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Attività Diabetologica e Metabolica in Italia

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Academic year: 2021

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G It Diabetol Metab 2013;33:233-236

Attività Diabetologica e Metabolica in Italia

Congresso Congiunto AMD-SID Sezione Veneto-Trentino Alto Adige Gestione e Prospettive Future

Padova, 15-16 novembre 2013

Comitato Scientifico: E. Bonora, A. Nogara, A. Pipitone, G. Sartore

Riassunti

Considerazioni sulla gestione dell’ambulatorio di tran - sizione

Brun E1, Schieven E2, Zoppi S2, Pavan O1, Mesturino CA1, Simoncini M1, Morando C2, Bellettato M2, Strazzabosco M1

1UO Endocrinologia e Malattie del Metabolismo, 2UO Pe - diatria, Ospedale Civile S. Bortolo, Vicenza

L’Ambulatorio di Transizione è nato nel nostro Centro circa 2 anni fa, con lo scopo di rendere meno traumatico il passaggio dalla gestione pediatrica a quella del diabetologo dell’adulto per i pazienti con diabete mellito di tipo 1.

Attualmente 30 ragazzi (età 16-24) hanno raggiunto un follow- up di 2 anni.

Alla prima visita si osservava un controllo glicemico medio molto scadente (HbA1cmedia: 9,0%, range 6,6-11,2%).

Le cause riportate dalla letteratura sono da attribuire a cambia- menti endocrini legati alla pubertà e alla scarsa aderenza agli schemi di terapia, alimentazione e monitoraggio.

I livelli di criticità erano: diario cartaceo inadeguato, alimentazio- ne scorretta, scarsa percezione dell’importanza di un buon con- trollo metabolico, difficoltà nella gestione della terapia insulinica, specie nelle occasioni di svago e durante l’attività sportiva.

Data la notevole abilità dei pazienti coi mezzi informatici, li abbia- mo istruiti a registrare i dati dal glucometro in pc, in modo da avere risultati attendibili di automonitoraggio e a interpretare i dati anche in termini di media e variabilità glicemica.

In tutti i pazienti sono state revisionate le tecniche di iniezione dell’insulina e di autocontrollo.

Il conteggio dei carboidrati è stato approfondito per livelli di dif- ficoltà, partendo dalle nozioni basilari sul contenuto di CHO negli alimenti, stima del contenuto di carboidrati nelle singole porzio- ni e dell’intero pasto, stima della quantità di insulina necessaria in base al rapporto insulina/CHO individuale e sul fattore di sen- sibilità individuale.

Il ruolo dell’attività fisica è stato enfatizzato durante un campo scuola sull’attività fisica (Lignano/Marathon), dove abbiamo cal- colato gli schemi di riduzione dell’insulina individuali a seconda

del tipo di attività fisica svolta (in media vi è stata una riduzione del fabbisogno insulinico del 40% al terzo giorno), con ripercus- sioni educative importanti sui partecipanti.

Dopo un anno i valori di HbA1cmedi erano 8,7% (range 12,6- 6,1%) e dopo 2 anni 8,4% (p per trend < 0,05%).

In un sottogruppo di 10 pazienti abbiamo utilizzato gli strumenti calcolatori di bolo con notevole beneficio in termini di migliora- mento del compenso glicemico (HbA1cal basale = 9,8%, range 11,2-8,2%, dopo un anno HbA1c8,8%, dopo 2 anni 8,5%).

In conclusione, l’Ambulatorio di Transizione si è dimostrato effi- cace in termini di miglioramento del controllo glicemico nei pazienti con diabete mellito di tipo 1. Nei pazienti che hanno utilizzato il calcolatore di bolo associato a un’educazione tera- peutica ben strutturata il miglioramento è stato ancora mag- giore.

