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Gennaio Pregare in ascolto

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Academic year: 2022

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Pregare … in ascolto

In questo sussidio continuiamo a far riferimento al testo del Cardinal Carlo Maria Martini “Davide peccatore e credente” ed. Centro Ambrosiano Edizioni Piemme, che raccoglie un corso di Esercizi Spirituali da lui predicati.

Alcune guide ne hanno elaborato un sunto.

Settima meditazione DAVIDE E LA CRISTOLOGIA

Introduzione

Con le nostre meditazioni siamo partiti dal principio e fondamento della storia di Davide (che è lo stesso della storia di salvezza e della nostra storia personale), paragonandolo con il Principio e Fondamento degli Esercizi di s. Ignazio.

Siamo poi entrati nella tappa spirituale della prima settimana, riflettendo sul peccato e sul pentimento di Davide per prendere coscienza del disordine che c’è in ciascuno di noi.

Ora incominciamo la contemplazione di Gesù, che apre la tappe della seconda settimana e che inizia con una importantissima meditazione di Cristo, Re universale.

Nel libretto di s. Ignazio questa meditazione viene fatta con l’aiuto della chiamata di un re temporale, per meglio comprendere la vita del Re eterno [EE 91].

È l’invito a conoscere Gesù non solo come un amico o un maestro, ma come colui al quale Dio ha affidato il potere sul mondo e che ci chiede di partecipare alla sua missione, alla sua vita e alle sue sofferenze per giungere a regnare con lui. Conoscere Gesù è entrare nella storia, non soltanto conoscere Dio, l’Essere supremo. E’ entrare in una storia che ha il suo culmine in Gesù Cristo ed è stata preparata da una storia di salvezza. Di fatto Davide, come il popolo ebraico, viene eletto in vista dell’eletto Gesù e affinché tutti in Gesù siano eletti.

Prendiamo lui come re temporale e contempliamo il contenuto cristologico della sua figura, la sua messianicità, per meglio conoscere Gesù Messia.

Procederemo attraverso quattro momenti:

• Rifletteremo su due testi cristologici fondamentali che riguardano Davide: 2 Samuele 7 e il Salmo 89.

• Cercheremo poi di rispondere alla domanda: in che maniera il Nuovo Testamento recepisce la messianicità della figura di Davide?

• In un terzo momento interrogheremo noi stessi: che interesse portiamo per Davide?

• Infine vedremo in che modo dobbiamo contemplare Gesù come colui che perfeziona la fede vetero- testamentaria.

GRAZIA da chiedere: Donami Signore di conoscere tuo Figlio Gesù come il Messia, figlio di Davide, Re dei re, Signore dei signori così da poterlo amare come Dio e seguirlo come Salvatore dell’umanità

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2 Samuele 7

Questo brano di Samuele è il cuore di tutta la storia di Davide, la radice di tutti i racconti che parlano di lui. Dopo la meditazione iniziale: Dio ama Davide, questo capitolo rappresenta la meditazione centrale: Dio fa una casa a Davide e spiega perché la Scrittura menziona continuamente Davide.

— (2 Sam 7,1-3) Davide esprime il proposito di costruire un tempio

— (2 Sam 7, 4-17) Entra in scena il profeta Natan con la risposta sorprendente di Dio: “Forse tu mi costruirai una casa perché io vi abiti? Ma io non ho mai avuto una casa fino ad ora... ho forse mai detto ad alcuno…Perché non mi edificate una casa di cedro?...” (2 Sam 7, 5b-7). C’è qui una certa critica del tempio come luogo dell’Assoluto. La presenza di Dio non è tanto nello spazio sacro, quanto piuttosto nel tempo, cioè nella storia e nelle vicende umane. Così come la linea messianica è temporale e non spaziale.

Poi il Signore riafferma il principio e fondamento, il suo amore eterno a Davide e anche a Israele: “Sono io che ti ho preso dai pascoli, dietro alle pecore... Io sono stato con te in tutte le tue imprese... Io ti farò un nome grande... io lo libererò da tutti i suoi nemici. Il Signore ti farà grande, poiché il Signore ti farà una casa” (2 Sam 7, 8-11).

