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AGEVO - Associazione Guide Evo. Pregare in... ascolto

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Academic year: 2022

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Gennaio 2015

Pregare in... ascolto

Per la preghiera quotidiana stiamo continuando a seguire l’itinerario proposto dal Card. Carlo Maria Martini nel testo: “Gli Esercizi Ignaziani alla luce del Vangelo di Giovanni” ed. Adp. In questa propo- sta di meditazione non troverete il testo del Card. Martini, ma un sunto preparato da alcune guide EVO.

IntroduzIone

Siamo entrati nella Seconda Settimana degli Esercizi. Con l’Annunciazione, la settima medita- zione ci accompagna ad entrare nel mistero dell’Incarnazione aiutandoci a metterci in adorazione, in contemplazione, di fronte al “Verbo da poco incarnato” per ciascuno di noi nel grembo di Maria. Predi- sponiamoci spiritualmente ad esprimere a Gesù, nel colloquio che sgorgherà dalla contemplazione, il desiderio profondo che ci sale dal cuore, la nostra lode ed il nostro ringraziamento, per essere nato per amore al Padre ed all’uomo, e venuto tra noi ed in noi per salvarci dal male.

La riflessione meditativa che il Card. Martini ci propone in questa e nelle future meditazioni, ci consenti- rà di scoprire il significato delle singole realtà che costituiscono l’intera vita di Cristo. Avremo la preziosa opportunità di integrare, di ravvivare e di gustare in forma diversa il contatto affettivo vissuto nella Se- conda, Terza, Quarta Settimana degli EE.SS. ignaziani, in corrispondenza dei vari momenti concreti della vita di Gesù incontrati nel cammino E.V.O.

Significativa è inoltre l’istruzione che il Card. Martini dà sulla preghiera e sulla meditazione che ci con- sentirà di ritrovare i “gemiti inesprimibili dello Spirito”. Spirito presente in noi che suscita il desiderio di Dio e l’ansia dei desideri nei quali Dio è presente per trasformarci la vita.

Molto utile sarà il riprendere in mano la S.P.22 che spiega il metodo della contemplazione.

SettIMA MedItAzIone IL MIStero dI dIo trA noI

GrAzIA dA chIedere:

o Signore, donami la consapevolezza interna del cristo Gesù, del Verbo di dio che per me si è fatto uomo, perché lo ami e lo segua e aiutami a riconoscere la Sua presenza spirituale nella storia e nella vita di ogni giorno.

una prima meditazione

Il Card. Martini presenta questa meditazione ispirandosi un po’ ad alcuni scritti che lo hanno particolarmente interessato di Madeleine Delbrel in quanto ha visto in lei l’esperienza di una persona che ha “vissuto”, piuttosto che scrivere. Tutte le sue opere sono infatti postume. Da giovane ha fatto un’esperienza di ateismo, poi ha avuto un fortissimo senso di Dio, mistico, altissimo. Nel contempo ha svolto un servizio sociale in un sobborgo comunista di Parigi e, insieme, ha riflettuto sul tema ”L’assolu- tezza di Dio e l’ateo”.

La nostra situazione attuale

Il punto di partenza di questa riflessione si potrebbe vedere nei cristiani di Efeso: l’ambiente, il mondo in cui vivono, profondamente religioso, che vede ovunque la presenza di Dio e desidera vederla.

Questo punto di partenza si può allargare, considerando innanzitutto l’ardore dei mistici di ogni religio-

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Sussidi per nutrire la preghiera personale dopo gli Evo

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ne, di ogni credo religioso, il loro desiderio di vedere Dio e la sua gloria.

Leggiamo questi passi:

Es 33, 13-20. Mosè disse al Signore. “Se davvero ho trovato grazia ai tuoi occhi, indicami la tua via, così che ti conosca”. Dimmi cosa debbo fare, in questo disorientamento in cui mi trovo. Ma dietro a questo ce n’è un altro: “Che io ti conosca”. Poi nel v. 18 si fa strada: “Gli disse: mostrami la tua Gloria”. Rispose: ”Farò passare davanti a te tutto il mio splendore, proclamerò il mio nome-Signore- davanti a te. Ma tu non potrai vedere il mio volto, perché nessun uomo può vedermi”.

