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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PADOVA Dipartimento di Ingegneria Industriale DII Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Elettrica

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Dipartimento di Ingegneria Industriale

Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Elettrica

TESI DI LAUREA MAGISTRALE IN

INGEGNERIA ELETTRICA

RELATORE: Prof. Massimo Guarnieri

LAUREANDO: Alessandro Pasculli

ANNO ACCADEMICO 2019-20

NASCITA E SVILUPPO

DELL’INGEGNERIA ELETTRICA

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PADOVA

Dipartimento di Ingegneria Industriale DII

Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Elettrica

NASCITA E SVILUPPO DELL’INGEGNERIA ELETTRICA

Relatore: prof. Massimo Guarnieri

Studente: Alessandro Pasculli

matricola 1082272

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1

INDICE

INTRODUZIONE 4

CAPITOLO I BREVE STORIA DELL’ELETTROMAGNETISMO 1.1 I fenomeni magnetici ed elettrici nell’antichità e le origini del magnetismo 7

1.2 Gli albori delle macchine elettriche, ovvero la macchina elettrostatica di Otto von Geuricke 11

1.3 Stephen Gray e la classificazione elettrica dei materiali in due categorie: i conduttori e gli isolanti 11

1.4 Il chimico francese Charles Francis Du Fay e l’ “elettricità positiva e negativa” 12

1.5 Prototipo del condensatore: la bottiglia di Leida 13

1.6 Lo studio dell’ “elettricità atmosferica” da parte di Benjamin Franklin 14

1.7 L’induzione elettrostatica 15

1.8 Concezione erronea del fenomeno dell’elettricità: l’elettricità animale 16

1.9 Avvio di uno studio scientifico dell’elettricità: dall’osservazione alla spiegazione razionale dei fenomeni elettrici 16

1.10 Primo generatore statico di corrente continua: la pila di Alessandro Volta 18

1.11 L’esperienza di Oersted 19

1.12 Interazione magnetica tra due conduttori percorsi da corrente elettrica 20

1.13 Effetti del campo magnetico su un conduttore percorso da corrente elettrica 21

1.14 L’elettrocalamita 21

1.15 Gli studi di George Simon Ohm sulla trasmissione dell’elettricità 22

1.16 L’autoinduzione e l’induzione elettromagnetica 22

1.17 Considerazioni sulla distribuzione superficiale dell’elettricità: gli schermi elettrostatici 25

1.18 La concezione Maxwelliana dell’elettromagnetismo 26

1.19 Le onde elettromagnetiche 28

CAPITOLO II STORIA DELL’INGEGNERIA ELETTRICA TRA LA SECONDA META’ DELL’OTTOCENTO ED I PRIMI ANNI DEL NOVECENTO CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALL’ITALIA 2.1 La telegrafia: prima vera realizzazione elettrotecnica 29

2.2 I primi generatori di energia elettrica 30

2.2.1 L’anelo di Pacinotti 33

2.2.2 La macchina generatrice di Gramme 34

2.2.3 Storica disputa tra il Pacinotti ed il Gramme 34

2.2.4 Difficoltà inerenti alla progettazione delle macchine elettriche 35

2.3 L’Esposizione Universale di Parigi, un’opportunità per l’elettrotecnica italiana 36

2.4 Prime applicazioni industriali dei generatori: le centrali elettriche 37

2.4.1 Il caso Edison 37

2.4.2 La centrale di via Santa Radegonda in Milano 39

2.5 La figura di Galileo Ferraris, primo vero elettrotecnico italiano 40

(4)

2

2.6 La tecnica elettrica italiana nella seconda metà del 1800 42

2.7 L’importanza della corrente alternata nella trasmissione dell’energia elettrica 43

2.7.1 La corrente polifase 46

2.8 La trasmissione e distribuzione dell’energia elettrica 47

2.8.1 Le fasi iniziali 47

2.8.2 Cenni tecnico-storici sulla trasmissione e distribuzione dell’energia elettrica 48

2.8.3 L’impianto di Paderno - Milano 51

2.9 La cultura elettrotecnica in Italia alla fine del 1800 52

2.9.1 L’insegnamento dell’elettrotecnica 52

2.9.2 Riviste, manuali e trattati 54

2.9.3 AEI - l’Associazione Elettrotecnica Italiana 55

2.9.4 Alcune questioni inerenti alla concezione teorica e pratica dell’elettrotecnica 57

2.9.5 Gli studi sulle macchine elettriche 58

2.9.5.1 Situazione italiana delle macchine elettriche 58

2.9.5.2 Studiosi italiani di macchine elettriche successivi al Ferraris 59

2.10 La cultura elettrotecnica in Italia nei primi anni del 1900 60

2.10.1 Il Congresso Internazionale di Elettricità di St. Louis 60

2.10.2 Riviste: L’industria elettrica e L’elettrotecnica 60

2.10.3 Sviluppi teorico-pratici sulle linee di trasmissione dell’energia elettrica 61

2.10.3.1 La linea Grosotto - Milano 61

2.10.3.2 Studi teorici sulle linee di trasmissione dell’energia elettrica e relativi problemi 62

2.10.4 Sviluppi degli studi sulle macchine elettriche 62

2.10.4.1 Testi universitari e manuali 63

2.11 Uno sguardo all’Europa: gli ingegneri elettrotecnici inglesi 64

2.12 Epilogo 67

CAPITOLO III STORIA DELL’ELETTROTECNICA CIRCUITALE 3.1 Origine della teoria delle reti elettriche stazionarie 69

3.2 I regimi elettrici 70

3.3 Dal regime stazionario al regime variabile: il contributo della teoria dei campi 73

3.4 Cenni sulla teoria delle reti magnetiche 75

3.5 Il regime alternato sinusoidale ed il metodo simbolico 77

3.5.1 Il metodo simbolico 80

3.5.2 La corrente polifase 81

3.6 Il regime transitorio ed il metodo operatoriale 82

3.6.1 Il metodo operatoriale 84

3.7 Apporti della teoria dei sistemi alla teoria delle reti elettriche 85

3.8 Dal metodo campistico al metodo circuitale 85

(5)

3 CAPITLO IV

PERSONAGGI CHE HANNO CONTRIBUITO ALLA NASCITA E ALLO SVILUPPO DELL’INGEGNERIA ELETTRICA

4.1 Charles Augustin Coulomb 89

4.2 André Marie Ampère 91

4.3 George Simon Ohm 92

4.4 Michael Faraday 94

4.5 Gustav Robert Georg Kirchhoff 96

4.6 James Clerk Maxwell 98

4.7 Oliver Heaviside 101

4.8 Leon Charles Thevenin 102

4.9 Charles Proteus Steinmetz 103

4.10 Arthur Edwin Kennelly 104

4.11 Edward Lawry Norton 105

4.12 Bernard Tellegen 106

APPENDICE FONDAMENTI TEORICI DELL’ELETTROTECNICA CIRCUITALE 1 Concetti introduttivi 107

2 Teoria dei grafi 108

3 Principi di Kirchhoff 110

4 Proprietà di conservazione della potenza istantanea e teorema di Tellegen 112

5 Bipoli 113

5.1 Bipoli adinamici 113

5.2 Bipoli dinamici 114

5.3 Teoremi di Thevenin e di Norton 116

6 Doppi bipoli 117

6.1 Doppi bipoli adinamici 117

6.1.1 Potenza dei doppi bipoli 118

6.1.2 Proprietà dei doppi bipoli 119

6.2 Doppi bipoli dinamici 120

7 Metodi per la soluzione dei circuiti elettrici 121

7.1 Teorema di sovrapposizione degli effetti 121

7.2 Metodo del tableau 122

7.3 Metodo nodale 124

7.3.1 Scrittura diretta della matrice nodale del circuito 126

7.4 Metodo delle maglie 126

7.4.1 Scrittura diretta della matrice delle maglie del circuito 128

7.5 Confronto tra il metodo nodale ed il metodo delle maglie 129

CONCLUSIONE 130

(6)

4

INTRODUZIONE

Il presente lavoro di tesi analizza l’evoluzione storico-temporale dell’ingegneria elettrica e prende avvio dalla lettura e dallo studio di una serie di testi e dispense inerenti all’esame “Storia della tecnologia”. Si è ritenuto utile inquadrare il lavoro nell’ambito della tecnica elettrica, piuttosto che analizzare l’origine e sviluppo dei vari settori della tecnologia, al fine di trattare degli argomenti, che rientrano a pieno titolo tra gli studi del corso di laurea magistrale in “Ingegneria dell’energia elettrica”.

