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CITTADINANZA E FRATERNITÀ 7 20 15

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(1)

APPRENDIMENTO COME COSTRUZIONE ATTIVA DELLE CONOSCENZE EDUCARE AL BENE COMUNE I PROBLEMI ALCOL CORRELATI

CITTADINANZA E FRATERNITÀ

7

MARZO

2015

Poste italiane S.p.A. Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/04 n. 46) art. 1, comma 1 - DCB Brescia Editrice La Scuola - 25121 Brescia Expédition en abonnement postal taxe perçue - tassa riscossa Pubblicazione mensile - Anno LX -ISSN 0036-9861

(2)

e ditoriale

Cittadinanza e fraternità

Pierpaolo Triani

Tragicamente attuali. Così ci appaiono, di fronte alle cronache di terrore e di orrore, le rifl essioni del Rap- porto Unesco sull’“Educazione per il Ventunesimo se- colo” che, quasi vent’anni fa, sottolineava come sfi da ineludibile quella di “Imparare a vivere insieme, impa- rare a vivere con gli altri”.

Con parole tanto sintetiche quanto lucide il Rapporto delineava il quadro sociale: “Il mondo contemporaneo è troppo spesso un mondo di violenza che delude le speranze che alcuni hanno posto nel progresso umano.

In tutta la storia umana ci sono sempre stati confl itti, ma nuovi fattori stanno accentuando il rischio, in par- ticolare la straordinaria capacità di autodistruggersi che l’umanità ha creato nel corso del ventesimo secolo.

Attraverso i media, il grosso pubblico sta diventando un osservatore impotente, anzi ostaggio, di coloro che creano o alimentano confl itti”1.

Di fronte alla constatazione amara che “L’educazione non è stata capace, fi nora, di fare molto per alleviare la situazione”2, proponeva, come noto, due strade che risultano attuali quanto l’analisi. “L’educazione do- vrebbe prendere – si può ancora leggere nel Rapporto – due vie complementari: ad un primo livello, la sco- perta graduale degli altri; ad un secondo, l’esperienza di obiettivi comuni per tutta la vita, ciò che sembra essere un modo effi cace di evitare o di risolvere con- fl itti latenti”3.

Si tratta di ‘vie’ di fondamentale importanza che non possono essere delegate a qualche fi gura professio- nale, o ad una singola istituzione. Tutti sono chiamati in causa, le famiglie, i media e i social network, le istituzioni religiose, culturali, aggregative, sportive. Le scuole, però, per il loro essere quotidianamente ‘mi- crocosmo’, luogo di incontro e confronto tra storie, culture, visioni del mondo, diverse, svolgono in un ruolo di grande rilevanza per permettere quella sco- perta dell’altro e quell’esperienza di obiettivi comuni di cui parla il Rapporto.

Si tratta però anche di due vie, come in realtà per tutte le questioni cruciali dell’educare, fragili, diffi cili, che richiedono costantemente di essere ri-assunte. Vivere fi anco a fi anco con chi non hai scelto, condividere spazi, tempi, risorse, lo si tocca con mano ogni giorno, è impegnativo, domanda non solo capacità di ascolto e di confronto, ma soprattutto ragioni e direzioni di senso.

Per questo motivo le due vie indicate dal Rapporto non possono essere tradotte in semplici tecniche. Non si tratta di insegnare semplicemente dei comportamenti, ma di operare nella costruzione di un ambiente che permetta di cogliere la possibilità e la signifi catività della convivenza civile. Ma per raggiungere questo obiettivo abbiamo la necessità di ‘volare alto’.

In questi anni abbiamo lavorato spesso nelle scuole sulla scoperta dell’altro ma, forse, abbiamo sottolineato meno l’importanza di sentirci accomunati da obiettivi comuni. Impariamo a vivere insieme se siamo aiutati a sentirci parti di una comunità sociale più grande del nostro cerchio ristretto, a sentirci ‘cittadini’ di essa, pienamente appartenenti e responsabili di essa. L’i- dea di cittadinanza, però a sua volta, rischia di essere astratta, se non è sostenuta da un orizzonte ancora più profondo, quello della fraternità umana.

Prima di ogni differenza c’è una umanità che ci acco- muna e ci affratella: possono le scuole essere ambiente educativo in cui proporre questo signifi cato? È impos- sibile? Credo che valga la pena, anche oggi, continuare a provarci.

1 J. Delors, Nell’educazione un tesoro. Rapporto all’UNESCO della Commissione Internazionale sull’Educazione per il Ventunesimo Secolo, Armando, Roma 1997, p. 85.

2 Ibidem.

3 Ibi, p. 86.

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7

numero

NBS[PtBOOP-9

sito editore: www.lascuola.it

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Editrice La Scuola

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Mensile di problemi e orientamenti per la Scuola Se- condaria di I grado - Anno LX - Direttore responsabile:

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s ommario

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Cittadinanza e fraternità 1 Pierpaolo Triani

e

ditoriale

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dentro a se stessi

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cuola in atto

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pprofondimenti

Attenzione: studenti al lavoro! 5 Susanna Cancelli

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l passo di ciascuno

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a pprofondimenti

1 Una strategia è essenzialmente un metodo per affrontare un compito o raggiungere un obiettivo. Si può intendere come il controllo dei processi. Bruner lo ha usato per indicare i diversi schemi di decisioni nell’elaborazione dell’informazione adottati dai soggetti nei compiti di identifi cazione di concetti. Per questo il concetto di strategia si avvicina a quello di piano, sequenza di azioni e decisioni analoga al programma di un computer. L’uso di una strategia implica una scelta e quindi la presenza di modalità alternative ed implica il tentativo di adattare i processi cognitivi alle esigenze di un compito, in vista di un obiettivo da raggiun- gere. Cfr. P. Boscolo, Psicologia dell’apprendimento scolastico, UTET, Torino 1997, pp. 18-19.

