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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.42 (1915) n.2138, 25 aprile

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L’ ECONOMISTA

G A Z Z E T T A S E T T IM A N A L E

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI

REDAZIONE: M. J . d e Jo h a n n i s — R. A. Mu r r a y — M. Pa n t a l e o n i

ADDO X LII - Yol. X LY I

FÌr6IlZ0-ROM , 25 aprile 1915 {

R O M A : 56 V ia G re g o ria n a 8

N. 2138

« L ’ Economista » esce quest’anno con 8 pagine di più e quindi il suo contenuto più ampio dà modo di introdurre nuove rubriche e nuovi perfe­ zionamenti.

I l p r e z z o d i a b b o n a m e n to è d i I. . * o a n n u e a n tic ip a t e , p e r l ’ I t a l i a e C o lo n ie . P e r l ’ E s te r o (u n io n e p o s ta le ) !.. *5 . P e r g l i a lt r i p a e s i si a g g iu n g o n o le sp ese p o s t a li. U n fa s c i­ c o lo s e p a ra to !.. 1.

S O M M A R I O :

PARTE ECONOMICA.

Concentram enti d i fo rz e .

I l problem a del carbone in Ita lia e le im p o rta z io n i d a ll’In g h il­

terra e dalla Germ ania - Vincenzo Po r r i.

Due Is titu ti ita lia n i d i cred ito in Tunisia - E. Z,

I l Com m ercio del mondo (A proposito di una recente pubblica­

zione americana) - Dr. G, Da l i.’ Oo l i o. NOTE ECONOMICHE E F IN A N Z IA R IE .

I numeri-indici della industria cotoniera. — 1 rapporti italo- rumeni — 11 commercio agrum ario in diversi Stati.— Pre zzi al mi­ nuto dei generi alimentari e delle derrate a Milano, — Marina mercantile italiana nel 1914. — Incremento delle esportazioni ita­ liane.

EFFETTI ECONOMICI D ELLA GUERRA.

Le conseguenze della guerra su ll’ emigrazione. — L ’ accapar­ ramento del commercio brasiliano.

FINANZE D I STATO.

II bilancio delle Poste e Te legra fi per l ’ esercizio finanziario

1915-1916. FINA N ZE COMUNALI. Mutui ai Comuni. LEGISLAZIONE. D ivieto di esportazione, I L PENSIERO D EGLI A L T R I.

A m m onim en ti fin a n z ia ri della guerra - Concludendo - U. An­

cona. — Le prim e s itu a zio n i d e ll'Is titu to Nazionale delle Assi­

cu ra zion i - L. Ein a u d i — I l cambio e l ’economia italiana - M

rio Al b e r t i.

NOTIZIE - COMUNICATI • INFORMAZIONI.

La produzione mineraria negli Stati Uniti. — Commercio fran­ cese. — Commissione di Statistica e Legislazione. — Unione delle Camere di Commercio. — Comitato del lavoro, — L ’ assemblea generale ordinaria dei rappresentanti di Commercio. — Società A vico la nazionale. — Assemblea d e ll’ « Unione italiana Cinema­ tografi ». — Un nuovo bollettino municipale a Milano. — Raccolto dei foraggi e delle barbabietole.

R IV IS T A R I ELIOGRAFICA.

G. Faso lis - Le dappiè im posizioni. MERCATO MONETARIO E R IV IS T A DELLE BORSE

Situazione d e g li Is t it u t i d i Credito m o b ilia re , Situazione d e g li Is t itu t i d i em issione it a lia n i, Sitnazione d e g li Is t itu t i N azio­ n a li E steri, C ircolazione d i Stato nel Regno Unito, Tasso d e llo sconto ufficiale, Situazione del Tesoro ita lia n o , Debito Pu bblico italia n o, P ro d o tti d e lle F errovie d e llo Stato, R iscossion i d ello Stato n e ll’ es ercizio 1914-1915, R iscossion i doganali, Im porta­ zione ed esportazione Tin n ite, Im portazione (per categorie e per m esi), Esportazione (p e r ca tegorie e per m es i).

Quotazioni di v a lo ri d i Stato it a lia n i, Borsa di P a r ig i, Borsa di Londra, P re zz i c it a t i a M ilano.

Cambi in It a lia , Cambi a M ilano, Cambi a l l ’ Estero^ Media u ffic ia le dei cambi a g li e ffe tt i d e ll’ a rt. 39 del Cod. civ., R iv is t a dei cambi di Londra, R iv is ta d ei cambi d ì P a r ig i.

In d ic i econom ici it a lia n i.

Porto d i Genova, Movimento d e l carico. P re zz i ed in d ic i d i alcuni g e n e ri di consumo. C redito d e i p r in c ip a li S tati.

Indici-nu m eri d e ll’ « Economista >. P u b b licazion i ricevu te.

P e r abbonamenti, richiesta di fascicoli ed inser­ zioni, rivolgersi all’Amministrazione : Via della Pergola, 31, Firenze.

I manoscritti, le pubblicazioni per recensioni, le comunicazioni di redazione devono esser dirette all’avv. M . J. de Johannis, 56, Via Gregoriana, Roma.

PARTE ECONOMICA

CONCENTRAMENTI DI FORZE

Se qualche cosa può ancora rimanere di paci­ fico, in mezzo e durante tante guerre, si è che l’I­ talia abbisogna di due distinti, ma non l’ uno meno necessario dell’ altro, concentramenti di forze, am­ bedue diretti a farle superare la poderosa crisi europea nella quale è coinvolta, non solo col minor danno, ma possibilmente, come con ogni vigore auguriamo, col maggiore vantaggio.

Il primo concentramento, cui già in Italia da tempo si attende, viene in ogni nazione unica­

mente ed esclusivamente demandato allo Stato;

esso è il concentramento delle forze armate, che dovranno difendere, sostenere o conquistare i fini politici e tener alto il prestigio del paese, procu­ rare il raggiungimento delle sue aspirazioni terri­ toriali ed il conseguimento del suo programma di influenze. Tale concentramento esula totalmente dalla iniziativa privata, e, ad eccezione di pochi servizi che coadiuvano ed assistono gli eserciti, è riposto, in tutta la sua somma, nelle mani dello Stato, che in esso anzi trova la sua prima e su­ prema ragione.

Il secondo, collaterale al primo, e urgente e di non minore importanza di quello, è il concentra­ mento delle forze economiche dirette alla migliore utilizzazione di tutte le energie e di tutte le ric­ chezze, sia per la loro maggiore preservazione contro gli urti e le depressioni che accompagnano e seguiranno l’ attuale crisi, sia, ove possibile, per la più pronta ed efficace conquista di quei campi di traffico che si presentino o si presenteranno al paese nostro come accessibili.

Mentre del primo concentramento abbiamo prove sicure^ tangibili e sufficienti a darci ogni af­ fidamento, del secondo, ci duole dirlo, non riu­ sciamo vedere ancora quel movimento che possa far ritenere, nè compresa e giustamente valutata la importanza dell’ ora nè intuita o sospettata la gravità ed irreparabilità di conseguenze ove una conveniente preparazione mancasse. E poiché il concentramento delle forze e delle direttive econo­ miche, a differenza di quelle armate, non è fun­ zione di Stato, non può essere comandato o voluto da alcun pubblico potere, i quali solo potranno integrarlo e secondarlo quando le private iniziative lo abbiano effettuato ed organizzato, è a queste che vogliamo rivolgere il nostro appello, perchè cerchino finalmente una orientazione e perchè si avvicinino l una a l’ altra, quasi a spalleggiarsi, onde meglio sentirsi forti e meglio coordinare le proprie attività, meglio distribuire i propri compiti sotto direttive ponderatamente ed equilibratamente stu­ diate.

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ener-366 L ’E C O N O M IS T A 25 aprile 1915 - N 2138

gie è sempre deplorevole, ma non ancora così dannoso e deleterio come è e diverrebbe ancor più, se, senza una remora, il metodo continuasse attraverso una crisi poderosa e difficile quale quella della quale vediamo al presente soltanto l’inizio.

