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L'Operazione Barbarossa storia e storiografia

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Academic year: 2021

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Indice

Introduzione………..pag. 3 1. L'inizio dell'Operazione Barbarossa………..pag. 14 1.1 I primi mesi di guerra………...pag. 14 1.2 L'attacco a Mosca………..pag. 15 1.3 Il 1942: l'attacco al Caucaso………..pag. 17 1.4 La battaglia di Stalingrado……….…..pag. 18 1.5 La battaglia di Kursk………..pag. 20 1.6 Inizia l'offensiva sovietica………..pag. 22 1.7 Il 1944: l'anno della travolgente avanzata sovietica………..pag. 24 1.8 L'attacco a Berlino………...pag. 29 2. Il Corpo Italiano di Spedizione in Russia………..pag. 31 2.1 Operazioni di guerra del CSIR, agosto 1941: primi scontri della divisione Pasubio presso il fiume Bug………...pag. 32 2.2 Settembre 1941: traversata del Dniepr e battaglia di

Petrikowka………pag. 34 2.3 Inverno 1941-42: battaglie difensive………..pag. 37 3. L'Armata Italiana in Russia………..pag. 39 4. L'occupazione nazista nei territori orientali………pag. 46 4.1 Il nuovo ordine nazista………...pag. 46 4.2 L'occupazione della Polonia………..pag. 47 4.3 L'occupazione dell'Ucraina………...pag. 48 4.4 Il collaborazionismo………...pag. 51 4.5 La Resistenza nell'Europa occupata………..pag. 54 4.6 La Resistenza nell'Europa occidentale………...pag. 55 4.7 La Resistenza nell'Europa orientale………..pag. 58

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5. Parte diplomatica………...pag. 61 5.1 I rapporti fra Stati Uniti, Inghilterra e Unione Sovietica…….….pag. 61 5.2 La Conferenza di Teheran………..pag. 64 5.3 La Conferenza di Yalta………..pag. 70 5.4 La Conferenza di Potsdam……….pag. 77 5.4.1 Iniziano gli incontri tra i leader………...pag. 79 5.4.2 L'atomica americana come arma strategica………..pag. 82 5.4.3 L'amministrazione della Germania e i problemi europei….….pag. 83 5.4.4 La resa del Giappone………...pag. 90 5.4.5 Le premesse per la “Guerra fredda”…….………..pag. 92 Bibliografia………..…...pag. 96

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Introduzione

L'Operazione Barbarossa è stata la più grande campagna militare della storia, ed ha deciso le sorti della Seconda Guerra Mondiale. Dal punto di vista storiografico possiamo individuare vari aspetti delle cause dello scatenarsi del conflitto.1

Innanzitutto vi era un'ostilità ideologica fra i due regimi nazionalsocialista e comunista; il regime tedesco si era prefissato come obiettivo la distruzione del bolscevismo, e si considerava il baluardo europeo contro la Russia sovietica. D'altro canto l'Unione Sovietica si considerava come baluardo antifascista, di cui la Germania hitleriana era la massima espressione.

Difatti entrambi questi due paesi avevano ammiratori in Europa e nel mondo; gli Stati fascisti per quel che riguardava la Germania, il movimento comunista internazionale per quel che riguardava l'Unione Sovietica.

Un'altra ragione dello scoppio delle ostilità fu quella geopolitica, soprattutto per quel che riguarda il punto di vista tedesco. Fondamentale è il concetto hitleriano del Lebensraum, lo spazio vitale destinato al popolo tedesco. Esso doveva essere conquistato nell'Europa orientale, a danno dei popoli definiti Untermenschen (sub-umani), dall'ideologia nazista: gli slavi, gli ebrei e i rom. La loro sorte sarebbe stata il genocidio o la riduzione in schiavitù.2

Tale attitudine fu esplicitata dallo stesso Hitler nel suo messaggio alle forze armate tedesche prima dell'inizio delle operazioni, nel quale dichiarò che la campagna di Russia sarebbe stata una "lotta" diversa da quelle affrontate fino ad allora in Europa ("i bolscevichi sono 1 Ronald Seth, Operazione Barbarossa, Urania, Milano, 2009, pagg.20-21

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dei criminali e come tali devono essere trattati. Sono i creatori di metodi di lotta asiatici e barbarici").

È da ricordare che l'Unione Sovietica non aderiva alla Convenzione di Ginevra: ciò consentiva anche formalmente l'utilizzo di una brutalità senza precedenti da parte dei due eserciti. Ma il motivo determinante più probabile è un altro: fin dall'invasione della Polonia e la dichiarazione di guerra anglo-francese, i tedeschi avevano cercato la pace con gli inglesi, da questi sempre rifiutata.

Vista questa determinazione britannica pensarono che davanti ad una "crociata anticomunista" la capitalista Gran Bretagna avrebbe acconsentito alla pace per permettere ai tedeschi di concentrare tutte le forze contro il comunismo. Invece, con grande stupore tedesco, la Gran Bretagna si alleò con l'Urss, in uno schieramento atipico.3

Hitler allora si decise ad attaccare l'Unione Sovietica, anche per costringere l'Inghilterra alla pace. Dal punto di vista strategico era importante per la Germania assicurarsi il Lebensraum ricco di risorse agricole (Ucraina), industriali (città come Stalingrado, Leningrado e Mosca) e petrolifere (Caucaso) prima che gli Stati Uniti d'America entrassero in guerra con il loro enorme potenziale bellico e industriale.

Stalin sapeva che prima o poi Hitler avrebbe attaccato l'URSS, ma non si aspettava che l'aggressione sarebbe avvenuta così presto. Lo stato maggiore tedesco avvertì, invano, Hitler del grosso rischio di una guerra su due fronti. Il dittatore, però, come al solito sovrastimò se stesso, il suo popolo ed il suo esercito e si lanciò nell'ennesima puntata d'azzardo della sua carriera politica.

Fino ad ora gli erano andate tutte bene; la condotta aggressiva tenuta dalla Germania fino a quel momento aveva consentito l'annessione della Saar e la smilitarizzazione della Renania, l'Anschluss 3 Richard Overy, La strada della vittoria, il Mulino, Bologna, 2011, pagg.78-79

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con l'Austria, l'incorporamento dei Sudeti cecoslovacchi seguita poi dall'inglobamento della Cecoslovacchia stessa in un protettorato tedesco. Tutto questo senza sparare un colpo. Inoltre, nell'estate del 1939, Germania e Unione Sovietica erano diventate addirittura alleate; stipulando un patto di non aggressione con una clausola segreta che prevedeva la spartizione della Polonia.4

La guerre contro Polonia, Norvegia, Francia e nei Balcani erano state vinte con una rapidità straordinaria, usando la tattica della guerra-lampo. Aspettandosi una vittoria-lampo come in Francia, Hitler non preparò le truppe per una guerra destinata a protrarsi nei mesi invernali, che del resto sarebbe stata impossibile. Ad esempio, i soldati tedeschi non vennero dotati di un abbigliamento adatto ai rigori dell'inverno russo.

In preparazione all'attacco, la Germania spostò 2,5 milioni di uomini a ridosso dei confini orientali, lanciò numerose missioni di ricognizione aerea sul territorio sovietico e accumulò enormi quantitativi di materiale logistico nelle zone di frontiera. Nonostante questi indizi evidenti, i sovietici furono colti letteralmente di sorpresa. Questo anche perché Stalin riteneva che la Germania avrebbe aperto il fronte orientale non prima di aver portato a termine le operazioni militari contro la Gran Bretagna.

Nonostante le ripetute segnalazioni dei servizi segreti, Stalin si rifiutò di modificare la sua linea di condotta. Il dittatore riteneva che le informazioni ricevute fossero frutto della disinformazione britannica, volta a fomentare uno scontro diretto tra Germania e URSS. 5

La Germania contribuì a questo inganno, fornendo ai sovietici una versione dei fatti secondo la quale lo Stato Maggiore tedesco stava 4 Stefano Fabei, Operazione Barbarossa 22 giugno 1941, Ugo Mursia Editore, Milano, 2010, pagg.100-101

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cercando di ingannare i britannici simulando un imminente attacco all'Unione Sovietica, mentre in realtà (la realtà che si voleva i sovietici fossero indotti a ritenere vera) le truppe e i rifornimenti sarebbero stati ammassati fuori dal raggio d'azione dei bombardieri britannici in preparazione di un'invasione della Gran Bretagna. È stato stabilito che una spia comunista, il dottor Richard Sorge, diede a Stalin la data esatta dell'inizio dell'Operazione.

La strategia definitiva, concordata da Hitler e dai suoi assistenti nell'Alto Comando tedesco (OKW, Oberkommando der Wehrmacht), prevedeva l'impiego di tre gruppi d'armata incaricati di conquistare regioni ben definite e grosse città dell'Unione Sovietica.

