• Non ci sono risultati.

La Conferenza di Yalta

5. Parte diplomatica

5.3 La Conferenza di Yalta

Quattordici mesi dopo si svolse la conferenza di Yalta, in Crimea (4-11 febbraio 1945): la discussione di tutti i problemi che a Teheran erano stati risolti soltanto in via interlocutoria, riprese tanto quanto l'andamento della guerra faceva pendere i rapporti di forza in senso ancora più favorevole all'Unione Sovietica. Dopo il successo dell'offensiva invernale l'Armata Rossa era penetrata profondamente in territorio tedesco e dopo aver oltrepassato l'Oder si trovava a poche decine di chilometri da Berlino: aveva liberato tutti i territori dell'Europa orientale e puntava all'Europa centrale.

Gli anglo-americani avevano vinto la campagna di Francia, segnavano ancora il passo di fronte al Reno e l'offensiva tedesca delle Ardenne li aveva posti in notevole difficoltà; non era perciò casuale che la prima giornata di discussioni fosse interamente dedicata ai problemi militari.

Stalin era convinto della necessità di coordinare i movimenti degli eserciti alleati ad est e ovest, poiché era conscio del sostegno dato dall'Armata Rossa nell'offensiva invernale proprio mentre gli anglo- americani erano impegnati nelle Ardenne; in tal modo si sarebbe giunti ad una invasione della Germania, sconfiggendola con una resa senza condizioni.

Il trattamento da farsi alla Germania sconfitta, se occupò nei lavori della conferenza uno spazio abbastanza vasto, non riguardò più in misura preminente il problema dell'assetto territoriale. Sui confini orientali della Germania Churchill, pur mantenendosi fedele alla tesi dei “tre fiammiferi” enunciata a Teheran, si dichiarò incompetente a dare una precisa e immediata risposta, e anche Roosevelt lo aiutò a passare la questione al colloquio dei ministri degli esteri. Il fatto era che l'avanzata dell'Armata Rossa fino alla sponda occidentale dell'Oder

rendeva oramai irrilevante una discussione intorno ai confini e faceva decadere di attualità anche molti dei piani precedentemente elaborati intorno alla divisione della Germania. Rispetto a Teheran, questa discussione si poneva su basi nuove e diverse, e da ciò si capisce perchè Stalin, dopo essersi richiamato con forza alla necessità di fissare uno smembramento della Germania, abbia poi finito per lasciare cadere la proposta.71

Altri aspetti del problema tedesco, invece, cominciarono ad essere discussi: in primo luogo la questione delle riparazioni che Stati Uniti e Inghilterra si rifiutavano di chiedere in denaro, in parte perché memori della negativa esperienza tentata dopo Versailles, in parte perché tentati di colmare i vuoti che la fine della guerra avrebbe aperto nel centro dell'Europa. L'Unione Sovietica reclamava i danni in natura, forte del diritto a causa delle distruzioni subite.

Un posto più rilevante della questione tedesca, a Yalta, occupò la questione polacca: se per la Germania si poteva differire il discorso o rinviarlo ad altre sedi dopo aver fissato alcuni criteri generali, della Polonia bisognava parlare subito, perché essa costituiva ormai militarmente un fatto compiuto e la definizione dei suoi confini non meno che l'organizzazione politica del suo governo si presentavano come problemi urgenti. La definizione dei confini polacchi tenne conto dello stato di fatto, ma corrispose anche a precisi rapporti politici; lo spostamento complessivo dei territori della Polonia prebellica di alcune centinaia di chilometri da est a ovest non suscitò forti opposizioni negli stati occidentali, ad eccezione delle perplessità di Churchill circa l'evacuazione di sette milioni di tedeschi dalla Slesia e dalla Pomerania.

Churchill e Roosevelt avevano troppo ben capito che l'esigenza di Stalin che il problema della Polonia fosse posto in termini di sicurezza per l'Unione Sovietica (avere una Polonia amica dell'Urss) doveva avere

la meglio sul termini di onore di Churchill, che ricordava che la Polonia stessa era il motivo per cui l'Inghilterra era entrata in guerra. L'insistenza di Stalin per una correzione della linea Curzon, ai confini orientali polacchi, a vantaggio dell'Urss, si concluse con alcune rettifiche a favore della Polonia. Era la considerazione dei rapporti che erano intercorsi fra le tre grandi potenze nel passato a dimostrare la necessità che la questione fosse risolta nel senso desiderato da Stalin.

La trasformazione della Polonia da quel “baluardo contro il bolscevismo” che era stato progettato a Versailles in un Paese territorialmente ed industrialmente rafforzato, l'interesse del quale era conservare l'amicizia dell'Unione Sovietica per assolvere la sua funzione di baluardo contro un risorgere della potenza tedesca, appariva come la condizione indispensabile per seppellire una politica di discordia fra gli anglo-americani e i sovietici.

