GAZZETTA. SE T T IM A N A L E
SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI
Anno VI - Yol. X
Domenica 11 Maggio 1879
N. 262
LE TARIFFE DIFFERENZIALI
P E I T R A S P O R T I F E R R O V I A R I !
Chi ha tenuto dietro alle deposizioni fatte dinanzi alla Commissione d’ inchiesta sull’ esercizio delle fer rovie ha certamente avvertito l’ importanza dei cla mori che si son mossi contro le concessioni che l’Amministrazione della Società dell’Alta Italia ha largito alla casa Cirio di Torino per il trasporto delle sue merci. Non crediamo a dir vero ohe questo no tevole incidente abbia molta attinenza con la que stione in ordine alla quale la Commissione doveva dirigere le sue ricerche; se cioè meglio convenga affidare al governo o ai privati l’ esercizio delle fer rovie; i lamenti mossi non hanno nulla a che fare col sistema dell’esercizio e le cause su cui si fon dano possono indifferentemente realizzarsi tanto per parte delle Società quanto per parte di agenti gover nativi. Vi sono nelle leggi e nei capitolati di con cessione di linee alle varie Società delle disposizioni intese a prevenire le giuste lagnanze; se queste di sposizioni sono insufficienti o se ad onta di esse degli atti di favoritismo possono aver dato luogo ad abusi non vi è nessun motivo per credere che a garantire da essi valga piuttosto I’ uno che I’ altro modo di esercizio.
I fatti che da vari deponenti sono stati portati dinanzi alla . Commissione d’ inchiesta sarebbe stato bene averli prodotti preventivamente dinanzi ai tri bunali ; le cause dei gravami non datano da ieri, ma si verificano già da lungo tempo ed a quest’ora o sarebbero state constatate dall’ autorità giudiziaria le violazioni alla retta interpretazione delle leggi o dei capitolati e gl’ interessati ne avrebbero già otte nuto il rimedio, ovvero sarebbe rimasto provato che 10 stato attuale della ifostra legislazione ferroviaria non olire scampo contro quegli inconvenienti, siano dessi giustamente o ingiustamente deplorati, ed allora le persone interessate sarebbero state meglio fondate a venire a chiedere alla Commissione d’ inchiesta lo studio di questa grande questione ed a raccomandare provvedimenti legislativi atti a risolverla in confor mità dell’ interesse generale.
Ed invero il problema delle tariffe differenziali per le ferrovie è stato sempre una grossa e burrascosa questione in tutti i paesi di Europa, qualunque fosse 11 regime col quale I’ ordinamento ferroviario fosse organizzato. E la soluzione di essa qualunque siasi quella adottata dalla legislazione o dalla giurispru denza dei vari paesi, non ha per anco dal punto di vista scientifico un carattere definitivo e tale da soddisfare tutte le esigenze e lutti gli interessi. Nei consigli tecnici istituiti in alcuni paesi per sopraintendere I
all’andamento delle ferrovie si disputa continuamente intorno alla convenienza di mantenere o di soppri mere le tariffe differenziali e se ne occupò a lungo l’anno scorso il Consiglio superiore delle vie di co municazione da poco tempo creato in Francia. Le tariffe differenziali sono di diverse specie: esse possono variare in ragione inversa dalla distanza da percor rere di modo chè il prezzo di trasporto per ogni tonnellata e chilometro diminuisca coll’aumentare della lunghezza ilei viaggio oppure possono variare in ragione inversa della quantità di merci spedite in guisa tale che diminuisca la slessa unità di prezzo che forma la base della tariffa, coll’accrescersi della quantità di merci trasportate ; finalmente possono variare in ragione di condizioni speciali accettate dagli speditori o di speciali circostanze che consi- sigliano I’ applicazione di prezzi straordinariamente ri dotti come ad esempio quandolo speditore acconsenta a caricare per suo conto un intiero vagone, o a ri nunziare al diritto d’ indennità per le avarie o a pro trarre i termini per la consegna della merce al de stinatario, ovvero s’impegna a servirsi della ferrovia per una somma di trasporti non inferiore ad una determinata quantità.
290 L’ E C ONOMI STA 11 maggio 1879
alla garanzia del tonnellaggio, come condizione per ottenere dei ribassi di tariffa, alcune decisioni di chiarandola illecita perchè crea fra le forti case e le deboli una illegittima disuguaglianza, altre invece, non meno autorevoli, dichiarandola valida e conforme alle leggi.
Il divieto dei contratti particolari ha dunque in Francia attenuato forse, ma non chiuso la porta alle lagnanze del pubblico contro le tariffe differenziali sul genere di quelle che si muovono in Italia ove i contratti particolari non sono per anco stati proibiti. Che fare adunque? Si dovranno addirittura abolire le tariffe differenziali della terza specie, quelle cioè concesse in considerazione di condizioni o dì circo stanze speciali in cui si trova lo speditore lasciando solo sussistere le tariffe differenziali accordate in ra gione della maggior lunghezza del percorso o del maggior peso della merce da trasportare in un solo carico contro le quali non si sono mai solle vate gravi obbiezioni? Noi non sapremmo risolverci a consigliare siffatta misura; se da un lato egli è in negabile che con queste ultime tariffe si peggiorano d’ assai le condizioni della concorrenza di fronte a quei commercianti o quei produttori che dispongono di mezzi limitati e che veggono rivolte a beneficio dei loro rivali più possenti facilitazioni che essi non possono conseguire, d’ altro lato è condizione natu rale d’ ogni contratto che la posizione di uno dei contraenti sia tanto migliore, quanto maggiori sono i vantaggi che esso è in grado di offrire all' altra parte e minori gli oneri che da questa richiede; nè il contratto di vettura può senza coartazione delle condizioni naturali sottrarsi a questa regola. Se uno speditore di merci esonera il vetturale dall’ obbligo del rifacimento delle avarie, se gli somminis ,ra un lavoro ragguardevole che alleggerisca relativamente ad ogni balla di merce il peso delle spese generali della industria, o gli assicura un lavoro regolare che diminuisca lo spreco di tempo e di forze prodotto dalla irregolarità del servizio, perchè non dovrà egli esserne ricambiato con correspeitivi vantaggi ? Non è egli nella natura delle cose che ogni intraprén- ditore tratti con maggior premura e maggiori riguardi i suoi migliori clienti? Come si potrà togliere alle ferrovie questo legittimo ¡strumento per attirare il traffico sulla propria rete e per sostenere la concor renza con le altre linee e con gli altri mezzi di tra sporto ? D’ altronde l’ inferiorità di condizioni in cui queste facilitazioni accordate ad alcuni speditori pon gono i loro minori concorrenti non alterano le cir costanze naturali in cui il commercio e l’ industria vengono esercitate, ma sono anzi una speciale ma nifestazione della diversa situazione in cui la natura pone chi agisce con vasti mezzi e chi ha soltanto ri sorse assai limitate. Il volere artificialmente livellare queste condizioni non può farsi senza una marcata propensione ai principi del socialismo. Non è sol tanto riguardo agli strumenti di trasporto che colui il quale ha copiosi capitali si avvantaggia sopra co lui che meno ne possiede, ma per così dire in tutti quanti i momenti della sua industria può il primo trarre profitto dalla sua superiorità. Egli ha a più buon mercato il credito e paga su di esso minori interessi, ha a più buon mercato le materie prime perchè gode di maggiori sconti sopra le sue compre all’ ingrosso e perchè può scegliere i momenti mi gliori per effettuarle, realizza immense economie nelle spese generali della sua intrapresa col condurla su
vastissima scala, può ricavare maggiori benefici aspet tando i migliori momenti per le vendite e cercando di dominare il mercato e cosi via dicendo: è poi na turale che pel trasporto , delle sue merci e del suo personale ottenga abbuonamenù che per altri non sarebbero egualmente convenienti.
