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Il Parlamento del viceré Giuseppe de Solís Valderúbano conte di Montellano (1698-1699)

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Acta Curiarum Regni Sardiniae 23

Il Parlamento del viceré Giuseppe de Solís Valderúbano conte di Montellano (1698-1699)

a cura di Giuseppina Catani e Carla Ferrante

Torno II.

Capitoli di Corte.

Atti conclusivi del Parlamento (1698-1699)

(2)

Comitato scientifico

per la pubblicazione degli Atti dei Parlamenti sardi

Il PRESIDENTE del Consiglio regionale

On. PIER LUIGI CARLONI, Vice Presidente del Consiglio regionale

PROE BRUNO ANATRA, ordinario di Storia moderna nell'Università di Cagliari

Prof. ITALO BIROCCHI, ordinario di Storia del Diritto italiano nell'Università La Sapienza di Roma

Dott. MARIAROSA CARDIA, professore associato di Storia delle Istituzioni politiche nell'Università di Cagliari

Prof. GUIDO D'AGOSTINO, ordinario di Storia delle Istituzioni politiche nell'Università di Napoli "Federico II", membro della "Commission Internationale pour l'Histoire des Assemblées d'États"

Prof. ANTONELLO MATTONE, ordinario di Storia delle Istituzioni politiche nell'Università di Sassari

Dott. GABRIELLA OLLA REPETTO, ispettore generale per i Beni archivistici Prof. MARCO TANGHERONI, ordinario di Storia medioevale nell'Università di

Pisa

Segreteria del Comitato scientifico

Dott. GIAMPAOLO LALLAI, capo Servizio segreteria del Consiglio regionale della Sardegna

Dott. ANNA DESSANAY, funzionario del Servizio studi del Consiglio regiona- le della Sardegna

Dott. MARIA SANTUCCIU, funzionario del Servizio amministrazione del

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ATTI CONCLUSIVI DEL PARLAMENTO

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ACTA REGNI

CURIARUM SARDINIAE

IL PARLAMENTO DEL VICERÉ GIUSEPPE DE SOUS VALDERRABANO

CONTE DI MONTELLANO

D0.9.0000"».09.009.0000.0~

CONSIGLIO REGIONALE

DELLA SARDEGNA

(4)

Copyright Consiglio regionale della Sardegna, 2004 Redazione, stampa e distribuzione a cura

dell'EDI.CO.S. (Editori Consorziati Sardi) s.r.l.

Via Contivecchi 8/2 - 09122 Cagliari Tel. e Fax (070) 270507

Fotocomposizione e impaginazione

(5)

ACTA CURIARUM REGNI SARDINIAE Volumi già pubblicati

1. "Acta Curiarum Regni Sardiniae".

Istituzioni rappresentative nella Sardegna medioevale e moderna Atti del Seminario di studi (Cagliari, 28-29 novembre 1984) Cagliari, 1986 (seconda edizione, 1989).

2. Il Parlamento di Pietro IV d' Aragona (1355) a cura di Giuseppe Meloni

Cagliari, 1993.

3. I Parlamenti & Alfonso il Magnanimo (1421-1452) a cura di Alberto Boscolo

Revisione, apparati e note di Olivetta Schena Cagliari, 1993.

5. I Parlamenti dei viceré Giovanni Dusay e Ferdinando Girón de Rebolledo (1494-1511)

a cura di Anna Maria Oliva e Olivetta Schena Cagliari, 1998.

12. Il Parlamento del viceré Gastone de Moncada marchese di Aytona (1592-1594)

a cura di Diego Quaglioni Cagliari, 1997.

14. Il Parlamento del viceré Carlo de Borja duca di Gandia (1614) a cura di Gian Giacomo Ortu

Cagliari, 1995.

(6)

16. Il Parlamento straordinario

del viceré Gerolamo Pimentel marchese di Bayona (1626) a cura di Gianfranco Tore

Cagliari, 1998.

23. Il Parlamento del viceré Giuseppe de Solís Valderrdbano conte di Montellano (1698-1699)

a cura di Giuseppina Catani e Carla Ferrante Cagliari, 2004.

I. Atti del Parlamento

11. Capitoli di Corte. Atti conclusivi III. Abilitazioni e procure

IV. Abilitazioni e procure.

24. L'attività degli Stamenti nella "Sarda Rivoluzione" (1793-1799) a cura di Luciano Carta

Cagliari, 2000.

I. Atti dello Stamento militare, 1793

II. Atti degli Stamenti ecclesiastico e militare e della Reale Udienza, 1793-1794 III. Atti degli Stamenti militare e reale, 1795

IV. Atti degli Stamenti militare e reale, 1796-1799.

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III

Capitoli di Corte

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1.

I capitoli presentati dai tre Stamenti

1. GLI STAMENTI RIUNITI

211 1698 aprile 17, Cagliari

Capitoli presentati unitariamente dagli Stamenti ecclesiastico, militare e reale.

Gli Stamenti, riuniti in generale Parlamento, avendo dimostrato la loro fedeltà nei confronti del sovrano con l'offerta di un donativo di 60.000 scudi annuali per dieci anni; nonostante l'estrema povertà in cui versa il regno a causa delle ripetute annate di peste, della fame, della sterilità delle terre, della moria di bestiame, della mancanza di commercio e dello spopolamento, chiedono al sovrano di beneficiare i suoi vassalli con grazie e mercé che con- sentano loro di continuare ad offrire il donativo; supplicano pertanto che il viceré, come presidente delle Corti, decreti, conceda e disponga per atto di Corte e legge pazionata i seguenti capitoli:

1 che siano osservati tutti i capitoli di Corte concessi nei Parlamenti pre- cedenti e quelli che saranno concessi in queste Corti, che ad essi sia data un'interpretazione letterale secondo i principi sanciti nelle Costituzioni di Catalogna e che, per nessun motivo, nemmeno con il pretesto che non sono più in uso, si possa derogare da essi in conformità a quanto stabilito nei capi- toli 6, 8, 10, 13, 15, 19, 20, 21, 22 del libro I, titolo 3 degli Acta Curiarum compilati dal Dexart, senza aver prima sentito il parere degli Stamenti, come previsto nel capitolo 21, libro I, titolo 3 e nel capitolo 4, libro I, titolo 5 della stessa raccolta.

Il viceré dispone che ricorrano al sovrano.

2 che siano confermate le grazie concesse nelle Corti dei viceré conte di Santo Stefano e duca di Monteleone ed, in particolare, che tutte le pensioni ecclesiastiche gravanti sui vescovadi, compresi quelli di Ales, Ampurias e Bosa, sui tre arcivescovadi e sulle due capitanie delle galere del regno, siano date ai sardi, naturali e non, come già avviene.

Il viceré approva secondo la forma decisa dal sovrano nelle ultime due Corti.

3 che gli arcivescovadi di Cagliari, Sassari e Oristano e il vescovado di Alghero siano assegnati perpetuamente ai sardi, in quanto il regno vanta perso- ne di grande qualità e cultura degne di occupare tali ministeri, così come avvie-

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ne negli altri regni della Corona d'Aragona. Nel caso in cui non fosse gradito al re concedere tale privilegio per l'arcivescovado di Cagliari, lo si conceda almeno agli altrii, quello di Cagliari potrebbe, semmai, essere ricoperto alternativamen- te da un nativo del regno e da uno straniero nominato dal sovrano.

Il viceré rimette la decisione al sovrano.

4 che il giudice de competencias e cancelliere apostolico e reale sia un sardo nativo del regno, dottore in leggi, graduato presso un'Università pub- blica, con esami regolari, e che sia persona di elevata cultura e molto esperto in leggi e canoni, perché possa giudicare secondo Dio e la sua coscienza.

Il viceré rimette la decisione al sovrano.

5 che le cause di contenzione vengano istruite entro 30 giorni — essendo invalso l'uso della proroga d'ufficio da parte del cancelliere o su istanza del regio fisco — a pena della loro devoluzione alla curia ecclesiastica; nel caso in cui il cancelliere sia impedito per malattia o per altri motivi, il viceré o chi pre- siede la Reale Udienza nomini un sostituto per tale periodo di assenza; inoltre che, per il celere disbrigo delle cause di spettanza degli arbitri ecclesiastici e regi, il sovrano decida circa le modalità di riunione e la precedenza da rispetta- re e che tali arbitri si riuniscano nella chiesa del Monte di Pietà e si pronunci- no entro 5 giorni; scaduto tale termine, la causa passerà al cancelliere.

