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Domenico Posca - Formazione obbligatoria e disciplina

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Academic year: 2022

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Indice

1. L’OBBLIGO DI FORMAZIONE CONTINUA ... 3 2. IL CODICE DEI PROCEDIMENTI DISCIPLINARI, LA SOSPENSIONE E LA CANCELLAZIONE DALL’ALBO

... 9 3. LE ATTIVITÀ INCOMPATIBILI CON QUELLA DEL COMMERCIALISTA ... 13

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1. L’obbligo di formazione continua

Obbligo generalizzato

La norma di riferimento per tutte le categorie professionali è il DPR 7 agosto 2012, n. 137 contenente il regolamento recante riforma degli ordinamenti professionali, a norma dell’articolo 3, comma 5, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148. (GU n.189 del 14-8-2012) il cui art. 7 disciplina la Formazione continua prevedendo che al fine di garantire la qualità ed efficienza della prestazione professionale, nel migliore interesse dell’utente e della collettività, e per conseguire l’obiettivo dello sviluppo professionale, ogni professionista ha l’obbligo di curare il continuo e costante aggiornamento della propria competenza professionale secondo quanto previsto dal presente articolo. La violazione dell’obbligo di cui al periodo precedente costituisce illecito disciplinare.

Regolamento dei commercialisti

La Formazione Professionale Continua per i commercialisti risale invece al 1 gennaio 2008 è attività obbligatoria di aggiornamento, approfondimento e sviluppo delle conoscenze e delle competenze tecniche sulle materie oggetto di esercizio dell’attività professionale per gli Iscritti negli Albi tenuti dagli Ordini dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili. Essa è prevista espressamente dall’Ordinamento Professionale e dal Codice Deontologico della Professione di Dottore Commercialista e di Esperto Contabile, per consentire al professionista di mantenere la propria competenza e capacità professionale al livello richiesto per assicurare ai clienti l’erogazione di prestazioni professionali di qualità, secondo le correnti prassi e tecniche professionali e le vigenti disposizioni normative.

La vigente regolamentazione sulla FPC, in base al Regolamento aggiornato e approvato dal Consiglio Nazionale il 3 dicembre 2015, in vigore dal 1 gennaio 2016, prevede che i Dottori Commercialisti e gli Esperti Contabili acquisiscano almeno 90 crediti verificabili nell’arco di un triennio, con un minimo di 20 crediti verificabili per ciascun anno. Almeno 9 crediti formativi devono

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maturarsi nel triennio nelle materie relative a ordinamento, deontologia, tariffe, organizzazione dello studio professionale, la normativa antiriciclaggio e le tecniche di Mediazione.

Con l’entrata in vigore del nuovo Regolamento per la Formazione Professionale Continua sono state introdotte alcune importanti novità nelle modalità di attribuzione dell’esenzione dall’obbligo formativo.

Per gli iscritti che non esercitano la professione, per chi ha oltre 65 anni di età e per chi è iscritto nell’Elenco Speciale non è più previsto l’esonero totale dall’obbligo formativo, è invece riconosciuto un esonero parziale, che impone l’acquisizione di almeno 30 crediti nel triennio, con un minimo di 7 annui.

Per il triennio in corso 2014/2016, tenuto conto che le nuove disposizioni sono entrate in vigore il 1° gennaio 2016, l’obbligo formativo impone di acquisire almeno 10 crediti.

Nei casi di malattia grave debitamente documentata riferita ad un coniuge, parente o affine entro il 1°grado o ad un componente il nucleo familiare, il nuovo Regolamento riconosce un esonero totale dall’obbligo formativo. Pertanto, gli Iscritti che si trovassero nella condizione indicata, potranno farne espressa richiesta all’Ordine.

Per le professioniste in maternità vi è la facoltà dell’iscritta di ripartire la riduzione dei 45 crediti formativi professionali nel periodo compreso tra i mesi di gravidanza e fino al compimento del primo anno del bambino. L’esonero può essere concesso al padre iscritto nell’Albo quando ricorrono le condizioni relative al congedo di paternità previste dall’art. 28 del D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151. L’esonero, con riduzione di 45 crediti formativi professionali, per il periodo determinato dal Consiglio dell’Ordine, su istanza dell’iscritto, è riconosciuto anche ai genitori adottivi o affidatari.