Il Gruppo d'armate Nord aveva il compito di marciare attraverso i paesi baltici e nella Russia settentrionale, al fine di impadronirsi della città di Leningrado (oggi San Pietroburgo). Il Gruppo d'armate Centro avrebbe puntato direttamente su Mosca, marciando attraverso l'odierna Bielorussia e le regioni centro-occidentali della Russia. Il Gruppo d'armate Sud avrebbe colpito la densamente popolata Ucraina, prendendo Kiev e continuando in direzione est verso le steppe della Russia Meridionale e i lontani campi di petrolio, fino ad arrivare al fiume Volga. Questa strategia conteneva già una debolezza intrinseca in quanto le tre direttrici avrebbero sparpagliato le forze sull'immenso territorio russo, evitando di concentrarsi su un unico settore.

I generali, poi (specie Guderian) avrebbero voluto una penetrazione a freccia, direttamente verso gli obiettivi principali, mentre Hitler, più cauto, decise di tornare indietro a eliminare le sacche sovietiche rimaste pericolosamente nelle retrovie, perdendo tempo prezioso.

Difficile stabilire quale di queste strategie avrebbe avuto migliori possibilità di successo; sta di fatto che si andava incontro a un territorio sterminato, povero di strade e con ferrovie di diverso

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scartamento, e i tedeschi combattevano in campo nemico a parecchie centinaia di km di distanza dai punti base.

La situazione sovietica prima della guerra

L'esercito sovietico che nel 1941 affrontò la Wermacht aveva subito, dal 1918, notevoli esperienze. L'Armata Rossa degli operai e dei contadini fu formata nel 1918 da Lenin per combattere nella guerra civile russa.

Questo esercito era perlopiù comandato da ex ufficiali zaristi, che agivano del tutto indipendentemente dall'ideologia politica e avevano come unico obiettivo il successo militare.6

La guerra civile combattuta in quei primi anni dall'Armata rossa e da quella bianca era una guerra di movimento, nella quale la cavalleria dell'una quanto dell'altra parte partiva in rapide e profonde puntate nel territorio che si trovava in mano nemica, mentre la fanteria, armata in modo inadeguato, era impegnata in brevi ma sanguinosi scontri che si protraevano fino a quando una delle due parti crollava.

La fanteria avanzava poi rastrellando nella scia della sua cavalleria fino a che il nemico in ritirata si fermava per riprendere a combattere. In questo modo nel 1919 l'Armata bianca marciò dal Caucaso fino a meno di 250 km da Mosca; nel periodo 1919/21 l'Armata rossa incalzò i bianchi attraverso la Siberia e nel 1920, infine, avanzò su Varsavia.

Negli anni Trenta l'avvento dell'industrializzazione sovietica portò idee nuove nell'esercito sovietico. Soprattutto il maresciallo Tukacevsky si fece portavoce dell'idea di abbandonare il vecchio 6 Richard Overy, Russia in guerra, Il Saggiatore, Milano, 2011, pagg. 53-54

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concetto di guerra (di cui la guerra civile costituiva il modello) che faceva prevalere la cavalleria, adottando il nuovo concetto di guerra, fondato sull'esercito motorizzato e sui carri armati.

Nel 1937 gli effettivi dell'Armata Rossa si calcolavano su 1.750.000 uomini, un esercito efficiente e moderno che poteva contare sulle enormi riserve di uomini di cui l'Unione Sovietica disponeva. Fu in questo punto che le "purghe di Stalin" colpirono le forze armate. Pochi avvenimenti contribuirono a determinare la situazione dell'Armata rossa nel 1941 in misura maggiore della distruzione sistematica dell'alto comando sovietico condotta a termine da Stalin nel periodo 1937/39.7

Tre dei cinque marescialli dell'Unione Sovietica, 11 vicecommissari della difesa, 13 dei 15 comandanti d'armata e tutti i comandanti militari di distretto in carica nel maggio 1937, come pure i principali esponenti dei comandi della marina e dell'aviazione, furono fucilati o scomparvero senza lasciare traccia. La stessa sorte toccò all'apparato politico che in teoria avrebbe dovuto svolgere un'attività consultiva nei confronti dei militari di carriera.

In complesso, in quei due anni circa 35.000 ufficiali furono destituiti, imprigionati o giustiziati, una purga destinata ad avere incalcolabili ripercussioni negative sulla capacità dell'Armata rossa di resistere all'invasione tedesca.

Un altro importantissimo effetto della purga che colpì l'esercito fu che essa portò ai gradi più elevati delle forze armate alcuni esponenti della cosiddetta " cricca della cavalleria ", che durante la guerra civile avevano operato in stretto contatto con Stalin.

Quando, nel 1919, l'Armata rossa aveva scoperto quanto fosse necessario costituire una propria forza di cavalleria per combattere i 7 Basil Liddel Hart, Storia militare della seconda guerra mondiale, Mondadori, Milano, 1996, pagg.178-179

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cosacchi delle armate bianche, la formazione che aveva riportato i maggiori successi era stata la prima armata di cavalleria comandata da un ex sergente maggiore dei dragoni, S.M. Budénnij, affiancato dal commissario politico K.E. Voroscilov, e che aveva come ufficiali di stato maggiore e comandanti di divisione uomini come Timoscenko, G.I. Kulik, E.A. Sciadenko, 0.I. Gorodovikov, I.R. Apanasenko e G.K. Zukov.8

Stalin era dunque molto legato a questi militari, che sopravvissero alle purghe, a differenza del maresciallo Tukacevsky, che fu eliminato. Zukov comunque era un militare della stessa tempra di Tukacevsky, e adattò l'Armata Rossa alla guerra moderna.

Nel giugno 1941 i russi ponevano in campo un grande esercito ben addestrato, appoggiato da parecchie migliaia di aerei; e sebbene non fosse stata proclamata la mobilitazione generale, di mese in mese gli effettivi dell'esercito erano andati aumentando, tanto che verso la metà del 1941 ammontassero a 230/240 divisioni, anche se non tutte a organici completi. Circa 170 di esse potevano essere impiegate in operazioni belliche nella Russia occidentale.

Il maggior punto di forza dei russi risiedeva nel numero, nel coraggio e nella resistenza fisica dei soldati, nonché negli ampi spazi di cui potevano disporre a scopo di manovra; non meno importante era poi il fatto che la maggior parte del territorio sovietico dove erano dislocate alcune delle loro industrie belliche non poteva essere raggiunta dai bombardieri del nemico d'occidente.

Per concludere, i fattori che causarono l'iniziale inadeguatezza dell'Armata Rossa dinanzi all'invasione tedesca furono due: innanzitutto Stalin credeva che Hitler avrebbe rispettato il trattato russo-tedesco dell'agosto del 1939, e che una politica conciliante dei russi verso la Germania avrebbe tenuto fuori l'Unione Sovietica dal conflitto.

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In secondo luogo le purghe degli anni trenta avevano privato l'esercito di migliaia di capi capaci, provocando una grave interruzione nella continuità dei programmi di addestramento ed un allontanamento dai realistici concetti propri della dottrina militare prevalente nel periodo di Tuchacevskij.9 Un ritorno al realismo ebbe inizio dopo che i capi

sovietici ebbero pienamente assimilato gli insegnamenti della guerra con la Finlandia.

La situazione tedesca prima della guerra

Hitler non aveva mai nascosto di ritenere il patto russo tedesco un accordo temporaneo: nel novembre 1939, parlando di questa "amicizia", egli fece osservare ai suoi comandanti: "Potremo affrontare la Russia solo quando non avremo più impegni in Occidente".

Nell'estate del 1940 Hitler riuscì a " disimpegnarsi " ad occidente, ma poiché la Gran Bretagna rifiutava di arrendersi, la sua libertà d'azione appariva in un certo qual modo limitata. 10

Quella di attaccare la Russia fu una decisione la cui enormità fu eguagliata soltanto dalla rapidità. La tentazione, la forza, l'occasione e la frustrazione, per non essere riuscito a mettere fuori combattimento la Gran Bretagna, furono tutti elementi che contribuirono a dare a questa decisione una forma e una consistenza sue proprie. Riferimenti alla Russia erano apparsi nei discorsi di Hitler già nella primavera del 1940, prima ancora che i suoi eserciti si dirigessero verso ovest. Quando, in giugno, Stalin inviò le sue truppe negli stati baltici e in Bessarabia il problema russo si fece più pressante.

Il discorso pronunciato da Hitler il 19 luglio nel Reichstag fece capire però che le sue speranze per una " sistemazione pacifica " con la 9 Richard Overy, Russia in guerra, Il Saggiatore, Milano, 2011, pagg.56-57

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Gran Bretagna stavano svanendo. Ritenendo che l'ostinazione dimostrata dagli inglesi fosse dovuta ad una loro speranza in un intervento russo, egli cominciò a cercare prove del tradimento sovietico.

Verso la metà di luglio Hitler aveva ormai preso la decisione di muovere guerra alla Russia, secondo un ordine cronologico che fa pensare che l'umiliazione subita ad opera della Gran Bretagna fu uno degli elementi che contribuirono a fargli prendere la decisione di marciare verso est.