Sal 63,2. “O Dio, tu sei il mio Dio, all’aurora ti cerco. Di te ha sete l’anima mia. A te anela la mia carne, come terra deserta, arida, senz’acqua”. Potremmo dire che qui c’è probabilmente la ricerca dell’aiuto di Dio al primo livello, nella situazione di difficoltà.

Oppure il Sal. 42,2-4: “Come la cerva anela ai corsi d’acqua, così l’anima mia anela a te, o Dio.

L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente. Quando verrò e vedrò il volto di Dio?”. E’ chiaro che anche qui c’è bisogno dell’aiuto di Dio e che Dio si manifesti con il suo aiuto.

L’anelito dei mistici di ogni religione è vedere Dio e vedere la sua gloria. Pertanto, nella medi- tazione dovremmo leggere questi brani sentendo ciò che si muove in noi quando li leggiamo, cioè spec- chiandoci in questi desideri profondi, perché si suppone che sia proprio questo l’anelito di ogni uomo nella sua componente religiosa: la visione e il desiderio di Dio.

AMbIGuItà deLL’ASPIrAzIone reLIGIoSA

Percepita in noi questa realtà, possiamo riflettere così: questo desiderio di vedere Dio, che è l’a- nelito di ogni uomo in quanto religioso, è anche il principio di ogni aberrazione religiosa. Si cerca in modi diversi di tenere nelle proprie mani qualcosa di assoluto. Ideali assoluti: giustizia, libertà, liberazione, pace;

caratteristica questa del mondo occidentale. All’opposto nel mondo orientale e sempre come aberra- zione del fondamentale desiderio di vedere Dio, c’è la tentazione di panteismo cioè di sacralizzare tutto perché allora Dio è tutto, è toccato continuamente, siamo immersi nel divino. Proprio l’inquietudine di vedere il volto di Dio porta a queste forme di assolutizzazione sia negli ideali, darsi totalmente ad alcuni valori, sia nella forma panteistica, sacralizzare tutto ciò che ci circonda. Ciascuno di noi vive in qualche modo questo dualismo: ci si impegna, ma resta sempre un’amarezza di insoddisfazione, di incompletezza, quello che si dice “l’amaro in bocca”, oppure proviamo anche la gioia dell’essere impegnati e cioè di vede- re qualcosa di assoluto e sentirselo vicino. Sta qui la riflessione sul messaggio di Giovanni quando nel suo vangelo scrive la domanda di Gesù ai discepoli “che cosa cercate?” Cerchiamo di rendere per noi attuale oggi questa domanda per capire, con l’aiuto dello Spirito, che cosa realmente chiediamo quando, con S.

Ignazio, domandiamo “Datemi, Signore, di conoscere Gesù che per me si è fatto uomo”.

IL MeSSAGGIo dI GeSù SuL PAdre (16,25; 17,26)

Passiamo ora al secondo momento di questa riflessione: il messaggio di Gesù sul Padre. Gesù, al termine della sua vita, non parla più in similitudini, ma dice: ”Vi parlerò apertamente del Padre” (16,25) e “Padre, ho manifestato il tuo nome” (17,26). Potremmo dire che il messaggio di Gesù ha in Giovanni un oggetto solo: Dio, il Padre, il Padre suo. Nelle sue parole trova soluzione la ricerca che fin dal Vecchio Testamento ogni uomo ha fatto: “Facci vedere il volto di Dio” (Mosè – Salmi), “mostraci il Padre (14,8)”:

“Chi ha visto me ha visto il Padre (14,9)”. E allora ogni atteggiamento di Gesù è rivelazione del volto e dell’a- more del Padre per ciascuno di noi. Tutte le situazioni di difficoltà della nostra vita trovano soluzione nel comportamento di Gesù: alla ricerca di Dio, Lui ci dice “Venite e vedrete”, trova la soluzione all’imbarazzo di Cana, dissipa le tenebre del cieco nato, ridona al paralitico la capacità di camminare.