Il viceré approva la richiesta relativa all'eliminazione delle proroghe e, per quanto riguarda la precedenza tra gli arbitri, dispone che si osservi quanto stabilito dal sovrano e cioè che il reggente la Reale Cancelleria sia l'arbitro ordinario della giurisdizione reale e il vicario generale dell'arcivescovado di Cagliari sia il giudice ecclesiastico, mentre per gli altri arcivescovadi e vesco- vadi sia previsto un letrado o un ecclesiastico.

6 che si nomini un terzo e che questo sia il cancelliere de competencias, chiamato a risolvere i frequenti conflitti tra la giurisdizione regia, ecclesiasti- ca e il tribunale dell'Inquisizione, provocati il più delle volte dagli inquisitori i quali non rispettano i concordati e procedono di fatto con censure contro i ministri e contro i secolari e gli ecclesiastici; dando origine a controversie che non si risolvono con le letras de conferencia e vengono così devolute ai Consigli Supremi; in tal modo si ritarda notevolmente la risoluzione delle cause con grave danno dei ministri e delle persone colpite dalle censure.

Il viceré dispone che ricorrano al sovrano il quale prenderà i provvedimen- ti più opportuni in materia.

7 che si proceda con celerità nella definizione delle cause di appello dalle

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stesso cancelliere del regno o il giudice d'appello dei tribunali ecclesiastici e che giudichi tutte le cause d'appello provenienti dalle sentenze degli inquisi- tori senza dover ricorrere al Consiglio Supremo.

Il viceré rimette la decisione al sovrano.

8 che le cause di appello dai tribunali ecclesiastici e dai giudici ordinari, per evitare i ritardi e i costi considerevoli del ricorso alla Curia romana, siano decise nel regno dal giudice dei gravami e di appello istituito dai pontefici Pio V e Urbano VIII.

Il viceré dispone che ricorrano al sovrano.

9 che né il Regio Fisco né gli ufficiali regi privino del possesso del feudo e dei diritti ad esso connessi quegli eredi che vantano documenti attestanti il diritto di successione. Il Regio Fisco, infatti, alla morte del titolato senza figli maschi, si intromette nella successione per impadronirsi dei territori feudali, adducendo la motivazione che si tratti di feudo "rigoroso" e portando le liti presso il Supremo Consiglio, a cui gli eredi possono ricorrere solo con grande difficoltà per l'eccessiva distanza ed i costi. Così è accaduto per la contea di Monteleone dove, pur trattandosi giuridicamente di un feudo improprio e quindi aperto anche alla successione femminile — attribuito a donna Simona Roca Martì Castelvì, figlia dell'ultimo conte, con sentenza del tribunale del real Patrimonio e voti della Reale Udienza — il Regio Fisco, per impedire tale possesso, si appellò chiedendo l'annullamento della sentenza. Si chiede quin- di che la contea di Monteleone venga assegnata a donna Simona Roca Martì Castelvì e che si conceda il possesso della baronia di Gesico e di Goni a Beatrice, figlia primogenita del fu don Antioco Sanna Malonda, privata dal Regio Fisco di questo possesso sempre con il pretesto che la detta baronia fosse un feudo "rigoroso"; oppure, nel caso in cui questo non fosse possibile, si dia il feudo ai fratelli del defunto Antioco, entrambi ecclesiastici che, per le leggi del regno, non sono espressamente esclusi dalle successioni feudali.

Il viceré dichiara che intercederà presso il sovrano a favore della richiesta di donna Simona Roca Martì Castelvì in quanto legittima e per donna Beatrice Sanna in considerazione del miserevole stato in cui versa; per il resto ricorrano al sovrano.

10 che tutti i feudi del regno siano aperti alle donne in mancanza di maschi, secondo la linea della primogenitura, e che il Regio Fisco non frap- ponga ostacoli alla presa di possesso dei feudi da parte di donne.

Il viceré dispone che ricorrano al sovrano.

11 che vengano nominati dei giudici di contrafueros che diano pronto

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rimedio alla violazione di leggi, privilegi e capitoli di Corte, come già stabili- to nel Parlamento del re Alfonso — cap. 2, lib. 1, tit. 3 del Dexart — dove furono nominati quali giudici i vicari di Cagliari, Sassari e Alghero che, però, per l'eccessiva distanza, non si riunirono mai. Pertanto si chiede che i giudici di contrafueroS siano gli arcivescovi di Cagliari e Oristano, il vescovo di Ales e i loro vicari generali oppure persone con i requisiti necessari, estratti a sorte nei tre bracci; essi abbiano lo stesso tipo di giurisdizione vigente nel Regno di Valenza e, nel termine di 8 giorni, dichiarino l'eventuale violazione dei dirit- ti. Nel caso in cui il sovrano non voglia nominare tali giudici, in presenza di violazione dei capitoli di corte, si chiede che le prime voci degli Stamenti o un loro rappresentante possano intervenire e, in caso di dubbio, ci si rivolga al sovrano.

Il viceré dispone che ricorrano al sovrano.

12 che i cavalieri stranieri non siano abilitati in qualità di militari soltan- to grazie alle dichiarazioni dei testimoni, come già stabilito nella carta reale del 2 maggio 1631 (cap. 6, lib. 1, tit. 1 del Dexart); siano invece abilitati d'ora in poi soltanto quelli in possesso di esecutoria e ordine regio in forma di dispaccio del Supremo Consiglio d'Aragona.

Il viceré dispone che si osservi la carta reale.

13 che non si dia luogo all'avocazione delle cause come stabilito nel capi- tolo di Corte (cap.1, lib. 5, tit. 2 raccolta Dexart) e nelle regie prammatiche (cap.1, tit.11) e che non si concedano né si inviino lettere causa videndi et recognoscendi, in quanto alle parti rimane sempre la possibilità della suppli- ca al sovrano. Nel caso in cui si predispongano tali lettere, si chiede che non se ne dia esecuzione nei Regi Consigli e che si prosegua il corso normale del procedimento. Quando, però, sembra necessario concedere le lettere, i mini- stri giudicanti siano informati dei vizi di falsità con cui sono formulate e quindi non ne tengano conto. Nel caso in cui ne viene data esecuzione, la parte che l'ha sollecitata sia obbligata a portare, a proprie spese, gli atti al Supremo Consiglio d'Aragona che deve pronunciarsi entro un anno, in caso contrario il procedimento ritornerà ai tribunali ordinari. Nella causa del mar- chesato di Torralba ed in quella relativa ai beni di don Michele Bonfant, furono emanate letras causa videndi e la controversia è sospesa da oltre 40 anni con grave danno dei creditori; infatti l'avocazione delle cause impedisce il corso normale della giustizia e ritarda il risarcimento del danno.

Il viceré dispone che ricorrano al sovrano che prenderà i dovuti provvedi- menti per una questione tanto importante per la situazione in cui oggi versa il regno.

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14 che sí dia immediata esecuzione alla sentenza proferita dalla Reale Udienza a favore di don Francesco Pilo Boyl, barone di Putifigari, contro il procuratore del marchesato di Torralba che si era impadronito di alcuni terri- tori appartenenti al barone, e che non si dia corso alla letra causa videndi ottenuta dal procuratore del marchesato.

Il viceré dichiara che in merito a tale richiesta aveva già interessato il sovrano e che ripresenterà la questione.

15 che venga osservata la disposizione decretata nelle Corti del viceré conte di Santo Stefano secondo la quale, nella stagione che va da giugno a dicembre, nessuno deve essere chiamato da un capo all'altro del regno ed in particolare i militari, a causa del caldo estivo e per il rischio di essere catturati in mare. Così capitò, infatti, a don Felice de Liperi di Sassari il quale, chia- mato a Cagliari dal viceré Monteleone, fu catturato in mare.

Il viceré approva.

16 che venga ridotto di 1 reale il diritto che grava sulla sacca del grano portandolo a 3, come disposto nella prammatica del sovrano Filippo III del 1617; ciò favorirà la diminuzione del costo del grano, l'aumento delle espor- tazioni a beneficio sia del Regio Erario che dei vassalli.

Il viceré dispone che ricorrano al sovrano.

17 che, in osservanza al disposto dei capitoli di Corte concessi dal sovrano Alfonso V (3-4, lib. 2, tit. 3 della raccolta del Dexart), non si celebrino pro- cessi segreti contro i militari ma si proceda solo su istanza di parte nella forma pubblica ordinaria e, quando si intenta un capo d'accusa, si istruisca il procedimento e si emetta la sentenza entro tre mesi dal giorno della cattura o della presentazione dell'istanza; si chiede inoltre che, secondo il cap.22, lib.2, tit.3 del Dexart, la causa venga giudicata da sette militari e non si emetta la sentenza senza aver prima notificato la nomina dei giudici, i quali devono essere naturali del regno e non ricoprire uffici regi.