Tuttavia non bisogna dimenticare che i trasporti ferroviari hanno sotto certi importantissimi rispetti carattere di servizio pubblico e che lo Stato avendo contribuito alla loro formazione ed al loro manteni mento deve in conseguenza di ciò imporre alle loro amministrazioni degli obblighi intesi a far sì che la loro istituzione ridondi a maggiore e più generale benefizio di tutti i cittadini. Ciò se non può a nostro avviso autorizzare l’ autorità governativa a dettare delle norme che deroghino alle leggi naturali sotto cui la libera concorrenza nel campo industriale e commerciale è regolata, le impone nondimeno il compito di vegliare con opportuni provvedimenti affinchè d’altro canto le amministrazioni ferroviarie non alterino esse con scopi diversi dall’interesse del proprio servizio, le condizioni naturali sotto le quali la libera concorrenza viene esercitata ; non s’ immi schino nella lotta per favorire l’ uno piuttosto che l’ altro dei concorrenti mosse da simpatia o da legami personali, non concedano vantaggi che non siano ac cessibili a tutti se non quando questi vantaggi siano il correspettivo di sufficienti compensi offerti alle imprese di trasporto dagli speditori.
Il giudicare quando ciò avvenga, quando cioè le amministrazioni ferroviarie si siano mantenute nei li miti assegnati dagl’ interessi del proprio servizio o li abbiano oltrepassati cedendo all’ impulso di per sonali interessi, dovrebbe esser compito dei tribu nali, ma innanzi tutto sarebbe certo opportuna una legge che ne definisse la eonpetenza e ne guidasse i criteri, una legge che esplicitamente dichiarasse, partendosi dal concetto che a noi sembra il solo giusto, in quali casi le tariffe differenziali possono esser permesse ed in quali devono rendere le am ministrazioni responsabili del danno che hanno ai terzi arrecato.
inco-11 maggio 1879 L’ E C O N O M IS T A 291
gliere, sollevarsi e discutersi le stesse lagnanze che si agitano adesso e che per l’ oscurità dei concetti che regnano su questa materia non è facile scorgere quale importanza abbiano.
CONTRO il LIBERO SCAMBIO
(Vedi il Num. precedente). II
A tout seigneur, tout honneur, e nel caso nostro I on. Rossi non potrà aversi a male se incomin ciamo dal testo per poi venire ai commenti.
L’ egregio Mariano confessa modestamente di non essere economista ; nondimeno gli pare che anche senza esser tale si possa parlare di libero scambio. Forse, trattandosi di una questione essenzialmente economica e nella quale le intuizioni politiche, eti che e storiche non possono a senso nostro che en- I trare in virtù dei rapporti che legano fra loro i vari rami della scienza sociale, non sarebbe poi male che chi ne tratta fosse molto versato nelle di scipline economiche. Nondimeno I’ argomento si rac comanda tanto al semplice buonsenso che a noi non verrebbe in mente nemmeno da lontano l’idea di vietarne la discussione a chiunque. Figuriamoci poi a un uomo della dottrina del Mariano!
Il eh. Autore, ripetendo ciò che dicono i socia listi della cattedra, incomincia a rendere il solito omaggio obbligato ai molti meriti della scienza eco nomica e ai grandi servigi da essa resi alla causa della civiltà; ma I’ accusa insieme di avere negata ogni regola, di avere spinto alle sue ultime conse guenze l’individualismo, di non essersi preoccupata che della produzione della ricchezza, di avere in • fine riposto la sua espressione sintetica nel noto: lasciate fare, lasciate passare. E questa falsa intui zione della vita invade il campo giuridico e politi co, e lo Stato diventa un male necessario.
Intanto la libertà atomistica spezza i vincoli della solidarietà sociale e si risolve nella legge del più più forte.
Siccome a senso del Mariano queste sono le pre- | messe, da cui trae la sua genesi storica e ideale il libero scambio giova il fermarcisi un momento. Anzitutto noi gli ricorderemo la genesi storica e ideale del noto : lasciate fare, lasciate passare. Questo I adagio fu pronunziato da un uomo esperto di affari che vedendo i mali prodotti in Francia da una fitta | rete di privilegi e di regolamenti, invocò un qual che respiro di libertà, proprio come fece Sallustio Bandini di fronte ai mali che affliggevano la Ma remma Sanese e ai numerosi vincoli fiscali che in ceppavano il commercio dei grani. Del resto quella formula suona un precetto, e non un principio scientifico. Che poi l’Economia politica abbia ne gata ogni regola e predicato I’ egoismo individuale, è tale accusa che non verrebbe in mente a obi ne conoscesse per poco la Storia. Quando mai gli eco nomisti classici hanno negato ogni e qualunque in tervento dello Stato ? La scuola liberale, a comin ciare dn^ Adamo Smith, non ha sempre sostenuto che lo Stato deve compiere quelle opere d’ inte resse generale, che i privati non vogliono, non sap piano o non possano fare? E quando l’Economia
ha rivendicato all’ individuo il diritto di esercitare liberamente la sua attività finché non offenda il di ritto altrui, non ha difeso il principio che informa tutta la legislazione dei popoli civili? Se. a modo d’ esempio, nel diritto penale si facessero entrare prime e sole le considerazioni puramente etiche, nulla ci garantirebbe dal vedere riaccesi i roghi della Santa inquisizione. Noi non rammentiamo che ci sia economista il quale sostenga che l’ interesse individuale non debba essere guidato dalla retta ragione, non rammentiamo che ce ne sia uno solo che non abbia raccomandato la previdenza e il ri sparmio, che non si sia preoccupato del migliora mento delle condizioni delle classi inferiori. Esiste un Trattato in cui accanto alla produzione non si parli della distribuzione della ricchezza? Diamine! Quello. stesso Conte di Cavour che secondo il eh. Autore ebbe il torto di vagheggiare e promuovere le dottrine del libero scambio, non diceva forse che la redenzione intellettuale e morale delle plebi era il compito del nostro secolo, che Gladstone, un altro liberale, chiamò il secolo degli operai?
Vero del resto che il libero scambio fu conse guenza naturale dei principii della economia politica. Se non che esso ha contro di sé i fatti al dire del Mariano. L’Inghilterra non se ne fece antesignana, e con parecchio restrizioni, che quando le sue indu strie ebbero raggiunto uno sviluppo eccezionale tan toché il libero scambio diventava un portato naturale delle sne condizioni. Come poi ciò si conciiii col so spetto che fosse tutta una manovra degli uomini di Manchester, lasciamo che il lettore lo indovini da sé perchè noi non siamo da tanto. Come ! Una riforma compiuta dopo tante agitazioni, dopo tante lotte e che lo stesso Mariano riconosce già matura a quella epoca, tantoché a suo avviso esciva, per cosi dire dalle viscere del paese, non era che un interessato artificio di pochi? Povero Cobden, e ti chiamarono un benefattore dell’ umanità ! Povero Peci, e ti chia marono un grande uomo di Stato ! Povero Gladstone, o ti chiamarono il primo finanziere di Europa! Gli avvocati del libero scambio, prosegue il Mariano, a confessione dello stesso Wells, sono stati bollati per emissari della Gran Brettagna ! Questo argomento non vale nulla di più di quello col quale si soste nesse che i partigiani della protezione sono emissari del principe di Bisinarck. Quanto alla Francia mili tavano per lei le stesse ragioni dell’ Inghilterra; pure se questa fece le sue riserve, quella ha adottato tut- t’ altro che un sistema liberale. Sicuro; il trattato del 1860 e quelli che lo seguirono non erano l’at tuazione completa, ma nn avviamento al libero scam bio, e nessun uomo sensato poteva pretendere che si passasse a un tratto dalla protezione alla libertà. Ma intanto 1’ egregio Mariano, il quale non nega la prosperità della Francia e misura poi la ricchezza di una nazione dalla cifra delle esportazioni, non ne gherà che essa abbia profittato dal nuovo sistema. Il libero scambio a qualcuno ha giovato. Sì risponde il nostro autore, ma ne derivarono fallaci concetti ed insidie che pesarono su parecchi paesi vittime di altri industrialmente operosi, ricchi e potenti. Di qui la reazione presente.
