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Attività Diabetologica e Metabolica in Italia

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Academic year: 2021

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(1)

Attività Diabetologica e Metabolica in Italia

Riunione Annuale Congiunta AMD-SID Sezione Campania

Napoli, 14 maggio 2011

Comitato Scientifico: N. De Rosa, K. Esposito

generale trend al miglioramento, che raggiunge la significatività per gli indicatori n. 3, 4, 5, 10, 14, 16, 18, 19. Questi dati sotto- lineano l’utilità dell’integrazione tra diabetologi e MMG per il miglioramento degli esiti di salute dei pazienti diabetici.

Riassunti

“Alleanza per il diabete” nella Regione Campania Armentano V

1

, Arpino G

2

, De Camillis U

2

, De Rosa N

1

, Gentile S

1

, Perrelli A

1

, Piccinocchi G

2

1

AMD Campania;

2

SIMG Campania

Le sezioni Campane di SIMG e AMD hanno individuato la pos- sibile soluzione di parte dei problemi dell’assistenza al paziente diabetico, nella realizzazione di un sistema di formazione con- trollata ispirato ai principi dello sviluppo professionale continuo e alla sperimentazione di un percorso condiviso, valutabile me - diante l’impiego di strutture informatiche.

Obiettivi. Migliorare la prevenzione e la cura del diabete mellito di tipo 2 nella Regione Campania mediante l’impiego di indicatori di struttura, processo ed esito, individuando competenze di primo e secondo livello e valutando l’appropriatezza delle prestazioni.

Materiale e metodi. Il Consorzio Campania Medica (CCM) ha for- nito supporto organizzativo e logistico alla formazione, accesso al data base della sua banca dati e assistenza informatica. Il ciclo for- mativo è stato condiviso tra i diabetologi e i medici di medicina generale (MMG) partendo dai principi di linee guida (standard di cura) e dall’accordo nazionale AMD-SIMG-SID per l’assistenza al diabete. Le performance sono state rilevate col metodo dell’audit clinico. Gli indicatori di salute del diabete sono stati valutati annual- mente a partire dal 2007 e confrontati con quelli del 2008 e 2009.

Partecipano al progetto, tutt’ora in corso: a) 440 MMG di 9 coope- rative campane (CoC) aderenti al CCM per un numero totale di circa 600.000 assistiti, di cui 45.389 diabetici (prevalenza stimata del 7,4%); b) 18 diabetologi AMD docenti nei vari eventi formativi.

I dati estratti dal data base concorrono a determinare indicatori (In) di struttura, processo ed esito, di cui sono riportati in tabella i più rilevanti. Sono stati comparati gli In delle singole CoC nei vari anni, e poi a loro volta comparati con quelli cumulativi del CCM, valutan- done l’attendibilità e le cause che ne determinano la non attendibi- lità, sia per migliorare il dato sia per far emergere le performance di ogni CoC rispetto all’intero CCM.

Risultati e conclusioni. Di seguito viene mostrata una sezione parziale degli indicatori più interessanti. Si può osservare un

Indicatore Um T0 Dic 2007 Dic 2008 Dic 2009 Consorzio Dic 2009 Indicatori diabete

1. Totale pazienti n. T 164113 165522 168785 610823

2. Pazienti non diabetici, ma con almeno

un fattore di rischio per diabete % T 28,04 29,31 30,19 27,51

3. Pazienti diabetici n. T 10651 11652 12672 45389

4. Pazienti diabetici: prevalenza % T 6,49 7,04 7,51 7,43

5. Pazienti diabetici con ipertensione % T 69,38 71,21 72,63 69,62 6. Pazienti diabetici con dislipidemia % T 31,18 32,5 33,51 30,62 7. Pazienti diabetici con ipertensione e dislipidemia % T 24,52 25,95 27,15 24,29 8. Pazienti diabetici con registrazione dato fumo

nell’anno % 12 31,51 27,77 31,22 11,11

9. Pazienti diabetici con registrazione BMI % 12 67,56 69,1 69,85 29,24 10. Richiesta microalbuminuria nei pazienti diabetici % 12 15,37 18,55 21,47 18,43 11. Richiesta creatininemia nei pazienti diabetici % 12 66,24 69,65 69,52 56,17 12. Pazienti diabetici con richiesta di

fondo oculare nei due anni precedenti % 24 31,59 30,6 32,1 21,26 13. Pazienti diabetici con richiesta di profilo lipidico % 12 70,15 69,77 68,61 51,75 14. Pazienti diabetici con richiesta di ECG % 12 7,17 32,81 36,77 25,86 15. Pazienti diabetici con misurazione di PA % 12 44,98 49,81 46,3 33,09 16. Pazienti diabetici con richiesta Hb glicata % 12 73,19 82,44 81,71 58,96 17. Pazienti diabetici con Hb glicata < 7 % 12 54,44 60,31 61,51 57,27 18. Pazienti diabetici con LDL < 100 % 12 36,41 38,2 42,01 40,84 19. Pazienti diabetici con PA ≤ 130/80 % 12 44,35 47,52 50,84 45,86 20. Pazienti diabetici con stadio 5° IRC % 12 1,54 1,02 1,3 1,58 21. Pazienti diabetici con stadio 4° IRC % 12 3,2 3,24 3,87 4,47 22. Pazienti diabetici con stadio 3° IRC % 12 41,48 41,31 41,31 39,62 23. Pazienti diabetici con stadio 2° IRC % 12 39,88 41,06 38,34 38,23 24. Pazienti diabetici con stadio 1° IRC % 12 14,02 13,81 15,83 16,63 25. Pazienti diabetici con VFG ≤ 45 e trattati

con metformina o metformina in associazione % 12 45,27 41,87 42,12 45,87

Totale ricoveri nei pazienti diabetici n. 12 137 133 139 433

IRC, insufficienza renale cronica; T0, tempo zero (tempo di inizio della ricerca: ultimi 12 mesi, 24 mesi o intero

periodo di assistenza dei pazienti in esame, quest’ultimo indicato dalla lettera T); Um, unità di misura.