Se infatti analizziamo le azioni svolte dagli enti privati che si occupano, della emigrazione da un lato, del movimento dei forestieri dall’ altro, e della disoccupazione e degli interessi degli albergatori ecc., o, se prendiamo un diverso gruppo, le istitu­ zioni che rivolgono le loro cure agli agricoltori, od agli avicultori, od ai floricultori ecc., o se an­ cora consideriamo quelle coalizioni di interessi che traggono il nome dalla forma di società per azioni, o le federazioni o le unioni di commercianti e di industriali o le leghe di industriali, di esportatori, di importatori, di vettori ecc., troviamo che nella economia di un paese che voglia esser forte, esse non potrebbero, non dovrebbero mai agire in ri­ valità od in concorrenza, neppure per un istante procedere indipendentemente, ánchense per av­ ventura si presentassero dei possibili conflitti di ¡ interesse del resto sempre eliminabili.

Ogni dimostrazione pratica di quanto andiamo i

dicendo è di per sè stessa ovvia.

Teniamo solo a confermare che nella presente contingenza, senza un pronto concentramento di tutte quelle spesso utili energie, sotto una direttiva complessiva e coordinata, senza un affiatamento dei singoli enti per una intesa, rivolta ad evitare sia che l’uno interferisca coll altro, sia che si rad­ doppino i movimenti verso una stessa finalità, sia che un’ azione accentuata per un dato intento sia sproporzionata alle utilità finali, in rapporto ai mezzi occorrenti che meglio potrebbero essere condotti a conquistare altra finalità più profitte­ vole; senza insomma un concentramento delle su­ periori e più alte coalizioni degli interessi econo­ mici del paese, noi potremo essere certi di per­ dere la guerra delle conquiste commerciali, lo stesso come perderemmo le battaglie militari, se la fanteria non fosse coadiuvata dall’ artiglieria e questa ignorasse la manovra della cavalleria o gli aereostieri del genio agissero per proprio conto e non coordinati con tutto il rimanente delle ar- mate.

Eppure così è ancora in Italia: nelle guerre^per la conquista dei mercati o per la canalizzazione delle correnti di traffico, manca lo stato maggiore, manca il comando generale. Si hanno degli eser­ citi, dei reggimenti, dei forti, delle artiglierie, delle flotte, ma nessuno coordina la loro azione, nes­ suno preleva gli uomini da un reggimento per rin­ forzarne un’ altro, nessuno provvede di munizioni lo scaglione che ne è deficiente, ma ognuno per conto suo fa quel che può e prende quel che trova.

Valga questo monito a risvegliare gli elementi sani ed intelligenti del nostro paese, affinchè più tardi non si lamenti uno stato di fatto che è stato altrove superato ed ha formato la base fonda- mentale delle principali conquiste economiche.

Il problema del carbone in Italia

e le importazioni dall’Inghilterra e dalla Germania I giacimenti di carbone in Italia sono ^ assoluta- mente insufficenti ai bisogni delle industrie in con­ tinuo incremento. Di caribone fossile se ne incontra un poco nella vai D’Aosta — nella regione di La Thuile — che si calcola ancora ricca di 1 milione di tonnellate, e nelle vallate della Bormida e del Ta­ ñare, oltre che nell’udinese che dà la maggior quantità estratta, interiore però alle 900 t. all’anno. Altri insignificanti punti d’estrazione sono a Caliz- zano, Bormida, Mollara, Cuneo, Genova, Cagliari ed Osiglia: ma l’alto costo di produzione per le diffi­ coltà di ottenimento del materiale ne rendono ine­ conomico lo scavo. Di torba se ne trova in To-

_____________________________ -____ ___ —

scana ed Umbria (in poca quantità pure in Sarde­ gna, Lombardia e Veneto) ; il punto più importante è San Giovanni di Val d’Arno, che fornisce il 75 % nella produzione, usata ad ottenere gas e muovere macchine. Si calcola la ricchezza del giacimento in 22 milioni di t., mentre quelli di Morgaño e San­ t’Angelo d’Umbria con 8 milioni di t. rimangono a grande distanza. Tutta la produzione interna di carbone copre appena il 6-10 % della quantità che annualmente viene consumata in Italia, e difficoltà

tecniche ed economiche rendono impossibile ' un

maggior sfruttamento del materiale, che è dotato di scarso potere calorifico e troppo ricco di ce­ nere (1).

* * *

Alla defioenza enorme di questa materia prima deve supplire l’importazione che ci esprime contem­ poraneamente l’incremento dell’economia nazionale col passaggio significantissimo da 4.9 milioni di t. nel 1900 a 10.8 milioni nel 1913.

Inghil­ terra G er­ mania Fran­ cia Austr. Ungh. Stati

Uniti Belgio A ltri 1880 1.430.920 67.903 195.554 106.307

_

_

4.983 1885 2.716586 69.651 86.921 71.007 —

__ .

15.019 1890 3.957.776 25.384 192.315 106.322 11.038 — — 1895 4.149545 44.295 33.384 76.080 2.909 3.221 — 1900 4.606,175 80.125 21.883 132.649 124.198 16.825 14.759 1905 6.113 667 187.727 48.396 115.497 16.290 23.188 36.739 1906 7 141.275 213.957 98.012 121.431 50 565 20.188 50.947 1907 7.824.906 151618 100.248 107.018 9.951 20.977 23.382 19C8 8.128.428 169.219 52.824 78.319 19.182 15.429 9-694 1909 8.840.935 414.424 84.768 69.901 50 532 29.493 59.658 1910 8.428.115 442.935 84.13C 59.392 187.539 18.122 b7-030 1911 8.767.352 889.501 100.1K 85.363 14,068 23160 162.894 1912 8.637.219 967.774 170.307 177.307 68.032 24.364 90.242 1913 9.397.132 — 164.674 133.978 93.528 4.358 72.564 T o ta le 1.747-746 2.957.436 4.354.896 4.304.787 4.947.180 6.437.539 7.673.435 8.300.439 8.452.320 9.303,506 9.338.752 9.595.882 10.057.228 10.834.008

Grandisisma fornitrice nostra è l'Inghilterra che ci manda il 95 dell’importazione totale: a enor­ me distanza seguono quindi la Germania, Francia, Austria, Stati Uniti e Belgio che assieme importano il 5

Causa dell’enorme predominanza •dell’Inghilterra è la situazione geologica dei bacini carboniferi gal­ lesi e scozzesi vicinissimi al mare, sicché il tra­ sporto avvenendo direttamente e tutto per mare ri­ duce il costo permettendo di battere tutti i concor­ renti. Nel quinquennio 1905-10 costò da 23-22 a 27-74 lire a Genova il carbone gallese, ed i prezzi mode­ rati dànno all’Inghilterra un quasi monopolio, che le procura un guadagno di:

nel 1P07 . . . m ilio n i d i li r e 242 » 1908 » 1909 » 1910 » 1911 » 1912 231 247.5 277.5 254.2 31 .9

Le quantità importate d’Inghilterra .crebbero da 1.4 milioni di t. a 9.3 milioni nel trentennio scorso.

Una semplice considerazione delle vie che il car­ bone deve percorrere per giungere dalla Germania in Italia ci dice le condizioni di maggior costo che deve subire: dai bacini della Buhr lungo il Reno fino a Rotterdam o Amsterdam, o Anversa, per pas­ sare qui dalle navi fluviali a quelle .oceaniche; op­ pure risalendo il Reno attraverso il Gottardo per ferrovia fino a Milano © Torino.

Pur con tariffe ferroviarie speciali e ridottissime, da a Aachen o dalla Ruhr alte stazioni italiane di confine costa da franchi 2.20 a 3.08 per t., e dalla Saar da 2.20 a 3.60.

Si era fatto 1’esperimento di tariffe speciali, ma non corrisposero alle speranze; e quando nel 1908 furono aumentate, le esportazioni per ferrovia si ridussero e crebbero quelle per mare, tanto più che pur le ferrovie olandesi e belghe .concedevano ridu­ zioni di tariffe sul loro tratto per attirare al nord questo commercio di transito. — In queste condi­ zioni solo quando in Inghilterra i prezzi del car­ bone siano alti, mentre in Germania siano bassi, di qui si pùò fare in Italia un’esportazione redditi­ zia, tenuto .conto che il nolo marittimo è quasi u- guale dall’Inghilterra o dalla Germania.

