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Academic year: 2021

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4.3 Opzione 2: trattamento di fitodepurazione

Per le piccole medie comunità, come quella di Marina di Pisa, è opportuno rivolgersi a sistemi di depurazione il più possibile semplici, sia concettualmente che funzionalmente, in quanto sono i più affidabili e meglio gestibili e in definitiva anche i più economici. Pertanto, ove è possibile, è sempre conveniente sfruttare sistemi di depurazione naturale che sono i più resistenti a carichi variabili e richiedono la minore qualificazione da parte degli operatori (Masotti, 1996).

E’ stata presa quindi in considerazione la possibilità di effettuare trattamenti terziari attraverso fitodepurazione perché da molti studi e numerose esperienze è risultata un’alternativa molto valida ai trattamenti terziari tecnologici. Proprio per la loro adattabilità alle variazioni di carico idraulico e di sostanze inquinanti, per la loro facile e poco onerosa gestione e per gli evidenti vantaggi di inserimento ambientale rispetto ad altri sistemi, le zone umide artificiali si prestano assai bene come stadio di trattamento terziario o di affinamento degli effluenti di depuratori tecnologici esistenti (Masi, 2003).

La fitodepurazione è un processo naturale, per depurare le acque reflue, che sfrutta i processi di autodepurazione tipici delle aree umide.

L’etimologia della parola fitodepurazione (dal greco phito = pianta) può trarre in inganno nel far ritenere che siano le piante gli attori principali nei meccanismi di rimozione degli inquinanti. In realtà le piante hanno il ruolo di favorire la creazione di microhabitat idonei alla crescita della flora microbica, vera protagonista della depurazione biologica (Romagnoli, 2000).

Gli impianti di fitodepurazione vengono definiti a livello internazionale con il termine “costructed wetlands” che si riferisce a sistemi umidi costruiti artificialmente in modo tale da ottimizzare gli effetti della depurazione sulle acque reflue.

Un interessante censimento da Masi (2003) rileva la distribuzione di impianti di fitodepurazione sia in Europa che in Italia, elaborando una vera e propria banca dati.

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Figura 4.17. Diffusione delle diverse tipologie di impianti di fitodepurazione in Italia (Da Masi, 2003).

Le caratteristiche degli impianti di fitodepurazione che interessano il nostro studio maggiormente sono:

• minimizzazione delle opere meccaniche (il funzionamento prescinde dal massiccio uso di energia elettrica e la manutenzione può essere eseguita da personale non specializzato);

• i costi contenuti dovuti ai bassi costi di esercizio e manutenzione;

• la capacità di adattarsi alle notevoli oscillazioni di presenze che si registrano in queste località di villeggiatura;

• l’impatto paesaggistico che risulta pressoché nullo e, come afferma Vismara (1998), realizzare un impianto di fitodepurazione significa "realizzare un’area che possegga anche valenze paesaggistiche e

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naturalistiche”, aspetto che ben si addice alla vicinanza con il Parco di San Rossore.

I trattamenti di fitodepurazione si dividono in due diverse soluzioni impiantistiche: • sistemi a flusso superficiale (Free Water Surface System - FWS);

• sistemi a flusso subsuperficiale (Subsurface Flow System - SFS).

Gli impianti a flusso superficiale sono dei bacini poco profondi con un substrato in cui radica la vegetazione, e con delle strutture idrauliche che controllano i livelli e che mantengono l’area allagata. La superficie liquida è sopra il substrato. Gli impianti FWS assomigliano ad un’area umida naturale ed oltre a migliorare la qualità dell’acqua hanno una valenza dal punto di vista naturalistico ed ambientale. L’aspetto maggiormente svantaggioso è dato dalla superficie richiesta per il trattamento che è la maggiore rispetto a qualsiasi altro trattamento di fitodepurazione (Egaddi et al., 2000).

Figura 4.18. Configurazione tipica di un sistema di trattamento di fitodepurazione a flusso subsuperficiale (Da Kadlec e Knight, 1996).

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Gli impianti a flusso sub-superficiale sono dei bacini, spesso impermeabili, riempiti con un substrato di materiale inerte. Sono progettati idraulicamente perché il livello dell’acqua rimanga di norma al di sotto della superficie. La direzione del flusso può essere orizzontale oppure verticale. Gli impianti orizzontali (H-SFS) sono in grado di rimuovere i solidi, la sostanza organica e gli eventuali nitrati presenti, mentre, per quanto riguarda la rimozione dell’azoto, occorre utilizzare i letti a flusso verticale (V-SFS) che sono in grado di provvedere anche alla nitrificazione (Egaddi et al., 2000).

Figura 4.19. Configurazione tipica di un sistema di trattamento di fitodepurazione a flusso subsuperficiale (Da Kadlec e Knight, 1996).

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Tra le due tipologie di impianto di fitodepurazione è preferibile utilizzare quello a flusso superficiale per applicazioni dei processi di fitodepurazione come trattamenti terziari a valle di linee biologiche a fanghi attivi, in quanto (Iannelli, 2001):

• la concentrazione di inquinanti inferiore, per effetto dei trattamenti a fanghi attivi, rende l’impatto ambientale nel bacino meno problematico;

• la superficie libera presenta, probabilmente, una migliore efficienza nella rimozione della carica batterica.

4.3.1 Progetto dell’impianto di fitodepurazione

Il trattamento di fitodepurazione è una tipologia di impianto che è bene far funzionare tutto l’anno. Le interruzioni di esercizio provocano la morte della vegetazione per cui per rimettere in funzione l’impianto è necessario ripetere le operazioni di impianto della vegetazione. Si suppone quindi che il costo di manutenzione annua è inferiore al costo di riavvio dell’impianto. Per questo motivo e per maggiore facilità di gestione, si prevede di far funzionare l’impianto tutto l’anno, nonostante l’acqua reflua recuperata vada garantita nel solo periodo Maggio-Settembre (par. 2.3, Cap. II). La portata di progetto risulta la massima portata attualmente effluente dall’impianto di Marina di Pisa ed è pari a 44 m3/h.

Caratteristiche del sito prescelto

.

Come sito dove realizzare l’impianto di fitodepurazione è stata scelta un’area nelle immediate vicinanze dell’impianto di depurazione di Marina di Pisa (Fig. 4.20). La scelta è dovuta sia alla convenienza di effettuare il trattamento di fitodepurazione nelle vicinanze dell’uscita del refluo sia alle caratteristiche di seguito elencate di tale sito.

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Figura 4.20. Indicazione della zona dove collocare l’impianto di fitodepurazione (area gialla).

Il clima

Le temperature registrate negli anni 1951-1996 nella stazione di Pisa – San Giusto rivelano i seguenti dati (fonte La.M.M.A –Regione Toscana):

• il mese più freddo risulta essere Gennaio, mese in cui la temperatura minima ha registrato un valore pari a –13,8° (Gennaio 1985);

• il mese più caldo risulta essere Agosto, mese in cui la temperatura massima ha registrato un valore pari a 38,8° (Agosto 1984);

La piovosità risulta massima nel mese di Ottobre con un’altezza di pioggia mensile pari a 135,5 mm (Fig.4.21).

La presenza di un bacino di fitodepurazione risulta quindi compatibile con il clima temperato della zona di Marina di Pisa.

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Figura 4.21. Diagramma pluviometrico della stazione di Pisa – San Giusto (fonte La.M.M.A -Regione Toscana).

Topografia

L’area nelle vicinanze del depuratore di Marina di Pisa è pianeggiante essendo stata ottenuta dalla bonifica di tale zona. E’ inoltre completamente priva di vegetazione, fattore positivo a livello economico perché risultano nulli i costi per il disboscamento.

Suolo e geologia

Dalla carta geologica risulta che il terreno sul quale sorgerà l’impianto di fitodepurazione è composto da sedimenti interdunale costituiti da limi e sabbie limose, talvolta con depositi superficiali costituito da argille organiche e torbe (Olocene) (Fig.4.22).