(2)

Effetti a lungo termine del regime dietetico ipoproteico sui sintomi depressivi e sulla qualità di vita in anziani diabetici di tipo 2

Ciarambino T

1

, Castellino P

2

, Paolisso G

1

, Coppola L

1

, Ferrara N

3

, Giordano M

1

1

Dipartimento di Gerontologia, Geriatria e Malattie Metaboliche, SUN;

2

Dipartimento di Medicina Interna, Università di Catania;

3

Fondazione S. Maugeri, Istituto Scientifico di Riabilitazione di Telese

Obiettivi. Non sono chiari gli effetti a lungo termine della dieta ipoproteica (LPD) sui sintomi depressivi e sulla qualità di vita negli anziani diabetici nefropatici.

Disegno e metodi. Nello studio sono stati arruolati 36 pazienti anziani diabetici nefropatici (stadio 3-4). Tutti i partecipanti allo studio sono stati invitati a seguire un regime dietetico normopro- teico (NPD) pari a 1,0 g/kg/die per 4 settimane, e poi assegnati a un regime dietetico ipoproteico (LPD) pari a 0,7 g/kg/die, 7 giorni la settimana (LPD 7/7) o sei giorni la settimana (LPD 6/7) per 30 mesi. Ogni mese è stata valutata la funzione renale e ogni 3 mesi sono stati effettuati i test di valutazione multimensionale geriatrica (MMSE, ADL, CIRS-IS, GDS-15) e il test di valutazio- ne della qualità di vita (SF-36).

Risultati. Prima di iniziare il regime dietetico ipoproteico, la clea- rance della creatinina (CrCl), MMSE, ADL, CIRS-IS, GDS-15 e SF-36 sono simili in entrambi i gruppi LPD 7/7 e LPD 6/7.

Durante i 30 mesi di regime ipoproteico, il valore medio del GDS-15 aumentava significativamente nel gruppo LPD 7/7 rispetto al gruppo LPD 6/7 (6,6 ± 0,0 vs 3,7 ± 0,4) mentre, sia il valore medio del SF-36 MCS (34,9 ± 0,0 vs 46,5 ± 0,0) che del SF-36 PCS (35,1 ± 0,0 vs 45,6 ± 0,0) sono significativamente ridotti nel gruppo LPD 7/7 rispetto al gruppo LPD 6/7 (p < 0,05).

Inoltre, dopo 30 mesi, il declino nella CrCl è simile nei due grup- pi LPD 7/7 e LPD 6/7 (2,63 ± 0,3 e 2,69 ± 0,3 ml/min/anno, rispettivamente).

Conclusioni. Quindi gli effetti a lungo termine della dieta ipopro- teica LPD 6/7, in anziani diabetici di tipo 2, rispetto al regime LPD 7/7, sono associati a un simile declino della CrCl e a una riduzione dei sintomi depressivi con conseguente migliore quali- tà di vita.

Efficacia clinica della gastrectomia verticale in pazien- ti con diabete mellito di tipo 2 e obesità

Cotugno M

1

, Nosso G

1

, Vitagliano G

1

, Cutolo PP

2

, Vitolo G

1

, Angrisani L

2

, Saldalamacchia G

1

, Capaldo B

1

1

Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università degli Studi di Napoli Federico II;

2

Dipartimento di Chirurgia, Ospedale S. Giovanni Bosco di Napoli

Premessa e scopo dello studio. La chirurgia bariatrica viene considerata un’efficace opzione terapeutica nella cura del diabe- te mellito di tipo 2 (DM2) associato a obesità medio-grave non compensato dalla terapia medica. Una delle tecniche chirurgi- che di recente introduzione è la gastrectomia verticale (GV) che, da primo step di uno degli interventi più complessi quali la diver- sione biliopancreatica, è oggi considerata una procedura defini- tiva in virtù della sua efficacia nell’indurre perdita di peso.

Tuttavia non sono ancora noti gli effetti della GV sulle patologie correlate all’obesità. Scopo del nostro studio è quello di valuta- re l’efficacia clinica della GV sul peso corporeo e sulla remissio- ne del diabete e delle comorbilità in pazienti obesi con DM2 non adeguatamente controllati dalla terapia medica.

Disegno e metodi. Abbiamo valutato in 25 soggetti con DM2

e obesità sottoposti a GV (10 M/15 F; età: 45 ± 9 anni; indice di massa corporea, IMC: 48 ± 8 kg/m

2

, M ± DS) il decremento ponderale, la remissione del DM2 (definita come glicemia a digiuno < 126 mg/dl e HbA

1c

< 6,5% in assenza di terapia ipo- glicemizzante) e la remissione delle comorbilità (ipertensione arteriosa e dislipidemia) dopo 3 e 9-15 mesi dall’intervento chi- rurgico.

Risultati. L’IMC medio si riduceva del 19% (39 ± 8 kg/m

2

, p < 0,001) a 3 mesi e del 29% (34 ± 6 kg/m

2

, p < 0,001) a 9-15 mesi dall’intervento. La glicemia media a digiuno, dal valore preoperatorio di 131 ± 42 mg/dl, si riduceva a 87 ± 19 mg/dl (p = 0,008) e 91 ± 20 mg/dl (p = 0,01) dopo 3 e 9-15 mesi dal- l’intervento, rispettivamente. La remissione del diabete si verifi- cava nell’96% dei pazienti. L’indice HOMA-IR, parametro di insulino-resistenza, risultava significativamente ridotto sia a 3 mesi (riduzione dell’86%, p < 0,008) sia a 9-15 mesi dall’inter- vento (riduzione del 91%, p < 0,04). Anche le altre comorbilità risultavano drasticamente migliorate; infatti l’86-90% dei pazien- ti sospendeva i farmaci antipertensivi e/o ipolipidemizzanti.