Attenzione: studenti al lavoro!

Susanna Cancelli

La buona scuola, l’insegnante effi cace, sono temi molto trattati nei contesti pedagogici e in particolare negli spazi di rifl essività sulla professionalità docente.

Temi complessi e generativi da cui si diramano collega- menti, approfondimenti, in cui si confermano costanti e si intraprendono innovazioni che disegnano sempre nuove architetture concettuali intorno all’insegnare e all’appren- dere.

Insegnare ed apprendere sono profondamente intrecciati e la nostra idea di apprendimento defi nisce l’idea di in- segnamento.

pretazione degli eventi da parte dello studente stesso che per questo deve poter essere abilitato allo stupore e alla ricerca, alla rifl essività e alla rielaborazione di ciò che vive. Come avviene questo? Questo si rende possibile con regie di apprendimento a cura del docente, che si pone in costante rilettura del contesto in divenire.

Secondo i costruttivisti, compito del docente non è tra- smettere conoscenza, quindi, bensì facilitare l’apprendi- mento con un ruolo da “mediatore” che concorre alla sti- molazione dello sviluppo delle capacità di comprensione dell’allievo, attraverso interazioni continue e reciproche.

Che idea di apprendimento accompagna le tue scelte educative relative alla progettazione didattica? Quando sei in aula, che idea di apprendimento guida le tue scelte quotidiane, ti fa osservare i progressi di un ragazzo o vivere con lui i suoi sforzi per mi- gliorare? Come pensi che gli studenti dovrebbero imparare? Quali azioni didattiche favoriscono l’apprendimento?

La prospettiva tradizionale sui processi di apprendimento considerava adeguato un assorbimento di nozioni e il trasferimento delle stesse dal docente o dal manuale allo studente che memorizzava nomi e date e informazioni;

tale sguardo è progressivamente cambiato verso un’idea di apprendimento come costruzione attiva delle cono- scenze.

Secondo quest’ottica lo studente produce ed elabora at- tivamente l’informazione, costruisce o ridisegna sistemi di conoscenza, utilizzando abilità e strategie, acquisite grazie all’esperienza.

Spazi e tempi per il costruttivismo

La natura umana non è una macchina da costruire secondo un modello e da regolare perché compia esattamente il lavoro asse- gnato, ma un albero, che ha bisogno di crescere e di svilupparsi in ogni direzione, secondo le tendenze delle forze interiori che lo rendono una persona vivente.

John Stuart Mill, Sulla libertà, 1859

L’immagine dell’apprendimento dello studente sostenuta dal costruttivismo sottolinea il ruolo attivo di colui che apprende.

L’apprendimento viene percepito come un processo au- toregolato, con molte possibilità di scoperta e di inter-

Che tempi concedi ai tuoi allievi? Sono i tuoi tempi o i tempi di chi sta gestendo l’attività della propria mente? Consenti spazi dove aver cura della vita della mente? Contribuisci alla regia di ambienti di apprendimento stimolanti? Sai scegliere nodi di co- noscenza signifi cativi, sai darti priorità senza l’ansia di “fi nire il programma” (degli altri non dello studente)? Tu insegnante, sai prenderti del tempo per chiederti il perché della tua proposta didattica?

“Non può esistere una rifl essione educativa che non af- fronti la rifl essione sul tempo [...] non possono esistere innovazione, cambiamento o miglioramento senza una profonda riconsiderazione del tempo, del suo impiego e delle priorità che lo delimitano [...] quando parliamo di decelerare parliamo anche di priorizzare”.

Le strategie1 di apprendimento, l’imparare a imparare e la rifl essione su queste strategie di apprendimento (me- tacognizione) divengono elementi importanti quanto la padronanza dei contenuti. Il “come” è importante quanto il “cosa”.

Se cambia l’idea di apprendimento cambia il ruolo dell’in- segnante. L’insegnante deve saper rifl ettere sulle prati- che didattiche.

(7)

a

pprofondimenti

2 A. Saint Exupéry, Cittadella, Borla, Roma 1978.

3 L. Piaget, cit. in M. Ceruti, La danza che crea, Feltrinelli, Mi- lano 2004, p. 229.

4 Fa notare la Mortari che l’apprendimento signifi cativo sal- vaguarda dal fenomeno dell’incapsulamento cognitivo che si verifi ca quando si acquisisce una conoscenza inerte. Cfr. L.

Mortari, Aver cura della vita della mente, La Nuova Italia, Scan- dicci 2002, p. 23.

Mente al lavoro ed emozioni

salità vissuto come interno, costituendo una grande ri- sorsa per il soggetto. Aspetti cognitivi ed affettivi quindi interagiscono. D’Amore e Godino sottolineano che, base della competenza è una porzione di sapere, un contenuto, l’elaborazione del contenuto e il risultato della stessa co- stituiscono anch’essi conoscenza e che competenza è non solo uso e padronanza di conoscenze, ma anche insieme di atteggiamenti che mostrano la disponibilità “affettiva- mente positiva” a volerne fare uso.