Alla formazione tradizionale, svolta in aula, è affiancata anche quella in modalità telematica E-Learning per consentire agli iscritti lo svolgimento di attività formative dal proprio studio professionale.

A norma dell’Art.1 del regolamento, lo svolgimento della “formazione professionale continua” o “formazione permanente” è obbligo giuridico e deontologico per gli iscritti nell’Albo.

Sono tenuti a svolgere l’attività di formazione professionale continua anche i professionisti sospesi

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dall’esercizio della professione in forza di un provvedimento disciplinare ai sensi degli articoli 52 e seguenti del D.Lgs. n. 139/2005. La “formazione professionale continua” o “formazione permanente” si articola e comprende i seguenti distinti ambiti:

a) l’aggiornamento, quale attività finalizzata all’adeguato mantenimento, approfondimento e sviluppo delle competenze tecnico-professionali dell’iscritto, attinenti alle materie oggetto dell’esercizio dell’attività professionale;

b) la formazione, quale attività finalizzata all’acquisizione di competenze specialistiche, anche di natura interdisciplinare, utili ad un miglior esercizio della professione ed alla crescita del professionista;

c) lo svolgimento di attività formative particolari.

L’attività di aggiornamento consiste:

a) nella frequenza, anche in modalità e-learning, di seminari, convegni, videoconferenze, tavole rotonde e dibattiti, approvati dal Consiglio Nazionale;

b) nella frequenza di congressi nazionali a carattere economico-giuridico, approvati dal Consiglio Nazionale.

L’attività di formazione consiste nella frequenza di eventi formativi che presentano contenuti articolati a seconda dell’obiettivo professionale da perseguire e tendono all’acquisizione di conoscenze specialistiche che concorrono a migliorare la qualificazione professionale e ad accrescerne le competenze. Costituisce attività di formazione la frequenza di corsi di alta formazione, anche in modalità e-learning, approvati dal Consiglio Nazionale.

E-Learning

Un’importante novità introdotta dall’Art.4 del nuovo regolamento consiste nel fatto che tramite le attività di formazione a distanza che utilizzano tecnologie di identificazione biometrica gli iscritti possono acquisire senza alcun limite crediti formativi. Qualora le attività formative siano svolte a distanza con strumenti che non si avvalgono di tecnologie di identificazione biometrica, gli iscritti possono acquisire un massimo di 20 crediti formativi annuali, fatta eccezione per gli iscritti

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affetti da disabilità permanente e per le iscritte nei periodi di gravidanza e nei primi due anni successivi al parto che possono acquisire fino a 30 crediti formativi annuali. Gli iscritti che superino il 65° anno di età in una data compresa nel triennio in corso, gli iscritti nell’elenco speciale e coloro che non esercitano neanche occasionalmente la professione, possono acquisire un massimo di 6 crediti formativi annuali in attività svolte a distanza con strumenti che non si avvalgono di tecnologie di identificazione biometrica.

Valore dei crediti formativi

A norma dell’Art. 15 i crediti formativi sono riconosciuti nella seguente misura in funzione di:

• Attività formative particolari

• Crediti attribuiti

• Limiti massimi annuali

a) Relazioni agli eventi formativi approvati dal Consiglio Nazionale.

1 ora = 3 CFP (max 15)

b) Relazioni nelle scuole e nei corsi di formazione per praticanti approvate dal Consiglio Nazionale.

1 ora = 3 CFP (max 15)

c) Moderatore agli eventi formativi approvati dal Consiglio Nazionale.

1 evento = 3 CFP (max 15)

d) Pubblicazioni di natura tecnico-professionale su argomenti compresi nell’Elenco delle materie oggetto delle attività formative.

3 CFP per ogni articolo di almeno 3.500 battute (max 15)

e) Docenze presso Università nelle materie comprese nell’Elenco delle materie oggetto delle attività formative.

1 CFU = 2 CFP (max 16)

f) Docenze annuali presso istituti tecnici ed enti equiparati nelle materie comprese nell’Elenco delle materie oggetto delle attività formative.