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Figura 4.22. Carta geologica (Adattata da carta geologica del Comune di Pisa).

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Dimensionamento.

Per dimensionare l’impianto di fitodepurazione è stato utilizzato il metodo del massimo carico per unità d’area (U.S. EPA, 2000). Questo metodo può essere utilizzato per fornire un dimensionamento estimativo dei sistemi FWS dato un carico di inquinante di progetto. Per esempio, conoscendo il carico di BOD per unità di area, l’atteso valore di BOD effluente può essere stimato utilizzando i dati sulle performance di altri impianti.

Dal manuale sulla costruzione di aree umide per il trattamento di scarichi civili dell’EPA (U.S. EPA, 2000) si riportano le seguenti tabelle (Tab.17):

Parametro

Carico areale

Concentraz. effluente

BOD

45 Kg/ha-d

<20 mg/l

SST

30 Kg/ha-d

<20 mg/l

Tabella 17. Valori del carico areale di diversi parametri (da U.S. EPA, 2000).

Analizzando i dati dei due parametri presi in considerazione nei cinque anni 1999-2003 e parte del 2004 sono stati riscontrati i seguenti valori massimi:

BOD5= 36 mg/l (valore del giorno 14-01-02)

SST = 51 mg/l (valore del giorno 20-10-03)

ARL:= 45 Kg

ha d⋅ Valore del carico areale di BOD5

Q := 1061 m

3 d

Portata massima (Novembre)

A (Q BOD⋅ ) ARL 106⋅ :=

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ARL:= 30 Kg

ha d⋅ Valore del carico areale di SST

Q := 1061 m

3

d Portata massima (Novembre)

A (Q SST⋅ ) ARL 106⋅ :=

A = 17 ha Area minima richiesta per smaltire il SST

Pertanto la superficie totale dell’impianto di fitodepurazione dovrà essere almeno di 1.7 ettari. E’ stata prevista una superficie di 1.8 ettari.

A conferma di quanto trovato per via teorica vi sono numerosi esempi di impianti di fitodepurazione con valutazioni simili di superficie necessaria. Secondo Mazzoni (2003) l’area necessaria per un trattamento di fitodepurazione come trattamento secondario a carico di piccole e medie comunità è pari a 3-4 m2/AE. Se però viene specificato che il trattamento di fitodepurazione è inteso come trattamento terziario, allora si ha una riduzione della superficie necessaria. Dagli studi di Haberl (2003) su un impianto a Strengberg - Austria viene valutata una superficie necessaria di 1-2 m2/AE. Anche secondo Masi (2003) è necessaria una estensione simile a quella prevista da Haberl pari a 1.5 m2/AE. Nell’abitato di Marina di Pisa gli abitanti equivalenti nominali sono 10.000 quindi la superficie necessaria trovata per via teorica risulta in linea con quella riportata dagli autori citati.

Configurazione del trattamento

Tipicamente la fitodepurazione a flusso superficiale è costituita da alcune componenti principali, in particolare è bene predisporre di tre diverse zone (U.S. EPA, 2000) come riportato schematicamente in figura 4.23 e figura 4.24.

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Figura 4.23. Elementi di un impianto di fitodepurazione a flusso superficiale (Da U.S. EPA, 2000).

• Zona 1. Questa zona, completamente piena di vegetazione, risulta principalmente anaerobica e favorisce i processi di flocculazione e sedimentazione.

• Zona 2. Zona ad acque libere dove la vegetazione è presente solo sul fondo sottoforma di piante sommerse. E’ una zona aerobica, ovvero, dove avviene scambio di ossigeno. Sono favoriti i processi di riduzione del BOD e la nitrificazione.

• Zona 3. Zona completamente ricoperta da vegetazione. Zona principalmente anaerobica dove avvengono la rimozione dei SST e la riduzione dell’azoto (denitrificazione).

E’ interessante notare che la presenza di una zona con flusso libero, la zona 2, favorisce la vita acquatica, in particolare dei pesci predatori di mosche e zanzare tra i quali la Gambusia (Bonomo e Pastorelli, 1996) (Fig. 4.24). La presenza di queste specie acquatiche aiuta a mantenere sotto controllo la proliferazione di insetti nell’area umida.

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Figura 4.24. Profilo di una cella di fitodepurazione a flusso superficiale (Da U.S. EPA, 2000).

Lo schema a blocchi delle tre suddette zone è riportato in figura 4.25.

Per motivi di flessibilità operativa e per rendere possibile i normali interventi di manutenzione abbiamo impostato lo schema su due linee parallele perfettamente identiche. Questa disposizione è importante anche nel caso che si verifichino eventi inattesi come la morte della vegetazione, perdite nell’argine o altro (Kadlec e Knight, 1996). ZONA 2 ZONA 2 ZONA 1 ZONA 1 ZONA 3 ZONA 3

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Scelta delle piante

Selezione specie

I criteri che abbiamo utilizzato per la selezione delle piante più adatte al sistema depurativo sono:

• Adattabilità al clima locale; • Elevata attività fotosintetica;

Elevata capacità di trasporto dell’ossigeno; • Semplicità di gestione.

Per le zone con vegetazione emergente (zona 1 e zona 3) abbiamo selezionato la

Phragmites australis, tipologia tra le più comuni di idrofite emergenti (Fig. 4.26). Le

idrofite emergenti sono piante radicate in un substrato che può essere saturo d’acqua ovvero completamente sommerso e sono caratterizzate da avere gambi, foglie ed organi riproduttivi aerei. Esse sono perenni e sono dotate di un esteso sistema di rizomi e di radici diffuso nel substrato (Bonomo e Pastorelli, 1996).

Le idrofite emergenti sono piante originariamente terrestri che hanno sviluppato buone capacità di sopravvivere in ambiente acquatici o comunque su substrati saturi d’acqua. Pertanto, come le piante di habitat terrestri, sintetizzano il carbonio atmosferico ed i nutrienti assunti attraverso il proprio apparato radicale. Esse possiedono però un sistema di vuoti di volume pari al 50-70% dell’intera pianta (aerenchyma) attraverso il quale provvedono al trasporto dell’ossigeno atmosferico fino al livello delle radici e dei rizomi (la cosiddetta rizosfera). Al di fuori della rizosfera operano popolazioni batteriche facoltative o anaerobiche tra i quali i denitrificanti (Bonomo e Pastorelli, 1996).

La Phragmites australis (cannucce o canne di palude) (Fig. 4.26) è un genere acquatico delle Graminae (angiosperme monocotiledoni): sono piante annuali che possono raggiungere rilevanti altezze ed hanno un esteso sistema di rizomi perenne; vegetano in modo ottimale nell’intervallo di temperature atmosferiche 12-23° (U.S. EPA, 1998), valori medi dei climi temperati come la zona di Marina di Pisa.

Le cannucce vivono lungo la riva dei bacini idrici e in presenza di battenti idrici massimi di 1.5 m. Hanno apparati radicali e rizomatosi che si estendono non solo in

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orizzontale, ma anche in verticale fino ad almeno 0.60 m sotto la superficie del substrato (Bonomo e Pastorelli, 1996).

Figura 4.26. Morfologia di Phragmites

australis (Da Bonomo e Pastorelli, 1996).

Un aspetto particolarmente interessante ed incoraggiante, è il fatto che le cannucce siano diffuse in maniera naturale lungo tutti i corsi d’acqua, canali e scoline della zona intorno al depuratore di Marina di Pisa, come abbiamo potuto rilevare durante la campagna di raccolta delle acque attualmente utilizzate per irrigare i campi (vedi Cap. III) e come testimoniato dalla foto di un canale nei pressi del depuratore (Fig.4.27). E’ quindi del tutto confermata l’adattabilità al clima locale e risulta evidente la facilità di propagazione di tale pianta, prospettando una semplice gestione della sua diffusione all’interno dell’impianto di fitodepurazione.