Nell’apprendimento gioca un ruolo importante la “moti- vazione”; il termine indica un movimento, il dirigersi del soggetto verso ciò che desidera; il desiderio è dato da una spinta, un bisogno, una tensione nutrita da aspettative, obiettivi ed emozioni. In essa infatti si combinano aspetti emotivi, cognitivi e metacognitivi, psicologici e sistemico relazionali.

La motivazione ad apprendere è sostenuta dalla presenza di argomenti vissuti dal soggetto come collegabili ad altre conoscenze o ai vissuti e dalle possibilità di un coinvolgi- mento forte nelle attività.

Imparare ad imparare e pensare sul pensiero sono mo- menti in cui la prestazione è legata ad una motivazione emergente che crea una situazione di benessere cognitivo:

la cura della mente necessita di conoscenze ed esperienze motivanti che concorrano alla formazione della persona.

La conseguenza di ciò è che gli insegnanti devono atti- vare conoscenze e abilità che gli allievi già possiedono prima di far loro incontrare nuova conoscenza, dando spazio al riconoscimento e all’espressione delle emo- zioni, offrendo contesti funzionali, signifi cativi e reali.

Nella scuola si dovrebbero assegnare compiti reali che consentano l’applicabilità delle conoscenze e delle abilità.

Co-costruire conoscenza

Bruera ci dice che apprendere è costruire schemi sempre nuovi per leggere il reale. Apprendere, secondo il pensiero della teoria costruttivista, è il risultato di una costruzione soggettiva di signifi cato, così individuale al punto che il senso attribuito ad un concetto non può essere del tutto condivisibile, ma diventa oggetto di ricerca di punti di contatto dell’esperienza di ciascuno, grazie alla negozia- zione di signifi cati4.

Se vuoi costruire una barca, non radunare uomini per tagliare legna, dividere i compiti e impartire ordini, ma insegna loro la nostalgia per il mare vasto e infi nito.

Saint-Exupéry2

L’apprendimento viene considerato dal costruttivismo come dipendente dalla conoscenza, nel senso che lo stu- dente utilizza conoscenze pregresse e copioni esperien- ziali per costruire nuova conoscenza.

La selezione di nuova informazione è fatta, rifi utando o conservando: il che implica la possibilità di accumulo di informazione selezionata che infl uenza ricezione e selezione della nuova informazione in arrivo. In questo meccanismo di sistemi aperti, attraverso l’esplorazione, il ragazzo ristruttura lo schema percettivo precedente, co- struendo nuova conoscenza del mondo e aumentando la capacità di interazione con l’ambiente; l’agire competente è rappresentato da un’interazione complessa tra risorse psico-sociali e contesto: risorse del soggetto, repertorio di abilità, richieste del contesto.

La motivazione sperimentata in comportamenti consi- derati autodeterminanti perché congruenti con scopi e dinamiche del sé personale, rappresenta un locus di cau-

L’intelligenza organizza il mondo organizzando se stessa.

Piaget3

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a

pprofondimenti

Apprendere è costruire cognitivamente (costruttivismo cognitivo), ma anche comunicazione e rielaborazione con gli altri (costruttivismo sociale).

La scuola quindi deve organizzarsi come contesto sociale in cui consentire di “co-costruire” conoscenza.

*EGGMEQS½RXEGLI

Gli studenti devono essere messi a confronto con ambienti

“contestuali” del mondo reale, oppure possono sperimen- tarsi con ambienti artifi ciali “ricchi” per mezzo di media interattivi.

Gli approcci alle tecnologie dell’insegnamento e dell’i- struzione offrono la possibilità agli studenti di “costruire le loro rappresentazioni signifi cative e concettualmente funzionali del mondo esterno”. L’insegnante assume più una funzione di supporto, assiste lo studente nel suo “scif- tare nel paesaggio dei contesti”, guardando ai concetti da un diverso punto di vista ogni volta che il contesto è rivisitato.

Bruner sostiene che i campi della conoscenza non si cre- ano, si trovano5.

Le situazioni di apprendimento possono essere così vicine al reale al punto che gli studenti siano invogliati ad im- pegnarsi in una esplorazione continua non solo quindi in contenuti della vita reale ma anche in ambienti simulati.

5 Cfr. J. Bruner, La cultura dell’educazione, Feltrinelli, Milano 1997, p. 133.

2IPPETVSKVEQQE^MSRI

In questa visione dell’insegnamento si pone minore enfasi sulla strutturazione di obiettivi, sui compiti di appren- dimento e sulle pianifi cazioni preventive mentre si dà per scontato che gli obiettivi emergano quando ha luogo l’apprendimento contestualizzato.

Non si considerano materie di insegnamento come con- tenitori di nozioni ma si parla di discipline e del linguag- gio specifi co delle stesse, con attenzione al loro valore formativo.

Cambiano le parole scritte nella programmazione: “l’a- lunno conosce... costruisce conoscenza... co-costruisce conoscenza”.

Viene posta costante attenzione alle regie di organizza- zione di ambienti di apprendimento, con la realizzazione di un curricolo il meno lineare possibile, con attenzione ai tempi degli studenti, alle scelte di nodi fondanti di sapere entro le discipline, alla selezione di conoscenze generative su cui innestare costruzione di nuova conoscenza, alle preconoscenze di ciascuno, progettando le condizioni di contesto che possano favorire l’azione mentale dei ragazzi.