Scopo principale della presente tesi è quello di esporre la storia dell’ingegneria elettrica e, all’interno di tale esposizione, evidenziare come è avvenuta la transizione dall’elettromagnetismo alla tecnica elettrica ed in particolare alla teoria dei circuiti elettrici, ossia delineare l’origine di tale teoria a partire da quella parte dell’elettrologia, che studia i fenomeni elettrici, magnetici e le rispettive relazioni. Per ottemperare al suddetto fine, è stata eseguita, preliminarmente, un’approfondita ricerca bibliografica, selezionando testi scientifici, storici e tecnici e scartandone altri, ricerca che mi ha permesso di suddividere l’argomento in quattro capitoli ed un’appendice. Vari testi, particolarmente attinenti all’argomento, sono stati consultati per intero, altri sono stati esaminati parzialmente al solo fine di chiarire e/o integrare alcuni concetti, altri ancora sono serviti da confronto/conferma dei concetti rilevati dai testi principali. La tecnica impiegata, per redigere la tesi a partire dai riferimenti bibliografici, non si è limitata ad una semplice estrazione di notizie e ad una loro relativa ricomposizione, ma, oltre a selezionare con criterio le informazioni attinenti tramite una serie di domande preventive, è consistita in una rielaborazione personale degli argomenti, ovvero in una loro spiegazione, approfondimento, comparazione, per individuare una serie di relazioni volte a creare un’articolata struttura argomentativa, rispondente al tema trattato.

(7)

5

Il secondo capitolo delinea, con particolare riferimento alla situazione italiana tra il 1800 ed il 1900, l’evoluzione storico-temporale dell’ingegneria elettrica, intesa come il complesso delle discipline aventi per oggetto le applicazioni dell’Elettricità e del Magnetismo, tra le quali compaiono le Macchine elettriche e gli Impianti elettrici. In particolare il capitolo inizialmente mette in evidenza l’origine delle prime macchine elettriche e le relative applicazioni, le centrali elettriche; successivamente descrive gli albori della trasmissione e distribuzione dell’energia elettrica ed i primi impianti di trasmissione; infine affronta lo sviluppo della cultura elettrotecnica in Italia tra il 1800 e 1900, con alcuni cenni alla situazione europea, ovvero descrive la nascita delle prime riviste e libri del settore, delle prime istituzioni ed associazioni e gli sviluppi degli studi relativi alle discipline elettriche. Il terzo capitolo si sofferma sull’evoluzione storico-temporale di una delle principali materie dell’ingegneria elettrica, l’elettrotecnica circuitale, intesa sia come disciplina tecnica a sé stante, ossia indipendente dall’elettromagnetismo, basata su un approccio sperimentale, sia come disciplina di origine “campistica”, ossia derivante, sotto opportune condizioni, dalla teoria dei campi dell’elettromagnetismo maxwelliano. In particolare il capitolo evidenzia come la transizione dall’elettromagnetismo alla teoria delle reti elettriche possa avvenire in due sensi, ovvero dal campo al circuito (metodo storico) e viceversa (metodo logico). La prima impostazione, risalente ad Abraham, prevede una spiegazione del funzionamento degli oggetti realizzati dalla Tecnica a partire dai principi generali della fisica; la seconda impostazione, risalente a Bottani e Sartori, permette un approccio immediato e diretto allo studio della tecnica elettrica, per il quale è sufficiente una semplice descrizione dei fenomeni fisici, riservando lo studio approfondito della teoria fisica ad un secondo momento.

Nel quarto capitolo si è ritenuto opportuno riportare delle note biografiche relative ad alcuni dei principali personaggi, fisici, ingegneri, matematici, che con le loro scoperte ed invenzioni hanno fornito un apporto fondamentale alla nascita ed allo sviluppo dell’ingegneria elettrica. Il quarto capitolo ha origine dalla constatazione che, per comprendere una teoria nella sua totalità, non basta apprendere un’insieme di date, nomi, teoremi, ipotesi e dimostrazioni, ma è utile conoscere anche il vissuto dei sui ideatori.

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6

(9)

7

CAPITOLO I

BREVE STORIA DELL’ELETTROMAGNETISMO

1.1 I fenomeni magnetici ed elettrici nell’antichità e le origini del

magnetismo

I FENOMENI MAGNETICI ED ELETTRICI NELL’ANTICHITA’

Le proprietà magnetiche di alcuni corpi erano note ai Greci fin dal VII secolo a.C. Si era osservato che i pezzi di una particolare roccia (la magnetite (1), una speciale combinazione di ossidi di ferro) erano in grado di attirare o respingere altri pezzi dello stesso materiale. Talete di Mileto fu il primo filosofo a descrivere la suddetta roccia attorno al 550 a.C.

L’osservazione di fenomeni elettrici ha pure origine in epoca greca classica; in tale periodo si scoprì che le bacchette di ambra, di ebanite e di altri materiali, se vigorosamente strofinate con un panno di lana, riuscivano ad attirare corpuscoli leggeri quali granelli di polvere, pagliuzze, piume o a respingere, ad esempio, altre bacchette dello stesso materiale appese ad un filo e anch'esse precedentemente strofinate.

LE ORIGINI DEL MAGNETISMO

La prima applicazione relativa ai fenomeni magnetici, forse la più rilevante di tutto il Medioevo, è rappresentata dalla bussola. La scoperta della bussola e la data della sua prima applicazione alla navigazione sono eventi per i quali sono state proposte varie origini e teorie, che sono esposte nel seguito. Si può affermare che i Cinesi, gli Arabi, i Greci, i Finlandesi e gli Italiani reclamano tutti l'invenzione della bussola (2).

L’ipotesi, che i Cinesi possano essere considerati gli inventori della bussola, ha origine da alcune leggende, nelle quali era citato un carro magico, il See-nan (carro indicante il sud), sul quale una figura dalle sembianze umane con un braccio alzato e proteso in avanti indicava sempre questo punto cardinale. Considerando questa ipotesi, la bussola può essere fatta risalire al 2634 a.C., anno in cui l'imperatore Huang-ti sconfisse in battaglia dei ribelli,

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grazie all’uso dei “carri indicatori del sud”

nemico attraverso una folta nebbia; tuttavia non ci sono prove circa il funzionamento

del XI secolo d.C.

L’ipotesi di un’origine araba della bussola

campo scientifico e dalla loro notevole abilità nell'arte della navigazione) è messa in discussione da alcuni studiosi, i quali evidenziano come Arabi, Turchi e Persiani chiamassero lo strumento con il termine "bossola",

testimonia la dubbia validità della suddetta ipotesi.

Le prime informazioni inerenti all’impiego della bussola per la navigazione risalgono al 1100 d.C. in Cina, al 1200 d.C

d.C. in Europa, dove l'uso da parte dei marinai di un ago calamitato, per tenere la rotta quando la Stella Polare risultava oscurata, è citato nel trattato intitolato utensilibus” scritto da Alexander Neckam. Una descrizione accurata della

nel lavoro “Epistola de magnete”

latinizzato di Petrus Peregrinus de Maricourt. Questo studio fu “The new attractive” (1581)

scoprì l’inclinazione magnetica (su di un piano verticale) del magnetismo terrestre, associata alla latitudine.

Nel 1600 fu pubblicato il primo trattato sul magnetismo con il titolo "

3 La battaglia è leggendaria. Il carro che punta a sud è stato documentato per la prima volta nel terzo secolo d.C. 4 Le prime documentazioni arabe della bussola risalgono al 1290

grazie all’uso dei “carri indicatori del sud” (3), utilizzati per condurre le truppe contro il nemico attraverso una folta nebbia; tuttavia non ci sono prove circa il funzionamento

magnetico di questi carri, mentre è certa

un ingranaggio meccanico. Tralasciando le leggende, la prima documentazione di una bussola magnetica cinese risale al 70-80 d.C. (fig. 1.1); si trattava di un

in magnetite, che puntava verso il Polo Sud magnetico. Un’importante evidenza dell’uso della bussola magnetica da parte dei Cinesi nella navigazione è quella contenuta in un lavoro dal titolo

k'o-t'an” datato approssimativamente intorno alla fine

L’ipotesi di un’origine araba della bussola (4) (avvalorata dalla superiorità degli Arabi in campo scientifico e dalla loro notevole abilità nell'arte della navigazione) è messa in discussione da alcuni studiosi, i quali evidenziano come Arabi, Turchi e Persiani chiamassero lo strumento con il termine "bossola", ovvero con il nome italiano; ciò testimonia la dubbia validità della suddetta ipotesi.

