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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.42 (1915) n.2136, 11 aprile

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L’ ECONOMISTA

GAZZETTA SETTIMANALE

S C IE N Z A E C O N O M IC A , F IN A N Z A , C O M M E R C IO , B A N C H I, F E R R O V IE , I N T E R E S S I P R I V A T I REDAZIONE: M. J. d e Jo h a n n i s — R . A. Md r r a y — M. Pa n t a l e o n i

Anno XLII Yol. XLYI

Firenze-Roma, 11 aprile 1915 {

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H. 2136

« L ’ Economista » esce quest’anno con 8 pagine

di più e quindi il suo contenuto più ampio dà modo di introdurre nuove rubriche e nuovi perfe­ zionamenti.

Il prezzo di abbonamento è di i» * ® annue anticipate, per l ’Italia e Colonie. Per l’Eetero (unione postale) l. «5. Per gli altri paesi si aggiungono le spese postali. Un fasci­ colo separato L. f .

S O M M A R IO :

PARTE ECONOMICA.

L a c ris i alim entare in Germ ania - La n f r a n c o Ma r o i.

L 'evolu zion e econom ica della Germ ania e la legge d i popola­ zione.

NOTE ECONOMICHE E FINANZIARIE.

Debito ipotecario italiano. Istituti di Credito Fondiario, - Le imposte di fabbricazione nell’ esercizio 1913-1914. — La rela­ zione dell’ on, Maraini sul progetto di legge relativo alla so­ spensione del dazio sul grano. — L e organ izzazioni operaie mila­ nesi nel 1914.

EFFETTI ECONOMICI BELLA GUERRA.

Il commercio estero d ell’ Inghilterra. — Le nostre esportazioni di sete e seterie nel gennaio 1915.

FINANZE DI STATO.

Le entrate dello Stato nei n ove mesi d ell’ esercizio 1914-1915.

FINANZE COMUNALI.

Confronto dei bilanci delle grandi città.

IL PENSIERO DEGLI ALTRI.

L ’ ultimo decreto sulle operazioni di Borsa, — L ’ aumento della sovraim posta e la politica fin anziaria dei Comuni nel mo­ mento presente.

NOTIZIE - COMUNICATI - INFORMAZIONI.

Banca d’ Italia.

Situazione delle Banche Italiane, degli Istituti di emissione ita­ lia n i, Istituti Nazionali Esteri, Tasso dello sconto ufficiale, Situazione del Tesoro, Debito Pubblico italiane, Ferrovie dello Stato, Riscossioni dello Stato n e ll’esercizio 1914-1915, Riscos­ sioni doganali, Importazione ed esportazione.

Quotazioni di valori, Borsa di P a rig i, di Londra e di New-York. Cambi in Italia ed a l l ’Estero.

Indici economici italian i. Estrazioni e Prestiti. Credito dei principali Stati.

P e r abbonamenti, richiesta di jascicoli ed inser­ zioni, rivolgersi all’Amministrazione : Via della Pergola, 3!, Firenze.

I manoscritti, le pubblicazioni per recensioni, le comunicazioni di redazione devono esser dirette all’avv. M . J. de Johannis, 56, Via Gregoriana, Roma.

PARTE ECONOMICA

Come siamo veduti e quanto siamo conosciuti

all’estero

Accade a chi è famigliare colla stampa estera di ricercarvi, specialmente in quella periodica, quanto si scrive intorno al proprio paese, per aver modo di controllare, sulla base di fatti meglio conosciuti perchè più strettamente vicini, o la serietà dello scrittore, o la autorità del periodico che accoglie le notizie e le informazioni, o la parte che il paese di cui si tratta tiene in raffronto agli altri.

Di alcuni risultati di questa abituale osservazione che non abbiamo compiuta davvero espressamente, ma che rientra nelle normali e quotidiane nostre attribuzioni, vogliamo trattenere i nostri lettori per suscitare in loro, per quanto è possibile, quello stesso senso di ribellione che proviamo noi, quando vediamo il povero paese nostro rappresentato pe­ rennemente presso gli altri come il cantuccio della Cenerentola, se non è addirittura descritto quale un covo di malfattori.

Ed insieme al primo impulso di protesta che siamo sicuri desteranno i brevi cenni, vorremmo suscitare una migliore coscienza, specialmente nel momento attuale, sulla importanza della stampa periodica, sulla sua influnenza, non solo nei ri­ guardi politici, ma ancor più in quelli economici, e commerciali, sulla necessità di disporre un con­ trollo, per quanto possibile, o infine, di ridestar­ ci dallo stato d incoscienza o di noncuranza in cui siamo usati adagiarci, senza renderci conto che gli organi che diffondono pregiudizi, preconcetti, fal­ sità a nostro riguardo, recano alla Nazione un danno aggravantesi di giorno in giorno, capace di arrestare o lungamente ritardare utili iniziative, di pregiudicare lo svilupparsi di rapporti possibili e vantaggiosi, di tenerci classificati eternamente presso le menti non sempre illuminate dei lettori esteri, fra i paesi incivili.

Ma le illustrazioni varranno meglio d’ogni altra nostra dissertazione.

Da lungo tempo sfogliamo YEconomist, una delle più diffuse e reputate autorevoli gazzette settima­ nali inglesi, letta in tutti gli ambienti di affari, non solo della Gran Bretagna, ma di tutti i possedi­ menti inglesi, e degli Stati Uniti, e del Giappone, e della Malesia, e dell Australia, in una parola in tutte le regioni dove si parla la lingua inglese ed in molte altre ancora.

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a far acquistare credito al nostro commercio, alla nostra organizzazione finanziaria, industriale, eco­ nomica, e, talvolta, alla nostra stessa politica.

Non condurremo il lettore nella indagine retro­ spettiva dei mesi decorsi, ma varrà ad esempio anche soltanto l’ultimo fascicolo dell’Economist, il N. 3736* del 3 aprile corr. A pag. 365 troviamo una breve nota nella quale si descrivono le terribili condizioni del Nord di Italia, in conseguenza del prossimo avvicinarsi dell’ora decisiva per l’ Italia : iniziative che si arrestano, negozi chiusi, città de­ serte, specialmente nel Veneto e ad eccezione di Torino; indignazione pubblica per la scoperta dei fucili e delle cartucce di origine germanica nei ba­ rili di birra diretti in Libia, ecc.. ecc.

Ciò non è ancora tanto grave quanto invece il modo nel quale piu avanti, nello stesso fascicolo a pag. 669 si descrive la sicurezza e attività del porto di Genova. Dopo una breve statistica sul maggiore movimento dei cotoni, nel maggior porto ligure si afferma :

« Il traffico è nondimeno grandemente impedito “ dalle ferrovie madegiuate, dalla mancanza di como- « dita nel porto. I vagoni merci sono stati tratte- « muti m Germania ed in Austria, mentre colà (a « Genova, si aveva una grande deficienza di copertoni « essendone stati ritirati circa 6000 dopo il recente « terremoto per proteggere gli abitanti di Avezzano « e del distretto. L ’assenza di copertoni è stata an- “ che maggiormente sentita a causa delle anormali « pioggie. Vi è anche una seria congestione di traf- « fico nelle banchine del porto, ed alle stazioni di « frontiera di Chiasso, Duino ed Ala, che gtuarda- « no, per il Gottardo, il Sempione ed il Brennero « le linee per la Svizzera e F Austria. Gl’impiegati « di dogane' non possono adempiere il loro lavoro a « causa dei numerosi ordini ministeriali, contror- « dini, e regolamenti contro le esportazioni di con-

« trabbando. Vi è stata una sospensione di energia

« elettrica nella -galleria dei Giovi. A Genova stessa « vi è mancanza di grue elettriche, di ponti meoca- « ni-ci di carico, e di macchine automatiche per pe- « sare, mentre la organizzazione del lavoro è assai <( deficiente. Semittra che recentemente 5000 balle « di cotone, valutate Lst. 40.000, sìeno .state distrut- « te da incendiarli. »

In sostanza quindi, questa, come le molte altre precedenti corrispondenze, non sanno dire e de­ scrivere dell’ Italia, che i pochi inconvenienti, le sole difficoltà, il lato meno pregevole se pur at­ tendibile. Gli occhi dell’Economrsf, sono rivolti verso di noi, soltanto per dire ai suoi lettori : Guar­ date che paese di straccioni e di briganti è l’ Italia! Mai abbiamo potuto leggervi un articolo, o sia pure una breve nota che ponga in buona luce una sola delle nostre tante ottime iniziative industriali, e degli affari stessi nei quali i capitali inglesi trovano o troverebbero direttamente od indiretta­ mente vantaggio! E mai alcuno dei nostri periodici che protestasse altamente, come noi facciamo, con­ tro la tendenza tenacemente denigratoria della gaz­ zetta dell Inghilterra, del paese cioè che, oggi per lo meno, non avrebbe discaro di averci politicamen­ te e militarmente alleati, ma che non ha ancora forse pensato ad assicurarci nemmeno il carbone che ei occorre, le materie prime che ci sono indispensa­ bili.

