In particolare, non potevano essere pignorati i beni demaniali57 e quelli costituen-ti patrimonio indisponibile58; erano, inoltre, impignorabili le somme di denaro destinate al finanziamento di un pubblico servizio o vincolate ad uno scopo pub-blico, nonché i crediti59 derivanti da rapporti di diritto pubblico e i crediti d’imposta60

.

L’esecuzione per espropriazione era dunque limitata ai crediti ed alle somme di denaro non destinate a pubblici servizi, poiché l’effetto principale del pignora-mento era la sottrazione della disponibilità del bene al debitore e l’art. 514 del codice civile individuava come impignorabili quelli che erano tali per disposizio-ne di legge, e in questa categoria, vi rientravano i beni demaniali e quelli del pa-trimonio indisponibile.

Tale tipo di esecuzione era un’arma spuntata a favore del contribuente perché per quanto poteva essere utilizzata, aveva un’ampia limitazione circa i beni aggredi-bili e nella realtà dei fatti era molto difficile riuscire ad espropriare un bene per rivalersi delle somme a cui l’amministrazione finanziaria era condannata.

A fronte di tali difficoltà, soccorreva il giudizio di ottemperanza, un rimedio al-ternativo offerto al contribuente al fine di garantire l’esecuzione di quanto

57

Sono quelli di cui all’art. 822 e 824 del codice civile. Per questa categoria di beni, l’art. 823 c.c. preve-de il loro assoggettamento ad un particolare regime: sono inalienabili e non possono formare oggetto di possesso e di conseguenza non sono usucapibili, non sono pignorabili e non possono formare oggetto di diritti a favore di terzi.

58 I beni non demaniali, si distinguono a loro volta in beni del patrimonio disponibile e beni del

patrimo-nio indisponibile; quest’ultimi (art. 826 c.c.) sono alienabili, purché l’alienazione non li sottragga alla de-stinazione pubblica, ma non sono usucapibili. Possono altresì formare oggetto di diritto a favore di terzi, rispettando però il limite anzidetto.

59

Le sezioni Unite della Cassazione hanno distinto i crediti tra quelli derivanti da rapporti di diritto priva-to , per i quali l’azione esecutiva è ammissibile e i crediti pubblicistici, sottratti, viceversa, dall’esecuzione coattiva dei creditori. I crediti di carattere privatistico della pubblica amministrazione esi-ste, quindi, un’impignorabilità relativa se sono destinati al soddisfacimento di una finalità pubblica.

60

(27)

27

tivamente deciso. Il giudizio di ottemperanza permetteva e permette61 di superare quei limiti riconosciuti al procedimento esecutivo e alla difficoltà di reperire beni del patrimonio disponibile della pubblica amministrazione e nella frequente pro-posizione di opposizioni all’esecuzione da parte degli organi di difesa della pub-blica amministrazione basate sull’impignorabilità dei beni e dei tributi.

2.1.4. Il precedente dibattito dottrinale sulla concorrenzialità e/o esclusività tra giudizio di ottemperanza ed esecuzione forzata

Prima della riforma introdotta dal d.lgs. 156/2015, in dottrina si discuteva sul rapporto esistente tra giudizio di ottemperanza ed esecuzione forzata. Ci si chie-deva, infatti, se i due istituti, anche se diversi per i loro presupposti, fossero cu-mulabili e, quindi, potevano coesistere, oppure dovevano essere esperiti l’uno dopo l’altro, o ancora se tra essi vi era una alternatività ed esclusione reciproca. Si è sempre cercato un coordinamento tra giudizio di ottemperanza ed esecuzione forzata processual-civilistica; le indicazioni normative erano abbastanza vaghe dal momento che nello stesso art. 70 del d.lgs. n. 546/1992 si disponeva:”fatto salvo quanto previsto dalle norme del codice di procedura civile per l’esecuzione forzata della sentenza di condanna costituente titolo esecutivo”, lasciando aperte le problematiche inerenti la concorrenzialità ed alternatività tra i due giudizi. Secondo l’orientamento prevalente, i due istituti erano in un rapporto di concor-renza e alternatività62. Si riteneva che i due rimedi esperibili dal contribuente fos-sero tra loro alternativi; il contribuente che aveva ottenuto una sentenza di con-danna poteva ricorrere quindi alla procedura esecutiva prevista dal codice di pro-cedura civile, quanto al giudizio di ottemperanza davanti al giudice tributario. Il contribuente doveva, però, considerare alcuni fattori: il giudizio di ottemperan-za poteva essere più agevole e facilmente praticabile nei casi in cui non era pos-sibile individuare beni con valore sufficiente per effettuare l’esecuzione forzata,

61 ad oggi,il giudizio di ottemperanza è rimasto l’unico procedimento per ottenere l’esecuzione di una

sentenza di condanna dell’amministrazione finanziaria, vista la cancellazione della previsione contenuta nell’art. 70, primo comma, che ante riforma prevedeva: “Salvo quanto previsto dalle norme del c.p.c. per

l’esecuzione forzata della sentenza di condanna costituente titolo esecutivo”.