(9)

* Dottorando di ricerca in Medicina occupazionale, ambientale e sociale, Policlinico “A. Gemelli”, Roma; ricercatore Alta Scuola per l’Ambiente dell’Università Cattolica, (Brescia).

1 Cfr. Punto 1, Carta Europea Dei Suoli, Consiglio d’Europa, Strasburgo, 1972.

2 Defi nizione divulgativa della Società Italiana della Scienza del Suolo e International Union of Soil Sciences.

3 Cfr. COM (2006) n. 232.

4 S. Settis, Paesaggio, Costituzione e cemento. La battaglia per l’ambiente contro il degrado civile, Einaudi, Torino 2010, p. 9.

5 B. De Bernardis, Prefazione, in ISPRA, Il Consumo del suolo in Italia. Rapporto 2014, Roma 2014.

6 L. Galletti, Prefazione in ISPRA, op. cit.

7 http://italiasicura.governo.it/site/home/italiasicura/iniziative.

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8 ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani), dati 2014:

http://www.anci.it 9 S. Settis, op. cit., p. 12.

)HYGEVIEPFIRIGSQYRI

Difendere il suolo per nutrire il Pianeta

Emanuele Cabini*

Il suolo è un bene comune ed è uno dei beni più preziosi dell’umanità1 e forma lo strato più esterno della crosta terrestre. Questo sottile velo di materiale vivente, a volte spesso solo pochi centimetri e che raramente supera i due o tre metri, ha un’infl uenza determinante su quanto accade sulla superfi cie della Terra. Il suolo, infatti, è il si- stema che sostiene la nostra vita2: è una risorsa essenzial- mente non rinnovabile e un sistema molto dinamico che svolge numerose funzioni e fornisce servizi fondamentali per le attività umane e la sopravvivenza degli ecosistemi3. È al centro degli equilibri ambientali: essenziale alla qua- lità della biomassa vegetale e dunque della catena ali- mentare, è luogo primario di garanzia per la biodiversità, per la qualità delle acque superfi ciali e profonde, per la regolazione della CO2 in atmosfera4.

Il suolo fornisce da sempre all’uomo la “base” per la produzione agricola e zootecnica, per lo sviluppo urbano e degli insediamenti produttivi, per la mobilità di merci e persone, così come è anche la dimora e il rifugio di una moltitudine di altre forme viventi e le sue caratteristiche e funzioni sono essenziali per la nostra sopravvivenza sul Pianeta5.

Difendere il suolo dalle aggressioni indiscriminate vuol dire difendere una risorsa anche economica che è stra- tegica per l’Italia: l’ambiente, il paesaggio e le bellezze naturali; signifi ca anche proteggere il paese dalla minaccia del dissesto idrogeologico che spesso ha conseguenze gra- vissime, anche in termini di perdita di vite umane, a causa dell’uso dissennato del territorio6. Non serve ricordare i periodici fatti di cronaca che a ogni cambio di stagione ri- empiono i mezzi di comunicazione e le retoriche afferma- zioni sulla mancanza di cura dei territori e del patrimonio (l’Italia ha il record mondiale di siti UNESCO), mancanza di azioni di prevenzione a favore di interventi in sola emergenza a seguito di calamità naturali. Manca in Italia un’educazione, una sensibilizzazione e una consapevo- lezza di base, non a caso solo nel 2014 è stata presentata dal Governo Italiano, la prima campagna TV e radiofonica nazionale, “Italiasicura”7 contro il dissesto idrogeologico del Paese, quando il problema è cronico da oltre 60 anni:

fi n dall’alluvione del Polesine del 1951. Bisogna ricordare che in Italia ci sono a oggi 8.0578 Comuni di cui 81,9% a rischio idrogeologico e si stimano circa 3,5 miliardi anno di danni dovuti al dissesto.

Si tratta però di costi diffi cilmente contabilizzabili, o per- ché coinvolgono una sfera privata o perché, al contrario, sono costi esterni (esternalità negative) che come tali sono riversati in un ambiente che si suppone che sia ca-

pace di assorbirli, salvo un saldo da porre in carico alle future generazioni.

Il paesaggio, quindi anche il territorio e i suoli che lo compongono, devono essere intesi come “valore” costitu- zionale protetto. L’articolo n. 9 della Costituzione Italiana recita: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifi ca e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”. Secondo Salvatore Settis9, ci sono paradossi proprio italiani: il più basso tasso di crescita demografi ca e il più alto tasso di consumo di suolo. Siamo infatti tra i pochi paesi al mondo con la tutela del paesaggio in Costituzione, ma interpre- tiamo le norme per piegarle alla speculazione edilizia:

l’Italia ha una lunga tradizione di rifl essione su queste tematiche eppure nella scuola italiana non si parla mai di paesaggio.

Perché deve essere fondamentale parlare di questi argo- menti a scuola?

La conservazione dei suoli, come la sostenibilità in senso lato, deve essere oggetto d’insegnamento obbligatorio e non facoltativo a tutti i livelli scolastici e in parallelo og- getto di un’informazione pubblica sempre maggiore. In pri- mis, deve essere insegnata dalla scuola dell’obbligo, dove invece, a più riprese è stata maltrattata, sepolta e risuscitata una delle materie più affi ni alla conoscenza del territorio e del paesaggio: la geografi a. Il territorio è il luogo della quotidianità, dove si concretizza l’esperienza della cittadi- nanza, “intesa come possibilità di riconoscersi e di essere

a

pprofondimenti

(10)

a

pprofondimenti riconosciuti”10 e dove si costruisce il senso di appartenenza

non solo abitativo, ma anche relazionale e culturale.

