’ECONOMISTA
G A Z Z E T T A . S E T T I M A N A L E
SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI
Anno VI - Yol. X
Domenica Io Gimmo 1879
N. 265
LA TASSA SUGLI ZUCCHERI
Abbiamo letto con l’attenzione che meritava la relazione dell’ ori. Luzzatti intorno al nuovo progetto di riordinamento del dazio sopra gli zuccheri, lavoro pieno di dottrina e ricco di notizie statistiche.
Ai nostri lettori è già sufficientemente nota nei suoi più minuti dettagli la questione che si sta at tualmente agitando in Italia a proposito di questa tassa, e le nuove modificazioni arrecate ultimamente dal ministero al progetto presentato nel gennaio de corso non alterano in niuna guisa nei suoi termini sostanziali la questione medesima. Il ministero non ha fatto che portare a 55 lire il dazio sul greggio, che nella proposta primitiva era stato fissato a 45 e spingere a lire 66,25, quello sul raffinato che era stato dapprima proposto dì 56. Nella discussione che ha avuto luogo alla Càmera in questi giorni e nella successiva votazione sono state rigettate le domande della Raffineria Ligure, che chiedeva le fosse con cesso di continuare il pagamento dei dazi in cam biali a lunga scadenza e senza interesse. Noi a dir vero avevamo reputate legittime ed eque quelle do mande e ci piace d’ insistere in questa nostra opi nione non perchè crediamo che le considerazioni ornai tardive che potremmo aggiungere a quelle già fatte abbiano virtù di far modificare il progetto nello stadio ulteriore della sua elaborazione parlamentare dinanzi al Senato, ma perchè questo argomento ci offre occasione a dimostrare come vengano spesso mal compresi i principi del libero scambio e come avvenga talvolta che si parli erroneamente in loro nome, quando per qualsiasi altra cagione si voglia togliere alle industrie una situazione favorevole a cui senza offesa dei più sani principi dell’economia esse avrebbero diritto. A noi preme di mettere in chiaro che a torto si vogliono porre i fautori del libero scambio in vista di avversari giurati degli industriali e si designano malignamente dal volgo col nome di protezionisti quelli che patrocinano le loro ragioni e col nome di libero scambisti quelli che le contat tai,o, mentre nessuno, più di coloro i quali sono il luminati ed imparziali propugnatori (Iella libertà, ligi non al nome, ma alla sostanza, sa distinguere fra le legittime e le illegittime aspirazioni dell’industria e nessuno desidera maggiormente di rimuovere gli ostacoli ed i vincoli di tante specie che si aggra vano sul lavoro nazionale, pur serbando salve le ra gioni della libera concorrenza e repugnando da la vori ingiusti ed arbitrari.
Ma di ciò parleremo in seguito giacché prima è mestieri che diamo qualche cenno della relazione doli’ on. Luzzatti. Esso desidera di trattare a fondo l’argomento e perciò si muove dal considerare se
gli zuccheri offrano materia conveniente per assi dervi sopra un’ imposta a getto copioso osservando che in alcuni paesi e segnatamente in Inghilterra lo zucchero è ben a ragione ascritto nella categoria delle cose necessarie ma in Italia può ascriversi in quella delle non necessarie, e di lusso su cui riesce tanto, più opportuno fare assegnamento di forti en trate quando altri elementi assai più essenzali del l’esistenza, come le farine, il grano, il sale, il pe trolio, i tessuti di cotone, sono aspramente ed in più modi tassati. L ’ Inghilterra, oltre a non dure imposte sul pane e sul sale, ha poi un clima che rende generale l’uso delle bevande calde e del thè, a cui i paesi più meridionali come l’Italia sostitui scono il vino ed alcune qualità di frutta. In Italia, come in tutti i paesi nei quali la ricchezza pubblica non è giunta ad un alto grado di sviluppo, occorre sopperire alle grandi spese di una nazione moderna con quelle che si chiamano imposte a larga base, con le imposte cioè che colpiscono gli oggetti più necessari alla vita, i quali soli possono assicurare una entrata di una certa entità, poiché soltanto le cose più necessarie sono di un uso alquanto diffuso, tutte le altre essendo scarsamente adoperate e la tassa che fa rincarare le cose indispensabili tende poi ancor più a contrariare la diffusione delle cose superflue. E allora dice la relazione, che si allarga oltre misura la proporzione delle imposte indirette, le quali hanno vizi maggiori delle dirette, queste riguardando il vivere più o meno agevole, quelle rivolgendosi direttamente a fonti della vita. Laonde quando si è giunti a consolidare la situazione finan ziaria dello Stato dopo di aver sopportato ingenti sagrifici ; il balzello del sale a 55 centesimi il chi- logramma, il dazio consumo gravissimo il quale spesso percuote una seconda volta le cose più in dispensabili, la tassa sul macinato, un sistema acerbo di dazi di confine che rincara la veste e il vitto del popolo, la prima cosa cui bisogna pensare è ad un migliore assetto dei tributi, ad una evoluzione lenta che trasformi il sistema delle imposte indirette ritirando le gravezze delle cose più necessarie e ri versandole man mano sulle meno necessarie e le superfluo tenendo bensì d’occhio affinchè questo movimento non rechi danno alle entrate.
338 L’ E C O N O M I S T A 1° giugno 1879 nel 1878 in cui i proventi totali ricavati dagli zuc
cheri furono di Lire 32,348,176. Nò il consumo si è ristretto in modo notevole poiché se è vero che le importazioni discesero nel 18^8 a 732,381 quin tali in luogo di 847,563 che avevano raggiunto nel 1877 ciò si deve attribuire in massima parte alle importazioni straordinarie che precedono di con sueto l’aggravamento dei dazi di confine, ciò che è provato altresì dai depositi presso la raffineria ligure che ammontavano a 61,661 quintali il 1° gen naio 1878 e si ridussero a 27,194 quintali alla fine dell’anno. La relazione spiega il fatto della non di minuita potenza dei consumi col considerare che gran parte della popolazione italiana era abituata ad un dazio assai più elevato sullo zucchero che non fosse quello imposto fino a tutto il giugno 1877. Infatti la tariffa lombarda anteriore al 1859,andava da lire 31,32 a lire 65,25 e quella delle due Sicilie da lire 47,70 a lire 71,55. Il dazio mite stabilito nel trattato con la Francia aveva pochissimo svolto in Italia il consumo di questa derrata il quale ascen deva nel 1863 a 500,000 quintali e adesso nono stante le annessioni del Veneto e di Roma supera appena i 750,000 ciò che, anco tenuto conto del contrabbando che è probabile sia ora aumentato col- l’accrescersi del dazio, dimostra assai acconciamente per altro che il popolo italiano é amareggiato da
troppi balzelli per dedicarsi con voluttuoso riposo ad assaporare a bell’agio le dolcezze dello zuc chero e dei prodotti che lo contengono. E lo stesso
è avvenuto per il caffè il cui consumo è rimasto quasi stazionario nonostante i successivi aumenti del dazio che lo hanno condotto da lire 34,65 nel 1864 ad 80 nel 1879.
Ed a proposito del dazio sul caffè F autore della relazione aborda, con minute ricerche e con nume rosi esempi addotti dai paesi esteri, il quesito se lasciando il dazio in tenue misura l’ aumento del consumo avrebbe potuto servire a porgere all’ erario le risorse eh’ esso cercava con l’ aumento della ta riffa ed è tratto a concludere non esser sempre vero che una diminuzione dei dazi conduca ad un au mento ragguardevole dei proventi in virtù dello svolgersi dei consumi e che anco quando ciò avvie ne, sempre però dopo un lungo periodo di tempo, tutto dipende da certe qualità di consumi atti a po- polarizzarsi indefinitivamente e da riduzioni che va riano entro un limite determinato; mentre d’ altro canto l’esempio della stessa Inghilterra dimostra che per ottenere forti entrate da dazi sopra materie di un consumo abbastanza esteso e non prodotte al- l’ interno del paese bisogna avere il coraggio di aggravare alquanto l’ aliquato come l’ Inghilterra stessa fa per gli alcool e pei tabacchi.