Conclusioni. In pazienti con DM2 e obesità la GV è in grado di indurre una cospicua e stabile perdita di peso con remissione del diabete e delle altre patologie obesità-correlate in un’elevata percentuale di pazienti.

Valutazione dell’impatto di exenatide sul sistema car- diovascolare

Foglia A

1

, Bova A

2

, Bellinfante E

1

, Ciullo I

2

, Cimmino M

1

, Miranda C

3

1

Ambulatorio di Diabetologia-UOC Medicina Interna PO dei Pellegrini ASL NA1;

2

ASL Na1 DS 31 Centro Diabetologico Poliambulatorio Cesare Battisti;

3

Servizio di Diabetologia, Dipartimento di Medicina 1, AO S. Maria degli Angeli, Pordenone

Premessa e scopo dello studio. Exenatide è un farmaco incretino-mimetico che mostra numerose azioni in comune con il glucacone like gliptide 1(GLP-1) umano.

Exenatide aumenta la secrezione insulinica con stimolazione glucosio-dipendente e riduce la secrezione di glucagone, che è notevolmente elevata nei pazienti con DMT2.

Inoltre ha dimostrato, oltre alla sua efficacia nel ridurre l’emoglobina glicata, una riduzione del peso corporeo, perché a livello del sistema nervoso centrale riduce l’appetito e aumenta il senso di sazietà.

Il GLP-1 umano a livello dell’apparato cardiovascolare riduce i valori della pressione arteriosa e la frequenza cardiaca, migliora la vasodilatazione endotelio-mediata e aumenta la contrattilità miocardica nel post-infarto nell’uomo.

Disegno e metodi. Scopo dello studio è quello di verificare sia gli effetti di exenatide sulla muscolatura liscia dei vasi e sulla pro- gressione della malattia aterosclerotica sia, come già verificato da altri autori, la sua azione sulla contrattilità miocardica.

All’uopo abbiamo sottoposto tutti i pazienti selezionati per il trat-

tamento con exenatide alla misurazione della pressione arterio-

sa, a esame ecocardiografico in M e B mode per la valutazione

della frazione d’eiezione del ventricolo sinistro (LVEF) e a ultraso-

nografia dei tronchi sovraortici per la misurazione dello spesso-

re medio intimale (IMT). La nostra casistica comprende 19 pa -

zienti, 9 di sesso maschile e 10 di sesso femminile, di età com-

presa tra 45 e 76 anni, tutti affetti da diabete mellito di tipo 2 in

fallimento terapeutico con dieta e metformina al massimo

dosaggio tollerato. Tutti i pazienti arruolati sono stati trattati con

exenatide 5 µg/bis in die per un mese e 10 µg/bis in die per 11

mesi. Tutti i soggetti venivano sottoposti all’inizio e dopo 12 mesi

dal trattamento a valutazione ultrasonografica con ecocolordop-

(3)

pler dei tronchi sovraortici e a ecocardiogramma mono- e bidi- mensionale per la valutazione della LVEF. Quali soggetti di con- trollo sono stati studiati 19 pazienti affetti da diabete mellito di tipo 2 (DMT2) in terapia con ipoorali e/o insulina, sovrapponibi- li per età, sesso, compenso glicemico e complicanze.

Risultati. Exenatide ha dimostrato la sua efficacia nella riduzio- ne dell’emoglobina glicata, nella riduzione della pressione arte- riosa, dei livelli di colesterolo e dei trigliceridi, e del peso corpo- reo come già dimostrato in altri studi.

Exenatide ha dimostrato in modo statisticamente significativo l’aumento della frazione di eiezione e della riduzione dell’IMT dei pazienti da noi trattati rispetto ai controlli (Tab. 1).

lina basale e inizia terapia con exenatide 5 poi 10 µg/bis in die e metformina 3 g die.

Risultati.

Tabella 1

Controlli Basale Dopo 12 mesi t p

IMT (media ± SD) 1,189 ± 0,136 1,111 ± 0,169 1,793 0,111 LVEF (media ± SD) 53,56 ± 7,11 52,44 ± 8,79 1,011 0,341

Pazienti exenatide t p

IMT (media ± SD) 1,117 ± 0,070 0,912 ± 0,101 4,864 0,001 LVEF (media ± SD) 53,33 ± 5,15 60,44 ± 3,28 –6,007 3,21

–4

Data Ottobre 2008 Dicembre 2008 Aprile 2010 Febbraio 2011

Peso 102 96,6 92 86

Circonf. addome 113 104 96 95

Glicemia 145 132 88 88

HbA

1c

8,10% 6,5 5,9 6,1

Terapia Exenatide Continua Continua Continua

+ met. terapia terapia terapia

Conclusioni. I risultati da noi ottenuti sostengono l’ipotesi che exenatide, così come dimostrato per il GLP1 umano, abbia un effetto sia sulla vasodilatazione vasale sia sul processo infiam- matorio dell’endotelio (riduzione dello IMT) sia sulla contrattilità miocardica (aumento della LVEF altamente significativo).

Caso clinico di paziente affetto da DMT2: switch round insulina-exenatide

Foglia A, Cimmino M, Bova A

ASL NA1 DS 31 Poliambulatorio Cesare Battisti

Premessa e scopo dello studio. Exenatide è un farmaco incretino-mimetico che mostra numerose azioni anti-iperglicemi- che del glucacone like gliptide 1 (GLP-1). La sua sequenza ami- noacidica si sovrappone in parte a quella del GLP-1 umano.

Exenatide aumenta la secrezione insulinica con modalità gluco- sio-dipendente. Exenatide sopprime la secrezione di glucacone notevolmente elevata nei pazienti con diabete mellito di tipo 2 (DMT2). Exenatide riduce lo svuotamento gastrico e la velocità con cui il glucosio compare in circolo. In numerosi studi clinici exenatide ha dimostrato, oltre alla sua efficacia nel ridurre l’emoglobina glicata, una riduzione del peso del paziente diabe- tico. Abbiamo pensato di presentare alla comunità scientifica i dati di un paziente da noi trattato con exenatide per i risultati ottenuti sul peso corporeo e per la sua particolarità.