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Figura 4.27. Presenza Phragmites australis in un canale nei pressi del depuratore. Per le zone sommerse (zona 2) abbiamo selezionato la Potamogeton crispus (lattuga ranina), (fam. Potamogetonaceae, angiosperme monodicotiledoni), specie tra le più comuni di idrofite sommerse. Le idrofite sommerse vivono in bacini idrici di altezza variabile fino a 10 - 11 m e sono caratterizzate da avere foglie interamente sommerse ed organi riproduttivi aerei, galleggianti o sommersi. Esse possono essere dotate di fusto foglioso radicato a partire dai nodi, come nel caso della Potamogeton crispus (Fig.4.28).

Figura 4.28. Morfologia di Potamogeton

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Metodi di impianto

Nei climi temperati il primo periodo utile per la messa a dimora delle piante è la fine della stagione fredda: l’inizio della primavera risulta la stagione più adatta. Le piante possono essere raccolte localmente durante la pulizia dei numerosi canali nei pressi del depuratore. Abbiamo previsto un sistema di impianto di tipo meccanico. Dopo la messa a dimora delle piante il terreno deve essere mantenuto umido e il livello dell’acqua deve aumentare mano a mano che le piante crescono.

La densità di impianto delle macrofite è pari a 0.3 m di diametro intorno alla pianta. Questo elevato valore di densità consente uno sviluppo più rapido della vegetazione e quindi un funzionamento a regime più immediato dell’impianto di fitodepurazione.

Geometria

La dimensione totale del bacino è pari a 1.8 ettari che, suddiviso nelle due linee, da una dimensione di ognuna di 0.9 ettari. Alla zona 1 e zona 3 abbiamo assegnato la medesima superficie mentre la zona 2 risulta di superficie maggiore:

Superficie: ZONA 1 : 0.26 HA

ZONA 2 : 0.38 HA ZONA 3 : 0.26 HA.

Per quel che riguarda il rapporto lunghezza larghezza molti autori hanno riportato valori ottimali: Dingers (1978) raccomanda un valore >3:1 mentre Reed (1990) prescrive valori minori di 1:1; considerazioni economiche raccomandano per i sistemi FWS un valore pari a 2:1 (Kadlec e Knight, 1996). All’aumentare del rapporto lunghezza - larghezza aumenta la velocità lineare; velocità lineari eccessive possono causare il ritorno in sospensione dei solidi depositati sul fondo e quindi un aumento dei solidi sospesi totali in uscita. Per evitare tale fenomeno abbiamo scelto un valore del rapporto lunghezza - larghezza piuttosto basso. Il bacino è stato dimensionato tenendo conto del valore fornito da Kadlec e Knight ovvero 2:1.

Rapporto lunghezza- larghezza: ZONA 1: 36 m x 72 m

ZONA 2: 44 m x 86 m ZONA 3: 36 m x 72 m.

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In base alla tipologia di piante scelte, si può anche fissare il battente idrico da mantenere nel bacino di fitodepurazione. Infatti, il battente idrico deve essere tale da permettere non solo la sopravvivenza delle piante, ma anche il loro pieno sviluppo. Per questo, nelle zone dove è presente la Phragmites australis, abbiamo previsto una profondità massima dell’acqua pari a 40 cm, mentre, per la zona dove è presente la

Potamogeton crispus, abbiamo previsto una profondità massima del battente idrico

pari a 120 cm (Fig. 4.29). Questi valori rientrano nei limiti previsti dal manuale dell’EPA (U.S. EPA, 2000) che valgono:

H < 0.75 per la zona 1 e 3, H > 1.2 per la zona 2.

Battente idrico: ZONA 1: 0.4 m

ZONA 2: 1.2 m ZONA 3: 0.4 m

La forma rettangolare delle vasche è indicata solo per semplicità progettuale ma in realtà la forma degli stagni di fitodepurazione si presenta in maniera più naturale e sinuosa. Una forma di questo tipo è migliore dal un punto di vista dell’impatto ambientale; inoltre l’impianto si troverà all’interno dell’area del Parco di Migliarino - San Rossore - Massaciuccoli ed è necessario quindi prevedere una forma quanto più naturale possibile (Fig. 4.29).

ZONA 1

ZONA 2

ZONA 3

ZONA 3

ZONA 2

ZONA 1

H = 0.4 m A = 0.38 ha A = 0.26 ha H = 0.4 m H = 1.2 m A = 0.26 ha A = 0.26 ha H = 1.2 m H = 0.4 m A = 0.26 ha A = 0.38 ha H = 0.4 m

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s p e c c h i o l i q u i d o

1.2

0.4

0.7

0.7

s u o l o o r i g i n a l e m e d i u m d i r i e m p i m e n t o

Figura 4.30. Schema dell’impianto di fitodepurazione. Sezione longitudinale.

Costruzione del bacino

Preparazione del sito

La zona scelta per posizionare l’impianto di fitodepurazione è priva di vegetazione; questo significa che non è necessaria la fase di disboscamento e pulizia dell’area. Occorre invece provvedere allo scavo delle vasche e accumulare il terreno scavato che verrà riutilizzato in seguito. Una volta effettuato lo scavo occorre compattare il terreno che farà da base al bacino, non solo per evitare cedimenti del suolo, ma anche per proteggere l’integrità dello strato impermeabile.

Argini

Gli argini esterni, realizzati lungo il perimetro dello bacino di fitodepurazione, hanno la funzione di contenere l’acqua all’interno del bacino. Gli argini esterni devono essere previsti per evitare l’esondazione della acque nel caso si raggiungano livelli idrici eccezionali nel corso di particolari eventi meteorici (Tr = 10-25 anni) e consentire l’esondazione per eventi con tempo di ritorno maggiore disponendo punti di raccolta (Kadlec e Knight, 1996).

L’altezza totale dell’argine dal pelo libero dell’acqua, che coincide con la quota del piano campagna è data da due addendi:

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• Massima altezza di precipitazione con Tr = anni di vita dell’impianto; • Altezza di riempimento dovuta alla sedimentazione sul fondo = 1 cm l’anno. E’ stato previsto per l’impianto di fitodepurazione un tempo di vita pari a 25 anni. Con Tr = 25 anni abbiamo ricavato un’altezza di pioggia di durata 24 ore pari a h = 138.75 mm; il dato è fornito dal servizio La.M.M.A. – Regione Toscana e si riferisce alle serie storiche degli eventi estremi (1935-1994) del capoluogo di Provincia, misurati presso le stazioni del Servizio Idrografico e Mareografico di Pisa.

h argine = h pioggia + h sedim.

h argine = 13.875+25 h argine = 38.875 cm h argine = 40 cm. 40 Strato impermeabile s=3 cm 20 40 0 300 2 1 1 3 40 70 Medium Stagno di fitodepurazione Geomembrana

Canale di raccolta acque

Come materiale per la costruzione dell’argine abbiamo previsto l’uso del terreno asportato durante lo scavo; tale materiale deve essere opportunamente compattato. Per evitare erosione lungo i pendii dell’argine abbiamo previsto la posa di una biostuoia contenente semi. Per quel che riguarda la geometria dell’argine va prevista una larghezza in sommità di almeno 3 m per consentire il passaggio dei mezzi meccanici e una pendenza del pendio interno al bacino pari a 3:1, esterno pari a 2:1 (Fig. 4.31).

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Strato impermeabile

La guaina impermeabile deve essere posata sul fondo dello scavo. Deve essere tale da non essere perforata dalle radici delle piante, per questo abbiamo previsto un’altezza del medium tale che le radici non arrivino fino allo strato impermeabile. La guaina impermeabile serve per evitare l’infiltrazione delle acque da trattare nel terreno, ovvero, evitare che si mescolino le acque sotterranee con le acque reflue. Come materiale per impermeabilizzare abbiamo scelto una membrana in PVC di spessore pari a 30 mm.