La discussione sulla Polonia venne appuntandosi sulla composizione da dare al governo polacco. Roosevelt e Churchill cercarono di esercitare il massimo sforzo tentando di riguadagnare, in fatto di garanzie circa la partecipazione al governo della Polonia della vecchia classe dirigente e la convocazione di elezioni a suffragio universale, ciò che avevano dovuto concedere ai sovietici in fatto di dislocazione ad occidente dei territori polacchi. Di certo appariva difficile raggiungere queste posizioni, visto che il piano del generale Anders di dare vita ad una grossa confederazione di Stati dell'Europa centro- orientale era fallito, e i piani del generale Sikorski di far liberare la Polonia dagli anglo-americani invece che dai sovietici altrettanto.72

La polemica sulla fosse di Katyn e sulla insurrezione di Varsavia nell'estate del 1944, aveva scavato tra il governo polacco in esilio a Londra e l'Unione Sovietica un abisso profondo. La formazione a Lublino e poi il trasferimento a Varsavia liberata di un nuovo governo

polacco appoggiato dall'Unione Sovietica ne identificavano le sorti con la nuova collocazione internazionale della Polonia, mentre il governo di Londra sposava la causa della difesa dei confini del 1939: la fusione dei due gruppi dirigenti polacchi era impossibile.

L'accordo sull'organizzazione delle Nazioni Unite diveniva perciò il banco di prova al quale i singoli problemi concreti venivano rinviati e dovevano trovare la loro verifica concreta: tale problema fece a Yalta progressi considerevoli.

Delle questioni controverse che erano apparse alla conferenza di Dumbarton Oaks (agosto 1944), quelle dipendenti dalle preoccupazioni dell'Unione Sovietica di trovarsi isolata nellanuova organizzazione internazionale, eventualmente esposta al rischio di una nuova espulsione come era avvenuto nel 1939, si erano ormai chiarite definitivamente. Gromyko aveva chiesto l'ammissione di tutte le repubbliche dell'Unione Sovietica e un'ampia applicazione del diritto di veto, ma il discorso di Stalin del 6 novembre 1944 aveva assegnato alla futura organizzazione delle Nazioni Unite il compito di cementare l'alleanza delle tre grandi potenze al fine di scongiurare il ripetersi di nuove aggressioni e di imporre il rispetto della pace, indicava che la strada per l'intesa poteva essere trovata. Infatti, tanto sulla composizione dell'assemblea delle Nazioni Unite quanto sui poteri del Consiglio, si stavano delineando vaste possibilità di convergenza tra le tre potenze: se, quanto al primo aspetto, si comprendeva che l'Unione Sovietica avesse bisogno di garanzie concrete contro il pericolo dell'isolamento e, dal canto loro, Inghilterra e Stati Uniti non volevano dare all'Unione Sovietica un peso eccessivo, il diritto di veto stava a cuore a tutte e tre le potenze.

Riducendo le richieste per l'ammissione alle Nazioni Unite delle repubbliche sovietiche della Bielorussia, dell'Ucraina e della Lituania, Stalin riuscì a superare l'opposizione di Roosevelt, che era conscio che

questo rafforzamento della posizione dell'Urss non sarebbe stato accolto favorevolmente dall'opinione pubblica americana. Inoltre, insistendo sulle perdite e sulle rovine che le due repubbliche più occidentali dell'Unione Sovietica avevano dovuto subire a causa dell'aggressione nazista, riuscì ad avere il consenso di Churchill, che nel principio di ammissione di queste repubbliche sovietiche vedeva che avrebbe potuto condurre ad una più larga rappresentanza inglese mediante l'ammissione dei dominions. Se questa fu la trama principale della conferenza di Yalta, come si spiega che una fama largamente diffusa circondi la conferenza con accordi segreti e ne identifichi il contenuto in una spartzione del mondo?

In realtà, il comunicato emesso dai tre capi di governo al termine della conferenza rispecchiava da vicino quello che era stato il risultato degli accordi e ne sottolineava l'importanza di fronte alla coscienza dei popoli. L'unica eccezione fu quella costituita dagli accordi circa l'entrata in guerra dell'Unione Sovietica nella guerra contro il Giappone e dei compensi territoriali fissati a questo fine. Per tale aspetto gli accordi di Yalta restarono segreti fino a non essere comunicati nemmeno a Chang Kai-scek e al governo cinese, poiché gli Alleati avevano scarsa fiducia nella capacità del governo cinese di mantenerne la segretezza.

Nei fatti, le polemiche sulla segretezza di tali accordi, giunsero nel dopoguerra, a guerra fredda iniziata, nelle correnti anti- rooseveltiane della politica americana, anche perché, si sosteneva, l'intervento sovietico in Manciuria era inutile, dato lo scoppio delle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki; le concessioni fatte da Roosevelt a Stalin sembravano dunque gratuite e immotivate. Appare però necessario precisare che nel febbraio del 1945 Roosevelt non era in grado di fare se non delle previsioni vaghe circa i tempi e i risultati dell'uso della bomba atomica, e che il settore manciuriano, dov'era concentrata una parte rilevante dell'esercito giapponese, era

considerato uno dei principali campi di battaglia della seconda guerra mondiale.

