• Non ci sono risultati.

L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.15 (1888) n.747, 26 agosto

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.15 (1888) n.747, 26 agosto"

Copied!
16
0
0

Testo completo

(1)

L'ECONOMISTA

G A Z Z E T T A S E T T I M A N A L E

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, RANCHI, FE R R O V IE IN T E R E S S I P R IV A T I

Anno XV - Voi. XIX

Domenica 26 Agosto 1888

N. 747

IL SAGGIO DELLO SCONTO

( a l D I R I T T O )

Come era da attendersi il D iritto non accetta le nostre osservazioni sulla diminuzione del saggio dello sconto e in un lungo, notevole articolo, pubblicato nei due numeri 254 e 235, intraprende la confuta­ zione delle nostre conclusioni e lo svolgimento, an­ cora più ampio, di quello che non avesse fatto la prima volta, dSi motivi che inducono I’ autorevole periodico ad insistere nella domanda di un ribasso sul saggio dello sconto.

Pur apprezzando la dottrina del nostro avversario e pur riconoscendo che alcune delle ragioni addotte meritano seria attenzione, dobbiamo dichiarare di non esserci convertiti al concetto che il D iritto propugna. — Non sappiamo persuaderci che proprio nel momento in cui una crise economica minaccia — '¡fio stesso D iritto riconosce il fondamento di que­ sto timore — e sarà quindi necessario alla economia del paese aumentare il proprio debito, e crescerà quindi colla domanda la penuria di capitali, e il danaro risulterà più caro, proprio in questo mo­ mento si debba, con un provvedimento di legge, decretare che il denaro venga distribuito più a buon mercato. Questa fondamentale obbiezione, che noi opponiamo alla domanda di ribassare lo sconto, non fu e non poteva essere né dal D iritto nè da altri vittoriosamente combattuta. L’ impoverimento cre­ scente dello stock metallico, il ribasso più o meno oscillante, ma in certa misura quasi permanente, della rendita all’estero, fatto che provoca un maggior impiego di capitali nazionali nel nostro consolidato che ci viene rimandato dall’estero, la crise ili parte della produzione per la rottura dei rapporti commer­ ciali colla Francia, che o già si manifesta o si prevede prossima ma certa, la continua emissione di titoli dello Stato o di grandi società che si è fatta, si fa, ed è pre­ vedibile pur troppo si continuerà e che assorbe gran parte di quella porzione di capitale che aumenterebbe lo stock disponibile per il commercio; — tutti que­ sti fatti ci mantengono nel convincimento che que­ sto non sia proprio il quarto d’ora nel quale può essere imposto il buon mercato del denaro, senza contravvenire non solo alle leggi della economia, ma a quelle della logica*-— Il D iritto invece si pone da un punto di vista affatto.opposto al nostro e dice in sostanza: appunto perchè vi è sofferenza, appunto perchè vi è minaccia di crise, appunto perchè vi è scarsezza di capitale, appunto perchè la condizione monetaria è riflotta a tale che gli espedienti non

possono valere più a sollevarla, bisogna ribassare lo sconto, per dare almeno questo vantaggio al com­ mercio ed all’ industria.

Ci permetta il D iritto che a chiarire questo punto della controversia ci serviamo di un’ ipotesi: siamo in tempi di grande carestia di grano per scarsità di rac­ colti ed il prezzo del pane è alto ; il D iritto osservando le strazianti sofferenze del popolo, domanda che se ne ribassi il prezzo e certo trova mille buone ra­ gioni per sostenere la sua proposta, e soprattutto ragioni sentimentali, ragioni di interesse prossimo e ci ripeterà che, appunto perchè vi sono queste sof­ ferenze, bisogna ribassare il prezzo del pane. Noi dell’ E conom ista, meno sentimentali, se vuole il D i­ ritto, ma, crediamo più logici, diciamo che, appunto perchè vi sono tutte queste cause che producono la carestia, il prezzo del pane deve essere alto. Non neghiamo i vantaggi che deriverebbero da un ri­ basso così ottenuto nel prezzo del pane, ma ci preoc­ cupiamo dei danni, d’ altra parte gravissimi che avverrebbero nei rapporti economici della società. Ed il D iritto ha troppo spesso sostenuto con noi quello, che oggi si chiama dottrinarism o, perchè ab­ bia bisogno che gli diciamo quali sarebbero questi danni.

Ora, per quanto riguarda lo sconto, noi vogliamo distinguere bene due separate questioni : la libertà dello sconto in generale, e la domanda odierna di diminuzione. — Per la legge del 1881 le Banche non possono modificare lo sconto senza il consenso del Governo ; sono ormai quasi tre anni che abbiamo lo sconto al 5 1/2 ; era un saggio troppo alto o troppo basso ? — Non ci occuperemo di questo punto, ma dobbiamo ritenere che fosse un tasso equo se non comparvero prima d’ora le insistenti domande di di­ minuzione. Ma appunto da ciò discenderebbe con lo­ gica evidenza che nuove circostanze siano interve­ nute a render massima questa diminuzione ; ed infatti circostanze molto gravi e mollo importanti sono bensì intervenute, ina, a nostro avviso, per condurre ad una opposta conclusione ; quella cioè che se i capitali scarseggiano, se la crise minaccia, se lo stock me­ tallico impoverisce, non possa essere invocato il ribasso dello sconto senza contravvenire alla più elementare prudenza.

(2)

558 L’ E C O N O M I S T A 2 6 agosto 1888 Come vede il D iritto, è il punto di partenza af­

fatto diverso quello che ci conduce a diverse con­ clusioni ; e questo punto di partenza non possiamo modificarlo, fino a che non ci si dimostri che è erralo.

E premesse queste considerazioni non avremmo altro a dire sulla questione, se non ci paresse op­ portuno di correggere qua e là alcuni degli argo­ menti incidentali, coi quali il D iritto intende di ap­ poggiare la propria tesi.

Non crediamo esatto quanto afferma il giornale romano che il cambio abbia in qualche modo se­ guita la entità della circolazione, A tutti è noto or­ mai che il cambio in Italia, quando non intervengono fatti speciali a modificarne il corso, segue una curva abbastanza uniforme durante un’ annata ; — comincia ad inasprirsi in settembre e tocea il suo massimo alla fine dell’ anno ; — per lievemente ridiscendere nei primi mesi ; un nuovo inasprimento, più o meno forte, si manifesta nel Marzo o nell’Aprile, e poi comincia il periodo discendente che tocca il minimo nel Giugno o nel Luglio. È questo, poco più, poco meno, ii movimento che risente ogni anno ; e se nel 1888 vi fu coincidenza colla restrizione della circolazione i due fenomeni sono affatto indipendenti come lo dimostrano le cifre degli anni precedenti; tanto più che sono notissime le cause che modificano annual­ mente il cambio, cioè le variazioni del movimento di merci verso l’estero. Ed a questo proposito non è fuor di luogo notare che alcune Camere di Commercio, come quella di Milano, hanno appoggiata la loro domanda di diminuzione del saggio dello sconto asserendo, che il cambio era divenuto normale. Ora è questo un errore madornale, poiché in tempi regolari nei mesi di Giugno e di Luglio il cambio su Francia scende di una lira e talvolta anche più al di sotto della pari ; mentre quest’anno, come nell’anno decorso, non ar­ rivò nemmeno alla pari, ii che vuol dire, come in­ segna la esperienza, che in Novembre o Decembre — caeteris p a rib u s — lo si avrei a 102 circa.

Non comprendiamo poi affatto il ragionamento del D iritto là dove ci concede che il ribasso dello sconto, indipendentemente dall’ eventuale aumento della circolazione possa bastare a far salire il cam­ bio accrescendolo di 50 centesimi ed anche più. Lo scrittore della rivista finanziaria della T ribu n a aveva domandato se il D iritto creda che il cambio su Francia non salirebbe con una diminuzione delio sconto ; noi crediamo che la risposta doveva essere affermativa, ma non perchè vi sia una diretta in­ fluenza dello sconto sul cambio, ma perchè lo sconto dovrebbe oscillare in relazione allo stock metallico, nei paesi in cui non esista il corso forzato dei bi­ glietti; e lo stock metallico sarebbe diminuito qua­ lora, diminuito lo sconto, aumentasse un'altra volta la circolazione illegale e non coperta da riserva. E noi vorremmo veramente che il D iritto ci dimo­ strasse come mai possa, indipendentemente dal­ l’aumento della circolazione e quindi indipendente­ mente dall’aumento degli sconti, aumentare il cam­ bio per il fatto che ribassa il saggio dello sconto.

