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La Conferenza di Teheran

5. Parte diplomatica

5.2 La Conferenza di Teheran

Il primo incontro dei Tre Grandi, avvenuto alla Conferenza di Teheran (28 novembre-1 dicembre 1943), deve essere visto,perciò, come il coronamento di un processo lungo e faticoso, come il punto di arrivo di una lunga fase di rapporti politici nel corso della quale le spinte convergenti avevano finito con l'avere la meglio sulle resistenze e sulle opposizioni.

Fra i motivi che spinsero le tre potenze ad incontrarsi in una conferenza ci furono la richiesta sovietica di un accordo generale che chiarisse i fini politici della guerra e lo stato da dare all'Europa dopo la sconfitta di Hitler e le reiterate proposte di Roosevelt perché ai frequenti incontri fra i due capi delle potenze occidentali ne seguisse uno insieme a Stalin.68

Gli incontri bilaterali anglo-americani, sovietico-americani e anglo-sovietici avevano contribuito a chiarire le linee guida degli obiettivi comuni degli Alleati: l'apertura del secondo fronte e le condizioni di pace da imporre agli Stati dell'Asse, la definizione dei confini e le prospettive della cooperazione postbellica.

La conferenza dei tre ministri degli esteri delle tre grandi potenze, Hull, Eden e Molotov, svoltasi a Mosca tra il 19 e il 30 ottobre del 1943, aveva gettato definitivamente le basi dell'incontro dei Tre Grandi, anche se la destinazione della sede a Teheran rese necessarie alcune trattative supplementari. Le decisioni prese alla conferenza di Mosca sul ristabilimento dell'indipendenza austriaca, sull'eliminazione del fascismo in Italia e la dichiarazione quadripartita (vi fu inserita anche la Cina) in base al quale le quattro potenze si impegnavano ad agire di comune accordo per conservare la pace e la sicurezza e gettavano le basi della futura organizzazione delle Nazioni Unite, costituirono della conferenza di Teheran l'antecedente immediato. Probabilmente, però, un peso non minore ebbero gli incontri fra il segretario di Stato americano Cordell Hull e Stalin.

Questi incontri testimoniano come l'accordo fra le due grandi potenze scaturisse dalla comune volontà, maturata attraverso le esperienze della guerra, di uscire dalla politica isolazionista che per vari motivi avevano perseguito fino a quel momento e di cercare un accordo sulle possibilità di cooperazione in tempo di pace.E' perciò comprensibile che la conferenza di Teheran si aprisse con un colloquio privato fra Roosevelt e Stalin, poiché gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica si profilavano già come gli Stati intorno a cui il mondo avrebbe guardato nel dopoguerra.

E' soprattutto per questo motivo che a Teheran si svolsero simultaneamente due conferenze: una tripartita, alla quale partecipano i tre capi di governo affiancati dai ministri degli esteri e dagli esperti militari e che procede secondo un'agenda sua propria seguendo gli argomenti militari e politici in discussione; un'altra, più appartata conferenza a due fra Roosevelt e Stalin, che cerca un incontro ed un accordo su questioni più lontane, di prospettiva della pace.

ruolo dei Tre Grandi non è semplice: le parti che di solito si delinearono furono di Roosevelt il conciliatore e il presidente morale della conferenza, di Churchill il negoziatore più scaltro ed eloquente, di Stalin l'uomo più laconico e reciso. In questa luce Stalin appare come la figura centrale della conferenza di Teheran; on nessun'altra circostanza, in misura maggiore che a Yalta e a Potdsam, egli appare come un politico realista, e tutto il suo sforzo fu teso a stabilire un ponte tra la condotta della guerra e le linee direttive della pace.

Sul primo punto era essenziale il coordinamento dello sforzo da Occidente e da Oriente, e perciò la sollecitazione dell'apertura del secondo fronte non in un settore secondario, ma laddove fosse possibile infliggere alle truppe tedesche stanziate in Occidente un colpo decisivo, cioè in Francia. Sul problema dell'assetto postbellico egli perseguiva l'obiettivo di una sistemazione che impedisse la rinascita del militarismo tedesco. Di fronte a lui stava però un Churchill disposto a combattere l'ultima battaglia per strappare un'assicurazione che non rendesse assolutamente necessario l'inizio dell'operazione Overlord e a sostenere il proseguimento dell'offensiva in Italia, un eventuale sbarco nei Balcani o la pressione sul governo turco per un intervento della Turchia, come preparativi di un operazione Overlord ulteriormente rinviata nella sua esecuzione; c'era poi un Roosevelt che, ormai definitivamente convertito all'idea di uno sbarco in Francia, preferiva dare come scontato e accettato un accordo su questo punto e spostare l'attenzione sul modo in cui organizzare il mondo nel dopoguerra.

