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Guarda “Il cittadino come arbitro”? Dipartimento di Scienze politiche e sociali Bologna, 15 aprile 2013

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SCIENZA &POLITICA, vol. XXV, no. 48, 2013, pp. 191-194 ISSN: 1825-9618

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S

CIENZA

&

P

OLITICA

per una storia del le dottrine

“Il cittadino come arbitro”?

Dipartimento di Scienze politiche e sociali

Bologna, 15 aprile 2013

Eleonora Cappuccilli

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BOLLETTINO –“Il cittadino come arbitro”?

SCIENZA &POLITICA

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Il 15 aprile 2013 a Bologna, presso il Dipartimento di Scienze politiche e so-ciali, si è svolta la tavola rotonda “Il cittadino come arbitro”? in onore di Ro-berto Ruffilli, ucciso per mano delle Brigate Rosse. Nonostante siano passati ormai 25 anni dalla sua morte, il suo ricordo è ancora vivo, come dimostrano gli interventi dei sette relatori, i quali hanno unanimemente concordato sull'attualità dell'opera e del pensiero di Ruffilli.

Raffaella Gherardi ha sottolineato come la sua morte non sia stata legata solo all'impegno per le riforme, ma anche al ruolo accademico, dato che nel comunicato di rivendicazione dell'omicidio da parte delle Brigate Rosse emer-ge proprio la volontà di colpire tanto l'uomo politico della Democrazia Cri-stiana impegnato nella Commissione parlamentare per le riforme costituzio-nali, quanto l'uomo di scienza, lo storico delle istituzioni politiche e l’esperto di partiti e movimenti. Secondo Gherardi, tre sono gli elementi fondamentali del suo pensiero. Il primo è l'idea, di matrice kelseniana, che alla base della politica vi sia il rapporto possibile tra diversi e non il conflitto schmittiano tra amico e nemico. Il secondo elemento è l'ideale del cittadino-arbitro, la cui partecipazione attiva è fondamentale per la democrazia e va curata anche nel-le istituzioni locali. Il terzo cardine del pensiero di Ruffilli è la costante ponel-le- pole-mica contro le grandi semplificazioni o i piccoli aggiustamenti nelle istituzio-ni, che si lega all'appello per una politica ben temperata a tutti i livelli.

Nell'intervento successivo Augusto Barbera ha affermato che le proposte a cui Ruffilli aveva lavorato nella Commissione Bozzi sono le stesse che oggi vengono riportate all'ordine del giorno dal gruppo dei “saggi”, nominati dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in un momento di crisi istitu-zionale. Ruffilli, infatti, sosteneva la necessità della democrazia interna ai par-titi e il loro finanziamento trasparente, il bicameralismo differenziato, il raf-forzamento dell'istituto referendario, il pluralismo dei mezzi di informazione. Tutti provvedimenti che, secondo Barbera, sarebbero ancora oggi necessari per rinvigorire la democrazia italiana.

Secondo Gianfranco Pasquino, le riforme a cui stava lavorando Ruffilli, e in particolare quella del sistema elettorale, erano sostanziate da una visione complessiva e da una profonda conoscenza storica. Il suo mestiere politico era complicato dal fatto che non ebbe mai il partito dietro di lui, ma dovette co-stantemente portarlo dalla sua parte. Per quanto riguarda l'idea del cittadino come arbitro della politica, è significativo il modo in cui Ruffilli rimette il ruo-lo della cittadinanza al centro dell'arena politica; tuttavia per Pasquino il cit-tadino non è un agente neutro, ma è un giocatore in campo a cui bisogna ga-rantire la scelta delle squadre in competizione. Ciononostante, Pasquino con-corda con Ruffilli sul fatto che ciò che ancora manca all'Italia è una cultura

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della coalizione che, fondata lealtà e condivisione, consenta ai governi di du-rare.

Nella sua relazione Paolo Pombeni ha sottolineato l’importanza del background culturale ed educativo di Ruffilli. La sua formazione negli oratori, la fede cattolica, l'esperienza alla casa editrice Il Mulino, l'appartenenza a una scuola di pensiero complessiva, che si poneva il problema dello Stato moder-no. Proprio per questo, secondo Pombeni, Ruffilli esprimeva l'esigenza del mondo cattolico di studiare e affrontare la questione del costituzionalismo.

Angelo Panebianco ha aggiunto che Ruffilli era uno storico delle istituzioni e un uomo di grande curiosità che, nel teorizzare il bicameralismo differenzia-to, poneva una questione attualissima, quella della natura stessa della demo-crazia. Secondo Panebianco l’origine del blocco istituzionale in Italia, è che non c'è mai stato un accordo autentico sul problema della democrazia, pro-blema che prima non si è potuto discutere a causa della guerra fredda e, dopo il 1989, perché si è sempre temuto di favorire governi forti. Rimettere in gioco il bicameralismo, ha continuato Panebianco, voleva dire stabilire a quale pote-re togliepote-re forza per darlo all'esecutivo. Con la fine del bipolarismo, si era a-perta una finestra di opportunità per rimettere in discussione gli equilibri tra i poteri, ma quella apertura è stata sprecata. Ricordando l'interesse di Ruffilli per la cultura, Panebianco ha infine affermato che non basta riformare le isti-tuzioni per ottenere un cambiamento vero, ma bisogna agire sulle tradizioni culturali, che resistono alle trasformazioni istituzionali. Un accordo sui prin-cipi che permetta un mutamento istituzionale è possibile solo se si dichiara esplicitamente quale tipo di democrazia si ha in mente.

La democrazia che Ruffilli aveva in mente era sicuramente “immediata”: secondo il suo allievo Carlo Fusaro. Ruffilli era favorevole a una partecipazio-ne non solo mediata dai partiti, ma attiva. Seguendo l'esempio di Ruffilli, Per Fusaro si dovrebbe tornare ai fondamentali della forma di governo parlamen-tare, se si vuole davvero produrre un mutamento istituzionale in senso demo-cratico. Per Fusaro, ciò significa produrre un sistema in grado di stabilire una maggioranza efficiente. Affinché ciò accada, sarebbe opportuno abolire il bi-cameralismo perfetto, stabilendo, di conseguenza, il rapporto fiduciario tra il governo e la seconda camera, con il contestuale rafforzamento del ruolo del primo ministro oppure del Presidente della Repubblica.

L'intervento conclusivo di Pier Alberto Capotosti ha ricordato Ruffili come colui che ha mostrato la crisi della Seconda Repubblica: egli temeva il plebli-scitarismo ed era contrario a forme di movimentismo o di delega, mentre au-spicava una gestione collegiale del governo. Egli credeva profondamente nel sistema parlamentare, pur sostenendo l'esigenza di meccanismi di

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razionaliz-BOLLETTINO –“Il cittadino come arbitro”?

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zazione. Richiamando le parole di Ruffilli, secondo Capotosti, per attuare le riforme ci vogliono pazienza e competenza, ovvero un certo gradualismo an-che nell'attuazione delle idee di Ruffilli, perché altrimenti si rischia di dare vi-ta a una creatura fragile; è necessario passare dalle parole ai fatti e dalle rifor-me più piccole a quelle più grandi.

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