E meno esatto ancora ci sembra il D iritto là dove si avventura in calcoli per dimostrare che il van­ taggio derivante dal ribasso di una lira nel saggio dello sconto sarebbe maggiore del danno derivante dall’aumento di 50 centesimi nel cambio. Infatti dei 250 milioni che il Tesoro deve pagare all’estero, il D i­ ritto ne elimina 150 per le emissioni annuali all’estero

che dispensano il Tesoro da tali rimesse per somme cor­ rispondenti. Si potrebbe trovar strano che il Diritto basi le sue illazioni su un fatto che, sebbene da molto tempo si verifichi, è riconosciuto come una malattia del nostro credito pubblico , malattia dalla quale è sperabile che qualche saggio medico ci sappia libe­ rare. Ma indipendentemente da ciò, il D iritto dimen­ tica che, anche alienando titoli all’estero invece che mandare denari o divise, il Tesoro paga egualmente il cambio. Basta avere anche una superficiale pratica dei listini di borsa per vedere che le differenze tra i prezzi di Parigi e quelli della Borsa italiana sono tanto maggiori quanto è maggiore il cambio ; senza di ciò non si spiegherebbe come 1’ arbitraggio non livellasse i prezzi. Il Tesoro emettendo all’estero dei titoli non risparmia adunque il cambio, ed il D iritto deve rifare i suoi calcoli già troppo approssimativi, tenendo conto di questo fatto.

E ci parve che con troppa disinvoltura il D iritto trattasse il punto che riguarda la cooperazione del capitale straniero. Dice di non contrastare i vantaggi che ne possono derivare al paese, perchè il capitale essendo uno strumento della produzione, è sempre il benvenuto, da qualunque parte sia offerto, specie se 10 sia a condizioni accettevoli ; ma in pari tempo, non vorrebbe che questo capitale straniero fosse il risultato di maggiori debiti contratti verso l’estero, e che all’importazione dell’ oggi debba inevitabilmente

rispondere la importazione di domani.

Noi non sappiamo comprendere come mai il ca­ pitale straniero potrebbe venire in Italia senza essere 11 risultato di maggiori debili contratti verso l’estero; e ci siamo arrovellati con tutta la buona volontà per trovare quale potesse essere il pensiero che il D iritto voleva esprimere con quelle parole. Non vi sarebbe altro caso che quello di supporre che il D iritto al­ ludesse ad una immigrazione di capitali accompa­ gnata dai capitalisti! — E la inevitabile riesporta­ zione di domani ? — Il Diritto, stesso nel suo pre­ cedente articolo ci aveva detto che l’estero era abi­ tuato prima della recente crise del 1887 a scontare da 2 a 5 cento milioni del nostro portafoglio; ora tutti sanno che verso l’estero una nazione per mezzo dello sconto tiene come un conto corrente che, entro certi limili, allarga o diminuisce secondo le vicissi­ tudini del proprio commercio; è juindi naturale che vi debba essere, in tempi normali, una conti­ nua oscillazione, o come vuole il D iritto, una im­ portazione d’oggi sia seguila talvolta da una riespor­ tazione domani. Vorrebbe il D iritto ammettere possi­ bile un debito senza scadenza, o fisso nella cifra, od a beneplacito dei bisogni del debitore ? È poi ovvio il comprendere che se a queste condizioni normali si avvicendano complicazioni politiche che mettano in discussione i buoni rapporti tra creditore e debitore, o inquietudini interne, come la crise edilizia di Roma, che diminuiscano la fiducia nel debitore, è ovvio, di­ ciamo che il creditore restringa il conto corrente od anche lo sopprima affatto.

Il D iritto però dimentica complètamente i suoi calcoli precedenti quando esclama: meglio avere 100 lire del proprio in tasca, senza nessun debito, che averne 1000 in rappresentanza di un debito eguale; qui era il caso di domandarsi se sia meglio avere una lira del proprio, piuttosto che 1000 prestate da altri — e la risposta potrebbe darla e convincente qualunque industriale o negoziante.

(3)

559 ... ; í--\■ - •' - - ' r . f ;

‘■'ir..: ' vr.

ì

<rr

L ’ E C O N O M I S T A 26 agosto 1888

asserisce il D iritto nel paragonare le nostre Banche con quelle di Francia e d’Inghilterra, mostrando la potènza di queste, la gracilità delle nostre; e po­ tremmo dirgli che appunto la gracilità — nella mi­ naccia continua di urti e disastri — domanda più cure e cibo più sostanzioso ; ma ci basterà far no­ tare al giornale romano che se le banche dal -1885 hanno aumentata la loro riserva, fu sottraendo il me­ tallo dalla circolazione, e che mantengono questa ri­ serva appunto non eseguendo il baratto dei loro bi­ glietti se non in valuta d’ argento, ed anche con molte restrizioni di tempo e di modo. Ora se con­ viene iti ciò il D iritto, deve concludere che la no­ stra circolazione è a corso forzato sia pure masche­ rato, e che poco ci corre perchè divenga a corso forzato di pieno diritto; vuole arrivare a questo il Diritto ? — ovvero vuole che si continui a tentare tutti i mezzi per impedire la proclamazione legale al corso forzato? — Se il D iritto dice : lauto, lo ab­ biamo di fatto il corso forzato, poco importa procla­ marlo anche per legge, allora depouiamo la penna e diciamo subito che nulla abbiamo da opporre ad una diminuzione nel saggio dello sconto. Ma lino a che vi è anche una lontana speranza ohe si possa evitare all’Italia questa dolorosa disfatta, verso la quale, pur troppo, ci si incammina a gran passi, è sconfor­ tante assai che scrittori competenti e dotti come quello del D iritto propugnino misure che affrette­ rebbero il corso forzato legale e forse lo sottili - tendono.

Insiste il D iritto nel dichiarare che chiedendo un ribassò nel saggio dello sconto non ha inteso di do­ mandare un aumento della circolazione ; ma gli do­ manderemo quali garanzie può offrirci nelle attuali confusioni di giudizi e di concetti sul problema ban­ cario, colla nota incompetenza del Ministero del com­ mercio, colla più nota debolezza del Ministro delle Finanze, quali garanzie si abbiano che il limite della circolazione verrà mantenuto. Già abbiamo visto che strappo si è lasciato fare alla legge; già abbiamo visto che non si è ancora saputo, malgrado tanti e ripetuti inviti e tante e ripetute promesse, ritor­ nare nel limite legale; e gli espansionisti trion­ fano nel progetto della Commissione parlamentare e nella opinione pubblica, che creile sano ed utile tra­ sferire in tipografia la zecca. Il D iritto dopo lutto crede che ciò non sia male, poiché non tiene per vero che fatto un vuoto nel medio circolante car­ taceo esso sia necessariamente compensato da im portazione metallica all’estero ; lasciamo pure il D i­ ritto in questa opinione, ma si assicuri che un vuoto metallico riempito da una circolazione cartacea è molto peggiore del vuoto stesso.

Noi avremo compréso che durante, la fuggevole prosperità monetaria ed economica del 1 8 8 5 -8 4 , della quale i successivi errori del Ministero delle Finanze ci hanno lasciato così poco godere, si fosse fatta la domanda di ribassare il saggio dello sconto; ma quando fu del 5 per cento dal novembre 1881 al gennaio 1884, del 4 1|2 dal gennaio al luglio 1884, del 4 dal luglio all’ottobre 1884 e poi salì al 4 1|2 dall’ottobre al novembre, al a dal novembre 1884 all’aprile 1885, al 6 dall’aprile al maggio 1885 e da allora rimase tra il 5 ed il 5 1(2, non sappiamo come mai oggi uou si dica piuttosto che occorre un rialzo.