Il viceré dispone che si osservi la consuetudine.

18 che vengano assegnati ai naturali i posti vacanti dei ministri di giusti- zia e patrimonio, i quattro uffici di coadiutore del razionale, l'ufficio di cas- siere del Regio Erario, di procuratore fiscale regio e patrimoniale, e qualsiasi altro impiego, così come avviene negli altri regni della Corona. Nel caso in cui il sovrano voglia riservare per sé la nomina del reggente e dei fiscali regi, si chiede che conceda almeno gli altri posti ai naturali del regno, compren- dendo anche l'ufficio del depositali() reale ed i quattro impieghi della sala civile della Reale Udienza; se, infine, il sovrano decide di affidare uno di que-

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sti uffici a forestieri, che si prendano in considerazione anche i sardi per inca- richi negli altri regni.

Il viceré dispone che ricorrano al sovrano.

19 che tutti i posti di milizia, sia di terra che di mare (sergenti, alfieri, capitani, tesorieri, commissari di artiglieria e cavalleria, ufficiali di pace e di guerra, governatori delle galere e delle torri) siano dati ai naturali anche in considerazione dell'alto costo che il regno sopporta per il mantenimento della squadra delle galere, istituita nel 1622 con atto di Corte del Parlamento del viceré Vivas. Si chiede infine che venga pagato regolarmente il soldo a coloro che occupano impieghi militari ed, in particolare, al governatore di Alghero, in arretrato da 4-5 anni, ed al castellano di Castellaragonese, Antioco Santucho, in arretrato da 8.

Il viceré dispone che ricorrano al sovrano.

20 che nel nominare l'uditore della Rota, nella quale si alternano uomini dei regni di Aragona, Catalogna e Valenza, si faccia entrare anche un rappre- sentante del regno di Sardegna, scelto da una terna di candidati presentati dal viceré.

Il viceré dispone che ricorrano al sovrano.

21 che i creditori titolari di censi sulla real cassa siano pagati ogni anno, mettendo tale impegno al primo posto dopo quello della paga dei salari agli ufficiali, in conformità alla carta del sovrano Filippo IV, in quanto tali credi- tori sono per la maggior parte monasteri, religiosi, chiese, capitoli e cavalieri molto poveri che traggono il loro sostentamento dai censi.

Il viceré dispone che ricorrano al sovrano a cui la richiesta è stata già pre- sentata.

22 che l'esazione del donativo sia effettuata dagli ufficiali e giudici ordina- ri per mezzo dei collettori, e non dai commissari che vessano e molestano i vassalli gravandoli di spese ed indennità di missione; il donativo venga quin- di versato nella regia cassa o consegnato alla persona designata, senza che gli ufficiali, giudici ordinari e collettori chiedano compensi e rimborsi.

Il viceré dispone che si dia esecuzione alla supplica e che si prendano prov- vedimenti nei confronti degli ufficiali negligenti.

23 che si raccolgano e si stampino i capitoli di Corte successivi alla raccol- ta del Dexart per poter governare secondo le leggi, gli statuti e i diritti con- cessi; si chiede inoltre che la compilazione sia affidata a persona idonea di

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Il viceré approva e dichiara che provvederà insieme alla Reale Udienza.

24 che sí conceda una dignità ecclesiastica vacante ed una pensione di 300 scudi, gravante sulla mitra cagliaritana, a don Ilario Galcerin, cancelliere apostolico e reale al servizio del sovrano da oltre 8 anni, senza salario né compensi.

Il viceré dispone che si rivolgano al sovrano e che intercederà a favore della richiesta.

25 che nelle città, ville e località del regno si usino le stesse unità di misu- ra per i tessuti, i grani, i legumi e altri generi, per evitare gli inconvenienti che si creano nelle operazioni di compravendita, nel pagamento delle decime e nella esazione dei grani- inoltre che le misure abbiano il marchio reale e, nel caso delle città, quello municipale; si abbiano, infine, due marchi origina- li uno per il capo di Cagliari e uno per quello di Sassari che avrà, secondo l'uso, la forma di "carretta".

Il viceré approva e dichiara che darà gli ordini necessari.

26 che i militari non siano obbligati a catturare i propri parenti e domesti- ci, e ugualmente non siano obbligate le altre persone sino al terzo grado di parentela, in quanto si tratta di compito spettante agli ufficiali e ministri di giustizia.

Il viceré dichiara che terrà in considerazione la richiesta.

27 che il sovrano interceda presso il pontefice affinché vengano nuova- mente concessi alla cattedrale di Alghero i frutti delle decime della plebania di Nuoro, di cui già godeva, lasciando al plebano 1/5 delle rendite; che le venga assegnata inoltre la rettoria della villa di Buddusò, con l'obbligo di ver- sare ogni anno al vescovo algherese 250 scudi, per venire incontro alle neces- sità della cattedrale su cui grava una pensione di 550 scudi a favore del tribu- nale dell'Inquisizione.

Il viceré dispone che ricorrano al sovrano.

28 che i notai dei tribunali del regno non pretendano alcun salario per le copie degli atti processuali sino a che queste non vengano consegnate alle parti in causa.

Il viceré approva.

29 che non si inviino più commissari che obbligano i contadini a traspor- tare nella città di Cagliari la paglia occorrente per la scuderia del viceré e per la cavalleria; i poveri vassalli, infatti, sono costretti a portare tante ceste

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quante i commissari ne richiedono — talvolta il numero supera le 3000 — e a pagare loro diarie considerevoli; così capita spesso che, per evitare gli oneri del trasporto, i contadini preferiscano dare un corrispettivo in denaro; a ciò si aggiunga che non vengono ripagati nemmeno con il giusto prezzo per la quantità di paglia ceduta, secondo quanto fu, invece, stabilito nel Parlamento del viceré duca di Monteleone dove era stato fissato il numero di carri e delle ceste che il contadino del Capo di Cagliari era tenuto a portare in città.

Il viceré dispone che i naturali non siano obbligati al trasporto della paglia necessaria alla cavalleria, in quanto il sovrano aveva dato già ordini perché venisse pagata; per la sua scuderia, invece, provvederà a dare un regolamento a vantaggio dei naturali.

30 che nella determinazione delle cause criminali non si diano sentenze a sale riunite, ma siano emesse per gradi lasciando ai rei la possibiltà del ricor- so e il rimedio della supplica alla sala civile; succede infatti che, essendo in numero maggiore i giudici della sala criminale rispetto a quelli della civile, prevale sempre la decisione dei primi venendo meno qualsiasi possibilità di modifica della sentenza. Nel caso in cuí il delitto richieda pronta punizione, si chiede che vengano ridotti a pochi giorni i termini del procedimento su parere del viceré e dei Regi Consigli, purché, entro i pur brevi termini, non venga meno il beneficio della supplica.

Il viceré dichiara che terrà in considerazione la richiesta.

31 che non si osservino i pregoni pubblicati il 3 luglio 1697 con i quali si ordinava che i giudici ordinari fossero tenuti al rispetto, nei processi in contu- macia, di alcune formalità non contemplate nella reale prammatica (tit.9, capp.8-9) e nei capitoli di Corte (lib. 1, cap. 4, tit. 7 della raccolta del Dexart), sotto pena di 50 ducati nel caso della prima contravvenzione e suc- cessivamente della privazione dell'ufficio. Queste disposizioni danneggiano in particolare la giurisdizione baronale in quanto il timore di cadere in errore fa sì che non si trovino più persone che intendono ricoprire tali uffici. Si chiede pertanto che la giurisdizione baronale non venga pregiudicata dalla promulgazione dei pregoni, sulla base del disposto dei capitoli di Corte, tit.5. cap. 16 e lib. 7, tit. 2, capp. 17-18 della raccolta Dexart, e del cap. 20 concesso nel Parlamento del conte di Santo Stefano.

IZ viceré dispone che si osservino i pregoni con i quali si è inteso migliorare il corso della giustizia a vantaggio dei ministri e a rendere più chiara la reale prammatica.

32 che, secondo il disposto del capitolo di Corte, lib. 5, tit. 2, cap. 4 della

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1697, circa il termine di tre mesi per la chiusura dei processi in contumacia, pena l'avocazione al Regio Consiglio, in quanto la giurisdizione baronale non riesce entro quel periodo ad acquisire tutti gli elementi necessari per istruire il procedimento.