Ossidazione delle HDL in soggetti con diabete di tipo 2 e in soggetti con infarto miocardico in giovane età Burlina S1, Sartore G1, Seraglia R2, Bolis A1, Marin R1, Manzato E1, Ragazzi E3, Traldi P2, Lapolla A1

1Dipartimento di Medicina, DIMED, Università di Padova;

2CNR-ISTM, Padova; 3Dipartimento di Scienze Farma - ceutiche e Farmacologiche, Università di Padova, Padova Obiettivi. È noto il ruolo protettivo delle HDL nel processo ate- rosclerotico. L’apoproteina A-I (ApoA-I), che rappresenta il 70%

del contenuto proteico totale di HDL, può subire delle modifica- zioni ossidative che riducono tale capacità antiaterogena, ridu- cendo la capacità del trasporto inverso del colesterolo. Tali modificazioni ossidative si riflettono sui livelli di metionina sulfos- sido (MetO) delle ApoA-I. Scopo di questo studio è stato quello di valutare i livelli di MetO nelle ApoA-I di HDL di pazienti model- lo di aterosclerosi accelerata, quali i pazienti con infarto miocar- dico (IM) prima dei 45 anni e pazienti diabetici di tipo 2, e da soggetti sani.

Materiale e metodi. Abbiamo valutato le modifiche post- trascrizionali di ApoA-I, in termini di contenuto di MetO, median- te spettrometria di massa, in particolare con elettroforesi bidi- mensionale seguita da digestione enzimatica e analisi tramite MALDI/TOF/TOF. Tale valutazione è stata eseguita in 23 pazien-

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ti con IM prima dei 45 anni, 21 pazienti diabetici di tipo 2 e 21 soggetti sani.

Risultati. Lo spettro MALDI ottenuto dalla digestione enzimati- ca delle frazioni plasmatiche di HDL dei soggetti analizzati ha mostrato un aumento dei livelli circolanti di MetO nei pazienti diabetici di tipo 2 e nei pazienti con IM precoce rispetto ai con- trolli (10,6 ± 5,3% vs 1,7 ± 1,3%, p < 0,001 e 4,8 ± 2,6% vs 1,7 ± 1,3%, p < 0,001 rispettivamente). Il dato è rappresentato come percentuale di ApoA-I ossidata (OxApoA-I) delle HDL.

Non sono state evidenziate correlazioni significative tra i livelli di OxApoA-I e le concentrazioni delle lipoproteine HDL e LDL, ma appare una stretta correlazione tra OxApoA-I e durata della malattia diabetica.

Conclusioni. I risultati dimostrano come pazienti con sviluppo precoce della malattia aterosclerotica, quali i pazienti diabetici di tipo 2 e i soggetti giovani non diabetici coronaropatici, presenti- no una percentuale maggiore di HDL ossidate, con ridotta capa- cità antiaterogena, indipendentemente dalle caratteristiche del profilo lipidico. I livelli di OxApoA-I, misurati con un’accurata e specifica metodica, potrebbero quindi essere utilizzati come nuovo marcatore di rischio cardiovascolare e come target di pre- venzione.

Dall’alleanza clinica e tecnologia nuove prospettive di cura per il paziente con diabete mellito

Chiumeo F1, Moretti A2

1Azienda Provinciale Servizi Sanitari (APSS) MMG, Trento;

2APSS Dipartimento di Prevenzione, Trento

Il diabete mellito è una malattia cronica complessa che richiede continui e molteplici interventi per prevenire complicanze acute e croniche, e un’attività di educazione del paziente per una gestione proattiva capace d’interferire sullo sviluppo della malattia.

Il paziente diabetico ha spesso fattori multipli di rischio cardiova- scolare aggravanti la malattia che richiedono una gestione più aggressiva. I risultati d’uno studio triennale in MG in Trentino hanno evidenziato che il 70% di 11.000 diabetici valutati sono ipertesi, più del 40% dislipidemici, circa il 30% ha entrambi i fat- tori di rischio. Il diabetico con più fattori di rischio cardiovascola- re necessita di un elevato impegno professionale del MMG e del diabetologo.

Lo studio in corso, 35 MMG, 4 CAD, 2 servizi di Igiene e Medicina preventiva, ha creato un network di cura del paziente diabetico di diagnosi recente, multidisciplinare, capace d’affrontare precocemente e in modo strutturato stile di vita (dieta, attività fisica, fumo), autocontrollo di parametri clinici, approccio diagnostico e terapeutico.