Le prime informazioni inerenti all’impiego della bussola per la navigazione risalgono al in Cina, al 1200 d.C. nel mondo arabo, al 1250 d.C. nella Scandinavi

in Europa, dove l'uso da parte dei marinai di un ago calamitato, per tenere la rotta quando la Stella Polare risultava oscurata, è citato nel trattato intitolato

scritto da Alexander Neckam. Una descrizione accurata della bussola è riportata Epistola de magnete” (datato 1269) di uno studioso francese, noto col nome latinizzato di Petrus Peregrinus de Maricourt. Questo studio fu seguito dopo

del navigatore e costruttore di bussole Robert Norman, che scoprì l’inclinazione magnetica (su di un piano verticale) del magnetismo terrestre, associata

Nel 1600 fu pubblicato il primo trattato sul magnetismo con il titolo "

La battaglia è leggendaria. Il carro che punta a sud è stato documentato per la prima volta nel terzo secolo d.C. be della bussola risalgono al 1290-1300.

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, utilizzati per condurre le truppe contro il nemico attraverso una folta nebbia; tuttavia non ci sono prove circa il funzionamento i carri, mentre è certa la presenza di Tralasciando le leggende, la prima documentazione di una bussola magnetica cinese ; si trattava di un cucchiaio che puntava verso il Polo Sud magnetico. ll’uso della bussola magnetica da parte dei Cinesi nella navigazione è quella contenuta in un lavoro dal titolo

“P'ing-chou-datato approssimativamente intorno alla fine

ta dalla superiorità degli Arabi in campo scientifico e dalla loro notevole abilità nell'arte della navigazione) è messa in discussione da alcuni studiosi, i quali evidenziano come Arabi, Turchi e Persiani ovvero con il nome italiano; ciò

Le prime informazioni inerenti all’impiego della bussola per la navigazione risalgono al nella Scandinavia ed al 1187 in Europa, dove l'uso da parte dei marinai di un ago calamitato, per tenere la rotta quando la Stella Polare risultava oscurata, è citato nel trattato intitolato “De bussola è riportata (datato 1269) di uno studioso francese, noto col nome dopo molto tempo dal e di bussole Robert Norman, che scoprì l’inclinazione magnetica (su di un piano verticale) del magnetismo terrestre, associata

Nel 1600 fu pubblicato il primo trattato sul magnetismo con il titolo "De magnete,

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magneticisque corpibus, et de magno magnete tellure regina Elisabetta I William Gilbert (1544

pubblicazione del suddetto trattato era diffusa una concezione magico

magnetici. L’opera di Gilbert riporta tutti gli studi sperimentali da lui effettuati nell’arco di circa quindici anni sui fenomeni elettrici e magnetici.

Gilbert confermò tutte le concezioni dei

oltre venti secoli; egli con uno studio minuzioso individuò un insieme di sostanze (diamante, vetro, zolfo, …), che presentavano lo stesso comportamento dell'ambra e dell'ebanite, e chiamò "elettrizzati" (5) i materiali, che acquisivano la proprietà di attirare i corpuscoli leggeri, e "forza elettrica" la

esperimenti compiuti da Gilbert misero in evidenza le differenze tra i fenomeni magnetici ed

esempio, le seguenti:

1. due magneti si respingono per i loro poli simili e si attraggono per i poli opposti; 2. se si avvicina ad un pezzo di magnetite una bacchetta sottil

proprietà di attirare la limatura di ferro, principalmente in vicinanza delle estremità. La bacchetta di ferro si è quindi trasformata in un magnete, ovvero si è "magnetizzata". La bacchetta viene chiamata magnete artificiale

dimensioni) e presenta anch'essa due poli sempre di segno opposto;

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Dal termine "électron", nome greco dell'ambra

e magno magnete tellure" da parte del medico di corte della sabetta I William Gilbert (1544-1603) (fig. 1.2); antecedentemente alla pubblicazione del suddetto trattato era diffusa una concezione magico-fantastica dei fenomeni i Gilbert riporta tutti gli studi sperimentali da lui effettuati nell’arco di circa quindici anni sui fenomeni elettrici e magnetici.

Gilbert confermò tutte le concezioni dei Greci sui fenomeni elettrici, tramandate inalterate per con uno studio minuzioso individuò un insieme di sostanze (diamante, vetro, zolfo, …), che presentavano lo stesso comportamento dell'ambra e dell'ebanite, e i materiali, che acquisivano la proprietà di attirare i corpuscoli ri, e "forza elettrica" la relativa forza, che si manifestava durante l’attrazione esperimenti compiuti da Gilbert misero in evidenza le differenze tra i fenomeni magnetici ed

elettrostatici. Egli osservò, per esempio, che la magnetite non aveva bisogno di alcuno stimolo, per manifestare le sue proprietà magnetiche, mentre il vetro o l'ambra dovevano essere strofinati, per mostrare le loro proprietà elettriche; inoltre osservò che l'attrazione magnetica, a differenza di quella elettrica, non veniva schermata da un foglio di carta. Le suddette osservazioni insieme ad altre sono riportate nella sua succitata opera "De magnete, magneticisque corpibus, et de magno magnete tellure", in cui, oltre ad alcune interpretazioni erronee, sono esposte molte constatazioni esatte e importanti, successivamente verificate e sviluppate da altri, quali, ad

due magneti si respingono per i loro poli simili e si attraggono per i poli opposti;

se si avvicina ad un pezzo di magnetite una bacchetta sottile di ferro, questa acquista la proprietà di attirare la limatura di ferro, principalmente in vicinanza delle estremità. La bacchetta di ferro si è quindi trasformata in un magnete, ovvero si è "magnetizzata". La bacchetta viene chiamata magnete artificiale o calamita (o ago magnetico, se di piccole dimensioni) e presenta anch'essa due poli sempre di segno opposto;

al termine "électron", nome greco dell'ambra

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" da parte del medico di corte della ; antecedentemente alla fantastica dei fenomeni i Gilbert riporta tutti gli studi sperimentali da lui effettuati nell’arco di

sui fenomeni elettrici, tramandate inalterate per con uno studio minuzioso individuò un insieme di sostanze (diamante, vetro, zolfo, …), che presentavano lo stesso comportamento dell'ambra e dell'ebanite, e i materiali, che acquisivano la proprietà di attirare i corpuscoli durante l’attrazione. Gli esperimenti compiuti da Gilbert misero in evidenza le differenze tra i fenomeni magnetici ed elettrostatici. Egli osservò, per esempio, che la magnetite non no di alcuno stimolo, per manifestare le sue proprietà magnetiche, mentre il vetro o l'ambra dovevano essere strofinati, per mostrare le loro proprietà elettriche; inoltre osservò che l'attrazione magnetica, a differenza di ermata da un foglio di carta. Le suddette osservazioni insieme ad altre sono riportate nella sua De magnete, magneticisque corpibus, et de ", in cui, oltre ad alcune interpretazioni zioni esatte e importanti, successivamente verificate e sviluppate da altri, quali, ad

due magneti si respingono per i loro poli simili e si attraggono per i poli opposti;

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3. il calore influenza il magnetismo; in particolare una sbarra di ferro magnetizzata perde questa proprietà, se riscaldata sopra i 760 ºC (in termini moderni, ciò avviene quando si supera la temperatura di Curie propria del materiale);

4. se si sospende a un filo un ago magnetico o lo si fa galleggiare con opportuni sistemi sull'acqua, esso tende a disporsi, una volta libero, approssimativamente parallelo al meridiano terrestre; spostandolo poi da questa posizione di equilibrio, l'ago compie intorno ad essa oscillazioni smorzate dagli attriti.

L’opera di Gilbert fu apprezzata da Galileo Galilei (1564-1642), che gli dedicò diverse pagine nella “Terza giornata” della sua opera “Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo” e spianò la strada alla teoria della gravitazione generale di Isaac Newton (1643-1727).

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1.2 Gli albori delle macchine elettriche, ovvero la m

elettrostatica di Otto v

macchina elettrostatica di Otto von Geuricke furono apportati sostituendo allo zolfo il vetro, che permetteva di ottenere risultati più evidenti; a seguito di tali miglioramenti verso il 1770 l’inglese Jesse Ramsden (1735

largamente usato per circa un secolo.