Non diverso e il contegno dell’Economisfe Euro- pubblica a Parigi. In un fascicolo di 6 ben 7 sono dedicate nel settimanale del 2 aprile, N. 1204,, alle corrispondenze dall’estero, e vediamo infatti per ciò che riguarda l’ Inghilterra i seguenti argomenti trattati : Le banche e la guerra : la mente di lord Rotchschild; la distruzione del « Falaba »; il bilancio della Banca d’ Inghilterra; il blocco navale. Per la Russia: i valori mobiliari russi ed i possessori nei paesi esteri; per la Ger­ mania! la banca imperiale di Germania; i falsi; cal­

coli della politica tedesca; l’approvvigionamento dei foraggi al 16 marzo 1915; la direzione delle ma­ terie prime di guerra al Ministero della guerra, ecc. ecc. Per l’Austria-Ungheria : la questione degli ap­ provvigionamenti in Austria-Ungheria. Per la Tur­ chia : il bombardamento dei Dardanelli. Per gli Stati Uniti : il caso dell’incrociatore ausiliario Prinz- Eitel-Friedrich, ecc. Come si vede tutti argomenti di interesse e di attualità, notizie ed elementi util­ mente raccolti; ma per l’ Italia il caso è diverso; l’ Italia, sembra per YEconomiste Europèen, non ha banche di che occuparsi, non ha valori pubblici da esaminare, non ha approvigionamenti scarsi od abbondanti : l’ Italia ha solo il contrabbando, e la nota riproduce, traendoli dal Secolo di Milano, quei fatterelli a noi noti, dei vagoni diretti alle officine Krupp; dell’ ospedale di campagna diretto da M i­ lano a Bari; dei quattro vagoni di automobili spediti in Austria; delle organizzazioni di frontiera per la spedizione del riso in Austria. Chiude tale serie una corrispondenza da Barcellona, per il sequestro di sacchi di corrispondenza tedesca ed austriaca operatosi a bordo del vapore italiano Regina Elena! In sostanza un complesso di falsità e di inesattezze, raccolte senza alcun controllo, sulla base di notizie incerte, presentate da un solo quotidiano italiano, e forse esposte in forma assai più dubitativa di quanto mai faccia la gazzetta settimanale Parigi­ na. Si vede chiaramente l’ animo dei redattori di quel periodico nel trascurare per l’ Italia tutto ciò che può dar mostra del suo sviluppo, del suo pro­ cedere, e nel far emergere invece solo quanto può metterci in cattiva luce presso i lettori, secondo fatti che, seppur veri, sarebbero in ogni caso im­ putabili solo alla iniziativa di pochi sconsigliati

Ma veniamo ad un’ultima constatazione non meno dolorosa : come, cioè, e quanto il nostro commercio e la nostra produzione sa farsi cono­ scere all’ estero.

Abbiam o sott’ occhio il Bulletin de la Fédération

du Commerce International del marzo 1915 u. s.,

edito a Parigi, per cura della Federazione stessa che ha rappresentanze a Madrid, a Londra ed A n ­ versa, e che sviluppa un programma pienamente approvato da qualche centinaio di Camere di com­ mercio dellEuropa.

Il Bollettino, di 48 pagine è per la massima parte occupato dalle seguenti rubriche intese a facilitare gli scambi fra i diversi paesi e quindi fra produt­ tori e consumatori : « offerte e domande di mer­ canzie; rivista di attualità industriali e commerciali; offerte e domande di Agenzie, depositi, e rappre­ sentanze; ciò che si può vendere ecc. »

Ciascuna rubrica è divisa per paese e vi trovia­ mo alcune pagine dedicate alla Spagna, alla Fran­ cia, naturalmente, all’ Inghilterra e spazi non indiffe­ renti alla Rumania, alla Grecia alla Svizzera, al Portogallo ecc. Ma il posto che tiene ITtalia fra le altre nazioni non potrebbe essere nè più me­ schino nè più ridicolo di fronte alla sua importan­ za di produzione assoluta e relativa in rapporto ai paesi di cui il bollettino si occupa.

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I l a p r ile 19«5 N . 2136 L ’ E C O N O M I S T A 319

« en tous genres, articles industriels cuir, man- '(( chons, lanières, articles pour teinturerie, colo- « rants, soude, machines pour tissages, etc. Enfin « tous articles pouvant intéresser l’industrie texti- « le. Meilleures réferences ».

Ed ecco tutto. Ecco cioè come l’industria italia­ na è rappresentata nell’ organo di diffusione di una istituzione internazionale, che, se nota a noi, do­ vrebbe esserlo, ed ancor più, alle molte aziende di produzione italiana, alle case di rappresentanze, di commissioni, ecc. italiane.

Ma la pubblicazione che non è sfuggita alla dit­ ta siciliana ivi elencata nella apposita rubrica, che è conosciuta dalla ditta Herck et Norbert, che non porta certo un nome italiano, non è rimasta però i- gnota fra le nostre istituzioni finanziarie, neppure alla Banca Commer. Vediam o infatti destinata una nota che così comincia : ee Les Allemands avaient « trouvé en Italie une aide puissante pour l’importa- ee tion dans ce pays de leur produits avec la Ban- « ca Commerciale Italiana qui facilitait le corn­ ée merce allemand, de la façon suivante : un indu­ ci strie! allemand, désireux d’importer ses arti- i( clés en Italie, demande d’ abord des renseigne- cc ments à la Banca C. I., se fait ouvrir un compte : ce la banque lui adresse toutes indications etc. « L ’industriel remet traites et factures des ses en­ ee vois à la Banque (peu de traites, les Italiens ne ee les aimant pas !); le client n’à plus qu’ à verser ee le montant ou acompte de sa facture au crédit ee du compte de son fournisseur chez la B. C. I. la­ ce quelle, à son tour, crédite son client en Allema- ee gne. D ’ autres fois la B. C. I. paie les factures à ee l’industriel, avant des les avoir encaissées.

ee Souvent aussi la B. C. I. avance des fonds aux ee industriels alemands proportionnellement au ee montant des importations projetées, etc. ».

Ci sia lecito domandarci : e le banche italiane dove sono? che fanno? 11 Credito Provinciale, il Banco di Roma, che ha una sede anche a Parigi, non ha là suoi impiegati, suoi agenti che pronta­ mente avvertano non essere la sola B. C. I. capace di fare un lavoro che tutte le banche sono in con­ dizione di poter compiere altrettanto bene?

* * *

Da ciò che disordinatamente forse, ma impar­ zialmente abbiamo sopra esposto, crediamo di a- vere abbastanza dimostrato, quanto lungo cam­ mino abbia ancora da compiere il nostro paese, per essere conosciuto e giudicato all’ estero, secon­ do verità e non secondo gli apprezzamenti poco sinceri e parziali della stampa periodica che, ad arte forse, ci prospetta sotto le luci meno favore­ voli; auanto sia necessario educare e guidare co­ loro che sono preposti alle nostre industrie, alle nostre produzioni, ai nostri scambi, alle nostre banche, affinchè per insipienza o Der gretteria di vedute non si lascino ancor niù lungamente so­ praffare dai concorrenti esteri, i auali hanno in­ vece imparate e possono insegnarci le vie di una piu utile propaganda.