Educare alla custodia del creato, del paesaggio, del terri- torio, dell’ambiente e del suolo signifi ca preservare anche la propria identità e garantirla per il futuro. Pressanti sono gli interrogativi in chi ha a cuore un’idea di civiltà imper- niata sulla ricerca del bene comune11. In molti adesso si sono convinti che l’integrità del territorio costituisca la pietra angolare per ridefi nire criteri e metodi del nostro sviluppo futuro: bisogna assumere il bene comune come criterio educativo di base.

I beni comuni, come il suolo, si caratterizzano non solo per la loro indispensabilità, ma per la loro fi nalizzazione comunitaria: bisogna vederli come il fondamento della democrazia, della libertà e dell’uguaglianza, dei diritti delle generazioni future12.

Il bene comune non è solo la somma delle parti, ma funziona ed è raggiungibile solo se ogni cittadino è orien- tato e motivato ad andare verso questo. Se tutti non ci sentiamo responsabili, nel nostro piccolo, di quanto av- viene attorno a noi, diffi cilmente possiamo illuderci che vi saranno politiche al servizio dell’uomo e dell’ambiente.

Valgono di più piccoli atti quotidiani di milioni di persone che scelte di pochi uomini13.

L’idea di partecipazione è strettamente connessa con il senso di appartenenza a un territorio: è necessario ri- pensare a una nuova alleanza tra l’uomo e l’ambiente naturale14. Educare alla partecipazione, in contrasto con la delega, promuove l’appartenenza e rende i cittadini attori responsabili dei processi decisionali di gestione del proprio territorio15.

La diffusione di una cultura della sostenibilità per l’ado- zione di comportamenti green richiede un’azione struttu- rata di divulgazione delle conoscenze, intesa come sensi- bilizzazione al tema, come formazione e coinvolgimento dei cittadini e delle organizzazioni, come educazione fi n dall’infanzia ad agire responsabilmente nelle scelte quo- tidiane16. Alla base di questo approccio sta “la persona come ‘agente dei cambiamenti’ piuttosto che come ‘rice- vitore’ passivo dei benefi ci dispensati”17.

Le politiche legate al territorio devono andare di pari passo con quelle legate al cibo e all’educazione della citta- dinanza e degli amministratori stessi; infatti, una corretta alimentazione passa dal rispetto per se stessi e quindi anche dal rispetto per tutto quello ci circonda, a partire dall’ambiente e dal territorio in cui abitiamo.

Per esempio, il dibattito intorno ai rifi uti, e alla qualità dell’aria e alla vocazione agricola del territorio nella pia- nura Padana, richiede politiche coraggiose in favore di un impiego sostenibile delle risorse, in grado di tutelare l’ambiente in cui viviamo dal degrado e da un progressivo depauperamento. Servono quindi scrupolose valutazioni dei costi-benefi ci derivanti dalla trasformazione di ul- teriore suolo agrario, nonché, atteggiamenti prudenti e lungimiranti che attualmente non sono applicati. Le sfi de attuali di “Expo”, in primis la realizzazione del sito espo-

sitivo e delle opere infrastrutturali, non possono essere di- sgiunte da quelle che riguardano la sua eredità culturale, l’educazione a nuovi stili di vita e la costruzione della smart city18. La situazione è però critica anche nell’area milanese, che sarà fulcro dell’esposizione universale nel 2015: cemento e catrame occupano attualmente in Pro- vincia di Milano il 34% del suolo, ma ci sarà una crescita fi no arrivare al 42,7% quando saranno costruite le aree edifi cabili in vista di “Expo”19. Il nuovo sito espositivo, che sarà dedicato al cibo e all’agricoltura, è localizzato in un’area in cui tra il 1999 e 2007 sono stati persi 905 ettari di suolo agricolo fertili, posti a due passi dalla Città di Milano e dove ne potremo perdere altrettanti, se non di più, per poi trovarsi con un “Expo” vetrina di coltivazioni all’interno del sito e una povertà di risorse all’esterno20. I problemi di sostenibilità delle città derivano in primo luogo dal fatto che esse non sono indipendenti dal punto di vista alimentare, né sono in grado di produrre tutta l’energia loro necessaria. Inoltre, l’espansione degli inse- diamenti urbani spesso avviene a scapito di zone coltivate o coltivabili, favorendo così l’insicurezza alimentare e il degrado dei suoli21. Consumo di suolo è quindi un’espres- sione effi cace, ma comunque impropria perché il suolo non si consuma, ma cambia uso, si intendono i processi di trasformazione da usi agricoli o naturali a usi urbani.

10 V. Iori, Abitare. L’educazione ambientale tra scienza ed esi- stenza, in P. Malavasi (a cura di), Per abitare la Terra, un’educa- zione sostenibile, p. 56.

11 P. Malavasi, Formazione, economia civile, in Expo Education Milano 2015. La città fertile, Vita & Pensiero, Milano 2013, p. 18.

12 S. Settis, op. cit., p. 313.

13 W. Berry, La rivoluzione possibile, “Informatore agrario”, marzo-aprile 2009.

14 P. Malavasi, Coscienza ecologica, discorso pedagogico, respon- sabilità educativa, in P. Malavasi, op. cit., pp. 59-66.

15 O. Vacchelli, Educare a un umanesimo planetario tra green economy e governance glocale dell’ambiente in S. Bornatici (a cura di), Frontiere della sostenibilità, persone e contesi per la responsabilità educativa, Pensa MultiMedia, Brescia-Lecce 2012, p. 34.