L’oracolo è solenne: “Il Signore ti farà una casa”.

Non si tratta naturalmente di una casa nel senso di abitazione, edificio, bensì di un casato, di una discendenza.

“Quando i tuoi giorni saranno compiuti e tu riposerai con i tuoi padri, io manterrò dopo di te la discendenza uscita dalle tue viscere e ne affermerò la regalità” (2 Sam 7, 12).

A Davide, per la prima volta, viene rivelato che avrà una discendenza sicura.

“Io sarò per lui un padre ed egli sarà per me un figlio” (2 Sam 7, 14) si riferisce al successore del re ed è la chiave interpretativa di tutta la storia di Davide. La Bibbia di Gerusalemme osserva che si tratta di una formula di adozione ma è anche la prima espressione del messianismo regale: ogni re della dinastia davidica sarà un’immagine (imperfetta, come dice la fine del versetto e nel Sal 89, 31-34) del re ideale dell’avvenire. “Se commetterà il male… Ma non ritirerò da lui il mio favore, come l’ho ritirato a colui che ti ha preceduto. La tua casa e il tuo regno sussisteranno per sempre davanti a me, il tuo trono sarà saldo per sempre” (2 Sam 7, 14b-16). Parole riprese nell’annuncio dell’angelo alla Vergine Maria.

(2 Sam 7, 18-29) La risposta di Davide è una lunga, bellissima preghiera, piena di tenerezza, di gioia, propria di chi avverte di essere stato colmato di tutte le attenzioni divine.

“Chi sono io, Signore Dio, e che cos’è mai la mia casa perché tu mi abbia condotto fino a questo punto? … mio Signore, tu estendi le tue promesse alla casa del tuo servo per un lontano avvenire... cosa potrebbe dirti di più Davide… Signore Dio!” (2 Sam7, 18-20). L’assicurazione che la sua discendenza sussisterà è una finestra aperta sull’eternità ed è dunque una parola meravigliosa.

“È perché tu sei grande, Signore Dio: non c’è nessuno come te e non vi è altro al di fuori di te, come abbiamo udito con le nostre orecchie...” (2 Sam 7, 22). Davide si rivolge sempre al Signore Dio, e ne canta le lodi, ne esalta la grandezza, con spirito di umiltà, di compunzione, di fiducia.

Al v. 25 inizia la preghiera di conferma. S. Ignazio, negli Esercizi, raccomanda, dopo che si è compiuta l’elezione, di andare a pregare con molta diligenza il Signore perché voglia riceverla e confermarla [EE 183].

“Ora, Signore, conferma per sempre la promessa che hai fatto al tuo servo e alla sua casa e agisci come tu hai detto...

Sì, Signore Dio, tu sei Dio, le tue parole sono verità e tu fai questa buona promessa al tuo servo” (2 Sam 7, 25. 28).

Quando Gesù, nella preghiera al Padre, dice: “La tua parola è verità” (Gv 17, 17), possiamo leggere non soltanto la verità teoretica, ma le sue promesse: la tua parola è stabile, tu mantieni tutto ciò che prometti.

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Salmo 89

Il Salmo 89, scritto più di cinquecento anni dopo la promessa davidica, riprende tutto il capitolo di Samuele. La promessa rimane vivissima nonostante il momento di buio che sta vivendo il popolo di Israele. Non c’è più re, né tempio, né sacerdote, tutto è scomparso. Il salmista però ripensa la presente situazione alla luce della parola di Dio a Davide. È dunque un grande atto di fede: “Non sappiamo come, ma certamente le tue promesse ci sono”.

Inizia con un preludio: “Canterò senza fine l’amore del Signore, di età in età la mia parola annuncerà la tua fedeltà”

(vv. 2-3).

Viene poi ricordata la promessa: “Ho stretto un’alleanza con il mio detto, / ho giurato a Davide mio servo: / Ho stabilito per sempre la tua discendenza, / ti ho costruito di età in età un trono”(vv. 16-19).