Il D iritto termina scagliandosi vivacemente con­ tro le Banche di emissione, e minacciando ad esse persino la Banca di Stato, perchè, pare al periodico

romano che troppo poco si preoccupino degli inte­ ressi generali del paese e troppo dei propri. Noi non vogliamo difendere le Banche di emissione, ma do­ mandiamo allo scrittore del D iritto se, almeno della maggiore ne conosca la storia ; - la prosperità re­ lativa d’oggi ha acquistata con lenta, paziente ed ordinata opera, legando il proprio avvenire a quello | allora molto fortunoso dello Stato ; per compenso fu incatenata a vivere con altri Istituti che nel tempo del pericolo od erano nei massimo disordine ammi­ nistrativo, o uou avventuravano la loro fortuna in acque, che non sembravano abbastanza fide. Ha di- , ritto lo Stato di rimproverare e minacciare una for­

tuna cosi conseguita? Ha diritto lo Stato di chiedere agli Istituti maggiore sollecitudine del pubblico inte­ resse se persiste a mantenere un sistema per il quale la attività loro è in massima parte consacrala nella lotta quotidiana che dal sistema scaturisce ? — Ha visto il D iritto che ad esempio nella Banca Nazio­ nale del Regno [’ultime situazioni annunciano poco meno di l a milioni di sofferenze? Si è domandato se j abbiano qualche relazione collo straordinario aumento

di circolazione voluto dallo Stato ?

Noi amiamo credere che gli ultimi periodi del­ l’articolo del D iritto siano più il prodotto di un so­ verchio amore per la rettorica e che non rappre­ sentino un vero convincimento dello scrittore, di cui, come del resto abbiamo detto più sopra, ammiriamo la dottrina colla quale difende la suà tesi e la cortesia con cui tratta gli avversari.

IL SIGNOR YVES GUYOT

E IL SUO LIBRO

« L .A . S C I E N Z A E C O N O M I C A » ’)

In questo giornale, addì 29 aprile di quest’anno, discorrendo della nostra estrema sinistra notavasi come essa, dedicandosi esclusivamente alla politica, trascu­ rasse spesso quanto può veramente influire sul benes­ sere economico del popolo, e come da quei banchi ove siedono coloro che a sé danno vanto ili essere difensori delle classi diseredate, non sorgesse alcun fiero oppositore dei nuovi tributi , che vennero ora così gravemente e così ingiustamente a colpire i mi­ seri, quali sarebbero: il dazio sui cereali che rincara

il pane, i dazi di confine e quelli di consumo, che aumentano il costo di tutto quanto serve al sosten­ tamento della vita.

Queste osservazioni non si sarebbero potute con giustizia fare, ove nella estrema sinistra italiana fos­ sero uomini come lo Yves Guyot, che siede in quella francese. Egli infatti, strenuo campione delle più ortodosse dottrine economiche, ne propugna l’appli­ cazione quale rimedio a molti dei mali dei quali sof­ frono le classi laboriose, e mostra come la libertà economica si risolva, non a vantaggio di pochi, come suona I’ accusa che ad essa danno i socialisti della1 cattedra, ma in prò del maggior numero.

Egli è uno dei pochissimi r a d ic a li del continente europeo che là suo il motto: lasciate fare, lasciate

(4)

passare, e che chiaramente pereejfisee come le spose di qualunque sistema protettore, economico o poli­ tico, sieno sempre pagate dalle classi meno abbienti e più numerose della società.

La lotta nell'avvenire pare doversi concentrare tra il sistema protettore e il sistema liberale, quello es­ senzialmente oligarchico, questo democratico. Gli oli­ garchi che propugnano la libertà economica od altre parziali libertà , come i democratici che si lasciano sedurre dalle fole del socialismo sono fuori di strada.

Il libero cambio, ad esempio, da solo sarà certo sempre utile, ma non solleverà poi molto le sorti del popolo, come ben notava Henry George, se lasciamo sussistere tutto il rimanente del sistema protettore nella società. Che importa infine al compratore che il prezzo di un oggetto sia maggiore a cagjone di un imposta fiscale o di un dazio protettore ? È vero che si può giustamente osservare che I* imposta fiscale và a sopperire ai bisogni dello Stato, mentre il dazio protettore va a favore di alcuni cittadini, che cosi si appropriano l’altrui, e questa osservazione sarebbe importantissima se la somma occorrente allo Stato fosse fissa e si ripartisse fra i vari cespiti d’entrata, allora evidentemente il maggior dazio fiscale pagato sugli oggetti di consumo verrebbe compensato da qualche diminuzione di altra imposta. Questo potrà forse essere per gli Stati Uniti d’America, ma non stà per gli Stati, del continente europeo. Questi spre­ mono dai popoli quanto possono ottenere dalle più sva­ riate imposte, per cui il maggior getto dell’ima non va mai a scemare il peso delle altre, ma aumenta solo la somma totale che viene spesa dallo Stato. Si è veduto qui in Italia lo Stato aumentare il dazio sullo zucchero, man mano che migliori metodi di fabbri­ cazione ne facevano scemare il prezzo, per cui quello che non va al fabbricante se lo prende lo Stato, e per il consumatore torna lo stesso. La disgraziata donna che, a cagione dell’enorme dazio di confine, paga il triplo del valore pel petrolio che alimenta la lucerna, dalla quale ha la luce indispensabile per guadagnarsi, cucendo, lo scarso vitto, non sarà nè più nè meno misera perchè quel dazio è fiscale piuttostochè pro­ tettore.

E sé le diremo che i dazi fiscali vanno, allo Stato, e i protettori ai suoi concittadini, ci potrebbe anche rispondere che il di più che paga per la sua mine­ stra di riso, in grazia della protezione, ha più gusto infine che se lo goda un suo concittadino, coltiva­ tore di risaie, piuttostochè lo sprechi il Governo in spedizioni africane, e se lo goda un qualche Debeb od altro famigerato ladrone.

Alla ripartizione delle imposte si dà troppo im­ portanza, quello che preme invece più di tutto è la somma totale che ogni anno lo Stato distrugge, di­ stogliendola da usi economicamente produttivi.

il sistema protettore bisogna combatterlo in tutte le sue manifestazioni, se vogliamo fare cosa vera­ mente utile; occorre abbattere tutte le teste di quel- I’ Idra se vogliamo salvare la società dalle sue strette.

Questo bene intese il Guyot, il quale con la stessa energia colla quale propugna il libero cambio, com­ batto l’ infausta politica coloniale che condusse la Francia al Tonkino ed a Tunisi, e chiede si abban­ donino senz’altro quelle contrade ').

*) Lettres sur la Politique Coloniale par Yves Guyot — Paris, Reinwald, éditeur.

Tutti i profondi pensatori hanno veduto la stretta connessione fra le diverse parti del sistema protet­ tore. È notevolissimo a questo proposito come l’at­ tuale esacerbarsi della protezione economica fosse preveduto dallo Herbert Spencer poco dopo il 1870, giudicando egli che doveva essere necessaria conse­ guenza del ritorno delle società del continente euro­ peo verso il tipo militare, prodotto dagli armamenti tedeschi e francesi, ai quali tosto dovevano seguire quelli degli altri Stati.

Ma fra le teste dell’Idra della protezione, ora non meno minacciose dell’ altre, e più nell’avvenire, er- gonsi quelle del socialismo.

L’analogia, così bene dimostrata dal Bastiat, tra il socialismo e la protezione economica viene ogni giorno confermata dai fatti, che mostrano chiaramente come quello altro non sia se non una varietà della nume­ rosa specie dei sistemi protettori, e al pari di tutti essenzialmente oligarchico.

I socialisti dicono, è vero, o i più in buona fede, che intendono al bene dell’ universale dei cittadini, ma le ottime intenzioni sono fatte vane dalla forza irresistibile delle leggi di natura. Quel buon volere è pure in alcuni dei seguaci delle dottrine della protezione economica, ma non consegue miglior ef­ fetto di quello dei socialisti.

Affinchè i protetti ricavino un qualche utile dalla protezione occorre che sieno in pochi relativamente al numero totale dei cittadini, perchè proteggere egualmente tutti equivale precisamente a non pro­ teggere nessuno. Segue da ciò che, anche inconscia­ mente, costretti dalla necessità, debbono ognora i fau­ tori dei sistemi protettori piegare verso l’oligarchia. Cosi noi vediamo il consiglio comunale di Parigi volare sussidi agli operai vetrai scioperanti, e questi sussidi sono in parte ricavati dal dazio consumo, cespite principale d’ entrata della città di Parigi, il quale grava pure sù gente molto più misera degli operai vetrai che si vogliono soccorrere. Vi sono molti cittadini in Parigi, che in una settimana non guadagnano neppure quanto un operaio vetraio in un giorno, è che vengono così costretti dal consiglio comunale a sussidiare chi è più agiato di loro.