È stato costruito un PDTA specifico e un HRD condiviso, inte- grabile nelle cartelle cliniche dei singoli professionisti coinvolti. I dati preliminari dimostrano diminuzione dell’emoglobina glicata dopo 9 mesi, un aumento del counseling su fumo, dieta, attività fisica. È cresciuta la consapevolezza della malattia sia per il paziente sia per i medici e gli infermieri in una stagione del dia- bete difficile e incostante per l’adesione alle LG e alla strategia di cura. Lo sviluppo dello studio prevede l’aggancio del percorso clinico al progetto di sviluppo tecnologico ERMES (Fondo FESR- PAT) che fornirà, in home care e ambulatorio, alcuni strumenti di telemonitoraggio per l’utilizzo appropriato degli strumenti ICT più avanzati nei differenti scenari clinici che il MMG incontra nella gestione della malattia diabetica.

Gruppo di progetto: Chiumeo1, Paoli1, Scotton1, Menegoni2, Carli3, Fedrigoni2, Lombardi2, Moretti2, Ferrai2, Zortea2, Zottele2, Girardi4, Nollo5

1APSS MMG; 2Distretto; 3CAD; 4SERMEDA; 5Università TN Biotech

Screening della cardiopatia ischemica silente nel paziente diabetico: dati preliminari dall’esperienza del servizio di diabetologia ULSS 5 Ovest Vicentino Costa S1, Randon LM2, Tommasi C1, Romanello G1, Boschello M2, Rampazzo C2, Morra M3, Lombardi S1

1UOSD Diabetologia ed Endocrinologia, ULSS 5 Ovest Vicentino; 2UOSD Cardiologia Lonigo, UOC Cardiologia Arzignano, UOSD Cardiologia Valdagno, ULSS 5 Ovest Vicentino; 3UOC Neurologia, ULSS 5 Ovest Vicentino Premesse. La patologia cardiovascolare è la principale causa di morbilità e mortalità nei pazienti affetti da diabete mellito. La car- diopatia ischemica silente (CS) è più frequente nei pazienti dia- betici e si associa a una prognosi peggiore.

Obiettivo. Individuare precocemente i diabetici a maggior rischio di CS attraverso l’attivazione di un percorso diagnostico- terapeutico dedicato, condiviso tra diabetologi, cardiologi e neu- rologi dell’ULSS 5.

Materiale e metodi. I pazienti da sottoporre a screening sono stati individuati secondo le raccomandazioni della “Consensus:

screening e terapia della cardiopatia ischemica nel paziente dia- betico” (2010) valutati presso l’ambulatorio diabetologico da novembre 2012 a luglio 2013 e inviati a valutazione cardiologica con liste dedicate.

Risultati. Sono stati reclutati 55 pazienti, 91% maschi, età me - dia 64,8 ± 6,2 anni e durata di malattia 12,1 ± 9,3 anni. Carat - teristiche metaboliche: BMI 29,2 ± 4,06, HbA1c 8,1 ± 1,5%, colesterolo totale 194,3 ± 49,5 mg/dl, LDL 116,4 ± 41,1 mg/dl, HDL 43,2 ± 9,3 mg/dl, trigliceridi 150,2 ± 21,2 mg/dl. Il 34% è in terapia con antidiabetici orali, il 64% con insulina, il 2% con dieta. Il 47% dei pazienti ha retinopatia diabetica e il 32% ha albuminuria patologica, il 70% ha almeno una complicanza macroangiopatica (ateromasia carotidea, vasculopatia degli arti inferiori). Al 76% dei pazienti è stato richiesto un approfondimen- to con esami di 2° livello (93% ECG da sforzo, 7% miocardio- scintigrafia), ma di questi solo il 55% ha completato gli accerta- menti consigliati. Il 22% dei pazienti sottoposti a ECG da sforzo è stato sottoposto a ulteriori accertamenti (miocardioscintigrafia e coronarografia) e 2 pazienti (8,7%) sono stati sottoposti a riva- scolarizzazione.