Segue un lungo inno al Dio creatore per esprimere la certezza che quel Dio che ha promesso a Davide è lo stesso che ha creato i cieli e perciò non può smentirsi.

Al v. 20 è ripreso l’oracolo messianico, allargandolo. Tu, che hai creato i cieli e che tieni in mano tutto l’universo, tu o Dio “un tempo, in visione, hai parlato dicendo :/ Io ho portato soccorso a un prode / ho esaltato un eletto del mio popolo.

/ Ho trovato Davide mio servo, / l’ho unto con il mio santo olio; per lui la mia mano sarà salda, / il mio braccio lo renderà forte / ... Egli mi invocherà: Tu sei mio padre, / mio Dio e roccia della mia salvezza! / io lo costituirò mio primogenito...

Per sempre gli conserverò il mio amore / ...La sua discendenza durerà in eterno, / e il suo trono come il sole davanti a me, i come la luna salda per sempre… / testimone fedele nel cielo” (vv. 20-38).

A questo punto viene introdotta un’angosciante domanda: “Ma tu lo hai respinto e ripudiato, ti sei adirato contro il tuo unto; / tu hai rinnegato l’Alleanza del tuo servo, / hai profanato nel fango il suo diadema. / Tu hai abbattuto tutte le sue mura, / hai rovinato le sue fortezze; / tutti i passanti lo hanno depredato, / e i suoi vicini lo hanno fatto oggetto di insulto”

(vv. 39-45).

La prova che il popolo vive è descritta con parole drammatiche, ma la domanda non ha risposta: “Fino a quando, Signore, continuerai a tenerti nascosto / brucerà la tua collera come fuoco? / Ricordati di me, di quanto poco dura mia vita, / perché quasi un niente hai creato i figli di Adamo / ...Dove sono le primizie del tuo amore, Signore? / Tu hai giurato a Davide sulla tua fedeltà. / Ricordati, Signore, dell’insulti ai tuoi servi; / porto nel mio cuore tutte le ingiurie dei popoli; / così i tuoi avversari, Dio, hanno insultato, / così hanno insultato i passi del tuo unto” (vv. 39-52).

Il Salmo termina con questo sguardo oscuro sulla storia, però c’è a conclusione un’ultima parola: “Benedetto sia Dio in eterno! / Amen! / Amen!” che esprime molto bene lo spirito ebraico: Anche se tutto va male, Dio sia benedetto in eterno!

La promessa è viva nella coscienza più profonda del popolo d’Israele.

La messianicità di Davide nel Nuovo Testamento

Nel Nuovo Testamento il trono di Davide non c’è più, il regno di Israele è scomparso, il popolo vive una condizione di umiliazione, eppure ci sono almeno cinquantanove citazioni che si riferiscono esplicitamente alla promessa davidica.

Ne citiamo alcune.

— Lc 1, 32-33. L’angelo Gabriele dice a Maria, parlando del figlio che concepirà: “Sarà grande e sarà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre; egli regnerà sulla casa di Giacobbe per sempre e il suo regno non avrà mai fine”. E una parola formidabile per la storia di Israele: Gesù realizza la promessa. E il riferimento dell’angelo è esattamente ai versetti del Salmo 89.

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— Lc 1, 68-69. Zaccaria, pur non sapendo nulla dell’annuncio a Maria, coglie, nei suoi piccoli avvenimenti familiari, un segno che Dio mantiene le antiche promesse. “Benedetto sia il Signore, il Dio d’Israele, / che ha visitato e liberato il suo popolo, / e ha suscitato una potenza di salvezza / nella casa di Davide suo servo, / così come egli aveva promesso / per bocca dei suoi santi profeti di un tempo”. Dio aveva detto: “Ti farò una casa” e ora in questa casa è germogliata la salvezza.

— Mc 10, 47-48. Il vangelo come la gente semplice, povera, crede al mito di Davide ed è pronta a mettere la speranza sulla persona che appare la più indicata a sostenerla.

