UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA
DIPARTIMENTO DI ECONOMIA E MANAGEMENT Corso di Laurea Magistrale in
MARKETING E RICERCHE DI MERCATO
HERITAGE MARKETING E MUSEI D’IMPRESA.
I RISULTATI DI UN’ANALISI EMPIRICA.
Relatore
Prof.ssa Antonella Angelini Candidato
Ghita Safaee Chai Kar
Indice
Introduzione ... 1
1 HERITAGE MARKETING ... 4
1.1 Valorizzazione del patrimonio storico d’impresa ... 4
1.1.1 Definizione di Heritage marketing ... 4
1.1.2 Lo scopo e i vantaggi dell’heritage marketing ... 6
1.1.3 La storia dell’heritage marketing ... 8
1.2 Marketing esperienziale ... 10
1.3 Heritage marketing in Italia ... 13
1.4 Le strategie di heritage marketing ... 15
1.4.1 La comunicazione dell’heritage ... 19
1.5 L’evento heritage ... 27
1.6 Creazione di nuovi prodotti e merchandising ... 29
2 UN CONNUBIO TRA CULTURA, STORIA E MARKETING AZIENDALE ... 31
2.1 Archivi d’impresa ... 31
2.1.1 Archivi d’impresa in Italia... 35
2.2 Musei d’Impresa ... 39
2.2.1 Differenza tra museo e museo d’impresa... 39
2.2.2 Cos’è un museo d’impresa ... 41
2.2.3 Perché creare un museo d’impresa ... 45
2.2.4 Le principali funzioni di un museo d’impresa ... 47
2.2.5 Le diverse tipologie di museo d’impresa ... 48
2.3 Ruolo del marketing nella gestione dei musei ... 50
2.3.1 La storia e l’evoluzione del marketing museale ... 52
2.3.2 Il prodotto e la comunicazione nel marketing museale ... 57
2.3.3 Edutainment e musei virtuali ... 59
2.3.4 L’esperienza e il servizio nel marketing museale ... 61
2.3.5 Principali problematiche del marketing museale ... 64
3 IL SERVICESCAPE ... 67
3.1 L’evoluzione e il concetto di servicescape ... 67
3.2 Che cos’è il servicescape ... 70
3.2.1 L’impatto del servicescape sulla qualità del servizio offerto ... 73
3.3 Il museo come spazio espositivo ... 77
3.3.1 I segnali atmosferici in un ambiente museale ... 79
3.3.2 Reazioni interne dei visitatori e reazioni all’ambiente ... 88
3.4 Service blueprint ... 90
4 ANALISI EMPIRICA SU QUATTRO REALTÀ TOSCANE ... 94
4.1 Metodologia d’indagine e casi studio ... 94
4.1.1 Aboca Museum ... 97
4.1.2 Fapim Museum ... 102
4.1.3 Museo Salvatore Ferragamo ... 107
4.1.4 Museo e Archivio Storico Piaggio ... 115
4.2 I risultati dell’indagine ... 121
Conclusioni ... 126
Allegato: intervista semi-strutturata ... 128
Bibliografia ... 130
Introduzione
Il museo e l’impresa per molto tempo sono stati visti come due elementi differenti e distanti, portando molti imprenditori ad essere restii nella realizzazione dei musei aziendali. Il museo veniva visto soprattutto come un luogo culturale, molto lontano dal concetto di business. Con gli anni però queste nuove realtà hanno cominciato sempre di più a prendere piede, venendo viste come strumenti di marketing e comunicazione utili per raggiungere obiettivi sociali, di immagine, di fidelizzazione e di differenziazione. Nel momento in cui un’impresa decide di aprire un museo ha sia scopi di valorizzazione del patrimonio storico e artistico ma anche scopi di marketing, meno consapevoli ed espliciti. I musei d’impresa permettono all’azienda di collezionare, conservare, mostrare e trasmettere la loro identità ai visitatori. Considerando che il museo trasmette valori culturali, storici e sociali è importante associarli a imprese che negli anni hanno sviluppato un prestigio sul mercato e che hanno una storia aziendale e produttiva da raccontare. Il tema centrale per tutti però deve concentrarsi su come sviluppare un rapporto interattivo con il consumatore, creando una comunicazione coinvolgente che permetta all’azienda di ottenere un grande valore aggiunto.
Il fenomeno dei musei aziendali ha registrato, negli ultimi anni, una grande diffusione anche in Italia, nonostante l’andamento più lento rispetto a paesi come Germania, Gran Bretagna e Olanda e ha assunto un’importanza significativa come riscontro empirico delle teorie d’impresa.
Il seguente elaborato ha lo scopo di far capire quali sono le peculiarità e gli elementi distintivi di un museo d’impresa rispetto alle altre strutture museali.
Perché un’impresa decide di creare un museo dedicato all’azienda? Quali sono le loro finalità? Come si aggancia il discorso del museo alla notorietà del brand? L’idea era quella di capire quali fossero le ragioni economiche e sociali che portano un’azienda a effettuare un investimento aziendale in un museo. Queste sono solo alcune delle domande che ci siamo posti prima di iniziare l’elaborato.
Alla luce di quanto evidenziato il lavoro si compone di quattro parti.
Il primo capitolo, più generale e di inquadramento, si occupa di definire i temi saliente dell’heritage marketing. Si andrà a definire l’importanza e lo scopo del patrimonio storico, materiale e immateriale di un’impresa e la sua rilevanza per la creazione e
ideazione di un museo aziendale. Allo stesso modo si andranno a rilevare le strategie di heritage marketing maggiormente utilizzate da un museo d’impresa per la valorizzazione del proprio marchio storico.
L’heritage marketing rappresenta la strategia di comunicazione e di vendita delle aziende basata sul patrimonio storico delle imprese. Grazie all’heritage marketing le imprese riescono a distinguersi dalla concorrenza e allo stesso tempo creare delle relazioni con varie figure professionali e non, trasmettendo ai diversi pubblici di riferimento la propria identità, la propria cultura e le esperienze che hanno reso unici e distintivi i propri marchi e prodotti. Allo stesso tempo le imprese riescono a creare fiducia, grazie al fatto che i soggetti si fidarsi maggiormente di chi trasmette un senso di solidità e affidabilità e a creare coinvolgimento intrecciandosi con molte altre storie, evocando ricordi e emozioni nei consumatori. La storia viene vista come garanzia di qualità e originalità dei prodotti che permette alle aziende di ottenere dei grandi vantaggi competitivi e raggiungere una sorta di visibilità, ricercata fino a questo momento attraverso strategie differenti.
Nel secondo capitolo, invece, entriamo sempre più nello specifico del tema andando a rilevare la relazione che si va a creare tra cultura, storia e marketing. In particolare andiamo a trattare le due grandi realtà che costituiscono le strategie di heritage marketing da utilizzare in azienda: gli archivi d’impresa e i musei d’impresa.
Per i secondi, essendo nello specifico il nostro oggetto d’indagine, verrà mostrata l’importanza del marketing come strumento di crescita e collegamento tra il museo e il visitatore. Il marketing comincia ad entrare gradualmente nella sfera dei musei alla fine degli anni Settanta e piano piano si comincia a parlare di marketing museale. Grazie a questo nuovo concetto i musei iniziano a comprendere l’importanza della “commercializzazione dei musei” di modo da distorcere la visione negativa di alcuni visitatore, facendo interagire sempre di più i soggetti con il museo. Il marketing diviene la connessione tra musei e visitatori. La crescente intensità della concorrenza e i cambiamenti di comportamento dei visitatori hanno costretto i musei a cercare nuove fonti di vantaggi competitivi, perché, grazie alla figura del professionista di marketing, si riescono a comprendere i cambiamenti nella coscienza collettiva, nelle tendenze e nell’evoluzione delle mode.
Nel terzo capitolo ci focalizziamo sul tema del servicescape. Lo scopo era quello di capire quanto fosse importante per un museo d’impresa studiare l’ambiente fisico del servizio erogato, sia dal punto di vista esterno che interno. Molti studi, infatti, sono stati svolti sui musei in generale, arrivando a dei risultati sulla luce, sulle musiche, sulle temperature e sui colori ma, altrettante ricerche non sono state svolte nell’ambito dei musei d’impresa. Attraversa questo elaborato abbiamo voluto capire quanto i musei d’impresa investono nel servicescape, quanto tempo vi dedicano e quanto ritengano sia importante questo tema per instaurare un buon rapporto con il visitatore.