E’ Dio tra noi e in Lui possiamo contemplare l’amabilità di Dio Padre per noi. Ci manifesta Dio che è Dio per noi, Dio che ci dà quanto ha di più caro, Dio che ci ama malgrado la nostra miseria, Dio che ci

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aiuta anche quando riteniamo di essere abbandonati da Lui.

E’ questo un messaggio trasformante: io sono amato da Dio e Dio dà a me quanto ha di più caro, il Suo Figlio che “per me” si è fatto uomo, è vissuto fra noi e ha dato la sua vita per noi. Questo è il messaggio di Gesù, il messaggio essenziale della sua presenza fra noi.

GeSù cI chIAMA Ad eSSere In LuI

Il messaggio, ovviamente si dilata, e qui possiamo prenderne in esame solo qualche aspetto. Gesù non è solo Dio tra noi, ma ci chiama ad essere noi in Lui. Quindi ciascuno di noi è amato da Dio, è cercato, è desiderato e accolto, è percepito nella sua solitudine, ma Dio ci invita ad una comunione e comprensio- ne tra noi in Gesù che viene “per radunare i figli di Dio dispersi” (11,52). Noi quindi amati da Lui e insieme chiamati a vivere in Lui. Noi in lui, e lui nel Padre (14,20; 17, 21-23). E poiché siamo in Dio, la nostra vita sulla terra si rivela come vita filiale, fraterna: riconoscendoci amati da Dio, ci possiamo amare gli uni gli altri. Pertanto, l’opera del Verbo tra noi è una comunione di persone, tra loro e con Lui, nel Padre.

Un altro aspetto del mistero del Verbo fatto uomo per me, che possiamo meditare è il mistero del servizio. In Gv 13 si apre una serie di riflessioni inerenti all’umiltà di Gesù: “Sapendo che il Padre gli ha dato tutto in mano (la pienezza della sua unione col Padre e il suo potere), si alza da tavola e comincia a servire.”

Sant’Ignazio ha colto perfettamente questo rapporto tra la gloria del Dio tra noi e l’umiltà dell’apparizione umana di Gesù: “…seguirlo nelle fatiche…nella pena…nel sopportare ogni ingiuria e vituperio…” [EE.

SS. 93s]. Nel suo Vangelo Giovanni mette in luce l’azione del Dio glorioso tra noi quando sana, illumina, discute, ribatte e vince.

Tuttavia se esaminiamo con attenzione come Giovanni ci presenta la vita di Gesù, vediamo una vita pic- cola, a contatto con gente semplice, tra episodi di meschinità, in una situazione di insignificanza sociale e politica scandalosa conclusa con una morte oscura. In tutto ciò Giovanni dice: “Ho visto la gloria di Dio”.

E sta proprio qui il mistero del servizio di Gesù, servizio nel quale non c’è solo lo scandalo della croce, ma anche lo scandalo della sua vita intera. Ed è qui che contempliamo il Dio tra noi che si rivela come Dio na- scosto e servitore e che risponde concretamente al nostro desiderio profondo ed alla nostra invocazione:

“Mostrami, o Signore, il tuo volto, mostrami la tua gloria”.

IStruzIonI SuLLA PreGhIerA e SuLLA MedItAzIone (rm 8,16; rm 8,26-27; Gv 14, 16-20)

Al punto in cui siamo giunti con questo cammino, il Card. Martini ritiene utile fornirci una riflessione sulla preghiera e sulla meditazione, per ripensare il cammino percorso e sentire verso quale modo di pregare il Signore ci attira nei giorni successivi, perché, come scrive Sant’Ignazio, stiamo praticando “ogni modo di esaminare la coscienza, di meditare, di contemplare, di pregare oralmente e mentalmente e di altre operazioni spirituali” [EE.SS.1]. Già da qui si può notare la grande varietà degli aspetti che si potrebbero trattare sotto il tema della preghiera.