Il consumo dello zucchero in Italia è valutato in media a meno di tre chilogrammi per testa prescin dendo dall’ incognita del contrabbando, ma i pro spetti del dazio consumo dimostrano che questa me dia è molto varia secondo che dalle provincie set tentrionali si scenda a quelle meridionali ove essa giunge a proporzioni tenuissime. Gl’ italiani sono in sieme con i greci, i turchi e gli spagnuoli quelli che consumano per testa minor quantità di zuc chero. I tre chilogrammi da noi consumati danno assai meschino concetto degli agi che ci permette il nostro tenore di vita confrontandoli con i 7 1|2 circa consumati in Germania ed in Francia, cogli 8,3 dell'Austria e delia Danimarca, coi 10,3 del Belgio,
con i 19 degli Stati Uniti e con i 28 1|2 circa dell’ Inghilterra. Il consumo dell’ Italia, secondo il concetto del Luzzatti, esprime un minimum oltre il quale non può restringersi, tranne che con lo spin gere il daziò ad altezze veramente violente e pazze, esprime già un consumo esclusivamente riserbato alla classe di coloro che possono accordare a se stessi un grado assai elevato di soddisfazioni mate riali, un consumo eccezionale di lusso; e ciò rischiara meglio il fatto della poca influenza esercitata sul consumo dagli aumenti come dalle diminuzioni del dazio. Se ciò è vero, e se confrontiamo il consumo dell’ Italia con quello della Francia che sotto que sto rispetto trovasi per il clima e le abitudini in poco dissimili condizioni ed ove I’ agiatezza è in vero più diffusa ma il dazio è altresì più elevato e va da lire 65,52 a 85 non è strano il supporre che inalzandosi il livello della pubblica ricchezza, sce mando le imposte Sopra i generi di alimentazione più necessari alla vita e trovando modo di meglio reprimere il contrabbando le importazioni dello zucchero possano ascendere, entro il quindicennio venturo, a quattro chilogrammi e mezzo per testa di abitante. Pertanto, anco senza azzardare presagi per l’avvenire e basando i calcoli sul consumo attuale di circa 720,000 quintali, (dei 770,000 importati 50,000 si sperdono nella raffinazione) l’applicuzione dei nuovi dazi proposti dal ministro di lire 53 e 66,25 in oro per mettono di presumere un provento per l’ erario dai 45 a 46 milioni in carta, il quale sebbene debba essere ridotto di un milione e più per le restitu zioni di tassa all’ esportazione di alcuni prodotti, rappresenta un entrata abbastanza ragguardevole per poter considerare questo cespite come una delle più salde colonne del bilancio italiano. Si avrebbero 10 o 11 milioni di più dei 31 milioni e mezzo che si calcola potere incassare con i dazi attualmente vi genti e che si sarebbero incassati di fatto nel 1878 se le importazioni del 1877 non avessero in prece denza precorsa la via su quelle dell’ anno successivo. Anco in Francia si è verificato un fenomeno ana logo a quello avvenuto in Italia: il fisco ha più volte aggravato la mano sullo zucchero in modo da ri cavarne lauti proventi ed il consumo non ne è diminuito sensibilmente, come non si era notevol mente allargato quando la tassa diminuiva o rima neva stabile. In Francia come in Italia lo zucchero è una sostanza di lusso adoperata dalle classi agiate | e opulente della popolazione. Ciò posto, poiché la esperienza ci ha dimostrato che l’uso di questa der rata ha sopportato benissimo gli aumenti di dazio che si sono effettuati fino ad ora, e poiché altri paesi come la Russia, la Francia, l'Olanda, il Belgio e gli Stati Uniti hanno trovato sempre maggior profitto fiscale a portare il dazio ad un livello assai superiore o per lo meno uguale a quello che verrà stabilito da noi, è lecito supporre che questo livello non oltrepassa il limite massimo oltre il quale ogni aumento del dazio si converte in una correlativa diminuzione del consumo ed il maggior sacrificio dei contribuenti non si risolve in beneficio del pubblico erario.
L’ E C O N O M IS T A 339 1° giugno 1879
non ha accresciuto notevolmente il contrabbando ed eccita l’amministrazione italiana a perfezionare l’or ganizzazione doganale sul modello di quelle della Francia e dell’Inghilterra che funzionano con mira bile regolarità e sicurezza.
Della eterna questione fra lo zucchero indigeno e Io zucchero esotico traccia pure sommariamente la storia. E noto quanta premura alcuni Stati ab biano posto nel promuovere la fabbricazione dello zucchero e nello estendere la coltura della barba- bietola, offrendo facilitazioni ed eccitamenti a tal uopo mercè gli alti dazi imposti all’introduzione del lo zucchero coloniale. Il relatore non è d’ accordo con coloro i quali affermano che la coltura della barbabietola impoverisce il nostro suolo togliendolo alla coltivazione del grano per cui sarebbe più adatto e sostengono che questa coltura dispensandoci dal domandare alle colonie transatlantiche una merce ch’esse producono in abbondanza, ristagna 1’ espor tazione dei prodotti che l’Europa potrebbe offrire in cambio e danneggia la marina mercantile. Egli allega alcuni dati per dimostrare che la produzione della barbabietola può render più feconda la pro duzione dei terreni dell’Europa meridionale ed opina che sebbene l’industria dell’estrazione dello zucchero da quel bulbo non sia in Italia in condizioni ridenti non sarebbe prudente toglierle quel trattamento sotto il quale essa è sorta ed assottigliare il margine di lire 20,80 pel greggio e 28,83 pel raffinato costi tuito dalla differenza fra la tassa di fabbricazione da essa pagata ed i dazi doganali aumentati dalla so prattassa con cui sono colpite le importazioni di zucchero dall'estero.
Fatta quindi la storia della raffineria ligure la relazione passa in rivista i vantaggi di cui essa gode sotto la legislazione attuale fra cui pone quello di pagare la sopratassa di lire 21,15 non sulla quantità di zucchero greggio introdotto nella,raffineria come si pretende dagli altri commercianti; ma sulla quan tità di raffinato realmente ottenuta dopo la fabbri cazione, il che a dir vero ha per scopo di evitarlo il danno che le sarebbe sopravvenuto se coll’ ag giungere la sopratassa fissa tanto al greggio che al raffinato si fosse tolto la proporzionalità esistente dapprima fra i due dazi. Un altro vantaggio è la concessione di pagare il dazio e la sopratassa con cambiali senza interesse a scadenza di sei mesi, ed un terzo vantaggio finalmente consiste nei conteggiare la sopratassa Sul prodotto della raffineria solo al 80010 dello zucchero greggio introdotto riserbandosi per la quantità maggiore che venga ricavata, a liquidare il debito dell’imposta dopo l’inventario fatto alla fine dell’anno dal che nasce una nuova proroga pel pa gamento di questo residuo. Alcuno in seno alla Commissione, considerando che lo Stato potrebbe ricavare maggiori proventi dal dazio fiscale sugli zuccheri quando la raffineria italiana non esistesse, poiché quasi tutto lo zucchero entrerebbe allora in Italia allo stato di prodotto raffinato e pagherebbe il dazio maggiore che su questo prodotto si asside, ha solle vato il quesito se non convenisse sacrificare I’ esi stenza della raffineria alle esigenze dell’erario, ma su questo pun o sul quale avremo occasione di to r nare in appresso e sul quale l’on. Luzzatti stesso confonde gii argomenti degli avversari dell’industria con le ragioni del libero scambio, la Commissione ritenne che non fosse luogo esprimere un concetto nella presente congiuntura, ma che se ne sarebbe
porta occasione più propizia allorquando discutendosi un trattato di commercio si rivedesse tutta quanta la tariffa doganale.
Non seguiremo la relazione là ove ossa entra a discorrere dei premi concessi dagli Stati esteri spe cialmente dalla Francia e dall’ Austria Ungheria allo zucchero in esportazione, argomento intorno al quale più di una volta abbiamo avuto occasione di intrat tene i nostri lettori. Il governo italiano non può rimanere inerte di fronte alle lagnanze dei nostri raffinatori che si rivolgono particolarmente contro i premi largiti dall’Austria, mentre i trattati di com mercio (non sappiamo a dir vero con quanta pra tica efficacia) contengono disposizioni intese a vie tarli. Certo è che il valutare anco approssimativa mente l’ importanza di questi' premi è compito sca brosissimo, mascherati come sono sotta la forma di
drawbaks, è riuscendo così varii pel giuoco della
concorrenza i loro effetti che non sempre ne sono in.principal modo avvantaggiati gli esportatori. E bisogna anco tener conto che se il premio concesso dagli Stati esteri all’esportazione dei raffinati offende la raffineria nazionale questa d’altro canto si trova avvantaggiata dal premio sul greggio che può così procurarsi a miglior mercato. Nonpertanto la com missione esorta il Governo a cogliere ogni occasione che gli si presenti per promuovere la lega fra gli Stati europei, intesa alla completa e sincera abolizione di questo falso e incivile sistema.