Disegno e metodi. Il paziente da noi descritto di 56 anni, maschio, è giunto alla nostra osservazione con DMT2 diagnosti- cato a circa 25 anni, nel 2005. Peso: 105 kg; altezza: 177 cm;

circonferenza vita: 105 cm, ipertenso; dislipidemico con segni di neuropatia periferica sensitivo-motoria.

In terapia con irbesartan, idroclorotiazide, ASA, benzofibrato, metformina 3 g/die e repaglinide 7,5 mg. Gli esami di laborato- rio dimostravano HbA

1c

: 10,7%; glicemia: 283 mg/%. Il pazien- te inizia terapia con insulina 2 analoghi premiscelati + analogo rapido a pranzo, continua terapia con metformina, sospenden- do repaglinide. Nonostante la terapia insulinica e il successivo passaggio a uno schema basal bolus, i risultati nel tempo sono negativi. Il paziente non perde peso (aumento di circa 5 kg) e dopo tre anni sospende di propria iniziativa la terapia insulinica ai pasti per perdere peso. A ottobre 2008 presenta a un control- lo una glicata di 8,1%, con una glicemia di 145 a digiuno, pesa 102 kg e la circonferenza addome di 113 cm. Si sospende insu-

Conclusioni. Nel DMT2 l’insulino-resistenza è spesso causa di parziale insuccesso della terapia insulinica nel raggiungere gli obiettivi glicemici di buon compenso considerando anche la sua azione negativa sul peso. Exenatide è una valida alternativa in alcuni di questi pazienti che conservano ancora una sia pur modesta riserva insulinica sia per l’ottimo effetto sul peso sia sul compenso glicometabolico.

Effetti di una dieta di tipo mediterraneo e della restri- zione calorica sui biomarker della longevità e dello stress ossidativo in soggetti in sovrappeso

Gualdiero R

1

, Scognamiglio P

2

, Brancario C

2

, Saccomanno F

1

, Giugliano D

2

, Esposito K

1

1

Servizio Speciale di Diabetologia, AOU Seconda Università di Napoli, Cattedra di Malattie del Metabolismo;

2

UOC di Malattie del Metabolismo, AOU Seconda Università di Napoli, Cattedra di Malattie del Metabolismo

Premessa e scopo dello studio. La longevità risulta essere maggiore in soggetti che seguono uno stile di vita salutare o che presentano un basso profilo di rischio cardiovascolare. Uno stile alimentare di tipo mediterraneo riduce l’incidenza di malattie car- diovascolari e la mortalità per cause cardiovascolari in soggetti affetti da malattia coronarica. Lo scopo del presente studio è stato quello di valutare gli effetti di una dieta di tipo mediterraneo e della restrizione calorica sui marker biologici dell’invecchia- mento e dello stress ossidativo in soggetti in sovrappeso.

Disegno e metodi. Sono stati inclusi nello studio soggetti di sesso maschile, di età ≥ 18 anni, caratterizzati da un BMI ≥ 26 kg/m

2

, sedentari (meno di un’ora a settimana di attività fisica). La strategia di intervento adottata è consistita nella somministrazio- ne di una dieta di tipo mediterraneo nel gruppo di soggetti in sovrappeso (gruppo dieta MED), associata alla restrizione calo- rica e a un programma di attività fisica nel gruppo di soggetti obesi (gruppo lifestyle). Entrambi i gruppi sono stati comparati a due gruppi di controllo e seguiti per un totale di 24 mesi. End- point primario è stato considerato la variazione dei livelli di insu- lina e 8-iso-PGF2 α rispetto ai valori basali; in secondo luogo sono stati valutati i cambiamenti del peso corporeo, del coleste- rolo totale, della pressione arteriosa, della glicemia e dell’adipo- nectinemia rispetto all’inizio dello studio.

Risultati. Sul totale dei 192 soggetti reclutati nello studio, 98

sono stati assegnati ai gruppi di intervento (46 per il MED diet

group, 52 per il lifestyle group) e 94 ai gruppi di controllo (44 per

il MED diet group, 50 per il lifestyle group). A due anni dall’inizio

dello studio, è stata riscontrata una significativa riduzione del

peso corporeo nei gruppi lifestyle [–14 kg (intervallo di confiden-

za, IC al 95% da –20 a –8)] rispetto ai gruppi di controllo [–2,0

kg (IC al 95% da –4,4 a 0)], con una differenza di –11 kg (IC al

95% da –19 a –4,7, p < 0,001). Infine, una differenza significati-

va fra i gruppi (MED diet vs lifestyle) è stata rilevata a due anni

dall’inizio della strategia di intervento relativamente ai livelli pla-

(4)

smatici di insulina (p = 0,04), 8-iso-PGF2 α (p = 0,037), glucosio (p = 0,04) e adiponectina (p = 0,01) in favore del gruppo lifesty- le, anche dopo aggiustamento per peso corporeo basale.

Conclusioni. In soggetti obesi o in sovrappeso, l’aderenza a uno stile alimentare di tipo mediterraneo si associa a un signifi- cativo miglioramento di molteplici fattori di rischio cardiovasco- lare (pressione arteriosa, assetto lipidico), all’attenuazione dello stress ossidativo e al miglioramento dell’insulino-resistenza. Tali effetti risultano amplificati quando a una dieta di tipo mediterra- neo si associno la restrizione dell’intake calorico quotidiano e l’incremento dell’attività fisica.