Infine l’ultimo capitolo è dedicato all’analisi empirica. Grazie a un questionario semi-strutturato ho effettuato delle interviste face-to-face a quattro responsabili o direttori di musei d’impresa in Toscana. I musei in questione sono: Aboca Museum, Fapim Museum, Museo Salvatore Ferragamo e Museo Piaggio. I temi trattati durante l’intervista riprendono le considerazioni fatte nei primi capitoli dell’elaborato e in particolare: l’heritage marketing e il servicescape. Nella parte finale dell’elaborato vengono tratte delle conclusioni sulla base dei risultati ottenuti dalle interviste svolte.
1 HERITAGE MARKETING
1.1 Valorizzazione del patrimonio storico d’impresa
1.1.1 Definizione di Heritage marketing
Solo recentemente la parola heritage è stata affiancata alla parola marketing e per questo non esiste una grande letteratura al riguardo e le scoperte derivano principalmente dall’esperienza diretta.
Parafrasando Hegel, i prodotti e i servizi hanno un proprio valore non tanto per i bisogni che possono soddisfare, ma in quanto ad essi viene associato un significato.
Una delle definizioni più attuali è quella offerta da Marani e Pavoni i quali sostengono che “per heritage si intende il patrimonio complessivo costituito da tutto ciò che il passato ha trasmesso all’oggi e che definisce l’identità di un territorio, di una popolazione, di un gruppo sociale. Cibo, ambiente, prodotti dell’uomo, emergenze architettoniche e naturali, riti, feste, bagagli di conoscenze, storie, leggende, questo e altro ancora costituisce l’eredità che è arrivata a noi e che oggi consideriamo rappresentativa del passato in cui ci riconosciamo” (Marani, Pavoni, 2006). Il richiamo al passato è presente nella vita di tutti i giorni; segni, simboli e allusioni che permettono di “vivere un’esperienza storica”, semplicemente attraverso il richiamo alla mente delle atmosfere. Come concetto, dunque, opera come portatore di valori storici del passato (Nuryanti, 1996).
L’altra parola del binomio, il termine “marketing”, viene definito da diversi studiosi ed è “il processo che consiste nel pianificare ed elaborare una concezione, nel fissare il prezzo, nel promuovere e distribuire idee, beni e servizi per creare scambi che soddisfino gli individui e gli obiettivi dell’organizzazione” (AMA, 1985). Inoltre “si fonda sull’idea che ogni individuo abbia un insieme di bisogni e desideri da appagare (autostima, cibo e riparo, educazione, socializzazione, divertimento, un certo livello di vita, creatività ecc.) e che questi vengano soddisfatti da una varietà di prodotti e servizi.” (Kotler, 2004). Per soddisfare i consumatori è necessario che il marketing si occupi di capire quali sono i loro bisogni e le loro esigenze per poter sviluppare prodotti e servizi che potrebbero andare a soddisfarli. La produzione è orientata al consumatore.
L’affiancamento dei termini “marketing” e “heritage” risale agli inizi degli anni Settanta del Novecento negli Stati Uniti. In quel periodo le strategie di vendita e la comunicazione pubblicitaria erano osservate con interesse da sociologi, psicologi, studiosi di comunicazione. Dall’osservazione pratica delle strategie pubblicitarie di alcuni brand classici nacque la definizione di Heritage Marketing. Fino a quel periodo l’idea di unire questi due concetti era impensabile: il marketing aveva lo scopo di identificare e capire i bisogni dei consumatori, arrivando a modificare il rapporto di mercato tra impresa e consumatore, mentre il patrimonio storico era visto come qualcosa di vecchio, da dimenticare e superare. Le fabbriche tendevano alla modernità e il periodo bellico che aveva caratterizzato il paese voleva essere dimenticato.
L’heritage marketing è un concetto che riguarda la realtà storico e economica delle imprese. Letteralmente significa “marketing dell’eredità”, dove per eredità si intende il patrimonio storico, materiale e immateriale di un’impresa. Più precisamente, l’heritage marketing è la strategia di comunicazione e di vendita che si basa sul patrimonio storico delle imprese, inteso come strumento di differenziazione competitiva e è una risorsa relazionale. Per “strumento di differenziazione competitiva” si intende qualcosa che serve a distinguerci dalle imprese concorrenti, mentre per “risorsa relazionale” si intende ciò che crea relazioni con consumatori, investitori, ma anche opinion leader, blogger e giornalisti.
L’heritage marketing è visto come qualcosa di universale e ci sono molti studi che mostrano un alto interesse per la sua preservazione (McDonald, 2011). Tuttavia, nonostante la sua innegabile presenza spesso viene considerato un concetto ampio e sfuggente. Nuryanti (1996) vede l’heritage come “parte delle tradizioni culturali di una società” mentre Yale (1991), sostiene che l’eredità non sia altro che “il turismo centrato su ciò che abbiamo ereditato che va da edifici storici, opere d’arte a paesaggi”. Tuttavia nonostante tutti questi punti di vista, è importante considerare l’eredità anche in termini di identità individuale e collettiva. Howard (2003) suggerisce che “le persone e le loro motivazioni rappresentano l’eredità”. Quindi mentre l’autenticità si basa sul valore intrinseco dell’oggetto o del luogo, l’eredità deriva dal soggetto. Il patrimonio può quindi essere visto come una testimonianza materiale e socio-psicologica dell’identità che fornisce una sorta di “ancoraggio esistenziale” ai consumatori (Balmer, 2011). Il patrimonio è tutto ciò che un individuo ritiene abbastanza importante da conservare per le generazioni future.
Le interpretazioni locali dell’eredità possono avere un ruolo importante da svolgere nel campo del marketing perché basandosi su un senso di luogo può “rinforzare e rivitalizzare un’area locale, nazionale e internazionale” (Misiura, 2006). Questa relazione tra eredità e marketing può servire a un duplice scopo: come base per proseguire lo sviluppo economico e in secondo luogo per facilitare l’identificazione dei luoghi per i residenti (Kavaratzis, 2004).
1.1.2 Lo scopo e i vantaggi dell’heritage marketing
L’heritage marketing utilizza il patrimonio storico dell’impresa come risorsa strategica dell’impresa da cui permeare le azioni di marketing, branding e comunicazione; tutte le attività di marketing promosse dall’impresa per posizionare e comunicare il brand attraverso la propria storia, facendo leva sugli elementi simbolici ed emozionali ad essa connessi. Attiene essenzialmente alla capacità dell’impresa di trasmettere ai diversi pubblici di riferimento la propria identità e cultura, le esperienze che hanno reso unici e distintivi i propri marchi e prodotti.
L’heritage marketing è efficace per svariate motivazioni. Prima fra tutti crea identità distintiva, il patrimonio storico di un brand è qualcosa di unico e inimitabile che ci distingue dagli altri. In secondo luogo crea fiducia perché tendiamo a fidarci di più di un’impresa che è presente da tanto tempo sul mercato perché ci da un messaggio di solidità e affidabilità. Inoltre crea coinvolgimento dato che la storia di un’azienda si intreccia con una pluralità di altre storie. Le aziende puntano su questi prodotti perché riescono a unire la storia e la tradizione con le tecnologie e il design all’avanguardia riuscendo ad evocare i ricordi e l’emotività dei consumatori. L’istituzione del patrimonio aziendale rappresenta un valore inestimabile e redditizio per l’organizzazione e per i proprietari, come se la storia fosse garanzia di qualità e originalità del prodotto e diventasse una fonte dalla quale creare nuovi linguaggi, contenuti e simboli. Questo approccio offre alle aziende diverse possibilità tra cui: riferirsi al periodo storico più positivo e longevo per l’azienda; garantire qualità e originalità per i propri prodotti; evidenziare il proprio modo di innovare e svilupparsi senza perdere riconoscibilità; creare sinergie con il proprio target; sviluppare forza e tenacia nel superare le difficoltà; utilizzare i patrimoni storici di una comunità, di una figura carismatica o di un’azienda. Con la globalizzazione la vita media delle imprese, in particolare quelle a carattere
familiare, è sempre più breve. In Italia rappresentano il 93% del tessuto imprenditoriale e di queste solo il 15% oltrepassa la seconda generazione e solo il 5% arriva alla terza. Un’azienda che possiede una storia e una tradizione familiare pluri-generazionale ha in mano un potente strumento di marketing dal quale si possono ricavare numerosi vantaggi competitivi ma che spesso non si sa valorizzare. L’heritage marketing è appunto quella branca del marketing che studia come mettere a frutto il patrimonio storico-culturale di un’azienda.