Da ciò passa il Luzzati ad esaminare se per l’as setto delle imposte debba prendersi per base il ren
dimento medio dello zucchero greggio in raffinato
al 90 0(0 come calcola il Ministero ovvero ail’88 0(0 come vorrebbe la raffineria ligure.
espe-340 L’ E C O N O M I S T A
1° giugno 1879
rimenti ufficiali, quelli accuratissimi operati in Ger mania nel 1875 ne dettero uno dell’86,9 nè sarebbe equo fondare i calcoli sopra i resultati di un solo anno per dipartirsi dal tipo che è considerato nor male nel commercio.
L’ industria della Raffineria sollecitava calorosa mente la continuazione del benefizio del pagamento dei dazi in cambiali, e questo sistema, che in occa sione della discussione del trattato con l’Austria si era da alcuno propugnato per ogni specie di dazio, aveva per quelli sullo zucchero l’appoggio di ragioni speciali. La raffineria lavora una materia prima sog getta ad un dazio che ascende al 100 te r 100 del suo valore e nessun altra industria potrebbe invo carne l’esempio per ottenere anch’ essa uguale fa vore. Nè il Tesoro dello Stato subisce una perdita notevole, poiché per raffinare lo zucchero occorre un periodo di tempo e se venisse dall estero raffi nato al consumo diretto si acquisterebbe e si sdar zierebbe più tardi. La raffineria deve tenere un ca pitale ingente occupato non ad altro che all'antici pazione del dazio e coll’ aumento dell’ aliquota di questo le è mestieri accrescere in larga misura questo capitale che non recardo’e alcun interesse assottiglia i lucri di quello impiegato nella lavora zione. Nel 1878 furon 5 milioni di lire che essa in media doveva al Tesoro per le cambiali sotto- scritte a 6 mesi e se avesse dovuto cercare questa somma uguale al suo capitale sociale dal credito dei banchieri l’utile del 6 0|0 da essa distribuito alle azmni dietro i risultati di un brillante esercizio si sarebbe ridotto della metà e forse anco dei due terzi. Il credilo le avrebbe potuto mancare in tempi difficili e porla in gravi imbarazzi d’onde la neces sità di accrescere il capitale sociale sei.za nessun utile corrispondente. D’altro conto si fa osservare che le condizioni delle nostre finanze non consen tono di mutare la direzione delle gabelle in una banca di sconto e di esporre il Tesoro al repenta glio di una crisi cambiaria che ponesse in dubbio la solidità del credito accettato; oltre di che, ag giungeva il ministro che con le ultime proposte del dazio a 53 lire e a 66,25 si è accordato alla raffineria assai più di quello che essa non chiedesse con la domanda del pagamento dei dazi in cambiali perchè calcolando sopra un rendimento del 90 0|0 la difesa del dazio, cioè il margine fra il greggio ed il raffinato saliva a lire 7,36 in oro ed era quindi « superiore a quello ora accordato, anche mettendo nel calcolo il beneficio dei pagamenti protratti. « 11 relatore avrebbe voluto che si studiassero tempera- menti provvisori, i quali dovessero durare fintanto ché il governo italiano non avesse ottenuto la sop pressione dei premi di uscita segnatamente dalla Francia e dall’Austria.
Passa quindi la relazione a parlare dei rimborsi di dazio alla esportazione dei prodotti contenenti zucchero e fa rilevare la convenienza di aggiungere subito alle materie che godono di questo diritto, il latte con densalo, i torroni e le mostarde la cui esportazione è attualmente impedita dall’ altezza del dazio sullo zucchero e di elevare col crescere del nuovo dazio la ragione dei rimborsi pei canditi. Accenna ai prov vedimenti atti a garantire lo Stato affinchè non siano prese inconsultamente queste disposizioni che po trebbero produrre un onere non lieve all’ erario e suggerisce di aumentare i dazi all entrata di alcune merci che contengono zucchero, perchè l’aumento del
dazio di questo non produca sperequazione fra il trattamento della materia prima e quella del pro- dotto. Fra queste materie cita i confetti e le conserve il cui dazio vorrebbe portato da lire 60 a 70 e la cioccolata che vorrebbe portata a 85 in luogo di 80. Menziona di passaggio il criterio per distinguere i „rezzi dai raffinati, stabilito in conformità della scala olandese dalla nuova tariffa doganale che sostituiva così un criterio legale a quelli arbitrari e variabili usati precedentemente dall’ amminstrazione. b mal- mente si propone la questione della convenienza di consolidare il dazio consumo degli zuccheri, tanto i governativo quanto il comunale, nel dazio di confine risarcendo in altra guisa i comuni interessati e ri conosce i vantaggi che deriverebbero da questa mi sura alle industrie che trattano lo zucchero e che sono tassate inegualmente secondo la categoria a cui appartiene il comune e la più o meno spinosa condizione delle sue finanze, il risparmio che ne deriverebbe sulle spese dei depositi franchi pel dazio consumo e la miglior distribuzione della tassa la quale graverebbe anco sugli abitanti dei comuni aperti ì quali oggi ne sono esenti, 'tuttavia poiché la riforma non potrebbe essere posta ad ottetto lin ché non scadessero i contratti d’ appalto con i mu nicipi e poiché il governo ha presentato un progetto di legge riguardante il dazio consuno in cut si con- tempfa appunto questa modificazione, la Commissione ha creduto dover sospendere i suoi studi su questo . argomento per non preoccupare il campo di quella che dovrà prendere in esame quel progetto.
1° giugno 1879 L’ E C O N O M I S T A 341 esclusa per 1’ obbiezione dell' ineguale sollievo arre
cato agli abitanti delle diverse parti d’Italia. Un tal sollievo si deduce facilmente dalle relazioni statisti- suil’ imposta del macinato in lire 1,39 per testa nel l’Italia superiore, 0,80 nella media, e 0,56 nell’ in feriore. Il singolare riscontro di queste cifre conduce naturalmente il relatore a far rilevare che il nuovo balzello appoggiato dal voto della commissione po trebbe essere equamente vantaggiosamente e senza imprudenza rivolto all’ abolizione dell’ imposta di macinazione sopra i cereali minori.
Società di econom ia poiitica di Parigi
Riunione del 5 maggio 1879.
Questa riunione è stata presieduta dal sig. Leone Say Ministro delle finanze. — Dopo alcune comu nicazioni del segretario perpetuo il signor, Achille
Mercier rende conto di una grande riunione convo
cata al teatro del Chateau d’Bau dalla Lega dei
Contribuenti e dei consumatori recentemente fon
data per iniziativa del signor Menier, membro della Società. — In questa riunione il signor Pascal Du- prat, uno dei veterani della causa del libero scam bio, ha fatto con grande successo una breve espo sizione storica di questa dottrina ed una brillante confutazione dei sofismi protezionisti.
La questione scelta dagli adunati per la conversa zione è la seguènte : dei modi di garantire i r i
sparmi impiegati all’ estero.
11 signor Leroy-Beaulieu non capisce perchè si impedirebbe l’emigrazione dei capitali nazionali. — Questa emigrazione è un fatto naturale che spesso produce buone conseguenze. — Allorquando, termi nati o sospesi i grandi imprestiti e i lavori pubblici, le buone intraprese industriali e le serie operazioni finanziarie non offrono più che una scelta più limi tata di impiego sicuro e rimuneratore non è egli naturale che una parte dei nostri 1500 milioni di risparmio vadano A cercarsi altrove un impiego ? Quando questi impieghi di capitale si fanno con discernimento e con circospezione sono, dal punto di vista nazionale, più di vantaggio che di danno, essi vanno a portare l’ influenza francese presso gli altri popoli e stringono i legami che ci uniscono con loro, contribuiscono a consolidare il nostro credito ed a allargare le nostre relazioni commerciali. — Fu in grazia della grande quantità di capitali francesi impiegati all’ estero che il pagamento della nostra indennità di guerra si rese relativamente facile. — Il nostro danaro che va all’ estero non è affatto per duto; esso torna in Francia sotto la forma d’inte resse ed anche quando si è smarrito in qualche t e r reno ingrato le disillusioni che ne risultano per i singoli individui non sono prive di compenso per il paese. — L’attività delle transazioni viene aumen tata: ad esempio le relazioni commerciali della Francia con l’ Austria, la Spagna e l’ Italia debbono una parte della loro importanza ai capitali che noi abbiamo esportati in quei paesi. — Non vi è dun que nessuna ragione per dolersi dell’emigrazione di una parte del nostro risparmio, bene intesi a con dizione che non si vada a farlo inghiottire dai pre stiti messicani, turchi ed anche egiziani.