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4 CFP (max 4)

g) Partecipazione alle commissioni per gli esami di Stato per l’esercizio della professione di dottore commercialista e di esperto contabile e per l’esame per l’iscrizione al registro dei revisori contabili.

5 CFP per ogni sessione (max 10)

h) Partecipazione alle commissioni di studio e gruppi di lavoro del Consiglio Nazionale, degli Ordini territoriali e loro Fondazioni.

1 riunione = 2 CFP (max 16)

i) Partecipazione ai gruppi di lavoro e alle commissioni di studio degli organismi nazionali e internazionali cui aderisce il Consiglio Nazionale.

1 riunione = 2 CFP (max 16)

j) Partecipazione alle commissioni ministeriali e parlamentari, nazionali o europee.

1 riunione = 2 CFP (senza limiti)

k) Partecipazione alle commissioni degli organi di governo dei Comuni, delle Province e delle Regioni. 1 riunione = 2 CFP (max 10)

l) Partecipazione alle assemblee degli Ordini territoriali per l’approvazione del bilancio preventivo e consuntivo.

1 riunione = 2 CFP (max 4)

m) Superamento di esami in corsi universitari e master, in Italia e all’estero, nelle materie comprese nell’Elenco delle materie oggetto delle attività formative; gli esami suddetti devono attribuire crediti formativi universitari. (solo fino alla stipula delle convenzioni di cui all’art. 7, comma 4)

Il numero di crediti formativi professionali è pari al numero di crediti formativi universitari attribuiti all’esame (max 10)

n) Partecipazione ad eventi formativi non accreditati, organizzati da Università, Autorità indipendenti o altre Istituzioni pubbliche aventi ad oggetto materie professionali, di cui sia attestata la partecipazione dal soggetto organizzatore.

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1 ora= 1 CFU (max 10)

o) Partecipazione a comitati scientifici o editoriali di Associazioni/organizzazioni costituite dagli Ordini territoriali o dal Consiglio Nazionale.

1 riunione = 2 CFP (max 16)

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2. Il Codice dei procedimenti disciplinari, la sospensione e la cancellazione dall’albo

Il Codice dei procedimenti disciplinari

Il Consiglio Nazionale nel 2016 ha emanato il regolamento contenente il Codice del procedimento disciplinare per la determinazione delle sanzioni disciplinari irrogabili agli iscritti in caso di violazione dei principi, degli obblighi e dei divieti stabiliti dal Codice Deontologico della Professione. Il Codice entrerà in vigore dal 2017.

Le norme del Codice disciplinare si applicano anche agli iscritti nell’elenco speciale dei non esercenti, di cui all’articolo 341 del decreto n. 139 del 2005 e ai tirocinanti.

Potestà disciplinare e sanzioni

Il potere sanzionatorio disciplinare, in base all’art.3 del Codice, spetta al Consiglio di disciplina territoriale dell’Ordine, ovvero ai Collegi disciplinari nei quali esso è articolato, nel cui Albo, elenco speciale ovvero Registro del tirocinio l’interessato è iscritto.

L’Art. 4, in materia di natura e tipologia delle sanzioni disciplinari, stabilisce che le sanzioni disciplinari devono essere proporzionate alla gravità della violazione e alle conseguenze dannose che possano essere derivate dalla medesima. A tal fine devono valutarsi la gravità del fatto, l’eventuale sussistenza del dolo e sua intensità ovvero il grado di colpa nonché ogni circostanza, soggettiva e oggettiva, connessa alla violazione. Oggetto di valutazione è il comportamento complessivo del professionista, nonché l’eventuale danno provocato. Le sanzioni disciplinari sono:

a) la censura;

b) la sospensione dall’esercizio professionale per un periodo di tempo non superiore a due anni;

c) la radiazione dall’Albo.