Il 21 luglio 1940, in un incontro con gli ufficiali dell'alto comando dell'esercito, Hitler svelò i suoi piani: "Dobbiamo occuparci della Russia".11

Le parole erano state pronunciate: l'accenno che Hitler aveva fatto il 13 luglio nel corso di un colloquio con il feldmaresciallo Brauchitsch e il colonnello generale Halder in una settimana si era trasformato in un secco ordine.

A suo avviso la campagna di Russia sarebbe dovuta durare dalle quattro alle sei settimane; lo scontro con il bolscevismo era inevitabile, prima avveniva e meglio era per la Germania, poiché i tedeschi erano al massimo della loro potenza e la Russia non era ancora nel pieno del suo riarmo. Ma proprio mentre stava rimuginando sul più formidabile di tutti i colpi diretti, quello contro l'Unione Sovietica, i suoi piani per l'est furono sconvolti, alla fine dell'ottobre 1940, dall'improvvisa invasione della Grecia da parte di Mussolini.

Anche in questa occasione Hitler e Stalin si erano accordati sull'opportunità di uno scambio di opinioni; proprio a tale scopo, Molotov, ministro degli esteri sovietico, sarebbe dovuto arrivare a Berlino il 12 novembre; i rapporti russo tedeschi stavano infatti diventando tesi.

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La direttiva "Barbarossa" era lunga e complessa.12 Le forze

tedesche dovevano sconfiggere la Russia con una rapida campagna i cui preparativi sarebbero stati ultimati entro il 15 maggio 1941. Il grosso dell'esercito sovietico doveva essere distrutto nella Russia occidentale impedendogli di ritirarsi. Obiettivo finale dell'operazione era quello di stabilire una linea di difesa contro la Russia asiatica che corresse dal Volga ad Arcangelo, mentre l'area industriale lasciata ai russi negli Urali andava eliminata dalla Luftwaffe.

Nella prima settimana dell'aprile 1941 Halder aveva rilevato che "lo schieramento russo era preoccupante" e che, sulla base di questo elemento, non si poteva scartare la possibilità per i sovietici del rapido ricorso a una offensiva strategica. Poco più di un mese dopo, però, questi timori furono completamente accantonati in una valutazione in cui si sottolineava che: la strategia russa era difensiva: l'Armata rossa era impegnata a mantenere il possesso delle basi aeree e navali del Baltico nonché la sponda meridionale del Mar Nero; essa doveva inoltre proteggere l'Ucraina e le regioni industriali di Leningrado e Mosca; a causa della precarietà del sistema delle trasmissioni e delle vie di comunicazione, era improbabile che i sovietici potessero mutare radicalmente lo schieramento delle loro forze in breve tempo: non era stato rilevato alcun segno che facesse pensare a una manovra di questo genere, e una " offensiva preventiva " era pertanto improbabile; i mutamenti apportati ai sistemi di addestramento sovietici non avevano ancora dato risultati tali da poter consigliare ai medesimi una strategia offensiva: il comando sovietico non aveva sfruttato, per sferrare un attacco preventivo, occasioni più favorevoli presentatesi in passato, e ciò rendeva improbabile che esso decidesse di farlo in quel momento.13

In sostanza, la posizione sovietica era puramente difensiva, anche se per giustificare l'operazione "Barbarossa" la propaganda 12 Shirer, Storia del Terzo Reich, Einaudi, Torino, 1962, pagg.234-235

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politica tedesca doveva parlare di un'Armata rossa schierata in forze e minacciosa che aspettava soltanto il momento opportuno per abbattersi dall'est sulla Germania.

Per quanto riguardava l'effettivo schieramento avanzato delle forze sovietiche, che indicava la loro intenzione di combattere lungo le frontiere o vicino a esse, esso non avrebbe potuto adattarsi meglio ai piani tedeschi, basati come erano sul concetto di impegnare l'Armata rossa a ovest della linea Dvina Dnepr.

Il 21 giugno 1941 i comandi della Werrmacht furono informati che alle ore 3 del 22 giugno sarebbe scattata l'Operazione Barbarossa. L'esercito osservò il più completo silenzio radio, ma poco dopo la mezzanotte del 22 giugno i comandi delle grandi unità trasmisero i segnali di chiamata chiedendo che le unità dipendenti confermassero di essere pronte.

La breve notte estiva volgeva al termine: i pezzi di artiglieria delle divisioni di assalto e delle unità di appoggio erano pronti a far fuoco su tutti gli obiettivi, i carri armati che guidavano le formazioni corazzate erano pronti a muovere, gli uomini della fanteria osservavano le luci di coda degli aerei da caccia tedeschi e degli Stuka affievolirsi verso oriente, mentre si dirigevano verso gli obiettivi loro assegnati.

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1. L'inizio dell'Operazione Barbarossa

L'attacco tedesco cominciò dunque alle quattro del mattino del 22 Giugno 1941:le forze tedesche incontrarono ben poca resistenza e travolsero i primi giorni le forze sovietiche. L'attacco tedesco colse Stalin impreparato e sorpreso; sebbene avesse, nei giorni precedenti, ricevuti molte informazione dai servizi segreti che sostenevano l'incombenza di una attacco nazista, non considerò veritieri questi avvisi e continuò nella politica di collaborazione con il Terzo Reich.

Il fronte era ampio: comprendeva da nord la direttiva verso Leningrado, al centro la direttiva verso Mosca, a sud la direttiva verso l'Ucraina e il Caucaso. E' vero dunque che i tedeschi incontrarono nei primi tempi una relativa facilità di avanzata, ma incontrarono anche una resistenza disperata da parte dei soldati sovietici, resistenza che non avevano finora mai incontrato nelle guerre precedenti e capirono subito di essere in una situazione ben diversa da quella francese14, Anche

perché i russi erano perfettamente in grado di sostituire le numerose truppe fatte prigioniere dai tedeschi con altre truppe, avendo una notevole riserva di uomini.

Si è discusso: Stalin ebbe un crollo nervoso in quei primi mesi del 1941? Tutto fa pensare ad una risposta affermativa, poiché non si aspettava l'attacco tedesco. Si rifugiò inizialmente nella sua dacia fuori Mosca affermando che tutto era perduto, successivamente però riprese forza e condusse con polso fermo il suo Paese nella guerra.15

1.1 Primi mesi di guerra

Le forze tedesche dunque si spinsero ben oltre le iniziali linee 14 Antonio Varsori, Storia internazionale, il Mulino, Bologna, 2015, pagg.123-124

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di confine e tutto faceva pensare ad un nuovo Blitzkrieg, il Gruppo d'Armate Nord occupò Lettonia, Estonia, e Lituania, e le città russe di Pskov e Novgorod. Il gruppo d'Armate Centro occupò Brest-Litovsk e la città di Smolensk; il gruppo d'Armate Sud occupò l'Ucraina in direzione del Caucaso.16

Questo stato di cose proseguì fin verso l'autunno del 1941, quando le piogge incominciarono a rallentare l'avanzata dei tedeschi. Durante l'autunno inoltre furono trasferite truppe fresche dalla Siberia a Mosca, per difendere la capitale che era adesso l'obiettivo dei tedeschi.

1.2 L'attacco a Mosca

Il 30 settembre iniziò l'operazione Tifone, l'attacco a Mosca, di cui era incaricato il feldmaresciallo von Block. Le artiglierie iniziarono un fuoco di sbarramento e la Luftwaffe iniziò a bombardare le postazioni sovietiche; i tedeschi si trovarono ad accerchiare la città di Orel. Il 3 ottobre Hitler annunciò l'inizio di una grande offensiva che aveva come obiettivo Mosca.17 I tedeschi isolarono ed accerchiarono le truppe

sovietiche a Vjazma e Brjansk e iniziò l'attacco vero e proprio alla capitale russa.

Nel settore nord di Mosca le truppe tedesche avrebbero dovuto prendere le città di Rzev e Kalinin; nel settore centro i tedeschi avrebbero dovuto puntare direttamente a Mosca; nel settore sud avrebbero proseguito verso la città di Tula. La città di Kalinin cadde il 14 ottobre, successivamente cadde la città di Mojzask: oramai i tedeschi erano a ridosso di Mosca. Nella capitale dell'Unione Sovietica fu mobilitata la popolazione a erigere fortificazioni e scavare dighe; la classe dirigente fu evacuata nella città di Kuibisev, ma Stalin rimase 16 Mazower, L'impero di Hitler, Mondadori, Milano, 2010, pagg.202-203

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nella capitale. I tedeschi continuavano ad avanzare, ma il tempo giocava a loro sfavore, poiché si avvicinavano l'autunno e l'inverno russi; le strade erano ricoperte di fango e i trasporti erano resi difficoltosi.

Nel settore sud avanzò la Seconda Armata Corazzata del generale Guderian a soli 90 chilometri da Mosca.18 Il 7 novembre si

svolse, nella Piazza Rossa, la consueta parata celebrante l'anniversario della Rivoluzione di Ottobre; Stalin arringò i soldati e i cittadini alla difesa della città, le truppe sfilarono nella piazza dirette verso il fronte. Il termometro segnava oramai venti gradi sotto zero e la situazione per le truppe tedesche iniziava a divenire critica, anche perché non erano equipaggiate con indumenti invernali, a differenza dei russi.19 La

resistenza sovietica fu eroica, i tedeschi raggiunsero il capolinea dei tram di Mosca, presso Chimki, a otto chilometri dalla Capitale, e questo fu anche il punto dove i tedeschi si avvicinarono di più alla capitale.