16 S. Sandrini, Smart mobility, formazione e tecnologie orientate all’uomo, in S.S. Bornatici (a cura di), Frontiere della sosteni- bilità, persone e contesi perla responsabilità educativa, Pensa MultiMedia, Brescia-Lecce 2012, p. 59.

17 P. Conversi, La capacità della società civile di promuovere uno sviluppo umano sostenibile, Pontifi ca Università Lateranense Roma 2005 p. 31.

18 P. Malavasi, Introduzione, in Expo Education Milano 2015. La città fertile, Vita & Pensiero, Milano 2013.

19 CIA, Confagricoltura, Coldiretti, Dati dal report Un futuro per l’agricoltura milanese, Milano, 02 aprile 2014.

20 P. Pileri (a cura di), Spazi aperti. Un (altro) paesaggio per EXPO, Electa, Milano 2011.

21 M. Toso, Prefazione, in Pontifi cio consiglio della giustizia e della pace, Energia, giustizia e pace. Una rifl essione sull’energia nel contesto attuale dello sviluppo e della tutela dell’ambiente, Libreria editrice vaticana, Città del Vaticano 2013.

(11)

a

pprofondimenti

Un problema che porta a una perdita irreversibile di terri- torio prevalentemente agricolo che rappresenta un patri- monio produttivo e ambientale insostituibile, ad esempio in una regione come la Lombardia che ha terre tra le più fertili in assoluto e contribuisce per il 16% al prodotto agroalimentare nazionale22. Quanto avviene nella pia- nura Padana può essere visto come una rappresentazione paradigmatica delle innumerevoli “tragedie dei beni co- muni” che quotidianamente si replicano in ogni angolo del Pianeta, i cui effetti cumulati stanno portando l’uomo sull’orlo della catastrofe ecologica e, prima ancora, del confl itto per spazi e risorse sempre più scarsi23. La que- stione agricola è più seria di quanto si pensi e si percepi- sca in questo momento. Questa trasformazione dei suoli da agricoli a urbani ci costringe a rinunciare per sempre a una quota rilevante di cibo prodotto “dietro casa”24. La sicurezza alimentare, infatti, diventa requisito fonda- mentale non solo nei PVS (Paesi in Via di Sviluppo), ma anche in regioni come la Lombardia, sia in termini di food safety (qualità e sicurezza sanitaria dell’alimentazione), con evidenti rifl essi sulla spesa del Servizio Sanitario Regionale e Nazionale, sia in termini di food security (capacità di auto-approvvigionamento e di “sovranità ali- mentare”) per garantire il cibo a tutti. Nonostante una produttività più che doppia rispetto al dato nazionale, la Lombardia produce solo il 60% dei propri fabbisogni alimentari, con forte defi cit per i vegetali e surplus per i prodotti di origine animale25. La comunque crescente at- tenzione negli ultimi decenni al settore agricolo è dovuta principalmente alla presa di coscienza di molti problemi legati all’alimentazione, alla scarsità e allo sfruttamento delle risorse naturali e alle conseguenze dei cambiamenti climatici sull’ambiente. Il suolo è un bene comune sotto- posto in larga misura a proprietà privata. Il consumo di suolo diviene esemplifi cativo come uso improprio di un bene comune. Non è più possibile usare la scusa dello

“sviluppo” per giustifi care e creare consenso su nuove operazioni immobiliari o opere infrastrutturali, soprat- tutto se ad alto impatto ambientale. La cementifi cazione e l’impoverimento produttivo di alcune aree agricole sono anche il frutto dell’impoverimento dei suoi abitanti e della loro arretratezza educativa. Concludendo, diviene fondamentale ovunque insegnare a conservare il suolo, per nutrire il Pianeta, perché senza terreno fertile non si può mangiare e non si può avere futuro.

22 Report in Forum Italiano per i movimenti per la Terra e il Paesaggi, http://www.salviamoilpaesaggio.it.

23 C. Gardi, N. Dall’olio, S. Salata, L’insostenibile consumo di suolo, Edicom Edizioni, Gorizia 2013, p. 16.

24 P. Pileri, D. Giudici, L. Tomasini, Suoli DOC. Effetti dell’uso del suolo in Franciacorta e Pianura Bresciana, Fondazione CO- GEME, Rovato 2011, p. 46.

25 “Compensazioni ambientali”, convegno organizzato da Or- dine Agronomi e Forestali di Milano, presso Palazzo della Re- gione, Milano, 7 novembre 2012.

(12)

s cuola in atto

6IPMKMSRIGEXXSPMGE

Luciano Pace

Classe prima

-QSHMHMTVIKEVIMP(MSHM+IW

Svolgimento dell’Unità di Apprendimento

L’obiettivo di questa unità di ap- prendimento è quello di condurre gli studenti ad individuare gli elementi specifi ci della preghiera cristiana at- traverso un’opera di confronto fra la preghiera di Gesù, il Padre nostro e le preghiere di altre tradizioni religiose dell’umanità.

Per raggiungere questo obiettivo nella prima ora di lezione il docente proporrà un commento al Padre No- stro per farne cogliere ali studenti la struttura fondamentale. Poi, segui- ranno due ore di lavoro di gruppo attraverso cui confrontare la strut- tura del Padre Nostro con quella delle preghiere di altre tradizioni religiose,

-RHMZMHYEVI KPM IPIQIRXM WTIGM½GM HIPPE TVIKLMIVE GVMWXMERE

e farne anche confronto con quelli di altre religioni. (DPR 11 feb. 2010).