Conclusioni. È stato rilevato un basso numero di eventi, ma tale dato risente del fatto che sono stati reclutati pochi pazienti e poco più della metà ha completato l’iter diagnostico. Il percor- so diagnostico va ridiscusso con i cardiologi perché la nuova condivisione dei criteri di screening permetta la fattiva imple- mentazione del percorso dedicato, riducendo i tempi di attesa delle indagini di secondo livello e ottenendo, inoltre, una mag- giore motivazione dei pazienti stessi a sottoporsi a tali accerta- menti.

Il diario glicemico informatizzato: un aiuto strutturato nell’analisi del pattern glicemico per il diabetico di tipo 1 e il suo diabetologo

Filippi A1, Simioni N1, Galasso S2, Boscari F2, Bruttomesso D2

1Servizio di Diabetologia PO Cittadella, ULSS 15 Alta Padovana; 2DIMED, Padova

Premessa. Solo pochi pazienti con diabete di tipo 1 raggiungo- no valori di HbA1c≤ 7%, nonostante educazione continua, fre- quente autocontrollo glicemico, conta dei carboidrati e terapia insulinica intensiva.

Scopo. Scopo del nostro lavoro è stato quello di valutare se l’uso di un “diario di autocontrollo” informatizzato, in grado di

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suggerire il bolo prandiale e/o di correzione, evidenziare autono- mamente eventuali pattern glicemici intra- e infra-giornalieri e fornire indici di variabilità glicemica, possa supportare il pazien- te e il curante nelle decisioni terapeutiche atte a migliorare il con- trollo glicemico.

Materiale e metodi. Dodici pazienti con diabete di tipo 1 con un’età media di 41,33 ± 14,63 anni (M ± DS), e una durata di malattia pari a 25,92 ± 17,54 anni, hanno utilizzato per 9 mesi un diario di autocontrollo realizzato in excel. Il diario veniva invia- to mensilmente via mail al diabetologo per eventuali modifiche terapeutiche. Nel file i pazienti inserivano valori glicemici, dose di insulina somministrata, grammi di carboidrati assunti, eventuali altri fattori/eventi rilevanti per il controllo glicemico (attività fisica, malattia, ciclo mestruale). Nel mese precedente e dopo lo stu- dio sono stati valutati vari parametri metabolici: presentiamo i dati preliminari al 3° mese.

Risultati. Con l’uso del diario di autocontrollo informatizzato, rispetto al periodo basale, la glicemia media si è ridotta da 172,44 a 156,11 mg/dl (M ± DS, p = 0,005), determinando una riduzione dell’emoglobina glicata da 8,22 ± 0,64 a 7,71 ± 0,64 (p = 0,01): ciò è avvenuto grazie a una riduzione del 10% circa delle glicemie > 180 mg/dl (passate dal 12,85 al 7,31% al di sopra dei 250, p = 0,01 e dal 27,11 al 24,18% nel range 180- 250), che ha determinato una riduzione statisticamente signifi- cativa dell’HBGI (da 12,57 a 10,31, p = 0,005), senza che si veri- ficasse un incremento del numero di ipoglicemie e dell’LBGI.

Contestualmente si è osservata anche una riduzione significati- va della DS (da 64,82 a 57,17, p = 0,02) e dell’Indice J (da 57,22 a 46,38, p = 0,005), con un lieve incremento della frequenza di autocontrollo (da 5,28 a 5,68/dì, p = ns). Migliorano significati- vamente il grado di soddisfazione per il trattamento e 3 item della qualità di vita, misurati mediante i questionari DTSQ e ADDQoL.

Conclusioni. L’utilizzo di uno strumento informatico condiviso tra paziente e curante potrebbe risultare efficace nel migliorare il controllo metabolico e rimotivare pazienti con lunga durata di malattia.