Il viceré dichiara che il pregone del 1697 non è pregiudizievole alla giuri- sdizione baronale e che, anzi, ha ampliato i termini stabiliti nella regia pram- matica.

33 che i viceré e i Regi Consigli non avochino a sé le cause baronali senza validi motivi, espressamente previsti dai capitoli di Corte, lib. 5, tit. 2, cap. 9 della raccolta del Dexart e dalla regia prammatica, tit.18, cap. 4; si chiede inoltre che i viceré e i Regi Consigli non diano ordini ai ministri ordinari di giustizia baronale, quando inviano le liste mensili dei delitti circa i procedi- menti in atto, a meno che nei confronti dei baroni non si sia presentato ricor- so per negligenza nell'espletamento del processo.

Il viceré dispone che per quanto riguarda la prima richiesta ricorrano al sovrano, mentre per la seconda ha già provveduto.

34 che i procuratori non debbano pagare le spese delle sentenze e degli atti processuali che spettano alle parti interessate.

Il viceré approva.

35 che nelle cause promosse dal Regio Fisco Patrimoniale non si pretenda dall'altra parte il pagamento delle spese degli atti processuali.

Il viceré approva nel caso in cui il Regio Fisco è unico attore della causa.

36 che le donne non siano perseguite per i delitti commessi dai mariti.

Il viceré dichiara che terrà in considerazione la richiesta.

37 che il relatore delle cause che si dibattono nei Regi Consigli sia tenuto a presentare la sua relazione pubblicamente in presenza delle parti e degli avvocati, come stabilito nelle reali prammatiche e nei capitoli di Corte.

Il viceré dispone di attenersi alle leggi e ai capitoli di Corte.

38 che il mostazaffo di Cagliari non pretenda dai mercanti stranieri che portano merci in città, alcun diritto nei primi tre giorni riservati all'acquisto da parte dei cittadini, in quanto già pagano 12 reali per la denuncia e 4 per la pubblicazione del pregone. Non pretenda, inoltre, la somma di 4 lire da ogni mercante che acquista generi diversi da uno stesso patrono, perché questo comporta il moltiplicarsi dei pregoni da parte della dogana reale e della città;

a causa di ciò, inoltre, il mercante pretende di acquistare le merci ad un prez-

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zo inferiore e il patrono, danneggiato nel suo guadagno, evita di tornare in città, con grave danno delle finanze regie e municipali. Si chiede infine che quando si tratta di patroni abituali, questi paghino meno diritti, al pari dei naturali.

Il viceré approva.

39 che il pesatore e lo scrivano dei formaggi non pretendano dai proprie- tari che portano il prodotto in città per la vendita, una pezza — di solito la più grande che sta nei carri — in quanto l'uso di regalare il formaggio è solo a discrezione del proprietario.

Il viceré approva.

40 che si elimini l'abuso invalso da parte dei mercanti di grano di pren- tendere dai contadini l'ultimo starello "a colmo" e non a giusto peso.

Il viceré approva.

41 che nei processi civili che si svolgono nella Reale Udienza si conceda- no, a richiesta delle parti, "associati" dell'aula criminale, pagando loro il sala- rio dovuto come si usa per i giudici della Reale Udienza nel regno di Castiglia e negli altri della Corona d'Aragona.

Il viceré dispone di osservare il disposto delle leggi sulla fondazione della Reale Udienza.

42 che i giudici della sala criminale non pretendano alcun salario sulle cause criminali, né su quelle istruite in via d'appello, né su quelle intentate contro i ministri baronali, in quanto godono di un salario di 500 scudi all'an- no ed il regno non può sopportare un tale aggravio, data l'estrema povertà in cui versa.

Il viceré dispone che si osservino gli ordini regi

43 che i giudici della Reale Udienza e gli altri ministri:, ossia assessori e consultori dei tribunali del regno, non pretendano più del salario che spetta loro per la sentenza, tanto in primo che in secondo grado, né pretendano denaro per le dispute e per le diverse parti del processo; nel caso in cui ciò si verificasse, si devono scomputare dal salario della sentenza definitiva le somme ricevute in più.

Il viceré dispone che soltanto le dispute che nascono nel processo sono da computarsi nel salario della sentenza definitiva, per il resto si osservi il diritto.

44 che si osservi il disposto della regia prammatica, tit. 20, cap. .3, e non si

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del grano ai capitani e agli altri ufficiali della milizia, come stabilisce invece il pregone del 19 settembre 1697, in quanto ciò danneggia i vassalli e i baroni del regno.

Il viceré dispone che d'ora in avanti gli ufficiali della milizia siano obbliga- ti al contributo del grano ma non al trasporto e che i capitani godano delle

altre esenzioni previste nei pregoni. c. 282

45 che sia permesso ai ministri di giustizia baronali di conservare il pro- prio bestiame al momento della nomina, in quanto i baroni non riescono a trovare persone che ricoprano l'ufficio di giudice ordinario e di scrivano, per- ché gli ufficiali, una volta nominati, temono di perdere il bestiame o di doverlo svendere a basso prezzo.

Il viceré dichiara che terrà in considerazione la richiesta nel rispetto degli ordini regi in materia.

46 che si concedano le prime "piazze" che si renderanno vacanti ai tre avvocati degli Stamenti, Giovanni Maria Pinna, Alfonso del Vecchio e Giovanni Battista Galcerin Fortesa, in considerazione dei meriti acquisiti nel corso del Parlamento, onorandoli con mercé e grazie speciali.

Il viceré dichiara che terrà in considerazione la richiesta.

47 che possano rientrare nelle loro case i cavalieri ed i cittadini esiliati perché rei di delitti; in particolare si chiede l'indulto per le seguenti persone:

don Matteo, don Felice, don Andrea e don Gaspare Dias della villa di Ploaghe condannati in contumacia al confino, i quali non poterono presen- tarsi in giudizio a difendersi per la nota povertà in cui versavano; don Antonio Francesco de Tori di Bonorva, confinato ad Orani per 10 anni che, ritornato prima del tempo, si nasconde in attesa di rientrare nella sua casa;

don Giuseppe de Tori, condannato al pagamento di 100 scudi per aver rico- perto indebitamente la carica di scrivano nel Campidano di Milis e, infine, si chiede che non si proceda nella causa contro Francesco Espada, pure scrivano di Milis, in quanto intentata senza istanza né di parte né del regio fisco.

Il viceré dichiara che terrà in considerazione le richieste.

Excelentissimo serior virrei, lugarthiniente y capitan generai y presidente en este c. 282 real generai Parlamento.

Los tres Estamentos ecclesiastico, militar y real del reyno de Cerderia convocados y congregados en este real y generai Parlamento, a fin y effecto de serbir a la magestad catholica del rey nuestro serior, que Dios guarde, y de proponer las con- beniencias del dicho reyno, dken que en manifestassion de su innatto obsequio, amor y fidelidad superando los impossibles de la extrema pobresa en que se hal-

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lan por los repetidos y complicados accidentes, que en la serie de tantos atios ha padessido de peste, hambre, langosta, rebaja de moneda, falta de comercios, despoblasion de moradores, diminussion de los erarios publicos y ultimamente esterilidades por tres afios continuos y mortandad de la mayor parte del ganado, que son los dos albitrios con que unicamente se mantiene este reyno, han offressi- do excediendo los cortos y exhaustos caudales de todos los regnicolos, colmo]

c. 282 v. leales vassallos de su rey y setior, serbir gustosamente [su] magestad / con el rendi- do obsequio que siempre le han serbído generalmente todos los d.este fidelissimo reyno, con la summa de sessenta mil escudos cada ano por otros diez atios, en la forma que resan y queda expressado en los papeles del offressímíento que han echo los tres Estamentos, que con embajadas particulares se han puesto en manos de vuestra excelencia como es de ver en los processor d.estas Cortes generales, a que se haya relassion, y por ser tan proprio de la real clemencia y benignidad beneffissiar a sus vassallos con differentes grassias y mercedes para mantener.los y concervar.los en el estado de poder continuar sus servissios para mayor gloria de ambas magestades, suplican a vuestra excelencia se sirba en el real nombre de su magestad como presidente de Cortes decretar, conceder y obtorgar por aucto de Corte y ley pactionada a favor de dicho reyno y de sus naturales y moradores los capitulos siguientes, como lo esperan del carin-oso affecto de vuestra excelencia que ha manifestado al reyno, dezeando las conbeniencias de aquel tanto en gene- rai como en particular. /

c. 283 Que todos los capitulos de Corte concedidos en todos los Parlamentos a favor de los tres Estamentos tengan observancia y firmesa perpetua.

