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G A Z Z E T T A S E T T I M A N A L E
SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BACCHI, FERROVIE INTERESSI PRIVATI
! Anno XIII - Voi. XVII
Domenica .17. Ottobre 1886
N, 650
IN PIENO PROTEZIONISMO
>• Sp,sono,-e,satte,, come non dnbttiam0, le notizie che • noi riceviamóda autorevoli persone, il Governo si sen- ; tirebbe nella quasi impossibilità di resistere nella pros
sima sessione parlamentare alle proposte che un gruppo i di deputati intende di fare per méttere in vigore i dazi- sui-cereali. È ben vero che molti di quelli che si sono mostrati da molti anni inchinevoli nella pratica al protezionismo industriale, pur dichiaran dosi in teoria fedeli alle libertà economiche, re- 1 spingono con orrore i dazi sui cereali, ma sono
questi quei pochi spiriti abbastanza dotti ed illumi nati per vedere le conseguenze fatali di una simile misura ed il discredito che ne risentirebbero di fronte al mondo studioso. I gregari, i quali hanno fino ad oggi seguiti i propugnatori del socialismo di Stato, non sanno comprendere nè come nè perchè debba il Parlamento arrestarsi davanti alla più so lenne manifestazione della scuola del Socialismo di Stato e quindi sono disposti a far causa comune coi protezionisti puri, anche a'costo di separarsi dai capi. E veramente non sappiamo in qual modo i Minghetti, i Luzzatti, i Rudinì, gli Spaventa, ecc. i quali hanno voluto l’intervento dello Stato per gui dare il pubblico risparmio colle casse postali; che hanno voluto lo Stato sostituito ai genitori nella tutela dei minori colla legge sul lavoro dei fanciulli; che hanno voluto lo Stato che entra nel campo attivo della assicurazione mediante la. Gassa Nazionale ; che hanno voluto darsi durante la discussione delle Con venzioni ferroviarie il lusso di contarsi in 85 per l’esercizio di Stato ; che hanno nelle tariffe doganali protetta questa industria col 20 0/o, quella col 30, ì’ altra col 40 o col 50, senza dirci qual criterio avessero perchè lo Stato dispensasse tali favori piut tosto a questo che a quello; che hanno chiamato lo Stato a prodigare i suoi milioni alla marina mer cantile, — non sappiamo veramente come potranno giustificarsi, rifiutando all’ agricoltura quella prote zione che oggi a gran voce domanda.
Certo che vi sono a migliaia gli argomenti indi scutibili e solenni per combattere i dazi sui cereali; certo che quella misura suonerebbe, per la spe ciale sua natura, [un aperto trionfo del prote zionismo ; ma quelle stesse ragioni, che, oggi ten tano mettere innanzi per respingere i dazi sui cereali, valevano anche per tutti gli altri atti che da dieci anni ha compiuto il Socialismo di Stato atten tando alla libertà. E sono essi, i Socialisti di Stato, che per un decennio hanno fornite le armi a quelli
che oggi sono loro avversari; sono essi che figlino seminato .in Italia quella pianta della quale raccol gono il frutto.
Non avremmo che a riportare qui numerosi brani' della raccòlta dell’ Economista,per dimostrare che tutto quanto oggi è minacciato lo abbiamo preveduto con vera precisione; nè d’altronde era difficile cosa. Al lora, quando la minaccia era lontana, qualche capu tane del Socialismo di Stato andava dicendo che noi gli movevamo guerra personale e con questo gli pa reva di vincere la sola, o quasi sola voce che. allora si alzasse contro de tendenze della nuova ScuoÌà.;Ìhe dirà oggi di fronte a così patenti conseguenze?
Noi abbiamo dimostrato che se la vostra distin zione tra pratica *0 teoria era in buona fede, per lo meno era basata sull’errore ; poi vi abbiamo ri-, petutamente avvertiti' che, abituando il paese SÍT ottenere dallo Stato grazie ed aiuti diretti con un frego di penna, calpestando la giustizia distributiva o lo spirito di Un regime libero, avreste destati degli appetiti insaziabili, ai quali non avreste saputo resistere. 11 tempo ci, hq dato ragione prima .dii qubllo che non avremmo voluto, ed oggi vi trovate impigliati in quelle stesse reti che-imprudentemente avete teso. . - . .
^la questi sono laménti che non facciamo per vantarci di aver veduto chiaro.«ad aver veduto bene, ma per dimostrare alla luce del sole, che gli uomini., ,,, ai quali venne inconsultamente affidato di guidare” l’ economia del paese, non hanno veduto chiaro nè hanno veduto bene tanto che si trovano ora in contraddizione con sé- stéssi. : ’ '
Ad ogni modo dinanzi al pericolo quid agendum? Certo che fa meraviglia il vedere i liberali ne ghittosi e calmi lasciare che il pericolo si avvicini e la burrasca si condensi; ma parliamoci chiaro, , hanno essi tutti i torti ?
Prima che sorgesse la Scuola del Socialismo di Stato, le lotte economiche avevano un carattere ben determinato, e ciascuno dei due campi aveva una bandiera, ed a torto od a ragione si gloriava di com battere sotto quella bandiera. I tempi non remoti del Codben, del Say, del Bnstiat sono là a darci conto del come si lottava per il trionfo di un principio economico. Ma la scuola del Socialismo di Stato inam gurò una nuova strategia alla quale, più che alla dot trina dei suoi seguaci ed alla bontà dei suoi priucipii, deve il proprio trionfo. E tale strategia ha consistito nel tenere alto apparentemente il vessillo della libertà e nel dichiararsene fautori, ma applicando invece ad ogni mo mento le aspirazioni dei vincolisti. La Scuola cioè del Socialismo di Stato si compose o di transfugi del campo liberale o di vecchi protezionisti, che proclamarono
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. d’ avere dei principi diversi da quelli che potevano dedursi dai loro atti ; in altri termini furono prote zionisti in pratica e si vergognarono di esserlo in teoria.