Medium

Per consentire lo sviluppo della zona radicale e sostenere la vegetazione emergente è necessario prevedere uno strato di medium di riempimento. Questo strato di terreno è posto al di sopra del telo impermeabile e può essere costituito dallo strato superficiale del suolo rimosso durante lo scavo o può essere importato, purché abbia buone qualità agronomiche. In questo caso di studio abbiamo previsto di utilizzare come medium la parte superficiale del terreno asportata per lo scavo; questo terreno andrà pulito dalle radici esistenti. Lo strato di medium dovrà avere una profondità pari a 0.7 m affinché le radici e i rizomi della Phragmites australis, che si estendono ad una profondità massima di 0.6 m, non arrivino a perforare lo strato impermeabile che si trova sul fondo del bacino.

Profondità medium: ZONA 1: 0.7 m

ZONA 2: 0.7 m ZONA 3: 0.7 m

Strutture d’immissione ed emissione delle acque

I dispositivi d’immissione dell’acqua servono a distribuire in maniera uniforme il flusso all’interno del bacino di fitodepurazione. Per garantire quest’uniformità abbiamo scelto di disporre tubi con più uscite come quelli di figura 4.32. E’ da notare dalla figura 4.32, la necessità di rivestire contro l’erosione il tratto d’argine investito

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dal flusso uscente. La tubazione, realizzata in PVC, presenta orifizi di diametro pari a 5 cm come quelli di figura 4.33 (Kadlec e Knight, 1996).

Figura 4.32. Esempi di sistemi d’immissione delle acque all’interno di un bacino di fitodepurazione (Da Kadlec e Knight, 1996).

Figura 4.33. Esempi di tubazioni con sistemi di distribuzione delle acque (Da Kadlec e Knight, 1996).

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Bisogna prevedere anche un sistema di rimozione periodica dei solidi che si raccolgono all’estremità delle tubazioni; questo sistema di rimozione può essere manuale ed è compreso nei normali controlli di manutenzione.

Il sistema d’emissione delle acque trattate dal bacino è importante per mantenere il flusso laminare, per controllare il livello idrico e per monitorare il flusso e la qualità delle acque (Kadlec e Knight, 1996). Un accorgimento fondamentale per il buon funzionamento di tutta la parte terminale del bacino è quello di prevedere un sistema di raccolta uniforme attraverso una zona terminale di fondo per accompagnare il flusso; se questo metodo non viene adottato possono verificarsi delle zone cosiddette “morte” (Fig.4.34). Abbiamo quindi scelto un sistema come il terzo di figura 4.34. All’estremità della tubazione in PVC di raccolta delle acque effluenti è presente un sistema di sbarramento (Fig.4.35). E’ stato previsto un sistema con paratoia mobile (vedi secondo esempio di Fig.4.35), per regolare il livello liquido all’interno del bacino. L’uscita variabile consente non solo di regolare il livello liquido ma da anche la possibilità di svuotare il bacino nel caso ve ne sia necessità (ad esempio necessità di sistemare una parte del bacino).

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Figura 4.34. Tre possibili soluzioni per il sistema d’emissione delle acque (Da Kadlec e Knight, 1996).

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Figura 4.35. Due possibili soluzioni per il sistema di sbarramento delle acque (Da Kadlec e Knight, 1996).

Tempo di residenza idraulica

Il tempo di residenza idraulico nominale è definito come il valore del volume idrico del bacino sul valore medio della portata. Il valore teorico del tempo di residenza idraulico può essere calcolato con la seguente formula (U.S. EPA, 2000):

t V⋅ε Qmed := con: V:= A⋅h dove:

A Superficie del bacino di fitodepurazione

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e

Percentuale di vuoti o porosità dell’area umida.

Considerando la portata media giornaliera Qmed = 1061 m3/ giorno, si può trovare il

valore del tempo di residenza idraulico per ogni zona del bacino. Per la determinazione del valore di porosità sono stati considerato i valori riportati in letteratura. Per le zone completamente ricoperte da vegetazione (zona 1 e zona 3) il valore della porosità varia tra 0.65 e 0.75 (Crites e Tchobanoglous,1996 in U.S. EPA, 2000). ZONA 1 E ZONA 3 A:= 10400 m2 h:= 0.4 m t = 2.745 giorni ZONA 2 A:= 7600 m2 h:= 1.2 m t = 6.017 giorni

Secondo quanto indicato dal Manuale dell’U.S. EPA (2000) per evitare la riemersione delle alghe il valore massimo del tempo di residenza idraulico non deve superare i 5 giorni; nel caso del bacino in progetto questo tempo viene solo di poco superato nella vasca 2 e sono quindi accettabili i valori trovati.

Prestazioni di rimozione degli inquinanti

L’attività di rimozione degli inquinanti di un’area umida è associata alla presenza di sedimenti e alle caratteristiche dell’ambiente biotico. La zona reattiva del bacino di fitodepurazione domina i processi di rimozione di tutte le sostanze biologicamente attive. Come conseguenza la percentuale di rimozione è strettamente dipendente dalla

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densità della vegetazione: un’area umida densa di vegetazione, come nel caso in progetto, consente una rimozione ad alta efficienza mentre un bacino con poca vegetazione ha un’efficienza di rimozione ridotta.

Per quel che riguarda le performance di rimozione degli inquinanti ci siamo basati sui dati riportati dal DMDB database, che contiene le analisi raccolte in 22 bacini di fitodepurazione a flusso superficiale, utilizzati come trattamenti terziari negli Stati Uniti (U.S. EPA, 2000).

BOD

Analizzando i dati delle analisi sulle acque in uscita dal depuratore di Marina di Pisa ( = acque in ingresso nel bacino di fitodepurazione) negli anni 2001- Settembre 2004,

si ricava il valore massimo di BOD5 = 36 mg/l O2. Per confrontare tale dato con i

valori riportati in figura 4.36 va calcolato il carico di BOD5 giornaliero.

Carico massimo giornaliero di BOD5 Kg

day ha⋅ BODload = 16.34

BODload := BOD5max⋅ QgiornoA

Valore giornaliero della portata nel mese di Gennaio m3

Qgiorno 817.13= Qgiorno:= 31Q

Valore totale della portata nel mese di Gennaio m3

Q := 25331

kg m3 BOD5max:= 36 10⋅ −3

Valore massimo di BOD5 registrato il 14-1-2002 mg

lO2 BOD5max:= 36

Superficie totale del bacino di fitodepurazione ha

A := 1.8

Se confrontiamo il carico massimo giornaliero coi dati di figura 4.36 si può affermare che il valore di BOD in uscita potrebbe superare la soglia fissata dal Decreto 185/03 pari a 20 mg/l O2; questo avviene però solo nei bacini dove non è presente una

(28)

(zona 2) e sono quindi da considerare i soli dati indicati con la lettera “O” (Fig. 4.36) che si trovano tutti al di sotto della soglia BOD=20 mg/l O2. La fitodepurazione

garantisce il rispetto dei limiti normativi per quel che riguarda l’abbattimento del BOD5.

Figura 4.36. BOD effluente contro carico areale (DMDB) (Da U.S. EPA, 2000).

SST

L’abbattimento dei solidi sospesi totale è un fenomeno complesso che dipende da numerosi fattori. I processi che avvengono in un bacino di fitodepurazione a flusso superficiale sono (U.S. EPA, 2000):

• Discretizzazione o flocculazione, ovvero precipitazione del percolato dovuta alla gravità;

(29)

• Ritorno in sospensione: a causa dal bioturbamento dovuto a pesci, mammiferi e uccelli, il materiale depositato sul fondo può tornare in sospensione. Inoltre l’ossigeno prodotto dalle alghe e dalle piante sommerse, ossidi e gas d’azoto provenienti dalla denitrificazione o metano formato nei processi anaerobici, può causare la risospensione del particolato (Kadlec e Knight, 1996).