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Censura

La censura, a norma dell’art.5, consiste in una dichiarazione formale di biasimo. Si applica per le infrazioni di non particolare gravità quando il grado di responsabilità e l’assenza di precedenti dell’iscritto inducono a ritenere che egli non incorrerà in un’altra infrazione. Qualora la sanzione disciplinare della censura risulti comunque sproporzionata rispetto alla tenuità della violazione o al contesto soggettivo e oggettivo in cui si è svolto il fatto, è legittima l’eventuale decisione di archiviazione immediata da parte dell’organo giudicante.

L’archiviazione immediata deve essere motivata e accompagnata dalla verbalizzazione di un richiamo all’interessato non avente natura di sanzione disciplinare e avrà valore di precedente nella valutazione futura di eventuali violazioni della stessa natura da parte degli iscritti.

Sospensione dall’esercizio professionale

L’Art.6 disciplina la sospensione dall’esercizio professionale che consiste nell’inibizione dall’esercizio della professione per un periodo di tempo non superiore a due anni. La sospensione per un periodo non superiore a un anno si applica per le violazioni consistenti in comportamenti gravi commessi con colpa ovvero con dolo e senza che sussistano determinate condizioni:

particolare gravità commesse con dolo o colpa grave e che comportino anche un significativo danno a terzi e all’immagine della professione.

Radiazione dall’Albo o dall’elenco speciale

La terza e più grave sanzione consiste, ai sensi dell’Art.7, nella radiazione dall’Albo o dall’elenco, consiste nell’esclusione dall’Albo o dall’elenco speciale e impedisce l’iscrizione a qualsiasi altro Albo o elenco speciale su tutto il territorio nazionale. La radiazione è inflitta per violazioni molto gravi che rendano incompatibile la permanenza dell’iscritto nell’Albo o nell’elenco speciale.

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Motivazione del provvedimento

L’Art.10 disciplina la motivazione del provvedimento disciplinare con il quale è irrogata la sanzione disciplinare deve essere motivato. Devono essere sempre considerate le circostanze attenuanti o aggravanti, se sussistenti, e di esse deve essere fornita ragione nella motivazione del provvedimento disciplinare con il quale le sanzioni disciplinari sono irrogate.

Tipologie delle violazioni. Il caso dell’obbligo di Formazione Professionale

Tra le diverse violazioni disciplinate dal codice e che attengono all’attività professionale, particolarmente interessante è la disposizione che si occupa dell’obbligo di formazione continua.

L’Art. 15 del Codice disciplinare prevede che la violazione dell’obbligo formativo - di cui al comma 57 dell’articolo 8 del Codice deontologico - comporta l’applicazione di sanzioni disciplinari, proporzionate alla carenza di crediti formativi professionali:

• assenza di crediti, sospensione dall’esercizio professionale fino a tre mesi;

• conseguimento di meno di trenta crediti formativi, sospensione fino a due mesi;

• conseguimento di crediti formativi da trenta a sessanta: sospensione fino a 1 mese;

• conseguimento di crediti formativi oltre sessanta: censura.

L’iscritto che incorre nella violazione dell’obbligo formativo nel triennio successivo è punito con la sospensione dall’esercizio professionale fino al doppio di quanto sopra indicato.

Il mancato conseguimento dei 20 crediti formativi minimi in ciascun anno, ovvero il mancato conseguimento dei 9 crediti in attività formative aventi ad oggetto l’ordinamento, la deontologia, i compensi, l’organizzazione dello studio professionale, la normativa antiriciclaggio e le tecniche di mediazione nel corso del triennio comporta, in ogni caso, la sanzione della censura.

Ai sensi dell’articolo 1, comma 58, del Decreto del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca 7 agosto 2009, n. 143 il professionista che non ha assolto l’obbligo di formazione professionale non può accogliere alcun tirocinante.

Una sanzione particolarmente insidiosa per la violazione dell’obbligo formativo stabilisce che gli iscritti ai quali sia irrogata una sanzione per il mancato adempimento dell’obbligo formativo non possono essere inseriti negli elenchi previsti da specifiche normative, o formati dal Consiglio

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dell’Ordine su richiesta dell’Autorità giudiziaria, della Pubblica Amministrazione o di Enti pubblici, al fine dell’assegnazione di incarichi o della designazione di Commissario in esame.