Il comunicato conclusivo della conferenza testimoniava un alto grado di unità raggiunto dalle tre grandi potenze del campo anti- hitleriano, sia sui fini politici della guerra che sull'organizzazione della pace, e frustrò le ultime speranze di Hitler di una rottura dell'alleanza fra gli anglo-americani e i sovietici.73 Questo accordo, sottoscritto da

Stati di differente organizzazione sociale e politica, divisi da diversità di tradizioni e di interessi, rappresentava un punto di arrivo di grande importanza di un'alleanza militare che aveva trovato anche una intesa politica.

Un discorso più complesso deve farsi invece intorno all'opinione diffusa che attribuisce agli accordi di Yalta la responsabilità nel delinearsi di una pace fondata sulla divisione del mondo in sfere di influenza; in realtà, stando ai verbali della conferenza, ciò non traspare: gli accordi di Yalta non sancirono affatto la spartizione del mondo in due sfere di influenza.

Il riconoscimento della unità delle tre grandi potenze implicava necessariamente una consultazione reciproca su tutte le questioni che erano state all'origine della seconda guerra mondiale o che gli sviluppi del conflitto stesso potevano avere accentuato.

Un senso maggiore può avere invece, qualora si prenda in considerazione da una parte il rapporto tra gli accordi di Yalta e altri precedenti accordi intercorsi tra le tre potenze, e dall'altra il rapporto tra gli accordi di Yalta e l'origine della guerra fredda; l'elemento centrale del primo aspetto sono gli accordi Churchill-Stalin dell'ottobre del 1944. Corrisponda o meno alla realtà il racconto che Churcill fornì nelle sue memorie, ciò contraddisse le strategie messe in atto a Yalta. Che Churchill fosse stato l'iniziatore di questo accordo di spartizione dei

Balcani non stupisce, infatti era stato proprio lui a rivendicare il principio dell'equilibrio continentale tanto caro alla tradizione politica britannica.

Tutta la strategia churchilliana nella seconda guerra mondiale mirava sui Balcani come su una delle pedine più importanti per il riassetto di un nuovo equilibrio che il rafforzarsi della potenza sovietica poneva nuovamente in discussione. Stalin, d'altro canto, era anch'egli conscio che il suo Paese, ove avesse messo piede il suo esercito, avrebbe acquisito quel territorio come sua sfera di influenza (e questo valeva anche per gli angloamericani), ed era desideroso di scongiurare un nuovo pericolo di isolamento dell'Urss, come era accaduto fra le due guerre.

Stalin, a Yalta, riaprì anche il discorso intorno alla Grecia e in generale ai Paesi che erano stati oggetto dell'accordo dell'ottobre del 1944: è indubbio che gli accordi di Yalta presupposero tacitamente quell'accordo senza rimetterne in discussione la natura e le conseguenze. Cosicchè, ai principi generali che la conferenza di Yalta venne solennemente enunciando, resto sottesa e non modificata la realtà di una intesa di tipo diverso, più legata agli schemi consueti della politica di potenza. Il fatto era che la politica rooseveltiana di una intesa con l'Unione Sovietica per portare a termine vittoriosamente la guerra in Europa e in Asia e inaugurare una politica di coesistenza pacifica e di collaborazione economica tra le grandi potenze capitaliste e lo Stato socialista poteva, in un primo momento, essere presa in considerazione.74 Prima di tutto, c'era la certezza che non esisteva

coalizione militare che potesse guardare con certezza di successo ad una resa dei conti con l'Unione Sovietica, con cui oramai bisognava consultarsi in ogni questione di rilevanza mondiale. Inoltre l'Urss sarebbe uscita dalla guerra con alcune delle sue regioni più ricche completamente distrutte e quindi ben lontana dal contrastare il predominio americano, ma anche bisognosa del suo aiuto per la 74 Antonio Varsori, Storia internazionale, il Mulino, Bologna, 2015, pagg.250-255

ricostruzione postbellica.

La crisi di questa strategia però apparve subito visibile all'indomani della morte di Roosevelt, il 12 aprile del 1945: innanzitutto la ragione primaria di questa crisi fu il monopolio dell'arma atomica da parte degli Stati Uniti e della decisione da parte della sua classe dirigente di usarlo come arma di ricatto e di pressione. Questo comportamento accelerò processi fino ad allora solo parzialmente visibile e delineati. Inoltre, il dissidio ideologico fra gli anglo-americani e i sovietici era troppo forte e, se era nascosto dalla presenza di un nemico comune, distrutto questo nemico era ovvio che tale dissidio sarebbe esploso in tutta la sua tragicità.75 Già la conferenza di Potsdam,

che pure si concluse qualche giorno avanti che la prima bomba atomica americana su Hiroshima fosse sganciata, fu improntata ad un significativo cambiamento di atmosfera.

Gli accordi di Yalta furono il momento più alto della Grande Alleanza, ma restarono un momento per molti aspetti isolato tra i residui di divisioni di un passato che non si era integralmente cancellato e un futuro che non si poteva né dominare né prevedere.