Affermare che i brevi fatti esposti non abbiano importanza, è dire una sciocchezza : sono invece indice preciso della nostra impreparazione, alla quale è assolutamente necessario porre riparo e contro la quale è fin d’ ora, ed in specie in questo momento che sta per decidere della direzione di molte correnti di traffico, dovere imprescindibile di muoversi, di agire, di agitarsi, per non perdere del tutto i molti vantaggi della favorevole occa­ sione!

E speriamo che la nostra protesta trovi qualche eco presso la stampa sana d’ Italia e presso le 'ftu z m n i che traggono vantaggio del buon nome del nostro paese.

Sulla coltivazione del grano in Italia

Durante il Congresso degli Agricoltori Italiani tenuto in Roma nella seconda metà di marzo, il Presidente ricevette una importante lettera, che è stata anche comunicata alla stampa, intorno alla coltura dei cereali ed all’incremento che potrebbe avere in alcune parti della Sardegna. La lettera e firmata da due pionieri del movimento agricolo sardo, i sigg. Ignazio Borsarelli di Riofreddo e avv. Romualdo Ciccarelli, e volge su un tema che, nella presente penuria di grano pel consumo, è tra i più interessanti pel nostro paese.

Essi notano che gli ettari 255,000 seminati a grano nella corrente annata agricola 1914-15, rap­ presentano, su una superficie di ettari 2,332,400, poco più della media della semina ordinaria pra­ ticata nell ultimo decennio. Osservano perciò che, dopo la spinta vigorosa data dal Governo per mezzo delle Cattedre ambulanti d agricoltura, non si può attendere dagli agricoltori sardi una esten­ sione di coltura di cereali, ma piuttosto una ra­ zionale intensificazione. Questa d’ altronde è resa necessaria dal grande frazionamento delle pro­ prietà che circondano i villaggi nelle zone pia­ neggianti; il quale frazionamento determina in una misura limitata i prestiti che gli Istituti locali di credito agrario concedono. In altri termini mancano i mezzi per operare in grande, ossia, nel caso concreto, per poter destinare e adattare alla cerealcoltura vasti spazi nuovi di terreno.

Non già però, aggiungono, che cosiffatti spazi manchino. V e ne sarebbero anzi di molto adatti. E indicano ampie distese, anche in parti finora incolte, per diecine di migliaia di ettari, suscetti­ bili, se arate e seminate, di immediata cultura a cereali; le quali sono situate nel Campidano, nella Traxenda, nella Marmilla, e si dividono in appez­ zamenti da 200 a 1000 ettari di proprietà privata 0 demaniale, oggi quasi abbandonati al pascolo.

A lle esigenze del quale, non deriverebbe d’ al­ tronde nessun danno; prima di tutto perchè, dopo 1 enorme perdita di bestiame dello scorso anno e la susseguente crisi di quest’ anno, non si sono po­ tute ricostituire col sistema primitivo le greggi; e poi perche vi sarebbe sempre abbondante pa­ scolo dopo la grande quantità di pioggia caduta nell inverno e cadente ancora nell’inizio della pri­ mavera.

Se non che i prelodati signori affermano non potere gli agricoltori sardi uniti e associati prov­ vedere a una larga coltura, epperò invocano l’ aiuto e l ’iniziativa delle Associazioni agricole continentali. Queste, grazie alle abbondanti piog­ ge cadute e mercè una buona aratura a trazione meccanica nella vasta pianura del Campidano du­ rante la primavera e l’ estate, potrebbero semi­ nare in novembre orzo, avena, frumento. Con ciò si realizzerebbe il sogno di una Sardegna rina­ scente in breve tempo nella sua parte più adatta alla vita agricola, e si provvederebbe ad un alto interesse nazionale, che è determinato dal fatto che si desume dalle statistiche pubblicate dall’ I­ stituto Internazionale, e cioè che vi ha quest'anno un enorme deficit di avena ed orzo nella produ­ zione mondiale e che più forte forse sarà nel ven­ turo anno se non si provvede in tempo.

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provve-L ’ E C O N O M I S T A 11 a p rle 1915 N . 2136 320

dere neppure associandosi tra loro? Non vi sono | grandi proprietari, persone intelligenti e dena­ rose? Questa indagine non possiamo ora farla noi; mettiamo dunque che sia così. Sarebbe desidera­ bile che nell’ Italia continentale, tanto più vasta e più ricca, il suggerimento trovasse ascolto. La pro­ spettiva sembra promettente, per lo meno la cosa merita d’ essere esaminata sul serio e da vicino. Non può negarsi che si tratta, come è detto sopra, d’un grande interesse nazionale.

Il consiglio dato nello scorso autunno dal G o­ verno agli agricoltori italiani di estendere la col­ tivazione dei cereali, è stato un ripiego provviso­ rio, tanto per attenuare un poco gli inconvenienti di quest’ anno di guerra e di penuria. Ma come non ha avuto finora una applicazione molto larga, così non potrebbe neppure in seguito determinare un fatto d’indole permanente. E ’ risaputo che nel nostro paese non tutte le regioni si prestano egual­ mente bene alla coltura granifera. Basta confron­ tare i risultati ch’essa dà in quelle settentrionali e centrali da una parte, nelle meridionali dall’ al­ tra. E ’ stato calcolato che, presa una media fra la bontà varia dei terreni e insieme la media di un quinquennio, si può stabilire che il rendimento del grano sia per ogni ettaro : nel Mezzogiorno quintali 13,50, nel Nord quintali 27. A determi­ nare una differenza così notevole potranno contri­ buire vari cofficienti, come la maggiore o minore accuratezza nella coltivazione e nella scelta delle sementi, il più o meno largo uso di buoni conci­ mi; ma elementi primari sono il suolo e il clima. 11 grano prospera nei climi freddi e di temperatura abbastanza costante e nei terreni freschi o per natura o per abbondante irrigazione; prospera meno nei climi caldi e nei terreni troppo asciutti. Ora sta in fatto, salvo le debite eccezioni, che nel­ l’ Italia superiore e in alcune parti di quella media sono vaste la pianure bagnate da fiumi varia­ mente ricchi d’ acqua ed anche, non da per tutto, ma in più luoghi, fornite d’ ottima irrigazione arti­ ficiale; nel mezzogiorno viceversa la struttura del suolo è, in generale, più montuosa, i terreni per­ tanto sono più aridi, i fiumi, numerosi ma non grandi, hanno carattere torrentizio, male regolati, spesso devastano più che non fertilizzino, alcune plaghe vanno soggette alla siccità, alcune altre a un vento affricano caldo-umido che qualche volta guasta promettenti raccolti, e l’ irrigazione artifi­ ciale, un po’ su vasta scala, non esiste.

Non tutte le nostre terre sono dunque atte alla coltura dei grani. E ’ anzi desiderabile — e non da ieri viene predicato —— ch’essa in avvenire e a gra­ do a grado diminuisca come estensione, pur cre­ scendo come intensità. Deve cercarsi che rimanga surrogata da altre colture di reddito maggiore o meno aleatorio : nelle brevi vallate e zone di col­ lina, dalla vigna, secondo i casi, dal frutteto, o dall’ agrumeto, in quelle di montagna dal pascolo razionale e dal bosco, qui pure s’intende secondo le altimetrie, le giaciture e i climi. Ma ostinarsi a mantenere (peggio poi estendere a caso) la col­ tura del grano su terreni e ad altezze dove l ’ espe­ rienza ne mostra il rendimento già così scarso! a che prò?