Negli ultimi anni sono stati svolti numerosi studi sulle prestazioni dei trattamenti di fitodepurazione. Questi hanno messo in luce che il forte limite dei trattamenti terziari attraverso depurazione naturale è proprio la rimozione dei solidi sospesi. Infatti, oltre ai solidi sospesi provenienti dai liquami in uscita dal trattamento secondario, in questi sistemi nasce un sovraccarico di solidi dovuto alla morte e disgregazione delle idrofite.

Dall’analisi presentata al XLIV corso d’aggiornamento in Ingegneria Sanitaria (Bonomo, 1996) risulta, nei bacini di fitodepurazione a flusso superficiale, un’ottima rimozione dei solidi sospesi: oltre il 75% dei 49 sistemi censiti da Brix presenta concentrazioni effluenti inferiori a 20% mgSS/l, spesso addirittura inferiori a 10% mgSS/l (Fig. 4.37).

Figura 4.37. Rendimento di rimozione dei solidi sospesi in sistemi di fitodepurazione a flusso superficiale (Da Brix, 1994 in Bonomo, 1996).

(30)

Un altro studio molto interessante è stato svolto su esperienze di fitodepurazione per il trattamento terziario d’acque reflue, finalizzato ad uso irriguo: Cirelli e Toscano (2003) hanno analizzato i dati di un impianto sito a San Michele di Ganzaria (CT). Per quanto riguarda i solidi sospesi totali, le concentrazioni in ingresso all’impianto di fitodepurazione sono risultate variabili fra circa 34 e 120 mg/l, mentre nell’effluente sono stati rilevati valori compresi fra 8 e 18 mg/l, con un valore medio di circa 11 mg/l (Fig. 4.38). L’efficienza media di rimozione degli SST è risultata pari circa l’85%, con un valore della deviazione standard (SD) pari a 6,4; tra il primo secondo anno si è avuto un leggero miglioramento nella rimozione (Fig. 4.39).

Figura 4.38. Valori medi (± SD) d’alcuni parametri chimico - fisici tra l’ingresso e l’uscita dell’impianto di fitodepurazione di San Michele di Ganzaria (Catania) (Da Cirelli e Toscano, 2003).

(31)

Figura 4.39. Efficienza media di rimozione (± SD) di alcuni parametri chimico -fisici per il 1° e 2° anno d’indagine (Da Cirelli e Toscano, 2003).

Si tratta però di un impianto a flusso subsuperficiale orizzontale, ovvero di tipo diverso da quello previsto a Marina di Pisa. Questi risultati servono però a mettere in evidenza il fato che neanche un sistema di fitodepurazione a flusso subsuperficiale, che ha un migliore rendimento di rimozione dei solidi sospesi, riesce a garantire il valore fissato dalla normativa ( SSTmax = 10 mg/l).

Questo significa che è necessario un ulteriore trattamento di filtrazione a valle della fitodepurazione. Tale trattamento sarà dal tutto simile al filtro a dischi già menzionato per il trattamento tecnologico (par. 4.2.1, Cap. IV).

Azoto totale

Valutando le analisi delle acque in uscita dal depuratore di Marina di Pisa (=acque in ingresso nel bacino di fitodepurazione) negli anni 2001- Settembre 2004, si ricava il valore massimo di Azoto totale = 33.3 mg/l , verificatosi l’13 Settembre 2004. Per confrontare tale dato con i valori riportati in figura 4.40 va calcolato il carico di TKNgiornaliero.

(32)

A:= 1.8 ha Superficie totale del bacino di fitodepurazione TKN max:= 33.3 mg

l

Valore massimo di Azoto totale registrato il 13-9-2004 TKN max:= 33.3 10⋅ −3 kg

m3

Q := 14542 m3 Valore totale della portata nel mese di Settembre

Q := 14542 m3 Valore totale della portata nel mese di Settembre Qgiorno:= 30Q

Qgiorno 484.73= m3 Valore giornaliero della portata nel mese di Settembre TKNload TKNmax:= ⋅QgiornoA

TKNload 8.97= day haKg Carico massimo giornaliero di azoto totale

La tabella dove sono riportati i dati del DBDM database (Fig. 4.40) non mostra esempi sufficienti per poter stabilire la percentuale di rimozione dell’azoto totale. E’ però importante ricordare che nella zona 3 del bacino avviane la denitrificazione che converte NO3-N in gas e prodotti che possono lasciare il bacino di

fitodepurazione. Attraverso la nitrificazione, che avviane nella zona ad acque libere del bacino (zona 2), l’azoto viene trasformato in NO3-N.Gli NO3-N che entra nel

bacino a flusso superficiale viene velocemente rimosso nella zona a fitta vegetazione (zona 3).

E’ quindi prevedibile un abbattimento tale da portare la concentrazione di azoto totale al di sotto del limite stabilito dal D.M. 185/03 pari a 15 mg/l N.

(33)

Figura 4.40. Azoto totale effluente contro carico areale (DMDB) (Da U.S. EPA, 2000).

Fosforo totale

Osservando le analisi delle acque in uscita dal depuratore di Marina di Pisa (=acque in ingresso nel bacino di fitodepurazione) negli anni 2001 - Settembre 2004, si ricava il valore massimo della media annua di Fosforo totale = 3.55 mg/l, verificatosi nell’anno 2003. Come parametro è stato scelto il valore medio perché il valore massimo di 6.7 mg/l P presenta un solo dato di confronto (Fig. 4.41). Per confrontare tale dato con i valori riportati in figura 4.41 va calcolato il carico di Fosforo totale giornaliero.

A:= 1.8 ha Superficie totale del bacino di fitodepurazione TPmax 6.7:= mgl P Valore medio massimo di Fosforo totale

(34)

TPmax:= 3.55 10⋅ −3 kg m3

Q := 18257 m3 Valore medio della portata nell'anno 2003 Qgiorno:= 30Q

Qgiorno 608.57= m3 Valore medio della portata nell'anno 2003 TPload:= TPmax⋅ QgiornoA

TPload 1.2= day haKg Carico massimo giornaliero di Fosforo totale

Dai dati del DBDM database (Fig. 4.41) risulta che statisticamente per due soli casi un carico di fosforo totale pari a 1.2 mg/l P genera un valore del fosforo totale in uscita pari a 0.6-0.2 mg/l P. E’ quindi prevedibile un abbattimento tale da portare la concentrazione di fosforo totale al di sotto del limite stabilito dal D.M. 185/03 pari a 2 mg/l P.

Figura 4.41. Fosforo totale effluente contro carico areale (DMDB) (Da U.S. EPA, 2000).

(35)

Carica batterica

Numerose esperienze e studi hanno permesso di esprimere la rimozione della carica batterica attraverso la formula generalizzata per la depurazione biologica (Vismara, 1998):

N N0 (1 k t+ ⋅ ) 1 − dove:

N Concentrazione finale di Escherichia Coli N0 Concentrazione iniziale di Escherichia Coli

k Coefficiente di scomparsa batterica (k = 2 per Escherichia Coli)

t Tempo di residenza idraulica dell’intero bacino

Nel caso di più stagni, come nel bacino in progetto, la formula assume l’espressione:

N N0

(

1 +k t1⋅

)

1 − 1 +k t2

(

)

−1 + +

(

1 +k t3

)

−1 dove:

t1, t2, t3 Tempo di residenza idraulica di ogni stagno

Considerando una concentrazione in ingresso (No) di Escherichia Coli pari al

massimo valore registrato negli anni 1999 - Settembre 2004 all’uscita del depuratore di Marina di Pisa e una concentrazione in uscita (N) pari al massimo valore fissato dal D.M. 185/03, si può ricavare se i valori del tempo di residenza idraulico sono sufficienti affinché si ottenga un abbattimento del parametro Escherichia Coli pari a quello fissato per legge.

