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Attività Diabetologica e Metabolica in Italia

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Academic year: 2021

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Attività Diabetologica e Metabolica in Italia

Congresso Annuale SID Sezione Piemonte e Valle d’Aosta

Torino, 2 marzo 2013

Comitato Scientifico: A. Bruno, G. De Corrado, E. Lillaz, R. Quadri, I. Rabbone, M. Tagliabue, M. Traversa

Riassunti – Comunicazioni orali

Screening delle alterazioni del metabolismo glicidico in pazienti sottoposti a chirurgia bariatrica. Dati preliminari Calvi E, Belcastro S, Olivetti I, Scozzari G, Tomelini M, Gramaglia E, Ramella V, Toppino M, Morino M, Benso A, Ghigo E, Broglio F

Divisione di Endocrinologia, Diabetologia e Metabolismo, Dipartimento di Medicina Interna; Divisione di Chirurgia Digestiva, Colorettale e Mininvasiva, Dipartimento di Discipline Medico Chirurgiche, AO Città della Salute e della Scienza di Torino, Università di Torino, Torino

Introduzione e obiettivo. È noto che il bypass gastrico con ansa alla Roux (RYGBP) è in grado di determinare modificazioni del metabolismo glicidico. Tuttavia a oggi la prevalenza delle alterazioni glicometaboliche legate alla chirurgia bariatrica in pazienti non precedentemente affetti da DM è sconosciuta. Dai nostri dati preliminari è emerso che in 149 su 312 pazienti sot- toposti a RYGBP tra gennaio 2007 e dicembre 2011 presso la Chirurgia d’Urgenza 2 dell’Ospedale S. Giovanni Battista di Torino, la somministrazione di questionari validati quali la Edinburgh Hypoglycemia Scale (EHS) e il Sigstad’s Score ha mostrato risultati positivi per la presenza di sintomi potenzial- mente riferibili a ipoglicemia. Sulla base di questi dati, scopo del presente studio è stato quello di investigare la reale prevalenza di eventi ipoglicemici in quei pazienti sintomatici.

Metodi. A questo scopo, 44 pazienti (6 M/38 F; età 45,3 ± 1,5 an- ni; BMI preintervento 47,7 ± 1,0 kg/m2) risultati positivi alla EHS e al Sigstad’s Score sono stati sottoposti ad automonitoraggio glicemico strutturato (structured self monitoring of blood gluco- se, SMBG) per 2 settimane. Tale test è stato considerato pato- logico in presenza di sintomi e/o di HGT < 60 mg/dl.

Risultati. Su 44 pazienti, 10 pazienti sono risultati positivi per ipoglicemie sintomatiche (gruppo A), 18 hanno mostrato sintomi postprandiali senza evidenza di ipoglicemie (gruppo B), 15 sono risultati negativi per entrambi (gruppo C), un paziente ha mostra- to ipoglicemie asintomatiche (gruppo D).

Nove pazienti del gruppo B sono stati sottoposti a OGTT, per- mettendo così di diagnosticare una dumping syndrome precoce con sintomi neurovegetativi in 4 pazienti e una dumping syndro-

me accompagnata da ipoglicemia tardiva in 5 pazienti. Il sogget- to del gruppo D è stato sottoposto a monitoraggio glicemico continuo (continuous glucose monitoring, CGM) che ha confer- mato l’esistenza di ipoglicemie asintomatiche.

Conclusioni. In conclusione i risultati di questo studio, sebbe- ne preliminare e tuttora in corso, suggeriscono fortemente che le ipoglicemie sia sintomatiche sia asintomatiche costituiscano una non rara complicanza della chirurgia bariatrica in pazienti precedentemente euglicemici.

La condizione di iperglicemia induce il de-differenzia- mento delle cellule staminali ottenute da tessuto adi- poso viscerale (ASC): nuove prospettive per la terapia cellulare in corso di malattia diabetica

Gili M, Dentelli P, Togliatto G, Trombetta A, Olgasi C, Sanna R, Orsello A, Traversa M, Gallo S, Castelli A, Uberti B, Rosso A, Brizzi MF

Dipartimento di Scienze Mediche, Università di Torino, Torino Il tessuto adiposo sia sottocutaneo sia viscerale rappresenta una fonte abbondante e accessibile di cellule staminali adulte, definite staminali mesenchimali derivate dall’adipe (ASC). Negli ultimi anni numerosi studi hanno utilizzato le ASC in medicina rigenerativa, ottenendo risultati promettenti grazie alla loro intrin- seca plasticità, che permette loro di de-differenziare, re-differen- ziare e/o trans-differenziare in altre linee cellulari mesenchimali in risposta a stimoli specifici. Dati recenti hanno dimostrato che le specie reattive dell’ossigeno (ROS), generate dall’enzima NADPH ossidasi (NOX), controllano l’auto-rinnovamento cellula- re delle cellule ASC. In questo studio abbiamo valutato se alte concentrazioni di glucosio (HG) e la produzione di ROS, nel microambiente del tessuto adiposo viscerale del soggetto dia- betico, potessero condizionare il destino delle ASC. A questo scopo sono state analizzate per numerosità e caratteristiche funzionali le ASC ottenute dal paziente diabetico (D-ASC) e da soggetto sano (N-ASC). Le N-ASC sono state inoltre coltivate ex vivo in HG o in concentrazioni fisiologiche di glucosio (NG) e valutate per gli stessi parametri.

I risultati ottenuti su ASC ottenute a fresco hanno dimostrato che:

1. il numero di ASC è significativamente maggiore nei soggetti diabetici;

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2. le D-ASC esprimono più alti livelli di fattori trascrizionali di staminalità: Oct4 e Nanog;

3. la secrezione di citochine infiammatorie da parte delle D-ASC è significativamente più alta rispetto alle N-ASC;

4. la secrezione di citochine infiammatorie dipende dalla produ- zione di ROS e dall’attivazione di Akt solo nelle D-ASC.

Gli studi ex vivo in HG hanno confermato che solo quando col- tivate in HG, le N-ASC esprimono Oct4 e Nanog e formano sfere (proprietà unica delle cellule staminali).

Infine, silenziando NOX, Akt e Oct4 abbiamo dimostrato che la staminalità, come pure la capacità di produrre citochine infiam- matorie in condizioni di HG, è strettamente dipendente dalla produzione di ROS indotta dall’attivazione di NOX e Akt.

I dati di questo studio forniscono il razionale per un ampio impie- go delle ASC ottenute da tessuto adiposo viscerale qualora la rigenerazione tessutale sia necessaria.