E così, dovrebbe l’ Italia, mentre ogni anno im­ porta con grave spesa dall’ estero quel tanto che manca al suo consumo, rassegnarsi a produrre in casa propria anche meno grano di prima? Tutt’ al­

tro; e i modi, a parere dei competenti, sono più d’uno, non si escludono fra loro, ma richiedono anche l’ aiuto del tempo e vanno rispettivamente applicati secondo la diversa natura dei luoghi.Un po’ da per tutto, dove più e dove meno, perfe­ zionare i sistemi degli avvicendamenti culturali ed aumentare le concimazioni, chimiche o no. In­ trodurre, dove ora manca affatto quel tanto d’irri­ gazione artificiale che si può : mediante grandi serbatoi d’acqua in pochi punti meglio adatti, e più generalmente col migliorare il regime dei fiu­ mi e dei torrenti. Destinare alla cultura dei cereali tutte quelle zone pianeggianti, che ora sono ma­ lariche e spopolate, epperò poco produttive, a mano a mano che i lavori di bonifica le rendono sane, abitabili e fertili; e bonifiche se ne vanno eseguendo, un p o ’ lentamente a dir vero, dalle foci del Po all’ estrema Puglia. Fare altrettanto in zone, come quella del Campidano dianzi rammen­ tata e altre di Sardegna, delle Maremme e dell’A ­ gro Romano, che o sono semi-incolte o tenute a pa­ scolo primitivo, o ad ogni modo rendono anche me­ no di ciò che possa rendere una coltura media — non infima — del grano.

E. Z .

La crisi alimentare in Germania

Non si sarebbe sinceri se, parlando dell’ agricol­ tura tedesca, non si riconoscessero gli immensi progressi conseguiti in questo campo dalla G er­ mania, non ostante che tutti gli sforzi degli ultimi anni fossero stati rivolti a conquistare all’industria il primato nel mondo. La conservazione della pic­ cola proprietà agraria, la quale ha resistito alla corrente accentratrice da cui è stata invasa l’or­ ganizzazione industriale, l’impiego sempre più ab­ bondante di concimi chimici e l’uso larghissimo di macchine, ed inoltre la selezione delle varietà culturali ed il miglior adattamento al suolo delle varie specie di cultura, sono i principali fattori che hanno determinato il grandioso sviluppo dell’ a­ gricoltura.

I tedeschi impiegano nelle loro terre più di 530 milioni per ingrassi chimici, e cioè una spesa tri­ pla di quella di venti anni fa, a cui bisogna ag­ giungere 160 milioni di nitrato di soda, 100 milioni di solfato di ammoniaca, 1.600.000 tonnellate di scorie, 1.500.000 tonnellate di superfosfati e 3 mi­

lioni di tonnellate di sali potassici, e cioè un consu­ mo di materie fertjlizzanti superiore a quello di tutti gli altri paesi di Europa. In quanto a macchi­ ne agricole mi limito a notare che le trebbiatrici a vapore da 76 mila nel 1882 si sono accresciute a 489 mila nel 1912, le falciatrici da 19 a 301 mila, gli aratri a vapore da 836 a 3 mila circa.

N e deriva che le cifre della produzione segnano dei meravigliosi crescendi. Nei quinquenni 1883- 1887 e 1908-1912 la produzione della segala si è accresciuta da 59 milioni di quintali metrici a 110 milioni; quella del. frumento da 26 a 40 mi­ lioni; quella delle patate da 255 a 442 mi­ lioni; quella del fieno da 168 a 250 milioni di quin­ tali. Come prodotto per ettaro negli stessi due quinquenni la segala ha aumentato da 10 a 18 quintali metrici, il frumento da 13.4 a 20.7, le pata­

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uni-11 a p r ile 1915 N . 2136 L ’ E C O N O M I S T A

tarla, la Germania si trova innanzi ai principali paesi del mondo, come ha dimostrato con impor­ tanti dati il Fenoglio nel suo recente studio : La

Germania economica (Rivista delle Società Com­

merciali, Roma, 1915).

Malgrado tali importanti progressi è noto come la Germania non produca a sufficienza per i propri bisogni interni : l’ideale di un’ agricoltura che ren­ da il paese indipendente dalle nazioni vicine per i generi alimentari necessari alla sua accresciuta

popolazioni, non potrà forse mai attuarsi.

In tempi normali, come ha calcolato l’Einaudi sui dati dell' Annuaire international de statistique

agricole riferendosi alla media del quinquennio

1908-1912, le deficienze sono di 16.778.000 quin­ tali per il frumento, di 28.567.000 per l’ orzo, di 2.087.000 per l’ avena, di 7.623.000 per il granotur­ co, di 3.287.000 quintali per le patate. Soltanto per la segala vi sarebbe una eccedenza di 7.843.000 quintali.

Anche prendendo un’ annata eccezionalmente fa­ vorevole, quella del 1913, ecco, il bilancio della produzione e del consumo espresso in migliaia di quintali metrici : Produzione nazionale tedesca Bisogni del paese E cceden ze(+) o defic. ( —) F rum en to... Segala ... O r z o ... 46.560 122.220 36.780 62-800 107.3C0 64.100 - 16.240 + 14.920 — 27.370 Totale . . . 205.560 234.200 — 23.690 P a t a t e ... Avena ... 541.211 97.140 504.210 86-600 + 37,001 + 10.540

La raccolta del 1913 era stata superiore a quel­ la del 1912, anch’essa abbastanza buona, di 2.953.000 q. per il grano, di 6.240.000 q. per la segala, di 1.913.000 q. per l’orzo e di 39.1 16.000 q. per le patate. Pur tuttavia, per quell’ anno il deficit complessivo della produzione in rapporto al con­ sumo, può calcolarsi del 12%, e del 2 5 % per il solo grano.

E ’ chiaro come anche in tempo di pace la Ger­ mania sia costretta ad importare largamente pro­ dotti alimentari per sopperire ai bisogni della popolazione; ed infatti sappiamo che soltanto dal­ la Russia importa per 1 miliardo e 200 milioni di

ogni sorta di generi alimentari. Complessivamente la Germania importa per 3 miliardi e 700 milioni di derrate agricole.

Nel 1912 l’importazione del grano fu del 31.2% del consumo, l’importazione dell’ avena del 3.6 %, 1 importazione dell’ orzo del 46.0 %, l’importa­ zione della segala del 4.3 %. L ’Harms fa in gene­ rale ammontare al 20 % il bisogno totale dei pro­ dotti agrari. Sappiamo anche che per i comme­ stibili animali la Germania dipende per il 10% del fabbisogno dall’ estero, e che riguardo ai fo ­ raggi 1 importazione rappresenta il 60 % del con­ sumo interno. E ’ soltanto colla esportazione di prodotti dell’industria che la Germania riesce a compensare largamente la propria bilancia com­ merciale.

A d ogni modo è certo che l’economia tedesca, oltre alla libertà dei mari per avere le materie prime necessarie all’industria, ha bisogno di man­ tenere i migliori rapporti con l’Europa che è la sua I miglior cliente per lo smercio dei prodotti indù- I

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striali, ma che insieme è la sua più larga fornitrice di quel che le manca per la propria alimentazione.

* * *

La situazione della Germania per quanto si ri­ ferisce alle derrate alimentari si è venuta senza dubbio ad aggravare in seguito alla guerra, che ha portato alla chiusura delle vie marittime, delle vie terrestri ed ha rese veramente enormi le diffi­ coltà di procurarsi qualsiasi prodotto attraverso i paesi neutrali.

Potrebbe supporsi che, in previsione della guerra, la Germania come si era preparata in tutti i minimi dettagli alla sua mobilitazione militare, così avesse pensato anche alla questione degli ap­ provvigionamenti. E ’ certo invece che nessuna ri­ serva, oltre quelle ordinarie, aveva in casa allo scoppio della guerra. Gli stock di orzo, segala, frumento, avena erano assolutamente normali, nè alcun importante acquisto fu fatto nel primo seme­ stre del 1914. 1 tedeschi erano sicuri non solo della propria superiorità militare, ma erano convinti che la resistenza degli alleati sarebbe stata minima, e che per la guerra, quindi, di corta durata, sa­ rebbero state sufficienti le ordinarie riserve. Non avevano neanche preveduto, in tutta la sua gra­ vità, il rigoroso blocco economico.