Le elevate tariffe imposte dalla città di Parigi per gli operai impiegati nei suoi lavi i giovano ad un numero ristrettissimo di operai, e ciò a spese di altri più miseri, ai quali tocca col dazio consumo pagare i munifici doni del consiglio comunale.

Il sig. Yves Guyot, che pure siede tra i radicali alla camera francese, ha il coraggio di combattere queste ed altre pazzie dei socialisti. Se alcuno della nostra estrema sinistra si opponesse in parlamento, come egli fece, a leggi per regolare il lavoro delle donne e degli uomini adulti, o ad alcun’altra di quelle, che diconsi, non so perchè, leggi sociali, e procla­ masse come il Guyot che il Governo non deve me­ nomamente ingerirsi nè di regolare il prezzo delle merci, nè di regolare le relazioni fra operai ed in­ dustriali, fra lavoro e capitale, sarebbe giudicato fedifrago dai compagni.

(5)

L’ E C O N O M I S T A

561

26 agosto 1888

brilli, pei quali il pane è un alimento di lusso, e che non hanno neppure di che comprarsi quel poco di sale che è indispensabile alla vita dell’ uomo. Per un muratore che casca da una casa in Roma, spesso vidima della propria imprudenza, giustamente si commuovono i nostri socialisti e parlano allo e mi­ nacciosi al Governo, ma quando questi colpisce tutti i miseri col rincaro del sale e coi dazi sul grano ed altre merci di prima necessità, tacciono e non se ne danno alcun pensiero. Eppure la pellagra, in gran parte mantenuta dal caro del sale e del pane, molte piq vittime umane miete in un mese che in anni ed anni la imprudenza o l’ ingordigia dei co­ struttori romani !

Pei nostri socialisti dunque esistono due classi di operai ; l’uria assai ristretta che vive nelle città, legge i giornali, sciopera e vota, e che è meritevole di ogni loro cura; l’altra sparsa per la campagna, ben più numerosa, ma che non legge e non vota, e della quale non'si durano se. non per ricordarla in qualche squarcio rettorieo. Non altrimenti alle nostre classi governanti appare divisa la popolazione : da una parte quel piccolo numero di gente abile, fatta forte dall’unirsi in lega, meritevole per questo di godere i frutti della protezione, dall’altra il maggior numero di cittadini, disuniti, che non sanno validamente di­ fendere i loro interessi, e che per questo debbono fare_ le spese della protezione.

Narrasi come all’on. Depretis, allora presidente del consiglio dei ministri, si presentassero un giorno i delegati di alcuni deputati per chiedere parte nei favori della protezione, e discorrendo essi un poco troppo altezzosi, Pon. Depretis sogghignando doman­ dò: Ma quanti siete? — Noi siamo quattordici.— Davvero, rispose Pon. Depretis, lievemente canzo­ nandoli, a sentirvi parlare credevo foste almeno in diciassette ! — E li congedò.

Questo fatterello dipinge al vivo la presente oli­ garchia, della quale è carattere specifico P essere aperto a tutti coloro che hanno oltre al volere l’ac­ cortezza e la forza necessaria per conquistarvisi un posto. Ciò ne assicura ora la dominazione, ma po­ trebbe un giorno poi esser ad essa cagione di ro­ vina. Finché i proventi della protezione basteranno a soddisfare tutti coloro che ne godono, essa pro­ spererà, ma quando i gaudenti saranno troppi, e quelli che pagano troppo pochi, allora dovrà deca­ dere. Così un giorno i signori feudali si accorsero che metteva più conto fare pagare un semplice pe­ daggio ai mercanti piuttosto che spogliarli. Troppi erano quelli che si davano al mestiere di assalire per strada i mercanti, e la razza dei derubati mi­ nacciava di estinguersi. Bisognava girare giorni e settimane per trovare un misero mercante, dal quale poi, spogliatolo anche sino alla camicia, non si ri­ cavano che pochi piccioli I

Il trionfo dei socialisti ci avvicinerebbe assai al giorno in cui la protezione r.on sarebbe più una buona speculazione ; essi sono molti e per pascerli tutti ci vorrà gran spesa, inoltre colle loro singolari idee antieconomiche distruggeranno altrettanta ric­ chezza quanta se ne approprieranno. Ma all’ infuori di quest’esacerbarsi di mali, che pure esistono at­ tualmente, non si deve credere che la società sotto la denominazione socialista assumerebbe aspetto molto diverso da quello che ha ora. I socialisti non hanno inventato nulla, non fanno che rinnuovare a loro fa­ vore teorie ed usanze già proprie di altri sistemi

protettori. Nell’ introduzione alla sua scienza econo- - mica il sig. Yves Guyot espone con molta chiarezza la stretta somiglianza tra il sistema protettore detto Colbertismo ed il moderno socialismo. Da noi, per favorire alcuni industriali, si è denunzialo il trattato di commercio colla Francia e rovinati i proprietari di vigneti delle Puglie e della Sicilia, e sarebbe dif­ ficile che i socialisti potessero fare peggio ; quando uno è già in terra non lo si può più fare cadere.

Ma ii guaio dei socialisti è che non si contentano dall’ avere posto al desco della protezione, vogliono scacciarne gli altri, ed in ciò veramente dimostrano poca moderazione. Un posticino si potrebbe fare loro, ed è a questo che mira il socialismo di stato, e se ne do­ vrebbero contentare. Per altro, a volere essere giusti, bisogna riconoscere che al posticino spesso non giunge che il fumo, e gli altri si tengono l’arrosto. Non si può negare che la sola legge sociale votata dal nostro parlamento: quella per la protezione dei ragazzi nelle industrie, è un ben meschino compenso dell’aumento di tutti i generi di prima necessità pel popolo, pro­ dotto dai nuovi dazi di confine, che per giunta fu­ rono accompagnali dall’abolizione dei decimi della fondiaria, a favore dei proprietari. E quando anche fossero approvate tutte le leggi così dette s o d a li in­ scritte nel programma della nostra estrema sinistra, l’ utile vero che ne verrebbe al popolo sarebbe ben poca cosa, specialmente paragonato ai bei e buoni milioni che si godono i favoriti della protezione economico.

Ad ogni modo noi economisti non abbiamo da in­ gerirci in queste contese dei seguaci dei varii si­ stemi protettori. Noi riteniamo per fermo che sia solo giusto quello stato sociale nel quale ognuno si gode il fratto delle proprie fatiche, e che invece si commette ingiustizia ogni qualvolta si toglie arbitra­ riamente parte dei propri averi ad un cittadino per darla ad un altro, e ciò sotto qualunque pretesto, fosse anche uno di quelli al quale si appicca l’al­ tisonante epiteto di nazionale. Noi non crediamo che sia ufficio del governo di dividere i cittadini in varie classi, e secondo che ad esso pare, o meglio con­ viene, ad esse concedere o negare protezione, di concedere, non si sa perchè, ai proprietari di risaie di riscuotere un tributo dai loro concittadini, e per contro di rovinare i proprietari di vigneti dell’ Italia Meridionale. La nostra mente è cosi debole che non giunge a comprendere come per difendere la nostra patria da straniere aggressioni occorra pagare le ro­ taie d’acciaio quasi il doppio del valore che hanno. E, sarà magari un pregiudizio, ma crediamo che la distruzione della ricchezza sotto qualunque forma av­ venga non possa mai giovare alla nazione, e più che ad altri nuoccia alle classi lavoratrici. Ci pare anche che quando un uomo può con una giornata di lavoro procurarsi un pane sia una solenne ingiustizia di costringerlo di spendercene due, col pretesto che quello acquistato cor una è pane americano, e l’al­ tro, che ne costa due, è pane italiano. Alle classi 1 lavoratrici alle quali si offre la protezione del go­ verno stimiamo utile ricordare l’adagio : ti meo Da- naos et dona ferentes, perchè, in tutti quei bei re­ golamenti che fa il governo, di sicuro non c’è che la spesa per eseguirli, e l’ utile ne è sempre molto incerto.

A questi prineipii siamo lieti di vedere che s’ in­ forma il libro del sig. Guyot.