Se i liberali di fronte a tale strategia rimasero sconcertati, e poi riconosciutala si ritirarono disgu stali dall’agone, non vanno poi tanto biasimati.
Oggi però i nodi sono, venuti al pettine e non sono più possibili nè le dissimulazioni, nè le simu lazioni. La proposta dei dazi sui cereali obbligherà fu i Socialisti di Stato o a sconfessare i dieci anni di quella malaugurata economia che chiamarono pratica, od a passare nettamente nel campo dei proiezionisti. Noi siamo ansiosi di assistere alla lotta, ed augu riamo che il pericolo da cui siamo minacciati pro- vochi numerosi e fermi pentimenti.
A.
MILANO
1.
« Il grande movim ento cooperativo inglese non sarebbe m ai stato possi bile se non fosse stato d iretto da uo m ini i q u a li n o n cercano di sfru tta re a vantaggio d ella loro am bizione p er sonale i servizi c h ’essi rendono, ma, al contrario, sono pronti a sacrificare la loro posizione, la loro sostanza, la loro rep u tazio n e e il loro tempo per cercare di rag g iu n g ere questo id eale: il regno d e lla giu stizia, il bene del l ’um anità. *
Db Boyve ( a l Congresso di Lione, settem bre 1886), Una riunione dei cooperatori italiani non poteva mancare di suscitare un interesse vivissimo in quanti si occupano delle questioni economiche attinenti alla, condizione e al progresso della classe operaia. Sono oggi troppo noti gli splendidi risultali che la cooperazione ha saputo ottenere in Inghilterra, ri sultati che nei vari congressi sono stati a mano a mano messi in luce, nonché quelli più recenti, ma non meno notevoli, della cooperazione francese, perchè qui sia necessario di presentare ai lettori A&W Eco nomista^ :a guisa d’ introduzione, un quadro sulla situazione odierna deh movimento cooperativo. Non sarebbe però un fuor d’ opera il ricercare, prima di riferire sul Congresso di Milano, quei fattori ohe hanno concorso a un cosi rilevante sviluppo della .cooperazione aH’estero, specie in Inghilterra, per stabilire un confronto che ci servisse di guida nel giudicare delle probabili sorti della cooperazione in Italia, qualora l’indirizzo odierno, poco ordinato e razionale, avesse a perdurare. Ma anche cosi limi tata ogni indagine preliminare, essa ci porterebbe troppo lungi dal nostro scopo, che è quello sol tanto di riferire ai lettori dell ’Economista le impres sioni lasciateci dal Congresso di Milano e di pre sentare un breve esame delle sue deliberazioni.
In Italia il movimento cooperativo oltre che es sere recente, è anche assai sconnesso; poco noto nelle sue particolarità, come nel suo complesso non aveva avuto finora l’occasione propizia per accertare lo stato delle sue forze, per riordinarsi, e dirigere gli sforzi verso la propria meta con maggior
co-slanza e stabilità. Il congresso tenuto a Milano dal 10 al 14 del corrente mese doveva essere appunto il modo migliore e piu efficace per affermare in tutta la sua integrità il movimento cooperativo italiano, per unire le varie associazioni in un’ unica federazione, per provvedere alla loro diffusione; per avvisare ni modi migliori onde siano tutelate le loro ragioni di fronte al fisco, ecc. Era adunque una riunione che doveva interessare grandemente, sia per le gravis sime questioni intorno alla organizzazione delle coo perative, cui era chiamata a dare una soluzione, sia per la manifestazione delle loro intenzioni riguardo alle controversie sorte col fisco, sia infine per la unione che volevasi fondare tra le società stesse intervenute al Congresso.
Come giustamente ebbe a dire il rappresentante francese, sig. Fougerousse, le questioni che interes sano le società cooperative sono nei vari paesi iden tiche. Si tratti del fine, dell’ organizzazione econo mica delle società o d’altro, gli stessi problemi, le stesse difficoltà s’incontrano in Inghilterra come nella Svizzera, nella Francia come in Italia.
Queste ragioni e il desiderio di conoscere quali sieno le idee che hanno corso in Italia in fatto di cooperazione, ci spinsero, sebbene punto fautori di Congressi, ad accettare l’invito che ci perveniva da Milano. E siamo andati nella capitale lombarda^pieni di fiducia, persuasi che dell’ andamento e dell’ esito suo non avremmo avuto ohe da rallegrarci e che gli illustri rappresentanti delle società estere avreb bero trovato che nel movimento cooperativo, tenuto conto delle proporzioni, anche il nostro paese batte , la buona strada e promette bene per l’avvenire.
Ahimè ! quell’ ottimismo doveva dileguarsi fino dalla prima riunione per far posto al dispiacere di aver preso parte a un Congresso nel quale, accanto a qualche raro esempio di criterio sano, di vera se rietà di propositi, di giudizio equo e temperato, si sono succedute le affermazioni più assurde, più biz zarre, più erronee e meno opportune.
e fa vedere attraverso' a tina' falsa luce1 il bene con seguibile. Negli inglesi il romanticismo economico è rarissimo, mentre abbonda un senno pratico delle cose, più ancora delle ‘possibilità umane, se così pos siamo dire, non disgiunto da qui II’ entusiasmo che proviene dalla coscienza delle proprie forze, attestate; dai successi raggiunti, e che dà nuovo vigore a per-1 sevenare.nell’ opera giustamente ritenuta benefica dii estendere il sistema della cooperazione.