292 L’ E C O N O M I S T A 41 maggio 1879 a Francoforte hanno invocato la protezione, e che I
il principe di Bismark alla fine si è pronunziato nettamente nello stesso senso. Che gli industriali possano essere protezionisti non farà caso a nessuno, che essi rappresentino la coscienza popolare potrebbe mettersi in dubbio. Quanto ai vecchi sofismi accu mulati nella lettera del Gran Cancelliere, non vo gliamo ripetere ciò che ne abbiamo detto altravolta. Piuttosto ci piace raccogliere l’accusa fatta alliberò scambio di fomentare il socialismo. A noi è sempre sembrato che le utopie potessero essere meno for midabili là dove la vita è più a buon mercato; ora lo stesso Mariano non nega in fondo in modo as soluto che ciò possa avvenire col libero scambio, ma trova che interesse sommo per una nazione non è lo spender meno dei suoi consumatori, ma il ri munerare abbastanza i suoi lavoratori: poiché l’au mento della fortuna pubblica non deriva da qualche insignificante risparmio nelle economie dei singoli, ma dal lavoro universale.
Ma che cosa importa, diremo noi alla nostra volta, che un lavorante sia pagato di più (e aggiungeremo che ciò è molto problematico in molti casi quando si chiudono gli sbocchi) se egli deve pagare tutto di più e in proporzioni maggiori di quel che possa es sere aumentata la sua ricompensa? Giacché la ra gione insegna e il fatto prova che almeno per molte industrie la concorrenza interna non è sufficiente se manchi lo stimolo della concorrenza estera, e in fin de’ conti siamo sempre nel caso di un monopolio del mercato, che giova ad alcuni industriali, non agli operai.
L’egregio Mariano ha paura di un paese che viva e consumi senza produrre; egli vuole che le vendite, per quanto è possibile, bilancino almeno le compre. Jnsomma per lui c’ è del vero nella bilancia del commercio o nel sistema mercantile, e noi non ci tratterremo a rifare una dimostrazione ripetuta alla sazietà. Soltanto diremo che chiudendo con artificiali barriere gli shocchi, si avrà facilmente un eccesso di produzione, non tanto col fomentare industrie da serra, quanto collo spingere le altre a una produ zione soverchia. 0 non vede 1’ egregio Mariano che P esempio degli Stati Uniti sta contro di lui? Hanno voluto essere' proiezionisti, ed egli prevede che do vranno imitare l’ Inghilterra e la Francia!
Secondo il Mariano, il libero scambio, creando una vaga comunanza di popoli, distrugge la solida rietà nazionale, e fa si che di fronte alia minacciosa concorrenza straniera non vi sia agio nè voglia nè modo di elevare i salari, di accorciare la giornata del lavoro, proibire il lavoro delle domeniche, esclu dere dalle fabbriche le donne maritate, impedire il lavoro eccessivo dei fanciulli, sanificare le abitazioni del popolo minuto.
Noi abbiamo già notato come col protezionismo la elevazione dei salari possa essere più nominale che vale; aggiungeremo che può essere temporanea, e quindi esserne tanto più sensibile il decremento suc cessivo. Quanto poi alle leggi di tutela i nostri let tori sanno a esuberanza che cosa ne pensiamo.
In fondo in fondo gli Dei se ne vanno. Se ne va il libero scambio e con esso l’ economia politica come scienza a sè. Essa deve aspettarsi di tornare quale fu un tempo prima di Adamo Smith ed anche per Adamo Smith, economìa nazionale. Che il li bero scambio se ne vada potrebbe darsi, in un momento di aberrazione. Che poi se ne abbia
ad andare l’Economia politica è un altro paio di maniche. Un tempo si confuse coll’arte di governo; Adamo Smith la definì aneli’ egli come un’ arte, ma la trattò come una scienza. E ci pare impossi bile che l’egregio Autore cosi spesso si contraddica. Se gli elementi fissi, costanti, legittimi, imperi turi che concorrono n.el comporsi della proprietà e del capitale, nel formarsi delle ricchezze e del loro moto, e nella rendita, nel salario, nel mercato ecc. sono conquiste preziose che non andranno perdute, come si perderà la scienza economica ? Carattere della scienza non è forse l’universalità? La verità non è mondiana, come direbbe l’on. Lampertico ?
Certamente scendendo alla pratica una società civile non procede coi soli criteri economici, ma eziandio con criteri morali, giuridici, politici. Chi non sa che i problemi sociali sono complessi e che non si risolvono coi principi'! o coi precetti di una sola scienza, e che a quella soluzione debbono con correre tutti i rami delle scienze morali? Ma o che per questo ogni scienza non conserva la sua indi vidualità? Onde non ci tratterremo sulle frasi va ghe e in parte sibilline del eh. Autore, che, a modo d’esempio ci dice che la vita economica delle na zioni è storia, è natura, tempo, spazio, è un di venire, un crescere e scemare, un essere e non es ■ sere, un campo sempre in moto, un flusso continuo soggetto a contingenze molte e il p iù spesso inopi nate ecc.. insomma e il campo non dell’ assoluto, ma dell’ assolutamente relativo ! ! !
Impaurito quasi delle sue teorie, il Mariano di chiara che non vuole il proibizionismo antiquato, ma vuole solo che la libertà commerciale non di strugga il mercato interno e insieme sbaragli l’eco nomia e la morale. Anzi ammette che si debba mirare a un certo grado di libertà senza poterlo raggiungere mai. V’è in sostanza un solo sistema razionale, un sistema medio e compensatore di dazi mobili e variabili, commisurati all’attività, al moto al progresso o regresso della produzione.
Fuori di esso, sappiatelo bene, non vi è salute. E questo è vero e proprio protezionismo. Poiché se tutte le volte che una industria si trova in svantaggio di fronte alla industria similare estera, si deve paraliz zare la differenza con un dazio, manca la ragione del commercio internazionale. Come diceva arguta mente un celebre scrittore inglese, sarebbe come mettere un peso attaccato alla gamba di ciascun cit tadino. A co.(dizione che il peso fosse proporzionato alle forze di ciascuno, la giustizia e l’ eguaglianza sarebbero rispettate. Ci sarebbe il solo inconveniente di vedere diminuita la facilità e la prontezza della locomozione. Strano, diceva il Cairnes che pure la nuova scuola chiama dei suoi, che tali speculazioni siano possibili nella patria di Say e di Bastiat? Niente strano, diremo noi che ci siamo ormai abituati da un pezzo, che siano possibili nella patria di Cammilìo Cavour! Ma d'altronde:
S i dii immortales id voluere.... Decet p ati animo id equo: si id facientis, levior laborerit.