(36)

N0:= 2444 UFC 100ml

Valore medio di Escherichia coli registrato all'uscita dell'impianto di depurazione di Marina di Pisa nell' anno 2003

N := 200 UFC

100ml

Valore limite di Escherichia coli delle acque reflue all'uscita dell'impianto di recupero secondo il D.M. 185/03

k := 2 Valore del coefficiente di somparsa batterica per Escherichia Coli

t1:= 2.7 Tempo di residenza idraulico nella zona 1 t2:= 6 Tempo di residenza idraulico nella zona 2 t3:= 2.7 Tempo di residenza idraulico nella zona 3

N N0

(

1+ k t1⋅

)

1 − 1+ k t2

(

)

−1 + +

(

1+ k t3

)

−1 N := 951.7 Valore di uscita di UFC di Escherichia Coli

ovvero il tempo di residenza idraulico calcolato non è sufficiente per abbattere la carica batterica fino a rientrare nei limiti fissati per legge. Quindi è necessario prevedere un trattamento ulteriore di disinfezione.

Per ridurre al minimo l’uso di agenti chimici e l’impatto ambientale, è possibile effettuare un trattamento di disinfezione cosiddetto “soft”, secondo quanto affermato da Masotti (2004). Questo trattamento consiste nell’inserire uno stadio di disinfezione con ipoclorito di sodio (NaClO) a monte dell’impianto di fitodepurazione.

Il fine di ottimizzare il sistema di trattamento necessario per rispettare i limiti fissati dalla normativa sul riuso delle acque reflue (D.M. 185/03), si raggiunge, da un lato, riducendo il dosaggio di agenti chimici rispetto al dosaggio nei trattamenti tradizionali, e dall’altro, ottenendo nel refluo in uscita una minore presenza di sottoprodotti rispetto ai trattamenti usuali.

(37)

La sperimentazione effettuata su un processo campione di disinfezione con NaClO seguita da fitodepurazione presso il depuratore delle acque di scarico civili della città di Ferrara (Masotti, 2004), ha fornito una serie di risultati molto incoraggianti. La concentrazione di Escherichia Coli nei campioni prelevati all’uscita del trattamento di fitodepurazione non supera mai il limite fissato dal D.M. 185/03 per i trattamenti naturali (50 UFC/100ml) già con un dosaggio di 4 mg/l di NaClO, a fronte di un dosaggio usuale nei trattamenti di disinfezione tradizionali di 9 mg/l (Fig. 4.42). Questo significa che il processo oggetto della sperimentazione è effettivamente in grado di garantire un adeguato livello di rimozione di Escherichia Coli con un dosaggio molto inferiore rispetto ai trattamenti tecnologici.

Figura 4.42.Range di qualità dell’effluente dopo una disinfezione chimica e naturale a diverse concentrazioni di NaClO (Da Masotti, 2004).

Il secondo punto cruciale di questa sperimentazione è quello di valutare il valore di composti derivanti dal cloro nell’effluente. Tale valore è risultato per tutte le componenti residue sempre inferiore al limite imposto dalla normativa italiana (40 mg/l), in particolare la concentrazione di trialometani non ha mai superato in alcun campione il valore di 15 mg/l, dove il valore massimo consentito dalla legge è 30 mg/l (Fig. 4.43).

(38)

E’ interessante notare che non sono stati riscontrati problemi nella sopravivenza delle piante all’interno del bacino di fitodepurazione, nonostante la presenza nelle acque reflue di una rilevante concentrazione di cloro.

Nel caso in esame si tratta di un impianto di fitodepurazione a flusso subsuperficiale mentre, quello in progetto per il trattamento delle acque reflue in uscita dal depuratore di Marina di Pisa, è a flusso superficiale. I due trattamenti, seppure diversi, sono analoghi e si può quindi supporre una analogo andamento della rimozione dei batteri.

Figura 4.43. Range di concentrazioni dei sottoprodotti residui da clorazione (Da Masotti, 2004 ).

Si è ritenuto possibile effettuare la disinfezione nel processo di fitodepurazione in progetto attraverso il dosaggio di ipoclorito a monte del bacino. Questo trattamento è già esistente in coda all’attuale impianto di depurazione. Sarà quindi sufficiente modificare i dosaggi di ipoclorito senza la necessità di costruire alcuna opera perché può essere utilizzata quella già esistente.

La riduzione di dosaggio di ipoclorito di sodio prospetta un risparmio del quantitativo di disinfettante nell’impianto di depurazione di Marina di Pisa seguito dalla fitodepurazione in progetto, rispetto al dosaggio attuale. La Legge sugli scarichi delle

(39)

acque reflue depurate, impone la necessità agli impianti di depurazione di provvedere alla disinfezione in maniera costante. Attualmente la clorazione è effettuata saltuariamente con ipoclorito di sodio. Per rispettare i limiti di Legge sarà necessario il dosaggio in continua di acido peracetico, maggiormente efficace rispetto all’ipoclorito di sodio.

Nel caso si realizzi il trattamento terziario naturale con disinfezione a monte tramite ipoclorito, si avrà un risparmio nel dosaggio del disinfettante (il dosaggio di acido peracetico è di 6 mg/l mentre , come stabilito da Masotti, è sufficiente un dosaggio di 4 mg/l di ipoclorito per rientrare nei limiti del D. M. 185/03) e nella scelta del tipo di disinfettante (l’acido per acetico è maggiormente costoso – 0,52 €/litro in soluzione al 15%- rispetto all’ipoclorito di sodio – 0,13 €/litro in soluzione al 15%).

La fitodepurazione serve quindi in quota parte anche da trattamento di disinfezione, consentendo un risparmio che verrà valutato in sede di costo di esercizio dell’impianto (par 4.3.3., Cap. IV).

4.3.2

Costo di costruzione dell’impianto di

fitodepurazione

Per la determinazione del costo totale di costruzione dell’impianto di fitodepurazione ci siamo basati sui dati forniti dal manuale EPA (U.S. EPA, 2000).

Indagini geotecniche

E’ necessario conoscere il tipo di sottosuolo presente nella zona dove abbiamo previsto la creazione dell’impianto di fitodepurazione. Viste le carte che sono state fornite dal Comune di Pisa si può prescindere da ulteriori analisi. Ecco l’elenco delle carte visionate:

• Carta dell’uso del suolo; • Carta idrogeologica;

(40)

• Carta litotecnica;

• Carta della fattibilità geologica; • Carta geologica.

Costo totale = 0.

Pulizia e disboscamento

Come già accennato il terreno risulta già privo di vegetazione. Costo totale = 0.

Scavo e movimento terra

Sotto questa voce sono raccolti i costi per la creazione del bacino con le dovute pendenze, la costruzione degli argini e delle rampe d’accesso ed estrazione e posizionamento dello strato superficiale di terreno usato come medium (U.S. EPA, 2000). Il manuale dell’EPA fornisce un costo totale che include tutte queste voci pari a 3,00 $/m3.

m3

A = 25880

A := S1 h1⋅ ⋅2 + S2 h2⋅ ⋅2 + S3 h3⋅ ⋅2

altezza totale(medium+livello liquido)nella zona 3 m

h3 := 1.10

superficie della zona 3

m2

S3 := 2600

ha

S3 := 0.26

altezza totale(medium+livello liquido)nella zona 2 m

h2 := 1.90

superficie della zona 2

m2

S2 := 3800

ha

S2 := 0.38

altezza totale(medium+livello liquido)nella zona 1 m

h1 := 1.10

superficie della zona 1

m2

S1 := 2600

ha

S1 := 0.26

superficie totale del bacino ha

S := 1.8

(41)

Costo di scavo

c := 3 costo di scavo al m 3 in dolla ri

C := c A⋅ costo totale in dollari C = 77640 dollari

Costo totale = 77.640,00 $.