Sentite il sigi II dyoake; dopoaver acce:.nato ar gutamente a varie specie di cooperazione, lecito 0: meno, dice - quella che intendiamo di diliond re è la: semplice cooperazione industriale, dove ciascun mem bro, in ciascun magazzino o laboratorio, guadagna one stamente ciò che può e si tiene ciò che guadagna ; in cui ciascuno lavora secondo la sua capacità o riceve il proprio guadagno. Dopo aver spiegato questo ad operai, essi soscrivono piccole somme ed aprono un magazzino. Il signor Ruskin ci dice che trovò scolpite in un’antica chiesa di Venezia le se guenti parole: « Intorno a. questo tempio i pesi dei mercanti siano esatti, le misure giuste, i contratti senza inganno » ed io aggiungo « ed og i articolo genuino ». E poco dopo: « L’ intelligenza è l’unico capitale che sia sempre proficuo, l’ ignoranza in un magazzino è come il vaiuolo; dove scoppia, i soci si trovano a mal partito ed aleuni magazzini ne m uoiono... .
« Con che arte, domanderete, creaste voi la coo perazione? Semplicemente col senso comune messo in opera dalla compassione. Abbiamo visto che tutti veniamo in questo mondo senza nessuna cognizione sul perchè ci veniamo — e senza avere una scelta delle nostre capacità o nei nostri destini. Abbiamo trovato che nessuno di noi è infallibile, nè compieta- mente amabile e che tutti abbisognatilo di tolleranza mutua, di amichevole interpretazione dei nostri atti. All’ ignoranza abbiamo offerto istruzione, all’ errore esperienza, all’ ira accordammo oblio, alla perver sità pietà. Noi non manteniamo odio perchè è uno sciupìo di tempo ed è fare un troppo grande com plimento a quelli che t.on ci piacciono. A tutti ac cordammo uguaglianza di rispetto ed equità nei pro fitti. Il nostro orgoglio consiste nel non dipendere che da noi stessi. La nostra felicità è la prosperità di ogni membro. — Abbiamo società religiose e politiche alle quali individualmente apparteniamo. Ma nella cooperazione manteniamo neutralità, e così non abbiamo risentimenti, o coscienza offesa o con flitto di partito politico che possa rompere l’ unità del progresso sociale.
Ciascuno di noi sostiene il suo proprio credo, la sua propria opinione politica, ma in altri luoghi, a tempo opportuno.
Le tre cose che hanno reso grande il nostro movimento sono: Buon senso, animo tranquillo, tol leranza con mutuo rispetto.
Tale è la cooperazione inglese che ha per ¡scopo di impartire moralità al commercio, dare prosperità all’ industria, e creare quel senso di interesso nel benessere degli altri che solo può rendere possibile l’organamento sociale. »
E il sig. Vansitlart Neale, quasi rispondendo alle insane teorie contro il capitale violentemente ac cusato al congresso, e difendendo il sistema di Rochdale, che tende appunto a costituire quel capi tale che manca agli operai, diceva con semplicità di forma, ma giustezza'e profondità di concetto :
« Non riuscirà la eòtìpèraziòiie nella sua opera j| benefica se non cercherà'' di trasformare i poveri |: isolati in capitalisti uniti'e ricchi. Questo è T ultimo i effetto della associazione.
; Si dice che i poveri debbono associarsi'per render meno dura la loro vita giornaliera, per'1 migliorare giorno per giorno il loro nutriménto;
Ma io invece dico che essi debbono associarsi per ¡i mettere veramente fine alla povertà. Debbono asso- H riarsi per non rimanere più a lungo poveri. -
Questo sin d’ ora son sicuro Che l’ associazione il riuscirà a raggiungere, Ove essa non abbandoni il corso seguito sempre dalla nàitlrà. 'Come è stata creata tutta la ricchezza che si vede oggidì da ogni I parte ? I begli edilìzi di questa vostra superba'città | di Milano? La coltivazione perfetta delle' vostre ! amene collinee delle vostre ricche praterie come è stata ottenuta? Mi si risponderà : a forza di lavoro degli uomini. Lo concedo. Ma di qual lavoro? Forse il
di un lavoro simile1: a: 'qiiòlfol degli anitìàlil ìin!'cui ¡I tutta la ricchezza prodotta'si consunta di giorno in jj giorno? No certamente. . ,
Tutto questo è stato prodotto da un lavoro che li non si consuma ma, previdente, conserva i suoi L frutti; da un lavoro che di mano in mano, di se- j[ colo in secolo, è andato sempre conservando nel jj passato i fondamenti di un futuro migliore. Insom- ma da un lavoro che fórma capitale. Questa è legge |j di natura. Non si può prescindervi, ma bisogna n e - ji cessariamente seguirla. »
A fronte di queste saggie parole in cui il concetto eminentemente pratico della cooperazione è assai bene indicato, si possono mettere quelle di tutti gli oratori italiani, pei quali ogni questione economica verrebbe •ad essere risolta dalla cooperazióne. E nessuno sfuggì |
all’esagerazione, che sta al fondo di tutte le afferma- ji zioai, per la quale si ritiene che la questione sociale ¡è sia per essere risolta coll'abolizione del salariò; fa- jt cile è il pensarlo e l’affermarlo, ma certo, è per lo jj; menò ingenuo, il crederlo e il diffondere e mantenere f questa credenza. Egli è che poche volto ci è capitato di sentire, come in questo Congrèsso,! piu grossolanierrori in materia economica, le teorie più fantastiche sui rap- <\ porti tra capitalèe lavoro esulla possi bi li là di redimere jf l’ operaio dal salariato. Mentre ci sentivamo tratti ad jl ammirare qualche splendido esemoio di abnegazione, j di sacrificio, qualche società piena di vigore e di ri- i; goglio, giungevano al nostro orecchio le più strane affermazioni e le non meno bizzarre accuse che ri- j schiaravano sinistramente certi lati della coltura in tellettuale delle nostre classi medie. Non sono mancati ad esempio, i sostenitori appassionati del principio che non sia da consigliarsi alla società la formazione di I un capitale, perchè il risparmio è Una istituzione bor- !