(6)

trai-tare della scienza pura, distinta dalle sue applicazioni. Credo ottima questa.distinzione, ma egli non In segue j

in tutto il libro con rigore, e forse era difficile ciò fare ! nello stato attuale della scienza, pure sarebbe assai utile che si potessero scrivere dei trattati di scienza economica pura, come si scrivono trattati di mecca- | nica razionale. La “scienza economica non deve stabi­ lire quale provvedimento è utile o no ad una società, questo può risultare dall’insieme delle scienze sociali, quella economica deve solo insegnarci gli effetti di quel provvedimento sulla produzione e sulla distri­ buzione della ricchezza. Per esempio quando la scienza economica ci ha fatto vedere che la protezione do­ ganale Ita per effetto di distruggere parte della ric­ chezza della nazione, ha adempiuto al suo ufficio ; colla scorta poi delle altre sciènze sociali vedremo (die non vi sono vantaggi che compensino questo | male, e allora concluderemo iti favore del libero cambio; oppure, se alcuno crederà trovare vantaggi che meritino di essere pagati con quella spesa, con­ cluderà in favore della protezione.

Nel libro del sig. Guyot è fatto largo uso della statistica per illustrare i principi! .economici, ed è j' concetto assai felice quello di rappresentare molti fatti con diagrammi. Nessun trattato di economia pò litica è ricco come questo di prospetti numerici e grafici, e le leggi economiche ci sono sempre pre- j sentale quale conclusione tratte dall’esame di nume­ rosi fatti.

Alcune delle conclusioni alle quali giunge il sig. Gu- yot sono nuove; una delle più importanti è quella concernente la ricchezza di un paese, che egli cosi esprime : « la ricchezza di un paese è in ragione « diretta del valore dei suoi capitali fissi e, in ragione « inversa del valore del suoi capitali circolanti. »

Giova anzi tutto notare come il sig. Gnyot adopera i termini: ragione d iretta , e ragione inversa, non nel rigoroso significato aritmetico, che implica la proporzionalità, ma semplicemente per indicare che una quantità cresce o scema col crescere o scemare di un’ altra.

Fatta questa restrizione, la legge enunciata pare concordare, in genere, coi fatti, ma la credo un poco troppo assoluta, come sono quasi tulle le leggi sem­ plici che in economia politica voglionsi assumere per regolare fatti molto complessi.

Supponiamo un piccolo popolo, tutto di naviga­ tori, avente per solo capitale fissò le sue navi. In un’ annata molto prospera là guadagni che spende tutti a comprare altre navi, esso è evidentemente ar­ ricchito eppure il prezzo ili ciascuna nave non è au­ mentato , può anche essere diminuito. Da una nota del sig. Yves Guyot appare che pel valore dei ca­ pitali circolanti (e quindi credo anche pei fissi) in­ tendo il valore dell’unità, non la somma dei valori di quei capitali. Abbiamo dunque ora veduto un caso in cui il valore dell’ unità del capitale fisso non è cresciuto eppure la nazione si 'è arricchita. Se per rimuovere questa difficoltà si volesse sostituire al valore dell'unità il valore del complesso dei capitali tìssf. ecco un altro caso in cui pure sarebbe errata la legge. Supponiamo che il popolo di navigatori, del quale abbiamo discorso , invece di spendere i suoi guadagni di un anno nell’ acquisto di altre navi, li consumi lutti. Il suo capitale fisso rimane lo stesso | eppure quel popolo ò più ricco, av.emlo maggior somma da spendere annualmente nei suoi consumi.

Forse si potrebbe dire; se guadagna di più vuol I

dire clic le sue navi danno maggior frutto, quindi costano di più, dunque il suo capitale fisso è cre­ sciuto. Ma questo è contrario ai fatti. Il prezzo di una nave non è in relazione coi noli, è semplice- mente eguale, alla spesa che occorre per costruirla, più l’utile del costruttore.

Questo può parere un caso troppo estremo, ma io qualunque paese può seguire che senza che ciascuna fabbrica aumenti di valore se ne facciano delle nuove e quindi aumenti la ricchezza del paese senza che aumenti il Valore dell’unità dei capitali fissi,

E anche si può chiedere : come si fà a stabilire il valore di quell’ unità? Per la terra è facilissimo, sarà il valore dell’unità di superficie, ma per le in­ dustrie come ci si regola ?

Per dimostrare la sua legge il sig. Yves Guyot paragona il valore del capitale fisso in Inghilterra nel 4865 e nel 1875 ed ha questi dati:

* 1865 1875 aumento milioni di sterline Terre... : . . . . 1 8 6 4 2 0 0 7 8 C a se ... . 1 0 3 1 1 4 2 0 3 8 Miniere... . 19 5 6 195 Fabbriche siderurgiche 7 2 9 3 1 4 Ferrovie... . . 4 1 4 6 5 5 5 8 Canali... . 10 2 0 11 Fabbriche di gaz. . .. . 3 7 5 3 4 8 C ave... 2 4 10 0 T otale... . 3 3 9 2 4 2 4 4 . 2 5 Le unità che entrano iu questo prospetto sono di natura etereogenea. Per esempio non vi è similitu­ dine alcuna tra l’aumento del valore della terra e quello delle ferriere. L’aumento del valore della terra è aumento, per la massima parte, di ciascuna unità superficiale del suolo, e per minima parte sarà dovuto a nuove terre coltivate; invece l’ aumento del va­ lore delle ferriere dipende da ciò che se ne sono fatte nuove, o che le antiche sono state accresciute con nuovi meccanismi.

Qui ci avviciniamo ad un argomento sul quale mi separo completamente dal sig. Yves Guyot. Egli si associa a quegli economisti che negano la ren d ita della terra, per me. inveee la rendita t un fenomeno che si presenta non solo per la terra ma per molte altre utilità che esistono in quantità limitata, o che, comunque sono soggette a monopoii naturali od ar­ tificiali. Il sig. Yves Guyot combatte la teoria della rendita di Ricardo, ma mi pare che considerare cosi il problema è fare come chi per combattere la dot­ trina di Malthus si ferma à dimostrare inesatte le due famose progressioni. Il nostro Boccardo amplian­ do la teoria di Ricardo, sotto il nome di m onopoli naturali, ne ha dimostrato la verità in triodo che mi pare definitivo.

A cagione della concorrenza i profitti tendono al­ l’eguaglianza (tenuto conto dei rischi diversi, della occupazione più o meno piacevole, eco.) ;• ogni causa che impedisca la concorrenza accresce i profitti sopra alla media, ed a quell’ accrescimento si può dare il nome di ren dita.

(7)

va-26 agosto 1888

L’ E C O N O M I S T A

563

loro alla teoria generale, anzi la conferma. Può darsi

benissimo che, le spese di trasporto diventando mi­ nime e l’agricoltura assumendo i caratteri intensivi dell’ industria, venga giorno in cui la rendita spa­ risca nella produzione agricola, può essere anche già sparita per le terre ove coltivasi il grano (non nego nè asserisco) ma ora in mollissimi casi pure sussiste.

Pel sig. Yves Guyot la terra è uno strumento di produzione come qualunque altro, ma questo non mi pare che stia. Tra il possesso di una casa nel centro di Roma e quello di una macchina a vapore esiste una differenza essenziale. Le case nel centro di Roma sono in numero limitato, e delle macchine a vapore se ne può avere quante se ne vogliono. Due individui, prima del 1870, spendono eguale somma, comprando uno una casa nel centro di Roma, l’altro tutte le macchine occorrenti per fare l’acqua di Sellz, pure in Roma. Dieci anni dopo, quello che ha comprato la casa è venti vòlte, almeno, più ricco ; e quello che ha le macchine da fare acqua di Seltz ha un valore minore, se non lo ha reintegrato, di quello che comprò.

Due persone vi si presentano e vi dicono : In lo­ calità, ove sin ora le comunicazioni col rimanente del paese erano assai costose, abbiamo ognuno una proprietà di egual valore, ora si costruisce una fer­ rovia che farà sì che le comunicazioni di quella lo­ calità diverranno mollo facili, quale ne sarà l’effetto sulle nostre proprietà?

Per rispondere bisogna pure che chiediate di che specie sono quelle proprietà, e se l’uno vi dice che è un campo o una casa, e l’altro una macchina a vapore, al primo risponderete che secondo ogni pro­ babilità crescerà il valore della sua proprietà, e al secondo che sarà fortunato se non scéma. Dunque queste proprietà non sono di natura identica, poiché una medesima càusa (l’economia dei trasporti) pro­ duce su di esse effetti diversi.