Nelle sue lettere, in cui dà consigli preziosi sulle cose più minute della vita spirituale a chi gli scrive, e nel libretto degli Esercizi ci sono, infatti, insegnamenti ricchissimi che ci fanno vedere come Sant’Ignazio aveva una profonda esperienza della preghiera, di tutte le possibili sfumature dell’uomo in preghiera. Quindi dobbiamo renderci conto che è opportuno avvicinarci a questo tema sapendo che è un tema delicato, difficile, nel quale si può anche esagerare, non solo per eccesso, ma anche per difetto. Constatiamo come Sant’Ignazio sia concreto nella preghiera, ed anche per noi sarebbe molto utile fare una simile analisi delle nostre preghiere: il come, il quanto, il tempo, l’ora, il giorno, la notte, la devozione in ciascuna di esse.

Vediamo ora l’orazione di discernimento e l’orazione per gli altri. Sant’Ignazio insiste

molto sulla “preghiera di discernimento” quando si tratta di interrogarsi per trovare

esattamente la volontà di Dio, per sapere cosa fare, soprattutto quando si tratta di decidere in

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una situazione molto difficile. Sul tema “orazione per gli altri”, Sant’Ignazio insiste molto che sia praticata un’abbondante preghiera universale, e la raccomanda in moltissime occasioni, in quanto con le preghiere, con i sacrifici, con le Messe bisogna aiutare le opere apostoliche e le persone, soprattutto quelle che rivestono responsabilità comunitarie, raccomandandole a Dio, confidando in Lui e ponendo in Lui la speranza.

Chiediamoci: Come realizzo in me e a che punto sono con la preghiera di discernimento e con la preghiera apostolica? Come in esse seguo la mozione dello Spirito?

Teniamo presente che la spiritualità ignaziana non è basata su un ascetismo di orazione prolungata, bensì su una pratica apostolica che nasce da un’intensa comunione e continua familiarità con Dio. Familiarità che si acquista attraverso esercizi di pietà rigorosi, che si rinnova in momenti di preghiera precisi e che, ad un certo punto, deve esprimersi con le opere. Il Card.

Martini innesta l’ultima parte di questa sua istruzione parlando della meditazione. Spera di sbagliarsi pensando che si prega abbastanza, ma che si medita poco, ossia che non si pratica una profonda meditazione quale sembrerebbe richiesta per un’esperienza spirituale esigente. Per questo occorre distinguere la meditazione naturale dalla meditazione religiosa.

La meditazione naturale è un’esperienza che tutti facciamo e che difficilmente è definibile.

E’ il raccoglimento, la concentrazione, o il possedersi, ma insieme dimenticarsi di sé che sono espressi dall’esperienza di chi raccoglie verso un “centro”, verso l’interno gli elementi periferici che sono dispersi. Sentiamo che abbiamo delle forze (fantasia, volontà, intelligenza, emozioni, azione) e che abbiamo la possibilità di concentrarle (come ad esempio la tigre che si concentra per il salto). Oppure se, ad esempio, in montagna ci inoltriamo in un bosco e da soli, ad un certo punto percepiamo un senso di dimenticanza di tutto ciò che c’è e di presenza a noi stessi; una presenza che ci unisce, ci tranquillizza e ci dà forza. Si può fare questa esperienza ascoltando anche un brano di musica, cioè in una forma che si potrebbe chiamare naturalmente un tipo di estasi: dimenticanza di sé, presenza di molte cose confuse, chiarezza, distanza dalle cose e, insieme, un senso di possesso. Se usiamo queste parole “concentrazione, raccoglimento” e le applichiamo al mondo spirituale, vuol dire che sappiamo cos’è questa esperienza. La meditazione naturale è un tipo di esperienza propria di ogni uomo e di cui l’uomo necessita, che sembra coltivata soprattutto nell’Oriente attraverso vari metodi di concentrazione, di possesso di sé.

Inconsciamente la civiltà occidentale ritrova il raccoglimento e la distensione di sé con l’evasione in montagna, in campagna e con le varie forme in cui si cercano questi momenti perché senza di essi alla fine l’uomo si spezza, si rompe. Quindi è somma sapienza saperli ritrovare e riprendere.