1.3 Stephen Gray e la classificazi

due categorie: i conduttori e gli isolanti

La scoperta che i materiali possono essere raggrupp

isolanti, in relazione alla loro caratteristica di permettere o meno il flusso delle cariche elettriche, rappresentò un importante

ebbe luogo principalmente ad opera

Egli scoprì che la “virtù elettrica”, ovvero l’elettricità, poteva essere trasmessa da un corpo elettrico elettrizzato ad uno non elettrico per contatto o

movimento materiale, come un fluido imponderabile. Un pezzo di metallo, toccato da un

6A quel tempo i corpi erano distinti in elettrici e non elettrici. Ai primi appartenevano

alcune pietre preziose, che potevano

elettrici fossero abbondantemente provvisti di una particolare sostanza elettrica, che si sprigionava in risposta allo strofinio. Questo fenomeno è chiamato triboelettricità. Gli altri corpi n

strofinio, erano invece sprovvisti di tale

ri delle macchine elettriche, ovvero la m

elettrostatica di Otto von Geuricke

La prima macchina per produrre elettricità si deve ad Otto von Geuricke (1602

borgomastro di Magdeburgo, noto soprattutto per i suoi esperimenti sulla pressione atmosferica. sua macchina elettrostatica (fig. 1.3)

in un globo di zolfo, montato su un manico di legno, che veniva fatto ruotare velocemente, mentre una mano strisciava sulla sua superficie, esercitando così un attrito sufficiente ad elettrizzare lo zolfo. Miglioramenti alla macchina elettrostatica di Otto von Geuricke furono apportati sostituendo allo zolfo il vetro, che permetteva di ottenere risultati più evidenti; a seguito di tali miglioramenti verso il 1770 en (1735-1800) inventò un modello di macchina, che venne largamente usato per circa un secolo.

Stephen Gray e la classificazione elettrica dei materiali in

categorie: i conduttori e gli isolanti

La scoperta che i materiali possono essere raggruppati in due grandi categorie, conduttori e isolanti, in relazione alla loro caratteristica di permettere o meno il flusso delle cariche resentò un importante sviluppo nello studio dell'elettricità; questa scoperta

d opera dell'inglese Stephen Gray (1666-1736) (

Egli scoprì che la “virtù elettrica”, ovvero l’elettricità, poteva essere trasmessa da un corpo uno non elettrico per contatto o per conduzione senza un apparente iale, come un fluido imponderabile. Un pezzo di metallo, toccato da un

A quel tempo i corpi erano distinti in elettrici e non elettrici. Ai primi appartenevano solo

potevano essere elettrizzati per strofinio. Si riteneva che questi cosiddetti corpi elettrici fossero abbondantemente provvisti di una particolare sostanza elettrica, che si sprigionava in risposta allo strofinio. Questo fenomeno è chiamato triboelettricità. Gli altri corpi non elettrici, indifferenti allo strofinio, erano invece sprovvisti di tale sostanza.

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ri delle macchine elettriche, ovvero la macchina

La prima macchina per produrre elettricità si ve ad Otto von Geuricke (1602-1686), fisico e borgomastro di Magdeburgo, noto soprattutto per essione atmosferica. La sua macchina elettrostatica (fig. 1.3) consisteva in un globo di zolfo, montato su un manico di legno, che veniva fatto ruotare velocemente, mentre una mano strisciava sulla sua superficie, esercitando così un attrito sufficiente ad elettrizzare lo zolfo. Miglioramenti alla macchina elettrostatica di Otto von Geuricke furono apportati sostituendo allo zolfo il vetro, che permetteva di ottenere risultati più evidenti; a seguito di tali miglioramenti verso il 1770 1800) inventò un modello di macchina, che venne

one elettrica dei materiali in

ati in due grandi categorie, conduttori e isolanti, in relazione alla loro caratteristica di permettere o meno il flusso delle cariche nello studio dell'elettricità; questa scoperta

1736) (6).

Egli scoprì che la “virtù elettrica”, ovvero l’elettricità, poteva essere trasmessa da un corpo per conduzione senza un apparente iale, come un fluido imponderabile. Un pezzo di metallo, toccato da un

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tubo di vetro elettrizzato, acquisiva la proprietà di attrarre i corpuscoli di prova; inoltre trovò che, in certi casi, si poteva avere un’elettrizzazione per cariche indotte. In particolare egli notò che l’elettricità si poteva generare e conservare in certi materiali che chiamò “electris”, mentre essa scorreva nei metalli e nei corpi umidi che chiamò “non electris”; qualche anno più tardi i primi furono chiamati isolanti ed i secondi conduttori. Questi ultimi si elettrizzavano solo se sostenuti da materiali particolari (isolanti), come, ad esempio, i fili di seta. Provò inoltre che, sospendendo una striscia conduttrice con dei fili di seta, era possibile trasmettere l’elettricità per oltre 300 piedi.

Attualmente è noto che i conduttori permettono il movimento di alcune delle cariche, che li costituiscono, sotto l'azione di campi elettrici, a differenza degli isolanti in cui tale moto è impedito. In particolare per i metalli, i conduttori per eccellenza, questa proprietà è dovuta alla particolare natura del legame chimico (legame metallico), che li caratterizza. In conclusione gli isolanti si differenziano dai conduttori, in quanto possono essere elettrizzati per strofinio, cosa che non è possibile per i conduttori. Un’ulteriore differenza consiste nella possibilità per i conduttori, e non per gli isolanti, di condurre la corrente elettrica.

1.4 Il chimico francese Charles Francis Du Fay e l’ “elettricità

positiva e negativa”

Un magnete cilindrico, sospeso ad un filo in corrispondenza del suo baricentro, è soggetto a rotazione, qualora si avvicini un secondo magnete. Studi metodici stabilirono che la forza di interazione fra i due magneti è attrattiva o repulsiva in base al tipo di poli, positivo o negativo, che interagivano. Un analogo fenomeno di natura elettrica fu notato anche nel 1733 dal chimico francese Charles Francis de Cisternay Du Fay (7) (1698-1739). Questi scoprì che, se elettrizzate per strofinio, due bacchette di vetro si respingevano a vicenda, mentre invece una bacchetta di vetro elettrizzata ne attraeva un'altra di ambra precedentemente strofinata. Queste proprietà del vetro e dell’ambra indussero, erroneamente, Du Fay a supporre l'esistenza di due tipi diversi di elettricità, quella "vetrosa" e quella "resinosa". Egli inoltre sottolineò la necessità di collocare i corpi da elettrizzare su supporti isolanti; questa precauzione è chiamata regola di Dufay.

7

(15)

Il comportamento dei magneti evidenziò, inoltre, che la forza eserci

poteva essere di origine elettrica; infatti la magnetite non era in grado di attirare p corpuscoli, per cui si dedusse che essa era un corpo del tutto scarico dal punto di vista elettrico.

1.5 Prototipo del condensatore: la b

Nel XVIII secolo ebbe luogo il cosiddetto esperimento di Leida, che mise in evidenza, casualmente, la possibilità di accumulare la carica elettrica fra due conduttori separati da un isolante. L'esperimento fu eseguito

1745 dal tedesco Ewald Georg

Musschengroek (1692-1761). Elemento fondamentale dell’esperimento fu la cosiddetta bottiglia di Leida (fig. 1.4), che consisteva nella sua forma pri

parzialmente riempita d'acqua, il cui orifizio era chiuso da un tappo di sughero attraversato da un filo metallico o da un chiodo sufficientemente lunghi, da essere in contatto col liquido.

per sbaglio con l'altra mano il filo metallico, era soggetto ad una violenta scossa in tutto il corpo. In una lettera ad un collega francese Musschengroek, ch

suddetta scossa, scrisse che non avrebbe ripetuto l’esperimento, neppure per l'intero Regno di Francia. La bottiglia di Leida divenne così il primo

L’esperimento di Leida dimostrò che era possibile ac

carica elettrica fornita dalla macchina elettrostatica; la carica elettrica accumulata aveva Il comportamento dei magneti evidenziò, inoltre, che la forza esercitata dalla magnetite non poteva essere di origine elettrica; infatti la magnetite non era in grado di attirare p

dedusse che essa era un corpo del tutto scarico dal punto di vista

rototipo del condensatore: la bottiglia di Leida

Nel XVIII secolo ebbe luogo il cosiddetto esperimento di Leida, che mise in evidenza, casualmente, la possibilità di accumulare la carica elettrica fra due conduttori separati da un isolante. L'esperimento fu eseguito quasi contemporaneamente ed indipendentemente 1745 dal tedesco Ewald Georg von Kleist e dal fisico olandese di Leida Pieter

1761). Elemento fondamentale dell’esperimento fu la cosiddetta , che consisteva nella sua forma primitiva in una fiala di vetro parzialmente riempita d'acqua, il cui orifizio era chiuso da un tappo di sughero attraversato da un filo metallico o da un chiodo sufficientemente lunghi, da essere in contatto col liquido.