Effetto della modulazione farmacologica del sistema degli endocannabinoidi nella nefropatia diabetica spe- rimentale

Grimaldi S, Barutta F, Pinach S, Cavallo Perin P, Gruden G Dipartimento di Scienze Mediche, Università di Torino, Torino Introduzione. Il sistema degli endocannabinoidi è stato recente- mente implicato nella patogenesi della nefropatia diabetica (ND).

Scopo. Valutare l’effetto del trattamento con un bloccante del recettore CB1 ad azione esclusivamente periferica (AM6545) da solo o in associazione con un agonista del recettore (AM1241) sulle anomalie funzionali e strutturali della ND.

Metodi. Topi C57BL6 resi diabetici mediante iniezione intraperi- toneale (IP) di streptozotocina e topi di controllo sono stati trat- tati con AM6545 (10 mg/kg/die IP) e/o AM1241 (3 mg/kg/die IP). Dopo 10 settimane di diabete è stata eseguita una raccolta temporizzata delle urine per la determinazione dell’escrezione di albumina (AER) e sono stati prelevati campioni ematici per la misurazione di glicemia ed emoglobina glicata. Tecniche di real- time PCR, immunoistochimica, immunofluorescenza sono state utilizzate per valutare l’espressione di proteine podocitarie (nefri- na, podocina), marcatori di fibrosi (fibronectina, collageno) e di infiammazione (infiltrazione di monociti).

Risultati. Negli animali diabetici si osservava un aumento della glicemia/emoglobina glicata e una significativa riduzione del peso corporeo ed entrambi i trattamenti non modificavano tali effetti. L’AM6545 riduceva significativamente l’aumento dell’AER indotto dal diabete (p < 0,001) e tale effetto era esaltato negli animali trattati con la combinazione AM6545 e AM1241. Inoltre, AM6545 e/o AM1241 prevenivano la perdita di nefrina e podo- cina e l’infiltrazione glomerulare di monociti. Solo la terapia di associazione determinava una riduzione significativa dell’espres- sione di marcatori di fibrosi (fibronectina e collageno).

Conclusione. L’AM6545 riduce l’albuminuria e previene la per- dita di proteine podocitarie. La terapia di combinazione con blocco del CB1 e attivazione del CB2 esalta l’effetto antiprotei- nurico dell’AM6545 con paralleli effetti antifibrotici.

Andamento temporale dell’incidenza di diabete di tipo 1 in Sardegna, periodo 1989-2009

Prinzis T1, Songini M2, Maule M1, Ledda A2, Cau V2, Spadafora L1, Schimmenti A1, Bruno G1, Gruppo di Studio Sardo dell’Epidemiologia del diabete 1

1Dipartimento di Scienze Mediche, Università di Torino; 2SC Diabetologia, Azienda Ospedaliera Brotzu, Cagliari

Introduzione. L’osservazione formulata nell’arco dell’ultimo decennio di un incremento temporale dell’incidenza del diabete di tipo 1 è uno dei dati di maggior interesse emersi nell’ambito della ricerca sul diabete, dando sostegno all’ipotesi dell’intervento di determinanti ambientali nell’eziopatogenesi della malattia.

Metodi. Abbiamo analizzato i dati di incidenza del Registro della Regione Sardegna, nel periodo 1989-2009 e identificato i casi attraverso due fonti di rilevamento dati (completezza 87%).

È stato utilizzato il modello della regressione di Poisson per determinare gli effetti dell’età, sesso, periodo di diagnosi e coor- te di nascita sull’andamento temporale e l’eventuale presenza di interazione tra età e sesso ed età e periodo.

Risultati. Nel periodo 1989-2009 sono stati identificati 2371 ca- si incidenti nell’età 0-14 anni. Il tasso di incidenza/100.000 anni- persona è pari a 44,9 (IC al 95% 43,1-46,7), (F: 38,7, IC al 95%

36,4-41,2, M: 50,6, IC al 95% 48,0-53,4); RR nelle femmine vs maschi, aggiustato per età, 0,76 (0,70-0,83). L’incidenza è aumentata da 35,78 casi per 100.000 nel periodo 1989-91 a 50,99 nel periodo 2007-09, pari a un incremento annuo del 2,12% (1,45-2,80). La crescita dell’incidenza di DMT1, valutata dal punto di vista delle coorti di nascita, è aumentata più che linearmente mentre l’incremento, valutato in base al periodo del calendario, ha mostrato segni di regressione nei periodi più recenti. L’effetto legato alla coorte di nascita ha avuto inizio 5-10 anni prima nelle femmine (coorte 1980-1985) rispetto ai maschi (coorte 1986-1991). L’incremento di incidenza nelle età 0-2, 3-5, 6-8, 9-11 e 12-14 è pari a: 4,4% (p < 0,001), 2,7%

(p = 0,001), 2,3% (p = 0,002), 1,3% (0,052) e 1,2% (p = 0,09).

Conclusioni. La Sardegna si conferma il secondo Paese a più alto rischio di diabete di tipo 1 a livello mondiale. L’incidenza è in progressivo aumento, in particolare l’incremento di rischio per coorte di nascita nei primi anni di vita suggerisce l’effetto di fat- tori ambientali attivi nella fase perinatale.

Valore predittivo degli autoanticorpi anti-ganglio cervi- cale e anti-nervo vago per lo sviluppo di neuropatia autonomica, in una coorte di soggetti con diabete di tipo 1 seguiti per 16 anni

Raviolo A, Coppo E, Albani S, Curletto G, Sitia E, Passera P, Massucco P, Blatto A, Grassi A, Favaro E, Cavallo F, Porta M, Zanone MM

Ospedale San Giovanni Battista, Medicina Interna 1; Divisioni di Diabetologia, Ospedali San Luigi Gonzaga, M. Vittoria e Mauriziano di Torino

La patogenesi della neuropatia autonomica (NA) comprendereb- be una componente immunologica, come da evidenze cliniche, sierologiche, istologiche e dalla presenza di autoanticorpi (Ab) contro strutture nervose autonomiche in circa 30% dei pazienti con NA. Per esplorare la storia naturale della neuropatia diabe- tica e l’associazione tra NA e Ab in un rapporto causa-effetto, è stato disegnato uno studio longitudinale in giovani pazienti con DMT1.

Centododici giovani (età > 11 anni, durata di malattia > 3 anni) sono stati reclutati (T0), valutati per presenza di sintomi, esame clinico, esecuzione di test CV standard (DB test, 30/15 ratio, Valsalva ratio), valutazione dell’ipotensione posturale, dei riflessi OT e della soglia di sensibilità vibratoria (VT). Ventinove di essi avevano Ab circolanti anti-nervo vago o ganglio cervicale.