ghese ! j:
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sodo. Perchè 1’ onorevole Luzzatti, che usa volentieri della scienza quando scrive su per le Riviste, non ha osato far sentire la sua parola e frenare quella corsa vertiginosa attraverso il mondo degli assurdi, che era specialità non invidiabile di molti rappre sentanti. Noi non sappiamo quali ragioni spinsero l’illustre deputato a mantenersi nel silenzio, ma è certo che il silenzio suo e di qualche altro che al Congresso poteva portare il tributo dei suoi studi e porre un argine all’irrompere delle dottrine socialiste, fu assai deplorevole. Non è soltanto quando sia facile raccogliere l’applauso che l’uomo, il quale in nome del la scienza ha acquistata un’alta posizione sociale, deve combattere per le verità che formano il patrimonio della sua mente, ma è ovunque quelle verità sono offese, ovunque è smarrito il retto senso del giusto che egli deve sorgere, qualunque sia la ricompensa che lo aspetta, compiuto il suo dovere. Invece a Milano al cuni pochi poterono guidare la massa, i meno tirarono i più ; e se fu bene che fosse mantenuta pienamente la libertà dell’errore, il male fu che essa non servisse a suscitare, per paura o per pusillanimità, neanche le proteste o le riserve degli uomini, che, come l’ono revole Luzzatti, professano dottrine per lo meno non ispirate al socialismo collettivista. In tale condizione di cose, rimasti padroni del campo i socialisti più o meno dichiarati, il Congresso si è trascinato alla meno peggio fino alla fine con discussioni disordi nate, confuse, in gran parte inutili, gettando poca luce sulle questioni che interessano l’avvenire della cooperazione, esprimendo molti desideri, ma com piendo ben poco di veramente pratico ; come può desumersi da un breve esame delle deliberazioni del Congresso.
II.
L’idea di dividere il Congresso in sezioni e a ciascuna di esse affidare un dato ordine di studi si è dimostrata nella pratica non scevra di inconvenienti. Quando ia sezione dopo'lunga discussione ha risolta una questione in un dato senso, il partito rimasto soccombente, se, come avviene quasi sempre, non intende darsi per vinto, risolleva al Congresso la questione e tenta di riaprire quella discussione che nella sezione si era chiusa colla sua disfatta. Così è rimessa sul tappeto la questione precedentemente risolta e il Congresso procede nei suoi lavori con gran fatica e molta confusione. A Milano è succe duto appunto così per taluna questione.
Il primo tema trattava dell’opportunità e modo di costituire una federazione nazionale, a imitazione di quelle esistenti in Inghilterra e in Francia. Ma da una parte i congressisti, in generale, non avevano un concetto chiaro di ciò che dovesse essere la fe derazione, nè la relazione letta prima della discus sione fu sufficiente per chiarire gli intendimenti di chi proponeva la federazione stessa. D’altra parte poi era opinione di molti che fosse da preferirsi 1’ isti tuzione di comitati regionali a quella di un comitato centrale ; nè tutti concordavano nell’ammettere che dato un solo comitato centrale esso dovesse essere formato di membri residenti a Milano, come il re latore proponeva. Nè ancora si era d’ accordo sulle società che si sarebbero potute unire in federazione. Sicché, come ebbe a dire uno dei congressisti, mentre si facevano voti platonici per la federazione internazio nale,quasi non si riesciva alla costituzione di una fede
razione nazionale. La sezione potè alla fine procla mare in massima la opportunità , anzi la necessità imprescindibile di una federazione delle cooperative, ma non senza riconoscere che vi sono molte diffi coltà per una pratica e pronta effettuazione del pro getto. Essa quindi limitavasi a proporre la costitu zione di un Comitato centrale, incaricato di prepa rare la federazione e compilare uno statuto. E dopo una lunga discussione sul numero dei membri del co mitato e se debbano o meno risiedere a Milano, il Con gresso approvava il seguente articolo che regola la istituzione del Comitato Centrale della federazione : « È istituito in Milano un Comitato Centrale delle Società cooperative italiane, che ha per iscopo di promuovere lo sviluppo dei sodalizi! cooperativi ed il loro coordinamento. Le Cooperative che possono aderirvi sono :
I o di consumo e di produzione, 2° di produzione,
5° di credito, quando però siano costituite da lavoratori di città o di campagna; vale a dire le Associazioni costituite per provvedersi alle migliori condizioni gli oggetti di consumo e l’ abitazione, — quelle formate da lavoratori per assumere in comune le imprese, per lavorare in comune e ven dere i prodotti del proprio lavoro, — quelle for mate da lavoratori di città e di campagna per procurarsi , colla reciproca garanzia il credito o gli strumenti del lavoro.