Ma come potrebbe il legislatore o il governo in
tervenire per tutelare i capitalisti e sopra tutto i piccoli? Questa è cosa molto delicata. — Vi sono senza dubbio degli impieghi che hanno un carattere fraudolento ma di fronte ad essi che cosa può fare 10 Stato? Escludere dal mercato nazionale questi valori di cattiva lega? Ma a che segni riconoscerli? E poi se lo Stato interdice certi valori e ne am mette altri può sembrare che dia a questi una certa garanzia e assume una responsabilità che può dive nire molto compromettente. — Nella inchiesta in glese è stato proposto un espediente che consiste- sebbe nell’obbligare chi emetta prestiti stranieri a fornire dei prospetti con certi dati statistici intorno alla situazione finanziaria e alle vere risorse del paese che contrae l’ imprestito. Questa esigenza è abba stanza ragionevole ; i falsi dati impegnerebbero la responsabilità dei banchieri che emettessero gli im prestiti ma bisognerebbe vedere quale ne sarebbe 11 risultato pratico e fino a che punto con questo mezzo, si impedirebbero i cattivi impieghi ai piccoli capitalisti.
. Il meglio, secondo il sig. Leroy-Beaulieu, è di tenersi al principio della responsabilità individuale. — Non v’ è nulla che ammaestri quanto l’esperienza. — Essa insegnerà a non confidare i propri risparmi a governi di cui non sia ben provata la solventezza — Da questo punto di vista vi è un certo miglio- remento, il pubblico è divenuto più diffidente e non si lascia più tanto illudere dalle belle promesse.
^Riassumendo l’oratore dice che femigrazione dei capitali nazionali non è di per se un male; anzi è un bene quando ha luogo iu condizioni favorevoli ed ognuno può apprezzare il grado di sicurezza de gli impieghi che gli vengono offerti. — In caso dt frode o di inganno, le vittime hanno la risorsa di ricorre ai Tribunali; vi sono dei Giudici a Berlino o a Parigi. — Ma si dirà, questo è un rimedio che viene quando il male è accaduto. È vero, ma esso esercita anche un’ azione preventiva in quantochò serve di lezione tanto agli ingannatori che agli in gannati. — Bisognerebbe soltanto che la giurispru denza fosse molto più severa in queste materie.
Il signor Boucherot trova che si è troppo disposti a esagerare la missione dello Stato a spese dell’ini ziativa e della responsabilità individuale. — Conviene col signor Leroy-Beaulieu che lo Stato non debba intervenire nè per dirigere i cittadini nella scelta dei loro impieghi nè per opporsi alla esportazione dei capitali, ma non è punto partigiano dell’ emigra zione dei capitali ; egli ha viaggiato, ha dimorato nelle colonie ed ha riportato dalle sue peregrina zioni una mediocre fiducia nelle intraprese indu striali e nelle operazioni finanziarie che vengono dai lontani paesi a sollecitare i capitali francesi.
Il signor Leone S a y trova un po’ assoluto ciò che ha detto il signor Leroy-Beaulieu sulla difficoltà di trovare in paese l’ impiego dei capitali a condizioni sicure e al tempo stesso rimuneratrici, all’ infuori dei grandi lavori pubblici e delle operazioni finanziarie dello Stato o delle maggiori città, o di qualche [so cietà vecchia e potente.
342 L ’ E C O N O M IS T A 1° giugno 1879 movimento d’ affari che ne risulta, succedono neces
sariamente periodi di calma e di raccoglimento, nei quali i capitali trovano maggiore difficoltà a utiliz zarsi. Allora è bene che una parte del rispai mio nazionale emigri ; l’ emigrazione dei capitali dà mag gior valore ai paesi nuovi e crea nuovi mercati di approvvigionamento o di sbocco pei paesi vecchi.
Il sig. Leone Philippe si mette per un momento nei piedi di un semplice lavoratore (ben intesi di un lavoratore che lavori e risparmi) il quale avendo messo da parte qualche centinaio di franchi deside rerebbe farsene una modesta rendita, e soprattutto non vorrebbe perderli. Ebbene è chiaro che que sto lavoratore, divenuto piccolo capitalista, è poco capace di giudicare da se stesso del grado di sicu rezza che presenta il tale o il tale altro imprestito estero. Chi lo informerà ? Se non trova in nessun luogo i lumi od i consigli di cui abbisogna non avra egli il diritto di accusare di una colpevole in differenza il governo e la società che lo mettono in balìa delle intraprese artificiali di una speculazione disonesta ? Vi è la stampa ; ma in materia di im pieghi finanziarii, i giornali non sono sempre con siglieri imparziali e disinteressati.
Il sig. Philippe rammenta che quando, una doz zina d’ anni fa, fu lanciato lo scandaloso affare del
Trans Continental-Memphis-Pacific-Railway 1’ antico Économiste Prangais, allora diretto dal com
pianto Giulio Duval, fu il solo giornale in Francia che svelasse la menzogna delle réclames pubblicate in favore di questa sleale speculazione. Queste ré
clames attribuivano al Memphis-Pacific delle con
cessioni gratuite di terreno che erano state fatte dal governo americano, non a questa linea, ma ad una linea concorrente. Coloro che leggevano YEco-
nomiste, e disgraziatamente erano allora poco nu
merosi, furono avvertiti ; ciò che non vuol dire che tutti abbiano profittato dell’ avvertimento, perchè la generalità degli uomini è sempre disposta a cre dere ciò che lusinga i suoi pregiudizii o i suoi de- siderii ed a respingere, come profeti di cattivo au gurio, coloro che si mettono a soffiare sulle sue il lusione.
Il sig. Leroy-Bealiau ha detto che adesso il pubblico è divenuto più diffidente; il sig. Philippe crede che questa differenza non sia migliore della fiducia di un tempo, e che il timore di farsi in gannare non allontani da intraprese oneste, utili e fruttifere. La conclusione dell’ oratore è questa che in mancanza di altri mezzi di illuminare e guidare i piccoli capitalisti con iniziati alla scienza degli af fari sarebbe mal fatto di non volere accettare in nessun modo 1’ intervento dello Stalo.
Il sig. Clemente Juglar tien conto dei rischi che presentano i prestiti esteri, ma si domanda se non aumentino gli affari con I’ estero. Una nazione non può vivere unicamente all’ interno ed ha bisogno di espandersi al di tuori dei propri confini : questa potenza d’ espansione è anzi il principale carattere da cui si conosce il grado di civiltà di un popolo. Bisogna dunque andare a cercare le nazioni situate meno in alto sulla scala sociale; questi popoli, mal grado ciò che si chiama la loro ricchezza naturale, mancano di capitali per fruttificarla e bisogna tornirli loro, perchè questi sono I’ impulso primordiale da darsi a tutta la macchina. La cifra delle esporta zioni di un paese indica l’ estensione delle sue rela zioni ; senza che si tratti di trovare una bilancia fa
vorevole sulle sue importazioni, il totale delle transa- zione ben constatato dimostra chiaramente 1’ attività degli scambi. Anche quando vi è, quel che desiderano i protezionisti, una bilancia favorevole, vale a dire un eccedente delle esportazioni, si ha egli la sicurezza che non vi sia stata, sotto un’ altra forma, una espor tazione o un impiego di capitali proveniente dai prestiti contratti nel' paese esportatore che è dive nuto il socio accomandante nell’ industria e nel com mercio estero ? Anche quando i capitali sono dissi pati in forti spese di guerre, di lusso, di intraprese mal combinate, non per questo ne risulta meno un grande movimento di scambi, che a poco per volta per mezzo dell’ ingranaggio sociale si estende a tutte le industrie. Il punto di partenza è stato cattivo, ina, gradatamente, con l’aiuto dell’ammirabile mec canismo della libertà degli scambi il resultato fina le malgrado molti sforzi inutili non è tanto sfavo revole ad onta della perturbazione che gli uomini ar recano nell’ armonia delle leggi economiche che governano il mondo, i peggiori provvedimenti possono spesso produrre dei resultati indiretti, felici e inspe rati. — Ciò è avvenuto con i prestiti esteri i quali hanno inghiottito parecchi miliardi, e tuttavia la ro vina di chi li sottoscrisse è passata, per così dire, inosservata in mezzo alla prosperità generale. — In tal modo ci eravamo, dice il signor Juglar, creata una clientela all’ estero, clientela molto artificiale da principio, ma che aveva servito a stringere delle re lazioni.