“Viviamo in un periodo storico in cui più che mai si avverte un distacco generazionale tra noi, i nostri padri e i nostri figli. Una delle principali cause di questo gap generazionale risiede nella “mancanza di opportuni canali di trasmissione culturale”, che porterebbe lentamente la tradizione a soccombere di fronte ai rapidi cambiamenti in corso a livello globale” (Professor Magagnino, Università di Verona).
Le identità del patrimonio aziendale sono state definire come un tipo distinto di identità istituzionale. Negli ultimi anni il fenomeno organizzativo e l’approccio come risorsa strategica del patrimonio aziendale usato per scopi di marketing a livello aziendale ha sempre più attratto l’attenzione degli studiosi di marketing. Il concetto di patrimonio aziendale ricollega il passato, il presente e il futuro facendo riferimento a aspetti del passato di un’organizzazione presi in considerazione dagli attuali attori per poter essere mantenuto, nutrito e trasmesso alle generazioni future (Balmer, 2011).
L’heritage marketing si avvale del potere della narrazione per suscitare nei consumatori emozioni e ricordi legati alla propria storia personale, oltre che a quella dell’impresa: il cliente viene stimolato a richiamare alla mente le storie ed i ricordi che sono legati ai prodotti di quell’azienda e finisce per identificare parte di se stesso e della sua storia con essi. Nasce quindi l’esaltazione della propria storia come mezzo per il raggiungimento di una visibilità, ricercata fino a quel momento attraverso l’innovazione dei propri prodotti. La riscoperta dell’importanza per la storia dell’azienda e per la tradizione porta a un vero e proprio boom contemporaneo, aumento la risorsa relazionale sempre più importante da difendere e preservare.
Nella letteratura di marketing il concetto di heritage è presente in due ambiti. Il primo, è il filone di ricerca del brand heritage marketing che si riferisce al luxury e fashion marketing e riguarda le strategie di marketing fondate sul patrimonio culturale del brand (Hudson, 2011). Il secondo ambito, invece, è il cultural heritage marketing, ossia il marketing dell’eredità culturale e delle imprese culturali (Solima, 2004) che si è
sviluppato soprattutto all’interno del marketing del turismo (Addis, 2005; Kolar e Zabkar, 2010).
Negli ultimi anni una delle strategie di marketing più importanti si concentra sugli acquisti e sui punti vendita. Questo approccio è particolarmente presente nelle città post moderne che cercano di trasformare la loro immagine da luogo di produzione a luogo di consumo. Questa forte concentrazione del consumo porterebbe a un problema nella distinzione delle citte e alla perdita della loro unicità. Nonostante punterebbe al miglioramento dello sviluppo economico, questa tecnica sarebbe in contrasto con le priorità dei residenti e non ne migliorerebbe l’identificazione. È necessario identificare una strategia di marketing alternativa che ponga l’accento sul patrimonio locale. Miller suggerisce che un obiettivo centrale nella gestione del patrimonio è quello di garantire un equilibrio tra la conservazione (esigenze della risorsa) e il turismo (esigenza del visitatore). Ancora una volta però vengono trascurati i bisogni dei locali e diversi autori sostengono che ciò sia sbagliato, che devono essere centrali, partecipare a tutte le fasi di formulazione, progettazione e implementazione di una strategia di marketing e che coinvolgerli sia l’approccio più sostenibile che possa essere preso.
1.1.3 La storia dell’heritage marketing
Il comportamento sociale dei consumatori è oggi caratterizzato dal consumo dei beni e dei servizi da parte dei consumatori. Si ritiene che il consumatore stia sempre più passando dall’orientamento alla produzione ad uno al consumo. I prodotti arrivano ad avere una funzione e un ruolo sociale molto più grande rispetto a quello per il quale sono stati ideati e realizzati, arrivando ad esprimere e sviluppare una relazione con gli attori, comunicare i legami e a generare delle vere e proprie culture di consumo. Fino agli anni settanta il consumatore è sempre stato considerato un soggetto passivo, facilmente manovrabile e manipolabile. Da quel momento sono maturati e oggi nelle loro esperienze di acquisto trasmettono tutta la ricchezza della loro personalità e della cultura sociale a cui appartengono. Questi cambiamenti non solo hanno portato alla produzione di nuove merci ma hanno favorito anche lo sviluppo di una nuova cultura sociale.
Nella società industriale dell’ottocento notiamo come il benessere raggiunto dalla maggior parte della popolazione ha diminuito la necessità di sopravvivenza e ha aumentato lo sviluppo degli aspetti espressivi, simbolici e comunicativi dei loro atti di
consumo, rispetto a quelli legati alla semplice soddisfazione dei bisogni primari. Gli oggetti e le merci subiscono un processo di dematerializzazione progressiva che ne indebolisce l’identità e la fisionomia. Quest’epoca viene definita da Codeluppi “ipermodernismo”, caratterizzata principalmente da una saturazione dell’offerta che investe tutta la società, mercati di largo consumo troppo maturi, consumatori soffocati dall’iperscelta e aumento della concorrenza tra le imprese. Grazie a questa nuova epoca vediamo che le immagini prendono il posto delle parole, che la riflessività e la razionalità vengono sostituite dall’istinto e dall’immediatezza e tutto questo comporta la perdita di autenticità: il consumatore non riesce più a riconoscere ciò che è autentico e reale, gli sembra vero ciò che è nato come una simulazione e diventa eclettico e infedele ai prodotti e alle marche, sempre più disincanto e mutevole nelle sue scelte. Il consumatore attua un processo di ridefinizione dell’identità personale dove si ritrova a mescolare una serie di prodotti che potrebbero far pensare a un caos di beni senza linea guida ma che in realtà è riconducibile a una coerenza a livello individuale, dove si va a costruire la storia dell’individuo.
Dagli anni Ottanta esplode il bisogno di semplicità nel rapporto coi beni, adottano stili estetici essenziali come il minimalismo, utilizzo di tecnologie sempre meno complesse e la ricerca di tutto ciò che è semplice da impiegare. Alla semplicità si affianca il neotradizionalismo, dove si recuperano valori arcaici, che risponde a un mondo dei consumi sempre più complesso, valorizzando ciò che è stato selezionato dall’evoluzione della storia e ha saputo resistere all’usura provocata dal tempo. Il consumatore diventa “su misura”, cresce il valore del singolo soggetto e gli acquisti diventano più personalizzati. Il nuovo consumatore vuole beni che riescano a comunicare aspetti della sua personalità, del suo gusto, del suo stile e della sua cultura. Quindi non è più alla ricerca di uno status e non è più interessato all’ostentazione del valore economico del bene posseduto. Si parla quindi di un maggior legame affettivo. È presente inoltre una maggiore attenzione al servizio dove il consumatore tenderà a privilegiare le aziende che dimostrano di proteggere il suo tempo libero, fornendo servizi che facilitano il suo atto di acquisto e di consumo. Infine si sviluppano sia il progresso tecnologico ma anche quello informatico che permette al consumatore di dialogare direttamente col produttore per trasmettergli le proprie esigenze e bisogni. In questo periodo vengono riscoperte le relazioni tra i soggetti, i legami interpersonali grazie alla nascita e allo sviluppo di vere e proprie tribù dove vengono accumunati soggetti con una stessa passione o interesse, gruppi eterogenei in quanto composti da persone che svolgono lavori diversi e
appartengono a differenti classi sociali ma che sono accumunati dall’amore verso un brand, un oggetto o un rituale di consumo.
Tra gli anni 80 e 90 il termine heritage, di origine latina, comincia sempre di più ad essere utilizzata nei discorsi e nelle platee inglesi, nonostante fosse già presente durante il periodo rinascimentale, per indicare la successione di una proprietà trasmessa per eredità. Nascono cosi i primi fondi per la conservazione e la ristrutturazione di patrimoni storici inglesi di interesse nazionale e grazie alla rivoluzione industriale l’heritage trova la strada della modernizzazione portando all’affermazione di una nuova disciplina. Grazie a questi cambiamenti la parola heritage viene adottata a livello europeo e viene incorporata in molti progetti di valorizzazione territoriale. In tempi più recenti si è sviluppata un’attenzione ai temi inerenti la cultura d’impresa vedendo come il passato, il presente e il futuro di un’azienda o di una marca possano influenzare il posizionamento nel mercato e nell’interesse dei consumatori.