Primeramente suplican los tres Estamentos a su excelencia en el real nombre de su magestad como presidente de Cortes, se sirba deccretar por aucto de Corte y ley pactionada que tengan inviolable observancia y firmesa perpetua todos los capitulos de Corte concedidos en todos los Parlamentos antecedentes hasta hoy a favor de los tres Estamentos o qualquiera d.ellos, y los que se concederan en estas Cortes; y que no puedan contravenit se, derogar.se ni alterar.se ni interpetrar.se sino que se hayan de entender litteralmente, observando.se lo mismo en todas las constitussiones de Cataltnia que se han concedido a este reyno, y gora por privile- gio de participassion por ninguna causa, via, o rason, ni aun con pretexto de no estar en uso en conformidad de lo establessido en los capitulos 6, 8, 10, 13, 15, 19, 20, 21 et 22 del libro primero, titulo 3 de los recopilados por don Juan Dexart, no obstante el decreto interpuesto en el Parlamento que celebró el excelentissimo duque de Monte Leon disponiendo que solamente se observassen los capitulos de Corte que estaban en uso, pues affiansan en la real clemencia de su magestad que seti de su real agrado revocar.le, para que se observen inviolablemente los referi-

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res reyes sus anteccessores en remunerassion de los donatibos y finas demonstras- siones con que los Estamentos y demas vassallos d.este reyno han serbido a la real Corona, esperando del paternal amor y carino de su magestad que los tendra en la

mesma estimassion que sus reales antecessores y querrúl / mantener.les y no dero- c. 283 v.

gar.les las grassias y privilegios obtorgados por leyes pactionadas y capitulos de Corte que han establessido la perpetuidad y observancia inalterable, y que no pue- dan ser derogados por uso ni decreto contrario que se interpusieze sin cercioras- sion, y ser hoydos los Estamentos, sigun resulta de lo contenido en el capitulo 21, libro primero, titulo 3, y en el capitulo 4, libro primero, titulo 5 de los recopilados por don Juan Dexart. Y en esta conformidad sera serbido confirmar.los y declarar que se observen perpetuamente, no obstante qualquier uso contrario, mientras no sea legitimamente prescripto con notissia de los Estamentos y con los demas requisitos jurídicos, pues la contrafaction y uso contrario en algun caso particular sin notissia de los Estamentos es constante que no les puede parar perjuhiziio, sigun su magestad fue serbido declararlo en respecto de la judicatura de los milita- res, aun en caso de ausencia de los reos sin embargo del uso contrario que habia en estos casos de ausencia y contumassia, por no haver sido con cerciorassion de los Estamentos, decretando que deben observar.se todos los capitulos de Corte obtorgados quando no quedan derogados en otras Cortes o Parlamento con con- centimento y concurrencia de los Estamen- tos, sigun se pratica y queda estatuhi- do en Cataluna.

Que lo pidan a su magestad.

Liliu secretarius /

Que las penciones eclesiasticas que se impusieren sobre todos los obispados y c. 284 argobispados, y las dos capitanias de las galeras se den a los naturales perpetua- mente.

Secundo, suplican sea serbido confirmar las mercedes echas en las Cortes y Parlamentos antecedentes, y espessialmente las concedidas en las Cortes del exce- lentissimo conde de Santisteban, y las ultimas de l.excelentissimo duque de Monte Leon, principalmente de que todas las penciones ecclesiasticas que se impusieren sobre todos los obispados y tres argobispados; y que los obispados de Ales, Ampurias y Bosa, y las dos capitanias de las galeras d.este reyno se den a sus natu- rales realmente y no naturalizados de cuyas grassias esta actualmente gogando el reyno, establessiendo que perpetuamente las hayan de gogar.

Confirmanse en la mesma forma que fueron concedidas por su magestad en estas dos ultimas Cortes.

Liliu secretarius.

i I termini y querrd sono ripetuti a c. 283 v.

(22)

Que los tres argobispados y el obispado de Alguer se den perpetuamente a natu- rales y no a extranjeros.

Tertio. Suplican se sirba deccretar por aucto de Corte y ley pactionada é indispen- sable que los argobispados de Caller, Sasser y Oristan y el obispado de Alguer se hayan de dar perpetuamente a pergonas naturales y no a extraneos y naturaliza- dos, pues en este reyno hay sujetos benemeritos de calidad y litteratura para ocu- par estas mitras y dignidades, meressiendo de la real clemencia esta honra que gogan los demas reynos de la Corona de Aragon, attendiendo a la fineza con que siempre le han serbido estos fidelissimos vassallos y con que actualmente le sirben en estas Cortes, hallandose este reyno tan exhausto y alcansado, y quitandolo del proprio y preciso sustento y esforsando el real donatibo en mayor cantidad de lo

c. 284 v. que' / permitte la nottoria pobreza d.estos vassallos y quando no fuere del real agrado conceder absolutamente el argobispado de Caller a favor de los originarios nativos del reyno, por lo menos se sirba conceder.les los de Sasser, Orístan y el obispado de Alguer, y que el de Caller sea alternatibo, assaber es una vez natibo del reyno y otra esté en albitrio de su magestad nombrar nativo o forastero, empessando la alternativa en esta vacante, presentandola en persona originaria del reyno, para que con esto medios honoríficos se socorra en parte la pobreza de los regnicolos, y con el premio se alíenten para adelantar y augmentar el servicio y donatibos de su magestad en los demas Parlamentos.

Que lo supliquen a su magestad.

Liliu secretarius

Que el juez de competencias y canciller apostolico y real sea perpetuamente natural originario del reyno.

Quarto. Suplican se sirba decretar por aucto de Corte y ley pactionada e indispen- sable que el juez de competencias y canciller apostolico y real sea perpetuamente nativo y originario d.este reyno y no forastero ni naturalizado, y que sea bonette y doctor graduado en ambos derechos en universidad publica por rigor de examen y no ad honores, pues es preciso que sea persona de mucha litteratura y muy ver- sado en leyes y canones por tener votto decisivo, y que debe juzgar sigun Dios y su conciencia. /

Que lo supliquen a.su magestad.

c. 285 Liliu secretarius

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Que las contenciones se declaren dentro de treinta dias precisos, y que no se concedan prorrogas.

Quinto. Que por quanto està establessido en la apostolica y real concordia y prag- maticas d.este reyno que las contenciones se declaren dentro de treynta dias, por la breve expedission que deben de tener estas causas, y se ha introduzido de algun tiempo a esta parte que el canciller las proroga de offissio, o a instancia del real Fisco. Suplican se sirba decretar por aucto de Corte y ley pactionada indispensa- ble que en adelante no se puedan conceder estas prorogas, sino que el canciller las declare dentro treynta dias precisos y peremptorios despues de divolutas a su tri- bunal, y que no declarando.las en este termino se devuelvan desde luego ipso facto las causas a la Curia ecclesiastica. Y en caso de tener el canciller legítimo impedimiento de ocupassion, enfermedad o otro qualquier accidente, haya de nombrar el virrei o el que presidiere en la Real Audiencia otra persona natural del mesmo reyno, que tenga las calidades arriba referidas durante tan solamente el impedimiento del canciller, para que d.este modo se decclaren las contenciones dentre de los treynta dias y se quite el motibo de las prorogas. Y porque se consi- ga la mas breve expedission d.estas causas por medio de los arbitros y estos dejan de juntar.se por la precedencia que pretenden en el assiento y / campanilla, se c. 285 v.

sirba su magestad declarar la forma como han de juntar.se los arbritros que se nombran por ambas jurisdictiones, ecclesiastica y real, y qual d.ellos ha de tener la precedencia en el assiento y campanilla para.que d.esse modo cessando esta con- troversia se junten en la iglesia destinada del Monte de la Piedad, y decclaren la contencion dentro de los sinco dias, y no concordando en este termino quede devoluta al canciller.

En quanto a quitar.se las prorrogas, como lo suplican. Y en quanto a la preceden- cia entre los dos arbitros, su magestad manda lo que fuere servido, con intelligen- cia que el regente la Real Cancilleria de este reyno es el arbitro ordinario por la jurisdicion ecclesiastica en las contenciones se mueven en esta Curia y arsobispa- do por las de los otros argobispados y obispado, que se tienen aqui o un letrado o alguna percona ecclesiastica.

Liliu secretarius

Que en los casos de enquentros de las jurisdiciones con el Tribunal de la Inquisicion, tanto en causas seculares como eclesiasticas, se nombre un tercero que sea el canciller de competencias.