Il 5 dicembre iniziò la controffensiva sovietica; Stalin, informato da spie sovietiche che il Giappone aveva intenzione di scatenare una guerra contro gli Stati Uniti, aveva spostato le truppe siberiane poste alla difesa dell'Oriente sovietico nel fronte di Mosca, aumentando le truppe sovietiche poste alla difesa della capitale.

L' Armata Rossa scagliò contro i tedeschi 16 armate; nel settore nord dovevano attaccare il saliente di Klin, i fronti centrale e meridionale comprendevano le città di Kaluga e Orel. Il III gruppo corazzato tedesco era presente nel saliente di Klin; i tedeschi tentarono un contrattacco, per eliminare l'accerchiamento, ma questo fallì e i sovietici si impadronirono del saliente e la minaccia su Mosca fu eliminata; i tedeschi arretrarono di 100 chilometri.

18 C. Bellamy, op. cit. pag.268

19 Stefano Fabei, Operazione Barbarossa 22 giugno 1941, Ugo Mursia Editore, Milano, 2010, pagg.98-99

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Nel fronte sud, la situazione era identica: le truppe del generale Guderian erano accerchiate dai russi. Lo stesso Guderian, il 20 dicembre, si recò al Quartier Generale di Hitler per avere il permesso dal Fuhrer di effettuare una ritirata che consentisse di riprendere fiato e saldare il fronte.20 Hitler rifiutò di ritirarsi, consegnando quelle truppe ad

una morte sicura. La battaglia di Mosca era persa per i tedeschi, che comunque riuscirono a limitare la controffensiva russa, che minacciava di dilagare per molti chilometri.21 Il sogno di Hitler di sconfiggere l'Urss

in sei mesi era fallito, e con esso il tentativo di costringere la Gran Bretagna alla pace.

1.3 Il 1942: l'attacco al Caucaso

Il fronte rimase stabile fino all'inizio dell'estate del 1942, quando iniziò l'attacco tedesco nel fronte sud, direzione Caucaso. Furono utilizzate anche le truppe degli alleati della Germania: italiani, rumeni, slovacchi, ungheresi e croati. Il nome dell'operazione era Operazione Blu; dopo aver annientate le forze sovietiche del fronte meridionale, le truppe tedesche avrebbero dovuto raggiungere il Volga e la città di Stalingrado.

Raggiunti i suddetti obiettivi, l'offensiva tedesca sarebbe proseguita verso il Caucaso, con obiettivi i pozzi petroliferi dell'area. L'operazione iniziò il 28 giugno 1942 con l'offensiva comandata dal generale von Bock. I tedeschi non incontrarono una notevole resistenza; le truppe sovietiche si disgregavano e si ritiravano, nonostante ciò non riuscì ai tedeschi di accerchiarle e disarmarle completamente e Hitler, difatti, non era soddisfatto dell'avanzata.

Il generale von Bock fu allora sostituito dal feldmaresciallo 20 Shirer, Storia del Terzo Reich, Einaudi, Torino, 1962, pagg.278-279

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List, comandante il gruppo A, e dal generale von Weichs, comandante il gruppo B. Hitler giudicava le forze sovietiche oramai sconfitte e prive di resistenza; modificò allora l'operazione Blu nell'operazione Braunschweig, che comandava di procedere immediatamente verso il Caucaso conquistando subito Stalingrado.22 Il gruppo di armate B

avrebbe attaccato la città, mentre il gruppo A avrebbe proseguito verso il Caucaso con obiettivo i pozzi petroliferi di Baku. I tedeschi conquistarono la città di Rostov e la situazione dei russi parve critica; Vi erano però, fra di loro, i soliti problemi derivanti dall'avvento della stagione invernale e dall'eccessivo allungamento del fronte, che causava difficoltà nei rifornimenti e negli approvvigionamenti.

1.4 La Battaglia di Stalingrado

La battaglia di Stalingrado fu l'evento decisivo dell'Operazione Blu. Iniziò il 17 luglio 1942, quando la Sesta Armata comandata dal generale Paulus iniziò l'accerchiamento della città sul fiume Volga. I primi mesi sembrarono favorevoli all'avanzata tedesca; Stalin emise anche l'ordine 227, in cui comandava che le truppe sovietiche non avrebbero dovuto più retrocedere e ritirarsi.

I tedeschi arrivarono fino al Volga e penetrarono nella città, che intanto era oggetto di pesanti bombardamenti da parte della Luftwaffe. I sovietici adottarono la tattica di difendere la città metro per metro, trasformandola in un campo di battaglia. Nell'ottobre e nel novembre del 1942 si svolsero i combattimenti all'interno della città, che era ormai ridotta ad un cumulo di macerie.23

I sovietici opposero una resistenza eroica ai tedeschi, i quali, 22 Christian Ingrao, Credere, distruggere, Einaudi, Milano, 2012, pagg.132-133

23 Basil Liddel Hart, Storia militare della seconda guerra mondiale, Mondadori, Milano, 1996, pagg.255-256

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pur essendo giunti all'interno della città, non riuscirono mai ad impadronirsene e a mettere fine alla guerriglia casa per casa che i sovietici avevano adottato. Gli obiettivi tedeschi subirono però un cambiamento, poiché i sovietici riuscirono ad organizzarsi e ad escogitare una grande controffensiva denominata Operazione Urano; questa prevedeva l'accerchiamento delle truppe dell'Asse fra il Don e il Volga. Il fronte russo era diviso in due: a nord il fronte comandato dal generale Vatutine e a sud quello comandato dal generale Eremenko.

Il 22 novembre i russi attraversavano il Don per congiungersi con le truppe di Stalingrado comandate da Eremenko. Ciò avvenne il 23 novembre, quando i russi riuscirono a completare l'accerchiamento della sesta armata di von Paulus. I tedeschi adesso avevano o la possibilità di effettuare un evacuamento delle truppe, o quella di resistere sul posto aspettando l'arrivo di forze fresche24: Hitler decise per la seconda

opzione. Il feldmaresciallo von Manstein fu l'uomo a cui Hitler incaricò il compito di salvare la Sesta armata, col nuovo gruppo di armate del Don.

La situazione parve riequilibrarsi, tanto che i sovietici dovettero allentare gli obiettivi del loro piano e proseguire in una lotta accanita. La sesta armata proseguì, pur essendo imprigionata nella sacca, una lotta accanita e i russi dovettero aspettare nell'obiettivo di liquidarla, proseguendo nella difesa della sacca.

Il 12 dicembre iniziò l'offensiva di von Manstein diretta a liberare la sesta armata dall'accerchiamento. Inizialmente l'operazione, coadiuvata anche dal generale Hoth, sembro avere buon fine, ma la resistenza russa fu tenace. Il problema però fu che i sovietici avevano cominciato l'operazione Saturno, cioè un'offensiva diretta contro tutto il fronte del Caucaso, principalmente contro la debole Ottava armata

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italiana dell'ARMIR (operazione piccolo Saturno).25 L'obiettivo di liberare

la sesta armata fu quindi lasciato in secondo piano, poiché il rischio era adesso di vedere travolto l'intero fronte meridionale. La Sesta armata fu considerata perduta. L'operazione Piccolo Saturno iniziò il 16 dicembre; i generali sovietici Golikov e Vatutin riuscirono a sfondare le linee nemiche, in pochi giorni la situazione delle truppe dell'Asse si aggravò. L'Alto comando della Wermacht dovette non solo considerare perduta la sesta armata, ma anche iniziare la ritirata sull'intero fronte meridionale. Il generale Paulus, secondo gli ordini di Hitler, rimase arroccato nella “Fortezza Stalingrado”, conducendo una resistenza disperata.

I sovietici iniziarono l'attacco finale diretto ad eliminare ogni tentativo di resistenza da parte delle truppe tedesche: l'operazione Anello il 10 gennaio 1943. I russii penetrarono nelle linee tedesche; il 31 gennaio Paulus fu fatto prigioniero.26 Paulus, che intanto era stato

promosso feldmaresciallo da Hitler per indurlo al suicidio, firmò la resa delle truppe tedesche il 2 febbraio; i sovietici fecero novantamila prigionieri. La battaglia di Stalingrado è considerata il simbolo della disfatta tedesca sul fronte orientale, da quel momento la Germania non fu più in grado di riprendersi, l'offensiva passò dalle armate tedesche a quelle sovietiche e l'intero corso della seconda guerra mondiale cambiò volto. L'Asse, in questa battaglia, perse oltre mezzo milione di uomini.