Le disfunzioni sessuali nel diabete mellito: marker pre- coci di cardiovasculopatie

Improta L, Caiazzo G, D’Alessandro G, Marrone M, Improta MR

Gruppo di Studio “Le Disfunzioni Sessuali nel Diabete Mellito”

AMD Campania

Premessa e scopo dello studio. Le disfunzioni sessuali (DS) maschili e femminili, come da recente letteratura scientifica, sono note avere una maggiore prevalenza e incidenza (circa × 3) nella popolazione diabetica vs non diabetica. È altresì noto che il diabete mellito (DM) è considerato una malattia cardiovascola- re anche in assenza di storia clinica e che la disfunzione endo- teliale è il primum movens delle DS, naturalmente quelle a ezio- logia organica, e dell’arteriosclerosi.

Gli autori, dati questi presupposti, hanno inteso indagare sulla presenza anamnestica di DS in una popolazione di diabetici di tipo 2 di età compresa tra i 35 e i 60 anni, in un periodo relativo agli ultimi 2 anni precedenti episodi cardiovascolari: angina, IMA, stroke, vasculopatie periferiche senza prodromi specifici sogget- tivi e strumentali.

Disegno e metodi. Sono stati studiati 130 diabetici (85 M, 45 F) giunti all’osservazione in Centri Territoriali di Diabetologia dell’Asl NA3 Sud, con storia recente (IV trimestre 2010 e I trime- stre 2011) di episodi cardiovascolari acuti per l’assenza di pro- dromi clinici e strumentali (ECG, ecocolordoppler TSA e aa.ii.) negativi nei due anni precedenti e con HbA

1c

media tra 6,5% e 7,5%. Per controllo è stato considerato un gruppo omogeneo di diabetici venuti a controllo per periodico follow-up. A tali sogget- ti è stato somministrato un questionario semplice a risposta positiva o negativa ai due sessi sul calo della libido, ai maschi su disfuzione erettile, alle femmine su anorgasmia. I dati statistici sono stati valutati con il chi quadrato.

Risultati.

1

Servizio Speciale di Diabetologia, AOU Seconda Università di Napoli, Cattedra di Malattie del Metabolismo, SUN;

2

UOC di Malattie del Metabolismo, AOU Seconda Università di Napoli;

3

Servizio di Diabetologia, Distretto 59 ASL Na3 Sud Premessa e scopo dello studio. Il binge eating disorder (BED), ossia il disturbo del comportamento alimentare (DCA) caratterizzato dall’iperalimentazione compulsiva, ha una preva- lenza del 30% tra i soggetti obesi. In nostri precedenti lavori abbiamo evidenziato che donne affette da diabete mellito (DM) di tipo 2 presentano una prevalenza maggiore di DCA rispetto ai controlli sani. La necessità del compenso glicemico e del con- trollo del peso corporeo condiziona i pazienti diabetici all’auto- gestione della malattia attraverso la restrizione e il controllo del- l’alimentazione. La responsabilità cronica del dovere di restrizio- ne, associato all’eventuale iperfagia e la comorbilità con i distur- bi del tono dell’umore, può innescare l’iperalimentazione com- pulsiva. Recenti esperienze hanno dimostrato la stretta associa- zione tra DM di tipo 2 e disfunzione sessuale femminile (FDS).

Scopo del nostro studio è stato valutare l’associazione tra FDS e BED.

Disegno e metodi. Sono state arruolate per lo studio osserva- zionale 84 donne diabetiche sessualmente attive, di cui 40 affet- te da BED. Criteri di inclusione erano: DM di tipo 2, BMI > 30 ed età compresa tra 35 e 55 anni; criteri di esclusione erano: la pre- senza di patologie endocrine, neuropsichiatriche e pelviche e instabilità metabolica caratterizzata da frequenti episodi di ipogli- cemia. La diagnosi di BED o della variante night eating sindro- me (NES) si effettuava, secondo i criteri del DSM IV, con anam- nesi alimentare. Alle pazienti veniva, inoltre, somministrata la binge eating scale per la stadiazione del disturbo. La presenza di disfunzione sessuale veniva indagata con la somministrazione del questionario female sexual function index (FSFI). Un FSFI score inferiore/uguale a 23 comportava diagnosi di FDS. La significatività statistica è stata valutata con il chi-quadrato e con test parametrici e non parametrici.

Risultati. Degli 84 questionari FSFI somministrati, 2 non sono stati riconsegnati e 2 non sono stati ritenuti validi per lo studio.

La FSD veniva riscontrata in 21 donne su 40 affette da BED (52,5%) versus 7 su 40 del gruppo di controllo (17,5%). Sono risultate significative le differenze osservate tra il punteggio complessivo del FSFI (p ≤ 0,002); tra i sei domini, il desiderio (p ≤ 0,033), l’orgasmo (p ≤ 0,001), la soddisfazione (p ≤ 0,002) e il dolore (p ≤ 0,001) erano significativamente differenti tra i due gruppi.

Conclusioni. I risultati dello studio dimostrano un’associazione tra BED e DS nella popolazione diabetica femminile da noi osservata. Tale evidenza suggerisce l’importanza della valutazio- ne della DS nell’approccio diagnostico e terapeutico del DM di tipo 2.

Funzione ventricolare sinistra ed endoteliale nei pazienti con diabete di tipo 2 complicato da nefropatia diabetica al III stadio

Lascar N

1

, Morra S

1

, Nunziata M

1

, Porta G

1

, Venafro M

1

, Pagano A

1

, Esposito A

1

, Altruda I

1

, Nasti R

1

, Calabrò P

2

, Torella R

1

, Sasso FC

1

1

IV Divisione di Medicina, Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale “Lanazara- Magrassi”;

2

Divisione di Cardiologia, Seconda Università di Napoli

Premessa e scopo dello studio. La diagnosi di microalbumi- nuria non consente da sola di definire nel diabetico di tipo 2 la presenza di una nefropatia diabetica (ND). Inoltre osservazioni Calo della libido (M e F) 70/130 versus 40/130

Disfuzione erettile (M) 64/85 versus 41/85

Anorgasmia (F) 21/45 versus 8/45

La differenza statistica è risultata positiva per p < 0,01.