62 Si veda Basilavecchia M., in Il giudizio di ottemperanza, in Il processo tributario, Giurisprudenza si-stematica di diritto tributario,UTET, Torino, 1998, pag. 945; Azzoni V. L’efficacia della sentenza tribu-taria, in Il fisco n. 48, 2001; Russo P., op. ult. cit. pag. 315,316.

(28)

28

considerando i suddetti vincoli di pignorabilità nei confronti dei beni dello stato e degli enti locali; in alcuni casi, inoltre, era possibile esperire solo il giudizio di ottemperanza, in particolare per quanto riguardava le sentenze di classamenti di beni immobili o quelle che imponevano all’amministrazione finanziaria l’obbligo di procedere con la liquidazione del tributo e delle sanzioni63.Tale pensiero dot-trinale era quello più corretto visto che era, altresì, sostenuto dalla giurispruden-za; la quasi totalità delle sentenze di condanna emesse dalle Commissioni tributa-rie avevano per oggetto le liti di rimborso e quindi il pagamento di una somma di denaro e se si fosse esclusa l’esecuzione di queste sentenze dall’applicazione del ricorso per ottemperanza, si sarebbe sottovalutato l’istituto. L’inciso contenuto nella prima parte dell’art. 70, significava solo che il legislatore, nell’accordare la possibilità di fare ricorso al giudizio di ottemperanza con riferimento a qualsiasi obbligo che derivasse da sentenza definitiva, aveva voluto preservare la scelta del contribuente a favore delle procedure esecutive civilistiche. Questa interpretazio-ne veninterpretazio-ne infatti data anche dalla stessa Amministraziointerpretazio-ne finanziaria che con cir-colare n. 98/E del 1996 affermò che: “ con il passaggio in giudicato della senten-za all’interessato, oltre all’esecuzione forsenten-zata, è offerto anche il rimedio del giu-dizio di ottemperanza e cioè la presentazione di un ricorso diretto alla Commis-sione tributaria che ha pronunciato la sentenza passata in giudicato tendente ad ottenere il coatto adempimento degli obblighi sanciti dalla sentenza stessa”. Se-condo tale impostazione, l’unica difformità riscontrabile tra i due rimedi previsti a favore del contribuente risiedeva nel fatto che qualora la sentenza non avesse condannato l’amministrazione al pagamento di una somma di denaro, non sareb-be stato esperibile procedere con l’esecuzione forzata prevista dal c.p.c. ma solo con il giudizio di ottemperanza64.

L’orientamento della cumulabilità dei due rimedi si era già consolidato nella giu-risprudenza con riferimento al giudizio di ottemperanza nel processo amministra-tivo, dove era stato affermato che l’ottemperanza e l’esecuzione forzata erano

63 Cfr. Vignoli A. , in Quale coordinamento tra giudizio di ottemperanza ed esecuzione ordinaria a favo-re del contribuente?,in Dialoghi tributari, n. 5, 2014, pag. 515-516.

64 Cfr. Santi di Paola Nunzio, in Contenzioso tributario, commento sistematico, Maggioli Editore, 2011,

(29)

29

strumenti tra loro concorrenti, ovverosia che entrambi potevano essere utilizzati anche contestualmente, in modo da soddisfare la pretesa creditoria.

Secondo altra dottrina, invece, i due strumenti non erano tra loro cumulabili nel senso che l’esecuzione forzata sarebbe stata riservata alle condanne al pagamento di somme di denaro e l’ottemperanza all’adempimento degli obblighi di fare65.

Secondo tale orientamento, il legislatore tributario aveva individuato due rimedi da utilizzare in due diverse situazioni, il tutto sostenuto dall’espressione “salvo” utilizzata nell’inciso di cui all’art. 70 del d.lgs. 546/92; l’espressione usata assu-merebbe valore di riserva e, in quanto tale, avrebbe comportato la possibilità di ricorrere all’esecuzione forzata per il pagamento di somme determinate da sen-tenze di condanna, e di ricorrere al giudizio di ottemperanza per l’adempimento di tutti gli altri obblighi che scaturivano dalle sentenze passate in giudicato.

Secondo un ultimo orientamento, infine, i due rimedi erano tra loro complemen-tari nel senso che, il giudizio di ottemperanza era esperibile solo successivamente all’esito negativo del rimedio processual-civilistica. Tale orientamento fu forte-mente criticato da parte della dottrina in quanto quest’ultima evidenziava come l’interesse ad agire con il giudizio di ottemperanza doveva essere valutato in fun-zione di quello sostanziale, rappresentato dal conseguimento della prestafun-zione cui era tenuta l’amministrazione finanziaria nei confronti del contribuente e non in funzione di uno o l’altro dei mezzi di tutela messi a disposizione dello stesso.