Si aggiunga che la racolta del 1914 è stata una delle più scarse, quali la Germania non aveva da parecchi anni, come risulta dal seguente quadro :

Produzione di cereali della Germania n eg li anni 1912, 1913, 1914

(in m igliaia di quintali)

Prodotti 1912 1913 1914 D e fi c ie n z a d e ll ’a n n a ta 1 9 1 4 in r a p p o r to a q u e ll a d e l 1 9 1 3 P e r c e n tu a le | d e ll a d e fi c ie n z a Frumento . . . 43.606 46.559 39.575 - 6.984 15.— o/o Segala . . . . 115.983 122.223 110.734 - 11.489 9. 4 % O r z o ... 34.820 36.733 29-827 - 6.906 18. 8 % Totale. . . 194.409 205.515 180.136 - 25.379 — Patate... 502.095 541,211 450-288 - 90.923 16. 8 %

Si può all’ingrosso stabilire, tenendo conto del bilancio alimentare del 1913 su riportato, che per il 1914 il bilancio alimentare della Germania ri­ sulti con questo deficit.

D eficit in m ilioni di quintali Frumento. . . . 23.224 O r z o ...34.716 A v e n a ... 9.000 P a t a t e ... 53.922

Soltanto la segala segnerebbe una sovraprodu- zione di poco più di 3 milioni di quintali, insuffi­ cienti, come si vede, a coprire le enormi defi­ cienze degli altri generi alimentari.

A questo deficit, in tempi ordinari, la Germa­ nia avrebbe provveduto con l’importazione; ve­ diamo come si prospetta la situazione in conse­ guenza della guerra.

(6)

322 L ’ E C O N O M I S T A 11 a p rile 1915 N . 2136

Durante i sei mesi decorsi dalla raccolta del 1914 è generalmente ammesso che il consumo non sia stato ridotto. Per conseguenza, fin dai primi del febbraio scorso la Germania non avrebbe do­ vuto avere approvvigionamenti di grano e di se­ gala che per altri due o tre mesi al massimo.

Ma ecco che sono intervenuti i provvedimenti diretti a ridurre al puro necessario il fabbisogno dei cereali ed economizzarne il consumo. Tali misure hanno evidentemente avuto lo scopo di far bastare le risorse esistenti fino al prossimo raccolto.

Calcoliamo quale sarebbe la quantità di cereali necessaria durante il periodo che separa la Ger­ mania dalla nuova raccolta. Il calcolo si trova nell’Injorm ation dell’ 11 marzo ult. Fissato il consu­ mo dei cereali a 2 chilogrammi a testa per setti­ mana nelle grandi città e a 9 chilogrammi a testa e per mese nelle campagne, si avrebbe che dal 1U febbraio al 15 agosto, i 15 milioni di abitanti delle città tedesche consumerebbero 750.000 tonnellate di cereali e i 55 milioni di abitanti delle campagne ne consumerebero 3 milioni e 1/4, e quindi complessivamente 4 milioni di tonnellate. Togliendo da questi 4 milioni quella quantità di fecola che si potrebbe utilizzare come alimento dalla patata, e che si calcola in 250.000 tonnellate, la Germania, col regime di stretta economia isti­ tuito, avrebbe bisogno di 3.750.000 tonnellate di cereali fino al prossimo raccolto.

Possiede la Germania questo stock necessario ai più essenziali bisogni? Il Berliner Tageblatt del 2 febbraio fa ammontare a 10 milioni e 1 /2 di ton­ nellate di segala ed a 4 milioni di tonnellate di grano e cioè a 14 milioni e 1/2 di tonnellate la produzione totale del 1914. Calcolando ad 1 mi­ lione di tonnellate di segala ed a 500.000 tonnella­ te di grano il consumo mensile, ne deduce che 9 milioni di tonnellate di segala e di grano sono sta­ te consumate nei primi sei mesi di guerra. Se dai 14 milioni e 1/2 di tonnellate si tolgono 1 milione e 1/2 per le semenze, restano 13 milioni — 9 mi­ lioni consumati, e cioè 4 milioni di tonnellate che sarebbero sufficienti per i bisogni della nazione valutati in 3.750.000 tonnellate. Ma questo calcolo supporrebbe :

a) che sia esatta la cifra del consumo normale

durante i primi sei mesi di guerra. Si sa che la Germania ha il più largo consumo di cereali fra tutti gli stati europei, come risulta dal seguente specchietto tratto dal noto studio dell’Helfferich sulla prosperità nazionale della Germania dal 1888 al 1913:

Consumo di grano e segala p er abitante in chilogram m i

Germania Austria-Ungheria

Inghil­

terra Francia Italia 1886-1890 . . . 178 152 163 252 123 1902-1906 . . . 247 174 166 241 145 °/o di aumento. . 39 16

1

— 4 18

Il dr. Ballod dell’Università di Berlino, che a- veva fatto ascendere il consumo a 227 chilogram­ mi, dichiara altra volta (Preussische Jahrbücher del 15 luglio u. s.) che questo consumo è inferiore in realtà del 15 %.

Se si calcola, come più sopra si è riferito, in 234.200.000 quintali il fabbisogno di cereali per

un anno, il consumo per sei mesi di 90.000.000 di quintali sembra molto inferiore a quello effettivo.

b) che il consumo, in occasione della guerra,

sia rimasto immutato. Invece è facile immaginare in quale rapporto il consumo sia aumentato dato l’ enorme numero di soldati in campagna, ed il mantenimento dei 700 mila e più prigionieri di guerra, nè essendo da trascurare la circostanza che, mancando la Germania di buona parte di foraggi per il bestiame (il 60 % del fabbisogno viene importato per una somma di 900 milioni cir­ ca di lire), una quantità benché piccola di cereali deve essere utilizzata come alimento del bestiame.

Si ha ragione di credere che i risultati riportati dal Berliner Tageblatt e dalle statistiche tedesche in genere non siano rispondenti a verità.

Può calcolarsi intanto che dai paesi limitrofi la Germania sia in grado di ricevere aiuti alimentari?

Il Théry nell’ E conomiste européen del 5 marzo ultimo calcola quale sia stata la produzione ed il consumo di frumento, segala ed orzo nei paesi che circondano la Germania e l’Austria-Ungheria : Produzione e consumo dei cereali nei paesi che circon­

dano la Germania e l ’Austria-Ungheria p e l 1913.

GROPPO NORD.

Svezia N orvegia Danimarca Olanda Produzione . . . 11.180 930 11,650 5.900 B is o g n i... 13-970 5.000 15.230 18.000 Sovrappiù ( + ) o

de-deficienza (—) . — 2.790 - 4.070 — 3.580 - 12.100 G RU PPO SUD.

Svizzera Italia Rumania Produzione . . . . 2,100 62.120 32.950 B i s o g n i ... 8-260 71.440 11.900 Sovrappiù (-p) o

de-+ 21.050 ficienza (—) . . . 6.160 — 9.320

Nessuno di questi Stati, dunque, può portare soccorsi alla Germania, essendo in tutti il fabbiso­ gno superiore alla produzione ed avendo la Ru- mania, la sola che possegga un avanzo importan­ te, impedito, in previsione di bisogni futuri, ogni esportazione di prodotti alimentari.

* >{< *

Ed ora concludo. Tutti gli elementi sopra illu­ strati portano a ritenere che la situazione alimen­ tare tedesca sia veramente critica. I provvedimenti eccezionali che sono basati sulle seguenti tre pre­ scrizioni :

1“) che si faccia a meno di servirsi dei cereali a scopo industriale e come foraggio,

2°) che il frumento venga sostituito in parte dalla segala, dall’orzo, dalle patate.

3°) che se ne faccia un uso molto economico, sono forse, come giustamente ritiene l’Einaudi, giunti troppo tardi, nella persuasione che la guer­ ra sarebbe finita molto prima del nuovo raccolto.