Marco racconta che Gesù sta andando verso Gerusalemme, arriva a Gerico e incontra Bartimeo. Quando il cieco sente che c’è Gesù il Nazareno si mette a gridare: “Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!... Figlio di Davide, abbi pietà di me!”.

— Mc 12, 35-36. Gesù stesso conferma la sua relazione con Davide, per superarla, non per negarla: “Prendendo la parola, Gesù diceva insegnando nel Tempio: “Come gli scribi possono dire che il Cristo è figlio di Davide? E proprio Davide che dice, ispirato dallo Spirito santo: Il Signore ha detto al mio Signore: siedi alla mia destra finché io ponga i tuoi nemici davanti ai tuoi piedi. Davide in persona lo chiama Signore: come può essere suo figlio?”. La gente era molto contenta che si richiamasse tutto il messianismo davidico con una nuova dimensione, impensata: poteva essere figlio, ma più grande di Davide. Questo mostra che esisteva, al tempo del Nuovo Testamento, non solo tra gli ebrei ma tra i cristiani, il senso della messianicità e davidicità messianica di Gesù.

— Mc 11, 9-10: “Quelli che camminavano davanti, e quelli che seguivano, gridavano: ‘Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Benedetto sia il Regno che viene, del nostro padre Davide! Osanna nel più alto dei cieli!’”.

Il regno che viene del padre Davide è visto in Gesù che appare con le caratteristiche di quella speranza che non era mai venuta meno.

Infine per far vedere come questa interpretazione continua, riportiamo un testo della predicazione primitiva

—At 13, 22-23. 32-34. Paolo parla ad Antiochia e ricorda le grandi gesta di Dio a favore del suo popolo. Ricorda il tempo dei Giudici, il profeta Samuele, il re Saul, e dice: “Dopo averlo scartato, Dio suscitò per loro Davide come re.

E a lui che rese questa testimonianza: ‘Ho trovato Davide, figlio di Jesse, uomo secondo il mio cuore, che compirà tutti i miei voleri’. È dalla sua discendenza che, secondo la sua promessa, Dio ha suscitato per Israele Gesù come Salvatore... E noi vi annunciamo la Buona Novella: la promessa fatta ai nostri padri, Dio l’ha compiuta in nostro favore, per noi loro figli: egli ha risuscitato Gesù... Che Dio l’abbia risuscitato dai morti e che egli non debba più ritornare alla corruzione, è proprio quello che aveva dichiarato: Io vi darò le cose sante di Davide, quelle che sono vere”.

Le cose promesse a Davide sono sante e non possono venire meno. Non capivano come si sarebbero realizzate; ora sappiamo che si sono realizzate nella risurrezione di Cristo.

Che interesse abbiamo per la figura di Davide?

Interroghiamoci sull’interesse, anzi sull’amore che noi portiamo a Davide.

Forse la sua figura ci interessa poco. Riteniamo che riguardasse gli Ebrei, i quali giustamente si rallegravano della promessa. Dal momento però che noi crediamo a Gesù Figlio di Dio, il passato non ha più importanza. Consideriamo Gesù come Dio e le realtà per cui ci battiamo, dalla giustizia all’umanitarismo, come realtà che riguardano soltanto gli uomini.

Ci sfugge così il concetto di Messia e viene a mancare l’ampiezza storica dell’economia della salvezza. Cristo per noi è l’altro nome di Gesù. Ci sfugge il concetto di storia della salvezza. Storia che teoricamente avrebbe potuto non essere,

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perché la storia è azione libera di Dio, è libertà di Dio, è il suo amore senza limiti, è imprevedibile.

Capire che Gesù è Figlio di Dio messianico, capo dell’umanità nuova richiede una percezione di Dio che assume il nome di Trinità: Padre, Figlio incarnato per noi e Spirito operante. Trinità colta prima nella storia e poi contemplata nella sua essenza: l’Essere di Dio è Trinità e noi lo scopriamo accettando il suo intervento nella storia. Opera tangibile per noi negli esercizi.

La profezia dell’oracolo davidico, solo nel Cristo trova la sua pienezza, così come solo in Lui trova risposta il mistero della colpa, della pena e della redenzione.