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3. Le attività incompatibili con quella del commercialista

Art.4 del dlgs. 139/05

L’art. 4 del D.Lgs. prevede che “l’esercizio della professione di dottore commercialista ed esperto contabile è incompatibile con l’esercizio, anche non prevalente, né abituale:

a) della professione di notaio;

b) della professione di giornalista professionista;

c) dell’attività di impresa, in nome proprio o altrui e, per proprio conto, di produzione di beni o servizi, intermediaria nella circolazione di beni o servizi, tra cui ogni tipologia di mediatore, di trasporto o spedizione, bancarie, assicurative o agricole, ovvero ausiliarie delle precedenti;

d) dell’attività di appaltatore di servizio pubblico, concessionario della riscossione di tributi;

e) dell’attività di promotore finanziario”.

Il comma 2 precisa che “l’incompatibilità è esclusa qualora l’attività, svolta per conto proprio, è diretta alla gestione patrimoniale, ad attività di mero godimento o conservative, nonché in presenza di società di servizi strumentali o ausiliari all’esercizio della professione, ovvero qualora il professionista riveste la carica di amministratore sulla base di uno specifico incarico professionale e per il perseguimento dell’interesse di colui che conferisce l’incarico.” Il comma 3, infine, tiene salva l’iscrizione all’Albo per tutti i soggetti ai quali, secondo gli ordinamenti loro applicabili, è vietato l’esercizio della libera professione.

Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili ha emanato note interpretative specifiche sul punto. In tema di attività di impresa si è chiarito, infatti, che, in caso di impresa agricola, l’incompatibilità con l’esercizio della professione sussiste solo laddove l’iscritto assuma la qualifica di imprenditore agricolo professionale (I.A.P.). Sono state, inoltre, fornite alcune precisazioni in tema di accertamento della sussistenza nelle società di servizi del carattere di strumentalità/ausiliarietà all’esercizio della professione, in merito all’intervallo temporale da

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prendere come riferimento nell’effettuare il raffronto tra i fatturati della società e dell'iscritto.

Ripercorriamo la differente casistica regolamentata dal Consiglio nazionale.

La professione di notaio

Le due professioni sono incompatibili qualora la professione di notaio sia contemporaneamente e concretamente di fatto esercitata.

La professione di giornalista professionista

Per giornalista professionista si intende il soggetto, iscritto all’apposito albo, che esercita, in modo continuativo ed esclusivo un’attività di tipo intellettuale, provvedendo alla raccolta, elaborazione e commento delle notizie destinate a formare oggetto di comunicazione attraverso agli organi di informazione di massa, con un apporto espressivo critico. L’esercizio della professione di giornalista è riservata ai soggetti iscritti all’albo, ovvero ai giornalisti professionisti e ai giornalisti pubblicisti.

Quest’ultimo svolge la professione in maniera non occasionale, retribuita, ma non esclusiva e pertanto non si configura incompatibilità con l’esercizio della professione di dottore commercialista ed esperto contabile.

L’attività di appaltatore di servizio pubblico

La figura dell’appaltatore di servizio pubblico deve essere ricondotta nella più ampia disciplina del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163. Ai sensi dell’art. 3, comma 6, del codice dei contratti pubblici, l’appalto pubblico può essere definito come il contratto a titolo oneroso, stipulato per iscritto tra la pubblica amministrazione ed uno o più operatori economici, aventi per oggetto l’esecuzione di lavori, la fornitura di prodotti, la prestazione di servizi.

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Tre, dunque, sono le tipologie di appalto:

• Appalto di lavori, avente ad oggetto l’esecuzione o, congiuntamente, la progettazione esecutiva e l’esecuzione di un’opera rispondente alle esigenze specificate dall’amministrazione, sulla base del progetto preliminare posto a base di gara;

• Appalto di forniture, avente ad oggetto l’acquisto, la locazione finanziaria, la locazione o l’acquisto a riscatto, con o senza opzione per l’acquisto di prodotti;

• Appalto di servizi, avente ad oggetto la prestazione di servizi. Si precisa che, tra i servizi indicati nell’allegato II al Codice, sono presenti i servizi di ricerca e sviluppo, servizi di contabilità, revisione dei conti e tenuta dei libri contabili nonché i servizi di consulenza gestionale e affini. Si ritiene che l’allegato 2 identifichi semplicemente i servizi che l’Ente pubblico deve mettere in gara pubblica per la relativa aggiudicazione.