Compenso metabolico e distress psicologico nel dia- bete di tipo 2: il ruolo dell’autoefficacia

Indelicato L, Negri C, Gemma ML, Cacciatori V, Branzi P, Bonora E

Endocrinologia, Diabetologia e Metabolismo, Università e Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona, Verona Introduzione. Depressione e bassa percezione di autoefficacia sono associati con scarso controllo metabolico in soggetti con diabete. Una scarsa aderenza al programma terapeutico in ter- mini di dieta ed esercizio fisico potrebbe determinare un abbas- samento del senso di efficacia incrementando la probabilità di sintomi depressivi. È stato condotto uno studio allo scopo di indagare la relazione tra distress psicologico, compenso meta- bolico e senso di autoefficacia in soggetti con diabete di tipo 2 (DMT2).

Metodi. Sono stati analizzati 100 soggetti (63 M; 37 F) affetti da DMT2 afferenti presso il nostro Servizio di Diabetologia: età 62 ± 7 anni; durata diabete 11 ± 8 anni; body mass index (BMI) 31,0

± 3,7 kg/m2; emoglobina glicata (HbA1c) % 7,5 ± 1,1 (dati espressi come media ± DS).

A tutti i soggetti sono stati somministrati 3 questionari: la Beck Depression Inventory (BDI-II) per la rilevazione del tono dell’umo- re, la Beck Anxiety Inventory per la rilevazione dei livelli di ansia e il Multidimensional Diabetes Questionnaire che valuta, attra- verso 3 sottoscale, lo stress legato al diabete, il supporto rela- zionale e l’autoefficacia percepita.

Risultati. Stratificando per genere, gli uomini presentavano un punteggio medio al BDI leggermente superiore rispetto alle donne (M 7,1 ± 7,4; F 5,7 ± 7,2). Le donne, invece, avevano un punteggio BAI più alto rispetto agli uomini (F 7,1 ± 7,6;

M 5,5 ± 7,1). In analisi univariata (corretta per genere) la perce- zione di autoefficacia mostrava una correlazione negativa con HbA1c(p = 0,02) e con BDI (p < 0,01); il BMI correlava negativa- mente con il senso di autoefficacia (p < 0,01). Analogamente maggiore la durata di malattia, inferiore il distress psicologico (p < 0,05). Lo stress legato al diabete si associava a un maggiore punteggio BDI (p < 0,01) e a più alti livelli di HbA1c (p < 0,05).

Conclusioni. Uno scarso senso di autoefficacia nei confronti della gestione del DMT2 è associato a scarso controllo metabo- lico e a un incremento di sintomi depressivi.

Associazione tra epatopatia steatosica non alcolica e sclerosi valvolare aortica in pazienti con diabete melli- to di tipo 2

Mantovani A1, Pichiri I1, Bonapace S2, Valbusa F3, Lipari P2, Bertolini L3, Zenari L3, Barbieri E2, Bonora E1, Targher G1

1Divisione di Endocrinologia e Malattie Metaboliche, Università ed Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona, Verona; 2Divisione di Cardiologia e 3Medicina Generale, Ospedale “Sacro Cuore” di Negrar (VR)

Premessa e scopo dello studio. La sclerosi valvolare aortica (AVS) è un importante predittore di aumentata mortalità e mor- bilità cardiovascolare. Recenti dati hanno documentato una significativa e indipendente associazione tra epatopatia steato- sica non alcolica (NAFLD) e AVS nella popolazione generale adulta.

Attualmente non è noto se tale associazione esista anche nei pazienti affetti da diabete di tipo 2, che è una patologia in cui NAFLD ed AVS sono molto frequenti. Lo scopo pertanto del nostro studio è stato quello di valutare se la NAFLD si associa- va a una maggiore frequenza di AVS in pazienti affetti da diabe- te di tipo 2.

Materiale e metodi. Sono stati studiati 180 pazienti consecu- tivi affetti da diabete di tipo 2, (M/F = 135/45, età media

~69 anni, durata diabete ~15 anni), regolarmente afferenti presso il Servizio di Diabetologia, che risultavano clinicamente esenti da pregresso infarto miocardico, angina pectoris, car- diomiopatia valvolare, epatopatia cronica e abuso alcolico. In tutti i partecipanti, la presenza di NAFLD è stata accertata mediante ecografia epatica, mentre quella di AVS è stata valu- tata mediante ecocardiografia doppler (eseguita da un unico operatore).