Il Comitato è composto di 15 membri residenti in Milano, eletti a maggioranza relativa nel primo Congresso dei cooperatori italiani. »
Esso avrà in modo speciale l’incarico di provve dere alla fondazione di un periodico che rappre senti gli interessi e i sodalizi cooperativi, di pro muovere gli accordi fra le cooperative di consumo, di tenersi in attiva corrispondenza colle associa zioni delle cooperative estere. Il comitato dovrà ri ferire al 2° congresso delle cooperative nazionali sull’esito dei propri studi, sulla convenienza e modi di procedere alla costituzione di più complete or ganizzazioni morali ed economiche delle cooperative. In tal modo la federazione, anziché essere costi tuita, viene soltanto messa allo studio. E non poteva farsi altrimenti. Se il Congresso fu in generale assai male preparato, questo tema non si sarebbe potuto studiare dal comitato più alla leggera di quello che risultò anche troppo evidentemente nel Congresso. La sola costituzione vera e propria, non nominale, della federazione, avrebbe importato un lavoro nè breve nè agevole che ci parve del tutto impari alle forze di chi prese a studiarla per riferirne al Con gresso. Intanto le cooperative di consumo, alle quali specialmente interessava assai la costituzione della federazione, restano ancora tra loro divise e, per ora almeno, non ci pare possibile che tra esse avvenga quell’unione che pur si trova nelle francesi nelle inglesi. Il comitato saprà abbandonare compieta- mente certe dottrine politiche e sociali che non hanno nulla a che vedere colla cooperazione? Vor remmo poter dire che lo speriamo, convinti come siamo che soltanto allora l’opera sua potrà essere ef ficace ; ma il Congresso ha voluto addossare al Co mitato centrale un incarico che nulla presenterebbe di grave se i nomi dei suoi componenti dessero tanta garanzia di competenza e di zelo nelle questioni eco nomiche quanta si sono affaticati di darne per le questioni .politiche. Il comitato centrale della
razione quasi che la istituzione della federazione che, notisi, oggi non c’ è, fosse cosa da poco, avrà anche l’incarico di seguire ed appoggiare, per quanto è pos sibile, il movimento generale di organizzazione e di miglioramento della classe lavoratrice.
Il congresso approvando ad unanimità questo or dine del giorno si preoccupava assai poco della sua gravità, e formulava un voto che, pel bene delle cooperative, gioverà resti lettera morta. — E affinchè poi il Comitato residente in Milano possa dare mag gior sviluppo ai propri lavori e facilitarli gli fu data la facoltà di aggregarsi altri membri residenti in al tre parti d’ Italia.
Fra le questioni più importanti che il Congresso aveva ad esaminare vi era senza dubbio quella dei rapporti del dazio consumo colle società cooperative di consumo, a seconda che trattisi di Comuni aperti 0 di Comuni chiusi. Sono note le molte contesta zioni cui ha dato luogo il dazio consumo special- mente nei Comuni aperti ove le cooperative di con sumo, non ritenendosi esercizi di commercio sosten nero di dover essere esenti da ogni tassa. E il Con gresso ha approvate le conclusioni presentate dal relatore della sezione. Ha emesso, cioè, il voto che sia abolito il dazio consumo, ha affermato la neces sità che fmtanto che esiste la tassa di dazio con sumo, diasi un’ interpretazione autentica all’ art. 5 della legge 11 agosto 1870, in modo che esso sia applicato secondo la massima ed i principii che lo hanno inspirato e secondo la intepretazione larga ed onesta dataci dalla Corte Suprema di Roma ; che inotre si revochi la facoltà data ai Comuni chiusi d’ imporre tassa di minuta vendita, e si proceda ad una revisione delle tariffe sul dazio consumo per limitare la facoltà data ai Comuni di aggravare le voci sui generi di prima necessità.
Ed ha pure deliberata la costituzione di un Co mitato permanente di consulenza legale per sostenere le ragioni legali delle Associazioni Cooperative ; tale Comitato potrà costituire una Sezione del Consiglio della Federazione delle Cooperative. — Queste de liberazioni non presentarono argomento di discus sione ed invero nulla trovasi in esse di eccessivo ; il voto a favore dell’ abolizione del dazio consumo non ha nessuna probabilità d’essere ascoltato, ma è sempre bene che si mantenga una corrente contraria a conservare quella tassa ormai vieta e dannosa.
La stessa sezione (3 a) aveva pure da studiare 1’ altro importante tema se alle cooperative con venga vendere al prezzo di costo o di mercato. Il sistema seguito dai pionieri di Rochdale ha trovato fautori convinti ed avversari decisi. I primi consi gliavano la vendita al prezzo di mercato, come si usa in Inghilterra, per volgere a scopo di risparmio o di previdenza quel fondo che deriva appunto dalla dif ferenza dei prezzi. Ma specialmente i rappresentanti dei distretti rurali sostenevano che il sistema di Ro chdale non era applicabile alle campagne ove le coo perative non si possono diffondere se non dimostrano di poter fare toccare subito alle classi lavoratrici un beneficio. Dalla discussione assai disordinata, dacché basavasi su un equivoco che il presidente della se zione non seppe chiarire, e che consisteva nel l’opinione erronea in cui era una parte della se zione che la relazione raccomandando e dimostrando 1 grandi vantaggi del sistema di Rochdale, volesse escludere qualunque altro ; dopo un lungo dibattito emerse adunque che stante le condizioni speciali
delle nostre campagne, e la necessità soprattutto di migliorare l’alimentazione in qualità e quantità, con veniva che il contadino fruisse subito del vantaggio che la cooperativa di consumo può dargli. Ma po teva il Congresso respingere il sistema dì Rochdale? Sarebbe stato assurdo se io avesse fatto.
D’altra parte le ragioni addotte dai rappresentanti delle società rurali erano valide e meritevoli di consi derazioni, sicché il Congresso ha dovuto tener conto dello stato attuale delle cose ed ha concluso col far voti che il sistema della vendita a prezzo di costo, necessario oggi in parecchi luoghi per considera zioni di località o di opportunità, per le misere con dizioni di molte classi lavoratrici e per estendere il principio cooperativo — sia applicato con tali cri teri da essere preparazione e scuola ad un sistema di vendita a prezzo di mercato, stabilito in modo però, che all’uopo abbia l’attitudine di rompere le coalizioni che tentassero di rialzare anticipatamente i prezzi dei prodotti. »
Ma non fu senza una vera lotta che il sistema di Rochdale ebbe la preferenza. Una parte del con gresso nella sua cieca e inconsulta guerra al capitale non voleva che le società cooperative capitalizzassero come i borghesi; anzi i soliti retori trovavano abomi nevole il risparmio ottenuto commerciando sui prodotti che si consumano. Rara avis, il buon senso di fronte a così colossale assurdo non ha potuto essere scac ciato del tutto dal Congresso, il quale ha sancito il principio migliore.