Oggi i consumatori sono quindi più maturi, consapevoli delle loro esigenze e nel voler soddisfare i loro bisogni, coerenti con la loro storia personale e con la volontà di voler comunicare agli altri individui determinati aspetti della loro personalità. Di conseguenza le merci e le marche stanno sviluppando una vera e propria sensibilità tanto da avere una vera e propria personalizzazione necessaria a istaurare delle relazioni con gli acquirenti sia a livello materiale sia immateriale, coinvolgendo il consumatore in tutti i sensi. Tutti questi cambiamenti hanno inevitabilmente portato a un cambiamento anche nel marketing il quale ha dovuto elaborare nuovi strumenti e nuove vie per arrivare al consumatore e riuscire a coinvolgerlo e colpirlo con differenti tecniche e strategie.
1.2 Marketing esperienziale
Molti sociologi ed economisti, negli ultimi anni, hanno sottolineato come nel mondo del consumo siano sempre più presenti componenti culturali, relazionali ed emotive. Nella letteratura e nelle strategie di marketing delle imprese è aumentata sempre di più l’attenzione verso il comportamento e l’esperienza vissuta dal consumatore finale. Uno dei maggiori esponenti letterali di questo tema definisce il marketing esperienziale come l’approccio strategico in cui il marketer considera i consumatori come entità razionali che perseguono abitualmente esperienze piacevoli (Schmitt, 1999). Schmitt si pone come obiettivo il fatto di coinvolgere ogni singolo cliente offrendogli un’esperienza della marca
memorabile di modo da creare un legame intenso e duraturo con l’azienda. Nel momento in cui il consumatore va a scegliere un prodotto entra in un mondo simbolico che va a formare le identità personali e le apparenze. I prodotti non vengono scelti solo per il loro valore funzionale ma anche per la capacità di creare relazioni tra gli individui che condividono la stessa esperienza. Sono necessarie delle buone strategie comunicative per promuovere un marchio di modo da andare a sviluppare una identificazione tra l’impresa e la comunità di consumo. Cova sostiene che “il legame conta più della merce”. Il marchio diventa sempre più dominio di valori, relazioni e sentimenti e si adatta ai cambiamenti socio-culturali di modo da gestire al meglio l’esperienza del cliente.
Nel mercato non troviamo più solo consumatori ma individui sempre più consapevoli delle offerte presenti. La presenza di beni e di servizi in cui le connessioni spesso diventano più importanti del prodotto stesso e del suo possesso. Le relazioni che si sviluppano tra gli individui aumentano la conoscenza, indirizzano i gusti e riescono a orientare i consumatori verso nuovi beni o servizi. Si viene a creare un rapporto relazionale tra il consumatore e il bene-servizio, che oltre a soddisfare un semplice bisogno diventano portatori di simboli, significati, valori individuali e collettivi. Michela Addis sostiene che “l’esperienza di consumo è un fatto personale di rilevanza emotiva che ha origine dall’interazione tra un individuo e un prodotto o un servizio, è comunque uno stimolo. Attraverso tale interazione, il consumatore vive emozioni e immagini. Queste ultime, possono fare riferimento a due situazioni: vissute e richiamate alla mente, o fantasiose, frutto dell’immaginazione dell’individuo…” (Addis, 2005). Quando dice “vissute e richiamate alla mente” si riferisce un’esperienza emotiva individuale con un connotato storico.
Il consumatore attraverso l’acquisto dei prodotti riesce a vivere un’esperienza olistica suscitando diversi sensazioni personali: le percezioni sensoriali (sense), l’attaccamento emotivo (feel), la stimolazione cognitiva (think), i modelli comportamentali (act) e la condivisione con agli altri (relate).
Il maggior legame verso il marketing esperienziale è dato dalla presenza di diversi fattori tra cui: le tecnologie informative, le quali permettono di trasmettere informazioni relative alle esperienze di consumo, la supremazia del brand sul prodotto e la sempre più forte connessione tra consumatore e impresa considerata sempre più “customer oriented”. Inoltre, il marketing esperienziale può essere visto come il driver per la customer satisfaction e della lealtà nel medio-lungo termine. Stiamo sempre più passando da un marketing tradizionale rivolto alle 4P di Kotler a un marketing sempre più concentrato e
interessato all’esperienza del consumatore. (Codeluppi, 2001).
L’interesse per il marketing esperienziale si sta sviluppando, negli ultimi anni, sempre più verso il cultural heritage marketing (Cerquetti, 2012), cosa che è avvenuta anni prima per il marketing del turismo. Allo stesso modo anche lo studio delle tecnologie della comunicazione come strumento di marketing esperienziale si sta sviluppando nell’ambito del cultural heritage marketing.
Abbiamo detto che l’heritage marketing può essere definito come eredità, culturale o linguistica, che viene tramandata dal passato e che continua ad avere un’importanza per l’azienda. Le strategie di marketing utilizzate dalle aziende sono state soprattutto object-based (McLean, 1995), dove si puntava principalmente a mostrare al visitatore le opere presenti nella struttura. Col tempo però, vista la competizione sempre più accesa e le richieste dei visitatori sempre più specifiche, i tradizionali strumenti sono diventati sempre più insufficienti (Solima, 2004). La soluzione è stata quella di includere e considerare sempre di più i sentimenti provati dal consumatore durante la visita (Garrod e Fyall, 2005). Questo comporta che anche nel cultural heritage marketing si cominci a sviluppare sempre di più un approccio customer-based (Kolar e Zabkar, 2010). Tra le cause troviamo: le esigenze dei consumatori i quali desiderano sempre di più provare emozioni, inoltre i consumatori frequentano sempre di più siti, blog ecc. dove vengono spiegate e condivise informazioni relative a esperienze vissute (Kotler, 2008).
La valorizzazione del patrimonio culturale è favorita da esperienze positive e favorevoli dei consumatori e per questo il cultural heritage marketing è sempre più orientato a valorizzare questa esperienza e a suscitare emozioni e sentimenti. I visitatori che hanno vissuto una esperienza positiva sono più propensi a ripeterla o a trasmettere informazioni positive tramite passaparola. Le strategie di marketing delle imprese culturali tendono quindi a concentrarsi sull’esperienza vissuta dal consumatore il quale viene visto come colui che trae beneficio da un bene o da un servizio, o come colui che è soggetto attivo e emotivo durante la visita a un sito culturale. Puntando alla valorizzazione di un bene, allo stesso tempo si punta allo sviluppo economico di un territorio o di una comunità, dimostrando di essere una significativa risorsa economica.
Questo attuale periodo di crisi finanziaria e economica porta a un massiccio disorientamento e incertezza dei consumatori i quali tendono a preferire marchi con un patrimonio poiché sono percepito come più affidabili e credibili. Queste scelte minimizzano i rischi percepiti durante la decisione di acquisto (Leigh, Peter, Shelton, 2006). Il patrimonio dimostra la longevità e la sostenibilità promessa agli stakeholder per
i quali i valori fondamentali e le prestazioni del marchio sono autentici e veri (Urde, 2003). L’eredità di un marchio aggiunge al valore percepito un insieme di profondità, autenticità e credibilità, permettendo di sviluppare un rapporto speciale con il consumatore.