La rendita della terra non nasce già perchè la superficie del globo terrestre è limitata, inutile che ci venga data la solita risposta che vi sono molte terre res nullius da occupare, ma la rendita nasce perchè le terre di una d ata ubicazione sono in nu­ mero limitato. Quando si vede in pochi anni un nudo scoglio sulla riviera di Genova triplicare di valore, e una superficie in Roma decuplare, non so come si possa sostenere che la proprietà della terra è proprietà di uno strumento di produzione come qualunque altro. E chi ha mai veduto il valore di una macchina decuplare in pochi anni? La macchina invecchiando scema, non cresce di valore.

Ma non è solo la proprietà della terra, bensì molte altre che possono dare una rendita. Ci sono miniere di ferro ove il minerale paga appena le spese di estrazione, e ce ne sono ove il minerale può sopportare un forte canone a favore del pro­ prietario. Così il Governo italiano si fa pagare un canone assai elevato sul minerale che dall’ Isola d’ Elba esportasi all’ estero. E quale altro nome, fuorché quello di ren d ita si può dare a quel canone?

Questa rendita è conseguenza di due circostanze: principalmente dell’essere le miniere dell’ Elba pros­ sime al mare, poi in parte dal fatto che molti ba­ stimenti, che portano il petrolio in Italia dall’America, ritornano in America portando con noli bassissimi il minerale di ferro, che caricano quasi come zavorra.

Suppongasi che si scoprano presso a Livorno, Ge­ nova ed altri porti italiani miniere più ricche di

quelle dell’ Elba, i bastimenti che da quei porti vanno in America caricherebbero quei minerali, e su quelli elbani il governo non potrebbe più imporre alcun canone, sparirebbe quella ren dita.

La facilità dei trasporti, che ha fatto affluire nei mercati europei il grano prodotto in America e nelle Indie,' ha avuto un effetto simile sulle rendite delle terre ove eoltivavasi il grano in Europa.

Una agricoltura estensiva combinata con trasporti a caro prezzo accrescono l’ intensità del fenomeno della rendita per le terre agricole, un’ agricoltura intensiva e trasporti a basso prezzo potrebbero anche fare sparire il fenomeno per quelle terre.

Oggi nell’ industria occorre un capitale circolante molto maggioro del capitale fisso, l’opposto segue per l’agricoltura. Potrebbe venire un giorno nel quale l’agricoltura fosse sotto questo aspetto simile all’in­ dustria. Già ora iri Inghilterra per produrre il grano è meno importante avere la terra che di potere disporre di capitali per acquistar gli ingrassi chimici e le macchine per lavorare il terreno e raccogliere il prodotto. Invece in America, per produrre il grano, il possesso della terra è quasi tutto, il rimanente molto accessorio. Quello che manca in Inghilterra per produrre grano non è la terra, bensì persone che vogliano arrischiare il capitale circolante neces­ sario, c perciò in Inghilterra la rendita delle terre produttrici di grano deve essere quasi interamente sparita. Invece quello che manca a chi vuole pro­ durre i g ran d e vins di Bordeaux e i vini del Reno non è il capitale circolante, ma bensì la terra, e perciò le terre che producono quei vini hanno una rendita elevatissima.

Un paese che trasformi la sua agricoltura ila esten­ siva in intensiva può arricchire mentre scema il valore della terra. La legge del sig. Yves Guyot non si può dunque avere per vera in ogni circostanza ed in ogni tempo. Ora può approssimativamente rap­ presentare l’ insieme dei fenomeni che si compiono nella nostra società, ma già parte di questi vi si sottraggono e non sappiamo se in avvenire crescerà o scemerà questa parte.

Quest’argomento è meritevole di molto studio, ma mi basta di averlo accennato, non potendosi certo trattare completamente solo per incidenza.

Neppure in quanto dice della dottrina di Mal­ thus posso associarmi al sig. Yves Guyot. Un uomo competente come lui non avrebbe dovuto tornare a discorrere delle due famose progressioni, le quali non si debbono avere che quale esempio per chiarire il concetto dell’autore, ed anche poi preme poco che Malthus si sia sbagliato o no, quello che occorre esaminare è se tolta la parte che è errata della sua teoria rimane alcun che di vero o no.

Il vero problema è questo : la razza umana, ove si rip ro d u ca liberam ente, senza ostacoli preventivi o repressivi, ha essa o nò una tendenza a divenire più numerosa di quanto comporterebbero le sussi­ stenze prodotte dal territorio che abita ?

(8)

quelle ohe si hanno di consueto nelle nostre società, e questo maggior numero di nascite si produce ap­ pena sorgono circostahze favorevoli.

Torno ad essere d’accordo col sig. Guyot su quanto espone intorno alle banche delle quali propugna la libertà. Breve ma sugoso è lo studio che egli fa sulla banca d’ Inghilterra e sulla banca di Francia.

Molte altre cose sarebbero da notarsi nel libro del sig. Yves Guyot; egli tratta tutti gli argomenti con ampiezza di vedute, novità di metodo e profon­ dità di studio, per cui, anche dissentendo da lui, qual­ che cosa c’è sempre da imparare, e la lettura del suo libro gioverà non solo al principiante nello stu­ dio della Economia Politica ma anche a chi già è provetto nella scienza.

Vil f r e d o Pa r e t o.

LA LIQUIDAZIONE

del Credito Agricolo Industriale Sardo

Ga crise bancaria che ha funestato la Sardegna nei primi mesi del 1887 e intorno alla quale [’E co ­ nom ista ha pubblicato una estesa narrazione del prof. G. Todde *) costituisce un episodio così dolo­ roso, e per tanti aspetti interessante, della storia del credito italiano che crediamo sia prezzo dell’ opera seguirne tutte le varie fasi per vedere quanto più è possibile quali furono le cause che addussero alla crise stessa. Già il prof. Todde nelle sue lettere dirette all’E conom ista, ha fatto una acutissima-diagnosi degli antecedenti della crise stessa e noi non possiamoche rin­ viare i lettori a quelle lettere. Richiameremo soltanto alla loro memoria che il disastro colpì a un tempo e il C redito A gricolo In du striale S ard o e la Cassa d i R isparm io e il Credito fo n d ia rio , o meglio che la pessima amministrazione (iella Gassa di Risparmio, congiunta a molti errori commessi dal Credito Agri­ colo, diedero origine al crollo generale dei tre istituti. Ad ogni modo, dichiarato il fallimento del Credito A gricolo la convocazione dei creditori avvenuta alla metà di questo mese ha dato modo di meglio de­ terminare la situazione del C redito A gricolo stesso. Il curatore, prof. Favilla, ha presentato infatti uua elaborata relazione nella quale sono esposte le ca­ gioni che determinano il fallimento del C redito A g ri­ colo In d u stria le e sono esaminate accuratamente le partite del bilancio quale risultava al 31 luglio scorso.

Quanto alle cause del fallimento il curatore ac­ cennò alla leggerezza nell’ accordare credito a per­ sone notoriamente insolvibili, l’ avere avventurato parecchi milioni in imprese industriali che non pre­ sentavano la suliìcente sicurezza di esito, l’aver tra­ scurato I osservanza delle più elementari norme di buona amministrazione infine l’ aver ripartito utili non effettivamente realizzati e provenienti per buona parte da interessi su capitali immobilizzati e di dub­ bia realizzazione. Le immobilizzazioni di capitali rag­ giunsero quasi i fi milioni dei quali 3,100,000 ri­ guardano le comproprietà in una miniera di Tunisi e 2,618,000 il credito verso la Cassa di Risparmio. Errore questo tanto più cospicuo per un istituto di credito che emetteva anche buoni agrari, perchè in luogo di contrapporre ad un debito naturalmente

flut-') Yeggansi i numeri 687, 688, 689, 692 e 693.

tuante valori e crediti di pronta realizzazione pre­ ferì immobilizzare somme rilevanti e concedere fido al primo venuto. La grande fiducia che godeva il buono agrario ha spinto l’ istituto in speculazioni vaghe, ardite che lo condussero a sprovvedérsi del necessario per far fronte anche ad un momentaneo panico che avesse potuto verificarsi. Contrariamente al disposto della legge che imponeva di conservare nelle casse dell’ istituto una riserva metallica cor­ rispondente a| terzo dei buoni in circolazione, essa venne a diminuire invece fino a toccare la ventiset­ tesim a parte della circolazione e delle altre somme rimborsabili a vista.