Si hanno, in sintesi, “appalti pubblici di servizi non costituenti pubblico servizio”, servizi pienamente compatibili laddove riguardanti l’attività tipica del Commercialista, tra cui, ad esempio, la consulenza gestionale ad un Ente Pubblico. Gli “appalti pubblici di servizi non costituenti pubblico servizio”, sono servizi pienamente compatibili laddove riguardanti l’attività tipica del Commercialista.

L’attività di concessionario della riscossione tributi

È concessionario il soggetto cui è affidato in concessione il servizio di riscossione o il commissario governativo che gestisce il servizio stesso. Ai sensi dell’art. 3 del D.L. n. 203 del 30 settembre 2005 a decorrere dal 1° ottobre 2006 è soppresso il sistema di affidamento in concessione e le funzioni relative alla riscossione nazionale. Tali funzioni sono attribuite all’Agenzia delle entrate che le esercita mediante la società Equitalia S.p.a.

L’attività di promotore finanziario

Il promotore finanziario è la persona che, in qualità di dipendente, agente o mandatario, esercita professionalmente l’offerta fuori sede. L’attività di promotore finanziario è svolta

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esclusivamente nell’interesse di un solo soggetto. Per offerta fuori sede, si deve intendere la promozione e il collocamento presso il pubblico:

a) di strumenti finanziari in luogo diverso dalla sede legale o dalle dipendenze dell’emittente, del proponente l’investimento o del soggetto incaricato della promozione e del collocamento;

b) di servizi di investimento in luogo diverso dalla sede legale o dalle dipendenze di chi presta, promuove o colloca il servizio.

L’esercizio dell’attività di impresa

La lettera c) dell’art. 4 del D.Lgs. n. 139/2005 prevede l’incompatibilità più importante, in termini pratici, quella dell’esercizio della professione di dottore commercialista ed esperto contabile con “l’esercizio, anche non prevalente, né abituale dell’attività di impresa, in nome proprio o altrui e, per proprio conto, di produzione di beni o servizi, intermediaria nella circolazione di beni o servizi, tra cui ogni tipologia di mediatore, di trasporto o spedizione, bancarie, assicurative o agricole, ovvero ausiliarie delle precedenti”.

Il tenore letterale della norma rinvia alle definizioni di imprenditore, commerciale ed agricolo, poste dagli artt. 2082, 2083, 2135 del Codice Civile ed è proprio a tali norme che si deve far riferimento per dare una corretta interpretazione delle cause di incompatibilità in commento.

Preliminarmente va osservato che, ai sensi dell’art. 4, le incompatibilità sussistono anche in presenza di un esercizio non prevalente, né abituale, delle professioni e delle attività richiamate.

Nel caso dell’esercizio dell’attività d’impresa i requisiti della non prevalenza e della non occasionalità devono ritenersi soddisfatti in maniera implicita.

Secondo quanto previsto dall’art. 2082 c.c., infatti, è imprenditore colui che “esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione e dello scambio di beni o servizi”, dovendosi intendere per “professionalmente” un esercizio abituale e non occasionale di una determinata attività produttiva, ancorché non si tratti di attività unica o principale.

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Ai sensi dell’art. 4 dell’ordinamento professionale, devono ritenersi incompatibili anche i c.d.

atti isolati di commercio, i quali, diversamente, non darebbero luogo alla qualifica di imprenditore per mancanza del requisito di abitualità.

L’attività, comunque, per essere ritenuta incompatibile, deve essere concretamente svolta.

Tutte le volte in cui l’iscritto assuma una mera qualifica imprenditoriale ma di fatto non eserciti una connessa attività non potrà trovarsi in una situazione di incompatibilità.