Lo scopo dell’esperimento consisteva nell’elettrizzare l'acqua contenuta entro il vaso di vetro; a tal fine, tenendo in mano la bottiglia, la parte sporgente del conduttore metallico (filo o chiodo) fissato sul tappo di sughero venne avvicinata all'elemento elettricamente carico di una macch

osservò che lo sperimentatore

ancora con la bottiglia in mano, toccava per sbaglio con l'altra mano il filo metallico, era soggetto ad una violenta scossa in tutto il corpo. In una lettera ad un collega francese Musschengroek, che per primo aveva provato la suddetta scossa, scrisse che non avrebbe ripetuto l’esperimento, neppure per l'intero Regno di Francia. La bottiglia di Leida divenne così il primo condensatore della storia.

L’esperimento di Leida dimostrò che era possibile accumulare nella bottiglia parte della carica elettrica fornita dalla macchina elettrostatica; la carica elettrica accumulata aveva

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tata dalla magnetite non poteva essere di origine elettrica; infatti la magnetite non era in grado di attirare piccoli dedusse che essa era un corpo del tutto scarico dal punto di vista

ottiglia di Leida

Nel XVIII secolo ebbe luogo il cosiddetto esperimento di Leida, che mise in evidenza, casualmente, la possibilità di accumulare la carica elettrica fra due conduttori separati da un ed indipendentemente nel dal fisico olandese di Leida Pieter 1761). Elemento fondamentale dell’esperimento fu la cosiddetta mitiva in una fiala di vetro parzialmente riempita d'acqua, il cui orifizio era chiuso da un tappo di sughero attraversato da un filo metallico o da un chiodo sufficientemente lunghi, da essere in contatto col liquido. Lo scopo dell’esperimento consisteva nell’elettrizzare l'acqua contenuta entro il vaso di vetro; a tal fine, tenendo in mano la bottiglia, la parte sporgente del conduttore metallico (filo o chiodo) fissato sul tappo di sughero venne vvicinata all'elemento elettricamente macchina elettrica. Si lo sperimentatore, quando, ancora con la bottiglia in mano, toccava per sbaglio con l'altra mano il filo metallico, era soggetto ad una violenta scossa in tutto il e per primo aveva provato la suddetta scossa, scrisse che non avrebbe ripetuto l’esperimento, neppure per l'intero Regno

della storia.

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inoltre notevole durata e maggiore intensità di quella generata fino ad allora con le macchine a globo di Guericke.

1.6 Lo studio dell’

Benjamin Franklin

All'americano Benjamin Franklin (1706

“elettricità atmosferica”; nel 1752 fece volare durante un temporale un aquilone munito di

con una macchina elettrostatica. Con il suddetto esperimento dimostrò che le nuvole er portatrici di cariche elettriche, le quali, scaricandosi a terra, generavano un’immensa scintilla, ovvero il fulmine; questo era una manifestazione dell’elettricità presente nell’atmosfera (“l’elettricità atmosferica”)

in laboratorio. Nel 1753 il fisico G. W. Richmann ripeté l’esperimento di Franklin e, a differenza di quest’ultimo, perse la vita, a causa dell’intensa scarica elettrica, che attraversò il suo corpo.

Nato a Boston dalla famiglia di un

vita fu apprendista tipografo a 12 anni, inventore del parafulmine e della sedia a dondolo, filosofo, politico e diplomatico. Egli fu uno dei tre redattori della Declaration of Independence e fu il primo fisico

di un fluido immateriale (l’elettricità) con lo strofinio poteva essere trasportato

si caricava in senso positivo, l’altro in senso negativo. In base a queste considerazioni Franklin enunciò la legge di conservazione della carica elettrica e

inoltre notevole durata e maggiore intensità di quella generata fino ad allora con le macchine

tudio dell’ ”elettricità atmosferica” da parte di

Benjamin Franklin

ericano Benjamin Franklin (1706-1790) si deve la scoperta della cosiddetta “elettricità atmosferica”; nel 1752 fece volare durante un temporale un aquilone munito di una punta metallica, alla quale aveva attaccato un filo di seta in grado di condurre l'elettricità fino ad una chiave metallica sospesa ad esso e posizionata nelle immediate vicinanze del suo corpo (fig. 1.5). Quando toccò la chiave con la mano, scoccò tra di loro una vig

Egli attese che la chiave si caricasse nuovamente e poi la usò per caricare una bottiglia di Leida, con risultati analoghi a quelli ottenuti caricandola con una macchina elettrostatica. Con il suddetto esperimento dimostrò che le nuvole er portatrici di cariche elettriche, le quali, scaricandosi a terra, generavano un’immensa scintilla, ovvero il fulmine; questo era una manifestazione dell’elettricità presente nell’atmosfera (“l’elettricità atmosferica”), che aveva la stessa natura dell’elettricità prodotta . Nel 1753 il fisico G. W. Richmann ripeté l’esperimento di Franklin e, a differenza di quest’ultimo, perse la vita, a causa dell’intensa scarica elettrica, che attraversò

Nato a Boston dalla famiglia di un povero venditore di candele, Franklin nella sua intensa vita fu apprendista tipografo a 12 anni, inventore del parafulmine e della sedia a dondolo, filosofo, politico e diplomatico. Egli fu uno dei tre redattori della Declaration of fisico famoso del Nuovo Mondo. Franklin affermava l’esistenza (l’elettricità) in ogni corpo, impercettibile in condizioni

trasportato da un corpo all’altro; quello che riceveva l’ele

si caricava in senso positivo, l’altro in senso negativo. In base a queste considerazioni Franklin enunciò la legge di conservazione della carica elettrica e sostenne che l’attrazione

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inoltre notevole durata e maggiore intensità di quella generata fino ad allora con le macchine

atmosferica” da parte di

1790) si deve la scoperta della cosiddetta “elettricità atmosferica”; nel 1752 fece volare durante un temporale un aquilone munito di ica, alla quale aveva attaccato un filo di seta in grado di condurre l'elettricità fino ad una chiave metallica sospesa ad esso e posizionata nelle immediate vicinanze del suo . Quando toccò la chiave con la mano, scoccò tra di loro una vigorosa scintilla. Egli attese che la chiave si caricasse nuovamente e poi la usò per caricare una bottiglia di Leida, con risultati analoghi a quelli ottenuti caricandola con una macchina elettrostatica. Con il suddetto esperimento dimostrò che le nuvole erano portatrici di cariche elettriche, le quali, scaricandosi a terra, generavano un’immensa scintilla, ovvero il fulmine; questo era una manifestazione dell’elettricità presente elettricità prodotta . Nel 1753 il fisico G. W. Richmann ripeté l’esperimento di Franklin e, a differenza di quest’ultimo, perse la vita, a causa dell’intensa scarica elettrica, che attraversò

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elettrica era dovuta alla tendenza verso la condizione di equilibrio, che poteva essere ristabilita da una scintilla (scarica). Tramite vari esperimenti egli spiegò il funzionamento della bottiglia di Leida ed affermò che si formava un eccesso superficiale di sostanza elettrica su di una faccia della parete di vetro ed un equivalente impoverimento sulla faccia opposta. Franklin scoprì che la bottiglia funzionava meglio, se rivestita sulla superficie esterna ed interna con sottili fogli metallici. Anche la forma della bottiglia era indifferente e dunque utilizzò delle semplici lastre di vetro ricoperte da fogli metallici su entrambe le superfici; questo dispositivo prese il nome di “quadro di Franklin” (8).

Considerando la concezione dell'elettricità di Franklin, è interessante notare che, sostituendo al termine fluido il termine elettroni e invertendo il senso di moto (l'ambra cede elettroni al vetro), si ottiene la moderna interpretazione del fenomeno.

Attualmente è noto che le scintille tra conduttori, e quindi anche i fulmini, sono causate dalla ridistribuzione delle cariche elettriche, che avviene all'interno di un conduttore o tra conduttori diversi, per raggiungere una situazione di equilibrio elettrico; tuttavia va sottolineato che all'epoca le numerose teorie inerenti ai fenomeni elettrici erano confuse e, a volte, contrastanti.