Non diremo a quali espedienti si ricorse per in­ gannare in questo modo il ministero, gli azionisti e il pubblico con le situazioni che venivano pubblicate. Aggiungeremo piuttosto che il disordine della con­ tabilità era tale che per chiudere il partitario dei corrispondenti, la fallita amministrazione dovette ri­ correre all’enormità di un conto intestato: differen ze d i contabilità per la non indifferente somma di 600,000 lire. Questo disordine contabile ha reso som­ mamente arduo e lungo il lavoro di verifica dei erediti presentati per l’ammissione al passivo in nu­ mero di 1800. L’esame delle situazioni mensili dal 1882 al 1887 ha dato modo di scoprire nuove sottrazioni a danno di alcuni conti di rendita per circa L. 220,000. E oltre questo lavoro di verificazione fu necessario quello relativo alle due cause in corso per la responsabilità civile degli amministratori e per la retrodatazione del fallimento. La prima di queste cause tende ad ottenere un indennizzo da chi in un modo o nell’altro, per abuso, per trascuranza od altro concorse a portare l’ istituto al fallimento, la seconda mira a far restituire al patrimonio dell’ istituto fal­ lito i valori per oltre due milioni e mezzo di lire dati in pegno a creditori, cui a tutto danno della massa, fu fatta una posizione privilegiata.

Il curatore ha pure presentata come dicemmo la situazione al 31 luglio. Da un confronto con il bi­ lancio rassegnato al tribunale è possibite di farsi un’ idea delle modificazioni sopraccennate negli ele­ menti attivi e passivi dell’ istituto. Il debito dei cor­ rispondenti da 6 milioni e mezzo è ora sceso a mi­ lioni 4,313,673 di lire e in questa > ¡va sono com­ presi i crediti verso la società mineraria in Tunisi, la Cassa di risparmio e il Banco di Cagliari. Gli effetti in sofferenza sinora ammontano a 646,717 lire sopra 1,627,323 indicati nel bilancio presentato al Tribunale e mentre esistevano già secondo lo stesso bilancio altre 129,932 lire di effetti in sofferenza. ! valori di proprietà dell’ istituto che erano indicati come un’ attività disponibile risultarono in v ^ e vin­ colati presso vari istituti; un pegno di lire ^ fu trovato non esistere affatto ; invece di 937 ob­ bligazioni della provincia non ne vennero trovate in pegno presso terzi che 712, mancandone quindi 223 senza dire che mancherebbero anche 49.3 obbligazio­ ni, della Società Immobiliare di Roma che resultereb­ bero a carico di uno degli amministratori. Per altri valori risul'ò invece una maggiore uscita in con­ fronto del registrato all’entrata e cioè sarebbero uscite in più 653 obbligazioni fondiarie e 354 cartelle mu­ nicipali. Dovevansi trovare tanti titoli del debito pub­ blico per la rendita di lire 5 3 ,6 2 5 ; ne furono tro­ vati solo. 38,350 con una differenza di lire 16,675 di rendita.

(9)

26 agosto 1888

L’ E C O N O M I S T A

&65

lancio rassegnato al Tribunale in lire 20,627,019

resultava al al luglio in lire 23,351,250 con un aumento di lire 2,721,231. Quanto al passivo è da notarsi che i crediti già ammessi ascendono a lire 13,698,914 quelli in contestazione lire 3 ,3 8 9 ,2 3 2 ; in complesso lire 17,088,147.

il curatore dopo aver esposto lo stato delle prin­ cipali questioni così concluse :

« Dal complesso delle cose espostevi, avrete po­ tuto osservare quanto sia piccola la parte di cui oggi si può disporre per i creditori. Sarà possibile un riparto anche in piccola misura, non appena sarà risoluta la questione se la somma depositata alla Cassa depositi e prestiti debba attribuirsi ai soli por­ tatori dei buoni agrari, oppure se questo beneficio debba estendersi anche ad altri creditori.

« Certo che lo stato del fallimento non si presenta sotto floridi auspicii. Però io ho fede che, conti­ nuando senza preoccupazioni, nè preconcetti, la causa per la rivendicazione dei pegni a benefizio di tutta la massa dei creditori, già un gran passo sarà coin piuto. 11 buon fine dell’ affare di Tunisi e la causa per la responsabilità civile che gli amministratori del fallito istituto hanno contratta, sono altri due fattori non meno importanti e che solamente posson por­ tare un contributo tale che valga ad alleviare il danno che il fallimento ha arrecato. »

R ivista ¿Economica

Il prossimo Congresso dei cooperatori italiani a Bo­ logna.Le Casse rurali di prestiti.Il pro­

getto sulle Società per azioni in Inghilterra. — /

bilanci privati comparati.

Dopo i due Congressi dei cooperatori italiani tenuti a Milano, il terzo Congresso sarà tenuto a Bologna al principio del prossimo ottobre. I temi in discussióne sono finora i seguenti :

1. “ Dei rapporti dei gruppi regionali o speciali colla Federazione cooperativa (relatore prof. Ulisse Gobbi).

2 . ° Della istituzione dei sindacati agricoli (re­ latori doti. L. Wollemborg. e avv. G. P. Basilio).

3 . ° In qual modo le cooperative di credito pos­ sano venire in aiuto alle società consorelle di con­ sumo e di produzione ed ai loro soci per emanciparli dall’ usura (relatore avv. A. Carotti).

4. ° Delle società dei braccianti, loro organizza­ zione e modo di promuovérle ed estenderle (relatori rag. E. Forlai e prof. A. Ravà).

5. ° Delle disposizioni fiscali relative alle società dì cooperazione (relatore avv. P. Manfredi).

Gli argomenti sono indubitatamente molto interes­ santi e confidiamo che saranno trattati con quella serietà che sola può dare valore alle deliberazioni.

Se non erriamo dev’ essere stato stabilito in pas­ sato di compilare una statistica delle società coope­ rative ; non sappiamo però se a quella idea sia stato dato un principio di attuazione. Ma se ancora non si e fatto nulla in proposito, crediamo che i' Con­ gresso di Bologna farebbe opera assai utile cercando di rendere quanto più è possibile sollecita una si­ mile pubblicazione.

Per notizie particolari sappiamo che gli illustri cooperatori inglesi George Jacob Holyoake ed E.

Yansittart Neale interverranno al Congresso di Bo­ logna. La presenza di quei veterani delia coopera­ zione è stata nei Congressi precedenti una nota altamente elevata e serena e la loro venuta in Italia sarà anche questa volta di molta utilità.

— Oltre le società cooperative, vi sono come è noto le Casse rurali instituite dal doti. Wollemborg sul sistema di quelle del RaifTeisèn. Dall’ ultimo numero della C ooperazióne italian a rileviamo che al 31 maggio esistevano in Italia 36 Casse rurali, nell’at­ tivo delle quali i prestiti in forma cambiaria figurano nel maggior importo a Zorzoi (L. 46,480) e nel minore (L. 1,370) a Monticello di Brianza. Le spese di impianto sono dappertutto molto modeste; a Monte- merlo si limitano a L. 4,29 e presso alcune, anzi, questo aggravio non figura affatto. Il numerario in cassa è ridotto ai minimi termini.

Anche la rubrica dei prestiti in sofferen za è dappertutto in bianco. Alla riserva si va provve­ dendo un po' in tutte; a Cergnai hanno messo assieme un migliaio di lire. Le accettazioni cambiarie al passivo variano da lire 1,500 a lire 4 4 ,0 0 0 ; na­ turalmente quest’ ultima cifra spetta alla cassa di Zorzoi che ha fatto come si disse i maggióri prestiti. Nei depositi il primo posto (lire 18,569) è tenuto dalla Cassa di Buttrio.

Sono sppena finiti cinque anni dacché si è fir­ mato l’ atto costitutivo della prima Cassa rurale, quella di Coreggia, e queste piccole istituzioni di credito veramente popolari si diffondono tra la po­ vera gente di varie provincia e fanno buona prova. La Cassa di Coreggia, che è la più anziana, nei cinque anni di vita che conta, ha distribuito in quel meschino paesello una somma in prestito ai soci di poco inferiore a 60,000 lire. La media di questi prestiti è inferiore a lire 160 ed essi servirono, per la maggior parte, ad acquisti di animali bovini e poi di concimi, foraggi, ec.