Se si considerano le cifre delTesportazione dalla Germania, si vede, che, dal 1880 al 1905 furono

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25 aprile 1915 - N. 2138 L ’ E C O N O M IS T A 367

sai basse, mentre dopo, e specialmente nel 1910-13, segnano un aumento continuo senza alcuna connes­ sione con lo stato della congiuntura alla quale tut­ tavia abbiamo visto che dovrebbero essere stretta- mente connesse. E’ vero che una parte delTimpor- tazione germanica è costituita di « brichetten » di cui la Germania fornisce una metà che l’Inghilterra, e di coke di cui ei provvede di più che la rivale : tuttavia non si può non notare nell’aumento inin­ terrotto una certa artificialità. Ne è causa la costi­ tuzione del sindacato del carbone. Questo gruppo, che dura da 20 anni, è apertamente accusato di imporre all’interno prezzi usurari mentre svende all’estero.

Secondo lo Zickert (1), data la forte concorrenza inglese-helga-francese è comprensibile come all’este­ ro il sindacato debba vendere a prezzi più bassi, ed in base a calcoli dimostra come pur dai reticenti bilanci pubblicati si possa dedurlo.

I proprietari di miniere dicono che l’asportazione è una valvola necessaria in tempo di crisi per evi­ tare di ridurre la produzione; ma poiché l’espor­ tazione totale di carbone dalla Germania cresce senza posa, e tanto nella buona come nella cattiva

Carbone Kok 1809 . . 23.35 m i l i o n i d i to n n . 3.14 m ilio n i d i l i r e 1910 . . 24.26 » » 4 1 3 » » 1911 . . 27.41 » » 4.56 » » 1912 . . 31.14 » » 5.85 » » 1913 . . 34.57 » » 6.45 » »

congiuntura, lo Zickert la connette al controllo del sindacato. Le singole miniere che vi appartengono, non hanno alcun pericolo negli aumenti di produ­ zione, chè il Sindacato deve accettare tutta la quan­ tità a ciascuna attribuita; e perciò è costretto poi ad esportare, accettando qualunque prezzo. Il danno non sta nel fatto che si tratta di materia prima, ma perchè data a sotto costo, e se cessasse questo dum­ ping l'esportazione si ridurrebbe del 50 q/ e forse più (1). — Se tuttavia in una esportazione forzata per cause artificiali (e che potrebbero cessare se lo Stato prussiano seguisse i consigli di chi vorrebbe, imponesse al Sindacato — nel quale entra quale proprietario di alcune miniere - di non vendere all’estero a prezzi inferiori che all’interno) sopra un totale di 34 J t. nel 1913 solo meno di 1 venne in Italia, si vede come dalla Germania non si possa attendere il nostro rifornimento di combustibile, e convenga pur, sempre rivolgersi allTnghilterra, o forse agli Stati Uniti. Qui la posizione delle miniere lontane dal mare richiede maggior costo di tra­ sporto per ferrovie o canali, e più lunga è la navi­ gazione, ma a compenso viene il minor costo di pro­ duzione, effetto deH’impiego diffuso di macchine.

* * *

La recente esperienza durante i mesi di guerra del 1914 non muta le relazioni con i vari paesi, quali si avevano negli anni precedenti, solo con relativa­ mente lievi diminuzioni.

Dalla

Gran Brettagna Germania Francia Austria Ungheria Stati Uniti T O T A L E 1913 1914 1913 1914 1913 1914 1913 1914 1913 1914 1913 1914 Nei primi 7 mesi . . 5.508.405 5.441.443 533.582 672.843 95.647 52.912 7Ö.588 55.758 30.438 172.135 6.296.948 6.200.820 nell’ A g o s t o ... 664.433 661.884 93.594 51 604 11.706 1.980 33.148 2.481 10.725 14.176 872.041 688.221 nel Settembre . . . . 742.475 540-565 60.815 3.989 12.776 993 7.073 140 15.201 11.603 877.751 557.974 O tto b re ...• . • 761.400 610.003 81.690 25.471 15.412 1.212 250 2.744 11.346 53.559 973.330 693.740 Novem bre 852.434 740-844 82.343 36.067 15.067 4.991 9.290 2.977 12.381 18.097 993.146 803.734 Dicembre • ... 869.869 ? 97.388 ? 14.069 ? ? ? 13.187 ? ? Tu tto l ’ a n n o ... 9.397.132 8.455.121 967.774 836.987 164 674 67.274 133.978 66.474 93.528 291.644 10.834 008 V alore in lire 373,8 milioni 9.758.876 V alore in lire 336.7 m ilioni

Tuttavia percentualmente la diminuzione è mag­ giore nelle importazioni dalla Germania che in quelle daUTnghilterra.

Si noti che di qui nei primi sette mesi di pace vi era stata diminuzione nelle importazioni rispetto allo stesso periodo del 1913, mentre dalla Germania vi era stato aumento; quindi la diminuzione du­ rante i mesi di guerra dovette essere sì forte da di­ struggere oltre tutto il progresso precedente anche parte del normale quantum, sicché la diminuzione totale appare meno grave che la discesa nei soli mesi di guerra.

Aumento assolutamente lieve però presentano gli invii dagli Stati Uniti: forse la possibilità di ri­ fornirsi regolarmente in Inghilterra rese inutile ri­ cercare altre fonti. Qui la diminuzione nel numero degli operai — si arruolò il 14 q/ dei minatori — fu compensata dall’arresto di esportazione nei paesi nemici; perciò i prezzi aumentarono di pochissimo, anche perchè l’altezza dei noli ridusse le esporta­ zioni nei paesi d’oltreoceano. (Solo nel febbraio e marzo del 1915 si sentì il movimento dei prezzi al rialzo — fino a dicembre erano discesi un poco dal­ l’altezza anteriore alla guerra! — con alcune setti­ mane di boom).

Le esportazioni dellTnghilterra rimasero più vi­ cine alla normalità con la Francia, poi con l’ Italia che ebbe soltanto una riduzione minore di 1/10 du­ rante tutto il 1914 confrontato col 1913.

L ’importazione di carbone dalla Germania, data la scarsità dei trasporti marittimi daUTnghilterra, avrebbe potuto essere avvantaggiata; invece accad­ de il contrario, confermando l’artificialità dell’im­ portazione nostra da quel paese. — Allo scoppio della guerra le industrie minerarie, che dipendono più che le altre dai lavoratori manuali, per la mo­ bilitazione ne perdettero la parte più efflcente: la produzione di carbone in Germania si ridusse

nel-(1) Verschiebu ng des E xportes von der K o h le zum F ab rika t. — <t D ie B an k » nov. 1914, pag. 1116 e segg.

l’agosto a circa il 52 q/ della quantità estratta nel luglio, e nel distretto della Saar e di Aachen da 1.318.894 t. scese a 310.230 t.; nel settembre la produ­ zione a quella dell’agosto e luglio come 10 sta ad 8.13 e 16.91; nel 4° trimestre in Prussia la produzione fu il 68 % di quella nel corrispondente periodo nel 1913, e nel febbraio la produzione quotidiana del Sindacato fu il 73.5 q/ che nel febbraio 1913. Nè la quantità prodotta si può aumentare, perchè conti­ nuano le chiamate degli operai nell’esercito, e mal li surrogano le nuove forze operaie venute o i pri­ gionieri di guerra. « La domanda di carbone è pres­ sante e superiore alle capacità delle miniere, così che quello accumulato nei primi mesi della guerra — ed il coke rimasto invenduto per la discesa della congiuntura e durante i primi mesi di guerra — col novembre si era ridotto all’altezza normale. Ben­ ché l’industria del ferro in alcuni rami lavori meno, le ferrovie impiegano più carbone del normale, mentre l’importazione di carbone daUTnghilterra è cessata (2). I prezzi rimasero immutati fino al pri­ mo aprile, mentre in Inghilterra erano discesi di uno scellino, ma i noli da 7 s. erano arrivati fino a 32 s. per t., tuttavia dalla Germania di fatto venne poco carbone, benché se ne volesse continuare l’e- sportazione-proibita ma concessa caso per caso, per azione politica rispetto ai paesi neutrali. — Non soltanto i bisogni interni assorbono la ridotta pro­ duzione, ma la difficoltà nei trasporti è veramente fattore decisivo: e non solo è insufficiente il

mate-(1) Secondo lo Zick ert non è in questione il fa r econom ia di carbone per non darne a r iv a li stranieri — come volevano i m erca n tilisti — perchè di carbone in G erm ania ve ne è per l ’ eternità, e quanto più d i questo tesoro si rea lizza m eglio è per l ’ economia nazionale. M a im porta non darlo a sottoprezzo per non danneggiare i p rod u ttori di m erci nella cui fabbricazione entra il carbone : e cercare invece d i esportare m aggior quantità di p rod otti fin iti. M en tre esportare carbone non dà guadagno, co- m incia ad essercene una piccolo nella ghisa, e più forte nei fili e quanto p iù è il lavoro applicato a ll’ oggetto. Così una dim inuzione d e ll’ esportazione di carbone può avvenire con va n ­ ta ggio d e ll’ econom ia nazionale, e senza danno per l ’ industria del carbone.