Questa tradizione meditativa che nell’Oriente è rimasta bene comune, nell’Occidente è rimasta limitata come cultura specifica nella linea monastica.

Che cosa si intende per meditazione religiosa? Abbiamo definito la meditazione naturale la “concentrazione”, il richiamo delle proprie energie disperse verso il centro. San Giovanni della Croce che scrive in una sua poesia ”O fiamma d’amor viva, che teneramente ferisci nel più profondo centro dell’anima” in un suo testo, molto illuminante a questo proposito, si chiede perché ha scritto “nel più profondo centro dell’anima”? e cos’è il centro dell’anima? E risponde: centro di ogni cosa è ciò a cui ogni cosa tende. Ora il centro della nostra anima è Dio.

Perciò quando rientriamo in noi stessi concentrandoci, ad un certo momento ci

incontriamo con la sorgente del nostro essere, cioè giungiamo al punto in cui l’essere nostro

scaturisce dall’Essere di Dio. Ci incontriamo in quel “Centro” in quel “Luogo” in cui veniamo

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amati dal Padre, nel Figlio, trasformati dallo Spirito, a contatto personale con quella forza divina interiore che ci fa esistere, credere, sperare e amare il Padre, il Figlio e lo Spirito. Ogni nostra meditazione naturale dovrebbe pertanto tendere a realizzare questo ideale di meditazione religiosa, cioè a gustare Dio, fonte del mio essere, che mi attrae, che muove e suscita i miei desideri, trasformando la mia vita. Per cui la preghiera, gradualmente si semplifica in orazione affettiva che giunge al suo termine nella contemplazione e gusto della presenza e dell’azione di Dio in me, il Verbo fatto carne, che si diffonde nella mia vita. Il sentire, il gustare questa realtà è la meditazione religiosa; un sentire attraverso la fede, passando dall’adorazione, alla lode, alla contemplazione, al ringraziamento di questo mistero che ci fa essere nel Figlio e, con Lui, nel Padre.

AutentIcItà e credIbILItà

La ricerca che più dobbiamo seguire con tutte le nostre forze è l’autenticità del nostro abbandono al disegno di Dio. Gesù si offre per aiutarci nel cammino: “chi ha sete venga a me e beva” (7,37) e per accogliere il nostro desiderio, se autentico e in verità, “l’anima mia ha sete del Dio vivente” (Sal. 42,3). E questo dono di acqua viva, che tutti desideriamo ardentemente, lo potremo trovare con la fede solo in Gesù, fonte perenne “ Chi crede in me, dal suo ventre usciranno fiumi di acqua viva” (7,38).

Quante volte ci accorgiamo invece che il nostro parlare e il nostro vivere non sgorgano dal nostro interno, bensì dai libri che abbiamo letto e da ciò che abbiamo ascoltato. In questo caso il parlare è un atteggiamento pensato, studiato e cercato e non frutto spirituale ed umano maturato dalla nostra esperienza di Dio sotto la guida dello Spirito. L’esempio di Maria ci indica la strada:

pochissimi gesti e pochissime parole, ma perfettamente autentici, donati dallo Spirito. Imitando Maria il nostro parlare non sarà più il recitare una lezione, ma sgorgherà spontaneamente dalla nostra esperienza di Dio pensata dall’interno con il dono dello Spirito e vissuta nel quotidiano.

Solo allora la nostra credibilità sarà autentica.

Chiediamo allora allo Spirito il dono della fede e l’aiuto a Maria, modello della ricerca di Dio, che ha trasfuso nelle sue gioie e nei suoi dolori, quella perfetta sete di Dio, che solo Dio può infondere e saziare.

Preghiera

O Signore, con il dono del tuo Spirito, aiutaci a passare per l’esperienza della tua vita, morte, e resurrezione, per comprendere e riconoscere la Tua presenza spirituale nella storia e nella vita di ogni giorno.

Ti chiediamo di aiutarci nel purificare la nostra ricerca di Te, di farla diventare sete vera di Dio, di osare

di compiere il passo della fede, perché ci si riveli la gloria del Signore nelle cose nascoste di questo

mondo.

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