1.7 L’induzione elettrostatica

Nel 1753 John Canton (1718-1772) osservò che un conduttore posto nelle vicinanze di un corpo carico, ma non in contatto con esso, presentava una carica elettrica di segno opposto a quella del corpo carico nella zona più vicina a quest'ultimo e una carica dello stesso segno nella zona più lontana. Questo fenomeno, attualmente sotto il nome di induzione elettrostatica, presentava una notevole differenza rispetto ai fenomeni fino ad allora sperimentati; infatti in questo caso non era necessario alcun contatto diretto, per elettrizzare un corpo.

8 Franklin fu anche il primo a parlare di cariche positive e negative, che possono neutralizzarsi a vicenda, al

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1.8 Concezione erronea

animale

Il fenomeno, per cui i muscoli della rana subivano una contrazione sotto l'azione dell'elettricità, fu osservato da Luigi Galvani (1737

Egli scoprì che, toccando con

mentre veniva emessa una scintilla da una macchina elettrica vicina, i mus

contraevano violentemente. In seguito scoprì che lo stesso fenomeno avveniva utilizzando solo due conduttori metallici diversi, uno in contatto con un nervo e l’altro con un muscolo. Da ciò Galvani dedusse che un fluido elettrico veniva

attraverso il metallo.

Nel 1771 Galvani affermò che la sorgente dell'elettricità, che faceva contrarre i muscoli della coscia della rana, risiedeva proprio nel suo organismo (

dagli scienziati dell'epoca, ma non da

1.9 Avvio

di

uno

studio

scientifico

dell’elettricità:

dall’osservazione alla spiegazione razionale dei fenomeni

elettrici

Nel 1770 i fenomeni elettrici statici erano ben noti. Si era a conoscenza che e

9 Galvani fu tratto in inganno dal fatto che alcuni pesci erano in grado di dare forti scosse ai loro assalitori

oncezione erronea del fenomeno dell’elettricità: l’elettricità

Il fenomeno, per cui i muscoli della rana subivano una contrazione sotto l'azione tricità, fu osservato da Luigi Galvani (1737-1798), professore di anatomia a Bologna.

con un bisturi il nervo crurale della zampa di una mentre veniva emessa una scintilla da una macchina elettrica vicina, i mus

contraevano violentemente. In seguito scoprì che lo stesso fenomeno avveniva utilizzando due conduttori metallici diversi, uno in contatto con un nervo e l’altro con un muscolo. Da ciò Galvani dedusse che un fluido elettrico veniva trasportato dal nervo al muscolo

Nel 1771 Galvani affermò che la sorgente dell'elettricità, che faceva contrarre i muscoli della coscia della rana, risiedeva proprio nel suo organismo (9). Questa tesi venne accettata da molti

ma non da Alessandro Volta.

Avvio

di

uno

studio

scientifico

dell’elettricità:

dall’osservazione alla spiegazione razionale dei fenomeni

Nel 1770 i fenomeni elettrici statici erano ben noti. Si era a conoscenza che e

tipi di cariche elettriche, che la carica elettrica si conservava (cioè che la somma delle cariche positive e di quelle negative è costante), che cariche di segno uguale si respingevano e che cariche di segno diverso si attraevano; si conoscevano inoltre le proprietà degli isolanti e dei conduttori. Tuttavia per il fenomeno dell’attrazione e repulsione mancava una legge di tipo quantitativo. Essa fu enunciata da Charles Coulomb (1736-1806) tra il 1784 e il

Galvani fu tratto in inganno dal fatto che alcuni pesci erano in grado di dare forti scosse ai loro assalitori

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del fenomeno dell’elettricità: l’elettricità

Il fenomeno, per cui i muscoli della rana subivano una contrazione sotto l'azione 1798), professore di anatomia a Bologna. una rana dissezionata, mentre veniva emessa una scintilla da una macchina elettrica vicina, i muscoli della zampa si contraevano violentemente. In seguito scoprì che lo stesso fenomeno avveniva utilizzando due conduttori metallici diversi, uno in contatto con un nervo e l’altro con un muscolo. trasportato dal nervo al muscolo

Nel 1771 Galvani affermò che la sorgente dell'elettricità, che faceva contrarre i muscoli della ). Questa tesi venne accettata da molti

Avvio

di

uno

studio

scientifico

dell’elettricità:

dall’osservazione alla spiegazione razionale dei fenomeni

Nel 1770 i fenomeni elettrici statici erano ben noti. Si era a conoscenza che esistevano due tipi di cariche elettriche, che la carica elettrica si conservava (cioè che la somma delle cariche positive e di quelle negative è costante), che cariche di segno uguale si respingevano e che cariche di segno diverso si attraevano; le proprietà degli isolanti e dei conduttori. Tuttavia per il fenomeno dell’attrazione e repulsione mancava una legge di tipo quantitativo. Essa fu 1806) tra il 1784 e il

(19)

17

1789 (10). Questi scoprì che le forze magnetiche e quelle elettriche seguivano la legge di Newton, cioè esse erano inversamente proporzionali al quadrato della distanza tra le cariche e direttamente proporzionali al prodotto delle cariche stesse (fig. 1.6). Coulomb, con i suoi lavori, diede il via ad uno studio scientifico dell'elettricità e del magnetismo, che alla semplice osservazione/constatazione di un fenomeno elettrico e/o magnetico affiancava una spiegazione razionale dello stesso.

La legge dell'inverso del quadrato della distanza permise una descrizione matematica dei fenomeni dell'elettrostatica. I grandi fisici matematici dell’epoca di Napoleone o di quella immediatamente successiva (P. S. Laplace e S. D. Poisson (11) in Francia, G. Green in Inghilterra, C. F. Gauss in Germania e altri) svilupparono delle teorie matematiche dei fenomeni elettrostatici, che sono valide tuttora. Anche per il magnetismo vennero formulate teorie matematiche, ma, a differenza dell’elettricità statica, non furono mai osservate cariche magnetiche libere (monopoli), mentre furono osservati i dipoli con uguali "quantità" di magnetismo positivo e negativo.

10 Prima era stata individuata da Henry Cavendish intorno al 1770, che non si era dato cura di divulgarla.

11

(20)

1.10 Primo generatore statico di corrente continua: la pila di

Alessandro Volta

da Galvani. Il suddetto dispositivo contribuì, inoltre, allo sviluppo degli studi dei fenomeni elettrici e magnetici.

Il principale limite delle macchine elettrostatiche dell’epoca era quello di

in maniera continuativa energia elettrica; al contrario la pila di Volta permetteva di disporre di una corrente elettrica persistente

chimica e alla fisica. La pila di Volta susci come testimoniato nel 1831 dal fisico francese

quale affermò: "Questa pila, formata da coppie di metalli diversi separati da un poco di liquido è, per la singolarità de

inventato dal genere umano".

12

Nei primi anni della sua attività Volta studiò la triboelettricità, che era ancora l’unico modo conosciuto produrre elettricità. In una lettera del

una scala, in cui il vetro era il più povero di “fuoco elettrico”, lo zolfo era il più ricco, mentre altre sostanze stavano in posizioni intermedie a seconda della loro relativa capacità

Questo schema fu tuttavia vanificato da alcuni comportava in modo opposto a quello

13

Costituita da una successione ripetuta varie volte di un disco di rame, uno di zinco ed uno di panno bagnato.

Primo generatore statico di corrente continua: la pila di

Alessandro Volta

Il fenomeno messo in evidenza da Galvani

cosiddetta “elettricità animale”, fu analizzato da Alessandro Volta (1745-1827), professore di fisica a Pavia (

affermava che la fonte dell'elettricità non risiedeva nell'organismo vivente, ma era dovuta al contatto tra i due metalli diversi, con cui era costruita la pinza usata per toccare i nervi della coscia della rana.

Tra Volta e Galvani nacque così un lungo dibattito, che ebbe termine nel 1799, quando Volta realizzò un dispositivo per produrre elettricità, ovvero la pila (13) (fig. 1.7)

dimostrò definitivamente la non validità della tesi sostenuta da Galvani. Il suddetto dispositivo contribuì, inoltre, allo sviluppo degli studi dei fenomeni

Il principale limite delle macchine elettrostatiche dell’epoca era quello di

in maniera continuativa energia elettrica; al contrario la pila di Volta permetteva di disporre a corrente elettrica persistente. Grazie ad essa numerose furono le novità apportate alla chimica e alla fisica. La pila di Volta suscitò nei fisici dell'epoca notevole ammirazione, come testimoniato nel 1831 dal fisico francese Dominique François Arago (1786

quale affermò: "Questa pila, formata da coppie di metalli diversi separati da un poco di liquido è, per la singolarità degli effetti che produce, il più meraviglioso strumento mai

ei primi anni della sua attività Volta studiò la triboelettricità, che era ancora l’unico modo conosciuto n una lettera del 1765 inviata a Beccaria Volta classificò le varie sostanze

era il più povero di “fuoco elettrico”, lo zolfo era il più ricco, mentre altre sostanze stavano in posizioni intermedie a seconda della loro relativa capacità di cedere o acquisire

vanificato da alcuni esperimenti di Beccaria, nei quali ad esempio il vetro scabro si comportava in modo opposto a quello lucidato.