I sacrifizi che il paese dovrà chiedere ai cittadi­ ni non saranno soltanto nuovi sacrifizi di vite uma­ ne, di danaro, di resistenza a maggiori dolori, ma ancora sacrifizi ben più duri e penosi a causa del­ le limitatissime risorse alimentari.

(7)

11 a p rile 1915 N . 2136 L ’ E C O N O M I S T A 323

L’evoluzione economica della Germania

e la legge di popolazione (1 )

La Germania con minori capitali che la Francia e l’Inghilterra, si pose in condizione di arricchire più rapidamente e la somma globale dei redditi da 23.5 miliardi di Marchi nql 1896 salì a 43 nel 1913, cioè da 445 a 642 M. per individuo : l’aumento fu dell’83 % nella ricchezza globale, e del 44 qz per quella individuale. — Secondo il Leroy Beaulieu in F rancia. il reddito nazionale era di 20 miliardi di Marchi quando in Germania era di 35, cioè 514 M. per ab., mentre in Germania era di 555 M. : secondo i calcoli del Thery la ricchezza individuale sarebbe di 5924 M. per individuo in Francia, mentre è di 4650 in Germania, e poiché il reddito per abitante è maggiore in Germania, si vede che essa fa rendere meglio.il suo capitale. — Il Money calcola in 35 mi­ liardi, cioè 850 M. per abitante il reddito nel Regno Unito: la ricchezza individuale sarebbe di 5500 M., dunque Tlnghilterra fa rendere il suo capitale an­ cor meglio che la Germania. — L ’Italia ha 10 mi­ liardi di Lire di reddito, che costituiscono 294 Lire per ab. : una capitalizzazione annuale di 1000-1200 milioni cioè 32.5 L. per ab., mentre in Germania sono 5200 milioni, cioè 98.8 per ab.

La popolazione cresce in Italia del 7 %, dunque si vede come troppo lènto riesca l’aumento di ric­ chezza, e dato l’arricchimento contemporaneo degli altri paesi si può ritenere che l'Italia impoverisca.

La Germania dimostrò che l’aumento di popola­ zione non solo non è pericoloso, ma anzi è un mezzo per conseguire un maggior sviluppo economico : la popolazione in 25 anni aumentò di 18 milioni, ma la ricchezza — che nel 1895 si calcolava in 200 mi­ lia rd i— nel 1913 è di 310, dunque la popolazionè au­ mentò del 13 «/, e la ricchezza del 17 %. Dal 1871 al 1910 la natalità scese da 40.7 a 33.9, ma la mor­ talità .scese anche più rapida da 28.8 a 19.7, sicché l’eceedenza delle nascite risulta in aumento dal 11.9 al 14,3 %. Contemporaneamente l’emigrazione da 221.000 nel 1881 scese a 22.700 nel 1911, e la popola­ zione agricola si ri duceva pur essa da 42 a 28.5 %. — Quegli Stati che hanno una popolazione più densa ed una più intensa industrializzazione arricchi­ scono più rapidamente: così Tlnghilterra, in cui T84 q/ delle esportazioni è composta di manufatti, ha una ricchezza di 814 M. per ab. con una emigra­ zione quasi nulla o che va nelle colonie.

Invece popolazione ed industrializzazione scarsa corrispondono a scarsa ricchezza ed emigrazione forte : per esempio in Russia ed in Italia. Dall’Alta Italia remigrazione è temporanea : la Lombardia 292 emigranti su 100.000 ab. (ed erano 450 nel 1914 mentre la Germania allora ne aveva 306) ora si' trova nella stessa posizione in cui questa era nel 1890. — Llrlan da ebbe quasi la stessa povertà e la stessa alta emigrazione ehie il nostro Mezzogiorno : poi leggi benefiche ne industrializzarono le colture, sicché ora è come le regioni più ricche del nostro Mezzogiorno: Puglie e Sicilia. — Da una popola­ zione massima nel 1848 di 8.6 milioni di ab. scese a 4.4 nel 1911 per cause di ordine interno oltre che per Temigrazione; che cominciò nel 1833, per mi­ gliorare nel 1871-80 e peggiorare di nuovo e mi­ gliorare dopo il 1893. Nel periodo più grave toccò 1405 emigranti 0/oo: rindustrializzazione delle colture la ridusse a una metà.

Dall'Italia meridionale son partiti nel 1907-911 annualmente 2146 emigranti%0 per l’Oltreo-ceano, mentre dalla Lombardia solo 418. Non solo il Nord d’Italia possiede maggior ricchezza del Sud, ma sa farla valere infinitamente meglio, dicono gli indici del Mortara: la differenza di riccheza da Nord a Sud è da 3 a 2, ma la differenza di attività econo­ mica è da 5.2 a 2.5: là c’è maggior ricchezza mo­ biliare in circolazione, che s’impiega in valori indu­ striali, ed il risparmio và più alle banche e alle Casse di risparmio ordinarie che a quelle' postali : 1

(1) F. Ca r l i: L ’ evoluzione economica della Germania e la legge di popolazione — R ivis ta Ita lia n a d i S ociologia - Sett.-dic. 1914,

Risparmio per abitante Nel Nord M ezzogior.Nel Nelle Isole Casse di risparm io ordinarie . 89.7 21.87 24.89 Banche p o p o l a r i ... 31.81 7.23 2.07 Casse di risparm io postali . . 49.2 47.4 51.54

Nella Lombardia vi sono più di 41.000 imprese industriali con 658.000 persone, mentre nella Sicilia sono appena 19.500 con 121.000 persone.

Le regioni più ricche sono tali perchè .più inten­ samente industrializzate. La Germania quando era prevalentemente agricola s’arricchiva meno e molti emigravano : ora che è prevalentemente industriale s’arricchisce di più e in minor numero emigrano. Si multaneità dei termini: aumento di popolazione, di ricchezza e riduzione dell’emigrazione per l’aumento dell’industrializzazione. Questo è il fattore più im­ portante ed indispensabile. L ’agricoltura nutre e l’industria arnic-chise-e.

[Ma T agricoltura stessa è un’industria : ed indu­ stria significa soltanto attività: non può esser vero che l’agricoltura nutre ma non arricchisce, altri­ menti il passaggio dei lavoratori dall’agricoltura al­ l’industria riporterebbe l’uguaglianza di reddito nelle due occupazioni. Non ci sono ora fisiocrati-ci da combattere e questa determinazione di supe­ riorità di reddito alTindustria, può condurre ad un nuovo mercantilismo v. p.]

Posta la progressione aritmetica e quella geome­ trica, il rapporto fra di esse è una legge statistica, ma nella realtà non c’è mai statica perchè date le due serie in movimento ed in relazione, s’influen­ zano-. « La popolazione, -scrisse il Beccaria, comun­ que grande si supponga, sarà sempre vantaggiosa a -sé medesima, quando sia effetto d-elTaumentata quantità di travaglio ».

Si ha qui una legge dinamica della popolazione, ancor posta è vero in relazione al presupposto che i mezzi di sussistenza da altro non si possano otte­ nere che dalla terra. In Malthus invece la teoria è fisiocratica ma anche statica. — La legge della vita non è quella dell’a-dattamento, ma del superamento : se -c’è vita, c’è movimento e disequilibrio : si urtano forze e resta un residuo che se è negativo lascia un indi-etreggiamento, se positivo un progresso.