Sexto. Que por quanto los inquisidores muchas vezes no quieren observar los con- cordattos que se hizieron para evitar los disturbios entre las jurisdictiones regia, ecclesiastica y del Tribunal de la Inquisission, sigun se contiene en los ocho concor- dattos que van incertados en los capitulos de Corte que recopiló don Juan Dexart

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libro 3, titulo 6, y proceden de echo con censuras contra los ministros y personas seculares y ecclesiasticas en los casos ya decididos en los concordattos o otros semejantes, y se frustra el fin de haver.se establessido perturbando.se la paz, quie- tud y buena correspondencia de las jurisdictiones y no se escusa ni evita este datio y perjuhizio por medio de las letras de conferencia, pues casi nunca concuerdan y

c. 286 devolviendo.se a los Supremos Consejos se retarda' / aiios enteros la resolussion y las mas vezes no se consigue, y en este intermedio padeen las jurisctiones el disturbio y los ministros y perQonas privadas quedan con las censuras o con el detrimiento de los bienes, para evitar estos inconbenientes suplican se sirba su magestad disponer con el tribunal de la Suprema Inquisission y dar providencia para que en los casos de enquentros de las jurisdictiones con el tribunal de la Inquisission, tanto en causas de seculares como de personas eclesiasticas, se sirba nombrar un tercero que sea el mesmo canciller de competencias d.este reyno, que decclare y decida el dissidio y controvercia, sigun Dios y su conciencia, en el mesmo termino y en la mesma forma que decclara las contenciones, removida y quitada toda appelassion y recurso, y que no puedan los inquisidores obrar de echo ni promulgar censuras, sino que hayan de esperar y sujetarse a la declarassion del canciller, para.que d.este modo se consiga la paz y quietud de las jurisdictiones. Y assi.bien suplican que para los casos de encuentros entre los inquisidores y los jue- zes y petwnas ecclesiasticas, y para todos los demas, caso fuesse menester, se sirba interponer su real authoridad con el Sumo Pontifice mediante su embajador en Roma para que mande se observe lo mesmo; y para que se consiga la breve expe- diction y prompto reparo que esta materia necessita, que sirba su magestad entre- gar al sindico d.este reyno el despacho de las ordenes conbenientes para remittirle

c. 286 v. a 1.embajador y solicitar la consequssion del rescripto2 / apostolico.

Que lo supliquen a su magestad, que Bara la providencia devida en materia que parete conveniente.

Liliu secretarius.

Que se dé providencia perpetuamente por el Tribunal de la Supprema Inquisicion, que el canciller de este reyno pueda declarar las causas de appelaciones que se interponen de las sentencias que profieren los inquisidores de este reyno

Septimo. Que por quanto las causas de appellassiones que se interponen de las sentencias que profieren los inquisidores d.este reyno, excepto en los casos de fee, habiendo de introduzirse en el Supremo Consejo de la Inquisission, se retardan muchos afios o se imortalizan; y ademas de las costas conciderables y de los peli- gros de la vida y cautiverio a que est11 expuestas las partes interessadas por la

' I termini se retarda sono ripetuti alla

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distancia del mar, muchas vezes las dejan desiertas por no exponer.se a estos rie- sgos o por no tener medios para los gastos que concurren y por los menos cabos de las haziendas con las ausencias de sus casas. Para evitar estos inconbenientes, suplican se sirba su magestad disponer con el Tribunal de la Suprema Inquisission y dar providencia promptamente para que nombre un juez que puede ser el mesmo canciller d.este reyno, o el juez de appellassiones de los tribunales y causas ecclesiasticas, que se ha destinado en este reyno por los sumos Pontifices Pio V y Urbano VIII, que conosca y dessida todas las causas de appellassiones que se interpusieren de las sentencias de dichos inquisidores, exceptuadas las que perte- nessen a algun punto de la santa fee, con potestad amplissima de poder ejecutar su sentencia; y d.ella no se admitta appellassion al Supremo Consejo de la Inquisission en lo suspensivo sino tan '/ solamente en lo devolutivo, pues por c. 287

estos mesmos motibos se ha concedido a los regnicolos el sobredicho juez de gra- vamenes y appellassiones de las sentencias de los ordinarios y juezes delegados ecclesiasticos, como resulta de las bullas que van incertadas en los capitulos de Corte que recopiló don Juan Dexart despues del capitulo 36, libro 3, titulo 11.

Que lo supliquen a su magestad.

Liliu secretarius

Que las appelaciones de los tribunales y causas eclesiasticas, assi de los juezes ordinarios como delegados, se interpongan immediatamente delante del mismo juez.

Octavo. Suplican que attento por la distancia del mar y peligros de la vida y cauti- verio y costas conciderables que podian seguir.se a estos regnicolos, si en las cau- sas de appellassiones de los tribunales y causas ecclesiasticas, tanto de los juezes ordinarios como delegados, fuessen precisados acudir a la Corte Romana, se destinó por los sumos pontifices Pio V y Urbano 'VIII que hubiesse en este reyno un juez de gravamenes y appellassiones como resulta de las bullas pontificias arri- ba referidas en el capitulo antecedente. Y porque no se logra el fin, pues muchas vezes appellan imediatamente al Sumo Pontifice, omisso medio, del juez de appel- lassiones d.este reyno y esto aun en causas minimas en que vendria a importar mucho mas el coste de la embarcassion y transportar los auctos y trattar el litigio en Roma que la mesma pretencion de las partes, y dando.se lugar a esto viene a ser frustranea la institussion del juez de appellassiones.

Para evitar esto inconbenientes suplican sea su magestad serbido interponer2 / la c. 287 v.

real authoridad con el sumo pontifice para que se digne conceder y establesser que en adelante las dichas appellassiones se interpongan imediatamente delante

I I termini sino tan sono ripetuti a c. 287.

2 E termine interponer è ripetuto alla c. 287 v.

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del mesmo juez que està destinado en este reyno, y que basta que el dicho juez haya decclarado no se admitta ni interponga la appellassion al sumo pontifice, la qual solamente tenchi lugar en el punto devolutivo y no suspensivo; y porque se consiga la breve expedission y prompto reparo que esta materia neccessita, se sirba su magestad entregar al sindico d.este reyno el despacho de las ordenes con- benientes para remittir.le al embajador, y solicitar la consequssion del rescripto apostolico.

Que lo supliquen a su magestad.

Liliu secretarius.

Que haviendo herederos escritos de los actuales possessores de los feudos de este reyno o hallando.se en possession, no pueda el Real Fisco ni ministro regio expoliar.los de aquella.

Nono. Suplican que por quanto las casas principales y condecoradas con los titulos de marqueses, condes, barones y magnates d.este reyno se van quitando y acabando por causa que el Real Fisco Patrimonial assi que muere algun titulo, baron o feudatario sin hijos varones apprehende de facto la possessíon de los estados que possehia con motibo de ser feudales, expoliando d.ellos a las hijas y desgendíentes y herederos escriptos de dichos feudatarios, a los quales de justí- cia no se les puede impedir la possessión de dichos estados mientras no se haya decclarado en justicia que ha llegado el caso de la devolussion, y que son feudos exclusivos de embras. Y ademas d.este davo tan conciderable, se ha introduzi- c. 288 do otro mayor de que el dicho Real Fisco Patrimonial para eternizar.se eni / la possession d.estos estados de echo occupados lleva los pleitos al supremo Consejo de Aragon, donde los interessados no pueden acudir a pedir su justicia por su gran pobreza y por lo excessivos gastos y peligros que íntervienen de accudir a lugares tan remotos, passando los rigores de la mar con tan evidentes riezgos, impossibilitandoles para poder atender a pedir su justícia; y d.esta forma esta'n supplantados muchos pleitos de estados d.este dicho reyno no obstante que claramente consta que son feudos improprios y ampliados en hembras; como ha sucedido y sucede entre otros en el condado de Monte León que habiendo.se decclarado que era feudo improprio y comprehensivo de hem- bras adjudicaron la possession del a dona Simona Roca Marti y Castelvi, hija de l.ultimo conde, con sentencia dada por el tribunal d.este real Patrimonio con vottos de la Real Audiencia, para embarassar la dicha possession el Real Fisco Patrimonial appelló nullamente d.esta sentencia a la mesma Real Audiencia contraviniendo al real privilegio del setior rey don Juan de gloriosa memoria, concedido a este reyno y sus habitadores en los 25 de agosto del ano 1475, con-