Il far notare che in queste operazioni ci sono grandi rischi equivale a dir cosa che tutti sanno; ma ac canto ai grandi, rischi vi sono i grossi beneficio — È questo che attira spesso i capitali in quella peri colosa direzione, quantunque vi possano essere al l’interno altrettanti impieghi più sicuri sebbene meno rimuneratori. — Disgraziatamente molte difficoltà pra tiche impediscono loro di prendere questa direzione. — Prima di tutto il risparmio si forma a poco per volta e non permette una grossa spesa immediata; esso trova un facile rifugio nelle azioni e obbliga zioni quotate alla Borsa. — E poi è questione di iniziativa personale, che tutti non hanno. E meglio comprare dei terreni fabbricativi o terre? costruire case o migliorare le culture ? Tali questioni sono della più alta importanza e difficili a risolvere.
È più facile lo aver fiducia in una intrapresa di retta da un gruppo di uomini d’ affare e lasciar loro tutta la responsabilità, senza neanche volere eserci tare il menomo controllo, domandare veruno schia rimento. — Finché un Consiglio d’Amministrazione dà un dividendo, lo prenda pure dal capitale, nes suno si occupa di sapere ciò che si fa, e nelle as semblee generali, la maggioranza sopporta com im pazienza le osservazioni che vengano fatte, il più spesso non ne tien conto, finché non viene il giorno nel quale, persa ogni illusione, non volendo intender più nulla, non sa ueppur votare quei provvedimenti che potrebbero salvare 1’ affare.
d° giugno 1879 L’ ECO N O M ISTA 343 preparati in guisa che non si possa saper nulla di
preciso, e spesso non vi si possa veder niente. Quanto al governo, in che situazione lo si mette rebbe di fronte alle potenze estere con le quali è in buoni rapporti se dovesse censurare i loro progetti di prestito ? Esso ha già abbastanza da fare e non può neanche sorvegliare esattamente le societcà di cui no mina i governatori.
Il signor Robinot crede che il governo ed il le gislatore, senza varcare gli stretti limiti che sono loro assegnati nei paesi liberi potrebbero, in una certa misura, garantire il risparmio nazionale dagli inganni che gli sono preparati. — Come un primo mezzo egli indica la pubblicazione larga, frequente, acces sibile a tutti, dei dati statistici esatti sulla situazione economica e finanziaria dei diversi paesi. — Notizie di tal genere sono date nel Bollettino Consolare, ma sono insufficienti e la loro pubblicità è troppo limi tata. — Un altro mezzo sarebbe una buona legge sulle società che tutelerebbe gli interessi degli azio nisti e degli obbligatarii. Un terzo mezzo finalmente sarebbe la creazione di commissioni speciali, come ne esistono in Inghilterra, che possono fare ciò che non possono o non osano fare gli stessi azionisti; verificare i conti e controllare le operazioni delle Compagnie. — Lo stato attuale è uno stato anarchico, nel quale il piccolo risparmio è abbandonato senza difesa in balìa di gente troppo abile e troppo poco scrupolosa. Non può stare che il governo resti in differente in presenza di tali abusi. — Il rimedio deve esistere, bisogna cercarlo con cura ed una volta trovatolo, applicarlo con risolutezza.
Il signor E. Levasseur si pronunzia contro l’inter vento dello Stato. Oltre la responsabilità che il governo si assumerebbe cercando di stabilire una distinzione, in certo modo ufficiale, fra i buoni ed i cattivi im pieghi, delle ragioni di alta politica internazionale gli interdicono di pronunziarsi sul credito che meritano gli Stati esteri. Esso non può dare, nel Bollettino
Consolare o in pubblicazioni analoghe, che notizie
generali, le quali, dal punto di vista delle' opera zioni finanziarie, che possono fare i governi, sono di una utilità molto contestabile per i capitalisti. D’al tronde sarebbe male di scoraggiare l’esportazione dei capitali che è utile, come hanno detto i sigg. Le- roy-Beaulieu e Juglar, per il soccorso clic arreca alle giovani nazioni, alle quali permette di far valere le loro risorse naturali, e per 1’ impulso che dà alle transazioni commerciali. Il signor Levasseur non crede che la tendenza, che trascina i capitali fran cesi verso gli impieghi all’ estero con l’ attrattiva di grossi interessi, sia destinata a durare.
Questa tendenza è 1’ effetto naturale, ma momen taneo, di uno stato di cose che ha la sua ragione di essere e la sua spiegazione. nella legge d’ oscilla zione, alla quale vanno soggetti il ribasso ed il rialzo del prezzo dei capitali.
Noi traversiamo in questo momento un periodo di ristagno relativo, nel quale i capitali essendo poco richiesti all’interno, cercano sbocchi all’estero. Ma non è certo lontano il momento nel quale, sol lecitati di nuovo da intraprese nazionali, essi reste ranno in paese, senza che il legislatore o il governo abbiano bisogno di costringerli a rimanervi.
Il sig. Fed. Passi/ non crede che vi sia molto da aggiungere a ciò che è stato detto dai prece denti oratori e specialmente dai signori
Leroy-Beau-lieu e Levasseur, del quale appoggia le ultime os servazioni.
L’ emigrazione dei capitali, egli dice, è come la emigrazione degli uomini, buona o cattiva secondo i resultali che dà; vale a dire secondo l’intelligenza con la quale è fatta.
E assurdo il fondare artificialmente delle colonie onerose; l’ impedire i nazionali di espatriare per fon- ■ darne o per cercar fortuna in paesi lontani a pro prio rischio e pericolo, non è meno assurdo nè meno contrario all’equità. L’ emigrazione di uomini o di capitali è un mezzo d’influenza, di forza e di ric chezza per la madre patria, essa aumenta la sua im portanza sviluppando le diverse forme d’ attività di cui essa è il centro; essa v’ ha il suo tornaconto. La libertà sola deve presiedere a queste emigrazioni.
Tuttavia, osserva il sig. Passy vi è qualche cosa di fondato nella preoccupazione dei sig. Philippe e Robinot ma, secondo lui, per tener conto di questa preoccupazione, non è necessario di domandare ai governi un’azione straordinaria. — Il dare informa zioni speciali, nel momento in cui un dato affare sta per concludersi, sarebbe molto pericoloso, e po trebbe compromettere la responsabilità del governo. — Da lui bisogna aspettarsi informazioni generali ed in ogni tempo. — Le informazioni dei nostri agenti all’ estero non manchino, ognuno poi ne pro fitterà nel modo e nel tempo che gli parrà.
Quanto agli affari disonesti, la giustizia è là. Nell’af fare del Memphi*-Pacific, che è stato ora ricordato, un personaggio molto conosciuto allora e anche più in seguito sotto il nome di generale Gluseret denunziò pubblicamente il generale Fremont come fabbricatore di documenti falsi, e, attaccato come calunniatore, fece venire dall’ America la prova autentica del falso. — Era un affare da corte d’ Assise o da Tri bunale correzionale. — In tutti i casi questo è il rimedio quando vi è frode; è possibile che qualche volta giunga troppo tardi. Ma sarebbe efficace se fosse seriamente applicato. — Ma per ricorrervi non è necessario di mettere in moto nè il ministro delle finanze nè quello degli affari esteri. — I tribunali bastano sia d’uffizio, sia dietro domanda degli in teressati. — E la magistratura può e deve interve nire non per tutelare il risparmio nazionale e non sopratutto per conservarlo al mercato nazionale, fa cendo rivivere sotto un altro nome la sciocchezza della bilancia del commercio, ma per tutelare la
probità pubblica reprimendo il furto, il che è la
funzione fondamentale dello Stato.