Non c’è una società economica, ma delle società, ed in esse i gusti dipendono dal tenor di vita e que­ sto dalla produttività e dai fattori demografici eco­ nomici storici. E così gli ostacoli. Di qui si forma in ogni società uno speciale equilibrio: in ultima analisi le nazioni sono le varie unità economiche o quanto meno quelle che ci interessano. Anche la legge di popolazione va riferita alle società econo­ miche nazionali, cioè ad un sistema aperto, men­ tre Tumanità sarebbe chiuso. — L-e varie società

economiche nazionali reagiscono all’ambiente col

lavoro : se fossero sistemi chiusi non si muovereb-

bero, ma essendo aperti vogliono conservare la loro posizione e reagiscono e così accade che talora superano sè stesse. Se la reazione è uguale allo stimolo lascierà un equilibrio stabile; ma normal­ mente è diversa. In una società delTepoca della caccia si raccoglie quanto l’ambiente possiede, ma se delle cause turbano i rapporti ed alla popola­ zione non bastono più i raccolti, si perfezionano i mezzi per accrescerli. La società pastorale è meno chiusa della precedente, e vi è già un -certo numero di scambi coi gruppi vicini. Si perfeziona la tec­ nica nella società agricola, anche più aperta della pastorale: reazione all’influenza dell’ambiente col produrre il necessario all’alimentazione ed un di più da scambiare coi gruppi vicini. La plus^produ- zione fa lucrare plus-valori commerciali: ma la quantità di produzione che le società agricole lu­ crano, non può aumentarsi indefinitamente, che trova ostacoli ins-ojrmontabili nei limiti naturali della terra. Può svolgersi la reazione colla, maggior possibile intensità nelle società economiche a tipo ind-ùstriale, sistema eminentemente aperto che può aumentare quasi indefinitamente le quantità di beni di sopravanzo.

(8)

324 L ’ E C O N O M I S T A 11 a p rile 1915 N . 2136

dell’agricoltura è falsa in senso assoluto, ed in quello relativo è vera anche per l’industria. Si han­ no cioè degli elementi che si combinano in azioni e reazioni fra di loro, ma non in proporzioni rigi­ damente definite, v. p*. ]

Le società pastorali sono esposte passivamente al­ l’influenza deH’amMente e dei gruppi vicini, mentre le società industriali espongono le società economi­ che di tutto il mondo, all’influenza di sé, della loro produzione ed energia superatrice. E non solo ar­ ricchiscono, ma anche velocemente, perchè posson beneficiare di un’enorme quantità di beni di sopra­ vanzo. Enorme reazione produttiva, che significa •arricchimento della società economica più che pro­ porzionato all’aumento' di popolazione. Le società di tipo superiore reagiscono nel modo più intenso con la più intensa industrializzazione. Il processo di mutuo superamento fra popolazione e produ­ zione accade con grande vantaggio della produ­ zione e così quella società economica nazionale ar­ ricchisce.

La teoria dinamica del lavoro considera quello di tutta la nazione, cioè degli organizzatori e degli scenziati come quello degli operai. Parte dal po­ stulato dell’energia superativa. — E la società eco­ nomica tedesca è un caso della legge.

Il sistema dell’equilibrio europeo prima della guerra rispondeva teoricamente alle condizioni di un equilibrio statico: la Francia aveva popolazione con potere d’accrescimento nullo, compensato da quello massimo russo dove l’eccedenza annua dei nati sui morti' è 22% 0. La Triplice Alleanza aveva popolazione ad accrescimento moderato. Così i due gruppi si equivalevano. — Le società economico- nazionali che producono tanto da superare l’azione dell’aumento degli abitanti, arricchiscono, ma l’ar- ricchimento è relativo a quello delle altre società economiche nazionali con cui sono in rapporto : se la reazione, cioè la produzione, è minore di quella di altre società, esse ne restano distanziate ed in realtà impoveriscono e soffrono di sovra-popola- zione. I limiti naturali delle terre e della produtti­ vità ostacolano la reazione sempre più intensamente superatrice, ed allora occorrono altri mezzi per ri­ stabilire l’equiìibrio : per es. : ampliare l’area di produzione. Così la Russia s’industrializzava troppo lentamente: pensò ad ampliarsi in Oriente (di qui la guerra col Giappone, e l’inimicizia con la Tur­ chia, e questo orientò la sua politica balcanica che la pose contro l’Austria). Tuttavia non per causa della Russia fu spezzato l’equilib’rio : volle la guerra la Germania, perchè essa aveva eccessivamente rea­ gito all’eccesso di popolazione, e così era penetrata nella sfera d’azione delle altre genti, turbandone i movimenti in proprio esclusivo vantaggio e con a- spirazioni conquistatrici. Ampliamento e prolunga­ mento della politica nazionale, ma diretto nei ri­ sultati ad assorbire la dinamica mondiale : non pa­ cifica penetrazione, ma azione di conquista e so­ vrapposizione, Era un avvolgimento economico del­ l’Italia, Francia, Belgio, Levante, ma sopratutto della Russia, tanto che il Governo colà vietò agli stranieri l’acquisto della terra, ammaestrato dal­ l’opera di colonizzazione snazionàlizzatrice nella Polonia prussiana. I Tedeschi prestando parecchi miliardi alla Russia s’impadronirono dell’economia del paese, come del resto fecero in tutti i paesi a cui fornirono dei beni strumentali. L’ulteriore sviluppo di questi, avrebbe impedito alla Germania di_ ven­ dere in seguito manufatti e prodotti chimici. Da questa dominazione dell’economia straniera sorse l’ostilità alla Germania. — E poi, anche, in Germa­ nia la posizione economica era insostenibile,_ per­ chè nelTansia di provvedere alla vita e aH’arricchi- mento della nazione .si era ricorso a dielle molle ar­ tificiali, quali l’eccessivo protezionismo e la crea­ zione di un programma di lavoro troppo vasto e sproporzionato alla situazione finanziaria.

[La dimostrazione fu data dal Prato dallo stesso Carli, nella Riforma Sociale, nov. die. 1914.]

La politica economica mondiale, conseguenza del­ lo1 sviluppo industriale, effetto a sua volta dell’au­ mento di popolazione, aveva prodotto quale reazione superatrice la politica navate-militare. L ’ansia di assicurare la vita ed il lavoro a tutti i milioni di uomini che il suolo dellTmpero Germanico non po­

teva più nutrire condusse, alla creazione d’una flotta; ma si andò troppo oltre ed il militarismo non ri­ mase semplicemente difensivo, ma divenne conqui­ statore. Questo, e l’eccessivo protezionismo ruppero il ritmo, e per ristabilirlo occorreva eliminare l’in­ fluenza degli elementi perturbatori ed artificiali; perchè oltre alla nostra giustizia c’è una giustizia

comune, e solo ubbidendo a questa la conquista della ricchezza — determinata dall’eterna leg-ge del superamento — avverrà in modo conciliabile col

principio etico-umano.

[Ma non solo l'eccessivo protezionismo: perchè nessuno potrà mai indicare dove s’arresti un Pro­ tezionismo non eccessivo. Sono sempre i gruppi in­ teressati che fanno le domande, e gli agrari prus­ siani trovano ancor oggi che la protezione loro ac­ cordata non solo non era eccessiva, ma deficiente.

v. p.L

N O T E E C O N O M IC H E E F IN A N Z IA R IE

Debito ipotecario Italiano

Istituti di Credito Fondiario

La pregevole relazione del comm. G. Silvio Benet- tini, direttore gen. delle tasse sugli affari, intitolata

Statistica del debito ipotecario fruttifero italiano e ielle operazioni degl'istituti di credito fondiario,

contiene interessanti quadri riepilogativi per le quat­ tro grandi divisioni geografiche dell’Italia nonché per le sedici regioni.

Sono poi classificate le varie specie dei dehit."ri ipotecari, le cause e la durata del debito, con la misura dell’interesse.

Speciali tavole sono dedicate alle operazioni degli istituti di credito fondiario, con logiche e chiare sud- divisioni.

La relazione, formante un grosso volume di 500 pagine, termina con le cifre riguardanti l’ammun­ tare del debito ipotecario italiano e delle operazioni degl’istituti di credito fondiario con paralleli inte­ ressanti circa le regioni, i compartimenti, i periodi geo.

Per 808.670 crediti ipotecari fruttiferi rammentare era di oltre 4 miliardi e 250 milioni. Ecco la suddi­ visione dell’ammontare del credito oer regioni e per le 4 grandi classificazioni geografiche.