11 maggio 1879 L’ E CONOM ISTA 293
Governo a proteggere le industrie nazionali senza venir meno ai prmcipii del libero scambio? Il Ma riano non è recedi questi peccati, anzi dice chiaro e tondo che la cosa si comincia a capire nei paesi più ricchi e più potenti, ma gli duole che noi Italiani siamo i più incorreggibili. Non si spaventi, onorevole Mariano, che l’ Italia abbia a recarsi ad onore di tenere alta la bandiera del libero scambio. Se non l’ ha abbassata del tutto, l’ ba calata a mezz’asta. Non abbia paura; anche coll’ultimo progetto di trattato colla Francia non si era stati benevoli cogli agricoltori ehe le stanno giustamente a cuore ma si era stati teneri con alcune industrie, anzi tanto teneri che la Francia non volle saperne più nulla. L’ egregio Mariano finisce col porre la questione se i salari siano cresciuti in proporzione delle cresciute difficoltà ma teriali della vita: noi non esitiamo a rispondere in generale di no per molte e complesse ragioni che non è qui il luogo di esporre, ma quanto ai rimedi vor remmo che il cb. autore ci spiegasse che cosa in tende per quei suoi criteri p iù larghi e per quel briciolo di socialismo sobrio, assennato, civile e cri stiano. Ma si uscirebbe dalla questione, e facciamo punto.
Quanto a noi, non pensiamo davvero a chiamare eretico il linguaggio dell’ egregio Mariano; anzi siamo lieti che egli parli senza ambagi e con quella libertà che in un pensatore è diritto e dovere. Poiché « i disaccordi e gli urti nell’apprensione della verità debbano essere occasione non a farle violenza o a nasconderla, ma a meglio scoprirla e renderla più palese e più certa ‘sicché diventi davvero luce, via, parola di vita. »
Ed ora due parole sul commento dell’onor. Rossi commento acre che odora la polvere delle battaglie. E veramente, come dicemmo, l’ egregio senatore muove alcune avvisaglie contro il Ferrara, e si dichiara pronto a portare le sue riserve dove piaccia all’avversario di dargli battaglia campale. Lasciamo l’arduo compito all’illustre economista. Quanto a noi, i nostri lettori comprenderanno agevolmente che non vogliamo seguire passo passo I’ onor. Rossi, il quale sulla questione di cui si tratta è pienamente d' ac cordo col Mariano, per evitare una noiosa ripetizione. Ci fermeremo piuttosto su qualche sigolarità propria più del commentatore che del testo.
La libertà economica consacra secondo l’onorevole Rossi il braccio stesso dei Governi alla spogliazione dei deboli, frase degna di un socialista della... cat tedra, e, sempre secondo lui, 1’ impavido Bismarck un tal giorno ha acceso il rogo a tutte le corbellerie economiche. Non si crederebbe, ma è scritto proprio così. Diamine, on. Rossi ! Perchè riscaldarsi tanto ? Noi non sappiamo da quale interesse potrebbero es ser mossi a prendere la penna in mano i liberi scambisti, almeno nel nostro paese, nò del resto ne supponiamo uno qualunque men che nobile nei di fensori della protezione, ma diciamo francamente che per fare nel pubblico una buona impressione conviene usare un linguaggio sereno e garbato coinè ha fatto il Mariano, tanto più poi quando i malevoli potreb bero supporre che taluno combatta prò aris et focis. In fatto di scienza chi è serio non pretende alla infallibilità, ma che uomini che si sono chiamati o si chiamano Adamo Smith, Rìcardo, Malthus, tì. R. Say, Stuart Mill, Bastiat, Chevalier, Ferrara, Min- ghetti, ecc. ecc. non abbiano detto che ('elle cor bellerie, in verità ci pare un po’ troppo. E sempre
sullo stesso tono l’on. senatore, pur confessando i passati meriti della libertà in quanto fu un protesta contro un passato di dispotismo politico ed econo mico, riconosce che non vi ha errore senza un lato di verità come non havvi pazzia senza lucidi inter valli.
Confortando poi con citazioni di nomi illustri le sue dottrine, si rallegra che il vuoto si faccia ogni giorno maggiore nella scuola ove dimora l’on. Fer rara, e fra que’ nomi sciorina quelli di scrittori che probabilmente conosce di seconda mano. Valga uno solo per tutti, il Cairnes. A noi non piace giuocare di vantaggio, e non negheremo quindi che il Cairnes si allontani talvolta in qualche parte dalle teorie ri cevute, ma com’ egli dichiara nella prefazione al più importante dei suoi libri, la sua non è che un’opera di complemento, e difficilmente si troverebbe un li bero scambista più convinto e che più sappia con vincere gli altri con ragioni che pregheremmo l’ on. Rossi a compiacersi di confutare con solidi argomenti.
L’ egregio Senatore rinforza sulle accuse del Ma riano contro il libero scambio, ricorda che nella Nuova Antologia anch’ egli ne aveva additati i pe ricoli e i danni, si commuove alle sofferenze dei lavoratori, vuole che non si dimentichi quanto fe condo sia il connubio dell’ agricoltura colle industrie manifatturiere, ripete le solite cose intorno ai salari. Anche per lui bisogna aumentare il lavoro per aumentare il potere di comprare nei consumatori, e sta bene. Soltanto ci domandiamo ancora una volta se è peggiorando la condizione dei consumatori coll’ obbligarli a pagare di più, che si proinuoverà il lavoro e con esso la ricchezza nazionale.
Anche coll’on. Rossi siamo d’accordo su un punto, cioè sulla convenienza dei trattati di commercio nelle condizioni presenti. Probabilmente le ragioni per cui li approviamo sono diverse dalle sue, e noi repli- catamente abbiamo espresso il parere che la Francia non aveva poi tutti i torti di respingere un progetto di trattato, che certo avrebbe fatto l’ interesse di qualche industria, ma che non faceva abbastanza quello dell’ agricoltura.
Altro non abbiamo da aggiungere. All’on. Rossi abbiamo per tutto il resto risposto, rispondendo al- l’ on. Mariano.
L’aminllamento nelle obbligazioni ecclesiastiche
Nella seduta del 23 aprile u. s. l’ on. Ministro delle Finanze presentava al Parlamento un progetto di legge per l’annullamento delle obbligazioni eccle siastiche create con I’ articolo 6 della legge 11 ago sto 1870 e tuttora invendute.
In questo progetto si stabilisce, che il prezzo dei beni ecclesiastici e ademprivili già venduti, conti nuerà ad esser pagabile in obbligazioni ecclesiastiche da accettarsi al valore nominale e che, in modifica zione alla legge finora vigente, gli acquirenti ne possano d’ ora innanzi pagare il prezzo in moneta legale a 83 invece che a 100 per cento.
294 L’ E C O N O M I S T A 11 maggio 1879
Finalmente il progetto dispone che i beni che si trovassero tuttora vendibili a trattative private a ter mini della legge 50 giugno 1876, potranno essere alienati nell’¡stesso modo con un ribasso del lo per 100 sul prezzo pel quale gli incanti andarono de serti.
Noi dobbiamo anzi tutto lodare il concetto che ha animato l’ egregio ministro nel presentare il pro getto di legge di eui abbiamo riferito le principali disposizioni. Ognuno ricorderà come con I’ art. 6 della legge 11 agosto 1870, mentre si annullavano le obbligazioni dell'Asse ecclesiastico ammortizzabili dentro l’ anno 1881 e non ancora vendute, si auto rizzava il governo ad emettere tanti titoli nuovi al prezzo di 85 per 100 per un capitale nominale di 333 milioni di lire (283 milioni effettivi) i quali titoli come le obbligazioni che venivano annullate dovessero essere accettati al valor nominale in pa gamento dei beni ecclesiastici. Queste nuove obbli gazioni non sarebbero state ammortizzabili altrimenti che col versarle in pagamento di beni ecclesiastici. Lo scopo del governo di allora nel creare questo nuovo titolo non era già, come osserva giustamente la relazione, di procurarsi prontamente grosse somme di danaro, e perciò appunto si fissò cosi alto (83 per cento) il prezzo di questi nuovi titoli dei quali ai corsi d’allora della rendita, nessuno avrebbe avuto interesse a far acquisto : essi dovevano servire prin cipalmente pei compratori di beni ecclesiastici quando avessero avuto da fare pagamenti al Demanio. Il fatto confermò pienamente la previsione. Ma oggi che il nostro consolidato ha raggiunto e sta per sorpassare la parità del prezzo di 85 fissato dalla legge per le nuove obbligazioni ecclesiastiche non ammortizzabili, i capitali si sono rivolti a quel titolo e ne hanno fatto acquisto per somme rilevanti.