Novantadue pazienti sono stati quindi rivalutati a circa 40 mesi (T1) e 61 sono stati sottoposti a re-screening completo (54%

della coorte) dopo circa 16 anni (T2).

Al T2 erano presenti sintomi di neuropatia somatica nel 18% dei pazienti e l’assenza dei riflessi OT (32%) si associava a VT più elevata (p < 0,05). Vi era una riduzione dei valori dei test CV

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rispetto al T0 e al T1 (p < 0,05) e i soggetti Ab+ avevano valori dei test più bassi rispetto agli Ab– (p = 0,06 per il DB test).

Tra i soggetti Ab+ il 71% presentava almeno un test alterato contro il 32% degli Ab– (p < 0,01), mentre il 47% aveva almeno due test alterati contro il 7% degli Ab– (p < 0,01).

L’analisi multivariata evidenziava un rischio aumentato per i sog- getti Ab+ di sviluppare test cardiovascolari alterati (RR = 16,82;

IC al 95% 1,68-168,65).

Lo studio indica che in giovani soggetti con DMT1 di lunga dura- ta il 33% ha evidenza di neuropatia subclinica indipendentemen- te dal compenso metabolico. Di conseguenza, gli autoAb anti- strutture nervose autonomiche potrebbero giocare un ruolo patogenetico e/o di marker nella neuropatia autonomica, in associazione alla componente metabolica e vascolare.

Il miglioramento del controllo glicemico riduce la resi- stenza piastrinica all’aspirina nei pazienti affetti da dia- bete di tipo 2

Russo I, Barale C, Chirio M, Secchi M, Viretto M, Doronzo G, Mattiello L, Pagliarino A, Valle M, Vaccheris C, Cavalot F, Anfossi G, Trovati M

SCDU di Medicina Interna a Indirizzo Metabolico, Dipartimento di Scienze Cliniche e Biologiche, AOU San Luigi Gonzaga, Università di Torino

Introduzione. Nel diabete di tipo 2 (DMT2) l’effetto protettivo dell’aspirina – inibitore piastrinico che blocca la produzione di trombossano A2 (TXA2) – è frequentemente ridotto.

Scopo. Valutare se il miglioramento del controllo glicemico influenza le risposte all’aspirina nel DMT2.

Metodi. Trentasette uomini affetti da DMT2 con HbA1c> 7,5%

(età 61,3 ± 1,2 anni; BMI 29,6 ± 0,60 kg/m2; HbA1c: 8,9 ± 0,14%) trattati con aspirina (100 mg/die) sono stati sottoposti per tre mesi a un intervento sul controllo glicemico. Sono stati valutati: sensibi- lità piastrinica all’aspirina mediante il PFA-100 (aspirino-resistenza

= PFA-100 < 200 s), trombossano sierico (TXB2) e urinario (11-deidro-TXB2), isoprostani urinari, marcatori di stress ossidati- vo (8-epi-PGF2α) e parametri del controllo glicolipidico.

Risultati. All’inizio dello studio, i soggetti aspirino-resistenti (n = 10, 27%), rispetto a quelli sensibili (n = 27, 73%), presenta- vano livelli più elevati di colesterolo totale (185,3 ± 9,1 vs 156,6

± 5,3 mg/dl, p < 0,009), non-HDL (143,7 ± 29,0 vs 116,7 ± 5,1 mg/dl, p < 0,01), ed LDL (105,3 ± 14,3 vs 70,6 ± 8,7 mg/dl, p < 0,05); di apoB-100 (93,0 ± 4,9 vs 77,2 ± 3,0 mg/dl, p < 0,009), e di 8-epi-PGF2α (1,53 ± 0,2 vs 0,95 ± 0,09 ng/mg creatinina, p < 0,005); in essi, il PFA-100 correlava negativamen- te con HbA1c (r = –0,835, p < 0,003) e glicemia a digiuno (r = –0,806, p < 0,05). Dopo i tre mesi di intervento, l’HbA1csi riduceva (da 8,8% ± 0,2% a 7,6% ± 0,1%, p < 0,0001 negli aspirino-sensibili e da 9,2% ± 0,3% a 7,6 ± 0,2%, p < 0,0001 negli aspirino-resistenti); PFA-100 migliorava solo negli aspirino- resistenti (da 149,2 ± 10,4 a 228,5 ± 15,0 s, p < 0,0001);

11-deidro-TXB2 diminuiva solo negli aspirino-resistenti (p < 0,03) mentre 8-epi-PGF2α in entrambi i gruppi (p < 0,03).

Conclusioni. I soggetti DMT2 aspirino-resistenti presentano livelli più elevati di colesterolo totale, non-HDL, LDL, apoB-100 e maggiore stress ossidativo: in essi la sensibilità piastrinica all’aspirina correla con i parametri glicemici e migliora in seguito alla loro riduzione.

L’insorgenza del diabete in età prepuberale ritarda la comparsa della retinopatia

Schellino F1, Curletto G1, Coppo E1, Raviolo A1, Sitia E1,

Albani S1, Dalmasso P2, Cavallo F2, Trevisan M1, Trento M1, Porta M1

Dipartimenti di 1Scienze Mediche e 2Salute Pubblica e Scienze Pediatriche, Università di Torino

Obiettivo. La retinopatia diabetica (RD) è di riscontro infrequen- te, e rarissimamente in forma grave, nell’età prepuberale. In let- teratura è dibattuto se ciò sia dovuto solo alla durata relativa- mente breve del diabete prima dell’adolescenza oppure a uno specifico effetto “protettivo” dello stato prepuberale. In questo lavoro si sono confrontate le prevalenze cumulative di RD in rela- zione alla durata di diabete di tipo 1 (DMT1) in pazienti con insor- genza dello stesso in età pre- e postpuberale.

Pazienti e metodi. Sono stati presi in esame i dati prospettici di 1473 pazienti in trattamento insulinico e con diabete insorto prima dei 30 anni di età, sottoposti a screening della RD fra il 1991 e il 2010. In 644 di questi (prepuberi) il diabete era insorto prima di 12 anni se maschi (n = 320) o prima di 11 se femmine (n = 324). Nei rimanenti 829 (postpuberi) (415 maschi e 414 femmine) il diabete era insorto in età successiva. La RD è stata valutata mediante oftalmoscopia e/o retinografia e classificata in base all’assenza o presenza di microaneurismi e/o lesioni più gravi. Sono stati raccolti tutti i valori di HbA1ce pressione sisto- lica e diastolica disponibili ai tempi degli screening.