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368 L ’E C O N O M IS T A 25 aprile 1915 - N . 2138

riale rotante nella Germania, ma limitata è la po­ tenzialità del Gotta'rdo (1).

La possibilità di rifornirci dall’Inghilterra fece sì che non si cercassero altre fonti: dagli Stati Uniti dove, come vedemmo, è basso il costo di pro­ duzione per l’enorme uso di macchine, avremmo po­ tuto avere abbondante rifornimento, ma la confe­ derazione nord-americana non ha flotta carboniera necessaria, e nemmeno l’Italia ne è fornita, benché avesse anche cercato di raggiungerla quando tra il 1885-96 aveva creato dei premi d’importazione per mare, aboliti poi dopo il loro colossale insuccesso.

Per l’industria italiana il caro prezzo del carbone significa alto costo di fabbricazione ed impacci nei momenti di guerra: sicché è necessario sviluppare forze elettriche a buon mercato: fino al 1911 si co­ struirono impianti idroelettrici che danno circa 1 milione di H. P. : si calcola in altri 5.5 milioni la potenzialità utilizzabile di altre cadute. Tutto il pro­ blema della sistemazione dei bacini montani, oltre che interessare la produzione agricola, è lavoro pre­ paratorio aH’ottenimento di energie elettriche che surroghino il carbone. — Ed il problema del com­ bustibile che già nel periodo prerivoluzionario ave­ va condotto alla tutela dei boschi, per la preoccu­ pazione di non aver di che alimentare le industrie quando ancora non si utilizzava il carbón fossile, ora nuovamente riconduce al rimboschimento e ri­ badisce il « vincolo secolare che faceva pel passato dell’economia forestale e deH’induatrial© un oggetto di coordinati studiì e di comuni preoccupazioni » (2).

Ed anche i legami fra le industrie ed il sistema

finanziario debbono preoccupare, perchè ora per

l’industria elettrica si segue un sistema di protezio­ nismo a rovescio: nella sua mania tassatrice lo Stato italiano grava la produzione di forza elettrica di un peso di cui non sono gravati i surrogati; con vantaggio del carbone straniero! Quindi più ur­ gente è la necessità di mettere sullo stesso piede di libertà, l’impiego del carbone straniero o della forza elettrica nazionale, affinchè il solo calcolo del tor­ naconto determini la scelta.

Vi n c e n z o Po r r t.

Due istituti italiani di credito in Tunisia.

L’immane conflitto che sconvolge l’Europa non poteva non avere ripercussioni economiche anche in altri continenti, fra le colonie fondate da popoli europei. Il rallentamento di ogni forma d’attività si manifesta, dove più e dove meno, un po’ da per tutto. Ma rallentamento non vuol dire cessazione assoluta. Per ciò che riguarda l ’Italia, è confor­ tante veder© come alcuni Istituti a cui i nostri con­ cittadini hanno dato vita all’estero, anche in tempi fortunosi siano riusciti a continuare con cautela il loro lavoro ed! a mantenersi in una certa prosperità.

Alla fine dello scorso febbraio due Cooperative italiane che hanno sede e operano a Tunisi espo­ nevano ai rispettivi azionisti i risultati dell’eserci­ zio terminato il 31 dicembre 1914. — Riferiamo brevemente.

Il Credito Agrario Italiano, istituito colà per pre­ stare il sussidio del capitale a quegli agricoltori nostri connazionali, a cui era stato sempre negato dai congeneri Enti francesi, ha compiuto il suo terzo anno di vita. Il capitale sociale, interamente versato, ammonta ora a fr. 51.800, ripartito fra 176 soci azionisti, dei quali 124 sono agricoltori.

L ’annata, come ognuno può capire, non è stata

buona; perciò gli amministratori hanno stimato

prudente andare adagio nella concessione di pre­ stiti, tantoché ne sono stati conclusi, su prodotti pendenti, non più di 92, per la complessiva somma

(1) Q ui si vede anche l ’ aspetto p o litic o : la sola possibilità che l ’In g h ilte rra proibisse l ’ esportazione d i carbone per l ’ Ita lia portò tim o ri gravissim i n e ll’ agosto 1914: le ferro vie di Stato avevano scorte che potevano bastare al loro fabbisogno normale per 8 m esi e mezzo ( « Id e a N azionale » a p rile) ma con i bisogni aum entatisi per la m obilitazion e e con almeno tuttjgs le industrie fo rn itric i d i m ateriale da guerra alle q u ali dare carbone, oltre che per la flotta, per quanti mesi sarebbe stato sufficiente il carbone dispon ibile in agosto? Se anche la G erm ania avesse potuto m andarci carbone, e la dim inu ita produzione lo im pe­ diva, il G ottardo non sarebbe bastato al m ovim ento dei treni necessari.

(2) G. P r a t o : I l problem a del com bustibile nel periodo pre­ rivolu zionario. Torin o, 1912, « M em orie della Accadem ia delle Scienze . Serie I I , Tom o 63, pag. 112 d e ll’ estratto.

di fr. 68.896,55. Dichiarano essi però che, quando le cose si assesteranno e avrà termine questa situa­ zione eccezionale che rattrista il mondo intero, in­ tendono dare un maggior movimento al sodalizio. E De.r rafforzarlo, perchè possa in avvenire spiegare meglio l’opera sua benefica, si rivolgono ai soci, esortandoli a fargli propaganda nelle campagne, a farsi apostoli della mutualità nelTinteresse degli agricoltori.

Intanto il lavoro, così limitato durante il 1914, ha dato un utile soddisfacente. Quello lordo, come e- merge dal bilancio, è di fr. 5.748,60. Dedotte le spese e gli ammortamenti, ne rimane uno netto di fran­ chi 2.107,60. Aggiunti a quest’ultimo fr. 1.202,50 di utili in sospeso del precedente esercizio e fatti i pre­ levamenti statutari, è stato possibile distribuire agli azionisti un dividendo del 5 q/; il che, per i mo­

menti che corrono, non è davvero un risultato

cattivo.

Assai più antica, epperò anche più florida, è la Cooperativa Italiana di Credito, che fa operazioni bancarie. Questo nostro periodico ebbe già a par­ larne con elogio alcuni anni or sono. Essa pure ha dovuto profittare della moratoria e relativa sospen­ sione o limitazione di pagamenti. Malgrado però le difficoltà dei tempi, l’ultima sua annata è stata buona e ha dato benefizi superiori a quelli degli anni precedenti. Ciò viene dagli Amministratori at­ tribuito a tre cause. Una 'è il rendimento cospicuo e sano dei primi sette mesi dell’esercizio, anteriori alla guerra. Un’altra è l’afflusso di fondi, appar­ tenenti anche a stranieri, succeduto al primo pe­ riodo di panico; fondi depositati in conto libero e non fruttanti interessi, epperò elemento di produ­ zione attiva senza passività. E la terza consiste nel movimento della carta-moneta italiana, che dà luo­ go a guadagni sull’aggio. Pertanto il bilancio si è potuto chiudere con un utile netto di fr. 51.509, che ha permesso tutti i prelevamenti statutari, quello d’una somma destinata a una riserva speciale, ero­ gazioni consuete di beneficenza, e ha lasciato per gli azionisti un dividendo, sul valore nominale dei loro titoli, pari all’ofio per cento.

Si è detto sopra che la Cooperativa Italiana di Credito è di fondazione oramai non più molto re­ cente. Conta infatti 15 anni di vita, e li compirà il 1° giugno p. V., perchè appunto il 1° giugno 1900 l’Istituto apri i suoi sportelli al pubblico.

Giustamente gli amministratori si compiacciono dell’opera condotta sino ad ora, quale emerge dal riassunto che ne porgono.

E qui lasciamo parlare la loro Relazione.