P er il Tesoro era un grave inconveniente che le obbligazioni ecclesiasiastiche fossero acquistate non da chi volesse restituirle alle Casse dello Stato in conto di prezzo di beni, ma da chi volesse farne un impiego di danaro, perchè in tal modo veniva ad avere un’ entrata straordinaria ed un debito non previsto in bilancio. Per questa, e per altre ragioni di minore importanza, ci sembra fosse ottimo con siglio quello del Ministro delle Finanze di sospen dere da prima la vendita delle obbligazioni inven dute e poi di domandarne ! annullamento col pro getto testé presentato. (1)
Per noi non è da dubitare che il governo avrebbe avuto il diritto di aumentare il prezzo di vendita delle obbligazioni non essendo menomamente impe gnato coi compratori di beni a fornirle loro al prezzo di 85, prezzo concordato unicamente nei rapporti fra il Governo e la Banca d’Italia che ebbe questi titoli in garanzia dèi suoi mutui. E l’ on. Ma- gliani sarebbe stato giustificato pienamente, qualora avesse preso questa misura, anche dal fatto che i suoi predecessori variarono più volte il prezzo di vendita
') Crediamo peraltro che il governo avrebbe rag giunto lo scopo precipuo che si proponeva anche con la sola deliberazione ministeriale del dì 11 aprile con la quale chiudeva la vendita delle obbligazioni verso tutti quelli che non potessero documentare di essere compratori di beni. Questa deliberazione, che ove fosse occorso si sarebbe potuto convertire in legge, avrebbe offerto inoltrò il vantaggio di non le gare le mani al governo per 1’ avvenire.
delle vecchie obbligazioni nei limiti da 75.50 (sconto dedotto) a 85, fissando da ultimo il prezzo delle nuove a 85.
E se è vero che per i beni che restano da alie nare il maggior prezzo di vendita delle obbligazioni avrebbe avuto per conseguenza una corrispondente diminuzione nel prezzo di vendita dei beni, è evidente che lo Stato portando il prezzo di vendita delle ob bligazioni per esempio a 95 avrebbe potuto lucrare circa 15 milioni sulle L. 146,595,000 le quali rap presentavano al 1° gennaio 1879 i resti di prezzo per i beni già venduti e le quali dedotto il 13.21 per cento calcolati pagabile in contanti per frazioni di cento lire lasciavano un fa bisogno di obbligazioni per L. 127,036,200. Ma un’alta considerazione di equità ha dissuaso l’on. Ministro dall’ adottare questo provvedimento e noi non possiamo che lodarlo tanto più che la storia della nostra finanza non ci offre molti esempi simili e che in fin dei conti il vantaggio morale che ne ridonda allo Stato compensa larga mente il benefizio a cui si rinunzia.
Il provvedimento di aumentare il prezzo delle obbligazioni, dice egregiamente la relazione, non sarebbe in tutto conforme a quella equità che deve presiedere all’ esecuzione dei contratti, imperoc ché ad uno dei contraenti ne verrebbe positivamente un danno non previsto nè tenuto a calcolo all’ epoca della stipulazione del contratto. E questo danno non colpirebbe i compratori più danarosi i quali hanno pagato il prezzo dei beni lucrando gli sconti del 7 o del 3 per cento concesso dalla legge a chi paga in anticipazione, colpirebbe invece i meno ricchi, i pic coli proprietarii, e gli agricoltori che a stento mettono insieme agni anno le rate di prezzo dovute. Essendo dunque evidente per noi che la giustizia e l’equità soltanto hanno guidato l’ on. Ministrò delle finanze nel proporre al Parlamento il progetto di legge in esame non possiamo a meno di esprimere la nostra sorpresa per una disposizione dell’ art. 4, la quale stabilisce che, in conto di prezzo dei beni venduti dopo l’ attuazione della legge proposta, le obbliga zioni ecclesiastiche saranno valutate soltanto per L. 85 ogni 100.
Eppure le leggi con le quali le obbligazioni in discorso furono create dichiarano esplicitamente che esse saranno accettate al valore nominale in conto di prezzo della massa dei beni da vendersi in ese cuzione delle leggi 15 agosto 1867 e l i agosto 1870, clausula che è riportata testualmente sopra ogni ob bligazione.
Qui non si tratta di equità ma di giustizia. Noi crediamo fermamente che i possessori dei pochi mi lioni di obbligazioni in circolazione conservino il di ritto, finché vi sono beni ecclesiastici da vendere, di vederle accettate in pagamento dei medesimi al loro valore nominale e non crediamo si possano fare leggi che violino i diritti acquisiti.
\ \ maggio 1379 L’ E C O N O M IS T A 293 leggi. Sono dunque questi portatori di obbligazioni,
i quali tengono vincolato lo Stato da una clausola contrattuale, e la loro posizione è affatto indipen dente dalla veste di compratori di beni. Ammesso pure che il governo, come libero venditore, potesse imporre certe determinate renunzie ai compratori futuri di beni, fra lui ed essi, sorgerebbe la perso nalità del detentore di obbligazioni, il quale si op porrebbe alle restrizioni lesive dei propri diritti ed interessi. Nessuna disquisizione, basata sopra varia bili criteri di convenienza, prevarrebbe contro la realtà di diritti acquisiti: oltre ehe non sarebbe dif fìcile dimostrare, che i! privilegio annesso alle ob bligazioni in discorso, dovette influire moltissimo a promuoverne l’ acquisto, ove si rifletta eziandio che le relazioni annuali della Commissione centrale di Sindacato, si studiavano di porre in rilievo, come la quantità esistente di quei titoli, fosse di gran lunga inferiore ai bisogni dei compratori di beni ec clesiastici e ademprivili.
La forma rigida e nuda, dell’ artticolo 4-, mette in evidenza per ognuno come esso violi la lettera dei contratti, ma qualunque formula più artifiziosa che ne alterasse io spirito, lascierebbe pur sempre esposto lo Stato a pericolosi reclami.
Noi non pretendiamo di porgere suggerimenti a'ia sagacia dell’ on. Ministro per evitare gli inconve nienti a cui si andrebbe incontro, mantenendo nella sua integrità l’ art. 4. Abbiamo semplicemente voluto manifestare un dubbio che a noi pare fondatissimo, e che non sembra siasi affacciato alla mente del compilatore del progetto. Lasciamo ora a chi meglio di noi è in grado di raccogliere tutti gli elementi della questione, la cura di correggere in qualche modo ciò che crediamo una ingiustizia ed un danno.
L’ATTO ADDIZIONALE
al riscatto delle Ferrovie Romaue
Finalmente la grande questione delle ferrovie Ro mane avrà una soluzione. Mercè le cure instancabili e lo zelo del Consiglio d’ Amministrazione e special- mente della Commissione consigliare delegata dal l’adunanza generale si è potuto addivenire il 26 dello scorso aprile alla stipulazione col Governo di un nuovo atto addizionale alla convenzione di riscatto 17 novembre 1873 ed all’ atto addizionale 21 no vembre 1877. — In forza di questo nuovo atto gli effetti delle stipulazioni medesime saranno resi definitivi ed irretraUabili sebtiene sospesi fino al 31 dicembre 188t. — Questo ¡asso di tempo è stato fissato perchè la Commissione d’ inchiesta sulle fer rovie che da poche settimane ha incominciati i suoi lavori possa esser giunta ad una conclusione intorno al sistema da preterirsi per l’esercizio delle ferrovie.