Il sig. Bonamy Price, interrogato dal sig. Leone Say, sul resultato di una inchiesta fatta in Inghil terra, risponde che si venne a questa cinclusione, che il governo non dovesse imbarazzarsi di tali af fari; e questa è anche la sua opinione.
L’ E C O N O M I S T A I o giugno 1879
SU
LE FASI DEL SOCIALISMO
Discorso ietto dal Prof. Giovanni Bruno nel quarto anniversario della Società Siciliana di Economia Politica il 20 aprile 1879.
Il prof. Bruno di Palermo ha avuto la gentilezza di comunicarci il testo di un suo dotto discorso sul
socialismo che siamo dolenti la strettezza»dello spazio
ci impedisca di riportare per intero nelle nostre colonne. — Ce ne dispiace specialmente pei nostri lettori: essi ci sarebbero stati grati di leggere il nuovo lavoro del nostro egregio amico che ha trat tato un argomento importantissimo e d’ attualità in modo molto attraente e con quella dottrina che tutti gli conoscono.
Ne faremo un breve riassunto lasciando per u l timo la parola all’autore.
Il chiaro professore passa prima di tutto in ras segna gli argomenti che formarono oggetto di studio della Società. — Essi furono tre, cioè quello della decadenza della marina mercantile italiana, quello dei trattati di commercio, e quello della crisi nel l’industria degli zolfi, e si compiace di constatare come la società da lui presieduta, non solo abbia colpito il momento opportuno per trattare siffatte questioni, ma abbia dato in certo modo il segnale ili simili discussioni ad altri enti scientifici e politici chiamando la loro attenzione sopra codesti argomenti. È questo il mezzo più sicuro di giovare alle classi laboriose le quali non possono conseguire il loro miglioramento economico che con la attuazione degli espedienti che sono consigliati o escogitati dalla scienza vera.
Tutto ciò che i cultori della scienza posson fare in servizio delle classi disagiate, e al tempo stesso in prò della sicurezza e dell’ordine degli Stati, non è già il declamare in favore di codeste classi, e di empire la loro mente di illusioni e di speranze ; non è già lo irritare sempre più l’animo loro ed accre scere lo scontento e il dolore della condizione in cui gemono; ma invece è quello di far loro com prendere le leggi inesorabili della natura, e i limiti fin dove possa giungere la benevolenza umana in sollievo della loro sorte.
La storia delle aberrazioni umane è antica; essa comincia da Minosse e finisce a Carlo Marx, e a Lassalle. Ma ciò che addolora i tempi nostri è que sto: che le utopie anteriori all’epoca scientifica erano scusabili in secoli di ignoranza, di schiavitù, di di spotismo, e di enormi disuguaglianze di classi e di fortune. Ma nel secolo in cui viviamo, malgrado le rivelazioni della scienza, le utopie hanno preso spesso un carattere anarchico, violento e sanguinoso. E ciò che per noi italiani è assai doloroso si è l’osservare colla storia che il nostro paese nei tempi di oppres sione e di servitù, restò sempre indifferente alle seduzioni e alle follie di fanatici ambiziosi, ed oggi invece che ha conquistata la sua unità e la sua li bertà, si lascia affascinare da dottrine fallaci e da sistemi abominevoli che minacciano l’ ordine e la civiltà delle nazioni.
L’ egregio autore percorre rapidamente le fasi di questo traviamento dello spirito umano nelle sue di verse manifestazioni di comuniSmo, di socialismo or ganizza „ore, livellatore, collettivista e liquidatore. Prendendo per punto di partenza le leggi di Mi
nosse per l’ isola di Greta, giunge fino agli utopisti dei nostri giorni. Egli si compiace di osservare ad onore degl’ italiani, « eh’ essi non furono giammai sedotti e trascinati da quegli insani concetti che dai tempi più remoti del comunismo, agitarono e travia rono intere popolazioni sovvertendo il sentimento della giustizia e della morale pubblica e privata.
« Gli entusiasti di Minosse, di Licurgo, di Pla tone, s’ incontrano dappertutto, ma gl’italiani dispre giano e deridono i loro sistemi di riforma speciale. « Le aberrazioni degli eresiarchi, dei moravi, de gli anabatisti mescolati ai sogni chimerici dei mil lenari, trovarono aderenti numerosi in Germania e in Olanda, dove i loro proseliti cercarono rifugio colle armi e col fuoco.
« Queste fallaci dottrine riuscirono dappertutto ad eccitare la fantasia e le speranze delle masse, e a provocare le discettazioni di uomini serii. Ma I Italia in quel periodo di allucinazioni cosi strane, dava al mondo le opere dell’ Algarotti, del Paoletti, del Ge novesi, del Broggia, del Verri, del Beccaria, del Carli, del Galiam, del Sergio, del Balsamo e di altri non pochi. E fondava le prime cattedre di Econo mia politica dell’Europa in Napoli, Milano, Palermo, dove insegna vasi che nell’ ordine economico e sociale vi sono delie leggi eterne della natura che la po tenza dell’uomo non può disfare. E coerentemente attendeva a quelle riforme economiche ed ammini strative che erano compatibili colla condizione politica dei diversi Stati. »
Fino a pochi anni fa noi italiani deploravamo le insanie degli stranieri ma eravamo orgogliosi che il nostro*paese non fosse stato trascinato da quel delirio comunista che lalsando il buon senso delle masse insipienti ed eccitando le più brutali pas sioni ha ritardato il cammino della ricchezza e della civiltà. Ma pur troppo le false dottrine, simili ad un miasma terribile che ammorba lo spirito umano, si diffondono per l’aere e penetrano per la via della aspirazione nelle masse insipienti facili ad illudersi e ad esaltarsi.
Sorge un nuovo fantasma del comunismo, più orrido e più minaccioso di quello che precede. I livellatori della prima metà di questo secolo vo gliono elevare il proletario ad una condizione meno infelice, acoumunando i beni e le ricchezze per farne il patrimonio comune. Ma i nuovi livellatori, che assumono il titolo d’internazionali, vogliono ab bassare la ricchezza al livello della miseria.
Ma perchè mai, si domanda l’egregio Bruno, questo nuovo fantasma di comunismo, più turpe e più criminoso delle precedenti utopie, ha potum trovare nel nostro paese degli aderenti più docili da smen tire il buon senso del popolo che ha sempre respinto le seduzioni e gli assalti del socialismo di qualunque nome ?
Le cause sono molteplici, che cospirano insieme, e non è facile di enumerarle in un discorso di oc casione. Io oserei riassumerle in una sola, nell’igno ranza generale della scienza economica, o nel lavoro che si va facendo per ¡screditarla sotto tutti gli aspetti.
1° giugno 1879 L’ E C O N O M IS T A 345 manifestano spontanee e benefiche coll’azione della |
libertà individuale. Dovunque il socialismo della piazza, divenuto cattedratico, invoca l’intervento dello Stato, onde redimere le classi sofferenti dalla loro miseria; e parecchi scrittori pregevoli ed ammirati dal popolo propugnano questa vieta e fatale dottrina come quella che dove distruggere le teorie e le il lusioni degli economisti ortodossi. Dovunque si as colta la voce di grandi uomini di stato, o di assem blee deliberanti promettendo, o provocando di ri tornare al regime protettore dell’industria con vincoli d’ogni specie, colla rottura dei trattati internazionali, facendo supporre che la vecchia scienza non si ap pose al vero proclamando il principio della liberai commerciale.
E dopo ciò che cosa volete? allorquando alle masse che abbisognano di pane si è fatto credere che il governo ha il dovere di dispensarlo sulla base di una nuova giustizia sociale, che deve livellare gli agi e le dovizie, non si ascolta più la voce dell’ eco nomista, che dice di confidare nelle proprie forze e nelle leggi della natura per diminuire le asperità della vita. Colui che è tormentato dai bisogni, e che ha sotto gli occhi lo spettacolo dell’ opulenza e del fasto accoglie facilmente i più pravi consigli e si fa strumento di tutti i delitti, fino all’ assassinio delle più elevate personalità politiche?
Signori, conclude l’ illustre professore, quando l’er rore si è cotanto propagato e presentasi minaccioso di sì grandi pericoli, non colludiamo, l’ uso della forza, qualunque essa sia, è insufficiente a debel larlo. Fa duopo parlare all’intelligenza ed al cuore colla scienza e colla morale' per ricostituire l’uomo nella sua naturale dignità; fà d’ uopo di trasfondere nel suo spirito la convinzione che il posto da lui occupato nel corpo sociale, non è imputabile che alla sua responsabilità o alle leggi inesorabili della natura.