Conclusioni. Gli autori, in base ai risultati ottenuti e a personali esperienze di medicina per evidenze, ipotizzano proporre le DS come marker precoci e/o fattori di rischio cardiovascolare; per- tanto considerano le anamnesi positive in tal senso orientative per l’approfondimento, anche con indagini invasive, dello stato di salute cardiovascolare.

Disfunzione sessuale e binge eating disorder in donne diabetiche obese

Improta MR

1

, Di Palo C

1

, Petrizzo M

2

, Maiorino MI

2

, Improta

L

3

, Esposito K

1

(5)

emodinamiche su pazienti di tipo 2 con nefropatia diabetica strictu sensu sono a oggi assenti.

Scopo dello studio è stata la valutazione 1) della funzione endo- teliale, determinata con EndoPAT, una metodica non invasiva che consente di valutare con alta affidabilità l’iperermia reattiva (HR), e 2) della funzionalità cardiaca (misurata ecocardiografica- mente) in pazienti diabetici di tipo 2 con ND e senza ND.

Disegno e metodi. Tra 821 diabetici di tipo 2 consecutivamen- te afferenti all’ambulatorio di diabetologia della IV Medicina Interna della Seconda Università di Napoli sono stati reclutati 29 pazienti con ND al III stadio e 26 pazienti, non affetti da ND, confrontabili per sesso, età, peso, BMI, pressione arteriosa sistolica e diastolica, e durata della malattia, hanno costituito il gruppo di controllo. I soggetti diabetici erano definiti affetti da ND al III stadio se presentavano in due consecutive determina- zioni una microalbuminuria compresa tra 30 e 300 mg/24 h, e se mostravano al fundus oculi una retinopatia diabetica avanza- ta (retinopatia preproliferativa o proliferativa).

Criteri di esclusione erano un’insufficienza renale cronica supe- riore al terzo stadio (GFR < 30 ml/min), un pregresso IMA (infar- to miocardico acuto), una qualsiasi cardiopatia nota, un’ipertensione arteriosa non controllata dalla terapia (> 130/80 mmHg), una severa epatopatia, una neuropatia diabetica auto- nomica diagnosticata con i test cardiovascolari di Ewing, un BMI

> 35 kg/m

2

.

Risultati. I due gruppi (ND e controllo) sono sovrapponibili per colesterolo totale, LDL e HDL, trigliceridi, creatininemia, GFR.

L’HbA

1c

risultava più alta nel gruppo ND (8,3 ± 1,8 vs 7,1 ± 1,5;

p 0,014). I parametri ecocardiografici tra i due risultavano non significativamente differenti tra i due gruppi, tranne che per lo spessore del setto interventricolare, maggiore nel gruppo ND (10,7 ± 1,3 vs 9,8 ± 1,4; p 0,023).

Il dato di maggior rilievo è fornito però dallo studio della funzione endoteliale. La RHI risultava significativamente più bassa nel grup- po ND (1,51 ± 0,59 vs 2,06 ± 0,37; p < 0,01) indicando una com- promissione significativa nel gruppo con nefropatia (vn > 1,7).

Conclusioni. La presenza di un danno endoteliale significativo rappresenta un importante elemento fisiopatologico che giustifi- ca l’elevato rischio cardiovascolare nei pazienti con ND, fino a ora non studiati come afferenti a questa specifica entità noso- grafica.

La transizione dei giovani con diabete di tipo 1 dall’am- bulatorio pediatrico a quello dell’adulto: l’esperienza dell’Area Funzionale di Diabetologia dell’AOU Federico II Lupoli R, Bozzetto L, Capaldo B, De Natale C, Iovine C a nome del gruppo della Transizione

Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università degli Studi di Napoli Federico II

Introduzione. Il passaggio dei giovani con diabete mellito di tipo 1 (DM 1) dal centro pediatrico a quello dell’adulto è un momento delicato anche perché coincide con il “passaggio” più generale dall’adolescenza all’età adulta con tutte le problemati- che psicologiche a esso correlate. Studi condotti negli Stati Uniti dimostrano che, mediamente, intercorrono più di 6 mesi tra l’ultimo controllo diabetologico presso la struttura pediatrica e la prima visita nel centro degli adulti. Senza un’adeguata prepara- zione, quindi, il passaggio di struttura rischia di essere un fatto- re di dispersione dei giovani pazienti, con il conseguente incre- mento della probabilità di insorgenza di complicanze acute e croniche della malattia.

Scopo. Per rispondere alle esigenze specifiche dei giovani “in passaggio” dalla pediatria, è stato istituito, presso l’Area Funzionale di Diabetologia dell’AOU Federico II, un ambulatorio

della “transizione” nel contesto delle attività ambulatoriali dedi- cate agli adolescenti e ai giovani adulti con età inferiore ai 30 anni. Tale spazio è gestito da un team di medici, nutrizionisti, psi- cologi e personale infermieristico dedicato che, lavorando insie- me, garantiscono una gestione globale e integrata del paziente.

Modalità organizzative. La transizione viene avviata dal pedia- tra il quale spiega le motivazioni del passaggio, fissa una visita al centro dell’adulto, e consegna al giovane una scheda riassunti- va della sua storia clinica. Nel corso della prima visita al centro dell’adulto, oltre al controllo diabetologico, i giovani pazienti effettuano un consulto psicologico e una consulenza nutriziona- le che, su richiesta del paziente, possono essere ripetute anche nelle visite successive.

Risultati. Fino a oggi sono transitati dalla diabetologia pediatri- ca dell’AOU Federico II e della Seconda Università 62 giovani con DM 1 (35 M; 28 F) di età media 25 ± 3 anni (range 18-31) e durata media di malattia di 15,4 ± 6,2 anni. In ingresso, il 66%

dei pazienti effettuava terapia insulinica secondo lo schema basal-bolus, il 24% praticava tre somministrazioni al giorno e il 10% terapia insulinica mediante microinfusore. Attualmente, è aumentata la percentuale sia dei pazienti in trattamento con microinfusore (21%) sia di quelli trattati con lo schema basal- bolus (76%). In ingresso, il 38% dei pazienti era in ottimo com- penso (HbA

1c

< 7%) e tale percentuale è rimasta invariata al fol- low-up. Il 20% dei pazienti presentava, al momento del passag- gio, una HbA

1c

> 9% mentre, attualmente, il 7% permane in sca- dente compenso. Nel corso dei 5 anni di attività, solo 5 pazien- ti (8%) sono stati persi al follow-up.