Risultati. Nel campione esaminato, la NAFLD era presente in 120 (66,7%) pazienti mentre AVS era presente in 53 (29,4%) pazienti. Nessun paziente aveva stenosi valvolare aortica. La presenza di NAFLD era significativamente associata a un aumentato rischio di AVS (odds ratio [OR] 2,79, IC al 95% 1,3- 6,1, p < 0,01). Tale associazione rimaneva significativa (adju- sted-OR 3,06, IC al 95% 1,3-7,3, p = 0,01) dopo aggiustamen- to statistico per età, sesso, durata di diabete, BMI, fumo, iper- tensione arteriosa, dislipidemia, HbA1ce parametri di funzionali- tà renale.

Conclusioni. I risultati di questo studio indicano che in pazien- ti ambulatoriali affetti da diabete mellito di tipo 2 la presenza eco- grafica di NAFLD si associa a un’aumentata prevalenza di AVS, indipendentemente dai principali fattori di rischio cardiovascola- re. Ulteriori studi sono necessari per confermare tali osservazio- ni e per definire i possibili meccanismi eziopatogenetici di tale associazione.

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Attività Diabetologica e Metabolica in Italia 236

Epatopatia steatosica non alcolica e aumentata inci- denza di insufficienza renale cronica in pazienti con diabete di tipo 1

Mantovani A, Pichiri I, Mingolla L, Cavalieri V, Zoppini G, Bonora E, Targher G

Divisione di Endocrinologia e Malattie Metaboliche, Università ed Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona, Verona

Premessa e scopo dello studio. Recenti studi hanno eviden- ziato che l’epatopatia steatosica non alcolica (NAFLD) si associa a un’aumentata incidenza di malattia renale cronica (CKD) nella popolazione generale e nei pazienti affetti da diabete di tipo 2.

Attualmente non sono disponibili dati sul possibile impatto pro- gnostico della NAFLD nel diabete mellito di tipo 1. Lo scopo dello studio è stato pertanto quello di valutare se la NAFLD si associava a un’aumentata incidenza di CKD in una coorte di pazienti affetti da diabete mellito di tipo 1.

Materiale e metodi. Sono stati arruolati tutti i diabetici di tipo 1 ambulatoriali (n = 261, 45% maschi, età 42 ± 13 anni, durata diabete 20 ± 12 anni), regolarmente afferenti presso il Servizio di Diabetologia nel periodo 1999-2001, che risultavano esenti da neoplasia, epatopatia cronica, abuso alcolico e CKD (definita come filtrato glomerulare stimato [eGFR] ≤ 60 ml/min/1,73 m2 e/o macroalbuminuria). La NAFLD è stata accertata mediante ecografia epatica in tutti i partecipanti. I nuovi casi di CKD sono stati definiti come comparsa di e-GFR ≤ 60 ml/min/1,73 m2 e/o macroalbuminuria durante il follow-up.

Risultati. Al baseline, i 261 partecipanti avevano un e-GFR medio di 92 ± 23 ml/min/1,73 m2 (stimato con formula MDRD);

234 (89,7%) avevano normoalbuminuria e 27 (10,3%) avevano microalbuminuria. La NAFLD era presente in 131 (50,2%) parte- cipanti. Durante un follow-up medio di 5,2 ± 1,7 anni, 61 pazien- ti sviluppavano CKD (28 sviluppavano eGFR ≤ 60 ml/min/1,73 m2 con micro-/macroalbuminuria, 21 sviluppavano eGFR ridotto con normoalbuminuria e 12 sviluppavano macroalbuminuria con eGFR conservato). La presenza di NAFLD si associava a un’aumentata incidenza di CKD (hazard ratio [HR] 2,85; IC al 95% 1,59-5,10; p < 0,001). Tale associazione rimaneva signifi- cativa (adjusted HR 2,03; IC al 95% 1,10-3,77; p < 0,01) anche dopo aggiustamento per età, sesso, durata di diabete, HbA1c, ipertensione arteriosa ed eGFR al baseline. I risultati rimanevano invariati anche dopo esclusione dei pazienti che avevano microalbuminuria al baseline (adjusted HR 1,85; IC al 95% 1,03- 3,27; p < 0,05).