Costituita da una successione ripetuta varie volte di un disco di rame, uno di zinco ed uno di panno bagnato.

18

Primo generatore statico di corrente continua: la pila di

Galvani, ovvero la zzato da Alessandro 1827), professore di fisica a Pavia (12). Questi affermava che la fonte dell'elettricità non risiedeva nell'organismo vivente, ma era dovuta al contatto tra i due truita la pinza usata per toccare

Tra Volta e Galvani nacque così un lungo dibattito, che ebbe termine nel 1799, quando Volta realizzò un dispositivo per (fig. 1.7), con la quale imostrò definitivamente la non validità della tesi sostenuta da Galvani. Il suddetto dispositivo contribuì, inoltre, allo sviluppo degli studi dei fenomeni

Il principale limite delle macchine elettrostatiche dell’epoca era quello di non poter fornire in maniera continuativa energia elettrica; al contrario la pila di Volta permetteva di disporre . Grazie ad essa numerose furono le novità apportate alla tò nei fisici dell'epoca notevole ammirazione, Dominique François Arago (1786-1853), il quale affermò: "Questa pila, formata da coppie di metalli diversi separati da un poco di gli effetti che produce, il più meraviglioso strumento mai

ei primi anni della sua attività Volta studiò la triboelettricità, che era ancora l’unico modo conosciuto per sostanze materiali secondo era il più povero di “fuoco elettrico”, lo zolfo era il più ricco, mentre altre sostanze acquisire “fuoco elettrico”. ad esempio il vetro scabro si

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1.11 L’esperienza di Oersted

L’ipotesi dell'esistenza di un legame tra il magnetismo e l'elettricità, a seguito della scoperta dei fenomeni di attrazione elettrostati

studiosi; tuttavia, nessun fisico riuscì a stabilire la natura di quest

dalla sua posizione di equilibrio

invertiva il verso di percorrenza della corrente, che attraversava il filo

che l'azione della corrente elettrica si faceva sentire nello spazio per mezzo di vortici (un’anticipazione del moderno concetto di

A seguito di tale esperimento si poté affermare che l'elettricità e il magnetismo erano fenomeni correlati, in quanto una corrente elettrica era in grado di influenzare un ago magnetico attraverso la generazione di un campo magnetico.

Il 21 luglio 1820 Oersted inviò i suoi risultati all’Accademia delle Scienze danese e furono pubblicati col titolo “Experimenta circa effectum conflictum electrici in acum magneticum”.

14 Esperienze simili, non divulgate adegu

L’esperienza di Oersted

l'esistenza di un legame tra il magnetismo e l'elettricità, a seguito della scoperta dei fenomeni di attrazione elettrostatica e magnetica, aveva attirato l’attenzione di vari studiosi; tuttavia, nessun fisico riuscì a stabilire la natura di questo legame. Nel 1820

all'invenzione della pila di

fisico danese Hans Christian Oersted (1777-1851) notò un fenomeno m singolare. Un ago magnetizzato posto nelle vicinanze di un filo, attraversato dalla corrente elettrica fornita da un dispositivo voltaico, veniva deviato dalla sua posizione di equilibrio (14). Oersted notò che il senso di deviazione cambiava, se si

vertiva il verso di percorrenza della corrente, che attraversava il filo (fig. 1.8)

che l'azione della corrente elettrica si faceva sentire nello spazio per mezzo di vortici (un’anticipazione del moderno concetto di campo magnetico).

o di tale esperimento si poté affermare che l'elettricità e il magnetismo erano fenomeni correlati, in quanto una corrente elettrica era in grado di influenzare un ago magnetico attraverso la generazione di un campo magnetico.

iò i suoi risultati all’Accademia delle Scienze danese e furono pubblicati col titolo “Experimenta circa effectum conflictum electrici in acum magneticum”.

Esperienze simili, non divulgate adeguatamente, furono condotte nel 1802 da Gian Domanico Romagnosi

19

l'esistenza di un legame tra il magnetismo e l'elettricità, a seguito della scoperta ca e magnetica, aveva attirato l’attenzione di vari o legame. Nel 1820, grazie all'invenzione della pila di Volta, il se Hans Christian Oersted 1851) notò un fenomeno molto singolare. Un ago magnetizzato posto nelle vicinanze di un filo, attraversato dalla corrente elettrica fornita da un dispositivo voltaico, veniva deviato . Oersted notò che il senso di deviazione cambiava, se si (fig. 1.8). Egli affermò che l'azione della corrente elettrica si faceva sentire nello spazio per mezzo di vortici

o di tale esperimento si poté affermare che l'elettricità e il magnetismo erano fenomeni correlati, in quanto una corrente elettrica era in grado di influenzare un ago

iò i suoi risultati all’Accademia delle Scienze danese e furono pubblicati col titolo “Experimenta circa effectum conflictum electrici in acum magneticum”.

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1.12 Interazione magnetica tra due

corrente elettrica

direttamente proporzionale alle correnti ed inversame fili rettilinei sufficientemente lunghi

Grazie agli studi di Ampère furono possibili: 1. la magnetizzazione di aghi di acciaio, disp

conduttore (solenoide) percorso del fenomeno (le correnti am

2. la formulazione della legge matematica con cui interagiscono tra loro i fili conduttori percorsi da corrente elettrica, ovvero la legge che permette di determinare la forza con cui i fili di forma qualsiasi si attraggono o respingono;

3. l’esposizione di una regola semplice, per determinare percorso da corrente, il senso di deviazione di un

osservatore disteso parallelamente

scorra nel verso dai piedi alla testa, vede un ago magnetico disporsi col polo Nord alla sua sinistra e col polo Sud alla sua destra

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Contributi alle leggi, che determinano

anche da Jean Baptiste Biot (1774-1862), Felix Savart (1791

che, utilizzando il calcolo infinitesimale, determinò l’intensità del campo magnetico all’interno di un solenoide ed al centro di una spira circolare percorsi da

16

A tale risultato pervenne anche lo scienziato

nterazione magnetica tra due conduttori percorsi da

corrente elettrica

Nel 1820 il fisico francese André

Ampère (1775-1836) osservò che due fili conduttori attraversati da una corrente elettrica esercitavano un'azione reciproca l'uno sull'altro. In particolare essi si attraevano, quando le correnti erano equive

respingevano, quando le correnti erano discordi (fig. 1.9). La forza, con cui i conduttori si attraevano o respingevano, era direttamente proporzionale alle correnti ed inversamente proporzionale alla distanza fra i due

rettilinei sufficientemente lunghi (15).

Grazie agli studi di Ampère furono possibili:

la magnetizzazione di aghi di acciaio, disponendoli all'interno di un avvolgimento

solenoide) percorso da corrente elettrica e soprattutto la spiegazione fisica del fenomeno (le correnti amperiane) (16);

la formulazione della legge matematica con cui interagiscono tra loro i fili conduttori percorsi da corrente elettrica, ovvero la legge che permette di determinare la forza con cui

si attraggono o respingono;

izione di una regola semplice, per determinare, in presenza di un conduttore percorso da corrente, il senso di deviazione di un ago rispetto a un osservatore;

osservatore disteso parallelamente ad un conduttore rettilineo, in modo che la corrente scorra nel verso dai piedi alla testa, vede un ago magnetico disporsi col polo Nord alla sua sinistra e col polo Sud alla sua destra.

determinano gli effetti magnetici in funzione delle correnti e delle

1862), Felix Savart (1791-1841) e in particolare da Pierre Simon

che, utilizzando il calcolo infinitesimale, determinò l’intensità del campo magnetico all’interno di un solenoide ed al centro di una spira circolare percorsi da corrente.

A tale risultato pervenne anche lo scienziato F. J. D. Arago (1786-1853).