1.3 Heritage marketing in Italia
L’heritage marketing, nato per descrivere le tecniche di mercato e le strategie di vendita attuate da alcuni brand classici nell’ambito della cultura anglo-americana degli anni Sessanta, è approdato in Italia tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta. Rispetto agli altri paesi ha tardato ad affermarsi e ad emergere, sicuramente perché più sensibile nel cogliere le opportunità. La ricchezza del patrimonio artistico e culturale italiano ha fatto da freno agli oggetti industriali portando gli imprenditori a non riconoscere il valore storico e l’importanza delle loro opere, dei propri prodotti e della propria storia aziendale. A questo si aggiunge una poca curanza del patrimonio aziendale fino al boom economico, dal quale periodo però si è iniziato a costruire i primi archivi d’impresa realizzati dalle grandi aziende dell’epoca per testimoniare una storia di successi. Difficilmente veniva utilizzato l’heritage del patrimonio aziendale nonostante fossero presenti dei video documentativi tra cui il primo è quello di tipo promozionale girato nel 1909 nelle officine Fiat di Torino. Antonio Calabrò sostiene: “l’Italia, molto attenta a storia, letteratura, diritto e politica, ha poco e male masticato economia e scienza. Paese conservatore, ha rivelato una costante difficoltà a confrontarsi con i temi della condizione industriale avanzata, dalla trasformazione economica al riformismo, dalle sfide del mercato alla formazione d’una classe dirigente aperta e internazionale. E così ha vissuta una profonda, lacerante contraddizione tra i tempi e le culture d’un vecchio modo di intendere la politica e la società, e le nuove spinte culturali dell’economia e dell’impresa” (Calabrò, 2000). Quindi, nonostante il ritardo, anche l’Italia ha avviato un lento percorso di valorizzazione della conservazione dei patrimoni storici aziendali. La cultura industriale entra a far parte della cultura italiana e inizia a farsi strada il concetto di azienda privata. I brand diventano ambasciatori in tutto il mondo e comincia ad affermarsi il concetto di Made in Italy. Si assiste da una parte alla conservazione del patrimonio dell’impresa e dall’altra al tentativo di utilizzare questo patrimonio in chiave strategica e di marketing. Da allora sono considerati sempre più importanti gli anniversari dell’azienda, dei musei e degli archivi storici delle imprese, le celebrazioni istituzionali,
gli eventi, le raccolte e le collezioni d’epoca, i libri e delle campagne pubblicitarie incentrate sulla storia di un brand. Sempre più spesso la data di fondazione delle aziende è comparsa nel marchio aziendale e sono tornati sul mercato prodotti di marchi storici in stile vintage. Non sono mancate nemmeno le iniziative pubbliche, quali la nascita di un’associazione nazionale dei musei e degli archivi storici di impresa come “Museimpresa” nata nel 2001 con sede a Milano e la realizzazione di un registro nazionale delle imprese storiche (2011). A rafforzare la nuova sensibilità hanno contribuito anche la crisi del Made in Italy, la de-localizzazione e la competizione dei mercati globali, che hanno acceso l’interesse per la storia delle imprese italiane. Inoltre, grazie alla sua capacità di creare identità distintive, fiducia e coinvolgimento ha avuto un ruolo chiave nella difesa del Made in Italy dalla concorrenza di mercati sempre più competitivi, dall’invasione di falsi e imitazioni a basso costo provenienti dai paesi asiatici. La recessione e la crisi hanno moltiplicato il valore della storia di un brand, dal momento che l’aumento della volatilità delle imprese ha reso la longevità delle aziende un bene sempre più raro e dunque più prezioso. In linea con la storia economica italiana il nord e il centro Italia presentano il maggior numero di imprese che comprendono la potenzialità dell’heritage marketing. Vediamo infatti come in Sicilia solo 7 aziende figurano nel registro storico delle imprese contro le 568 della Lombardia. Comunque elementi come archivi, musei d’impresa e monografie aziendali possono diventare strumenti di differenziazione competitiva e risorse relazionali in grado cioè di creare relazioni con i consumatori, gli investitori e gli opinion leader.
In Italia in particolare l’heritage marketing appare una risorsa strategica ancora poco sviluppata in relazione al potenziale enorme dei nostri marchi e prodotti, mentre in una fase economica in cui la concorrenza tende a concentrarsi sull’esasperata competizione sul prezzo, nel nostro paese molte aziende potrebbero sfruttare il vantaggio competitivo offerto dalla loro preziosa eredità.
L’approccio museale italiano è di tipo anglosassone dove si predilige il racconto di una storia, la narrazione e la contestualizzazione piuttosto che la sacralizzazione dell’oggetto che è tipico dei musei d’impresa europei. Ci si concentra sulla storia dell’azienda e si cerca di coinvolgere il visitatore durante la visita. I prodotti cominciano ad avere un’importanza molto più grande rispetto a quella per cui sono stati creati, permettendo di sviluppare relazioni con gli attori, comunicando un legame e generando delle vere e proprie culture di consumo. Fino agli anni Settanta il consumatore era visto come un soggetto passivo che poteva essere facilmente manovrato ma successivamente la visione
è cambiato e il soggetto è diventato sempre più maturo e esprime nelle sue esperienze di acquisto tutta la sua personalità e cultura sociale.
Spesso quando si parla di storia d’impresa si fa riferimento ad archi temporali molto lunghi. Come sostiene Sergio Tonfi “L’Italia ha necessità di valorizzare il suo Heritage, anche per espanderlo nel mondo, cosa che talvolta i nostri imprenditori sono restii a fare. Siamo tesi a considerare l’Heritage con uno sviluppo temporale molto lungo. Io invece suggerisco di costruirlo anche su un arco temporale più breve, in modo da poter costruire valore anche sulle esperienze più recenti. Philips di anni ne ha già compiuti 120, ma quando abbiamo acquisito aziende italiane (ad esempio Saeco) lo abbiamo fatto con grande rispetto, lasciando vivere quell’Heritage anche se aveva “solo” 25 anni. Credo che la forza del “Made in Italy” sia tale da meritare tutto l’impegno per l’esportazione di una qualità costruita nel tempo: l’Heritage rappresenta una grande potenza se riesce a sintonizzarsi sui nuovi desideri e trasformarsi così in “value” economico.” (Sergio Tonfi, responsabile comunicazione di Philips Italia).
1.4 Le strategie di heritage marketing
Quando si parla di strumenti di heritage marketing lo scopo è quello di definire i modi più efficaci che utilizza un imprenditore per valorizzare un marchio storico, la cui esistenza e evoluzione viene definita e documentata attraverso segni tangibili e testimonianze. Tra questi troviamo: oggetti, video, progetti, immagini, articoli, interviste, documentazione ufficiale, materiale grafico e tutto ciò che esprima la vita dell’azienda, sia per quanto comunica all’esterno sia all’interno. Il primo strumento che le aziende adotta è l’archivio storico nel quale è possibile trovare tutti i materiali necessari per un’azione di heritage marketing. L’archivio però non è propriamente uno strumento diretto di marketing e spesso viene utilizzato per fini didattici, accademici o per motivazioni culturali e non unicamente economiche. Il vero e proprio strumento di marketing, che andremo ad analizzare nel dettaglio nei prossimi capitoli è il museo d’impresa. Oltre a questi possiamo trovare altri strumenti a disposizione dell’impresa tra cui la comunicazione e gli eventi, il ricreare nuovi prodotti servendosi degli stimoli o del patrimonio storico a disposizione e l’ideazione di merchandising cosiddetto heritage i cui contenuti sono ricavati dagli archivi storici aziendali.
Oggigiorno stiamo vivendo una grande rivoluzione tecnologica che ci porta ad essere influenzati e a modificare i nostri comportamenti in tutte le attività di vita quotidiana. Le moderne tecnologie dell’informazione e della comunicazione che oggi utilizziamo, come la tecnologia mobile, il cloud computing, internet e cosi via, hanno influenzato molto le nostre vite e i nostri campi di attività. Il settore culturale, di conseguenze, deve adattarsi a questa evoluzione perché le persone stanno sempre meno sui libri in formato fisico e sembra di più su quelli in formato digitale. Lo stesso possiamo dire dei musei e delle gallerie d’arte dove i visitatori vanno sempre meno a vedere un dipinto o una scultura e si accontentano di vedere l’immagine su Google. La società attuale è molto diversa da quella di dieci o venti anni fa.
Questo dovrebbe essere preso in considerazione quando si decide di applicare una strategia per aumentare il numero di visitatori o i ricavi delle istituzioni culturali. Secondo il Barometro Culturale nel 2015, il 38% delle persone analizzate non ha letto alcun libro nell'ultimo anno e solo il 16% ha affermato di partecipare spesso a eventi culturali, teatri, musei e mostre d'arte, cinema, opera, filarmonica e intrattenimento e spettacoli. Dei giovani tra i 14 ei 30 anni, il 48% ha dichiarato di andare a musei e mostre, e solo il 35% va alla biblioteca. Una nuova forma di presentazione degli oggetti culturali sono quindi le mostre virtuali online (OLVE), il quale non è solo un altro modo per presentare questi oggetti attraverso la nuova tecnologia ma grazie alla forte dinamicità può essere aggiornato in qualsiasi momento e la varietà dei contenuti e delle forme di presentazione lo rende molto più di una raccolta digitalizzata o di un e-book. Si dice che “una esposizione virtuale traduce l'essenza degli oggetti fisici presentati nel mondo digitale e rende questa essenza disponibile agli utenti ovunque, in qualsiasi momento in modo efficace ed efficiente".
La mostra virtuale ha bisogno dell'interazione degli utenti per raccogliere le proprie esperienze, per dare loro quello che serve, per farli visitare la vera esposizione o solo un certo numero di oggetti culturali che hanno trovato all'interno della mostra virtuale. L'Europa ha capito di possedere un ricco patrimonio culturale che potrebbe essere sfruttato non solo per motivi culturali, ma anche per scopi economici. Il patrimonio culturale è considerato una risorsa economica strategica che può generare reddito per le istituzioni culturali e molte istituzioni europee hanno riconsiderato il patrimonio culturale negli ultimi anni scoprendo il potenziale che può offrire per lo sviluppo economico delle istituzioni e dei paesi che lo gestiscono. Il problema principale è che la gran parte del patrimonio culturale disponibile nelle biblioteche, negli archivi e nel museo non è
digitalizzato. Al momento, solo il 10% del patrimonio culturale europeo è stato digitalizzato. Questo interesse per la digitalizzazione delle collezioni non è importante solo per la conservazione del patrimonio culturale ma anche per rendere le collezioni accessibili al grande pubblico. La digitalizzazione è considerata una delle principali preoccupazioni delle istituzioni europee. I vantaggi per trasformare gli oggetti fisici in oggetti digitali sono dati dal fatto che impediscono la loro distruzione e offrono opportunità che prima non esistevano.