Sul terzo tema : « Se le Società Cooperative di consumo debbano vendere anche ai non soci, » il Congresso ha ritennto sia conforme alla natura della cooperazione che la distribuzione delle merci debba essere fatta ai soli soci, salvo a vendere anche ai non soci, conteggiando gli utili delle loro compere fino al concorso di un’azione; vale a dire allo scopo soltanto di estendere fra tutti i consumatori che fanno capo alle società il carattere di soci, quante volte abbiano le qualità determinate dei loro statuti. Intorno alla questione della 'ricchezza mobile dopo aver dichiarato che le società di produzione devono andar esenti da tassa di ricchezza mobile, il Con gresso, tenuto conto che per legge non devono es sere colpiti di ricchezza mobile le latterie sociali, le cantine sociali, i forni cooperarvi a sistema Anelli, le casse rurali cooperative di prestiti e in generale le cooperative di consumo, delibera che le società cooperative si tengano in rapporto col Comitato cen trale onde impedire interpetrazioni di legge ingiu stamente fiscali a loro danno.
Circa il modo di attivare e regolare il credito tra associazioni cooperative e di dare incremento alla cooperazione di produzione, ecco quanto il Congresso ha stabilito:
1. che le Società Cooperative di consumo e di produzione facciano parte delle Società Coopera tive di credito operaie e popolari, e siano anche depo - sitarle presso le medesime dei proprii fondi dispo nibili — come a giovarsi delle Società stesse pel servizio di cassa.
2. che le Società Cooperative di produzione e consumo con mezzi proprii o col tramite del Go mitato centrale abbiano a stàbilire colle Società Cooperative di vendita un fido per modo d’ottenere da queste sconti e prestiti al minimo tasso.
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sarsi di far parie dei Consigli d’ Amministrazione delle Società cooperative di credito.
4. che le Società di consumo abbiano ad ac cordare alle Società di produzione un credito inde
terminato, limili di tempo e di somma anche coi ¡¡ riconoscerò i buoni da quéste emesse per la compera
di generi alimentari.
6. che le Associazioni Cooperative di consumo (salvo il servizio di somministrazioni di famiglia se condo i propri regolamenti) non concedano credito ai proprii soci e soltanto in via transitoria venga loro accordato, a condizione che sia estinto di mano in mano cogli utili eventuali, in proporzione del proprio consumo.
6. che le associazioni cooperative di consumo. \ salvo il servizio di somministrazioni alle famiglie dei
soci secondo i propri regolamenti, non concedano credito ai propri soci.
D e lib er ò in o ltre:
a) Che si raccomandi vivamente alle Società cooperative di rivolgersi possibilmente alle Società consorelle; per quanto loro occorra in produzione, consumo, credito, sostenendosi così a vicenda a vantaggio reciproco delle società e dei soci. In tal modo si darebbe forza alle società esistenti e se ne promoverebbe la formazione di altre.
b) Che si facciano le opportune pratiche sia direttamente, sia col mezzo dei comitato centrale, ed eziandio delle camere, affinchè Governo e Mu- nicipii, cui deve stare a cuore il benessere delle masse che si intende tutelare e svolgere in modo pacifico e legale colla cooperazione, a parità di con dizioni tecniche ed economiche abbiano pei pubblici lavori a dare la preferenza alle società cooperative.
Tali te deliberazioni prese, più o meno pondera tamente, dal congresso di Milano.
T u tte le a ltre q u estio n i a ll’o rd in e del g io rn o fu ron o rin v ia te al p ro ssim o c o n g r e sso c h e avrà lu og o p u re in M ilano.
La riunione dei cooperatori italiani è stata ricca di ammaestramenti, ed ha mostrato sin dal primo mo mento ehe è necessario anzitutto di formare i coo peratori italiani i quali sieno saturi di quei senno pratico che non è, come taluni credono per ignoranza, in anta gonismo colle sane dottrine .economiche. Le parole dei veterani della cooperazione inglese erano ad ogni mo li mento, rinnegate dal Congresso che si compiacque ; a frammischiare la politica e le dottrine sociali : astratte allo studio assai superficiale delle questioni
concrete che interessano la cooperazione.
i| La stampa si è dimostrata in generale poco soddi sfatta dei risultati del Congresso, principalmente per la invasione della politica radicale; malia avuto torto. Non è ancora provato che la competenza nelle que stioni economiche segua certe opinioni politiche; e non è sul terreno della politica federale che la discus sione può essere portata. Certo è a deplorarsi che il Congresso abbia lasciato entrare la politica a in tralciare e confondere le sue discussioni ; ma più ancora è riescito sconfortante il silenzio dei grandi uomini, che in Italia rappresentano la scienza offi ciale, dinanzi alle aberrazioni economiche.
Se gli illustri rappresentanti esteri avessero po tuto seguire e intendere le varie discussioni, essi avrebbero sofferto amare delusioni; e la loro rettitu dine li avrebbe costretti a riconoscere che buona parte degli elogi fatti al nostro paese non sono giu- || stificali.