_____________________________________________

0ETVIKLMIVEHIP Padre nostro e il suo schema.

4VIKLMIVIHEZEVMIXVEHM^MSRMVIPMKMSWI

_____________________________________________

Gli studenti saranno condotti ad individuare gli elementi WTIGM½GMHIPPETVIKLMIVEGVMWXMEREGSRJVSRXERHSMP Padre No- stro con alcune preghiere di altre tradizioni religiose.

Unità 6

Obiettivo

di apprendimento ____________________

Contenuti proposti ____________________

Focus della valutazione

tale il cui scopo è quello di mostrare qual è la struttura fondamentale del Padre Nostro, secondo la versione contenuta in Mt. 6, 9-13. Con l’au- silio di un ppt ben congeniato il do- cente dovrà far emergere la seguente struttura della preghiera come da ta- bella sotto riportata:

cogliendo analogie e differenze. A conclusione ci sarà un momento va- lutativo dell’UdA.

Prima ora di lezione: la struttura del Padre Nostro a. Durante la lezione. La prima ora di lezione consiste in una lezione fron-

(13)

s

cuola in atto RELIGIONE CATTOLICA b. Compito a casa. Il docente, dopo

aver consegnato le slides del suo ppt, assegnerà agli studenti lo studio della struttura presentata nella prima ora di lezione.

Seconda ora di lezione: la WXVYXXYVEHMEPXVITVIKLMIVI

a. Durante la lezione. Il docente divi-

derà la classe in sei gruppi e a ciascun gruppo assegnerà una delle preghiere riportate nel box 1. Poi fornirà a cia- scun gruppo una tabella vuota simile a quella utilizzata per descrivere la struttura del Padre Nostro. Scopo del lavoro è quello di compilare la tabella dando una struttura alla preghiera as- segnata dal docente. Alla fi ne, ogni

componente dovrà copiare sul suo quaderno di religione cattolica la ta- bella frutto del lavoro di gruppo.

b. Compito a casa. Gli studenti do- vranno fi nire di compilare la tabella sul loro quaderno, qualora non aves- sero fi nito di compilarla in aula du- rante la lezione.

(14)

s

cuola in atto RELIGIONE CATTOLICA

Livelli di valutazione

Alla luce del confronto fra il Padre NostroEDALTREFORMEDIPREGHIERALOSTUDENTEÒ

/BIETTIVODI

Apprendimento

Gravemente insuffi ciente (GI)

)NSUFlCIENTE). Suffi ciente (SF) Buono (BU) Distinto (DS) /TTIMO/4

Individuare gli elementi specifi ci della preghiera cristiana e farne anche confronto con quelli di altre religioni.

.ONHA

individuato affatto alcun elemento specifi co della preghiera cristiana a confronto con quelli di altre religioni.

Ha individuato in maniera approssimativa alcuni elementi specifi ci della preghiera cristiana a confronto con quelli di altre religioni.

Ha individuato in maniera adeguata, ma non esaustiva, alcuni elementi specifi ci della preghiera cristiana a confronto con quelli di altre religioni.

Ha individuato in maniera adeguata alcuni elementi specifi ci della preghiera cristiana a confronto con quelli di altre religioni.

Ha individuato in maniera adeguata tutti gli elementi specifi ci della preghiera cristiana a confronto con quelli di altre religioni.

Ha individuato in maniera approfondita tutti gli elementi specifi ci della preghiera cristiana a confronto con quelli di altre religioni.

Terza ora di lezione:

il Padre Nostro nelle TVIKLMIVIHMEPXVIVIPMKMSRM Durante la lezione ciascun gruppo do- vrà fare un cartellone dal titolo I modi in cui il Dio di Gesù viene pregato da

'PEWWIWIGSRHE

-QSHMHMGSQYRMGEVIHIPPE'LMIWE

chi non è cristiano, nel quale segnare analogie e differenze fra la preghiera del Padre Nostro e quella analizzata nella seconda ora di lezione. Alla fi ne, il docente valuterà sia il cartellone (in quanto espressione del lavoro di

gruppo) sia i quaderni di religione cat- tolica (in quanto espressione del la- voro individuale) ed assegnerà a cia- scuno studente un giudizio alla luce della seguente tabella di valutazione dei livelli di apprendimento.

'SQTVIRHIVI MP WMKRM½GEXS TVMRGMTEPI HIM WMQFSPM VIPMKMSWM

delle celebrazioni liturgiche e dei sacramenti della Chiesa (DPR 11 feb. 2010).

_____________________________________________

-WEGVEQIRXMIMPPSVSWMKRM½GEXSGSQIWIKRMIJ½GEGMHIPPE

grazia di Cristo.

-WMQFSPMIMWIKRMHMSKRMWEGVEQIRXS

_____________________________________________

+PM WXYHIRXM ZIVVERRS EMYXEXM E GSQTVIRHIVI MP WMKRM½GEXS

principale dei fondamentali gesti e simboli liturgici presenti in ciascun sacramento.

Unità 6

Obiettivo

di apprendimento ___________________

Contenuti proposti

____________________

Focus della valutazione

Svolgimento dell’Unità di Apprendimento

L’obiettivo di questa unità di ap- prendimento è quello di aiutare gli studenti a comprendere i signifi cati

fondamentali dei gesti e dei simboli liturgici presenti nei sacramenti.