Intorno al primo nucleo di un centinaio di soci ne raccogliemmo altri 600 circa, e ad un capitale iniziale di 3.000 franchi, ne contrapponiamo oggi uno di 300.000.

Dopo aver repartito ogni anno un ragguardevole dividendo, abbiamo accantonato due fondi di riser­ va che ammontano oggi a più di fr. 130.000.

Abbiamo creato un giro di affari, ohe ha dato luogo ad un movimento di cassa di circa 260 mi­ lioni.

In detto movimento gli sconti vi occupano il pri­ mo posto con più di 130.000 effetti per un importo di 53 milioni.

Incassammo per conto di terzi, e segnatamente di Case Italiane, più di 80.000 effetti, per l’importo di 10 milioni.

Ci vennero affidati in deposito, nelle due forme di conti correnti a vista e di libretti di economie circa 63 milioni.

Abbiamo avuto un movimento di carta Italiana di 17 milioni ed abbiamo emesso ben 14 milioni di assegni sull’Italia.

Infine, per opere di beneficenza, per sussidi e per sottascrizioni in prò della nostra Colonia furono da noi destinati più di 15 mila franchi.

________ ___ E. Z.

Il commercio del mondo

( A p ro p o s ito d i u n a recen te p u b b lic a z io n e a m e ric a n a ) I l commercio del mondo (1) : sotto questo titolo lo scrittore americano Jarpes. Davenport Whelpley ha pubblicato un, interessante volume che, pur non

(5)

25 ap rile 1915 - N. 2138 L ’E C O N O M IS T A 369

cendo una trattazione particolareggiata del commer­ cio mondiale o di quello dei paesi economicamente più importanti, intende di illustrare le caratteristi­ che più salienti dell’attività economica di quegli Stati che maggiormente concorrono a comporre l’e­ norme cifra complessiva degli scambi internazionali.

Assai efficaci sono alcune pagine, introdotte a guisa di premessa alla trattazione, nelle quali l’A. fa rilevare l’importanza di quell’insieme di qualità di organizzazione, di abilità, di prontezza, di onestà, di larghezza di vedute — di quell’insieme cioè di at­ titudini commerciali che danno luogo a quella che i egli denomina la strategia del commercio — le quali sono necessarie per battere i concorrenti nelle gran­ di competizioni economiche.

Per quanto tutto il volume non perda mai di vista l’interesse del commercio americano, pure l’A. è riu­ scito a mettere bene in luce i tratti più caratteristici della potenzialità economica dei principali paesi ed a de,lineare la loro posizione reciproca sui mercati internazionali; e la sua trattazione riesce anche più interessante .illustrata come è da episodi assai signi­ ficativi tolti dalla vita pratica ed intercalata da osservazioni vive di politica commerciale.

Più esauriente è lo studio che si riferisce ai tre grandi colossi: Inghilterra, Germania e Stati Uniti — che rappresentano da soli circa il 40 °/„ del com­ mercio internazionale. Nel 1912 infatti su un com­ plesso di 35 miliardi di dollari a cui ascese il com­ mercio esterno mondiale, il commercio esterno del- Flnghilterra fu di quasi sei miliardi di dollari, quello della Germania di miliardi 4.600 e quello degli Stati U niti'di miliardi 4.200.

Queste tre. nazioni sono di gran lunga le maggiori provveditrici delle razze umane, e lo sono sotto ogni aspetto dell’umana attività. V’è tuttavia una diffe­ renza interessante fra il commercio esterno degli Stati Uniti e della Germania, e quello dell’Ing,Mi­ te,rra, differenza che l’A. fa ben rilevare : nei primi due paesi l’esportazione è largamente rappresentata dalla produzione nazionale, e ciò dicasi più ancora degli Stati Uniti che della, Germania , mentre per l’In­ ghilterra una parte considerevole., del suo commercio esterno consiste nel fare da intermediaria alla pro­ duzione degli altri paesi. Anche le ragioni dei suc­ cessi commerciali di questi tre Stati sono messe ben in luce: la forza commerciale degli Inglesi deriva dalla loro potenza coloniale, dalla rigogliosa marina mercantile e dalla poderosa base finanziaria; i Te­ deschi debbono la propria fortuna commerciale alla loro pazienza, alla loro diligenza, al grande spirito di adattabilità e sopratutto al loro metodo di vasta e sagace organizzazione; gli Americani si sono assi­ curati un buon posto nel commercio mondiale gra­ zie alle risorse della loro immensa produzione agri­ cola ed industriale, particolarmente favorita da s p e ­ ciali condizioni d’ambiente. E la lotta sempre più accanita tra Germania ed Inghilterra per la conqui­ sta dei mercati, dà occasione all’A. di scrivere pa­ gine piene di ammirazione per la vastità del com­ mercio internazionale germanico e la rapidità con cui esso ha raggiunto l’importanza e il valore at­ tuali.

Meno interessante è la trattazione che si riferisce agli altri paesi, eccezion fatta per la parte che ri­ guarda il Giappone e la Cina aventi particolare im­ portanza per FA., data la posizione e le aspirazioni del commercio americano nell’Estremo Oriente.

Di un certo interesse si presenta anche la tratta­ zione della questione se il Canada dovesse annettersi agli Stati Uniti, eventualità questa ancora soltanto timidamente vagheggiata da pochi.

Ma ben più interessante per noi è la parte che tratta dell’Italia, la quale denota nell’A. una cono­

scenza piuttosto superficiale del nostro paese,

che gli fa scrivere, insieme ad alcune inesattezze, anche altre notizie veramente! stupefacenti.

Assai giustamente l’A. nota nella sua prefazione che il commercio intemazionale riposa su elementi di ben maggiore importanza che non sia un semplice scambio di prodotti: occorre prima conoscere un paese ed, il suo popolo, innanzi di stringere, con esso salde relazioni di commercio e d’amicizia, principio fondamentale questo, la cui verità è spesso dimenti­ cata od ignorata.

Ma nel suo volume l’A. stesso, che pur si mostra sostenitore dell’opportunità di un’intensificazione dei rapporti commerciali fra gli Stati Uniti e l’Ita­

lia, appare uno strano conoscitore del nostro paese. Non è il caso di dare • soverchia importanza ad una descrizione in cui l’A., facendo un po’ di lette­ ratura, cerca in poche pennellate piene di luci e di ombre, di sintetizzare ciò ohe sia l’Italia. La sua ammirazione per il passato del nostro paese, che ha dietro di sè « il fasto di tutta quanta la storia », gli impedisce di vedere quello che sia l’Italia mo­ derna. Ciò gli fa dire cose incomprensibili come quella che « non è piacevole viaggiare a diporto lungo le sponde dei bei laghi italiani e pensare in pari tempo che nelle vicine, pianure di Lombardia e del Pie­ monte migliaia e migliaia di telai stanno inoperosi , per mancanza di cotone greggio, e che uomini, donne e bambini versano per questo nelle strettezze »; op­ pure vuote di senso come quella che « il melanco­ nico grido del gondoliere veneziano sembra s’intoni piuttosto al ricordo lugubre dell’Inquisizione che non alfa, tristezza di uni porto che dominò un tempo- il commercio mondiale e che oggi è a malapena ricor- j dato nel traffico attraverso i mari »; o peggio an- cora non veritiere come quella che « ci si sente mag- j giorni-ente tentati a passeggiare per le antiche vie di Pompei ed a raffigurarsi l’andirivieni della sua popolazione parecchi secoli or sono, che non a -con­ templare lo spettacolo del golfo di Napoli deserto di navi e la popolazione della città flagellata dal colera ».

Nè si poteva aspettarsi giudizi più benevoli riguar­ do alla nostra impresa di Tripoli, quando è noto a quali sentimenti fosse intonata la stampa di tutto il mondo a nostro riguardo su tale argomento.

Non è possibile però lasciar passare inosservate | notizie assolutamente, fantastiche che danno un’idea non molto edificante della evoluzione del nostro paese. Così a pag. 162 si scrive : « una campagna ef­ ficace contro la piaga del colera (1) — quella del co­ lera è una vera e propria fissazione dell’autore, — gioverebbe ,a,l benessere, alla prosperità, alla felicità del popolo italiano più di qualunque conflitto ar­ mato, per quanto- vittorioso; giacche, quando questo morbo infierisce, gli affari si paralizzano, le case rimangono desolate, le porte si chiudono, i viaggi divengono limitati o impediti, e un panico indefini­ bile con tutti i suoi dannosi effetti si, diffonde per molti paesi...». E più oltre: «c o l suo vasto orga­ namento militare, terrestre e marittimo, col suo de­ bito nazionale relativamente' elevato, colle sue vaste ambizioni internazionali e colla coce- coraggiosa dei suoi uomini politici, l’Italia rassomiglia ad uno di quei negozi, che sono appunto tipici di quel paese, dove una bella vetrina accoglie talvolta in mostra quasi tutto l’intero stock di merci dello stabili­ mento ».