Risultati. L’età media al primo screening nei prepuberi e post- puberi era 18,8 ± 8,0 e 32,4 ± 10,4 rispettivamente e la durata di DMT1 11,6 ± 7,8 e 12,6 ± 8,6 anni (NS). La prevalenza di RD era 29,1% (n = 186) e 46,1% (n = 378; p = 0,001). Nei prepu- beri l’HbA1cmedia era più alta (8,3 ± 1,3 vs 8,1 ± 1,4; p = 0,03) e le pressioni sistolica (114,9 ± 12,5 vs 120,8 ± 14,4; p < 0,001) e diastolica (70,5 ± 7,4 vs 72,4 ± 7,7; p = 0,0006) più basse che nei postpuberi. La prevalenza di RD risultava più bassa nei pre- puberi nei primi anni di diabete, per poi raggiungere gli stessi valori dei postpuberi dopo 20 anni.

Conclusioni. Gli anni di diabete in età prepuberale sembrano ritardare l’insorgenza della RD, la cui prevalenza cumulativa tut- tavia accelera nel lungo periodo. È possibile che la comparsa di RD sia favorita nei postpuberi dai valori pressori più alti, ma che poi il peggior controllo glicemico cumulativo ne aumenti la pro- gressione nei pazienti con insorgenza di diabete prima della pubertà.

Riassunti – Poster

Andamento temporale della qualità della cura erogata ai diabetici di tipo 2: il Casale Monferrato Study, 1988-2010 Amione C, Camponogara E, Zucco C, Spadafora L, Schimmenti A, Greco E, Gruden G, Cavallo Perin P, Bruno G Dipartimento di Scienze Mediche, Università di Torino, Torino Introduzione. La valutazione della qualità di cura erogata è uno strumento importante per elaborare strategie adeguate e inter- venti mirati a garantire un continuo miglioramento dell’assisten- za al paziente diabetico. In questo studio abbiamo valutato l’andamento temporale della qualità della cura erogata al paziente con diabete mellito di tipo 2 nelle tre survey (1988, 2000 e 2010) di Casale Monferrato.

Materiale e metodi. L’utilizzo di due fonti indipendenti di rileva- mento dati (l’archivio cartaceo del servizio di diabetologia

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dell’Ospedale Santo Spirito di Casale Monferrato e l’archivio regionale computerizzato delle tessere per esenzione dal diabe- te) ha permesso di individuare 3516 soggetti affetti da diabete mellito di tipo 2 noto alla data del 1 ottobre 2010. I dati laborato- ristici e anamnestici sono stati raccolti, mediante visita diabetolo- gica, su 2747 dei pazienti, corrispondenti al 78% della coorte.

Risultati. È evidente un notevole miglioramento del controllo metabolico globale, con una più larga proporzione di diabetici con HbA1c < 8% (da 54,8% nel 1988 al 74,4% del 2010;

p < 0,0001), buon controllo dei lipidi (da 16,6% nel 1988 a 35%

nel 2010 di pazienti con LDL-c < 100 mg/dl, p < 0,0001) e della pressione arteriosa (da 22,3% nel 1988 a 56,9% nel 2010 di pazienti con PAOS < 140 mmHg, p < 0,0001). In incremento è, invece, la frequenza di obesità (da 23,2 a 33,1% della coorte).

Rispetto alla coorte del 2000 è evidente un maggior ricorso alla terapia farmacologia, particolarmente insulinica, soprattutto nel sesso maschile (dal 6% al 9%). Il trattamento con ACE-inibitori o ARB, in monoterapia o in associazione, è attuato in 1602 pa - zienti ipertesi (83,3%). La prevalenza di diabetici con pregressa malattia cardiovascolare (IMA, ictus, arteriopatia periferica, pre- gressa angioplastica coronarica) permane elevata (17%), soprattutto nel sesso maschile.

Conclusioni. I risultati sono fortemente indicativi di un migliora- mento progressivo nel tempo di tutti gli indicatori utilizzati. In particolare è raddoppiata la frequenza di diabetici con controllo ottimale dei valori pressori e dei lipidi, particolarmente nei diabe- tici con CVD, nei quali l’attenzione al controllo dei fattori di rischio deve essere particolarmente accurata, al fine di preveni- re le complicanze macrovascolari legate al diabete.

Determinanti cliniche della qualità di vita e del locus of control in una coorte di pazienti con diabete di tipo 1 seguiti per 16 anni

Coppo E, Raviolo A, Albani S, Sitia E, Curletto G, Schellino F, Trevisan M, Cavallo F, Zanone MM, Porta M, Trento M SC Medicina Interna 1U, AO “Città della Salute e della Scienza” di Torino

Scopo. Questo studio ha esplorato quali aspetti clinici influenzi- no la qualità di vita (QoL) nei pazienti con diabete di tipo 1 (DM1) e se il controllo interno/esterno di malattia sia associato all’an- damento del compenso metabolico nel tempo.

Materiale e metodi. Sono stati arruolati 59 individui con DM1 (età 32 ± 2; durata 23 ± 4), appartenenti a una coorte di 112 pazienti seguiti fin dal 1996 e suddivisi in Peggiorati, Stabili e Migliorati in base all’andamento dell’HbA1cnel corso del fol- low-up. Sono stati somministrati due questionari: 1) DQOL per verificare la QoL nelle dimensioni Soddisfazione per il Trattamento, Impatto di Malattia, Preoccupazioni per il Diabete e Senso del Futuro, e Locus of Control (LoC) che esplora le dimensioni Controllo Interno di Malattia, Senso di Fatalismo e Fiducia negli Operatori.

Risultati. La neuropatia autonomica sintomatica, ma non la reti- nopatia o la nefropatia, si associa negativamente con i punteggi DQOL per Impatto di Malattia, Senso del Futuro e Preoccu - pazioni per il Diabete. Le pregresse ipoglicemie gravi si associa- no negativamente all’area Preoccupazioni per il Diabete. I pa - zienti Migliorati hanno miglior punteggio per Impatto di Malattia mentre quelli Peggiorati hanno un LoC esterno, con maggiore fatalismo all’analisi univariata (p = 0,032) e maggiore Fiducia negli Operatori alla multivariata (p = 0,046). L’esordio del DM1 entro i 5 anni di età si associa a migliori punteggi DQOL totale (p = 0,022) e Soddisfazione (p = 0,016).