Per raggiungere questo obbiettivo, nella prima ora di lezione il docente proporrà un’introduzione al signi-

(15)

s

cuola in atto RELIGIONE CATTOLICA fi cato fondamentale di ogni sacra-

mento, in quanto interpretato dalla Chiesa come segno effi cace della grazia di Cristo. Poi, seguiranno due ore di lavoro di gruppo attraverso cui condurre gli studenti a compren- dere quali sono i segni e i simboli fondamentali collegati a ciascun sa- cramento. A conclusione ci sarà un momento valutativo dell’UdA.

Prima ora di lezione:

il sacramento come segno

a. Durante la lezione. In questa prima ora il docente proporrà un’introdu- zione fondamentale al signifi cato dei sacramenti attraverso una lezione frontale proposta agli studenti con l’ausilio di una presentazione in ppt.

Per preparare la lezione il docente si avvalga delle seguenti fonti:

sua classe;

I contenuti fondamentali della sintesi potrebbero esser quelli riportati di seguito.

b. Compito a casa. Il docente, dopo aver consegnato le slides del suo ppt, assegnerà agli studenti lo studio dei contenuti presentati nella prima ora di lezione.

Seconda e terza ora di lezione: i principali segni sacramentali ed il loro

a. Durante la lezione. Per svolgere il seguente lavoro di gruppo il docente dovrà anzitutto recarsi in un’aula in cui c’è la disponibilità dell’utilizzo viderà la classe in cinque gruppi e a ciascun gruppo assegnerà uno dei segni o dei simboli liturgici propri della liturgia ecclesiale. Scopo delle due ore di lavoro di gruppo è quello di riuscire a compilare la tabella sotto riportata, attraverso una ri- cerca in internet condotta da ciascun gruppo con l’ausilio del docente. I risultati della ricerca dovranno es- sere riportati dagli studenti sul loro quaderno di religione cattolica e solo in seguito sintetizzati per po- terli inserire nella scheda generale.

Poco prima della fi ne della seconda

ora di lavoro di gruppo, il docente farà relazionare ciascun gruppo sui risultati della ricerca e darà un aiuto agli studenti nella compilazione sin- Per sostenere gli studenti nel lavoro di gruppo, il docente può indirizzare la ricerca degli studenti alla consul- tazione dei seguenti strumenti di in- formazione.

: la liturgia ecclesiale è fatta di parole e di gesti semplici (un po’ di acqua, del pane e del vino, olio, ecc.), ma i cui signifi cati rimandano al misterioso incontro fra Dio e l’umanità.

Questo incontro è un’esperienza che coinvolge tutto l’essere umano in pro- fondità e non può essere quindi descritto con un linguaggio quotidiano, ordinario.

Il linguaggio simbolico è adatto a far ri- saltare l’esistenza di un incontro reale (fra Dio e l’umanità) che rimane sempre misterioso, mai totalmente scontato e profondamente creativo.

: per la fede cattolica, qualsiasi azione liturgica compiuta nella chiesa non è tanto il ricordo della pas- sione, morte e risurrezione di Gesù, ma un rendere viva ed effi cace, attraverso alcuni segni e parole, la grazia reale di Gesù Cristo, morto e risorto che ancora oggi salva gli uomini dai loro peccati e li rende degni di accogliere la misericordia di Dio.

: se li si osserva senza uno

sguardo di fede i sacramenti sono gesti che compie la chiesa, una serie di riti che i cristiani compiono similmente ai riti compiuti da tutti gli appartenenti ad una religione. Tuttavia, per la fede della chiesa, i sacramenti sono azioni di Cristo, azioni attraverso le quali Cristo edifi ca la sua chiesa. La chiesa, quindi, non è colei che compie i sacramenti, ma il risultato di ciò che Cristo opera nei sacramenti.

: secondo la dottrina della chiesa, i sacramenti non sono delle “ magie”, cioè incantesimi che accadono grazie alla potenza di chi le compie (in questo caso il ministro del sacramento). I sacramenti sono segni di

“grazia” di Cristo sempre efficaci (og- gettività) ma che non producono i frutti della grazia di cui sono capaci se chi li riceve non li accoglie con fede e con la disponibilità a lasciare agire la grazia nella sua anima (soggettività). Il Dio di Gesù che opera nei sacramenti non può far nulla per l’essere umano, senza che sia l’essere umano a concedergli di farlo a motivo della fede in lui.

in classe.

edizioni dei catechismi della chiesa cat- tolica, suddivise per età. Lo strumento “ ricerca” può aiutare a fi ltrare le parole presenti in ciascun testo catechetico.

Treccani. Lo strumento “ ricerca” può dare ottimi risultati inserendo insieme al nome del segno e del simbolo la parola “ religione” .

può essere utile insegnare a navigare in questa enciclopedia in maniera ordinata e non a casaccio.

Universale

Garzantina, Garzanti, Milano: un’enciclo- pedia facilmente consultabile, in genere trovabile in una qualsiasi biblioteca.

Scopo trasversale del lavoro di gruppo è far sperimentare agli studenti che cosa signifi chi fare ricerca di infor- mazione in maniera critica, cioè ac- certandosi della validità delle fonti di informazione che si consultano e ri- cercando con ordine e sistematicità le informazioni che servono alla ricerca.

b. Compito a casa fra la seconda e la terza ora.

continuare per loro conto la ricerca, alla luce delle indicazioni ricevute dal docente in aula.

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