Più oggettiva invece è quella parte di studio a- - venie carattere prettamente economico. La questione dell’emigrazione italiana agli Stati Uniti è trattata con una certa larghezza, e TA. sembra apprezzare al suo giusto valore l’opera dei nostri connazionali nel suo paese. Anche alcune altre principali que­ stioni economiche riferentisi al nostro paese sono svolte con una certa competenza, e l’A. si mostra ad ogni modo fidente nelTawenire dell’Italia. Que­ sto però non deve fargli perdere di vista ciò che essa ha fatto fin qui e svalutare eccessivamente la sua posizione.

Dr. G. Dall’Oglio.

NOTE ECONOMICHE E FINANZIARIE

I numeri-indici della industria cotoniera. Durante l’anno 1914 il numero di fusi rappresen­ tato dalle 48 Ditte che parteciparono al Consorzio Filatori (48 nel 1913, 47 nel 1912) fu press’a poco eguale ai precedenti, all’incirca sui 2.400.000; verso la fine dell’anno si ebbero due defezioni, compen­ sate da due nuove inscrizioni nel principio del 1915. Si è quindi potuto efficacemente continuare la statistica mensile, in cui si ri,specchiano sintetica­ mente le vendite di filati eseguite dalle ditte con­ sorziate, le quali costituiscono la grande maggio­ ranza dei filatori italiani. Si sa che dei contratti denunciati, di cui viene tenuta tabulazione, nella, esecuzione va perduta una piccola percentuale in

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370 L ’ E C O N O M IS T A 25 aprile 1915 - N. 2138

volume, questo fatto essendo tuttavia comune a tutti gli anni e proporzionale all’entità delle vedute, non guasta il raffronto, di cui è scopo la statistica. Il numero-indice della statistica esprime, con una sola cifra, l’entità degli affari conclusi, inquanto vi siano altri numeri indici, della stessa consistenza, cui confrontarlo; e tanto più utile risulta questo confronto, quanto più lunga la serie di anni esa­ minati.

Nei primi cinque anni solari, e cioè dal 1910, le vendite fatte in chilogrammi risultano come dal prospetto che segue :

Vendite totali nel 1910.

» » » 1911. » » » 1912. » » » 1913. » » » 1914. Kg. 49.702.899 » 67.673.670 ». 49.443.172 » 60.221.557 » 66.134.680 La statistica mensile entra ormai nel sesto anno di vita e serve a rammentare, in una visione rias­ suntiva, l’andamento dei mercati di questo periodo. Nei cinque anni confrontati, si trovano segnati i seguenti numeri-indici, calcolati sull’importo delle vendite e del numero dei fusi :

Numero-indice medio annuo del 1910 1.6856

»» »» » » » 1911 2.2965

>, »> >, >» » 1912 1.6455

» »» » » » 1913 2.0954

» » » » » 1914 2.3495

Un termine di confronto più veridico e .più istrut­ tivo è tuttavia quello fatto sulle vendite che si rife­ riscono alla « stagione cotoniera », che comincia col settembre di ogni anno e finisce con la fine di agosto del successivo.

Facendo questo calcolo si trovano: Vendite totali della stagione cotoniera:

1910- 11 Kg. 53.987.291

1911- 12 » 62.041.381

1912- 13 » 60.599.458

1913- 14 » 54.983.865

Anche seguendo le stagioni, si possono costituire i rispettivi numeri-indici annuali, che seguono:

Numero-Indice medio della stagione : 1910- 11 ... 1.8669 1911- 12 ... 2.0737 1912- 1 3 ... 2.0819 1913- 14 ... 1.9205

Questi dati esprimono nettamente: l’idea del volu­ me degli affari conclusi. Ma, onde nulla trascurare, noi possiamo eseguire anche il confronto degli ultimi quattro mesi del 1914, primo quartale della nuova stagione 1914-1915, confrontandolo coi primi quar­ tali delle stagioni precedenti. Questo calcolo è tanto più importante, attualmente, inquantochè, nel pri­ mo scorcio della stagione 1914-15 si trovano delle vendite fortissime specialmente segnate nei mesi di ottobre e di novembre per cui è ragionevole aspet­ tarsi, nei prossimi mesi delle vendite minime;

Numero-Indice medio degli ultimi 4 mesi del 1910 ... 2.0000 1911 ... 3.2889 1912 ... 2.0050 1913 . . . ... 2.0454 1914 ... 3.3408

Allo scoppio della guerra, lo scompiglio fu tale ohe, per un paio di mesi, ben poche furono le tran­ sazioni, come si vede, infatti, dal buon termometro che è la statistica mensile, con dei numeri-indici anormalmente bassi. Il volume delle vendite ed i relativi prezzi salirono nèil’ottobre, novembre, di­ cembre.

Nessuna previsione può essere fatta per l’avvenire, vista la situazione instabile e molto precaria nel campo politico ed economico.

I . servizi resi dal Consorzio, con la sola, ma mul­ tiforme e complessa segnalazione del mercato dei filati in Italia, seguendolo di giorno in giorno, re­ gione per regione, qualità per qualità, riafferma la convinzione, secondo la relazione del Consorzio che esso- vale il suo scopo di chiara utilità.

I rapporti Italo-rumeni

Poiché tanto in oggi si parla della Rumenia e degli amichevoli rapporti fra di essa e ITtalia. riferiamo il seguente importante rapporto della R. Legazione italiana in Rucarest, richiamando su di essa l’atten-, zione dei commercianti italiani.

Secondo i dati statistici degli Stati esteri, tutta­ via la migliore cliente della Rumenia negli ultimi tre anni, è stata l’Italia.

Le importazioni e le esportazioni della Rumenia in Italia negli ultimi quattro anni hanno raggiunto le cifre seguenti:

Import. Esport. T otale migl. di lire

1909 34.673 4.126 3.799

1910 82.110 15.070 97.219

1911 120.944 23.448 144.392

1912 169.836 25.800 195.656

Risulta che le esportazioni dalla Rumenia in Italia sono sempre più importanti e crescono molto più rapidamente che le sue importazioni dal nostro pae­ se- Si constata inoltre che le esportazioni dalla Ru­ menia hanno preso negli ultimi due anni un grande sviluppo e sono aumentate del cento per cento.

Le cifre dell’esportazione rumena in Italia, com­ prendono nella maggior parte cereali; così sui 169.8 milioni del 1912, i cereali rappresentano 160.6 milioni, il resto comprende petrolio e legname.

Nel 1911 ITtalia ha importato 1.789.699 tonnellate di grano per un valore di 399.7 milioni di franchi. A questa cifra la Rumenia ha contribuito con 502.259 tonnellate per un valore di 110.6 milioni di franchi, contro 329.472 tonnellate (69.2 milioni) nel 1911 e 63.137 tonnellate (13.5 milioni) nel 1908. Come paese esportatore di grano la Rumenia occup-a il secondo posto dopo la Russia, che nel 1912 ha venduto al­ l’Italia 743.889 tonnellate di grano.

Oltre al grano la Rumenia esporta in Italia grandi quantità di granturco- Su un totale di 540.754 tonnel­ late importate in Italia nel 1912, essa le ha venduto 302-647 tonnellate per un valore di 49.9 milioni, contro 209.661 tonnellte (33.5 milioni) nel 1911 e 53.373 ton­ nellate (7-7 milioni) nel 1908.

Per il granturco i rumeni sono i fornitori più note­ voli dellTtalia, con più del 55 per cento della sua importazione totale; dopo di essi vengono gli argen­ tini, con 204.422 tonnellte nel 1912.

Il petrolio e i suoi derivati costituiscono dopo i ce­ reali il secondo prodotto che la Rumenia esporta in Italia. I residui importati dall’Italia sono quasi nella totalità di provenienza rumena: 385.019 tonnel­ late nel 1912 su un totale di 402.526. Nel 1911 su un totale di 211.853 tonnellate di residui se ne sono esportate in Italia tonn. 194.055.