Discussione. Lo studio indica che la presenza di neuropatia autonomica sintomatica e di pregresse ipoglicemie gravi influi-

sce negativamente sulla QoL e che i pazienti con controllo ester- no di malattia hanno maggiori difficoltà a gestire la stessa. Inoltre è verosimile che sulla QoL influisca l’età di esordio del DM1 vero- similmente perché i pazienti non ne conservano memoria se questo insorge nei primi 5 anni di vita, riducendo il trauma e le conseguenze del percorso di elaborazione e adattamento.

Valutazione della durata del periodo precedente la dia- gnosi di diabete di tipo 2 attraverso l’analisi della pre- valenza della retinopatia in una popolazione sottopo- sta a screening

Curletto G1, Coppo E1, Raviolo A1, Sitia E1, Albani S1, Schellino F1, Dalmasso P2, Cavallo F2, Trevisan M1, Trento M1, Porta M1

Dipartimenti di 1Scienze Mediche e 2Salute Pubblica e Scienze Pediatriche, Università di Torino

Scopo. In letteratura, estrapolando la retta di regressione fra durata nota di diabete di tipo 2 (DMT2) e prevalenza di retinopa- tia (RD), si stima che il DMT2 rimanga non diagnosticato più di 10 anni. Abbiamo rivalutato il problema considerando: 1) dati prospettici di screening della RD su una popolazione ambulato- riale, 2) tipi diversi di diabete, 3) gravità diverse di RD, 4) modelli di regressione più complessi.

Pazienti e metodi. Dodicimilasettantaquattro (12.074) pazienti (35.545 screening) sono stati stratificati in Younger Onset (YO) (età di esordio < 30), Older Onset (OO) (> 30) e terapia insulini- ca (IT) o meno (NIT). In 7298 OO-NIT (= DMT2) e 1725 YO-IT (= DMT1) la RD è stata classificata in AnyRD (comprendente lesioni minime, presenti anche nel 10% della popolazione non diabetica) o “moderata e più severa” (ModRD, più specifica per il diabete). Il best-fit fra durata e prevalenza di RD è stato valu- tato dai coefficienti di determinazione campionaria (R2) e dal test di verifica delle informazioni di Akaike (AIC) e il tempo di compar- sa della RD stimato estrapolando la linea di regressione risultan- te. La durata del periodo pre-diagnosi di DMT2 è stata stimata sommando all’intervallo fra comparsa di RD e diagnosi di OO-NIT gli anni tra esordio di YO-IT e comparsa di RD.

Risultati. Negli OO-NIT i best-fit indicano comparsa di AnyRD e ModRD rispettivamente 3,89 (modello quadratico) e 2,66 anni prima della diagnosi (modello lineare). Negli YO-IT non è possi- bile datare la comparsa di AnyRD, mentre quella di ModRD si colloca 3,29 anni dopo l’esordio del diabete (modello quadrati- co). Considerando solo la ModRD si stima la durata pre-diagnosi del DMT2 a (2,66 + 3,29) 5,95 anni.

Conclusioni. Un periodo pre-diagnosi di DMT2 di circa 6 anni è più verosimile nella popolazione italiana, vista la frequenza con cui si effettuano esami, di routine o elettivi, mentre 10 o più anni sembrano sovrastimati. Il diverso approccio metodologico può spiegare le differenze rispetto alla letteratura.

Protezione conferita dal genere femminile sugli eventi cardiovascolari nel follow-up a 14 anni del San Luigi Gonzaga Diabetes Study: ruolo dell’età alla diagnosi Di Martino L, Pagliarino A, Valle M, Mazzaglia F, Vaccheris C, Bonomo K, Cavalot F, Trovati M

SCDU di Medicina Interna a Indirizzo Metabolico, AOU San Luigi Gonzaga, Orbassano

Introduzione. Nel diabete mellito di tipo 2 (DMT2) l’effetto pro- tettivo del genere femminile sugli eventi cardiovascolari (CV) è ridotto rispetto alla popolazione generale. È ipotizzabile che que-

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sto fenomeno sia accentuato se il DMT2 insorge prima della menopausa, interagendo maggiormente con l’effetto protettivo degli estrogeni.

Scopo. Valutare l’influenza del genere femminile su eventi CV nel DMT2 – con attenzione per l’età alla diagnosi – nel follow-up a 14 anni del “San Luigi Gonzaga Diabetes Study”, che ha arruolato consecutivamente nel 1995 pazienti DMT2 afferenti alla AOU San Luigi Gonzaga di Orbassano.

Metodi. Sono stati studiati 786 pazienti DMT2 (352 donne e 424 uomini), suddivisi per età alla diagnosi di diabete < o > 52 anni, probabile discrimine di menopausa. I parametri all’arruolamento sono età, durata di diabete, BMI, PAOS, PAOD, HbA1c, storia di fumo, colesterolo totale, colesterolo HDL, trigliceridi, creatinina, AER. Sono stati valutati gli HR per i primi eventi CV nel follow-up a 14 anni (modello di Cox con metodo backward) corretti per età, durata di diabete, PAOS, creatinina, AER, colesterolo tota- le, colesterolo HDL, HbA1c, fumo.

Risultati. Nell’intera popolazione l’HR per eventi CV conferito dal genere femminile è 0,672 (IC 0,508-0,890; p = 0,005). Gli altri pre- dittori indipendenti sono HbA1c(HR 1,201; IC 1,106-1,304; p = 0,0001), colesterolo totale (HR 1,143 per mmol/L; IC 1,029- 1,270; p = 0,013), PAOS (HR 1,007; IC 1,000-1,013; p = 0,037), fumo (HR 1,524; IC 1,159-2,005; p = 0,003). Nella popolazione con età alla diagnosi < e > ai 52 anni, gli HR per eventi CV confe- riti dal genere femminile sono 0,853 (IC 0,568-1,281; p = 0,442) e 0,618 (IC 0,418-0,914; p = 0,016), rispettivamente.

Conclusioni. Anche in presenza di DMT2 il genere femminile conferisce una protezione per eventi CV: tale protezione non risulta significativa quando il diabete insorge a età < 52 anni, probabilmente perché il diabete interferisce con gli effetti protet- tivi degli estrogeni in premenopausa.