2.1.5. Le sentenze dichiarative in materia catastale

L’art. 69-bis del d.lgs. 31 dicembre 1992, n.546 rubricato “Aggiornamento degli atti catastali” disponeva che: “se la commissione tributaria accoglie totalmente o parzialmente il ricorso proposto avverso gli atti relativi alle operazioni catastali indicate nell’articolo 2, comma 2, e la relativa sentenza è passata in giudicato, la segreteria ne rilascia copia munita dell’attestazione di passaggio in giudicato, sulla base della quale l’ufficio dell’Agenzia del territorio provvede all’aggiornamento degli atti catastali”. La norma fu introdotta dall’art. 12 del

65

(30)

30

d.l. n.16 del 2012, convertito con legge n. 44/2012 e al comma 4 del suddetto de-creto legge era previsto che: “Fermo restando quanto previsto dall’art. 69-bis del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n.546, le sentenze, emanate nei giudizi ivi indicati, non costituenti titolo esecutivo, sono comunque annotate negli atti cata-stali, con le modalità stabilite con provvedimento del Direttore dell’Agenzia del territorio, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto”.

L’articolo in commento fu introdotto per colmare la lacuna dell’assenza di una disposizione che si occupava di disciplinare le controversie relative alle opera-zioni catastali individuali, delle quali era competente il giudice tributario.

L’obiettivo della disposizione era la “messa in atti” in Catasto della nuova de-terminazione accertata dalla sentenza della commissione tributaria, passata in giudicato. La messa in atti della sentenza rilevava per tutti quei prelievi d’imposta dove, ai fini della determinazione della base imponibile, le norme fa-cevano riferimento alle rendite risultanti dal catasto. Come previsto dall’art. 69-bis, l’esecuzione di queste sentenze avveniva nel momento in cui le stesse passa-vano in giudicato66 e ciò era in linea con l’opinione per la quale le sentenze in materia catastale erano sentenze di mero accertamento67, e in quanto tali, era pos-sibile riconoscere la loro efficacia esecutiva solo dal loro passaggio in giudicato. L’ufficio doveva in seguito procedere con la trascrizione di quanto accertato dal giudice negli atti catastali; in caso contrario, il contribuente aveva la possibilità di ricorrere al giudizio di ottemperanza ai sensi dell’art. 7068.

66 Come osservato in Consolo C., Glendi C., Commentario breve alle leggi del processo tributario, pag.

796 la previsione, contenuta nell’art. 69-bis, che disponeva il passato in giudicato della sentenza ai fini dell’aggiornamento degli atti catastali, era in sintonia con quanto disposto dagli artt. 69 e 70 del d.lgs. 546/1992.

67 Come osservato da La Rosa S., in Principi di diritto tributario, G. Giappichelli Editore- Torino, 2012,

nelle controversie sulle operazioni catastali, l’oggetto della domanda non poteva che essere costituito da una pronuncia dichiarativa, che incontestabilmente e positivamente accertasse il diritto del contribuente ad un certo classamento catastale; il mero annullamento dell’atto non poteva costituire soddisfacente ri-sposta alle esigenze di giustizia dedotte in giudizio, posto che esse postulavano il positivo accertamento di una situazione giuridica diversa da quella affermata dall’Amministrazione.

68 In dottrina era stata ammessa la possibilità di ricorrere al giudizio di ottemperanza dal momento che

Riferimenti

Documenti correlati

[r]

- che, a cura del professionista delegato, venga data pubblicità della presente ordinanza, dell’avviso di vendita sincrona mista o asincrona e della relazione di

Accertamento liquidazione controlli – IVA – IRES – IRAP – Transazioni con Paesi comunitari – Richiesta all’ufficio competente della validità del numero

comma 1, primo periodo ("Il ricorso per cassazione non sospende l'esecuzione della sentenza"), non comporta necessariamente l'inapplicabilità al processo tributario

L’atto di recupero del 2015 risulta pertanto notifi cato in un periodo in cui la dichiarazione Iva poteva essere oggetto di rettifi ca, con ciò venendo a rendere infondate

11) provvedere a formare un progetto di distribuzione contenente la graduazione dei creditori che vi partecipano, e le spese in prededuzione, avendo cura di

11) provvedere a formare un progetto di distribuzione contenente la graduazione dei creditori che vi partecipano, e le spese in prededuzione, avendo cura di

3, 10, 24, 25 e 104 della Costituzione, sotto il profilo della mancata previsione di una incompatibilità del giudice che ha pronunciato la sentenza divenuta esecutiva a