1.5 La Battaglia di Kursk

Dopo la catastrofe di Stalingrado, i tedeschi riuscirono ad arginare l'offensiva sovietica, stabilizzando il fronte con le riconquiste di Charkov e di Orel. In questo modo le truppe tedesche potevano effettuare una manovra a tenaglia a danno dei sovietici nei pressi di Kursk. Hitler decise, appunto, di effettuare questa manovra nel saliente 25 C. Bellamy, op. cit. pag.620

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di Kursk, per mantenere l'offensiva nelle mani tedesche. Il piano ebbe il nome di Operazione Cittadella, fissata per il 28 aprile 1943. L'offensiva però ebbe dei ritardi, poiché von Manstein espose scetticismo sulla capacità tedesca di sfondare le linee sovietiche, dato che mancavano ancora, per effettuare l'offensiva, un numero bene determinato di uomini, carri armati e aerei.27

Nel quartiere generale di Hitler si svolsero varie riunioni per decidere le modalità e la data relativa all'operazione Cittadella, anche perché, nel frattempo, nel maggio 1943, l'Afrika Korps si era arresa in Tunisia agli angloamericani, che si preparavano adesso ad invadere l'Italia. La data fu fissata per il 5 luglio 1943; gli esiti iniziali si rivelarono poco ottimistici per i tedeschi, poiché non riuscirono a neutralizzare l'aviazione sovietica e nemmeno a progredire molto dal punto di vista terrestre, dato che i sovietici erano pronti per l'offensiva tedesca. Il generale Model mandò le sue truppe contro il fronte centrale sovietico, comandato dal generale Rokossovsky, ma la resistenza sovietica fu tenace.

Nonostante fossero utilizzati i nuovi carri armati tedeschi Tiger e Panther, incontrarono egualmente grandi difficoltà contro il temibile carro armato sovietico T34. Adesso tutto dipendeva dal fronte sud, dove le truppe tedesche dovevano raggiungere Kursk, ma anche ci furono notevoli eventi negativi per i tedeschi. L'obiettivo era procedere verso le città di Obojan e Prochorovka, e questo compito parve inizialmente essere esaudito. Tuttavia, mentre si stava svolgendo lo scontro, vennero a danno dei tedeschi due notizie: l'offensiva sovietica nei pressi di Orel e lo sbarco angloamericano in Sicilia.

Hitler convocò von Manstein e von Kluge per ordinare la cessazione dell'operazione Cittadella;28 Manstein protestò e riuscì a

27 Enzo Collotti, L'Europa nazista, Giunti, Firenze, 2002, pagg.127-128 28C. Bellamy, op. cit. pag.650

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convincere Hitler a proseguire momentaneamente l'operazione, ma tuttavia il II SS Panzerkorps fu trasferito in Italia e la divisione Grossdeutschland nel settore centro-settentrionale, per impedire un'eccessiva avanzata sovietica ad Orel. Resosi conto di ciò, Manstein ordinò la ritirata presso Belgorod e l'operazione Cittadella si concluse con la disfatta tedesca. La battaglia di Kursk fu il più grande scontro fra carri armati della storia e, secondo alcuni storici, fu questa la più grave sconfitta tedesca, non quella di Stalingrado. Infatti, mentre dopo Stalingrado le forze tedesche furono in grado di riorganizzarsi e preparare un'altra offensiva (l'operazione Cittadella appunto), dopo Kursk il grosso di uomini e materiali tedeschi fu annientato e la Germania non era più in grado di attaccare, ma solo di difendersi passivamente, subendo le offensive sovietiche.

Dal punto di vista sovietico, la battaglia di Kursk fu altrettanto decisiva e confermò la tattica della difesa strategica, dettata dalle inutili offensive fallite nella primavera del 1942. L'Armata Rossa, in quel tempo, si era spinta troppo oltre le sue possibilità dopo la vittoria nella battaglia di Mosca, ma aveva imparato la lezione; cioè che i tedeschi andavano sconfitti passo dopo passo e non passando immediatamente all'offensiva dopo una vittoria difensiva sulla Wermacht.

1.6 Inizia l'offensiva sovietica

Nel 1943, comunque, l'esercito sovietico era giunto ad un grado di forza notevole e poteva puntare a passare definitivamente all'offensiva sui tedeschi, pur con le dovute precauzioni, visto che Stalin era sempre timoroso della potenza della Wermacht. Un'offensiva sovietica fu, per esempio, la quarta battaglia di Charkov, iniziata nell'agosto del 1943. Il generale Zukov iniziò una potente offensiva, in cui le forze tedesche subirono subito perdite pesanti (furono utilizzati

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famosi lanciarazzi Katiuscia).

Il generale Konev proseguì con le sue truppe verso Charkov; von Manstein, nonostante la situazione disperata, tentò di continuare a difendere Charkov, secondo gli ordini di Hitler. L'obiettivo russo era di accerchiare la città ucraina, ma i carri armati sovietici, più che nell'accerchiare, riuscirono ad esaurire completamente la resistenza tedesca nella città; la divisione Das Reich esaurì completamente le sue forze e dovette abbandonare la città, che fu liberata dai sovietici il 23 agosto 1943.29 Anche questa fu una battaglia importante, poiché fu la

prima vitoria offensiva sovietica, per lo più d'estate, periodo in cui le forze tedesche erano più potenti.

Il colpo per i tedeschi fu forte, e fu abbandonata l'idea di dissanguare i russi in Ucraina. Adesso diveniva possibile la liberazione dei territori della Russia europea da parte dell'Armata Rossa e gli obiettivi fissati erano la liberazione della Crimea e l'attacco a Smolensk. Il 19 novembre 1943 i russi liberarono Kiev e a nulla valse una disperata controffensiva tedesca guidata da von Manstein.

Il nuovo attacco russo iniziò il 29 dicembre nel fronte centrale degli oltre duemila chilometri del fronte orientale. Fu condotto principalmente dalle truppe del I fronte ucraino guidate da Vatutin. Lo scontro fu particolarmente duro, ma al termine dei combattimenti la I SS Panzer Division dovette ritirarsi e Vatutin entro nella città di Zitomir. A inizio gennaio 1944 i sovietici erano ormai arrivati a quello che nel 1939 era il confine con la Polonia e l'assedio tedesco di Leningrado ebbe termine.

Von Manstein e altri ufficiale tedeschi tentavano da mesi di costringere Hitler ad effettuare un ripiegamento del fronte, ma il Fuhrer rimaneva imperterrito nella sua decisione di resistere ad ogni costo e di non arretrare mai, anche per ragioni di prestigio nei rapporti con gli 29C. Bellamy, op. cit. pag.680

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alleati della Germania.30 A questo proposito va segnalato il grave fatto

della caduta di Mussolini il 25 luglio 1943 e la firma dell'armistizio dell'Italia l'8 settembre. Sicuramente un arretramento ben governato avrebbe permesso ai tedeschi di riorganizzare le loro riserve, ma oramai gli Alleati in generale avevano messo in moto una macchina produttiva ben superiore a quella tedesca, come del resto erano notevolmente superiori le risorse umane degli Alleati.

1.7 Il 1944: l'anno della travolgente avanzata

sovietica

A meta gennaio 1944 i russi ripresero l'offensiva nell'Ucraina occidentale. I tedeschi resistettero tenacemente, ma invano, e von Manstein dovette far ritirare le truppe anche contro il volere di Hitler. L'offensiva sovietica proseguì fino a febbraio, respingendo molta parte del fronte verso ovest. A marzo del 1944 Hitler ordinò di costruire una serie di posizioni fortificate lungo tutto il fronte orientale, per costringere i sovietici ad infrangersi in tali posizioni, vietando ai comandanti la ritirata, ma in quello stesso mese i russi proseguirono l'avanzata nel fronte sud, dove erano le truppe comandate da von Manstein e von Kleist. Nel settore nord l'obiettivo russo era la Polonia, nel settore sud Odessa, raggiungere la Romania e riprendersi la Crimea e Sebastopoli.31

L'attacco russo iniziò il 4 marzo 1944: la I Panzerarmee di Hube si battè tenacemente, ma rimase intrappolata sulle rive del fiume Bug. Von Manstein riuscì a spedire nel settore la II SS Panzerdivision Das Reich, che riuscì ad aprire un varco in cui la I Panzerarmee riuscì a ritirarsi. Il generale russo Vatutin morì nel corso degli scontri e morì il 30 Richard Overy, La strada della vittoria, il Mulino, Bologna, 2011, pagg.188-189

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14 aprile; venne sostituito da Zukov. Nel settore sud i russi stavano dilagando; erano oltre il fiume Dnepr e spingevano i tedeschi sempre più a ovest; il 10 aprile Odessa veniva liberata dai russi. Nello stesso giorno i russi attaccavano la penisola di Crimea ed il 9 maggio Sebastopoli fu liberata. Questo ampio arretramento tedesco nel fronte meridionale rese Hitler furibondo, tanto che von Manstein e Kleist furono rimossi e sostituiti da Model e Schorner.

Verso metà dell'anno 1944 il fronte sud si stabilizzò e i russi attaccavano a nord. Le forze tedesche erano tatticamente superiori ai sovietici, ma oramai erano sempre più a corto di mezzi, uomini e rifornimenti. I russi erano sempre più numerosi e la loro industria procedeva a pieno ritmo, senza contare che gli alleati angloamericani rifornivano l'Unione Sovietica di mezzi militari, gomma, esplosivo.