Il

commercio agrumario in diversi Stati

Il Bollettino della Camera agrumaria di Messina pubblica alcune statistiche sul mercato degli agru­ mi negli ultimi anni; crediamo utile di riportarli nel loro insieme, costituendo questo mercato uno dei più importanti cespiti di ricchezza della Sicilia. Statistica delle importazioni Agrumi, a valore, ne­

gli Stati Uniti nelle campagne sottonotate.

Anni Arance Limoni T o ta li

1900-01 Doli. 716.457 Doli. 3.516.856 4.233.313 1901-02 )) 784.640 )) 3.320.359 4.104.999 1902-03 )) 818.780 )) 3.079.221 3.898.001 1903-04 )) 525.468 )) 3.659.598 4.185.066 1904.05 )) 374.088 )) 2.905.082 3.279.170 1905-06 )) 456.726 )) 2.933.990 3.390.716 1906-07 » 354.495 )) 4.253.296 4.607.791 1907-08 )) 275.060 )) 4.388.530 4.663.590 1908-09 )) 137.390 )) 2.623.399 2.760.789 1909-10 )) 82.457 » 3.136.933 3.219.390 1910-11 )) 116.658 )) 2.985.561 3.102.219 1911-12 )) 108.880 )) 3.368.863 3.477.743 1912-13 )) 233.760 )) 4.300.266 4.534.026 1913-14 » 93.472 » 5.981.635 6.075.107

Statistica deile spedizioni di Carri Agrumi dalla t lifornia per gli Stati Uniti nelle campagne sot notate.

Anni Arance Lim oni To ta li

1900-01 24.900

1901-02 29.180

1902-03 23-871

1903-04 Dall. 26.160 Doli. 3.239 29.399

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25 aprile 1915 , N . 2138 Anni 1905- 06 1906- 07 1907- 08 1908- 09 1909- 10 1910- 11 1911- 12 1912- 13 1913- 14 L ’ E C O N O M IS T A 371 A rance Limoni T o ta li Doli. 23-697 Doli. 3.913 27-610 » 26.313 )) 3.507 29.820 » 27.770 » 4.959 32.729 » 34.320 » 6.196 40.516 » 28.317 » 4.782 33.099 » 39.630 )) 6.764 46.394 » 34.329 )) 5.961 40.290 » 15.893 )) 2.192 18.085 » 45.594 » 2.954 48.548

arance dagli Stati Uniti per quantità espresse in casse.

Anni Quantità Anni Quantità

1907-08 654.251 1910-11 1.179.273

1908-09 866.753 1911-12 1.197.363

1909-10 932.118 1912-13 1.063.233

7mportazione degli Agrumi in Russia Anni Milioni di Rubli Anni Milioni di Rubli

1901 4,1 1906 2,8

1902 2,4 1907 2,4

1903 2,7 1908 3,3

1904 2.5 1909 3,2

1905 2,3 1910 4,1

L ’effetto della riduzione del dazio sugli agrumi

vano alcuni dati ed indici nei prezzi di consumo di alcuni generi alimentari.

Col solito mezzo del Bollettino dei prezzi, raccolti per tramite dei custodi presso gli esercenti dei Quar­ tieri alla data del 15 gennaio 1915, è stata formata la seguente Tavola, nella quale sono indicati i prezzi minimi e massimi nei tre anni 1913, 1914, 1915, e i prezzi medi risultanti dalla somma dei prezzi denun­ ciati nei vari Quartieri, divisi per il numero dei Quartieri stessi.

Raggruppando i 25 generi in otto gruppi e som­ mando i rispettivi prezzi medi, per ricavarne gli indici-numeri, e facendo i prezzi del 1911 uguali a 100, ecco i risultati che si ottengono :

rubli 1.57 1/2 a 1 rublo per pudo appare subito a par­ tire dal 1908, prima dell’applicazione del nuovo re­ gime convenzionale; esso fu immediato e più sensi­ bile per i limoni, più tardo e meno saliente per le arance; ecco le- quantità importate dalTItalia degli

Media 1.135.400 uni e degli altri:

A nni Arance 1901 930.616 Lim oni Pudi 1.154.364 1902 1.026.944 )) 917.268 1903 982.786 Media )) 1.129.351 1904 781.185 888.100 )) 1.249.764 1905 765.425 )) 1.094.898 1906 932,765 )) 1.294.188 1907 796.885 )) 1.108.033 1908 878.177 » 1.814.958 1909 658.356 Media )) 1.907.828 1910 1.188.045 959.500 )) 2.251.048 1911 1.199.175 )) 2.838.238 Media 1.953.000 Gruppi I . i l . I li IV V. VI VII V i l i . — Q, | t 3

Somma dei prezzi medi nei Quartieri G en er i c o n nei 1911 1913 1914 1915 1 45 48 45 51 2-8 284, 314 300 330 9-13 1.062 1.055 1.044 1.024 14-18 1.035 1.044 I 039 1.067 19 27 26 26 26 20 51 50 49 54 21-22 81 73 63 88 23-25 1.167 1.157 1.208 1.256 3.752 3,767 3.774 3.896 Indici-numeri (i prezzi medi del

1911-100) D if fe r e n z a p e r­ c e n tu a le nel 1 9 1 5 s u l 1 9 11 1913 1914 1915 106 100 113 + 13 % 110 105 116 4- 16 » 99 98 96 - 4 » 100 100 103 + 3 » 98 96 96 — 4 » 98 96 106 + 6 » 90 77 108 -f- 8 » 99 103 107 + 7 » 100,4 100,5 103,7 + 3 ,7 %

Prezzi al minuto dei generi alimentari e delle derrate a Milano

Nella relazione annua dell’Istituto di Milano per le Case popolari od economiche nel 1913-1914 si

tro-Prezzi di alcuni generi e derrate nei Quartieri dell’Istituto di Milano, nel 1913, nel 1914 e nel 1915.

Si è avuto, in complesso, un rincaro nel 1915, sul 1911, nella proporzione del 3,7 per cento.

Sono diminuiti i prezzi delle carni e del latte, ma sono aumentati tutti gli altri generi, spe-cialmente il pane (13 °/), la farina, i fagioli secchi; la pasta e le patate per una .proporzione percentuale, nono­ stante un .li-eve ribasso del riso, del, 16 per cento.

Sono anche aumentate le verdure (8 %), il vino (6 per cento), il petrolio, la legna da ardere, il car­ bone coke (7 o/J.

Lo zucchero ed il caffè compresi nel gruppo 1\ della seguente tabella pei quali si raccolsero i prezzi solo dal 1914, sono aumentati del 3 per cento nel­ l’anno 1915 sull’anno precedente.

Sono evidentemente gli effetti della conflagrazione -europea che si fanno crudamente sentire.

G E N E R I E D E R R A T E

I Pane di frumento (forma gros­ sa, qual, di cons. popolare) Kg. II. Pane di frumento misto con

altri cereali

Farina di frumento (qualità d consumo popolare). Farina di granoturco Riso (qual, di consumo popol. Fagioli secchi (id.) . Pasta per minestra . P a t a t e ... III. Carne bovina senz’osso

» » con osso

» » polpa .

Carne di maiale fres e testa . . Idem, lombo . IV. Merluzzo secco

Lardo . . . Strutto . . . Burro . . . Olio d'oliva . V. Latte. . . . VI. Vino . . . . VII. Verze . . . Spinaci. . . Vili. Petro'io . . Legna da ardere Carbone coke IX. Zucchero . . Caffè. . • • E S E R C E N T I P R I V A T I 1913 cost Ut.

minimo| mass. medio minimo

(8)

372 L ’E C O N O M IS T A 25 ap rile 1915 - N . 2138

M arin a Mercantile Ita lia n a nel 1914. — La Rivi­ sta Marittima reca che la Marina Mercantile ita­ liana si è accresciuta durante il 1914 di 50 navi a vapore, delle quali 8 costruite nei cantieri italiani. I nostri armatori hanno continuato, come nei pas­ sati anni, ad acquistare all’estero del materiale già usato; ma in misura inferiore a quella del 1913.