Costo guaina impermeabile

La guaina impermeabile in PVC che abbiamo scelto ha un costo pari a 0.28-0.40 $/m2. E’ stato adotto in maniera preventiva il maggiore tra i prezzi.

S := 1.8 ha S := 18000 m2 superficie totale del bacino

c := 0.4 costo unitario della guaina impermeabile C := c S⋅ costo totale della guaina impermeabile C = 7200 dollari

Costo totale = 7.200,00 $.

Costo del medium di riempimento

Questo costo è già compreso nel costo di scavo e movimento terra.

Costo delle piante e costo di impianto

Come già accennato nel paragrafo 4.3.1, le piante possono essere raccolte localmente durante la pulizia dei numerosi canali nei pressi del depuratore. Oltre a questo è anche possibile sviluppare un piccolo vivaio nelle vicinanze del bacino di fitodepurazione. Quindi le piante hanno un costo pressoché nullo, mentre in questo bilancio va tenuto conto sostanzialmente del costo sostenuto per piantare la vegetazione. Abbiamo previsto che questo venga effettuato con sistemi meccanici. Secondo Gearheart e altri il costo totale di impianto è pari a 12.355,00 $/ha.

(42)

A:= 1.8 ha Superficie totale del bacino c := 12355 dollari

ha Costo unitario di impianto C := A c⋅

C = 22239 Costo totale di impianto Costo totale = 22.240,00 $.

Costo delle strutture di immissione ed emissione delle acque

Come già visto nel paragrafo 4.3.1 le strutture di immissione ed emissione delle acque non sono altro che varianti a tubi in PVC perforati. Oltre a questo abbiamo previsto in uscita un regolatore di livello per controllare il livello liquido all’interno del bacino. Per la previsione del costo ci siamo basati sull’esperienza di un impianto simile a quello in progetto, l’impianto di Gustine, CA, citato dal manuale dell’U.S. EPA (U.S. EPA, 2000). Il costo per ogni struttura è pari a 1.500,00 $.

Costo totale = 3.000,00 $.

Costo per tubazioni e recinzione

Questa parte di costo include le tubazioni per trasferire l’acqua reflua dall’uscita del trattamento secondario al bacino di fitodepurazione, le tubazioni dall’uscita del bacino al punto di scarico e la recinzione installata tutta attorno al perimetro del bacino.

Per dimensionare tali tubazioni si è tenuto conto della massima velocità consentita in fognatura, per evitare erosioni delle pareti, pari a 4 m/s e della velocità minima, per evitare fenomeni di deposito, pari a 0.5 m/s (Milano, 2001).

Q max := 44 m

3

h

Portata massima mensile

(43)

A π D 2 4 ⋅ := A = 0.012 m2 V max := A 3600Q max V max = 0.996 m

s Velocità massima nel collettore

Velocità massima consentita nel collettor e

vmax := 4 m s V max < vmax Q m := 25 m 3 h

Portata media annua

Vmin:= A 3600Qm

Vmin 0.566= m

s Velocità minima nel collettore

Velocità minima consentita nel collettore vmin := 0.5 m

s V min > vmin

Per un diametro della tubazione pari a 0.125 m l’“Elenco dei prezzi per lavori stradali ed idraulici riguardanti manutenzioni, canalizzazioni, allacciamenti fognari ed altro per il servizio depurazione e fognature” fornito da Acque s.p.a. riporta un prezzo di 3,82 €/m.

D:= 0.125 m

c := 3.82 euro

m Costo unitario tubazioni in PVC con D=0.125 e spessore 3 mm

L:= 1000 m Lunghezza totale delle tubazioni

C := L c⋅

(44)

Per quel che riguarda la recinzione il costo è sempre fornito dall’elenco dei prezzi fornito da Acque s.p.a.: rete di recinzione in fili di acciaio zincato plastificato, diametro del filo mm 3.2 a maglie romboidali di dimensioni mm 40X80, per altezza

1.5 3,10 €/m2

L := 1096 m Perimetro dei bacini di fitodepurazione

c := 3.1 euro

m2

Costo unitario della recinzione

S := L 1.5⋅

S = 1.644 × 103 m2 Superficie di rete di recinzione necessaria

C := S c⋅

C = 5096.4 euro Costo totale della recinzione

Costo totale = 8.916,40 €.

Questo costo risulta già aggiornato al 2004 e non dovrà essere quindi preso in considerazione in seguito per la rivalutazione ad oggi.

Valutazione ad oggi (2004) del costo dell’opera

La valutazione del costo dell’impianto di fitodepurazione è stata fatta sulla base dei dati riportati nel manuale dell’U.S. EPA in cui i costi risultano relativi l’anno 1997. E’ quindi necessario rivalutare i costi ad oggi. Per fare questo è necessario conoscere il tasso di inflazione medio annuo negli USA (Fig. 4.44).

Figura 4.44. Tasso di inflazione medio annuo negli USA.

Il costo totale dell’impianto, non tenendo conto del costo della tubazione e della recinzione, perché già aggiornati al 2004, è pari a 110.080 $. Questo valore va

(45)

moltiplicato per i tassi di inflazione dei vari anni (Fig. 4.44). Il costo totale dell’impianto di fitodepurazione aggiornato al 2004 è di 126.280,00 $ (vedi Allegato

9).

A questo valore va aggiunto il costo di tubazione e recinzione pari a 8.916,40 €. A questo valore va ulteriormente aggiunto il costo della filtrazione necessaria per garantire il rispetto dei limiti del D.M. 185/03 (par. 4.3.1, Cap. IV). Come già detto, si prevede di introdurre un trattamento di filtrazione del tutto uguale a quello previsto per il trattamento tecnologico (par. 4.2.1, Cap. IV), data l’esigua differenza tra il valore dei solidi sospesi all’uscita del depuratore attuale e il valore che si può ipotizzare all’uscita del trattamento di fitodepurazione. Tale valore potrà oscillare tra un massimo pari al massimo in uscita dal depuratore, quando le piante non opereranno alcun tipo di filtrazione, e un valore minimo di poco inferiore al limite normativo di 10 mg/l dovuto alla morte e disgregazione delle idrofite. Il costo del sistema di filtrazione a dischi è di 48.000,00 €.

Considerando che il cambio attuale Euro – Dollaro è pari circa ad 1,2 il costo totale risulta:

Costo totale = 105.233,33 € + 8.916,40 € + 48.000,00 € Costo totale = 162.149,73 € = 162.150,00 €.

Piano di ammortamento

Il costo capitale totale dell’opera va ammortizzato negli anni di vita utile dell’impianto. Se consideriamo una durata utile pari a 25 anni, il piano di ammortamento risulta della durata complessiva di 25 anni, al termine dei quali il valore residuo dell’impianto viene considerato nullo. Durante questo lasso di tempo l’ammontare dell’investimento iniziale viene uniformemente distribuito in rate annue, determinate secondo le classiche formule della matematica finanziaria, con un tasso di interesse dell’8%, riportate di seguito:

r C i q n ⋅ qn−1 ⋅ := Rata annuale dove:

(46)

C Ammontare dell’investimento iniziale i Tasso di interesse annuo

q = i+1

n Vita utile dell’opera (25 anni)

C := 162150 Euro Costo capitale totele dell'opera

i:= 0.08 Tasso di interesse annuo

q := 1+ i q = 1.08

n:= 25 anni Vita utile dell'opera

r C i q n ⋅ qn−1 ⋅ :=

r = 15190 Euro Rata annuale

La spesa annua da sostenere per la costruzione del bacino di fitodepurazione risulta pari a 15.190,00 € l’anno.