Conclusioni. I risultati di questo studio indicano che in pazien-

ti ambulatoriali adulti affetti da diabete mellito di tipo 1 la presen- za di NAFLD, documentata mediante ecografia epatica, si asso- cia indipendentemente a un’aumentata incidenza di CKD.

Ulteriori studi prospettici sono necessari per confermare tali osservazioni.

Giornate educative sul piede diabetico

Vinci C1, Furno G2, Rizzi L3, Zucchi E3, Legori G4, Giovita S4, Moretto L5, Gallina L6, Scortichini L7, Mazzanti G8, Montesi M2

1Serv. Diabetologia ULSS 10; 2Istituto Podologico Roma;

3AIP Mantova; 4AIP Brescia; 5AIP Treviso; 6AIP Verona; 7AIP Fano; 8Dipt. Medicina ULSS 10

Premessa. Il piede diabetico è una complicanza particolarmen- te invalidante poiché in essa convergono problematiche di tipo neurologico, vascolare e infettivo e il suo trattamento richiede l’intervento di un team multidisciplinare. Il piede diabetico ha una genesi multifattoriale e presenta elevati costi di gestione. Molto importante è quindi la prevenzione: gran parte delle ulcere nasce da problemi legati all’uso di scarpe inidonee e appoggio planta- re alterato.

Materiale e metodi. In collaborazione con l’AIP (Associazione Italiana Podologi) e l’associazione diabetici del Basso Piave sono state organizzate tre giornate rivolte alla prevenzione e cura del piede diabetico. La mattina del 1° giorno si è svolta una conferenza atta a spiegare il problema del piede diabetico. I pazienti che avevano seguito il corso teorico venivano poi orga- nizzati in gruppi di quattro pazienti (uno per ogni ambulatorio); la visita da parte del medico diabetologo e dei podologi durava mediamente mezz’ora. In tutto sono stati visitati 150 pazienti diabetici: il 55% uomini e il 45% donne; età media, 65,96 anni;

durata media della malattia, 17,21 anni. Per la valutazione della neuropatia sono stati usati: biotesiometro, diapason, test al fila- mento, mentre per la vasculopatia, oltre alla palpazione dei polsi, la valutazione dell’ABI. Sono stati inoltre eseguiti scarichi delle lesioni con ortesi provvisorie idonee.

Risultati. Dei pazienti visitati il 24,34% presentava ulcerazioni, il 19,47% veniva valutato per la vasculopatia e l’80,53% per la neuropatia. Di questi ultimi: il 58,22% era inserito nella classe di rischio 0, il 25,1% in quella 1, il 10,74% in quella 2 e il restante 5,94% in quella 3.

Conclusioni. I pazienti sono rimasti contenti di questa iniziativa e la figura del podologo è importante, assieme a quella delle altre figure professionali, per la prevenzione e cura del piede dia- betico.

Sede

Hilton Milan - Via L. Galvani, 12 - 20124 Milano Iscrizione

L’iscrizione è gratuita e a numero chiuso. È possibile iscri- versi mediante il sito www.siditalia.it/Formazione

Segreteria scientifica

Dott. Matteo Andrea Bonomo

Coordinatore Gruppo di Studio Nazionale SID-AMD Diabete e Gravidanza

Ospedale Niguarda Ca’ Granda, Milano Tel. 02 6444 2464 - Fax 02 6444 2082 e-mail: [email protected] Segreteria organizzativa

I&C srl

Via Andrea Costa, 202/6 40134 Bologna

Tel. 051 6144004 - Fax 051 6142772 e-mail: [email protected]

Convegno Nazionale Gruppo di Studio Diabete e Gravidanza

Milano, 4-5 aprile 2014

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