Lo sviluppo e l'implementazione di mostre virtuali ha l’obiettivo di promuovere e valorizzare il patrimonio culturale dalle istituzioni culturali. Successivamente, gli altri obiettivi saranno effettuati di conseguenza, incluso il numero di visitatori in aumento e l'aumento dei ricavi delle istituzioni culturali.
Coinvolgendo specialisti e scienziati informatici per portare nuove tecnologie dell'informazione nel settore culturale garantirà lo sviluppo delle istituzioni culturali, sia in termini culturali che economici.
Negli ultimi tempi la competizione tra aree geografiche è aumentata significativamente (Baker, Cameron, 2008) e le politiche di marketing locale sono diventate sempre più importanti e necessarie per molti scopi tra cui l’attrazione del turismo, la promozione dei prodotti locali e il richiamo degli investimenti interni. Sono quindi sempre più importanti le strategie che permettono di individuare e promuovere risorse che definiscono l’identità di una determinata zona (Kalandides, 2012). Si tiene quindi conto delle peculiarità legate al patrimonio culturale e alle conoscenze tacite, riconosciuti come fattori di importanza strategica, diventando sempre più importanti per sostenere le aziende a livello locale. “Il patrimonio culturale si candida sempre più a divenire un’importante risorsa dei processi di sviluppo locale, e anzi a rappresentare una delle possibili leve della strategia di sviluppo e di coesione socio- economica” (Valentino, Misiani, 2004). “Un passo verso il riconoscimento del ruolo svolto dalla cultura nell’influenzare la performance economica nei piccoli e nei grandi gruppi e, più in particolare, nel sottolineare e condizionare i processi di crescita economica e il cambiamento dei paesi in via di sviluppo sta gradualmente diventando più evidente” (Throsby, 2005). Nell’era della globalizzazione, il Made in Italy si è diffuso a livello globale non per il patrimonio culturale dei consumatori ma per quello trasmesso ai prodotti durante il processo produttivo (Berard, Marchenay, 2006). Sono quindi le nuove concezioni sistemiche della cultura, del patrimonio culturale e del territorio che si sono diffusi in Italia dagli anni 60 del secolo scorso. La nozione di cultura ha preso una connotazione antropologica in
relazione al contesto geografico e storico di riferimento in linea con il concetto di civiltà. Il valore culturale di un oggetto è stato riconosciuto nelle informazioni riguardanti le condizioni comuni di vita delle comunità e si è poi esteso a prodotti di uso comune e persino industriale. Contemporaneamente il concetto di territorio, superata la visione neoclassica, si è fondato su un concetto di ambiente come un insieme sistemico di ecologia e valori sociali e culturali economicamente rilevanti. Inoltre è stato identificato come terraferma, intesa come qualcosa di visibile, come area di accumulo di risorse culturali generate negli anni. Con questa nuova prospettiva il territorio significa realtà sociale, economica e civile, situata in una zona specifica e identificata da componenti materiali e immateriali e le loro reciproche relazioni. Ogni area è quindi caratterizzata da una propria “personalità” che determina la sua identità. Comunicarla ai potenziali clienti determina, nella loro mente, la creazione dell’immagine del luogo di modo da poter sviluppare un accordo tra i loro bisogni e i contenuti tangibili e immateriali dell’offerta locale. L’immagine del luogo ha un’importanza strategica visto che permette di raccogliere fiducia e a in seguito all’evoluzione post-fordista della produzione e del marketing, rappresenta un driver essenziale di vantaggio competitivo e un fattore essenziale per il posizionamento corretto di un’area locale e dei suoi prodotti (Rullani, 1997, Kavaratzis, 2005, Ahnolt, 2009).
Il patrimonio storico di un brand è qualcosa di unico e inimitabile che permette di creare fiducia e di distinguersi dalle altre aziende. La storia di un’impresa permette di creare un coinvolgimento perché si intreccia con altre storie e con quella delle persone. Si avvale del potere della narrazione per creare un legame con il consumatore il quale riesce a rievocare ricordi passati legati al brand e finisce per identificare sé stesso come parte di esso. Si punta quindi a creare un coinvolgimento emotivo per valorizzazione la storia dell’azienda ma attraverso strategie e tecniche si possono ricollegare anche al presente e sviluppare una forte fidelizzazione col cliente anche per il futuro. All’interno dell’heritage marketing trovano collocazione una serie di strumenti e strategie che cercano di rafforzare l’immagine e la reputazione dell’impresa stessa attraverso la valorizzazione del patrimonio storico dell’impresa.
Tra queste troviamo:
- Organization units: archivi aziendali e musei dove viene valorizzato il patrimonio dell’impresa
- Storytelling: materiali che vanno dai video ai post per i social network - Branding: identità visiva e retro-branding
Spesso si ricorre all’effetto “nostalgia” che viene raggiunto attraverso lo sviluppo di associazioni positive con una determinata epoca.
È importante considerare che queste strategie non dovrebbero essere utilizzate soltanto dalle grandi imprese o multinazionali ma qualsiasi azienda, anche di piccole dimensioni o start-up, dovrebbe conoscere gli aspetti fondamentali di questa disciplina così da organizzare un proprio archivio in prospettiva futura. Secondo alcuni autori, una lunga storia non è un prerequisito in quanto alcune marche sviluppano una forte eredità per un breve periodo di tempo. Ciò vale per molti prodotti dell'era elettronica, come eBay e Google, poiché l'età digitale ha ridotto i tempi.
1.4.1 La comunicazione dell’heritage
La comunicazione, negli ultimi anni, ha cominciato ad avvalersi del patrimonio storico per fini di marketing, spesso per testimoniare il perseguimento della propria storia. La comunicazione dell’heritage marketing si avvale oggi di una estesa strumentalizzazione per raccontare la storia dell’azienda a livello mondiale e non più confinati solo a livello nazionale. Il patrimonio storico aziendale è fondamentale per svolgere una buona comunicazione. La comunicazione di un’impresa deve essere integrata e multi-target, ovvero è importante parlare e rivolgersi a pubblici differenti e con strumenti complementari. Molte aziende ormai da anni ricorrono a una comunicazione che permetta di distinguersi e rendere unico il prodotto o servizio rispetto alle altre aziende. Una strada per farlo è quella di avvalersi dell’eredità storica di modo da rendere quel prodotto legato a una realtà storica non solo individuale ma collettiva. L’heritage permette di enfatizzare quella parte di verità del prodotto che deriva dalla sedimentazione di un marchio. Attraverso il bene o il servizio il soggetto entra a far parte di un percorso iniziato anni prima e condiviso da altre persone.
L’heritage marketing può essere comunicato in cinque ambiti differenti e complementari tra loro:
- memoria e attualità: attraverso reportage e fotografia si va a mostrare l’organizzazione, la digitalizzazione e l’attualizzazione della propria storia. - narrazione offline: pubblicazioni agili stampate e digitali, campagne pubblicitarie
o prodotti multimediali utilizzati in occasioni differenti. È possibile andare a creare un evento ad esempio una mostra dove mostrare oggettistica e merchandising personalizzati.
- narrazione online: siti, mini-siti, applicazioni, social network, sono tutti elementi sempre più importanti e attuali per la narrazione della propria impresa.
- Incontri e presentazioni: convegni, conferenze, presentazioni alla stampa o eventi con i principali clienti e business partner.
- Spettacolo dell’impresa: nuova frontiera delle aziende più creative dove si raccontano le storie e valori dell’impresa attraverso scene e spettacoli. L’evento inoltre può essere anche divulgato in rete e sui social media.