A noi più particolarmente il Congresso di Milano lascia quésta opinione : —• che l ’ Italia, bambina in tante altre manifestazioni della vita sociale anche in questa della cooperazio :e manchi di studi seri e di uomini competenti e che a produrre risultati effi caci, se da una parte, non basta l’autorità dei nomi o il fascino della parola, dall’altra non basta nè il vivo desiderio del bene nè l’ardire delle idee; occorre sempre e per lutti lo studio profondo ed indefesso dei problemi che si discutono.
IL RISPARMIO IN INGHILTERRA
n egli u ltim i 50 anni
È ormai mezzo secolo dacché . vennero regolar mente introdotte in Inghilterra le casse di risparmio, 0 meglio dacché la legge diede loro un ordinamento, e segnò il punto di partenza di un’era splendida nella storia, relativamente recente, della previdenza. Fu uno scozzese, il reverendo Henry Duncan che, per primo ebbe e diffuse l’idea di stabilire banche o casse per ricevere i risparmi delle popolazioni. Fu egli infatti che fondò la prima banca a tìothwel nel 1813 per concentrare e stimolare i risparmi della classe lavoratrice e di quelle in generale meno agiate. Il filantropo scozzese iniziava per tal modo nelle isole britanniche un movimento economico della più ri levante importanza per le sue conseguenze morali ed economiche; e successivamente nel 1817 una prima legge su questa materia provvedeva per la fonda zione in alcune delle più popolose città di casse di risparmio le quali dovevano essere poste sotto la tutela di amministratori locali e gratuiti detti trustees n revisori. Di qui il nome di Trustee Savings Banks dato alle casse di rispondo private o ordinarie, le quali non vanno confuse colle Post Office Savings Banks o casse postali di risparmio, introdotte sol - tanto nel 1861. Ma nel 1836, dopo cioè 20 anni di esperienza, e dopo che le casse private avevano fatta una splendida prova, una nuova legge esten deva il sistema delle casse di risparmio e in certi particolari lo popolarizzava grandemente.
sua proposta era accolta favorevolmente dal governo e il 1* settembre 1861 erano aperte le casse postali per ricevere i depositi nei limili ed alle condizioni generalmente in vigore presso le casse private. Il
primo giorno le trecento casse postali istituite rice vettero complessivamente 455 depositi per una somma totale di 951 sterline. Venticinque anni dopo, cioè al 31 decembre 1885 il numero delle casse postali era di 8,106, i depositanti 3 1/2 milioni e la cifra totale dei depositi esistenti di 47,697,838 sterline.
È superfluo il dire per quali ragioni le casse po stali ebbero uno sviluppo veramente straordinario dal 1863, il primo anno in cui si ha un resoconto preciso e particolareggiato, fino ai nostri giorni. So prattutto la grande diffusione e il loro immediato contatto coi depositanti che presentano le casse po stali nonché la maggior garanzia che, a torto od a ragione, il pubblico riscontra nelle casse postali, vi hanno certamente contribuito assai.
Fatto sta che l’aumento annuale dal 1863 in poi è stato in media di un milione di sterline, e alla fine del 1884 una somma di sterline 44,773,773 (circa 1,119 milioni di lir'e) era a credito dei depositanti presso le casse postali di risparmio.
E le seguenti cifre danno un’idea del movimento e dello sviluppo del risparmio che si dirige alle casse private e a quelle postali di risparmio..
1° Casse ordinarie (Truslee Banks) D ep. riu n iti Rim borsi C apitale
(1884) Inghilt. e Galles St. 168,179,426 185,942,115 36,012,152 Irlanda... » 12,375,468 13,808,399 2.119,264 Scozia...» 39,310,884 36,969,622 7,709,471 219,865,778 236,720,136* 45,840,887 2° Casse postali di risparmio
C apitale (1884; 41,645,987 2,224,347 903,439 _ . __... Rim borsi
D ep. riu n iti d a , 1861 Inghilt. e Galles St. 174,020^002 133,944,024 Irlanda... » 8,967,909 6,824,193 Scozia...» 4,115,969 3,261,592 Riassunto : 187,103,880 144,029,809 44,773,773 Deposi fi R im borsi Cassidi risp,priv. St. 219,865,778 236,720,136 R id. postali 187,103,880 144,029,809 C apitale 45,840,887 44,773,773 L. st. 406,969,658 380,749,945 90,614,660 Queste cifre ci pare indichino sufficientemente l’ entità dei progressi che il risparmio ha fatto in Inghilterra. Si tratta di una somma superiore ai 90 milioni di sterline, ossia di circa 2,265 milioni di lire che appartiene oggi a un numero considerevole di depositanti.
L e cifre stesse o ffrireb b ero a rg o m en to a n o n p o ch e co n sid era zio n i in o rd in e alla forte con co rren za ch e lo Stato ha fatto a lle ca sse d i r isp a rm io p riva te, p o ich é il totale si può d ire ch e si rip a rtisce q u a si e g u a lm en te tra q u e lle p riva te e q u e lle p o sta li. N o terem o solo ch e m e n tre n e ll’ In gh ilterra e n e ll’ Ir landa le ca sse postali hanno u n ca p ita le in d e p o siti m a g g io re di q u ello d e lle ca sse p riv a te, per la Sco zia in v e c e è il r o v escio e i dep ositi a fflu isco n o m a g g io r m e n te alle ca sse p rivate.
* C om presi gli in teressi.