4.3.3

Costo di esercizio dell’impianto di

fitodepurazione

Le operazioni di manutenzione di un impianto di fitodepurazione sono relativamente semplici e richiedono un dispendio di tempo minimo. I controlli necessari per il buon funzionamento dell’impianto sono i seguenti (U.S. EPA, 2000) (Bonomo e Pastorelli, 1996):

• Controllo degli argini per eventuale danneggiamento da parte di animali o erosione: una volta a settimana;

(47)

• Controllo dello stato della vegetazione: una volta a settimana; • Controllo e pulizia dai detriti dalle grate del sistema di emissione delle acque: una volta a settimana; • Osservazione ed eventuale regolazione del livello idrico nel bacino:

una volta al mese;

Rimozione della melma dalla zona di immissione: quando richiesto; • Lavaggio delle tubazioni con un forte getto d’acqua: quando richiesto; • Controllo della proliferazione degli insetti: quando richiesto dalle autorità sanitarie locali. Per tutte queste operazioni è necessario impiegare un operaio non specializzato per circa 10 ore al mese. Un operaio non specializzato ha un costo di 20,00 €/h .

h:= 10 h

mese Ore di lavoro per manutenzione al mese H := h 12⋅

H = 120 Ore di lavoro per manutenzione all'anno

c := 20 Costo unitario (Euro/ora)

C := c H⋅

C = 2400 Euro Costo totale per manutenzione

Costo manutenzione = 2.400,00 €/anno.

A questa cifra va sommato il costo di gestione del trattamento di filtrazione tramite filtro a dischi. Come già detto per il trattamento tecnologico per quel che concerne il trattamento di filtrazione, questo ha un costo di manutenzione che riguarda la sostituzione delle tele filtranti e un costo di gestione che riguarda l’energia elettrica necessaria al funzionamento dei filtri a dischi. Come nel trattamento tecnologico, si prevede lo smaltimento dei fanghi in uscita dalla filtrazione presso il depuratore di Pisa S. Iacopo. I fanghi vengono mandati ad un ispessitore presente nell’impianto di depurazione di Marina di Pisa, che li estrae con una umidità del 95%. Questi fanghi con tenore di secco del 5% vengono trasferiti tramite autobotte all’impianto di

(48)

depurazione di Pisa S. Iacopo, anch’esso gestito dall’Ente Acque s.p.a. Presso questo depuratore, i fanghi vengono trattati in una nastropressa ad alto tenore di secco, ovvero, questa nastropressa riesce ad estrarre fanghi con tenore d’umidità al 75%. Il prodotto in uscita dalla nastropressa viene quindi smaltito in discarica.

Si prevede che il trattamento di filtrazione entri in funzione solo nel periodo in cui si debba garantire il rispetto dei limiti sul riuso, ovvero nel periodo di riutilizzo dall’acqua reflua depurata, da Maggio a Settembre. Il costo totale di esercizio per il trattamento di filtrazione è pari a 670,65 €/anno (vedi Allegato 10).

I costi di gestione della disinfezione tramite clorazione vengono presi in considerazione come risparmio rispetto ai costi di gestione dell’esistente impianto di depurazione di Marina di Pisa (vedi Escherichia Coli performance, par.4.31, Cap. IV).

Il risparmio, calcolato come differenza tra i costi di esercizio del trattamento di disinfezione necessari all’attuale impianto di depurazione ed i costi di esercizio per il trattamento di disinfezione a monte del bacino di fitodepurazione in progetto, risulta pari a 2.759,37 €/anno (vedi Allegato 10).

Da quanto detto risulta un costo complessivo di manutenzione e gestione del trattamento terziario di fitodepurazione pari a:

Costo totale di esercizio = 2.400,00 € + 670,65 € = 3.070,65 €/anno. A tale costo va sottratto il risparmio annuo sul trattamento di disinfezione. Costo totale di esercizio = 3.070,65 € - 2.759,37 = 311,28 €/anno.

4.3.4 Costo totale del trattamento di fitodepurazione

riferito al m

3

di acqua trattata

Per determinare il costo del trattamento terziario di fitodepurazione delle acque reflue al m3 di refluo trattato va stimato sia il costo di esercizio che la rata annuale del costo

(49)

di costruzione. Si desume che il costo totale di costruzione e gestione dell’intero trattamento terziario di fitodepurazione risulta essere:

Costo totale trattamento terziario di fitodepurazione = 311,28 € + 15.190,00 € = 15.501,28 €

Se si assume di riutilizzare tutta la portata trattata nei soli mesi da Maggio a Settembre, la portata annuale di acqua reflua depurata recuperata e fornita per uso civile ed agricolo è pari alla somma delle portate di questi cinque mesi:

Portata totale annua (Maggio – Settembre) = 68511 m3.

Si desume che il costo totale di costruzione ed esercizio dell’intero trattamento terziario di fitodepurazione, calcolato sui mesi di erogazione dell’acqua reflua depurata recuperata e riferito a m3 di refluo trattato, risulta essere:

Costo totale dell’acqua reflua depurata recuperata e riferito a m3 di refluo trattato = 15.501,28 € / 68511 m3 = 0,226 €/m3.

(50)

4.4 Considerazioni finali

Le due tipologie di trattamento proposte in questo studio risultano entrambe valide per garantire la possibilità di riuso delle acque reflue in uscita dal depuratore di Marina di Pisa.

La prima sostanziale differenza tra le due scelte sta nella diversa durata di funzionamento degli impianti in progetto. Il funzionamento del trattamento tecnologico è previsto nel solo periodo necessario sia per il lavaggio delle imbarcazioni che per l’agricoltura (Maggio – Settembre). Il trattamento di fitodepurazione ha invece necessità di un funzionamento in continua. Questo potrebbe significa che nel secondo caso i costi di gestione e manutenzione saranno maggiori e dovranno essere ripartiti nei soli mesi di riutilizzo dell’acqua reflua trattata. In realtà abbiamo visto che tali costi di esercizio sono ammortizzati dal risparmio che ha sul trattamento di disinfezione considerando la fitodepurazione come quota parte di tale trattamento in grado di limitare i dosaggi di disinfettante (vedi Escherichia Coli performance, par.4.31, Cap. IV).

Va sottolineato inoltre che l’impianto di fitodepurazione è stato dimensionato per la portata massima attuale e nel caso di funzionamento a pieno regime dell’impianto di depurazione dovrà essere ampliato per consentire il trattamento di una portata maggiore.

Va anche ricordato il diverso spazio occupato dai due impianti. Come risulta dalla planimetria d’insieme del depuratore (Tavola 1 in Allegato), il trattamento tecnologico occupa una piccola superficie ed è possibile inserirlo nell’area che già attualmente fa parte dell’impianto di depurazione di Marina di Pisa. Di tutt’altra dimensione è l’impianto di fitodepurazione che occuperà una superficie di 1,8 ettari e sarà necessario inserirlo in un’area che attualmente non fa parte dell’impianto di depurazione di Marina di Pisa (Fig. 4.20).

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E’ da tenere presente che l’impianto di depurazione di Marina di Pisa si trova all’interno del Parco Naturale di Migliarino, S. Rossore e Massaciucccoli. La valutazione d’impatto ambientale acquista quindi un diverso significato: è di fondamentale importanza l’impatto ambientale di un’opera da costruire all’interno di un’area soggette alle direttive dell’Ente Parco.

Da questo punto di vista risulta maggiormente compatibile con la realtà di un’area protetta la scelta del trattamento naturale, come verrà più ampiamente discusso nel Capitolo successivo (par. 5.2, Cap. V).

Figura

Figura 4.16. Esempi di impianti di fitodepurazione in Europa (Da Masi, 2003).
Figura 4.17. Diffusione delle diverse tipologie di impianti di  fitodepurazione in Italia (Da Masi, 2003)
Figura 4.18. Configurazione tipica di un sistema di trattamento di fitodepurazione a  flusso subsuperficiale  (Da Kadlec e Knight, 1996)
Figura 4.19. Configurazione tipica di un sistema di trattamento di fitodepurazione a  flusso subsuperficiale  (Da Kadlec e Knight, 1996)
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