Certamente che la potestà suprema deve preoc cuparsi di rimuovere, nella sfera della sua compe tenza, le cause del malessere delle classi disagiate, a cui si è datoil nome di questione sociale. Ma non bisogna far credere alle masse, per lo più insipienti che tutti i loro mali possono scomparire coll’in tervento dello Stato e coll’ opera delle leggi. Facciano pure i governi tutto il possibile onde cooperare al sollievo e al progresso del civile couvivio ; ma guar diamoci di far considerare quest’ingerenza come un principio seieutitico da cui potrà scaturire un rimedio universale delle miserie sociali. Poiché in questo caso si attaccano i governi come colpevoli di tutte le sof ferenze umane, e si acquista il diritto di rimprove rarli o di rovesciarli, allorquando possa parere che si arrestino a mezzo cammino.
Ed è infatti per l’influenza di coleste strane dot trine, che si ribellano con la vera scienza, che ninno è più contento della sua sorte, niuno è disposto alia rassegnazione o alla speranza. Nella sfrenata cupidigia che affanna ed agita tutti i ranghi della società si accetta e si adotta qualsiasi mezzo per distruggere qualunque ostacolo che si frapponga a conseguire l'uguale partizione delle ricchezze.
Lavoriamo adunque, governi e popolo, a risol vere, questa che chiamasi questione sociale, inse gnando agl’ indotti e agl’ illusi, che a tal fine non bisogna procedere co! ferro e col fuoco, ma invece con l’ attuazione completa delle leggi economiche desunte dal codice della natura. Insegniamo loro che la progenie umana ha una lunga storia di
martirii, dai quali si è liberata coll’ ajuto della scienza. Noi abbiamo successivamente spezzato le catene della schiavitù antica e moderna, della ser vitù della gleba, delle corporazioni di arti e me- strieri ; noi abbiamo represso l’ infame traffico dei negri e scrollato i privilegi, i monopoli, i vincoli che inceppavano il lavoro e i commerci, noi ab biamo diviso la proprietà e dissipato lo squallore dei latifondi, abbiamo dissodato le plaghe deserte sostituendovi un’ agricoltura rigogliosa; alle solitu dini silvane e al ruggito delle belve abbiamo sur rogato la ferrovia e il fischio della locomotiva ; al l’ impeto dei mari abbiamo opposto il vapore; ab biamo tagliato gl’ istmi e avvicinati i continenti; ab biamo traforato i monti e affratellate le nazioni, j abbiamo governato e dominato lo forze della na tura sottoponendole al servizio dell’ uomo ; abbiamo strappato i fulmini al cielo, abbiamo comandato al sole d’ imprimere immagini; abbiamo costretto il | magnete a trasmettere il pensiero alle più lontane
contrade !
E tutto ciò, non ha certamente accresciuto le sciagure di cui 1’ umanità fu travagliata nei secoli trascorsi, nò ha reso più impellente e più scorag giante la questione sociale. Il progresso che abbiamo fatto ci rivela che oggi siamo in migliori condi zioni, che la potenza economica dell’ uomo si è centuplicata e l’ avvenire ci promette un’ esistenza migliore.
Lavoriamo adunque a diffondere la vera scienza per imprimere nello spirito dell’ uomo che egli non ha motivo di ribellarsi ai dettami di lei, e che per 1’ opposto egli sarà più felice e più libero il giorno in cui nuli’ altro dovrà richiedere al governo che la giustizia nelle leggi e la tutela del suo diritto e della sua libertà.
LA COMMISSIONE D’ INCHIESTA
sull’ esercizio delle Ferrovie iu Torino
Seduta del 26 aprile
Fu 1’ ultima seduta della Commissione d’ inchie sta in Torino.
-È interrogato pel primo Guglielmo Lamberti, spe dizioniere di Savigliano, che fa reclami più che al tro personali.
L’ ing. Gozzano parla quindi sulla convenienza di ammettere le ferrovie secondarie e quelle a se zione ridotta in servizio cumulativo con le reti principali. Egli sostiene che le linee secondarie debbono sempre essere ammesse in servizio cumu lativo, perchè apportano ii loro tributo alle linee primarie, e la prosperità di queste è bene spesso in parte dovuta al maggiore sviluppo di quelle.
Le popolazioni servite da linee secondarie prive di servizio cumulativo colle reti principali ne hanno gravissimi danni, sia a motivo del trasbordo dei viaggiatori come del trasbordo delle merci, sia per la mancanza di una comunicazione diretta dai sub centri coi centri, come per la perdita di tempo nel prendere diversi biglietti e 1’ aumento delle tasse di di bollo.
346 L’ E C O N O M I S T A I o giugno 1879 direttamente dai concessionario, con carrozze prese
a nolo dalla ferrovia dell’ Alta Italia. Parlo dei ri tardi nei viaggi delle persone e delle merci, delle maggiori spese e delle convenienze che avrebbero ad un tempo le popolazioni canavesane e la rete principale se fosse stabilito il servizio cumulativo per le comunicazioni dirette di Rivarolo con Torino.
L’ ing. Gozzano parla ancora della tassa dei bi glietti ingiustamente uguale per le lunghe percor renze come per le brevi. Domanda finalmente, una modificazione degli orari.
Il sig. Trivero si mostra contrario al servizio cumulativo colla linea di Ciriè, dicendo che coste rebbe il doppio che a trasportare le merci coi carri fra le stazioni dì quella linea e le più vicine del- 1’ Alla Italia.
Il signor Ducitene, della Società per la fabbrica zione della dinamite Nobel e di prodotti chimici in Avigliana presenta quindi una nota alla Commis sione.
La nota tende a dimostrare 1’ assurdità dei rego lamenti pel trasporto della dinamite, regolamenti la cui rigorosa applicazione annulla quasi ìa facoltà di trasporto della dinamite sulla ferrovia. Essa contiene dichiarazioni di Ascanio Sobrero, inventore della ni troglicerina, della Capitaneria delle miniere dell’Im pero d’ Austria-Ungheria, del colonnello Beck, pre sidente del Comitato militare tecnico e amministrativo dell’ Impero austro-ungarico, i quali tutti affermano che la nitroglicerina non è spontaneamente esplosiva e non presenta pericoli nel trasporto. Si ha un’ altra prova di ciò nel fatto che nel 1878 vennero tra sportati per ferrovia circa sette milioni di chilogrammi di dinamite senza che si verificasse la benché me noma disgrazia.
Nella ferrovia è lasciato all’ arbitrio degli impiegati di mettere la dinamite, finora non contemplata nella classificazione delle materie infiammabili, nella 3a o nella 4a categoria, secondo la loro maggiore o mi nore paura. Ne resulta che spesso gli impiegati giu dicano addirittura impossibile il trasporto.
Per trasportare la dinamite da Avigliana si esige una combinazione tale di circostanze, che si può con siderare quella stazione come non esistente per la dinamite. La Società è costretta a far condurre le merci con ¡spese enormi per mezzo di barrocci a Torino, ove, stante il gran movimento di treni, è più facile trovar la combinazione di circostanze volute. E, anche a Torino, si inceppa quasi il trasporto con enormi esigenze.
La Società di Avigliana domanda quindi migliori disposizioni e maggiori agevolezze pel trasporto della dinamite, diventata ormai un importante ramo del nostro commercio, e presenta ancora parecchie os servazioni riguardo ad altri prodotti chimici, come, ad esempio, il cotone collodione umido.
L’ avv. Levi Samuele viene a parlare sul personale degli impiegati, insistendo sulla necessità che gli impiegati sieno contenti per fare un buon servizio.
La Commissione, dice l’avv. Levi, avrebbe dovuto chiamare segretamente alcuni impiegati inferiori per intendere quelle lagnanze che non è loro concesso di fare in pubblico, e che sono costretti ad esporre per bocca di un legale.