Il naviglio costruito in Italia nel 1913-1914 ed en­ trato in servizio nel 1914 è rappresentato dalle se­ guenti unità, tutte da carico: Lampo, di tonnellate 0206 lorde di stazza, della « Società Italo-Americana per il Petrolio » con sede a Genova; Etna, di tonn. 5604 lorde; Stromboli, di tonn. 5566; Vesuvio, di ton­ nellate 5459, appartenenti tutti e tre alla « Navi­ gazione Generale Italiana »; Clara, di tonn. 5503 e Carmen di tonn. 5479, della << Società Commerciale Italiana di Navigazione »; Aosta, di tonn. 562 del signor Giovanni Bombrini di Genova e Zeta, di ton­ nellate 104 del sig. Giuseppe Volpi di Venezia; que­ ste due ultime unità con motore a combustione in­ terna.

Il maggior numero di navi a vapore appartiene, come di consueto, al compartimento marittimo di Genova.

Parecchi piroscafi, acquistati all’estero, sono stati adibiti alle linee sovvenzionate dallo Stato : dalla « Marittima Italiana » il Porto di Savona (ton­ nellate 4076), il Porto dì Adalia (tonn. 3998), il Porto di Rodi (tonn. 2482), Porto Torres (tonn. 1162), il Porto di Alessandretta (tonn. 3998), il Porto Mauri­ zio (tonn. 848); dalla. « Sicilia » il Toera (tonnel­ late 2364), il Tolemaide (tonn. 2984); dalla « Società Italiana di Servizi Marittimi » VAtene (tonn. 4620).

Le navi a vapore in costruzione in Italia al 1° gennaio 1915 sono in numero di 19 del complessivo tonnellaggio lordo di tonn. 77.637 e saranno in mas­ sima parte varate entro l ’anno 1915.

Incremento delle esportazioni italiane. — L ’Uffi­ cio Trattati e Legislazione doganale comunica i valori dell’importazione e della esportazione avve­ nute nel mese di marzo del corrente anno.

L ’importazione fu valutata in L. 269.689.000 e pre­ senta una diminuzione di L. 53.319.000 a confronto del marzo 1914. Il valore dell’esportazione L. 252 mi­ lioni 404.000, uguaglia quasi quello dell’impiortazione o figura in aumento di L. 24.042.000, di fronte: allo stesso mese del 1914.

Le diminuzioni di valore delle merci importate so­ no frazionate e si presentano con cifre ragguarde­ voli solo per il legname (milioni 8,1), le caldaie, macchine ed apparecchi (6,2), i manufatti di lana (5.4), i manufatti di cotone (4.4). Ma si ebbero anche aumenti, e fra questi notevole quello del frumento per 27.4 milioni; altri meno rilevanti si notano niella lana greggia, nel cotone, nell'argento, nei tabacchi in foglia, nel rame, nella juta, nel caffè.

AH’esportazlone determinarono gli aumenti sopra- tutto i filati di cotone (10.8 milioni), i manufatti di cotone (9.8), l’olio di oliva (7.6), i foraggi (5.3), il fer­ ro in verghe (4.8); mentre le più sensibili diminuzio­ ni furono causate dal divieto d’uscita di prodotti che di consueto formano oggetto di largo traffico (uova, risoi, paste, farine, canapa) ed inoltre da regresso di vendite di vini e di cappelli.

EFFETTI ECONOMICI DELLA GUERRA

Le conseguenze della guerra sull’emigrazione. Che cosa sarà dell’emigrazione europea in genere, e specialmente di quella diretta in America dopo la guerra? Quali mutamenti sentirà essa dopo lo spostamento grande che si prepara tra i popoli di Europa?

La risposta è sempre difficile in materia di tal na­ tura, afferma il prof. E Bertarelli nella Rivista Co­ loniale di S, Paulo (Brasile), dato che la guerra do­ vesse protrarsi e dato c,he altre nazioni ed altri po­ poli dovessero venire travolti nella catastrofe.

La prima cifra che noi possediamo è la cifra me­ dia dei morti che si presenta come verosimile in questa guerra. I morti nelle ultime guerre (nei morti sono compresi i morti sul campo, i morti in seguito alle ferite riportate in battaglia e i morti per malat­ tia assunta in guerra) oscillarono con valori per­ centuali molto vari. Nel 70-71 con circa sei mesi di guerra i tedeschi perdettero 47.000 uomini in cifra tonda, con un contingente totale sotto le armi su­

perante il milione: in cifra relativa perdettero poco più del 3 % dei contingenti. I francesi, specialmente per malattie avutesi tra i prigionieri, perdettero oltre 120.000 uomini, su un esercito che si può rag­ gruppare (compresi gli eserciti improvvisati dalla repubblica) in circa un milione di uomini. Quindi le perdite totali si aggirano attorno al 12 % dei contingenti.

Nella guerra russo-nipponica i contingenti giap­ ponesi hanno perduto durante una guerra di circa 14 mesi il 6 % all’incirca dei contingenti (ben inteso parlo dei morti), mentre i russi hanno perduto il 9 o/, circa.

Però si deve tener conto del numero grande dei feriti e dei malati, un certo numero dei quali alla fine della guerra deve considerarsi come perenne- mente debilitato. I malati e i feriti si possono cal­ colare da 8 a 12 volte tanto i morti, mentre i pe­ rennemente debilitati rappresentano meno dell’l q/ tru i feriti.

Supposto che la guerra duri un anno, interes­ sando un totale di 20-22 milioni di uomini, ammesso un coefficiente di morti del 5 °/r, circa, si arriva ad avere 1.000.000-1.200.000 morti durante tutta la guer­ ra. Ma non è inverosimile che si arrivi anche a ci­ fre maggiori, specie se la guerra si trascina a lungo; e non potrebbe fare molta meraviglia il riscontrare anche una cifra di morti superanti i due milioni.

Ma non meno grave sarà il fenomeno demografico nella popolazione non belligerante. Se i borghesi fu­ cilati o comunque uccisi rappresentano nella guerra una quantità trascurabile, il numero dei civili che muoiono di malattie portate dalla guerra, è sempre molto grande. Si pensi come esempio che nel 71-72 la Prussia ha avuto 128.000 morti di vaiolo a cagione del vaiolo importato dai prigionieri francesi; e cioè il vaiolo solo ha ucciso in Prussia circa 3 volte tanto di uomini di quanto ne ha uccisi la guerra nell’e­ sercito tedesco.

Pure essendo prudenti bisogna quindi pensare che nella guerra attuale le vittime tra non belligeranti, specialmente per le forme di malattia infettiva che la guerra diffonderà, saranno molte centinaia di migliaia.

La conclusione di un simile bilancio appare tri­ stissima: alcuni milioni di uomini in Europa sa­ ranno violentemente sottratti alla vita civile.

La cifra non è invero spaventosa dal punto di vista demografico.

La sola Russia ha ogni anno una eccedenza di oltre un milione e mezzo di nascite sulle morti, e per questo la diminuzione ha per sè stessa un va­ lore modesto. Ma si tratta in gran parte di uomini nel fiore dell’età, robusti, produttivi. Ne deriverà una deficienza di lavoratori tanto più grave in quanto le necessità di riparare l’opera distruggi- trice della guerra sarà enorme. Nel solo Belgio è nel nord della Francia si devono rifare diecine di migliaia di case, come dissi, e la cifra salirà forse a centinaia di migliaia prima della fine della guerra.

E’ bensì vero che le condizioni finanziarie dei ‘.belligeranti non saranno tali da spingere con rapi­ dità l’opera di riparazione: ma la prova di ogni ' giorno dice che le collettività non tralasciano di gravare con debiti enormi le società future, pur di provvedere al bisogno immediato.

La conclusione pare quindi logica: l’emigrazione transoceanica diminuirà fortemente. I mutamenti politici potranno, invero, spingere qualche gruppo di popolazione ad abbandonare paesi diventati ina­ bitabili per gli orrori dei ricordi, della dominazione straniera: ma saranno quantità modeste. Invece un ampio mercato si aprirà in Europa alla mano d’opera e se emigrazione vi sarà, sarà prevalente­ mente europea.

E’ bensì vero che l’aumento delle nascite riparerà assai presto i morti, ma prima che gli uomini atti al lavoro e realmente produttivi siano integrati, oc­ correranno alcuni lustri.

Quindi una prima conseguenza nei rapporti della guerra è ben prevedibile per l’America meridionale : la discesa durante qualche anno della corrrente emigratoria.

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