Senza attribuire alle Casse rurali una virtù ed efficacia economica tale da bastare al miglioramento dell’agricoltura, la quale credenza sarebbe un grave errore, è indubitato che esse possono recare al mo­ desto agricoltore qualche servigio che, per essere mo­ desto, non giova meno anche a. chi lo gode.

— Il governo inglese ha presentato recentemente al Parlamento un nuovo progetto di legge sulla co­ stituzione delle società per azioni che impone ai fon­ datori di queste società .diverse condizioni allo scopo di proteggere più efficacemente i sottoscrittori e i creditori.

La creazione e la registrazione officiale di una so­ cietà dovrà d’ora in poi passare per due fasi suc­ cessive. Quando una società nuova si farà regi­ strare conformemente alla legge attualmente in vigore l’ufficio di registrazione rilascierà un certificato prov­ visorio valevole per tre mesi. Durante questo pe­ riodo i fondatori firmatari resteranno direttori re­ sponsabili della Compagnia, incaricati e responsabili della pubblicazione dei programmi della emissione e ripartizione delle azioni. La Compagnia dcvrà essere indicata in tutte le sue pubblicazioni come. « Com­ pagnia provvisoriamente registrata ».

(10)

numero delle obbligazioni emesse e delle domande ebe sono state fatte ecc., il montare realmente versato in danaro da ciascun azionista, le qualità dei membri del Consiglio di amministrazione; finalmente gli statuti dovranno essere depositati in appoggio delle dichiarazioni surriferite. Ma quello che più interessa di vedere sono le condizioni per la definitiva costi­ tuzione delle società per azioni; esse sono le s e ­ guenti : sottoscrizione del quarto almeno del capitale, versamento in danaro del decimo almeno del capi­ tale nominale ; possesso reale dall’ insieme dei mem­ bri del consiglio di amministrazione, del quinto delle azioni sottoscritte e ciascuno di essi deve possedere almeno dieci azioni.

Se dalle dichiarazioni fatte e dai documenti pre­ sentati risulta che queste condizioni sono soddisfatte l’ ufficio di registrazione rilascerà il certificato di costituzione definitiva della società. E nel caso con­ trario tutte le somme versate dai sottoscrittori do­ vranno essere rimborsate sotto la responsabilità per­ sonale e solidale dei direttori. Nessuna società può senza autorizzazione aumentare il suo capitale nel primo anno della sua istituzione. Diverse prescri­ zioni regolano il modo di repartizione, la pubblica­ zione dei bilanci, i versamenti ecc.

Lo scopo evidente di questo progetto di legge si èquello di mettere qualche freno alla costituzione

di società che non offrono serie garanzie di riuscita e di rendere sempre più efficace la responsabilità dei promotofi,

— Lo studio dei bilanci privati è ancora ai primi tentativi, sebbene presenti un interesse e una utilità veramente grande, quando si voglia determinare con qualche fondamento la situazione economica delle varie classi sociali e la influenza che sul loro be­ nessere esercitano certi fenomeni economici e finan­ ziari, come il ribasso dei prezzi o. qualche trasfor­ mazione, tributaria.

Fra i lavori recenti sopra questa materia possiamo citare quello del Dr. Carlo H.impke, pubblicato ne­ gli atti dello Staatsm issenschaflichen S em in ar, fon­ dato a Halle dal prof. Conrad, direttore dei J a h r ­ bücher fü r N ationaloekonom ie und S tatistik. Nella memoria del signor Hampke si trovano i risultati delle principali ricerche effettuate negli ultimi 50 anni allo scopo di misurare il benessere delle popolazioni secondo le entrate e le spese delle famiglie-tipo e i prezzi delle cose necessarie alla vita. L’ autore vi ha aggiunto una inchiesta personale relativa alle spese di alcune famiglie di Halle e sull’ influenza dell’aumento del costo dell’esistenza, per quanto ri­ guarda i loro bilanci.

Ecco la ripartizione delle spese annuali di queste famiglie : NATURA D E L L E SPESE 1° OPERI Ammontare delle spese IO •) Rapporto a cento 2” CAPITAL 1 Ammontare j delle spese STA s) Rapporto a cento 3° FABBRICANTE * 3) Ammontare Rapporto delle spese j a cento

4° IMPIEGATO SUPER. 4 *) Ammontare Rapporto delle spese j a cento marcili Pfennige marchi Pfennige marchi Pfennige marchi Pfennige l.° Nutrimento... 555. 40 52.9 1,246.90 40. 90 2,211.00 28.0 2,842 16.0 2.° A b bigliam ento... 163. 70 15.8 314. 04 10.30 863.25 10. 5 1.554 8 .5 3.° Alloggio... 140. 15 13.4 552. 85 18.10 1,234.47 15. 5: 4,060 22.3 4.° Riscaldamento e illuminazione . 59. 70 5 .7 91.70 3.01 238. 93 3 .0 470 2 .6 5.° Cure mediche... 23.15 2 .2 75.00 2.50 211.43 2.7 675 3. 7 tì.1’ Pulizia... 22.15 2.1 50.00 1. co 278. 75 3.51 1,350 7.4 7.'J Previdenza... 20. 80 2 .0 10. 00 0 .3 0 250. 50 3.1 915 5 .0 8.° Is tru z io n e ... .... . . . , 18. 60 1.8 317. 82 10.40 565. 46 7.1 1,210 6. 7 9.° Im p o s te ... 10. 85 1.0 70. 56 2.30 454. 00 5.7Ì 395 4. 9 IO.0 S e r v iz io ... — — 73. 00 2 .4 0 450. 00 5.7! 2,750 14.7 11.* Divertim enti... 14. 40 1.4 190. 50 6.20 501. 75 6.3; 1,150 6 .3 12,° D iv erse ... 20. 30 1. 7 73. 68 2. 59 712. 76 8.9 335 1.9 In siem e... 1,049. 10 100.0 3,045.15 100. 00 7, 945. 30 100. 00: 18,206 100. 00 Totale delle spese l.° a 5 .° . . . . 942. 20 90.00 2,279.59 74.81 4,732.08 59.7: 9,601 53.1 ld. id, 6 . “ a 12.“ . . . 107.20 10.00 765. 56 25.19 3,213. 22 40.3 8,105 46,9 È facile vedere dall’esame di queste cifre la im­

portanza relativa di ciascuna spesa. Mentre nel bi­ lancio dell’ operaio la metà della spesa riguarda il

vitto, in quella dell’impiegato superiore essa scende a un sesto, mentre le altre spese presentano natu­ ralmente una percentuale maggiore.

') È formato dalla media dei bilanci di tre fami­ glie operaie: 1" il marito, pittore, la moglie e un figlio di cinque anni ; 2a il marito, cantoniere, la moglie e due figli, uno di cinque e l’altro di dieci anni ; 3a il marito, sarto, e sei figli di cui uno di oltre quattordici anni

s) La famiglia del fabbricante comprende, il marito, la moglie e tre figli.

5> Comprende il m arito, la moglie tre figli e una domestica.

*) La famiglia comprende il marito, la moglie,

Riferimenti

Documenti correlati

Ma se non è stata ottima l’ impressione lasciata dal Presidente del Consiglio durante la discussione della Riforma Comunale, quella della Commissione è stata

Dispone espressamente l’ articolo 16 della legge testé pubblicata, riguardante la tassa di vendita del- 1’ alcool, che il governo del Re è autorizzato a

Vi sono non poche Casse di risparmio, e fra que­ ste talune delle meglio ordinate e più reputate, le quali da lungo tèmpo fanno il servizio dì cassa alla

doganale internazionale; e più ancora la diminuzione complessiva dei nostri scambi col­ l’ estero, diminuzione che in sette mesi ha quasi rag­ giunti 180 m ilioni

— Dal_ complesso delle notizie avute dai prin­ cipali mercati dell’ interno apparisce che le transa­ zioni ebbero minore estensione delle settimane pre­ cedenti, e

L ’on. Luzzatti nella sua relazione sul bilancio di assestamento, si mostra certo più avveduto dell’ on. Giolitti, ma anche in quella relazione all’ esame freddo

Canada pretendeva di computare le tre leghe della zona ri­ servata a partire dalla linea collegante, due promon­ tori di ogni baia o porto; questo principio era

— In questi ultimi giorni quasi tutti ì mercati cotonieri furono in rialzo ma il miglioramento non si dovè esclusivamente al merito intrinseco del cotone per la sua