Mentre i generali tedeschi volevano effettuare delle ritirate, Hitler proseguiva imperterrito nel voler nessun arretramento, anche perchè voleva logorare i sovietic e prendere tempo, nella speranza che l'eterogenea alleanza fra i russi e gli angloamericani si spezzasse. A giugno i sovietici ripresero l'iniziativa nel fronte finnico, a nord di Leningrado. Le forze sovietiche erano comandate dal generale Meretskov, e in soli dodici giorni superavano le fortificazioni tedesche e conquistavano la città di Vipuri. I finlandesi erano oramai allo stremo delle forze ed erano nelle intenzioni di giungere a delle trattative con i sovietici, i tedeschi però intervennero e bloccarono tutto. Il 6 giugno 1944 gli angloamericani aprivano il secondo fronte sbarcando in Normandia.

Nel fronte bielorusso, il generale Zukov iniziò, il 23 giugno, l'Operazione Bagration. Per ogni chilometro erano concentrati più di 200 tra cannoni e katiuscia che scatenarono una tempesta di fuoco. A questa situazione i tedeschi poterono opporre ben poco, tanto che delle truppe erano anche state trasferite ad occidente per combattere gli

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angloamericani in Francia.

Le forze tedesche in Bielorussia erano comandate da Busch; i sovietici, come detto, prima di avanzare si fecero precedere dai lanciarazzi katiuscia.32 I tedeschi furono travolti dall'impeto sovietico,

Minsk tornò in mani sovietiche e a luglio le forze di Zukov superavano il confine con la Polonia. Busch venne sostituito da Hitler con Model, ma i russi non si fermarono e una travolgente offensiva proseguì verso i paesi baltici: Estonia, Lettonia e Lituania. Dopo una serie di attacchi sparpagliati, il grosso dell'offensiva si concentrò su Vilnius, verso la Lituania, nel settore centrale. Ciò minacciò anche le truppe del settore nord che rischiavano di rimanere intrappolate.

Il generale tedesco a capo della difesa nel settore, Friesner, chiese a Hitler di poter arretrare. Hitler, di tutta risposta, gli ordinò di resistere ad ogni costo e lo sostituì con Schorner, che era impegnato in Ucraina.

Il 13 luglio Vilnius è occupata dai russi, ed il 16 luglio il fronte tedesco crolla. Il 20 luglio Hitler, nel Quartier Generale di Rastenburg, subiva un grave attentato; una bomba piazzata dal colonnello Klaus von Stauffenberg lo feriva, ma non lo uccideva. Hitler nominò Guderian Capo di Stato Maggiore della Wermacht.

Le forze sovietiche, intanto, raggiunsero e sorpassarono la Vistola, ormai erano vicine a Varsavia, ad una trentina di chilometri. Il 1 agosto 1944 Varsavia insorgeva contro i tedeschi, ma i sovietici non fecero alcuno sforzo per correre in aiuto. Ufficialmente dichiararono che non potevano allargare troppo la linea del fronte, che poteva anche essere in parte vero, ma in realtà la questione era che c'erano seri contrasti tra mosca ed il governo polacco in esilio.33 Questo

atteggiamento delineava già i futuri contrasti tra gli angloamericani e i 32 Basil Liddel Hart, Storia di una sconfitta, Rizzoli, Milano, 2002, pagg. 128-129

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sovietici che si espressero dopo la guerra.

I sovietici continuarono ad avanzare in Lettonia ed in Estonia; tra il 26 e il 27 luglio cominciò una nuova offensiva e Guderian resistette ad oltranza. Questo determinò un temporaneo blocco del fronte in questione. I russi però attaccarono nell'estremo nord, quasi sull'Oceano Artico, dove urono attaccate le truppe da montagna tedesche, che furono ricacciate oltre il confine norvegese. In tal modo, il 19 ottobre 1944, il governo finlandese firmava un armistizio con l'Unione Sovietica.

Sempre nell'ottobre furono occupate la Lettonia e l'Estonia. Il fronte meridionale era ora comandato da Friesner, composto da 23 divisioni rumene e 21 tedesche. Il 20 agosto 1944 i sovietici iniziarono il solito assalto preceduto da un terrificante fuoco di apertura, con quindicimila tra cannoni e katiuscia. Le truppe tedesco-rumene erano già in rotta. Il 23 agosto Michele I, re di Romania, fece arrestare il Maresciallo Antonescu, capo del governo filo-tedesco. Il 24 Agosto la Romania firmava un armistizio con i sovietici e il 25 dichiarava guerra alla Germania.

Nel settembre era la volta della Bulgaria; la nazione orientale era alleata dei tedeschi, ma era riuscita a restare fuori dal conflitto sul fronte orientale. Il 4 settembre i russi erano a Sofia e veniva firmato l'armistizio ed il 7 settembre la Bulgaria dichiarava guerra alla Germania. La perdita, per i tedeschi, di tutto questo fronte fu fatale, poiché perdettero i rifornimenti dei pozzi petroliferi di Ploesti in Romania. Il 6 ottobre i sovietici ripresero l'offensiva diretti verso l'Ungheria.

I russi avevano di fronte ora la steppa ungherese, e questo territorio favoriva enormemente le loro avanzate con i carri armati, ma i tedeschi, questa volta, si tennero pronti all'offensiva sovietica. I sovietici infatti persero l'80% dei carri armati schierati per questa offensiva (ne avevano schierati circa 800), ma anche i tedeschi subirono

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notevoli perdite. Con i carri rimanenti, i sovietici riuscirono a sgominare le truppe ungheresi e a marciare su Budapest; i tedeschi però si batterono disperatamente, poiché Hitler non voleva assolutamente perdere la capitale ungherese, ma alla fine dovettero ripiegare poiché vennero travolti dai sovietici.

Nel fronte dei Balcani l'avanzata sovietica continuava ed il 19 ottobre, col supporto dei partigiani di Tito, veniva occupata Belgrado. Questa rapida occupazione dei Balcani consentì ai sovietici di spostare delle truppe in Ungheria, dove il 24 dicembre la capitale ungherese viene circondata. Hitler sostituì Friesner con Wolher e ordinò alle divisioni corazzate SS Totenkopf e Viking di lasciare la Prussia Orientale per raggiungere l'Ungheria. La capitale ungherese era costantemente bombardata dall'aviazione sovietica.

Il maresciallo sovietico Malinovski lanciò, nel gennaio 1945, una poderosa offensiva, ma i tedeschi contrattaccarono con l'operazione Konrad, che si concluse in un totale fallimento, dato che i tedeschi non riuscirono a spezzare l'assedio. Il 13 febbraio i tedeschi si arresero; la battaglia di Budapest è stata considerata la più violenta battaglia sul fronte orientale dopo la battaglia di Stalingrado. I sovietici entrarono a Varsavia il 3 gennaio: la città era stata distrutta dai tedeschi. I russi allora iniziarono l'operazione Vistola Oder il 12 gennaio 1945. L'Armata Rossa sfondò e iniziò a dilagare per trenta chilometri al giorno, prendendo Danzica, la Prussia orientale e Poznan; i sovietici si fermarono lungo il fiume Oder, a 60 chilometri da Berlino. I tedeschi contrattaccarono il 24 febbraio, ma l'operazione fallì e i russi occuparono la Pomerania; erano ormai entrati in Germania. Nel fronte meridionale, i sovietici entrarono in Austria; occuparono Vienna il 13 aprile.

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Il Terzo Reich era al collasso; la fine era vicina, era iniziato l'attacco sovietico a Berlino, per porre fine alla guerra. I sovietici effettuarono il loro più grande spiegamento di forze della guerra; il generale Rokossovsky occupò la sponda orientale dell'Oder, il generale Zukov si spostò presso le alture di Seelow, nel fronte settentrionale di Berlino.

Stalin voleva a tutti i costi occupare Berlino prima degli angloamericani; in questo modo l'Unione Sovietica avrebbe avuto una sfera di influenza ben determinata nella Germania orientale. L'offensiva su Berlino inziò il 16 aprile 1945: dopo giorni di duri combattimenti, i russi riuscirono a sfondare le linee tedesche; il 24 aprile l'accerchiamento di Berlino era completato.

Il 25 aprile le truppe sovietiche si incontrarono con le truppe americane presso il fiume Elba. Il 30 aprile l'Armata Rossa era oramai a ridosso del Reichstag, dove, nel cui bunker, Hitler era rifugiato da mesi. Nello stesso giorno Hitler, dopo aver sposato Eva Braun, si suicidò. Il comandante della difesa di Berlino, Weidling, annunciò la resa della città ai sovietici il 2 maggio 1945.

Il 7 maggio 1945, a Reims, nel Quartier Generale delle forze alleate, il generale tedesco Jodl firmò l'atto di resa incondizionata della Germania.

L'8 maggio la cerimonia venne ripetuta dal generale Keitel, alla presenza di Zukov, nel Quartier Generale russo a Berlino.

La guerra in Europa era finita. Le truppe tedesche situate a Praga rifiutarono di arrendersi, ma furono definitivamente sconfitte dai russi l'11 maggio 1945.