Valutazione della presenza di alterazioni cocleari o neu- rosensoriali in giovani soggetti con diabete di tipo 1 Giordano P1, Lacilla M1, Grassi G2, Coppo E2, Raviolo A2, Camussi E2, Passera P2, Porta M2, Albera R1, Ghigo E2, Zanone MM2

1ORL2-Audiologia e Foniatria e 2Dipartimento di Medicina Interna, Università di Torino

Microangiopatia e neuropatia diabetica potrebbero essere coin- volte in alterazioni della percezione uditiva legate ad alterazioni cocleari o della via nervosa acustica, ma gli studi sono pochi e di - scordanti. Nel presente studio preliminare, 11 giovani adulti con diabete di tipo 1 (età 33,9 ± 5,8 anni) di lunga durata (25,6 ± 2,9) sono stati sottoposti a: valutazione clinico-anamnestica audiologi- ca, esame audiometrico tonale valutante la capacità uditiva, misu- razione dei potenziali evocati uditivi (ABR), che valutano la condu- zione elettrica a livello del nervo acustico e della parte più periferi- ca della via uditiva centrale (fino ai tubercoli quadrigemini) in segui- to a stimolazione acustica, misurazione dei prodotti di distorsione otoacustici (DPOAE), che riflettono la fine funzionalità cocleare.

I dati sono stati comparati con quelli ottenuti da soggetti normali di uguali età e analizzati per potenziali correlazioni con compenso glicemico e presenza di complicanze croniche.

I diabetici presentavano valori di PTA (pure tone audiometry) significativamente superiori, e valori dei DPOAE per frequenze intermedie (1, 2,8 e 4 kHz) significativamente inferiori, rispetto ai controlli. Lo studio degli ABR ha permesso di distinguere nei soggetti diabetici l’onda IV, di solito scarsamente individuabile nei soggetti normali in quanto nascosta nella forma d’onda della V e assente nei controlli. I valori di PTA correlavano con età, mentre i valori di DPOAE tendevano a correlare col compenso glicemico nei 5 anni precedenti. Il valore dell’intervallo tra onda I-V correlava con la soglia di sensibilità vibratoria, mentre non vi

erano significative differenze dei parametri audiologici legate a presenza retinopatia diabetica.

I dati preliminari suggeriscono la presenza, nel diabete di tipo 1 di lunga durata in assenza dell’effetto confondente dell’invecchia- mento fisiologico, di una iniziale alterazione cocleare, sebbene le otoemissioni siano comunque risultate presenti anche nei sogget- ti diabetici. Le alterazioni di pattern a carico del tracciato ABR, corrispondenti alla parte periferica della via uditiva centrale (onda IV, parte alta del ponte), sono meritevoli di più approfonditi studi e analisi, nell’ambito di una neuropatia subclinica diffusa che potrebbe coinvolgere anche la via acustica. I risultati incoraggiano la pianificazione di follow-up audiologici e strategie di intervento atte a preservare la funzione uditiva nel diabete mellito.

Ruolo predittivo di micro- macroalbuminuria e filtrato glomerulare stimato sulla mortalità cardiovascolare a lungo termine nel diabete di tipo 2: il Casale Monferrato Study

Schimmenti A, Amione C, Zucco C, Greco E, Spadafora L, Prinzis T, Camponogara E, Landi A, Cavallo Perin P, Bruno G Dipartimento di Scienze Mediche, Università di Torino, Torino Introduzione. La riduzione del filtrato glomerulare stimato è associata ad aumentata morbilità e mortalità cardiovascolare e rappresenta un fattore di rischio indipendente, sia nella popola- zione generale sia nei pazienti con eventi cardiovascolari mag- giori. Nei diabetici l’albuminuria è un marker di danno micro- e macrovascolare.

Obiettivi. Valutare in una coorte di popolazione rappresentativa della popolazione diabetica italiana il ruolo predittivo del filtrato glomerulare stimato su morbilità e mortalità cardiovascolare in un follow-up di 15 anni, indipendentemente dalla presenza di micro- macroalbuminuria nella rilevazione basale della coorte (1991-92).

Materiale e metodi. Millecinquecentoventinove (1529) su 1565 pazienti affetti da diabete di tipo 2, residenti a Casale Monferrato nel 1988, con valori di creatina plasmatici < 2,5 mg/dl sono stati invitati nel 1991-1992 a sottoporsi ad accertamenti per verifica- re la presenza di micro- macroalbuminuria e fattori di rischio car- diovascolari e sono stati monitorizzati per valutare lo stato in vita alla data del 31 dicembre 2006. La stima del filtrato glomerulare è stata effettuata utilizzando l’equazione dello studio MDRD.

Risultati. Durante i 15 anni di follow-up sono stati identificati 1023 decessi su 14,375 anni-persona di osservazione.

Nell’analisi stratificata per categorie di AER (albumin excretion rate) non abbiamo osservato nei normoalbuminurici un incre- mento dell’hazard ratio (HR) di mortalità generale rispetto a quelli con eGFR > 60 ml/min/1,73 m2(p = 0,32). Nei microalbuminu- rici e nei macroalbuminurici, invece, l’incremento di mortalità generale e cardiovascolare è evidente già per valori di eGFR 45- 59 ml/min/1,73 m2(p ≤ 0,05). Inoltre, a parità di riduzione del fil- trato, l’HR è risultato statisticamente significativo solo in presen- za di micro- macroalbuminuria (p < 0,001).

Conclusioni. Il nostro studio di popolazione consente di affer- mare che il predittore più importante di mortalità generale e car- diovascolare nel diabete di tipo 2 è rappresentato dall’AER.

Apnee ostruttive nel sonno in adolescenti obesi con e senza sindrome metabolica

Sicignano S1, Tinti D1, Vigo A2, Noce S2, Rabbone I1, Cerutti F1

1Dipartimento di Scienze della Sanità Pubblica e Pediatriche, Università di Torino; 2Ospedale Infantile Regina Margherita, Torino

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Premessa. Nell’adulto il riscontro di un’associazione tra OSAS e obesità, patologia cardiovascolare, anormalità delle citochine proinfiammatorie ha fatto ipotizzare un ruolo patogenetico dei di - sturbi del sonno nell’insulino-resistenza e la sindrome metabolica.

Scopo dello studio. Valutare la frequenza e il significato di OSAS in adolescenti obesi con e senza SM.

Casistica e metodi. Tra tutti i soggetti affluiti alla SCDU Endocrinologia Diabetologia nel periodo 2008-2012, 18 adole- scenti gravemente obesi (BMI > 33) con SM e 15 coetanei (BMI

> 33) senza SM sono stati sottoposti a registrazione notturna polisonnografica con determinazione di AHI (indice apnee ipop- nee), a valutazione metabolica (con determinazione di assetto lipidico, HOMA-IR e Disposition index in corso di OGTT, enzimo- gramma epatico) e pressoria nelle 24 ore mediante Holter. Per la definizione di SM sono stati utilizzati i criteri IDF 2000 specifici per l’età pediatrica. Come controllo sono stati valutati 20 adole- scenti normopeso sottoposti a polisonnografia per disturbi del sonno nel periodo 2008-2011.