Per far contenti gl’ impiegati sono necessarie le condizioni seguenti :
Miglioramento degli stipendi non essendo essi ora sufficienti ;
Abolizione d’ ogni disparità di trattamento per cui allo stesso lavoro non corrisponde lo stesso stipendio;
Agevolezze pei viaggi ; Migliori condizioni dei locali;
Diminuzione della ricchezza mobile o elevazione degli stipendi in proporzione della ricchezza mobile;
Abolizione della sospensione delle promozioni per cui si condannano gli impiegati alla immobilità;
Compenso al lavoro straordinario, che dovrebbe esser pagato in modo tollerabile e senza differenza fra impiegati inferiori o impiegati superiori;
Ammessione di un legale nell’ ufficio reclami, non essendo lodevole che il contenzioso sia nelle mani di persone che non hanno i rudimenti della scienza legale ;
Abolizione del sequestro sugli stipendi degli im piegati a favore dei loro creditori, sequestro che me noma gli stipendi in modo esorbitante; adozione a questo riguardo della legge del 1864 che dichiara inalienabili gli stipendi degli impiegati dello Stato;
Reintegrazione degli impiegati appartenenti alla milizia mobile che furono dalia Società dell’Alta Ita lia ingiustamente esclusi dall impiego dopo aver ser vito il paese ;
Aumento della pensione di riposo degli impiegati 0 abbreviazione del termine che dà diritto alla pen sione, mediante una maggiore ritenuta sugli stipendi.
Challier, negoziante in derrate alimentari, fa delle
osservazioni sulle tariffe nel servizio cumulativo, e domanda l’ abolizione delle tariffe di favore, ma la adozione di una tariffa normale minore per le der rate alimentari e di una diminuzione del tempo di resa sulle merci.
Besso Vincenzo, impiegato nella ferrovia ai ma
gazzini, parla un po’ di tutto : dei magazzini, del con trollo, di tutti i rami del servizio. Domanda la riat tivazione delle officine di Savigliano, tuonando contro 1 vandali che nella amministrazione delle ferrovie dell’ Alfa Italia entrarono da francesi ed uscirono da spagnuoli.
Babbi, macellaio, domanda maggiori agevolezze
nel trasporto del bestiame, e specialmente invoca la attivazione di uno speciale servizio fra la stazione di Porta Nuova ed il Foro boario.
Marocco Michele, negoziante in derrate alimentari,
si lagna che non siano state accolte le domande da lui sporte per ottenere un trattamento uguale a quello di Cirio. Gli si offrì bensì di fargli parità di tratta mento, salvo nell’ art. 16 del contratto Cirio riguar dante il deposito cauzionale. A lui si domandarono lire 150,000 di cauzione, mentre Cirio ne depose soltanto 25,000. Ciò ha inspirato in lui la convin zione che I amministrazione abbia proprio voluto creare un monopolio a benefizio di Cirio.
Il negoziante Marocco domanda insomma che sia a tutti concessa la tariffa speciale di cui gode Cirio.
Presenta alla Commissione le lettere di rifiuto man dategli dalla Amministrazione.
Asserisce che Cirio spedisce per contro altrui e crede avere la prova che merci spedite da Saluzzo per conto di Cirio furono vendute da altri a Bologna. Il comm. Brioschi gli fa osservare che quella era una supposizione e non una prova.
fi prof. G. B. Am ando, discorre sulla questione del sequestro dello stipendio agli impiegati delle fer rovie.
L’ E C O N O M IS T A 347 1« giugno 1879
sequestri, mantenendo l’usura consenziente l’Ammi nistrazione, è una immoralità in un pubblico ser vizio. Ma gli impiegati, cioè quelli di essi che hanno sollevata la questione, domandano l’applicazione della legge del 1864, a cui, sulla riflessione che il diritto privato soccombe davanti al diritto pubblico, fu data forza di retroattività. Essi domandano, in sostanza, di essere posti in condizioni di pagare o non pagare i loro debiti a loro piaciménto. Molti pagherebbero coscienziosamente, taluni potrebbero non pagare quando è tolta 1’ unica malleveria che abbiano i cre ditori.
Il governo deve mettere gli impiegati che hanno male intenzioni nella impossibilità di mancare alla loro Arma, facendo disonore e pregiudizio al corpo intiero degli impiegati. Non si accettino più per l’ avvenire contratti portanti sequestro, ma si fac ciano rispettare gli impegni già contralti. Se è una immoralità l’ usura, non sarebbe immoralità minore il mancare ad una convenzione accettata e firmata per quanto gravosa.
Una ingerenza governativa è ammissibile tutto al più in senso conciliativo, per tentare di attenuare le condizioni fatte dai creditori agli impiegati. Ma ciò in via di consiglio e non di diritto.
Il prof. Arnaudo parla ancora della necessità di definire lo stato giuridico degli, impiegati delle fer rovie. Trattasi di sapere se essi sono i commessi di una grande industria, oppure impiegati governativi. Dal momento che, nelle ferrovie si ravvisa preci - puamente il carattere di servizio pubblico, egli è di parere che, quaud’ anche' si venisse all’esercizio pri vato, gli impiegati abbiano a considerarsi come ser vitori del pubblico, e quindi come impiegati gover nativi, e debbano godere di tutti i favori e carichi degli impiegati delle altre amministrazioni dello Stato.
Lo induce specialmente a questo desiderio il pen sare alla posizione degli ex-sotto-ufficiali che con tano per gran parte fra gli impiegati delle ferrovie. Se gli impiegati sono considerati come commessi di una industria, gli anni del loro servizio militare per lo Stato non possono essere computati assieme a quelli del servizio per la Società industriale, e que sto non è giusto. Non ci deve essere discontinuità di servizio nel computo del benefìzio che risulta dall’ anzianità.
Martina Giovanni, impiegato alle officine delle
ferrovie, parla sulla Cassa pensioni, ripetendo le ragioni stesse già deposte il giorno innanzi dall’ope raio Costa. Raccomanda la sorte degli operai delle ferrovie alla Commissione, facendo riflettere che, se l'operaio è sicuro dell’ avvenire, lavora con passione, alacrità e zelo come per cosa propria. Domanda l’ ammissione delle terze classi ai treni diretti, e la riapertura delle scuole speciali alle ferrovie.
Galvanini Girolamo, contabile presso la Società
del dazio consumo, ex-impiegato alle ferrovie parla di una questione puramente personale, con termini così violenti per l’ Amministrazione dell’ Alta Italia ed i nostri tribunali che è invitato dal presidente Briosehi a tacere.
Vay Luigi si lagna del poco lavoro che si dà
all’ industria nazionale, e Robba Pietro domanda anch’ egli il servizio cumulativo per la ferrovia Set timo -Rivarolo.
L’ avvocato Gio. Paolo Basilio si trattiene a par lare delle tariffe di favore, previa dichiarazione che
non intende attaccare in nessun modo la convenzione speciale di cui gode la ditta Cirio.
Egli domanda a nome di parecchi negozianti in derrate alimentari, da nuli’altro animati che dal l’onesto desiderio di emulare il cav. Cirio, di avere, a parità di condizioni, lo stesso trattamento nelle tariffe che si concede al cav. Cirio, cosa che egli dice non fu voluta fare sinora dall' Amministrazione ferroviaria, la quale ad alcuni seri negozianti do mandò una cauzione di L. 430,000, mentre dal Cirio si contentò di una di sole L. 23,000. Nè volle accordare, come si fece al Cirio, la condizione che, quando manchi il minimo dei vagoni che i richiedenti si obbligassero di far viaggiare, il tra- sporto venisse tassato sulla quantità di vagoni effet tivamente trasportati, ma sempre con una tariffa dell’80 per cento incirca inferiore a quella che si paga pei trasporti ordinari.
Dice che una libera concorrenza aumenterebbe i vantaggi dell’ agricoltura e gioverebbe a diminuire il prezzo dei viveri.
Il presidente Briosehi osserva che 1’ avv. Basilio ha affermato cose che potrebbero far nascere nel pubblico delle supposizioni meno esatte.
La richiesta di una cauzione di L. 130,000 era contenuta in una lettera che invitava vari negozianti ad entrare in trattative: non era dunque una condi zione assoluta.
L’ avv. Basilio risponde che anche il signor Cirio fa parte di una società in accomandita.
Il comm. Cenala fa osservare che il deposito di L. 130,000 poteva essere una semplice garanzia pel caso che non si pagassero anticipatamente le tasse di trasporto dell’ anno intero.
L’ avvocati Basilio replica che colla Ditta Cirio si tiene un conto corrente fino a quindici giorni.
Il Presidente dichiara chiusa l’ inchiesta pubblica a Torino.