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conduttori percorsi da

cese André Marie 1836) osservò che due fili conduttori attraversati da una corrente elettrica esercitavano un'azione reciproca l'uno sull'altro. In particolare essi si attraevano, quando le correnti erano equiverse, mentre si ano, quando le correnti erano . La forza, con cui i conduttori si attraevano o respingevano, era lla distanza fra i due

onendoli all'interno di un avvolgimento di filo da corrente elettrica e soprattutto la spiegazione fisica

la formulazione della legge matematica con cui interagiscono tra loro i fili conduttori percorsi da corrente elettrica, ovvero la legge che permette di determinare la forza con cui

in presenza di un conduttore ago rispetto a un osservatore; ovvero un un conduttore rettilineo, in modo che la corrente scorra nel verso dai piedi alla testa, vede un ago magnetico disporsi col polo Nord alla

(23)

21

In suo onore l'intensità di corrente elettrica si misura in ampere (simbolo A) ed è stata, inoltre, scelta come grandezza fondamentale per i fenomeni elettrici nel Sistema Internazionale (SI).

1.13 Effetti del campo magnetico su un conduttore percorso da

corrente elettrica

Nel 1821 venne pubblicata una memoria da parte di Michael Faraday (1791-1867), nella quale egli mostrava come un campo magnetico esercitava una forza su di un conduttore percorso da corrente elettrica. Fece ruotate una sbarretta conduttrice sospesa ad un’estremità e con l’altra estremità immersa in un bagno di mercurio, così da poter condurre corrente elettrica, in presenza di un campo magnetico.

Faraday pose così le basi per la realizzazione del primo motore elettrico della storia; inoltre mostrò che tale rotazione poteva essere ottenuta anche sfruttando il debole campo magnetico terrestre.

A Faraday inoltre si deve il concetto, fondamentale nella teoria dell'elettromagnetismo, di "linea di forza", che è l'equivalente del moderno concetto di linea di campo.

1.14 L’elettrocalamita

La prima elettrocalamita fu costruita nel 1825 da William Sturgeon (1783-1850), il quale usò una corrente elettrica, per produrre una magnetizzazione (17). Questo dispositivo, che Sturgeon chiamò elettromagnete, era costituito da un pezzo di ferro dolce alto 5 pollici (circa 13 cm) piegato a forma di ferro di cavallo, sul quale era avvolto in diciotto spire, non impaccate, un filo di rame non isolato. Al passaggio della corrente il campo magnetico da essa prodotto, che circondava il filo, si canalizzava nella barra di ferro, la quale era così in grado di sollevare una quantità di ferro pari a circa venti volte il suo peso; nel momento in cui non circolava corrente, la barra cessava di essere un magnete.

L’elettrocalamita presenta alcuni vantaggi rispetto ad un magnete naturale, tra cui la possibilità di controllare il campo magnetico generato. Mentre un elettromagnete è,

17 Grazie all’elettrocalamita Sturgeon vinse un premio da parte della Royal Society. Nel 1820 anche lo

(24)

22

ovviamente, una sorgente di campo magnetico esclusivamente quando circola corrente elettrica nel suo avvolgimento (esso è per così dire una calamita momentanea), il magnete naturale è, invece, una sorgente di campo magnetico permanente e quindi non controllabile, dato che il campo magnetico è di origine naturale.

Un altro indubbio vantaggio dell'elettrocalamita consiste nel poter rinunciare al difficile taglio delle rocce di magnetite; infatti, grazie al confinamento magnetico delle linee di forza all'interno dei materiali ferromagnetici, è la forma del nucleo di ferro tra gli avvolgimenti a determinare la posizione dei poli magnetici e non il taglio della roccia a doversi conformare alla posizione naturale di questi ultimi.

1.15 Gli studi di George Simon Ohm sulla trasmissione

dell’elettricità

Nella prima metà del 1800 il tedesco Georg Simon Ohm (1789-1854) sviluppò i suoi studi sulla trasmissione dell'elettricità nei corpi conduttori. Nel 1827 egli perfezionò il concetto di forza elettromotrice di un generatore di tensione, differenziandola dall'intensità di corrente elettrica, ed enunciò inoltre la legge, che mette in relazione le due grandezze tensione e corrente. La nota legge di Ohm afferma che la tensione V ai capi di un conduttore è direttamente proporzionale all'intensità di corrente I e pari al prodotto dell'intensità di corrente nel conduttore, per una grandezza caratteristica del conduttore stesso, indicata con la lettera R, alla quale Ohm diede il nome di resistenza. In formule: V = RI.

1.16 L’autoinduzione e l’induzione elettromagnetica

L’AUTOINDUZIONE

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di sollevare una tonnellata di ferro. Durante i suoi lavori sugli elettromagneti lo scienziato americano osservò una scintilla, che si generava tra i poli dell'interruttore del circuito elettrico, che alimentava l’avvolgimento, ogni volta che egli interrompeva (apriva) il circuito. Questa osservazione gli permise nel 1829 di scoprire il fenomeno dell'autoinduzione, in base al quale in un circuito, a seguito della variazione temporale dell’intensità della corrente elettrica, che lo percorre, si genera una forza elettromotrice detta di autoinduzione.

In breve, secondo la legge dell’autoinduzione, quando un circuito viene chiuso, tramite un interruttore, la forza elettromotrice autoindotta è in grado di dare origine ad una corrente elettrica autoindotta, detta extracorrente di chiusura, che si somma algebricamente alla corrente “principale”. Viceversa quando il circuito viene aperto, la forza elettromotrice autoindotta si manifesta come una elevata tensione in corrispondenza dei poli dell'interruttore ed essa può dar luogo ad una scintilla (scarica), soprattutto se tra i contatti è presente l'aria atmosferica; la relativa corrente elettrica autoindotta è detta "extracorrente di apertura".

Nel 1832 Henry pubblicò i suoi lavori, ma fu preceduto dalla pubblicazione degli studi che Faraday aveva condotto indipendentemente nel 1831.

L’INDUZIONE ELETTROMAGNETICA

Faraday scoprì l'induzione elettromagnetica nel 1831. Successivamente all’esperienza di H. C. Oersted - in base alla quale una corrente elettrica erogata da una pila di Volta produce un campo magnetico in grado di influenzare un ago magnetico posto nelle immediate vicinanze del filo conduttore percorso dalla corrente - venne avanzata l’ipotesi, di poter generare una corrente elettrica a partire da un campo magnetico e numerose furono le ricerche condotte in tale direzione.

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magneti fissi nello spazio. Egli credeva inizialmente che come le correnti elettriche erano in grado di produrre un campo magnetico intorno al conduttore che le trasportava, così i campi magnetici, agendo su un circuito elettrico, dovevano indurre in esso delle correnti elettriche. Altri esperimenti, simili ai primi, vennero condotti con magneti di maggiori dimensioni, ma non si ebbe alcun risultato positivo. Successivamente Faraday notò che la corrente elettrica indotta si manifestava solo in presenza di un movimento reciproco tra il magnete e il circuito elettrico; questa osservazione gli permise di scoprire il fenomeno dell’induzione.

Durante i suoi esperimenti Faraday riuscì anche a dimostrare che il movimento reciproco tra circuito e sorgente magnetica (magnete) non era l'unica causa dell'induzione, ma che anche un campo magnetico variabile nel tempo era capace di dar luogo allo stesso fenomeno. Quest'ultima constatazione liberava il fenomeno dell'induzione dal limite rappresentato dalla necessaria presenza, per la comparsa del suddetto fenomeno, di movimento reciproco tra la sorgente del campo magnetico ed il circuito elettrico.

A conclusione dei suoi esperimenti, Faraday formulò infine la legge dell'induzione: ogni volta che il flusso del campo magnetico concatenato con un circuito varia nel tempo (per moto relativo o per variazione temporale del campo magnetico o ancora per entrambi i fattori), si ha la comparsa nel circuito di una forza elettromotrice indotta e quindi di una corrente elettrica. Il verso di circolazione di tale corrente (legge di Lenz) fu oggetto di studio del fisico russo Emilij Christjanovic Lenz (1804-1865).

Faraday giunse alla scoperta dell’induzione tramite l’osservazione dei fenomeni nel loro complesso e non tramite l’utilizzo dei metodi analitici propri dei fisici francesi, come, ad esempio, Ampère. Egli infatti rifiutava la concezione atomistica, la quale divideva la materia in atomi e spazio vuoto, poiché riteneva insensato separare la materia dalle azioni da essa esercitate, che si estendevano in tutto lo spazio. Si rifece alla teoria atomica di G. R. Boscovich (18), affermando che la materia era composta da “centri”, da cui si irradiavano

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