La pluralità di strumenti che abbiamo a disposizione va dalla pubblicità, ai punti vendita, al packaging, all’editoria aziendale, al cinema, alla formazione, alle sponsorizzazioni, agli uffici stampa, agli eventi fieristici, alla comunicazione istituzionale ecc. Con ognuno degli strumenti utilizzati è possibile adottare una strategia heritage per comunicare con i clienti. Uno dei problemi della comunicazione è il fatto di trasmettere un messaggio omologato e indiscriminato che coinvolge tutti i consumatori, mentre grazie all’heritage le aziende cercano di distinguersi di modo che il prodotto venga percepito in modo differente, permettendo di ottenere anche un buon posizionamento. Tra le diverse strategie la pubblicità resta il cuore delle strategie di comunicazione soprattutto per i beni di largo consumo e è sempre più testimone di quanto conti la storia aziendale nonostante molte volte punti ancora troppo sul banale e sulla contrapposizione tra passato e futuro e tra innovazione e tradizione. La storia aziendale si inserisce in un contesto centrale rispetto a molteplici sistemi comunicativi che animano la relazione con il consumatore. Un’alternativa su cui puntano molte aziende è quella del confezionamento del prodotto tramite un riferimento mirato all’iconografia dell’epoca e alla tradizione del design aziendale. L’immagine che deve emerge richiama il passato o un prodotto che fu glorioso; il fine è quello di sollecitare e richiamare il valore tradizionale che si vuole trasmettere. Il passato può essere utilizzato anche senza utilizzare il passato heritage ma inventandolo ex novo. Ad esempio come ha fatto Barilla con Mulino Bianco, inventando un passato mai esistito. Possiamo ricollegarci a Bernard Cova che nell’opera “Tribal marketing”
sostiene che: “concentrarsi sull’autenticità legato ad un tempo e ad un luogo particolare richiede un ingente lavoro di reinvenzione, reinterpretazione, ricostruzione del passato… Si può dire, perciò, che l’autentico è il risultato di una ricostruzione idealizzata di un passato locale. L’autenticità si definisce allora come un processo “costruttivista” in cui si inventa una tradizione, una eticità, un patrimonio storico, una museificazione, partendo da un potenziale in qualche modo già esistente (Cova, 2003).
Le attività degli uffici stampa, invece, sono difficili da utilizzare per il patrimonio heritage a meno che non si parli di un prodotto nuovo con legami forti con il passato. In questo caso si utilizza un linguaggio contemporaneo focalizzandoci sulle nuove tecnologie e sulle immagini aziendali spesso legate al passato.
Per quanto riguarda le sponsorizzazioni, invece, il riferimento all’heritage marketing lo si trova quando si vuole approfittare di un bene o di un servizio offerto da altri per avere un proprio patrimonio heritage, oppure sponsorizzando un bene o un evento prodotto da altri senza utilizzare il proprio patrimonio storico, entrando a far parte della propria strategia.
1.4.1.1 Il Brand
I marchi aziendali legati a un patrimonio storico possono parlare ai consumatori attraverso: simboli, grafica, nostalgia, imballaggio e pubblicità (Ballantyne et al., 2006). I simboli fungono da mezzo per esprimere i valori fondamentali, indicando ciò che rappresenta il marchio (Urde et al., 2007). I simboli visivi hanno più potenziale rispetto alle parole perché un simbolo è più ambiguo, imbevuto di significati e ricco di informazioni e, al massimo, può creare un legame emotivo con i consumatori. (Borja de Mozota, 2003). Simboli e altri elementi visivi vengono utilizzati per identificare il marchio ed esprimere il proprio significato e valori (Urde et al., 2007). Un simbolo consistente può portare coerenza e struttura all'identità di un marchio associandola al passato, rendendo facile per i consumatori richiamarlo, riconoscerlo e differenziarlo dai marchi della concorrenza. Questi riflettono il patrimonio e possono essere tutto ciò che rappresenta il marchio, inclusi loghi, forme, colori e modelli (Urde et al., 2007).
Sviluppare un logo non è solo trovare un nome che crei familiarità con il marchio. Le marche di successo sviluppano un'identità visiva e un processo di marketing-comunicazione che persistono e sono distintivi (Borja de Mozota, 2003). Un colore, per
esempio, può diventare così legato in modo costante a un marchio specifico e al suo patrimonio che acquisisce un significato secondario; infatti, le aziende registrano sempre più colori come marchi commerciali (Hoek e Gendall, 2010).
Secondo Brown, Kozinets e Sherry (2003), i modelli strategici di gestione del marchio (Aaker 1991; Keller 1993) tendono a diminuire la complessità, l'eterogeneità e la natura esperienziale del rapporto consumer-brand.
La marca è l’identità dell’azienda sul mercato, come viene percepito dal consumatore un prodotto. Il brand non può essere imposto dall’azienda stessa ma viene trasmesso attraverso la comunicazione, la pubblicità e la fidelizzazione. Inoltre rappresenta uno dei principali fattori che un soggetto prende in considerazione nel momento in cui deve soddisfare un bisogno. Le aziende devono valutare al meglio il brand da utilizzare facendo in modo di ottenere un buon posizionamento che porta a una buona competitività, quote di mercato e maggiori profitti. Secondo Kapferer (2004) il successo di un marchio si basa sulla sua salienza e sulla sua diversità. Davis (2010), sottolinea invece il ruolo e l’accumulo di esperienza nel riconoscimento del marchio. La preferenza per un marchio dipende da ciò che suscita nel consumatore (Ballantyne et al., 2006). I marchi sono beni immateriali (Kapferer, 2004) e, tradizionalmente, sono stati associati a beni fisici, ma la nozione di branding è stata estesa anche alle aziende. Un marchio aziendale è definito principalmente in termini di associazioni organizzative.
Il brand heritage è una delle associazioni che i marketers possono utilizzare per differenziare i loro marchi da quelli dei loro concorrenti, andando a creare un'immagine unica per l'offerta (Keller e Lehmann, 2006). Non necessariamente basta avere un patrimonio per poter parlare di brand heritage; di per sé non crea valore ma può avere le basi per la creazione di un heritage brand (Urde et al., 2007). Banarjee (2004) definisce quattro pilastri fondamentali del brand heritage: la storia, l’immagine, l’aspettativa e l’equità. La storia rappresenta il ricco passato; l’immagine “un effetto successivo della comunicazione e del posizionamento del brand basato sui vantaggi percepiti dal consumatore”; l’aspettativa si riferisce ai benefici fisici e emotivi che i consumatori ricevono dal marchio e infine l’equità comprende due sottoinsiemi: un set di competenze omogeneo e uno eterogeneo che regolano la concorrenza.
“Passare da una cultura di tipo aziendale ad una cultura identificativa del brand che sostituisca il concetto di ‘cliente’ a quello di ‘appassionato’ che avverte l’esigenza di appartenere a una comunità. È questo il segreto dell’Heritage Marketing applicato ai
grandi brand storici” (Montemaggi, Museimpresa). Inoltre si valorizza la tradizione attraverso la riedizione di collezioni storiche, mostrando una grande abilità nello sfruttare e valorizzare l’identità storica e aziendale. Attraverso questi strumenti si crea una barriera contro la concorrenza dei nuovi marchi, associando alla propria azienda un legame con il consumatore superiore e forte. Creare un forte senso di appartenenza e di relazione anche all’interno dell’azienda è utile per istaurare un buon rapporto coi propri dipendenti, aumentando la voglia nel partecipare alla storia e alle esperienze dell’azienda e essendo portati di tradizioni. Mentre una panoramica storica si fonda solo sul passato, le tradizioni e il patrimonio di marca non solo abbracciano il tempo "passato", ma anche "presente" e "futuro". Un marchio che è legato a un patrimonio mostra autenticità, credibilità e fiducia e può offrire una leva finanziaria per quel brand, soprattutto nei mercati globali (Aaker 1996; George 2004). Secondo Aaker (2004), il patrimonio è un importante driver del valore, soprattutto per i marchi aziendali, poiché le radici iniziali aggiungono autenticità e differenziazione ai marchi. L'identità in questi marchi è estremamente forte e l'eredità aiuta "a creare questi marchi e ad aggiungere valore, soprattutto quando vengono reinterpretati in una luce contemporanea" (Aaker, 2004).
Figura 1. Elementi chiave dell’heritage brand
Fonte: Hennigs N., Schmidt S., Wierdmann K.P. and Wuestefeld T., 2011
Nella Figura 1 possiamo vedere gli elementi principali che indicano se e in quale misura l’eredita sia presente in un marchio (Urde, Greyser, Balmer, 2007). L’elemento “track record” è legato alle prestazioni definite dal marchio o dall’azienda, ad esempio valori e promesse che perdurano nel tempo tra cui Volvo, il quale è continuamente sinonimo di sicurezza. Il secondo elemento è la “longevità” la quale è particolarmente importante per le grandi società a gestione familiare come Ford Motor Company o Anheuser-Busch. Il “core value” riprende tutti i valori di base con cui è associato il marchio. Questi sottolineano e contribuiscono alla strategia aziendale e sono parte integrante dell’identità
del brand (Kapferer, 2004). Lo “use of symbols” è legato a loghi o disegni e illustra il significato fondamentale del marchio come la stella di Mercedes o il felino di Jaguar (Urde, Greyser e Balmer, 2007). L’ultimo elemento riguarda l’importanza della storia per l’identità. Le aziende devono sentire la propria storia come essenziale per l’identità ed è indispensabile per sapere chi sono.