Ci sembra quasi superfluo il ricordare ai nostri lettori i) come il Ministero prima di stipulare que st’ ultimo atto addizionale si credesse in obbligo di consultare la Commissione d’ Inchiesta per uniformare 1’ opera sua al parere della medesima. Ed essa nella adunanza privata del 28 marzo decorso dopo una matura discussione :
') Vedi Economista 30 marzo 1879.
« Considerando esser necessario che nel procedere al riscatto delle ferrovie Romane non si pregiudichi in alcun modo l’ andamento dell’ Inchiesta nè la so luzione finale dell’esercizio ferroviario in Italia,
« Considerando che la legge 28 agosto 1870 con fermando l’ art. 24 del Decreto legislativo 11 otto bre 1866 provvede alla sufficiente tutela dell’interesse dello Stato, qualora l’ufficio del R. Commissario venga efficacemente adempiuto,
espresse l’avviso che deliberato il riscatto dovesse, rispetto all’esercizio, mantenersi per quanto fosse pos sibile inalterato lo stato presente delle cose.
Vediamo adesso quanto l’ atto addizionale del 26 aprile si sia attenuto al parere della Commis sione d’ Inchiesta. — Se non erriamo gli art. 4 e 3 (ma specialmente il 4°) sono in aperta contraddi zione non solo col precedente art. 3, nel quale si stabilisce che « la Società delle Ferrovie Romano continuerà la sua esistenza e l’esercizio della rete riscattata, coi suoi statuti, con tutte le norme e re golamenti adesso in vigore, e con tutta la sua r e sponsabilità proveniente da essi, » ma anche con lo spirito che secondo la Commissione d’ Inchiesta avrebbe dovuto animare tutta la convenzione.
Infatti con l’ art. 4 si fìssa a l l il numero dei membri del consiglio d’amministrazione, di cui 7 da nominarsi dal Governo e 4 dalla società; mentre ora si compone di 20 membri, di cui 8 soltanto nomi nabili dal governo.
L’ art. 5 poi riserva al governo la facoltà di no minare, sentito il Consiglio d’ Amministrazione (di cui la maggioranza sarebbe nominata dal governo medesimo), tanto il Direttore quanto il vice Diret tore e il Direttore dell’Esercizio, mentre finora era riservata al Consiglio la nomina del Direttore Gene rale salva l’ approvazione del Governo, e non esistevi l’ufficio di vice Direttore.
Stando alla lettera dell’art. 4 noi dovremmo rite nere che non sia sufficentemente tutelato l’interesse degli azionisti. — Come potranno essi incorrere in qualsiasi responsabilità e restare garanti di fronte al governo (che ha in mano il prezzo del riscatto) per l’operato di un Consiglio ri’Amministrazione nel quale essi non sono rappresentati che da una piccola mi noranza ? Quale è la parte riserbata agli azionisti nelle adunanze generali e specialmente in quelle due o tre nelle quali essi dovrebbero approvare l’opera del Consiglio? Che valore avrebbe una loro disap provazione ?
Ma si dirà, e crediamo sia stato detto, nessun tribunale potrà ritenere responsabile la società per gli atti di un tale consiglio? ed allora noi ci do mandiamo che senso ha I’ art. 3 e come è tutelato V interesse dello Stato? Se si fa un esercizio gover nativo di fatto, se non di nome, perchè lo Stato lascia che ad amministrare la sua cosa intervengano degli estranei, nominati da azionisti disinteressati ? È vero che sono in minoranza ma in qualche riu nione potrebbero divenire maggioranza. E poi sarà contenta la Commissione d’ inchiesta che ha espresso il parere che sia conservato lo slatu quo? Saranno contenti i singoli membri del Ministero che, sebbene ossequenti all’ autorità e rispettabilità della Commis sione d'inchiesta accetterebbero la sua decisione anche se fosse favorevole all’ esercizio governativo, pure noi sappiamo esser favorevoli all’ esercizio privato?
298 L’ E C O N O M IS T A I l maggio 1879
convenzione di Basilea nella memorabile giornata del 28 giugno 1876. E dell’onorevole Ministro delle fi nanze noi crediamo conoscere le opinioni liberali in fatto di ingerenza governativa e siamo sicuri che non ha mutato di opinioni. Ma a chi dunque dobbiamo gli art. 4 e 5 dell’atto addizionale? Essi, secondo noi, sono l’ opera della burocrazia che, senza neanche pensarlo, fatalmente, per estendere la propria azione, getta le basi dell’ esercizio governativo. E sic come de minimis non curat prcetor il Ministero non si è preoccupato di due articoli che in apparenza hanno così poca importanza. Noi però, che non siamo sopraffatti dalle molteplici, svariate e faticose cure dello Stalo, noi che noi limiti delle nostre deboli forze ci siamo sempre adoperati a com battere lo estendersi dell’ ingerenza governativa nelle faccende economiche perchè la riteniamo dannosa al paese, ci perinettiamo di rivolgere una domanda al Ministero ed alla Commissione d’ inchiesta: l’atto addizionale è in tutto conforme al voto del 28 marzo ora decorso ed alle vostre opinioni ?
Noi abbiamo voluto esporre la nostra opinione francamente, secondo la nostra abitudine, nè a far ciò siamo stati mossi da zelo per l’interesse degli azio nisti. Che anzi a questi ultimi noi dovremmo consi gliare di dar piena approvazione all’ atto addizionale che domani sarà loro presentato:in tal modo potranno dare una maggior sicurezza ai propri diritti ed ot tenere quella giustizia che da molti anni reclamano. Se in apparenza il numero dei consiglieri da eleggere può aumentare o scemare la loro responsabilità, in sostanza possono dormir sonni tranquilli; ad onta dei loro 4 consiglieri, ad onta delle loro adunanze, che temiamo debbano andar spesso deserte, dopo l’ approvazione data dal Parlamento all'atto addizio nale entreremo a gonfie vele nell’ esercizio gover nativo e il solo responsabile sarà il governo.
RIVISTA INDUSTRIALE
Sommario — La locomotiva senza fuoco — Sistema Francq — Resultati delle prove fatte sulla linea Rueil-Marly-le-Roy.— Il telegrafo autografico Cow per —■ Principio sul quale è basato e sua descri zione — Recenti applicazioni della carta compressa. Da! giorno in cui Giorgio Stephenson ebbe lanciata sulle rotaie di Killingworth la sua prima locomotiva fino ad oggi, questa mirabile macchina ha subito una continua serie di modificazioni, talché non passa giorno in cui talune delle sue parti non si vada mutando, o nuovi organi o combinazioni meccaniche non vengano a sostituirsi alle precedenti, già antiche benché neonate, già reputate scadenti benché inge gnosissime.
Ma fra tutte conviene certamente accordare il primo posto alla radicale trasformazione che gli americani della Nuova Orleans vi hanno oggi arrecato.
Essi hanno proposto e, quel che è più, hanno realizzato di far camminare la locomotiva senza fuoco — pare un’ assurdità, ed è la cosa più sem plice. ed in pari tempo più economica che si potesse pensare.
Che bisogno c’ è, infatti, che la locomotiva porti con se il focolare in cui ha luogo la combustione e il tender colle provviste d’acqua e di carbone? — Quando, alla sua partenza, la locomotiva abbia fatto
una buona provvista di vapore, quel tanto che le basti a percorrere un dato tragitto, non è proprio inutile che strada facendo ci sia il fuoco acceso? — Non basterebbe che, alla stazione di fermata, ci fosse una caldaia pronta per rifornirla del vapore consu mato?