(9)

11 a p r ile 1915 N . 2136 L ’ E C O N O M I S T A 325 Piemonte Liguria Lombardia Veneto Italia settentrionale Emilia e Romagna Toscana Marche Umbria Lazio Italia centrale Abruzzi e Molise Campania Basilicata Puglia Calabria Italia meridionale Sicilia Sardegna Italia insulare IT A L IA L. Ammontare Percentual dei dello crediti ammontar L. 42.807.290 4.33 )) 38.584.714 3.91 » 268.361.425 27.17 )) 59.811.356 6.05 L. 409.564.785 41.46 L. 66.742.540 6.75 )) 98.189.804 9.94 » 26.933.372 2.73 )) 30.926.509 3.13 )) 111.206.411 11.26 L. 333.998.636 33.81 L. 4.892.596 0.50 )) 99.481.951 10.07 )) 10.951.395 1.11 )) 55.137.256 5.17 » 22.912.365 2.32 L. 193.375.563 19.57 L. 46.404.284 4.70 » 3.517.506 0.46 L. 50.921.790 5.16 L. 987.860.774 100 —

interessanti quanto più sollecite. Una volta le nostre statistiche erano molto in arretrato in quasi tutti

i rami. , , ,

Oggi si comincia ad andare meno lentamente ed è già un guadagno che le complesse statistiche ri­ flettenti tutto il debito ipotecario riferiscano i dati di soli quattro anni addietro. Non ci resta che au- gurare che per tutti i rami dell’azienda ammini­ strativa dello Stato, le statìstiche possano giungere al pubblico degli studiosi con la maggiore solleci: tudine possibile onde il loro esame e le deduzioni che se ne traggono riescano veramente efficaci ed utili.

Essi sono: Banca d’Italia, Banco di Napoli e Ban­ co di Sicilia (per i loro crediti fondiari m liquida­ zione) l’Istituto italiano di credito fondiario, 1 Opera, pia S. Paolo di Torino, la Cassa di Risparmio per le provincie lombarde, la Cassa di risparmio di Ve­ rona il Monte dei Paschi .di Siena, la Cassa di ri­ sparmio di Bologna, il Credito fondiario sardo.

Vi sono poi due altri istituti, creati con leggi spe­ ciali, che possono considerarsi esercenti il credito fondiario, avendo anche essi lo scopo di concedere mutui fondiari a limitato1 interesse, con lunghi cLm- mortamente con particolari agevolazioni fiscali e di procedura, e con facoltà di emettere cartelle entro 1 limiti determinati. Essi sono : il Consorzio autono­ mo per sovvenzioni ipotecarie ai danneggiati d-alle eruzioni del Vesuvio e l’Istituto Vittorio Ema­ nuele I I I (sezione temporanea) per le provincie ca­ labresi. Entrambi sono sottoposti alla sorveglianza governativa. Le loro operazioni sono state com­ prese, nella presente statistica, fra quelle degli isti­ tuti di credito fondiario. , _ ,,. » .

Il maggior numero delle ipoteche fruttifere trovasi in senso assoluto, in Toscana, in Sicilia, nella Cam- pania, in Puglia, per la prevalenza delle piccolissi- me ipoteche, il minimo trovasi nell Umbria ed m Sardegna. Il più rilevante ammontare del debito, pure in senso assoluto, trovasi in Lombardia, in Toscana, nel Veneto, nell’Emilia, per la spiccata prevalenza dei mutui, il minimo nella Basilicata od

in Sardegna. . . ,

Il maggior numero delle operazioni di credito fon­ diàrio trovasi in Liguria, nella Lombardia, nella Toscana, nell’Emilia; il minimo m Basilicata ed in Sardegna. Per entità assoluta delle somme prestate dagli istituti di credito fondiario sono preminenti la Lombardia, il Lazio, la Campania, la Toscana, ed hanno gli ultimi posti l’Abruzzo e la Sardella.

Giova notare ■che1 per la massima parte, la diffu­ sione del 'Credito fondiario in Piemonte e Liguria e dovuta all’Opera pia S. Paolo di Torino,_ in Lom­ bardia alla Cassa di risparmio delle provincie lom­ barde, nella Toscana al Monte dei Pasci)i di Siena, nell’Emilia alla Cassa di risparmio di Bologna, nel Lazio alla Banca d’Italia ed all’Istituto italiano di credito fondiario, nella Campania ed altre regioni del mezzogiorno continentale al Banco di Napoli, ed alla Banca d’Italia, in Sicilia al Banco di Sicilia, in Sardegna al Credito fondiario sardo.

La statistica giunge al 31 dicembre 1910, quindi le cifre, risalgono a quattro anni addietro, non es­ sendo stato possibile, per le difficoltà delle indagini ed il tempo ad esse occorrente, procedere finora con

maggiore speditezza. ..

Ma bene osserva il direttore gen. delle tasse sugli affari che tali statistiche riescono tanto più utili ed

Le imposte di fabbricazione

nell’esercizio 1913-1914

La Direzione generale delle Gabelle pubblica un grosso volume di Statistica delle imposte ai hiblm-

cazione dal 1° luglio 1913 al 3Q giugno 1914,

Detta statistica mette in rilievo la produzione ed il movimento dei generi soggetti alle singole imposte, intendendo comprese nel movimento le quantità passate in consumo coni pagamento d imposta, e quelle rilasciate od esportate■ ali-estero con abbuono totale o parziale della imposta o mediante detra­ zione dagli accertamenti della fabbrica o■ dal carico dei magazzini o con la restituzione della somma pa-° Perchè si possa avere un rapporto fra la P,rpa-°du; zione ed il consumo, è pure indicata la quantità di generi soggetti alla tassa, provenienti dall estero, ì quali, all’atto dell’introduzione nello Stato, sono colpiti con una sopratassa, corrispondente alla tassa interna di fabbricazione oltre il dazio di entrata, sta­ bilito dalla tariffa doganale.

Gli elementi contabili, portati m evidenza nelle singole tavole, concordano con, la contabilita delle imposte di fabbricazione, la quale è regolata dalla legge 30 giugno 1908, che, al sistema sino allora te­ nuto, di considerare, agli effetti contabili, come1 ac­ certate le tasse liquidate, sostituì quello di portare in contabilità la tassa corrispóndente alle quantità di prodotti passati in consumo, oltre agli altri pro­ venti eventuali, accessori e contravvenzioni

Prim a di passare alle cifre, non sarà inutile esa­ minare il funzionamento e l’applicabilità delle im­ poste in relazione ai prodotti tassati.

Spiriti

E’ principio fondamentale della legge in vigore, testo unico, 16 settembre 1909, che gli abbuoni di fabbricazione si concedono sulla tassa gravante lo spirito di prima distillazione, mediante la debita riduzione percentuale della aliquota di tassa per o- gni ettolitro anidro su tutto lo spirito prodotto, a- vuto riguardo alia materia distillata, agli esercenti le fabbriche, se privati o società cooperative legal- | mente costituite, e al sistema di accertamento; del

prodotto, se con misuratore meccanico^ o in base i alla produttività giornaliera dei lambicchi.

I L ’aliquota stabilita con la legge suddetta in lire

1200 per ogni ettolitro anidro alla temperatura di gradi 15,56 del termometro centesimale, fu portata a lire 270 dal R. Decreto 21 settembre 1910, n. 644, art. 1, convalidato dalla legge, n, 642, del 23 giugno 1912 ed aumentata di lire 20, col R. decreto 27 no­ vembre successivo, n. 824, convalidato dalla, legge n. 643 del 23 giugno 1912, in conseguenza della dimi­ nuzione del 10 per cento degli abbuoni di prima di- stillazione e, con decorrenza dal 1° gennaio. 1914 fu stabilita nella misura di lire 330 in seguitò al Decreto-Legge, n. 1392, del 31 dicembre 1913,

Per la concentrazione dei vini e, liquidi alcopliai, con qualunque metodo sia eseguita, in forza della quale i prodotti risultano di una-maggiore ricchezza alcoolica, senza effettiva aggiunta di spirito, la legge dichiara applicabile la tassa di fabbricazione, rite­ nendo la operazione medesima, equivalente, nei suoi effetti, alla distillazione, quanto il prodotto ottenuto abbia una ricchezza alcoolica superiore a 15 gradi, e non sia destinato alla esnortazione.

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