Questa comprensione dovrebbe anche essere una parte fondamentale della comunicazione, della pubblicità e del mix di marketing (Brown, Kozinets e Sherry, 2003). Invece, secondo Urde et al. (2007), un brand heritage è riconoscibile dalle seguenti caratteristiche: traccia, longevità, valori fondamentali, storia e uso di simboli. Una traccia significa dimostrare che l'azienda ha mantenuto i propri valori e le proprie promesse nel tempo, mentre la longevità riflette le prestazioni con gli altri elementi del patrimonio. I valori fondamentali sono parte integrante dell'identità di un brand e nel tempo possono costituire il suo patrimonio. La storia è un altro elemento significativo di identità e per il brand heritage in questione si basa su tre tempi: il passato, il presente e il futuro.
A volte i consumatori hanno meno sicurezze per il futuro e cercano rassicurazione nei prodotti acquistati. Ciò aumenta l'interesse per i marchi con un patrimonio: utilizzati nel modo giusto possono evocare eventi passati (Brown et al., 2003). Ritornare alle proprie radici e cercare comfort nel passato per essere pronti per il futuro sembra essere una tendenza crescente. Marchi che rappresentano la stabilità, la familiarità e la fiducia possono parlare con persone in periodi di incertezza, contribuendo a creare un'immagine di autenticità e integrità che possa attrarre i consumatori odierni. Secondo Ballantyne et al. (2006), in tempi difficili il patrimonio di marca offre una base per la stabilizzazione e la crescita e infatti Aaker (2004) raccomanda il "tornare alle radici" per le aziende che stanno lottando. Tuttavia, quando le circostanze esterne richiedono cambiamenti aziendali l'adesione eccessivamente rigorosa del patrimonio di marca può trasformarsi in inerzia (Blomback e Brunninge, 2009).
All’interno dell’heritage marketing troviamo attività di branding che valorizzano il patrimonio storico di una marca per rafforzarne il posizionamento sul mercato in maniera strategica e con fini tattici. Le campagne di heritage marketing hanno lo scopo di comunicare il valore simbolico della marca, rievocando ricordi passati ai consumatori. In secondo luogo possono esaltarne l’autenticità del prodotto considerandolo “quello vero” e stimolare l’appartenenza a una cerchia sociale e culturale. Un heritage brand è un marchio che permette di valorizzare la propria storia, creare un vantaggio competitivo e un buon posizionamento alla propria azienda. Tra i brand che hanno saputo valorizzare
la propria storia troviamo Levi’s, Coca Cola, Formaggini Mio, Ferrari, Alfa Romeo, Porsche, Bugatti, Vespa, Campari, Birra Peroni, Baci Perugina, Chanel e McDonald’s. Tutte le attività di heritage marketing devono saper valorizzare la storia dell’azienda e la brand essence ossia i valori profondi del marchio. La strategia heritage rappresenta una strategia di brand, dove si cerca di rafforzare la brand identity e puntare sia sul grado di conoscenza (brand awareness) sia sulla fedeltà alla marca (brand loyality), sia su una strategia di marketing relazionale facendo leva sul patrimonio aziendale per creare un’empatia e un legame col consumatore. L’utilizzo degli oggetti e della comunicazione heritage non fa che aumentare l’impatto emotivo del marchio. Sempre più spesso assistiamo all’utilizzo di brand che richiamano a un’epoca passata con lo scopo di evocare delle emozioni e sensazioni denominati “spleeping brands”. Gli spleeping brands provengono dal passato prossimo, infatti si tratta di marchi affermatesi negli ultimi 50 anni e perciò ancora vivi nel ricordo dei consumatori. Mentre il brand heritage è profondamente radicato nella storia dell’azienda e del prodotto e non può essere copiato, questo concetto di “retrò” è visto come una tattica di marketing e pubblicità che qualsiasi azienda può applicare. L’idea della loro re-introduzione nel mercato permette di ridurre i rischi vista la precedente popolarità e di essere maggiormente apprezzata dai consumatori visto la nostalgia e il ricordo che si crea. Viene anche utilizzato quando un’azienda vuole posizionare un nuovo marchio basato sui punti di contatti emotivi già istaurati con il consumatore (Sullivan, 2009; Brown et al., 2003; Boutlis, 2000). Indipendentemente dalle opinioni contraddittorie (ad esempio Davis, 2010), la storia è un requisito preliminare del patrimonio di marca, soprattutto per il fatto che tutte le aziende ne hanno una. La storia può rappresentare una profondità di esperienza e un senso di permanenza, e come tale può essere un elemento importante nella creazione di immagini così come nel mantenere la fedeltà al marchio (Dahlen et al., 2010). È anche importante in termini di identità: i dipendenti conoscono chi e cosa sono, da dove vengono e dove sono diretti (Davis, 2010; Urde et al., 2007). Rispettare e mettere in evidenza la storia di un'azienda o di un prodotto non deve essere associato ad essere vecchio stile: è possibile sviluppare un marchio moderno senza buttare via la storia che ha reso ciò che è; in altre parole qualcosa di cui i clienti possono fidarsi (Ballantyne et al., 2006).
La storia può includere la "storia" dell'azienda o del marchio e rendono il passato pertinente alla vita contemporanea (Blomback e Brunninge, 2009). Una buona storia può coinvolgere pubblico, costruire relazioni a lungo termine e sostenere le affermazioni organizzative. Nella migliore delle ipotesi, l'essenza del marchio risuona con i ricordi e
le connessioni emotive del pubblico (Dahlen et al., 2010; Flory e Iglesias, 2010), rendendo così la storia della società un successo che mantiene la sua attrattiva negli anni. Inoltre la coerenza e la continuità delle operazioni aziendali e delle comunicazioni di marketing migliorano il brand heritage. Questi riguardano i valori fondamentali della società e, in questo contesto, contribuiscono a definire la strategia aziendale e quindi diventare parte del patrimonio di marca (Urde et al., 2007). Il supporto di tutta l'organizzazione è necessario per collegare i valori fondamentali e il marchio insieme in modo difficile da imitare. Ogni nuova generazione genera qualcosa di nuovo al marchio, ma senza la conoscenza e la tradizione precedenti il marchio dovrà ricominciare da capo (Urde et al., 2007; Percy e Elliott, 2009).
Anche se il brand heritage è considerato prezioso, il suo significato può variare in base al luogo in cui il marchio viene commercializzato: può avere un patrimonio sia in senso globale che locale, ma i due possono differire notevolmente (Van Gelder, 2003). Come suggerisce Banerjee (2008), il patrimonio del marchio dovrebbe essere definito nel contesto del patrimonio culturale del paese destinatario e le potenziali lacune di forza tra di esse vengano pesate prima che venga affrontato il paese destinatario. Il patrimonio culturale del paese destinatario è rilevante perché ha un impatto duraturo sui valori degli individui che vivono in essa (Inglehart e Baker, 2000). Tuttavia, è un fenomeno complesso e valutarlo non è semplice. I brand managers dovrebbero stabilire e capire come i mercati differiscono culturalmente e costruire di conseguenza una strategia di marketing. In altre parole, il patrimonio del marchio e il patrimonio culturale del paese destinatario dovrebbero essere collegati, consentendo così alle aziende di valutare la loro forza in ciascun paese destinatario.
La storia dell’organizzazione presenta un rapporto reciproco con l’identità: la storia forma l’identità mentre l’identità influenza come i membri dell’organizzazione percepiscono il passato (Moingeon e Ramanantsoa, 1997). Nella letteratura di marketing aziendale, recenti contributi hanno dimostrato il concetto di patrimonio aziendale sostenendo che va oltre alla storia. Comunicando il proprio patrimonio aziendale e definendo l’heritage brand, le aziende evidenziano le fondamenta storiche e allo stesso tempo rendono il passato rilevante per il presente e il futuro. Così facendo i marchi offrono fondamento, pertinenza e distinzione. Per comprendere e affrontare in modo efficiente queste situazioni è necessario considerare tutti le parti interessate, gli stakeholders. Le aziende devono comunicare con successo la loro identità nei confronti dei vari soggetti interessati