Ebbene, quest’idea semplice ma ardita è stata realizzata e non soltanto al di là dell’ Atlantico, ma vicino a noi, in Francia.
Il signor Leone Francq s’ è assunto l’ incarico di acclimatare in Europa la locomotiva senza fuoco e mercè il concorso della celebre casa Cail, egli ha fatto costruire una siffatta locomotiva la quale, da alcuni mesi, funziona regolarmente sulla ferrovia da Rueil a Marly-le-Roy.
Noi non imprenderemo a descrivere questo tipo di locomotiva, ci converrebbe entrare in troppi par ticolari e sarebbe indispensabile una figura illustra tiva. Ci limiteremo pertanto a riportare alcuni dati di confronto fra la locomotiva ordinaria a focolare e quella senza focolare; tali dati sono dedotti dai registri giornalieri di Port-Marly e meritano la maggior fiducia.
Spesa giornaliera comparativa
Percorrenza : eh. 120 — Carico rimorchiato : IO tonn.
LOCOMOTIVA con focolare senza focolare
Combustibile... Fr .19,19 10,64 O lio... 2,80 2,80 G u a r n itu r e ... 0,29 0,29 Tubi di livello... 0,05 — Pulitura del forno e caldaia. 1,00 0,17 Sbarre del forno . . . . 1,50 0,68 Lavatura dei vagoni anneriti. 4,50 —
» dei copertoni dei vagoni. 0,50 — Macchinisti e fuochisti . . 11,00 8,19
40,83 . 22,77 Al che conviene aggiungere che per le locomo tive a focolare si hanno i pericoli dei colpi di fuoco i quali non esistono nelle macchine senza forno.
I risultati che abbiamo ora dato sono stati pre sentati alla Società d’incoraggiamento di Parigi ed hanno destato il più vivo interesse fra i meccanici e gli industriali, per lo che non abbiamo voluto passarli in silenzio.
Nell’ultima nostra Rivista industriale abbiamo accennato ad una invenzione nata in questi ultimi giorni e che doveva esser sottoposta all'esame della Società degli Ingegneri dei telegrafi di Londra.
I nostri lettori rammenteranno il telegrafo auto grafico inventato dal sig. Cowper di Westminster; questo ingegnoso apparecchio ha fatto le sue prove nel mese passato e ci troviamo oggi in grado di riferirne i resultati.
l-l maggio 1879 L’ E C O N O M IS T A 297 Ciò posto è facile comprendere come conoscendo
le coordinate dei diversi punti che colla loro suc cessione formano una lettera dell’ alfabeto, questa lettera sia determinata di forma e di posizione.
Sotto questo punto di vista il problema di tra smettere la scrittura telegraficamente si riduce a trasmettere da una .stazione all’altra le coordinate dei punti formanti le lettere.
Siccome il movimento della penna è continuo, bisogna, perchè la trasmissione si faccia regolar mente, che la corrente vari continuamente d’accor do col moto della penna,
Il sig. Cowper ha realizzato questo fatto impie gando due conduttori elettrici separati, ciascuno avente la sua batteria, il suo filo ed il suo appa recchio ricevitore.
Uno di questi conduttori trasmette i movimenti trasversali e l’altro i movimenti perpendicolari a questo.
Alla stazione ricevente questi due movimenti sono nuovamente combinati e ricostituiscono l’impulso ori ginale.
S’è detto che l’intensità della corrente che passa, varia coll’ampiezza delle coordinate che trasmette, ed ecco come ciò ha luogo: alla penna che sta in mano di chi spedisce il dispaccio, sono attaccate, a squadra, due piccole sbarre metalliche; basterà che ci occupiamo de! modo di agire di una sola, poiché T altra eseguisce analoghe funzioni, soltanto in direzione perpendicolare alla prima.
Uno dei poli della batteria comunica con questa piccola sbarra, mentre 1’ altro va alla terra. L’estre mità libera della sbarra scorre in una guida per mezzo della quale ha luogo il contatto. Questa guida si com pone di diverse piastre sottili separate l’una dall’altra da un foglio di carta imbevuto di paraffina, ma ogni piastra comunica colla seguente mediante un circuito ne! quale si trova un’ elica di resistenza. Se la sbarra attaccata alla penna è soltanto in contatto colla prima piastra, la corrente deve passare per tutte le eliche; -m a se la sbarra si avanza, essa eliminerà la resi
stenza di tutte le eliche che avrà oltrepassato, per chè la corrente la segue direttamente; ne consegue che la differenza nell’ intensità della corrente tra smessa alla stazione ricevente è proporzionale alle coordinate della penna secondo la direzione della guida.
Giunta alla stazione ricevente la corrente passa per un galvanómetro il cui ago o indice ha un estremo in comunicazione mediante un filo alla penna ripro duttrice.
Quello che s’ è detto d’ una delle sbarre si dica per I altra e si comprenderà di leggieri come la penna della stazione che riceve il dispaccio sia tenuta fra due fili tesi che le imprimono gli stessi movimenti che la mano imprime alla prima penna nella sta zione di dove il dispaccio viene spedito.
Uno de’ soliti movimenti di orologeria fa scorrere Una striscia di carta sotto la penna.
Questo sistema è semplicissimo e le poche parole che ne abbiamo detto sono più che sufficienti a darne un’ idea abbastanza chiara.
Il giudizio intorno al telegrafo autografo Cowper è stato de’ più favorevoli, ond’ è che giova sperare si debba vederne 1’ uso poco a poco generalizzato e la telegrafia autografica si sosti uirà alla stampante Hu- gues ed alla convenzionale Morse.
Le applicazioni e gli usi della carta vanno pren dendo ogni giorno un notevole sviluppo.
E noto come i cenci non bastando più come ma teria prima ai bisogni delle cartiere, queste siansi r i volte al legno per trasformarlo in carta.
La pasta dì legno ha preso molto presto una grande diffusione e oggidì non v’ è cartiera un po’ impor tante che non abbia le macchine per raschiare e scor ticare i tronchi e rami d’ albero, segnatamente di aheto, e preparare la pasta di legno.
All’ Esposizione Universale di Parigi, la carta di legno costituiva la parto principale delle sezioni Sve dese e Norvegiana nelle quali nazioni questa industria è sviluppatissima.
E che un tale sviluppo sia necessario lo addimo strano le continue applicazioni che va prendendo la carta, specialmente la cartapesta. Si son fatte casse di carta, ruote da carrozze, goletti, polsini, davanti di camicie, modelli anatomici, riproduzioni di sta tuo eoe. ecc.
Fra tutte queste applicazioni della carta merita speciale ricordo quella recentissima fatta dal Pro fessore Greene dell’Istituto Politecnico di Groy.
Questo astronomo ha fatto costruire un Osserva torio la cui cupola girante doveva avere 29 piedi di diametro interno. Ora nei modi ordinari di co struzione in ferro e legno, una cupola di simili di mensioni non avrebbe pesato meno di cinque o sei tonnellate ed avrebbe richiesto non solo importanti e costosi lavori per sostenerla, ma potenti mecca nismi per metterla in moto.
Il Prof. Greene ha ovviato a tutto ciò col pro porre ad una cartiera inglese di costruirgli la cupola in carta compressa; e la casa eseguì la commissione con pieno successo. In luogo della pesante armatura che comunemente si impiega, si collocò una leggiera ma solida ossatura in legno sulla quale venne ap plicata ia carta divenuta mediante una preparazione speciale, più dura del legno stesso. Sotto forti pres sioni la si ridusse a non avere che lo spessore di un sesto di pollice.
In questo modo la cupola intera anziché cinque o sei tonnellate non pesa che poco più di una ton nellata e mozzo e, montata su rotelle girevoli su ro taie, mediante manovelle e ingranaggi gira con gran dissima facilità.