Conclusioni. La nostra esperienza conferma che l’interazione tra il diabetologo pediatra e il diabetologo dell’adulto è fonda- mentale per gestire in maniera ottimale le difficoltà e le ansie connesse al passaggio di struttura assistenziale. Questa moda- lità organizzativa sembra essere efficace in considerazione della bassa percentuale di dispersione.

Effetti di pioglitazone vs metformina sui livelli circolan- ti di microparticelle endoteliali e di progenitori delle cellule endoteliali in pazienti con diabete di tipo 2 di nuova diagnosi

Mosca C

1

, Rispoli M

1

, Gicchino M

2

, Di Tommaso D

1

, Bellastella G

1

, Esposito K

1

1

Servizio Speciale di Diabetologia, AOU Seconda Università di Napoli, Cattedra di Malattie del Metabolismo;

2

UOC di Malattie del Metabolismo, AOU Seconda Università di Napoli Premessa e scopo dello studio. Le evidenze scientifiche riguardanti gli effetti di farmaci ipoglicemizzanti sulle complican- ze macrovascolari del diabete mellito sono molto limitate. I livelli circolanti di microparticelle di derivazione endoteliale (EMPs) e di progenitori delle cellule endoteliali (EPCs) rappresentano, rispet- tivamente, indici di ingiuria e riparazione vascolare. Scopo del presente studio è stato quello di comparare gli effetti di pioglita- zone e di metformina sui livelli circolanti di EMPs ed EPCs in soggetti con diabete mellito di tipo 2 di nuova diagnosi.

Disegno e metodi. Sono stati reclutati nello studio soggetti di

età compresa tra 30 e 75 anni, con nuova diagnosi di diabete,

BMI > 25 kg/m

2

, HbA

1c

compresa tra 7% e 10%. Centodieci

pazienti sono stati assegnati secondo modalità randomizzata e

in parti uguali a uno dei due bracci di trattamento. Le dosi dei

farmaci in studio sono state aumentate a 4, 6 e 8 settimane; la

massima dose tollerata è stata mantenuta per le successive

16 settimane. I livelli circolanti di EMPs e di EPCs sono stati valu-

tati secondo metodica citofluorimetrica. La funzione endoteliale

è stata indagata attraverso lo studio della vasodilatazione endo-

telio-dipendente (FMD).

(6)

Risultati. A 6 mesi dall’inizio dello studio, i soggetti del gruppo pioglitazione mostravano una significativa riduzione dei livelli cir- colanti di EMPs CD31+ [–30 (17) counts/μl, differenza assoluta –32 counts/μl (intervallo di confidenza, IC al 95% da –5 a –9, p = 0,01)], un significativo aumento del numero di EPCs CD35+/KDR+ [35 cell/10

6

eventi, differenza assoluta di 33 cell/10

6

eventi (IC al 95% 13-55), p = 0,01] e una significativa diminuzione del rapporto EMPs/EPCs [–1,6 (0,8), differenza assoluta –1,5 (IC al 95% da –2,6 a –0,5, p < 0,001)] rispetto ai soggetti del gruppo metformina. Dall’analisi univariata è emerso, inoltre, che la diminuzione dei livelli circolanti di EMPs risultava essere significativamente correlata all’incremento dei livelli di adi- ponectina (–0,391, p = 0,01), e alla riduzione delle concentrazio- ni di PCR (0,416, p = 0,01), che restava significativa nell’analisi di regressione multivariata (0,321, IC al 95% da 0,245 a 0,402 per l’adiponectina; 0,265, IC al 95% da 0,299 a 0,406 per PCR).

Conclusioni. In soggetti con nuova diagnosi di diabete di tipo 2, l’utilizzo di pioglitazone, rispetto alla metformina, consente di ottenere la diminuzione dei livelli di EMPs e l’aumento dei livelli di EPCs, con conseguente significativa riduzione del rapporto EMPs/EPCs. Questi risultati avvalorano l’ipotesi secondo cui il pioglitazone sarebbe in grado di influenzare entrambi i fattori determinanti dell’integrità strutturale e funzionale dell’endotelio (danno vascolare e meccanismi di riparo), proteggendolo dall’a- poptosi e favorendo i meccanismi di riparo del danno vascolare.

Sensibilità e secrezione insulinica dopo bypass gastri- co o gastrectomia verticale in pazienti con diabete di tipo 2 e obesità

Nosso G

1

, Saldalamacchia G

1

, Lupoli R

1

, Cotugno M

1

, Vitolo G

1

, Cutolo PP

2

, Angrisani L

2

, Capaldo B

1

1

Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università degli Studi di Napoli Federico II;

2

Chirurgia Generale Ospedale San Giovanni Bosco, Napoli

Premessa e scopo dello studio. È noto che gli interventi di chirurgia bariatrica inducono la remissione del diabete in una larga percentuale dei casi con una frequenza variabile dal 50 al 95% in relazione alla tipologia di intervento. I meccanismi fisio- patologici responsabili della risoluzione del diabete mellito di tipo 2 (DM2) dopo chirurgia bariatrica non sono ancora del tutto chia- riti e mancano dati di confronto diretto tra le diverse tecniche.

Scopo del nostro studio è quello di confrontare gli effetti di due tra le procedure chirurgiche maggiormente praticate – il bypass gastrico (BG) e la gastrectomia verticale (GV) – su decremento ponderale, sensibilità e secrezione insulinica in pazienti con DM2 associato a obesità.