Risultati. Paragonati ai coetanei esenti da SM, gli adolescenti con SM presentavano BMI (33,93 ± 5,48 vs 29,62 ± 4,11 kg/m2), glicemia a digiuno (93,26 ± 9,93 vs 87,72 ± 9,65 mg/dl), trigliceridi plasmatici (170,00 ± 91,44 vs 86,02 ± 40,99 mg/dl), colesterolo totale (185,17 ± 43,12 vs 162,74 ± 36,95 mg/dl), livelli plasmatici di ALT (36,33 ± 30,21 vs 22,85 ± 17,62 U/L) e γGT (23,46 ± 12,36 vs 16,62 ± 7,89 U/L) significativamente più elevati e aumentata prevalenza di HOMA-IR > 4 (52,94% vs 14,78%), ipertensione arteriosa e steatosi epatica. L’esecuzione di polisonnografia ha evidenziato una prevalenza di anormalità dei diversi parametri non statisticamente differente nei 18 adole- scenti obesi con SM e in 15 senza SM (8/18 verso 7/15).

Paragonati con un gruppo di controllo di 20 soggetti normope- so di pari età, peraltro gli adolescenti obesi con OSAS dimostra- vano valori significativamente più elevati dell’indice di apnee- ipopnee/ora (AHI).

Conclusioni. Nell’adolescente l’eccesso ponderale costituisce un fattore di rischio per OSAS indipendente dalla gravità della situazione metabolica.

Infusione insulinica sottocutanea continua (CSII) vs multiple iniezioni giornaliere di insulina (MDI) in adole- scenti con diabete di tipo 1 durante l’esercizio fisico:

correlazione fra monitoraggio glicemico continuo e dispendio energetico

Tinti D1, Rabbone I1, Di Gianni VR1, Massarini M2, Scaramuzza AE3, Schiaffini R4, Cerutti F1

1SCDU Endocrinologia e Diabetologia, Ospedale Infantile Regina Margherita, Città della Salute e della Scienza, Torino;

2Centro Medico Sportivo Vitalia, Torino; 3Dipartimento di Pediatria, Ospedale Sacco, Milano; 4UOC Endocrinologia e Diabete

Scopo. Valutare la relazione tra spesa energetica e glicemia durante l’esercizio fisico in adolescenti con diabete di tipo 1 in terapia insulinica intensiva (CSII vs MDI).

Soggetti e metodi. Sono stati arruolati 26 adolescenti maschi (11-14 anni) afferenti a tre centri diabetologici pediatrici italiani e sono stati suddivisi in due gruppi a seconda del trattamento insulinico utilizzato. Nel contesto di un campo scuola è stata eseguita la misurazione in continuo della glicemia tramite senso- re ed è stato valutato il dispendio energetico tramite dispositivo Armband durante tre momenti di esercizio fisico continuativo di intensità moderata (calcio). Sono stati presi in esame glicemia media, tempo passato in iperglicemia, normoglicemia e ipoglice- mia per le due giornate di campo e sono stati correlati con il di - spendio energetico.

Risultati. La popolazione è risultata omogenea per quanto attiene i dati clinici, medico-sportivi e di dispendio energetico;

non sono state evidenziate differenze significative fra le variabili in esame durante le giornate di campo, neppure considerando i confondenti glicemia pre-esercizio e intensità dell’attività fisica. Il legame tra glicemia media e dispendio energetico è stato rias- sunto da un modello quadratico, secondo il quale a basse (< 20%) e ad alte (> 60%) intensità di esercizio fisico corrispon- dono un maggior numero di iperglicemie (valori di R2 quadrati- co 0,011-0,475). Infine è stata osservata una relazione lineare tra la spesa energetica e la tendenza all’ipoglicemia nel giorno successivo nei pazienti trattati con MDI (valori R2 lineare 0,552) rispetto a quelli con CSII. Nessun paziente ha presentato episo- di di ipoglicemia grave e/o di iperglicemia con chetosi.

Conclusioni. I dati confermano che la programmazione dell’at- tività fisica insieme a una buona glicemia iniziale e a una terapia insulinica intensiva aiutano a mantenere il compenso glicemico durante lo sport, in particolare se di intensità moderata.

La grelina des-acilata (UAG) promuove la rigenerazio- ne muscolare inducendo l’espansione delle cellule satelliti (SCS) muscolari dopo danno ischemico: ruolo di SOD-2 e miR221/222

Togliatto G, Trombetta A, Dentelli P, Rosso A, Olgasi C, Uberti B, Orsello A, Gallo S, Gili M, Traversa M, Castelli A, Brizzi MF Dipartimento di Scienze Mediche, Università di Torino, Torino Le procedure chirurgiche, nei pazienti con arteriopatia obliteran- te periferica (PAD), si sono spesso rivelate di scarsa utilità clini- ca. Evidenze cliniche e sperimentali hanno dimostrato che l’aumento dello stress ossidativo è un importante fattore di danno e degenerazione del tessuto muscolare scheletrico in corso di ischemia. Sulla base dei dati ottenuti dal nostro gruppo di ricerca sugli effetti antiossidanti di UAG, il presente studio si è proposto di valutare i potenziali effetti protettivi dell’UAG in un modello preclinico di arteriopatia obliterante periferica e in un modello di ischemia in vitro. Abbiamo dimostrato che UAG, a differenza della grelina acilata (AG), induce la rigenerazione muscolare scheletrica in risposta a ischemia attivando la p38/MAPK. Gli effetti terapeutici di UAG nei confronti del danno indotto dai ROS si traducono in una riduzione del numero di cel- lule infiammatorie infiltranti, espansione di cellule satelliti musco- lari scheletriche (SCs) e in un evidente beneficio clinico. UAG, a differenza di AG, induce la proliferazione delle SCs anche in topi privi dei geni per GHSR1a e grelina. I nostri dati sostengono, inoltre, che la superossido dismutasi-2 (SOD-2) è l’enzima antiossidante coinvolto in tali processi. Questo enzima risulta essere cruciale anche per la regolazione post-trascrizionale di miR-221/222. Esperimenti di loss-of-function in vitro e gain-of- function in vivo, sostengono il ruolo dei miR221/222 nella rige- nerazione muscolare scheletrica dopo ischemia. Questi risultati identificano UAG come un induttore di rigenerazione muscolare in condizioni ischemiche e forniscono evidenze sperimentali per un suo potenziale impiego clinico.