Essere figli di Abramo vuoi dire partecipare alla speranza di Abramo e di Davide, che è Gesù, capo di un popolo, di una umanità storica, di un popolo nuovo. Non amiamo Davide perché non amiamo Gesù in tutta la completezza della sua realtà.

Il messianismo davidico è storico personale: il Messia cioè si trova in una discendenza e in una persona. Gesù riassume in sé tutti i diversi messianismi portandoli nella dimensione divina: Dio si comunica talmente all’uomo da suscitare l’uomo perfetto, Gesù Figlio di Dio, capo dell’umanità, speranza e centro di tutta la storia, sintesi di tutte le aspirazioni umane autentiche.

Per capire quali sono le aspirazioni umane autentiche, però, dobbiamo partire da ciò che Gesù Figlio di Dio rappresenta con la sua vita.

Allora la nostra cristologia non sarà più ideologica o razionale o umanistica, come spesso accade, ma sarà cristologia biblica.

Come contemplare Gesù

L’autore della Lettera agli Ebrei ci aiuta a capire Gesù come Messia e che cosa significa per il suo popolo e per l’umanità.

Dopo aver ricordato i grandi padri nella fede, da Abramo a Mosé, dai Giudici a Davide, scrive: “Ecco dunque perché anche noi, circondati da una così grande nuvola di testimoni, dobbiamo rifiutare ogni peso e il peccato che ci assedia, e correre con perseveranza la prova che ci è proposta, fissando i nostri occhi sul capo della nostra fede, colui che la porta a perfezione, Gesù, che al posto della gioia che gli era posta davanti, si sottomise alla croce, di cui disprezzò la vergogna, e che è ormai assiso alla destra del trono di Dio” (Eb 12, 1-2).

L’autore parla di una nuvola di testimoni per avvertirci che non siamo soli nella corsa: tutto un popolo è con noi e ci aiuta, funge da grande testimone presso il Cristo.

— Nell’itinerario di questo popolo, noi siamo chiamati prima di tutto a “deporre ogni peso e il peccato che ci assedia”.

— In un secondo momento dobbiamo “correre con perseveranza la prova”. È la prova di cui parla s. Ignazio nella chiamata del re: «Chi vorrà venire con me dovrà essere contento di mangiare come io mangio, e così per il bere e per il vestire...; dovrà faticare con me giorno e vegliare di notte... » (SP 25).

— Dobbiamo fissare “i nostri occhi sul capo della nostra fede, colui che la porta a perfezione”. Gesù è colui che dà inizio al grande cammino del popolo della fede, che parte da Abramo, e lo fa culminare nella sua croce e risurrezione.

A lui dunque si riconduce tutto l’itinerario della fede di cui gli antichi sono i primi testimoni.

Cosa fa perciò Gesù come perfezionatore della fede dell’Antico Testamento?

— Ci libera dal peccato di Davide, della nostra umanità cattiva; ci libera dal peccato sociale, dall’ingiustizia, dalla schiavitù, eccetera.

— Porta a perfezione le virtù di Davide, testimone intrepido della fede.

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— Insegna al suo popolo a entrare nelle prove di Davide e a superarle, come le ha superate lui.

— Raggiunge e compie la speranza intravista da Davide: la pace, il Regno presso Dio.

E io? Amo Gesù come il Cristo?

Aiutaci, Signore,

a capire ciò che tu sei per questo popolo che è il tuo, e quello che sei e vuoi essere per il tuo popolo messianico,

che è lo stesso delle promesse, a te donato nella croce e nella risurrezione.

Maria, figlia di Davide, figlia di Sion,

fa’ che possiamo entrare in questa prospettiva

per integrare nella nostra fede l’intera storia di salvezza contenuta nella Bibbia.

Donaci di comprendere che l’Antico Testamento non è un libro facoltativo e preliminare, bensì è parte della nostra educazione a contemplare la pienezza

rivelata in Gesù, il Cristo, Signore, Figlio di Dio’.

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