La guerra sul fronte orientale era costata ai sovietici dai 20 ai 27 milioni di morti; una cifra spaventosa. I tedeschi ebbero dagli otto ai

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dieci milioni di morti: l'Europa era un cumulo di macerie.34 Adesso

iniziava l'impegno per il dopoguerra e la ricostruzione; la Germania era ormai stata cancellata come potenza mondiale ed era in balia degli Alleati.

All'Unione Sovietica si proponevano adesso nuovi orizzonti; era diventata una superpotenza mondiale al pari con gli Stati Uniti; era dotata del più potente esercito di terra al mondo; inoltre era considerata nel mondo come la portatrice della fede messianica del comunismo, e ciò allargava la sua potenza di attrazione, soprattutto in vista della decolonizzazione avanzante.

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2. Il Corpo Italiano di Spedizione in Russia

Il Corpo di Spedizione italiano in Russia, spesso abbreviato come CSIR, e l'Ottava Armata Italiana in Russia, o ARMIR, furono le grandi unità del Regio Esercito impegnate, in successione, sul fronte orientale tra il luglio del 1941 e il febbraio del 1943.35

La partecipazione alla guerra contro l'Unione Sovietica rappresentò uno sforzo notevole per le forze armate italiane, già duramente impegnate nei Balcani e in Africa settentrionale, e le ingenti perdite colà subite rappresentarono un duro colpo per le già scarse capacità militari dell'Italia. Già dai primi di giugno 1941, in previsione dell'ormai certa campagna tedesca sul fronte orientale, Mussolini offrì a Hitler di partecipare con truppe italiane e contemporaneamente attivò il Generale Cavallero (Capo di SM Generale).

Alla fine fu decisa la costituzione del CSIR. L'offerta di Mussolini venne formalmente accettata, pur senza eccessivo entusiasmo, da Hitler con lettera consegnata all'Ambasciata Italiana di Berlino il 22 giugno 1941, giorno dell'inizio delle operazioni sul fronte orientale. Circa le ragioni strategiche delle spedizioni, si suppone che il principale desiderio di Mussolini fosse quello di "riequilibrare" lo stato dell'alleanza con la Germania, in quel momento fortemente sbilanciato in favore dei tedeschi; in tale ottica, la partecipazione italiana alla campagna di Russia avrebbe pareggiato l'intervento dell'Afrika Korps tedesco in Libia. Vi erano anche considerazioni economiche, ovvero il timore di arrivare in ritardo alla spartizione delle risorse di un nemico considerato ormai sconfitto. Del tutto secondarie erano invece le considerazioni ideologiche (la partecipazione dell'Italia fascista alla lotta contro il comunismo), che pure ebbero ampio risalto nella propaganda

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degli opposti schieramenti.36

A partire dal 10 luglio e fino al 5 agosto le truppe vennero trasportate da Roma (divisione Torino), Cremona (comando CSIR) e Verona (divisioni Pasubio e Celere) tramite 216 treni fino alle città, allora ungheresi ora rumene,di Marmaros Sziget, Felsoviso e Borsa; da lì raggiunsero, dopo superati i Carpazi Orientali, dapprima la zona di radunata in Romania e quindi il teatro delle operazioni con una marcia di centinaia di chilometri attraverso le pessime strade di Romania, Moldavia, Bessarabia e Ucraina. Questa lunga marcia, che molti reparti, per scarsità di automezzi, dovettero compiere a piedi o in sella ai cavalli, causò un certo ritardo rispetto al programma.

Il comandante del CSIR, il Generale di Corpo d'Armata Francesco Zingales venne colto da malore durante il trasferimento e ricoverato a Vienna il 13 luglio 1941 e sostituito nell'incarico con il Generale Giovanni Messe il 17. Il Corpo d'Armata, fin dal suo arrivo in zona di operazioni, fu posto alle dipendenze dell'11ª Armata tedesca del generale Eugen Ritter von Schobert, schierata in Ucraina meridionale nel settore operativo del Gruppo di Armate Sud, guidato dal feldmaresciallo Gerd von Rundstedt.

2.1 Operazioni di guerra del CSIR, agosto 1941:

primi scontri della divisione Pasubio presso il fiume

Bug

Il CSIR entrò in azione per la prima volta nell'agosto del 1941. Dopo aver superato il Dniestr in più punti, stabilendo diverse teste di ponte, i tedeschi stavano tentando di chiudere in una morsa le forze sovietiche attestate tra il Dniestr e il Bug. In alcuni punti però i russi

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stavano opponendo una forte resistenza e servivano nuove forze per alimentare l'offensiva. 37

A fine luglio, con il CSIR ancora in fase di organizzazione, il generale Eberhard von Mackensen, comandante del III° Corpo germanico, richiese quindi al generale Messe almeno una divisione da utilizzare subito in battaglia e due gruppi di artiglieria per appoggiare il suo attacco alle forze sovietiche. Il 30 luglio venne così inviata urgentemente al fronte la divisione Pasubio, rinforzata da una compagnia motociclisti e dal 30º Raggruppamento artiglieria. La pioggia abbondante, che aveva trasformato le già disastrose piste russe in enormi pantani, ritardò la marcia della Pasubio, che raggiunse le rive del Bug a nord di Voznesens'k solo il 10 agosto.

Nei due giorni successivi la Pasubio, marciando lungo la riva destra del Bug in direzione sud-est per tagliare ai russi la ritirata verso la strategica città di Nikolayev, finì per entrare in contatto con il nemico, partecipando così alla cosiddetta “Battaglia dei due fiumi”, ovvero la grande manovra effettuata dall'esercito tedesco per intrappolare le forze sovietiche tra i fiumi Dniestr a ovest e Bug a est.

Nei due giorni di scontri presso i villaggi di Pokrovskoje e Yasna Poliana, la divisione Pasubio ebbe la meglio su un reggimento sovietico, che si ritirò lasciando sul campo centinaia di caduti e prigionieri.

Il 14 agosto il CSIR venne assegnato al Gruppo corazzato von Kleist, con il compito di proteggere il fianco sinistro dell'avanzata dei panzer tedeschi verso il fiume Dniepr.38 Dal 15 al 20 agosto, rallentate

dal maltempo e dalle incursioni aeree dei sovietici, vennero attuate quindi le operazioni di trasferimento della divisione Pasubio sulla riva destra del Dniepr. Per il 21 agosto i reggimenti della Pasubio erano

37 Op. cit. pagg. 41-42

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attestati sul Dniepr, nella zona di Verkhnodniprovsk, a circa 50 km a nord-ovest della città di Dnipropetrovs'k. I gruppi d'aviazione si stabilirono invece a Krivoy Rog, a distanza utile per proteggere i ponti e le unità sul Dniepr. Nei giorni seguenti raggiunsero il Dniepr anche i reparti motorizzati della Celere, l'artiglieria della Torino e le altre unità motorizzate del CSIR.

Il 28 agosto Benito Mussolini, dopo avere visitato con Hitler il quartier generale del Gruppo di Armate Sud, passò in rassegna i reparti del CSIR a Tekusha. Soltanto il 5 settembre, dopo avere percorso quasi mille chilometri a piedi, anche i reparti non motorizzati della Torino (divisione autotrasportabile più che altro soltanto sulla carta) riuscirono a essere finalmente in linea sul Dniepr con il resto del CSIR.

2.2 Settembre 1941: traversata del Dniepr e

battaglia di Petrikowka

Il compito del CSIR agli inizi di settembre era quello di difendere circa 150 chilometri di fronte a nord e a sud della città di Dnepropetrovsk, tra la 17 Armata tedesca di von Stülpnagel a nord edᵃ il III° Corpo di von Mackensen a sud. Il 21 settembre l'intero CSIR passò all'offensiva. L'intento dei tedeschi era quello di sfondare la linea del Dniepr e quindi accerchiare ed annientare le forze sovietiche (i resti di cinque divisioni) attestate tra il Dniepr a ovest e i fiumi Orel a nord e Samara a sud.39

La Pasubio oltrepassò il Dniepr a Derivka, circa 80 km a nord-ovest di Dnepropetrovsk, per proteggere il fianco destro della 17ᵃ armata, che avanzava verso Poltava. Più a sud la Torino scattò verso

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nord-ovest dalla testa di ponte di Dnepropetrovsk e attraversò il Dniepr in vari punti sotto il fuoco dell'artiglieria e dell'aviazione nemiche (i soldati del genio lavorarono instancabilmente giorno e notte per riparare o costruire ponti di fortuna). All'alba del 23 settembre la Pasubio, coadiuvata dai carri della Celere e da panzer tedeschi, riuscì a stabilire una testa di ponte sul fiume Orel presso Tsarychanka.

Dal 24 al 26 settembre le forze italo-tedesche riuscirono a resistere ai furiosi contrattacchi sovietici contro le teste di ponte sull'Orel. Il 28 settembre l'offensiva del CSIR riprese ed il 30 le truppe della Pasubio da nord-est, i bersaglieri della Celere da nord-ovest e i reggimenti della Torino da sud-est si incontrarono finalmente nel villaggio di Petrikowka, obiettivo della manovra a tenaglia, ponendo termine alla battaglia. In mano italiana restarono circa 10.000 prigionieri, mentre vennero distrutti 450 carri armati nemici.