Disegno e metodi. In 8 pazienti sottoposti a BG (4 M; età: 47

± 6 anni; IMC: 46 ± 6 kg/m

2

, M ± DS) e in 11 pazienti sottopo- sti a GV (5 M; età: 45 ± 11 anni; IMC: 50 ± 8 kg/m

2

) abbiamo valutato il decremento ponderale, la remissione del DM2 (defini- ta come glicemia a digiuno < 126 mg/dl e HbA

1c

< 6,5% in assenza di terapia ipoglicemizzante), la sensibilità insulinica e la funzione β-cellulare mediante OGTT prima, 3 e 12 mesi dopo l’intervento.

Risultati. Il decremento ponderale è stato simile con i due inter- venti sia a 3 mesi (–30 kg, circa) sia a 12 mesi (–45 kg, circa). La remissione del diabete si è verificata nell’87% e 100% dei pazienti sottoposti a BG, rispettivamente a 3 e 12 mesi, e nel 72% e 81% dopo 3 e 12 mesi nel gruppo sottoposto a GV.

Dopo 3 mesi, l’indice OGIS (oral glucose insuline sensitivity), parametro che esprime la sensibilità insulinica, risultava aumen- tato sia in BG (da 260 ± 70 a 468 ± 109 ml min

-1

m

-2

, p = 0,001) sia in GV (da 282 ± 72 a 450 ± 87 ml min

-1

m

-2

, p = 0,001); tale parametro migliorava ulteriormente a 12 mesi (543 ± 113 ml

min

-1

m

-2

, p = 0,003 nel gruppo GV e 653 ± 221 ml min

-1

m

-2

, p = 0,056 nel gruppo BG). La secrezione insulinica, valutata mediante indice insulinogenico, aumentava significativamente dopo 3 mesi in entrambi i gruppi (da 0,02 ± 0,01 a 0,07 ± 0,03, p = 0,035 in BG; da 0,03 ± 0,01 a 0,06 ± 0,03, p = 0,006 in GV).

Tale aumento si confermava a 12 mesi nel gruppo GV (0,08 ± 0,03, p = 0,04) e raggiungendo il limite della significatività stati- stica nel gruppo BG (0,13 ± 0,05, p = 0,08).

Conclusioni. Sia BG sia GV inducono un simile decremento ponderale e la remissione del DM2 in un’elevata percentuale di pazienti. Tale effetto è la risultante di un miglioramento sia della sensibilità insulinica verosimilmente indotto dal calo ponderale sia della secrezione insulinica.

Utilizzo dell’UKPDS risk-engine per il calcolo del rischio cardiovascolare in una popolazione affetta da diabete mellito di tipo 2 (DMT2)

Rinaldi M, Maffettone A, Ussano L

UOD Metabolica, UOC Medicina Interna ad indirizzo Dismetabolico AORN dei Colli, Napoli

Premessa e scopo dello studio. Le persone affette da diabe- te mellito di tipo 2 (DMT2) presentano un rischio di coronaropa- tia 2-4 volte maggiore rispetto alla popolazione generale.

L’arteriopatia coronarica nel diabetico è più estesa, interessa prevalentemente i vasi distali ed esita in un numero maggiore di infarti miocardici rispetto ai controlli di pari età. Appare quindi particolarmente necessario un approccio preventivo della CAD attraverso la correzione dei fattori di rischio coronarico.

L’UKPDS, importante studio clinico controllato nel DMT2, ha elaborato una particolare “carta del rischio” dei diabetici di tipo 2, che tiene conto dei fattori di rischio classici, ma anche di varia- bili quali la durata del diabete e il valore di HbA

1c

.

Disegno e metodi. Abbiamo pensato di applicare tale valuta- zione del rischio cardiovascolare in una popolazione di pazienti affetti da DTM2 afferenti al nostro ambulatorio di diabetologia.

Sono stati analizzati 80 pazienti (40 di sesso F e 40 di sesso M) di età media 62 ± 4 anni mediante l’UKPDS risk engine. Tale modello prevede la valutazione dei seguenti parametri: età, durata del diabete, sesso, razza, abitudine al fumo di sigaretta, presenza o meno di fibrillazione atriale, valori di pressione arte- riosa sistolica (PAS), valori di colesterolemia totale e di HDL cole- sterolo, valore di emoglobina glicata (HbA

1c

). Tali valori vengono immessi nel cosiddetto UKPDS risk engine, programma scarica- bile dal sito www.dtu.ox.ac.uk/riskengine e viene quindi valutato il rischio percentuale (espresso in una scala di valori da 0 a 100) di sviluppare a 10 anni coronaropatia o ictus, fatali o meno.

Rispetto ad altre metodiche che valutano il rischio cardiovasco-

lare (per esempio l’equazione di rischio di Framingham), essa è

l’unica che tiene conto del valore dell’HbA

1c

e della durata della

malattia. Ecco come si presenta tale strumento dopo aver

immesso i dati per ogni singolo paziente diabetico:

(7)

Risultati. I nostri pazienti hanno presentato tutti un rischio aumentato sia di CHD (media 34%) sia di ictus (media 27%).

In tali pazienti la durata del diabete era 10 ± 3 anni, il valore di HbA

1c

medio è stato di 7,5 ± 1,2%, il valore di colesterolo totale 212 ± 20 mg/dl, quello di HDL colesterolo 32 ± 14 mg/dl, il valore di PAS 142 ± 10 mmHg. Per ogni paziente abbiamo quindi stampato il risultato di tale calcolo, che è diventa- to parte integrante della cartella clinica, cosi da rendere

ancora più evidenti i fattori di rischio per ogni singolo pa - ziente.

Conclusioni. Tale strumento permette istantaneamente, con

l’acquisizione di comuni parametri anamnestici e di laboratorio,

di ottenere un quadro del rischio cardiovascolare dei pazienti

diabetici in modo estremamente semplice. Riteniamo, pertanto,

che potrebbe entrare a far parte della normale routine clinica per

il diabetologo.

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