Effetti del trattamento medico e chirurgico sul calo pon- derale e sulle variabili metaboliche nella grave obesità Tomelini M, Boschetti S, Maccario M, Broglio F, Ghigo E, De Francesco A, Boggio Bertinet D, Palmo A

Dipartimento di Scienze Mediche, Università di Torino, Torino Tra le strategie terapeutiche usate per la cura della grave obesi-

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tà, la chirurgia bariatrica è il trattamento più efficace nel raggiun- gere un significativo calo ponderale e ridurre l’incidenza di comorbilità. Questo studio descrive le variazioni in termini di peso, variabili metaboliche e ingesta alimentari in 100 pazienti sottoposti a chirurgia bariatrica (CB; dei quali 50 a bypass gastrico [BPG] e 50 a gastroplastica verticale [GPV]) e in 50 sog- getti seguiti secondo terapia convenzionale (TC) con un follow- up di 4 anni. Scopo dello studio è identificare una correlazione tra calo ponderale e variazione degli indici metabolici. Dai risul- tati emerge che il gruppo in CB ottiene un calo ponderale mag- giore (p < 0,05) (–33% del peso iniziale) rispetto al gruppo in TC (–15%) durante il secondo anno; il quadro lipidico e la glicemia basale (FBG) migliorano in tutti i gruppi nei primi 2 anni e in modo più marcato (p < 0,05) nel gruppo in CB (FPG: –22 mg/dl;

trigliceridi: –55 mg/dl; LDLc: –24 mg/dl; HDLc: +18 mg/dl); il gruppo BPG mostra una maggiore riduzione (p < 0,05) di FBG (–24 mg/dl), di trigliceridi (–51 mg/dl), LDLc (–35 mg/dl) e un maggiore aumento di HDLc (+20 mg/dl). La quota minima di ingesta si registra nei primi mesi, maggiormente (p < 0,0001) nel gruppo in CB (–990 kcal/d nel gruppo GPV; –1120 kcal/d nel gruppo BPG) rispetto al gruppo in TC (1560 kcal/d). La regres- sione multipla mostra che il calo ponderale ha un significativo (p < 0,002) e positivo effetto nella riduzione della glicemia, men- tre la chirurgia bariatrica è correlata con altri effetti metabolici (p < 0,005); gli introiti calorici sembrano non avere effetti sui parametri metabolici e sulle variazioni ponderali. In conclusione, questo studio suggerisce che il calo ponderale è associato a un miglioramento metabolico durante il primo anno sia dopo tera- pia medica sia dopo terapia chirurgica, inducendo la chirurgia bariatrica effetti apparentemente più positivi sul metabolismo gli- colipidico e sul calo ponderale.

Acido palmitico e cellule endoteliali progenitrici: mec- canismo di danno in corso di malattia diabetica Trombetta A1, Togliatto G1, Rosso A1, Dentelli P1, Olgasi C1, Cotogni P2, Uberti B1, Castelli A1, Gili M1, Orsello A1, Traversa M1, Gallo S1, Brizzi MF1

1Dipartimento Scienze Mediche, 2Dipartimento Scienze Chirurgiche, Università degli Studi di Torino

È noto che alterazioni del profilo lipidico, e in particolare degli acidi grassi non esterificati (NEFA), rappresentino un importante indice di malattia diabetica. Studi di metabolomica hanno con- fermato che l’acido palmitico (PA) a concentrazioni diabetiche è un marcatore di malattia. È stato precedentemente dimostrato che elevate concentrazioni di NEFA, e in particolare di PA, ridu-

cono il numero e interferiscono con la funzione delle cellule pro- genitrici endoteliali circolanti (EPC). I NEFA sono ligandi natura- li di PPARγ, un noto fattore trascrizionale che, oltre a regolare il metabolismo glucidico e lipidico, ha anche effetti sul sistema vascolare. Mediante studi in vitro finalizzati a chiarire i possibili meccanismi molecolari coinvolti nell’induzione del danno in risposta al PA abbiamo dimostrato che i bersagli genici del com- plesso trascrizionale PPARγ/STAT5A giocano un ruolo cruciale.

Infatti, le alte concentrazioni di PA, inibendo la trascrizione di STAT5A, inibiscono la proliferazione e la migrazione delle EPC spostando il complesso trascrizionale PPARγ/STAT5A dal pro- motore del gene della ciclina D1 al promotore del gene della p21waf. Considerato che in condizioni di iperglicemia la biodispo- nibilità delle EPC può essere condizionata, oltre che dal PA, anche da altri NEFA, e dall’iperglicemia stessa, lo studio succes- sivo ha cercato di chiarire se e attraverso quali meccanismi l’acido oleico e l’acido stearico potessero indurre effetti protetti- vi o deleteri sulla funzione delle EPC. A tal fine lo studio si è pro- posto di valutare:

1. gli effetti indotti da concentrazioni fisiologiche (100 µM) o diabetiche (300 µM) di acido stearico e acido oleico sull’at- tività trascrizionale del complesso PPARγ/STAT5A nelle EPC ottenute da soggetti sani e nelle cellule emopoietiche otte- nute dal midollo;

2. gli effetti indotti dall’associazione di concentrazioni diabeti- che di acido palmitico e alti livelli di glucosio;

3. gli effetti e i meccanismi molecolari indotti dal trattamento delle EPC con altri ligandi di PPARγ quali il pioglitazone;

4. la rilevanza biologica in patologia umana (su EPC ottenute da pazienti diabetici all’esordio e con una già nota malattia).

I risultati ottenuti dimostrano che solo l’acido palmitico, e non l’acido stearico od oleico, a concentrazioni patologiche, induce- va un legame stabile del complesso PPARγ/STAT5A al promoto- re della p21wafe quindi il danno funzionale delle EPC. Abbiamo inoltre dimostrato che il trattamento con acido oleico è in grado di revertire gli effetti indotti da PA solo a concentrazioni fisiologi- che, suggerendo ancora una volta che un buon controllo meta- bolico può ridurre le complicanze vascolari associate alla malat- tia. Apparentemente l’alto glucosio non aggiunge danno. Gli effetti inibitori di PA non sono stati dimostrati su cellule vascola- ri mature, suggerendo un’azione specifica del PA sulle popola- zioni progenitrici. Il danno funzionale sembra già presente all’e- sordio di malattia. Il ruolo di PPARγ nell’induzione del danno è stato dimostrato in un modello in vivo. In conclusione, i risultati ottenuti da questo studio dimostrano che le alte concentrazioni di acido palmitico giocano un ruolo chiave nella disfunzione delle cellule progenitrici nel paziente diabetico e identificano un potenziale bersaglio terapeutico.

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