A Teheran Stalin, però, pose subito in rilievo che la creazione del secondo fronte e un accordo per l'annientamento dell'imperialismo tedesco fosse indispensabile per ogni serio discorso sull'assetto del mondo dopo la guerra.69 Quindi, se fin da principio disse a Roosevelt e

Churchill che l'Unione Sovietica, dopo la sconfitta della Germania, avrebbe avuto forze sufficienti per intervenire contro il Giappone, si

dimostrò estremamente cauto riguardo al piano delle Nazione Unite che gli espose Roosevelt. In questo Stalin vedeva un tentativo di imbrigliare l'Unione Sovietica in organismi internazionali, delegittimandone l'autorità e diminuendone la forza. Fu appunto richiamandosi all'importanza fondamentale del problema tedesco, e come necessario punto di passaggio per il trasferimento del peso militare dell'Urss dall'Europa all'Estremo Oriente e come banco di prova della funzione della nuova organizzazione internazionale proposta da Roosevelt, che Stalin riuscì a collegare la soluzione del problema del secondo fronte con la questione dell'organizzazione della pace. In ogni caso, le sue affermazioni che l'esperienza storica avrebbe dimostrato che la Germania aveva avuto bisogno di un tempo sempre più ristretto per preparare una guerra di aggressione (più di quarant'anni dalla guerra franco-prussiana alla prima guerra mondiale, vent'anni tra la prima e la seconda guerra mondiale) non teneva conto delle condizioni diverse nelle quali le tre guerre erano sorte e soprattutto come dalla prima e dalla seconda di queste la Germania fosse uscita in una condizione molto diversa.

Così pure, la sua affermazione circa la rapida convertibilità dell'industria di pace in industria di guerra, guardava più al passato che non al presente e al futuro della tecnologia industriale. La sua insistenza sul dovere primario di assicurare l'annientamento dell'imperialismo tedesco, mentre corrispondeva nel modo più stretto agli interessi nazionali dell'Unione Sovietica, esprimeva però anche nella forma più coerente il minimo comune denominatore dei popoli e degli Stati che facevano parte della Grande Alleanza.

L'insistenza di Stalin sull'operazione Overlord, sul tempo e sulle modalità della sua esecuzione, e sulla persona del comandante di questa impresa è entrata giustamente nella storia come il momento decisivo dei colloqui di Teheran. A Teheran Stalin, comunque, era stato l'unico dei Tre Grandi che si fosse presentato senza un piano preciso per

la sistemazione postbellica della Germania. Come programma di massima aveva fatto valere quello della distruzione senza residui dell'imperialismo tedesco, mentre come rivendicazioni specifiche dell'Unione Sovietica aveva avanzato, senza trovare opposizioni né da Churchill né da Roosevelt, l'acquisto dei porti non gelati di Konigsberg e di Memel, con la giustificazione che essi si trovavano su territori già in precedenza appartenuti agli slavi.

Per Stalin si trattava di eseguire un programma che prevedesse l'impossibilità di un nuovo ritorno aggressivo della Germania, che raggiungesse garanzie di sicurezza per l'Unione Sovietica: Churchill e Roosevelt erano divisi su questo punto. Per Churchill e il governo inglese la questione tedesca si presentava come il nucleo centrale dell'assetto postbellico europeo e assumeva un'importanza primaria negli obiettivi di guerra per la quale l'Inghilterra aveva combattuto. Essi già sapevano che l'indebolimento della Francia e la sconfitta della Germania impedivano un ritorno a quell'equilibrio di potenze europeo che era stato l'obiettivo costante della politica estera inglese verso l'Europa. Dovevano essere cercate strade nuove che impedissero un minaccioso ritorno della potenza tedesca e impedissero il dilatarsi dell'influenza sovietica in Europa e l'estendersi del comunismo. Questa strada fu ravvisata da Churchill a Teheran e consistette, sotto il profilo economico, nella preservazione della potenza industriale tedesca sotto il controllo delle potenze alleate e, sotto il profilo politico, in una separazione della Prussia dal resto della Germania, la quale, riunita all'Austria e ad altri Paesi danubiani, avrebbe dovuto dare luogo ad uno Stato federale.70

Con la separazione della Prussia Churchill mirava a scongiurare una ripresa del militarismo tedesco, con la riunione delle altre parti in uno Stato federale centroeuropeo, mirava a scongiurare un “vuoto di potenza” in Europa che avrebbe consentito all'Unione Sovietica di

espandersi. Diversa era la posizione degli Stati Uniti: per Roosevelt ed i suoi collaboratori, la questione tedesca non era primaria, ma rappresentava bensì uno dei tanti problemi verso i quali si rivolgeva la sua politica di portata mondiale in Europa e in Asia.

Roosevelt era convinto che in tutte queste questioni si sarebbe dovuta trovare un'intesa con l'Urss, tenuto conto che ora essa era diventata una superpotenza. Il presidente americano, nella sua conversazione con Stalin, aveva prospettato la possibilità di un intensificarsi dei rapporti commerciali tra Usa e Urss; una proposta che Stalin aveva accettato in linea di massima.

A Teheran le tesi di Roosevelt sull'assetto postbellico della Germania si erano presentate ancora in fase embrionale; egli vi aveva sottolineato con particolare forza la necessità di separare la Germania in sette parti. L'aspetto politico della questione mostrava il riferimento ad una internazionalizzazione delle regioni decisive dell'industria tedesca (Renania-Westfalia e la zona dei grandi porti della Germania settentrionale): esso mostrava già un riferimento al piano Morgenthau, elaborato nei mesi successivi dai collaboratori di Roosevelt, che consisteva nella trasformazione della Germania in paese agricolo e pastorale.

A Teheran un accordo di massima era stato raggiunto anche per la Polonia: Churchill aveva usato l'immagine dei “tre fiammiferi”, considerando i territori dell'Urss, della Polonia e della Germania, ciascuno dei quali, per non dare luogo ad una combustione, avrebbe dovuto essere spostato ad occidente, avanzando la tesi che il territorio della nuova Polonia avrebbe dovuto estendersi tra la linea Curzon e l'Oder.