Abbiamo stimato opportuno riportare questo fatto
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nella nostra Rivista industriale imperocché ci sembra degno di nota lo sviluppo che può prendere l’industria della carta compressa mercè queste nuovo applicazioni e siccome l’ Italia abbonda di cartiere ci sembra non sia fuor di luogo l’additare ai nostri industriali questa nuova via nella quale non esitiamo a consigliarli di avventurarsi.LA COMMISSIONE D’ INCHIESTA
sull’ esercizio delle Ferrovie in Torino ')
Seduta del 20 aprile
La Commissione d’inchiesta delle ferrovie italiane tenne il 20 aprile la sua prima seduta in Torino.
298 L ’ E C O N O M I S T A l i maggio 1879
doro Kossuth, faciente funzioni di capo del servizio trazione e materiale delle ferrovie dell’Alta Italia.
Sull’argomento e sul funzionamento del suo ser vizio, dice che esso è diviso in 4 rami principali: quello del materiale, quello della trazione, quello degli approvigionamenti e quello della contabilità, e dà lunghi e precisi schiarimenti d'ordine regolamentare.
Essendogli domandato se dopo il giugno 1878 vi furono cambiamenti nell’organizzazione risponde che, come organizzazione non vi fu nessuna mutazione; vi fu soltanto qualche leggiera modilicazione da prima per dare al servizio un carattere di maggior auto nomia. Qualche piccolo cambiamento vi fu anche nei lavori straordinari e nella spesa per riparazioni di macchine.
Il presidente lo interroga se, dopo il passaggio delle ferrovie all’esercizio governativo, vi fu lentezza nel dare le disposizioni. L’ ing. Kossuth risponde che vi fu, ma che ciò era naturale a motivo della creazione della nuova sede centrale. Però se il ritardo diede luogo a qualche lieve difficoltà, non si poteva consi derare come cosa d’ importanza.
Invitato a dare degli schiarimenti sull’entità e sul modo degli approvigionamenti, dice che gli acquisti sono di due generi : vi sono quelli del materiale di trazione, come locomotive, carri, carrozze, ecc., e quelli degli oggetti di consumo per la manutenzione dei_ rotabili. Il sistema degli acquisti era quello delle gare, cioè da un elenco di Ditte venivano trascelte quelle che, dietro informazioni prese, presentavano le maggiori garanzie di capacità, onestà e solidità. Una volta si era assai restii a chiamare le Ditte, e si facevja su ciascuna una vera inchiesta. Le lagnanze dei giornali circa il poco riguardo che vuoisi si avesse per l’industria nazionale non sono giuste: non fu mai opposto rifiuto a nessuna Ditta italiana quando le informazioni prese in via privata erano favorevoli. Ora il numero delie Ditte ammesse all’approvigio- namento è molto maggiore, e si allarga sempre più. Non capisce perchè non si adotti l’asta pubblica. Dal momento che non si ammette 1’ asta pubblica, 11 chiamare molte Ditte ha degli inconvenienti : il dover fare molti capitolati fa sì che si debbano fare severissimi, ed a questi è contrapposto un riscontro ancora più severo, e quindi ne risultano frequenti colluttazioni ed asprezze. Egli è di parere che con venga, o di adottare il sistema dell’asta pubblica, o ritornare all’antico sistema dell’ammissione di IO, 12 o l a Ditte al più, prese un po’ all’estero, e, per quanto è possibile, in paese.
Domandategli delle informazioni sulle officine, Fing. Kossuth dice che la più importante è quella di Torino Porta Nuova, che ha 1300 operai. Fa le grandi riparazioni di locomotive, carri e carrozze. Finora non fece alcuna costruzione nuova ed intera, ma fece delle riparazioni equivalenti alla ricostruzione. 1 lavori possono reggere il confronto con quelli di qualunque officina estera. Quanto al costo, è alquanto maggiore, perchè non si può ottenere in una offi cina che va per conto di un grande corpo quell’ in teressamento che si ottiene in una officina privata. L’officina di Torino ha anche costrutto bellissime carrozze di lusso. —■ Torino ha ancora un' altra of ficina, quella di Porta Susa, che conta 200 operai e fa le riparazioni correnti, come alle guide, ecc. — C’ è un’ altra officina a Milano: fa delle ripara zioni, ma non delle ricostruzioni : conta 200 operai ; non ha più l’importanza del tempo della rete Lom
bardo-veneta; sarebbe convenienza che le si desse maggior ampiezza. V’ è ancora una officina di maggior importanza a Verona; ha 900 operai; operò due rifucinamenti, e può competere con qualunque stabilimento industriale. Le officine di Bologna, Lucca, San Pier d’Arena si occupano più specialmente delle piccole riparazioni.
Sulla questione dei premi ai macchinisti in pro porzione della percorrenza chilometrica, l’ ingegnere Kossuth manifesta l’ opinione che si debba intro durre una innovazione nella penalità, in questo senso, che la penalità sia nella stessa proporzione del premio. 11 sistema attuale lascia commettere piccole frodi dal macchinista.
Critica anche il sistema della soverchia sovrappo sizione di una grande quantità d’ uffizj, che è ca gione di un aumento ragguardevole nel personale.
Il commissario Biglia interroga quindi l’ ingegnere Kossuth sul punto 47 del questionario: Quali com bustibili si adoperano sulle varie reti? In qual misura si adopera il combustibile nazionale e con quali ri sultati ?
L’ ing. Kossuth risponde che il combustibile è in parte litantrace ed in parte lignite. La lignite si im piega specialmente sulle reti venete. Il litantrace si acquistava una volta quasi esclusivamente in Inghil terra; ora se ne fanno grandi acquisti anche in Francia. Il motivo per cui 1’ Amministrazione si ri volse alla Francia non è personale nè di nazionalità. È una conseguenza della esiguità del porto di Ge nova, per cui lo scarico si fa lento ed è causa di gravi spese. Si prese il carbone grosso in Inghil terra ed il carbone minuto, ossia la polvere, in Francia. Il combustibile inglese serviva ad un mi scuglio coi minuti francesi. Si prendevano da 450 a 4 40,000 tonnellate di polvere all' anno. Nella parte veneta s’ impiegò lignite della Stiria, nella propor zione di 8000 tonnellate al mese, ossia circa 400,000 tonnellate all’ anno.
Quando i macchinisti cominciarono ad abituarsi all' uso della lignite, l’ Amministrazione si occupò della questione dell’Impiego del combustibile nazio nale, quantunque, in Italia, la soluzione di questa questione dovrebbe essere riservata ad un’altra am ministrazione che sarebbe più in caso di occuparsene da vicino. L’ ingegnere Kossuth dichiara che non fà nomi per non far danno ai produttori. Fu provato il carbone d’ una miniera non lontana dalla linea di Savona, ma 1’ esito della prova fu sfavore vole. Si provò una lignite del Veneto meridionale, ma non la si potè impiegare perchè contiene una porzione notevole di zolfo che corroderebbe le mac chine. La lignite dello Toscana fu riconosciuta su scettibile di ottimo servizio; 1’ Amministrazione fece un contratto per un combustibile non buono, ma utilizzabile, ma dovette desistere a motivo dell’ al tezza dei prezzi e della irregolarità delle forniture. Io via generale, T ingegnere Kossuth ha il con vincimento che vi sono nell’ Italia centrale delle li gniti utilizzabili, ma che non sono accessibili a mo tivo del costo. Si può preparare la possibilità di un graduale impiego della lignite coll’ allungamento dei fornelli e 1’ aumento delle griglie, in modo da po tersi fare eventualmente la sostituzione della lignite al litantrace.