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firmado por ley pactionada y capitulo de Corte que es el 13, titulo 7, libro 5 de los recopilados por don Juan Dexart, en que se dispone que no puede el Real Fisco appellar de las sentencias assi civiles como criminales en que ha vottado su abogado fiscal patrimonial, quedando lo mesmo dispuesto en otros capitulos de Corte que fueron concedidos a la ciudad de Barcelona, que estan comunica- dos a esta ciudad de Caller por reales privilegios, con que no debiendo.se admittir la appellassión del Real Fisco, y debiendo.se ejecutar la sentencia dada a favor de dona Simona estando para declarar.se sobre d.estos puntos en la Real Audiencia, presentó el real Fisco unas letras reales causa V videndi con las qua- c. 288 v.

les se ha impedido la decclarassion de la ejecussion de la sentencia, y de la nulli- dad de dicha appellassion interpuesta contra fueros, leyes pactíonadas y privile- gios de calidad que habiendo.se remittido la copia authentica del processo a su magestad y Supremo Consejo de Aragon, queda supplantada la causa y se ve precisada a desemparar su justicia por falta de medios, quedando.se el Real Fisco en la possession de dicho condado, siendo este feudo conossidamente ampliado en hembras, sigun lo decclarado por dicha sentencia. Por tanto sup- plican sea serbido deccretar por aucto de Corte y ley pactionada indispensable que habiendo heredero escripto de los actuales possessores de los feudos d.este reyno, o hallando.se en possession d.ellos qualquiera otra perdona que pretenda tener drecho en la sucession no pueda el Real Fisco, ni los demas ministros regios expoliar.los ex abruto de la possession, aunque el Real Fisco se haya pre- venirlo en ocupar.los ni pueda sequestrar.la, ni impedir.les la cobransa y goze de los fructos ni el uso de la jurisdiction, sin que se haya decclarado en justicia por sentencia deffinitiva en primera y sigunda instancia a quien pertenesca la suc- cession y possession; y que indispensablemente se hayan de observar los privile- gios y capitulos de Corte que estatuhien que el real Fisco no puede supplicar ni appellar de las sentencias contra d.el proferidas, tanto en causas civiles como criminales, y que caso de echo interponga appellassion o supplicassion no se decrete ni admitta la petission, sino que se ejequten las sentencias contra d.el proferidas. Y assi bien supplican se sirba su magestad ordenar y deccretar que el pleyto de dicho condado de Monte Leon que tan justamente pertenesse y se ha adjudicado2 / a dicha dona Simona se termine en esta Real Audiencia y se c. 289 declare en ella sobre el punto de la ejecussion de dicha sentencia y de la nulli- dad de la appellassion del Real Fisco, no obstante las dichas letras causa videndi que este ha presentado. Y assi bien suplican se sirba su magestad por su real clemencia ordenar y mandar que se haya de dar la possession de la Baronia de Gesigo y Gonni, que estaba possehiendo el quondam don Antiogo Sanna y Malonda a dona Beatriz Sanna hija primogenita de aquel, a la qual expolió de

11 termine causa è ripetuto alla c. 288 v.

211 termine adjudicado è ripetuto alla c. 289.

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dicha possession exoprutol el Real Fisco Patrimoníal, con e1 pretexto y suppo- sission de ser dicha Baronia feudo riguroso, siendo que es comprehensiva de hembras pues fue echa con la concession y permisso de poder vender, alienar, empefiar et alias, y se ha visto dicha Baronia vendida y en manos de hembras, y est expressamente la ampliassion en que su magestad dispensó que en este feudo pudiessen suceder mujeres ademas que en este reyno no quedan excluhi- das las hembras de los feudos como en Cataluiia, de cuyos privilegios y consti- tussiones goza por participassion este reyno, y en falta de dona Beatris sin hijos y desgendientes a dona Antonia, hija sigunda de dicho don Antiogo, y sus desgendientes utriusque sexus, ampliando.les caso sea menester, la concession d.este feudo en mas ampla forma por grassia spessial, pues dicha dona Beatris y dona Antonia no tienen fuergas ni bienes para pleitar con el Real Fisco, y sin embargo que les assiste ragon tan clara para rehintegrar.se en la possession de dicha Baronia y sus rentas, no pueden ní entienden hager.lo por via de litigio sino c. 289 v. que lo dejan a la2 / real benignidad y paterna] amor y carino de su magestad, en con-

ciderassion de la justicia que les assiste, y de lo que han serbido sus antipassados a su magestad en guerras y donatibos ordinarios y extraordinarios. Y caso no pueda tener cabida en la real clemencia en respecto de las referidas hijas de don Antiogo y sus dessendientes, suplican se sirba dar providencia para que se haya de dar la pos- session de dicha baronia sin pleyto alguno al canonigo don Pedro Sanna, hermano de dicho don Antiogo, y en su falta al canonigo don Gaspar Sanna el otro hermano, pues corno a varones y hermanos de dicho don Antiogo ultimo possehedor de dicha Baronia no se les puede en manera alguna negar la possession, aunque scan pergo- nas ecclesiasticas por no hallar.se expressamente excluida esta calidad en la enfeu- dassion, y porque la naturalesa de los feudos d.este reyno no prohibe e1 posseher.los persona ecclesiastica secular por haver.se reduzido su serbicio a pagar en dinero y poderse cumplir la pergona ecclesiastica y las mujeres. Por cuya ragon casi todos los feudos de Cerdena son impropios, ademas que este mesmo feudo lo ha possehido mientras vivió don Joseph Sanna, aguelo de dichos don Pedro y don Gaspar, siendo sacerdote, que con esto se animaran estos vassallos a adhelantar y continuar los donatibos y a serbir con toda fineza en todas las occurrencias de la real Corona, siguendo los vestigios de sus progenitores. .

En quanto a las representaciones y suplicas que contiene este capitulo por dona Simona Roca Martí y por los hijos y hermanos de don Antiogo Sanna, por ser la primera justificada y la segunda iusta y piadosa, su excelencia se interpondra con su magestad para que por su real clemencia atienda a estos motivos y a beneficiar casas tan benemeritas de mercedes, y en lo demas que lo supliquen a su magestad.

Liliu secretarius /

(29)

Que en falta de linea varonil de los actuales possessores de los feudos, puedan c. 290 suceder en ellos las hembras.

Decimo. Suplican se sirba decretar por auctd de Corte y ley pactionada indispen- sable y por grassia spessial, queden ampliados todos los feudos d.este reyno en que por su naturaleza no pueden entrar hembras, deccretando que en adelante perpetuamente habiendo descendientes de linea feminina, en falta de la varonil de los actuales possessores de dichos fuedos, puedan sugeder en ellos las hembras guardando el orden de primogenitura y preferiendo la mayor a la menor, y que el real Fisco no les pueda hager ni obstaculo ni contradiction, ni sequestrar, ni tomar la possession, ni mover litigio alguno, constando ser desgendientes de los actuales possessores, meressiendo.les su magestad esta grassia los feudatarios d.este reyno por la ignata fidelidad con que síempre le han serbido superando los impossibles de sus pocas fuergas, y esperan serbir en adelante sigun muchas vezes fue concedi- do a sus ascendientes en otros Parlamentos, por los serenissimos setiores reyes antecessores y progenitores de su magestad, como lo manifiestan los capitulos de Corte 4, 7, 9, 10, 12, 15 y otros muchos, de los que ha recopilado don Juan Dexart libro 7, titulo primero.

Que lo supliquen a su magestad.

Liliu secretarius.

Que en adelante sean juezes de contrafueros en este reyno los argobispos de Caller, Oristan y obispo de Ales.

Undecimo. Que attento seria frustaneo haver concedido diversos privilegios y capitulos de Corte a estos regnicolos, si en caso de contravenction no tubiessen prompto reparo y pergona destinada para administrar.les justissia en el mesmo reyno, por ser tan difficil el recurso a su magestad por la distancia / y peligros del c. 290 v.

mar, expensas conciderables y falta de medios. Suplican sea serbido deccretar que suppuesto por estas mesmas causas fue establessido con aucto de Corte, que es el capitulo 2, libro primero, titulo 3 de los recopilados por don Juan Dexart por el serenissimo sefior rey don Alfonso, que en el reyno hubiessen juezes de contrafue- ro y fuessen los vegueres de las ciudades de Caller, Sasser y Alguer y esto no se ha podido practicar ni poner en ejecussion en tiempo alguno por la distancia y diffi- cultad de juntar.se, y otros incombenientes que de aqui adelante por aucto de Corte y ley pactionada indispensable sean en este reyno juezes de contrafueros, o los argobispos de Caller y Oristan y el obispo de Ales o sus vicarios generales o sede vacantes, o que se formen tres sacos uno por cada Brasso y se elijan por suer- te los que salieren, y que, requiridos de las partes interessadas, se hayan de con- gregar y juntar todos, o qualquiera d.ellos en caso de impeclímiento o ausencia de los otros o por qualquier otro motibo, y que decclaren si hay o no contrafueros en

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un termino preciso de ocho días, consediendo.les para este effetto la mesma juri- sdiction que tienen semejantes juezes en el reyno de Valencia, y quando no sea del real agrado de su magestad conceder y destinar los referidos juezes de contrafue- ros, se sirba deccretar que susediendo algun rompimiento de capitulo de Corte o privilegio puedan y deban salir al reparo las primeras vozes de los tres Estamentos o qualquiera d.ellos, y representar al que gobernare el reyno la queja del contra- fuero y que se repare con toda brevedad. Y en caso de duda que se consulte con su magestad, y mientras pende la resolussion y deliberassion no se innove cosa

c. 291 alguna ni passe a la ejecussion / del contrafuero, ni sean molestadas las partes.