Nel suo piccolo la vittoria italiana a Petrikowka (costata quasi 90 morti e 200 feriti) contribuì all'occupazione tedesca di Poltava e di Kiev, ove i tedeschi catturarono 655.000 prigionieri sovietici. Agli inizi di ottobre il CSIR venne schierato come ala sinistra della 1ª Armata Corazzata di von Kleist che stava avanzando nella grande zona industriale del bacino del fiume Donetz. Le truppe italiane erano attestate su un fronte di cento chilometri lungo la riva occidentale del fiume Vovcha, a circa 60 km a est del Dniepr.

Dal 9 all'11 ottobre il CSIR appoggiò con la Legione Tagliamento l'attacco di una divisione tedesca contro la città di Pavlohrad, sulla riva orientale del fiume Vovcha, che venne infine conquistata, aprendo così la strada per la corsa verso il Donetz. A guidare l'avanzata verso la città di Stalino (l'attuale Donec'k), a circa 100 chilometri a sud-est di Pavlohrad, fu la divisione Celere (la Pasubio era ancora bloccata a Pavlohrad in attesa della costruzione di un nuovo ponte sul fiume Vovcha) con i suoi reggimenti di cavalleria e bersaglieri.

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Il 20 ottobre il 3º Reggimento bersaglieri, nonostante la strenua resistenza dei sovietici, riuscì ad occupare l'importante stazione ferroviaria a nord-ovest, mentre i tedeschi conquistarono il resto della città.Il Comando tedesco, intenzionato a sfruttare al massimo l'avanzata verso il Donetz non dando tregua al nemico in ritirata, ordinò di riprendere immediatamente l'offensiva, occupando anche le città minerarie di Rykovo (attuale Yenakiieve) e Gorlovka (Horlivka), a una trentina di chilometri a nord-est di Stalino.40

Il 22 ottobre, quindi, l'avanzata della Celere riprese. Dopo aspri combattimenti contro le retroguardie sovietiche in ritirata, il 1º novembre il 3° bersaglieri riusciva ad occupare la città di Rykovo, scacciandone tre divisioni nemiche (la 74ª, la 262ª e la 296ª), mentre il giorno successivo furono i reggimenti della Pasubio, dopo una lotta casa per casa, a conquistare Gorlovka. Nell'abitato di Nikitovka, a qualche chilometro a nord di Gorlovka, invece, l'80º Reggimento della Pasubio si trovò circondato dal 6 al 12 novembre da preponderanti forze sovietiche (la 74ª divisione fucilieri) e riuscì a sganciarsi e rientrare a Gorlovka solo grazie all'aiuto di altri reparti della Pasubio e della Celere e dell'aviazione, che ora operava dal vicino aeroporto di Stalino: la Battaglia di Nikitovka costò al CSIR centinaia di vittime, tra morti e feriti. La divisione Torino fu invece impegnata il 19 novembre in un combattimento presso il villaggio di Ubeschischtsche.

Con l'approssimarsi del temibile inverno russo era giunta infine l'ora di consolidare il fronte raggiunto, calcolando anche che il CSIR era ormai stremato, essendo avanzato in territorio nemico in poco più di un mese per più di 200 chilometri dalla testa di ponte di Dnepropetrovsk, nonostante le avverse condizioni meteorologiche dell'autunno russo (freddo, pioggia costante, piste nella steppa diventate fango che bloccava continuamente il movimento degli automezzi).

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Oltre alle difficoltà nelle operazioni offensive causate non solo dalla forte resistenza nemica, ma anche dalle grandi distanze, dalle pessime condizioni meteorologiche, dalla endemica mancanza di automezzi da un lato e di strade percorribili dall'altro (si dovettero perfino adattare le linee ferroviarie per renderle percorribili dagli automezzi), giova ricordare anche le grandi difficoltà logistiche causate dal ritardo dei treni che dovevano rifornire le truppe in avanzata di enormi quantità di derrate e di materiali. Di conseguenza, per le unità più esposte, si dovette spesso affidare agli aerei da trasporto il rifornimento di viveri, di munizioni, di indumenti di lana per l'inverno imminente e di materiali di più urgente necessità, oltre che lo sgombero dei feriti).

2.3 Inverno 1941-42: battaglie difensive

Ormai bloccato dall'arrivo dell'inverno russo, con temperature che scendevano fino a venti, se non trenta gradi sotto zero, il CSIR utilizzò il resto del mese di novembre e le prime settimane di dicembre per attestarsi su una linea più corta e meglio difendibile.

Le operazioni di rafforzamento del fronte durarono una decina di giorni, dal 5 al 14 dicembre, e furono chiamate la Battaglia di Chazepetovka, dal nome di un villaggio ad alcuni chilometri da Rykovo. Gli italiani (in particolare la divisione Torino) affrontarono il 95º Reggimento della Guardia, una formazione speciale della NKVD, oltre a squadroni di cavalleria cosacca e battaglioni di fanti siberiani.

Al termine della dura battaglia (costata 135 morti e più di 500 feriti) il CSIR si trovava ora schierato su una linea difensiva formata da capisaldi tra la città di Rykovo a ovest ed il fiume Mius a est, sul fianco sinistro, invece, a partire dal villaggio di Debaltseve, era attestata la 17ª Armata tedesca. Proprio su questa linea i sovietici, meglio abituati e più

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attrezzati a resistere ai rigori dell'inverno russo rispetto agli italo-tedeschi, il giorno di Natale scatenarono una pesante offensiva, poi denominata Battaglia di Natale, che investì in pieno il 3º Reggimento bersaglieri e la Legione Tagliamento. Un battaglione di bersaglieri fu accerchiato per dieci ore prima di riuscire a ritirarsi. Il CSIR comunque riuscì a riorganizzarsi e tra il 26 ed il 28 dicembre le divisioni Pasubio e Celere insieme a un reggimento e una formazione di panzer tedeschi fecero scattare la controffensiva, che consentì di riprendere le posizioni perse nel corso dell'attacco sovietico di Natale (la battaglia costò 168 morti, 715 feriti e quasi 210 dispersi).

A fine gennaio il CSIR dovette invece soccorrere con alcuni reparti le truppe tedesche della 17ª Armata tedesca in difficoltà nell'area di Izium (cento chilometri a nord di Gorlovka), dove i sovietici avevano sfondato il fronte penetrando nelle retrovie per un centinaio di chilometri. Da gennaio a marzo del 1942 il CSIR, scarsamente impegnato in azione fu potenziato con nuove unità giunte dall'Italia: Battaglione alpini sciatori Monte Cervino, 6º Reggimento bersaglieri, 120º Reggimento artiglieria.

Il 4 giugno 1942 il CSIR passò alle dipendenze della 17ª Armata tedesca; dal 9 luglio, infine, il CSIR entrò a far parte dell'ARMIR con la denominazione di XXXV Corpo d'armata. Fino a quel momento il CSIR, su un totale di circa 62.000 uomini, aveva avuto oltre 1.600 morti, 5.300 feriti, più di 400 dispersi e oltre 3.600 colpiti da congelamento.

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3. L'Armata Italiana in Russia

L'Armata Italiana in Russia (la denominazione ufficiale del Corpo di spedizione inviato sul Fronte Orientale) venne costituita nel luglio 1942 su specifica richiesta dei vertici militari tedeschi che nella primavera del 1942 hanno bisogno di divisioni per continuare l'avanzata in territorio russo e designata come 8ª Armata.

Da un punto di vista prettamente teorico non vi era identità tra l'8ª Armata e l'ARMIR poiché sotto la prima furono dipendenti anche formazioni provenienti da altre nazioni, mentre la seconda avrà la capacità di distaccare proprie divisioni sotto altri comandi.41

Tra il luglio e l'agosto del 1942 avvenne la partenza verso la Russia: la prima delle divisioni alpine a lasciare l'Italia fu la Tridentina il 14 luglio 1942, seguita dalla Cuneense il 27 luglio; la Julia invece partirà solo verso ferragosto a causa della necessità di ristabilire gli effettivi dopo le perdite subite in Grecia.

Il battesimo del fuoco toccò alla Tridentina, sul finire dell'agosto 1942. L'ARMIR venne proprio in questo periodo posta alle dipendenze del Gruppo di Armate B tedesco e venne destinata alla protezione del fianco sinistro delle truppe impegnate nella battaglia di Stalingrado. Tra l'inizio e la metà di agosto l'ARMIR si schierò, infine, lungo il bacino del Don, tra la 2ª Armata ungherese a nord e la 6ª Armata tedesca, sostituita a fine settembre dalla 3ª Armata romena, a sud.

La prima avvisaglia che quello degli italiani non sarebbe stato un settore facile avvenne tra il 30 luglio e il 13 agosto a Serafimovich (a circa 150 chilometri a nord-ovest di Stalingrado): qui, a un primo tentativo dei russi di oltrepassare il Don, si opposero tenacemente i

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