A tal fine, in presenza di “qualità imprenditoriale” dovranno essere valutati eventuali elementi probatori tesi ad acclarare sostanzialmente ed incontrovertibilmente che non vi è stato esercizio, quali a titolo esplicativo ma non esaustivo:

• Posizione CCIAA inattiva (connessa ad assenza di costi e ricavi);

• Posizione IVA inattiva;

• Posizione CCCIA e IVA attiva ma assenza di costi e ricavi ed investimenti indispensabili;

• Assenza di luogo di svolgimento dell’attività, se necessario;

• Dichiarazioni scritte (autocertificazioni, dichiarazioni sostitutive di certificazioni e dichiarazioni sostitutive di atti di notorietà, rilasciati da terzi a titolo di prova).

I suddetti elementi pur non dovendo ricorrere congiuntamente, devono essere valutati comunque nel loro insieme.

Nonostante la non chiara formulazione della disposizione, deve ritenersi che, affinché l’attività di impresa risulti incompatibile con l’esercizio della professione, debba ricorrere sia la condizione dell’esercizio “in nome proprio o altrui”, sia la condizione dell’esercizio “per proprio conto”.

Ogni qualvolta non siano soddisfatte entrambe le condizioni, pertanto, l’incompatibilità deve essere esclusa.

L’incompatibilità, in sintesi, opera in presenza di esercizio dell’attività d’impresa:

a) in nome proprio e per conto proprio (il caso dell’imprenditore individuale);

b) in nome altrui e per conto proprio (il caso dell’imprenditore occulto che somministra i mezzi finanziari necessari e, di fatto, dirige l’impresa).

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L’incompatibilità è esclusa nel caso di assunzione del mandato senza rappresentanza (art.

1705 c.c.), in quanto l’attività viene svolta in nome proprio ma per conto altrui. Se ne deduce, inoltre, a maggior ragione, che l’incompatibilità è esclusa anche nel caso dell’iscritto institore o procuratore dell’imprenditore, in quanto l’attività viene svolta sia in nome che per conto altrui.

Occorre, infine, tener presente che la norma estende l’incompatibilità all’attività di intermediazione e alla figura del mediatore, con una formulazione letterale così ampia e generica da ricomprendere qualsiasi attività di intermediazione e alla figura del mediatore.

I casi di esclusione di cui al comma 2

Il comma 2 dell’art. 4 del D. Lgs. N. 139/2005 prevede i seguenti casi di esclusione, ricorrendo i quali lì esercizio dell’attività d’impresa o l’assunzione della carica di amministratore sono da considerarsi compatibili.

1. Attività d’impresa diretta alla gestione patrimoniale o di mero godimento o conservative.

L’incompatibilità deve ritenersi esclusa, ad esempio, qualora l’attività d’impresa sia diretta alla gestione patrimoniale immobiliare e mobiliare. La gestione mobiliare comprende, però, non solo l’ipotesi di gestione “statica” (stabile investimento in titoli), ma anche l’ipotesi di gestione “dinamica”.

Per quanto riguarda l’attività agricola si segnala l’obiettiva difficoltà di individuare concretamente le ipotesi in cui tale attività possa configurarsi di mero godimento o meramente conservativa. A tale verifica potrebbe, pertanto, utilmente concorrere l’utilizzo dei citati parametri individuati dal D. Lgs. n. 99/2004, relativi all’assunzione della qualifica di imprenditore agricolo professionale (I.A.P.). considerato, infatti, che

attraverso l’assunzione di tale qualifica, si individua quell’imprenditore che dedica la maggior parte delle proprie risorse economiche e del proprio tempo all’attività agricola, si ritiene che ‘esercizio di attività di impresa agricola sia incompatibile con l’esercizio dell’attività professionale solo laddove rivesta la qualifica di I.A.P.

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2. Attività d’impresa riguardante società di servizi strumentali o ausiliari all’esercizio della professione.

L’incompatibilità non si ravvisa nel caso in cui l’attività di impresa consista nell’esercizio in forma societaria di società c.d. “di mezzi” o di “servizi”. l’incompatibilità è senz’altro esclusa nel caso in cui la società di “mezzi” o di “servizi”, in cui l’iscritto abbia un interesse economico prevalente e ricopra le cariche sopra descritte con ampi o tutti i poteri, abbia come unico cliente il professionista stesso. In tal caso, infatti, i servizi offerti dalla società sarebbero indubbiamente qualificati come “strumentali” o “ausiliari”.