Que lo supliquen a su magestad.

Liliu secretarius.

Que no sean tenidos por militares los forasteros que con sola informacion de testigos pretenden habilitacion.

Duodecimo. Que por quanto queda establessido con carta real de los dos de mayo del ano 1631, incertada despues del capitulo 6 del titulo primero del libro primero de los que ha recopilado don Juan Dexart, que no sean habilitados ni tenidos por militares las personas que con sola informassion de testigos pretenden habilitas- sion y provansa de su generosidad, y que deben acudir a su magestad por ser rega- lia suya a representar.se.lo. Y porque en algunas Cortes se ha contravenido a esta orden real, habilitando a muchos cavalleros forasteros con sola la informassion de testigos, suplican se sirba deccretar por aucto de Corte y ley pactionada indispen- sable que todos los forasteros en adelante no sean habilitados ni admitidos con sola informassión de testigos, sino es que tengan ejecutoria y orden real con despacho en forma del Supremo Consejo de Aragon. Y que por mas que la mayor parte de los habilitadores quieran admittir.los pueda qualquier d.ellos repugnar la habilitassion, aun sin esperar la contradiction de los fiscos regios, y no se tenga por habilitado por ser esta regalia peculiar de su magestad.

Guardese la real carta de.su magestad que refiere.

Liliu secretarius. /

c. 291 v. Que en adelante no se de lugar a evocacion de causa alguna, ni se concedan letras causa videndi et recognoscendi.

Decimo tertio. Que attento las letras causa videndi et recognoscendi que se despa- chan del Sacro Supremo Consejo de Aragon y las evocassiones de las causas, son de notable perjuhizio a este reyno por ser el unico medio con que se cauthella la parte poderosa para impedir el curso de la justissia y la prosequssión del litigio y retardar la paga de lo que se les pretende. Pues, por la estrechez de los caudales y

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bles no puede la otra parte acudir a pedir su justicia, y se immortalizan y sepultan las causas. Para evitar este davo tan conciderable, suplican se sirba deccretar por aucto de Corte y ley pactionada indispensable, que en adelante no se de lugar a evocassión de causa alguna por ser contra disposicion de capitulos de Corte, y espessialmente del capitulo primero, libro 5, titulo 2 de los recopilados por don Juan Dexart, y contra las reales pragmaticas capitulo primero, titulo 11; y junta- mente se sirba establesser y determinar que no se concedan ni despachen letras causa videndi et recognoscendi, pues a las partes les queda el remedio ordinario de la supplicassion. Y en caso que subretissiamente se obtengan por las partes, queden de ningun effecto ni valor y no se les de ejecussion en los Reales Consejos d.este reyno y que se prosiga en la instruction y curso de la causa hasta ser deccla- rada y ejecutada en primera instancia, prohíbiendo la expedíssion d.estas letras, aunque las causas sean muy graves pues siempreV queda illeso el remedio de la c. 292 supplicassion. Y en caso que por algun grave y espeOal motibo paressiere alguna vez cornederlas, sea serbido deccretar que los ministros donde penden las causas en este reyno puedan y deban conosser del vicio de la subression y obrection con que se sacan las mas vezes estas letras, y hallando que han sido sacadas con este vicio no se pongan en ejecussion, y en los casos que se les de ejecussion, deccretar que la parte que las obtubo nottificando.le el passaje, y parando.le la copia tenga obligassion de transportar los auctos y procedimientos al Supremo Consejo de Aragon a sus costas; y que dentro de un ano preciso y peremptorio despues de la nottificassion del passaje, se decclare la causa ex eisdem actis sin que la otra parte tenga neccessidad de acudir; y aunque no haga instancia y se ejecutte lo que fuere decclarado bolviendo a transmittir para este effecto la causa todo dentro del dicho ano; y no decclarando.la ni trasmittiendo.la dentro de Lano, que ipso facto pue- dan y deban los Reales Consejos d.este reyno proseguir y terminar la causa sin embargo de las referidas letras, como sí no fuessen concedidas sin esperar otra orden ni despacho para evitar los grandes inconbenientes que resultan a las par- tes. Y assi bien deccretar que todas las causas que se hallan evocadas a dicho Supremo Real Consejo de Aragon en virtud de letras causa videndi, se hayan de despachar y decclarar dentro de un ano preciso y peremptorio, y trasmittir a este

reyno para poner en ejecussion lo decclarado; y passado dicho ano sine / deccla- c. 292 v.

rar.las y transmittir.las, se haya de passar, toda dilassion cessante, en el curso d.ellas en este reyno, en los tribunales donde pendian hasta su total ultimassion y ejecussion, espessialmente en la causa del concurso del Marquesado de Toralba, y demas bienes del.illustre quondam don Miguel Comprat que esú. suspendida mas de quarenta anos, dende que se despacharon estas letras, quedando los acrehedo- res defraudados de sus creditos; y embolsando.se el deudor indebidamente los

Il termine siempre è ripetuto alla c. 292.

2 Il termine sin è ripetuto alla c. 292 v.

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fructos y rentas sin dar.les satisfaction de lo que se pochi inferir el daiio y perjuhi- zio que causan al reyno estas letras.

Que lo supliquen a.su Magesatad, que darà la devida providencia en cosa tan con- veniente y justa al estado que tiene oy el reyno.

Liliu secretarius

Que no se de lugar a las segundas letras causa videndi que ha obtenido el procu- rador del marquesado de Toralba en la causa lleva contra don Francisco Pilo y Boyll.

Decimo quarto. Que por quanto habiendo obtenido el procurador del marquesa- do de Toralba unas salvas guardias reales usurpando a don Francisco Pilo y Boyll, baron de Puttifigari, unos territorios de dicha baronia, habiendo dicho don Francisco provado su legitima possession, le llevó la otra parte crastinando la dec- clarassion hasta que le vinieron letras causa videndi del Supremo Consejo de c. 293 Aragon, a las quales paressió / a la Real Audiencia d.este reyno no darles ejecus-

sion ni complimiento por haverse presentado despues de espirados los seis meses del dia de la expedission d.ellas, teniendo presente que el procurador del dicho marques no representó al Supremo Consejo la verdad de l.echo y la disposission de la real pragmatica, y passó a decclarar en la causa revocando las salvas guardias y manuteniendo a don Francisco en la possession de los saltos que en ella se le usurparon, en virtud de las pruevas echas por dicho don Francisco por no haver.las dado la otra parte dentro del termino de la prueva y de otros muchos que se le concedieron de grassia, y se le reservó derecho en el juhizio ordinario. Y estando.se para ejecutar erta sentencia se ha tenido notissia que el procurador de dicho marquesado ha obtenido nuevas letras causa videndi, dando.se por nullo todo lo obrado en la Real Audiencia despues de la presentassion de las primeras, y que se remitta la copia de los procedimientos en el estado que estaban al tiempo de la presentassion de dichas primeras letras. Y porque no es justo que se de eje- cussion a dichas sigundas letras ya por ser subretissias, porque no es crehible que la parte haya informado la calidad de la causa y la disposission pragmatica) por ser tan irregulares por deshazer y dar por nullo todo quanto se ha echo por los mini- stros de la Real Audiencia de cuya entereza, attencion, acierto y maduro acuerdo, c. 293 v. con que obran en todas' / sus cosas, no puede presumir que hayan procedido con nullidad y sin observar la dispossission juridica. Por tanto suplican sea vuestra excelencia serbido en el real nombre de su magestad deccretar por aucto de Corte y ley pactionada que no se haya de dar lugar a estas sigundas letras obtenidas por el procurador de dicho marquesado, sino que se hayan de suspender y mandar a la Real Audiencia que sin mas dilassion se de luego ejecussion a la sentencia por

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