Quando invece detta società avesse anche clienti terzi, l’esclusione di cui trattasi sarebbe applicabile solo nel caso di prevalenza del fatturato individuale dell’iscritto rispetto alla quota parte di fatturato della società di servizi allo stesso imputabile.

3. Carica di amministratore assunta sulla base di uno specifico incarico professionale e per il perseguimento dell’interesse di colui che conferisce l’incarico.

L’incompatibilità è esclusa anche qualora il professionista rivesta la carica di amministratore sulla base di uno specifico incarico professionale e per il perseguimento dell’interesse di colui che conferisce l’incarico.

Esclusività, incompatibilità ed esercizio delle libere professioni nell’ambito del rapporto di lavoro alle dipendenze della pubblica Amministrazione locale

Il rapporto di lavoro alle dipendenze di enti pubblici, o, più comunemente, il pubblico impiego, è quel «rapporto giuridico intersoggettivo intercorrente tra la Pubblica Amministrazione ed un privato, il cui contenuto consiste nella volontaria prestazione, retribuita e professionale, di un’attività a favore della stessa». Uno dei vincoli degli impiegati pubblici, che derivano dalla comune matrice dell’art. 54, secondo comma, Cost. , è il dovere di esclusività.

Il funzionario, ad esempio, per il solo fatto che entra a far parte della pubblica Amministrazione, si impegna a perseguire l’interesse dello Stato e conforma la sua condotta al dovere di non svolgere attività incompatibili. Il dovere di esclusività, comporta che tutte le energie dei pubblici impiegati devono essere riservate all’espletamento dei compiti loro affidati

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dall’Amministrazione, escludendosi la formazione di centri di interesse alternativi all’ufficio pubblico rivestito e rendendo incompatibile con lo status di pubblico dipendente, indipendentemente dalla sua natura, qualsiasi attività estranea al pubblico impiego che sia caratterizzata da intensità, continuità e professionalità. Non è, pertanto, in generale, compatibile, l’attività professionale con l’attività del pubblico impiego, atteso che l’uno esclude l’altra e viceversa.

Il caso particolare del docente scolastico

Particolare e rilevante, per il numero di professionisti interessati, è il caso sottoposto al Consiglio nazionale nel 2010, con il quale si chiedevano chiarimenti in merito alla sussistenza di una situazione di incompatibilità tra l’esercizio della libera professione e lo svolgimento di un rapporto di impiego in qualità di docente presso un istituto di scuola media inferiore o superiore.

Il Consiglio ha osservato preliminarmente che l’Ordinamento professionale consente l’iscrizione nell'albo ai prestatori di lavoro subordinato, ma non ai soggetti ai quali, secondo gli ordinamenti loro applicabili, è vietato l’esercizio della libera professione. E questo il caso dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni per i quali l’art. 53, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, richiamando quanto disposto dall'art. 60 del D.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3, sancisce, in via generale, il divieto di cumulo con l’esercizio di attività professionale. Tale limitazione, precisa la nota del Consiglio, ha subito, tuttavia, una deroga nel caso di dipendenti pubblici con rapporto di lavoro a tempo parziale. L'art. 1, comma 56 e 56-bis, della legge n. 662 del 23 dicembre 1996, infatti, a seguito della pronuncia della Corte costituzionale n. 189/2001, rimodulando il sistema delle incompatibilità, ha stabilito la compatibilità dell'iscrizione in un albo professionale con lo status di dipendente pubblico in regime di part-time.

Con specifico riferimento al rapporto di impiego presso istituti scolastici in qualità di docente, peraltro, il citato articolo 53, comma 1, fa salve le disposizioni previste dalla normativa di settore che consente, in via generale, al personale docente di esercitare la libera professione, previa autorizzazione del dirigente scolastico.

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Alla luce di tali indicazioni, pertanto, conclude il Consiglio nazionale che non sarà causa di incompatibilità per l’iscritto lo svolgimento di un rapporto di docenza qualora il professionista sia stato espressamente autorizzato dal rappresentante dell'ente scolastico.

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