RIVISTA ECONOMICA
/ / movim ento s o c ia lis ta n e l B e lg io . — L a p ro p o s ta d i is t it u ir e d e lle C am ere o p e raie n e ll’A u s tria .: — • ■ / / com m ercio t r a l ’I t a l i a e la B u lg a r ia . . il,
Il seguire il corso delle idee socialiste in Europa va diventando ogni giorno più doveroso e ipteres- sanle. Le manifestazioni socialiste che avvengono or i> qua or là non lasciano dubbio che una seria orga nizzazione del partito sia in vari paesi in via di rag- : giungimento, e non pochi scioperi avvenuti ultima mente, se trovano la loro causa diretta nel malessere prodotto dalla crise, ebbero l’impulso occasionale dalla propaganda socialista. Ciò avvenne particolarmente, nel Belgio dove il socialismo si è in questi ultimi anni potentemente organizzato traendo le sue forze specialmente dallo stato depresso delle industrie belghe.
Giova adunque di tracciare brevemente la situa zione attuale del socialismo belga, il quale è una derivazione del socialismo francese ed ha avuto per primo teorico il dottor Cesare De Paepe che nel 1870 fondava il giornale VInternationale. Una vec chia scuola semi-socialista, quella dei seguaci di Collins di cui il De Potter è il più fecondo rappre sentante ha pure contribuito ai progressi dell’ idea rivoluzionaria. Uomini di un certo talento come il prof. Ettore Denis dell’università di Bruxelles, Victor Arnould, Guillaume Degreef e qualche altro hanno, insieme con alcuni economisti, come il De Laveleye, determinate le forme particolari dell’opinione socia lista belga. Dipnoi nel 1874 il De Paepe e il Bazin creavano a Bruxelles la Chambre de travail, fédè- ration des sociétés ouvrières bruxelloises ed estende vano la loro influenza a tutto il regno. Alla stessa epoca il giornale il Werker (lavoratore) usciva ad Anversa in lingua fiamminga e la città di Gand trovava in Edoardo Anse.-le il fondatore dell’associazio ne del Vooruit (avanti), un apostolo fervente del verbo collettivista. Nel 1875 il Congresso di Verviers apriva la serie delle assise annuali del socialismo belga e fondava V Union ouvrière oggi scissa in due branche tra i fiamminghi e i valloni.
V a n B ev eren ch e d ivi 'e con A n seele la direzion e d el m o v im en to n e lle F ia n d re, ha co n trib u ito m olto a d iffon d ere tra i su o i com p atrioti le d ottrine del M arx. • In v e c e a B r u x e lle s c ’è la tendenza a p a rtecip are alla v ita politica e p a rla m en tare e a serv irsi d e lle a ssem b lee d elib eran ti per o tten ere q u a lch e riform a ra d ica le. P a o lo Jan son , A rn o u ld e E u g e n io B o b e rt son o alla testa d el partito ra d ica le b elga e form an o u n gru ppo assai in flu en te alla cap itale il q u a le d eriv a dai prim i com itati op erai. Q u esti co m ita ti si trov an o o g g i a B r u x elle s, a L ie g i, V e r v ie r s , C h aleroi, S e r a in g H u y n e ll’ H ainaut, n el B o rln a ge n el p aese d e lle m in iere e d e lle v etr e r ie . I loro gio rn ali son o l'Ouvrier di B r u x elle s e l’Ami du Peuple di L ieg i, E m en tre q u esti gru ppi c o llettiv isti anim ati da u n o sp irito ri form ato re a rd en tissim o sem b ra n o , in fon d o, disp osti a n o n usare ch e i m ezzi leg a li, n o n si può preter m ettere ch e il B e lg io è stato r e cen tem en te in preda a u n v io le n to ten ta tiv o a n a rch ico i cui istigatori, q u a si e sc lu siv a m e n te di L ieg i e d ell’H ain au t, s i isp i ran o a lle do ttrin e d el B a k u n in e del R éclu s.
anar-L’ E C O N O M I S T A
T7 ottobre 1886
chici. I primi hanno per dogma che Io Stato deve predominare sull’ individuo e sono quelli che ci prepararono la nuova schiavitù, i secondi non vo gliono lo Stato e non hanno per fine che di de molire l’ordinamento attuale.
Gli elementi di cui dispongono i socialisti belgi sono adunque considerevoli e quando si pensa al campo di azione, dove la classe operaia è così nu merosa e la situazione industriale oggi molto diffi cile, si comprende come da qualche tempo il Belgio sia in preda a non infrequenti scioperi e da ogni parte si cerchi una via d’uscita alle difficoltà at tuali.
La Commissione d’ inchiesta sul lavoro continua le sue indagini e va raccogliendo dati e notizie sulla situazione della classe operaia; ma ben poco essa potrà fare sino a che la situazione economica mon diale non migliorerà in modo da ridare vigore alle industrie oggi sofferenti.
- La Camera dei Deputati dell’Austria dovrà discu tere fra non molto una proposta del partito del club austro-tedesco la quale tende a introdurre una ri forma di molta importanza. Si tratta della proposta di creare delle camere di operai, le quali godrebbero del diritto elettorale attivo e precisamente come le camere di commercio, di modo che vi sarebbe un altro gruppo elettorale oltre i quattro già esistenti, cioè oltre i gruppi della città, delle campagne, della gran proprietà e delle camere di commercio.
Secondo i proponenti vi dovrebbero essere delle camere operaie in ventisei città dove hanno sede ca mere di commercio. Esse farebbero da corpi con sultivi per interpretare i voti e i bisogni dei lavora tori, contribuirebbero inoltre a stabilire la statistica industriale in ciò che riguarda gli operai e dovrebbero sottoporre annualmente al Ministero del commercio un rapporto sulla situazione degli operai, sui salari, sugli effetti delle misure legistative e amministrative relative agli operai, sull’ igiene delle fabbriche, la protezione degli operai contro gli infortuni ecc. Esse possono anche essere chiamate a nominare dei de legati per i tribunali arhitramentali che eventual mente si costituissero. Dovrebbero comporsi almeno di 12 membri e di 36 al più, le loro funzioni non sarebbero retribuite e le camere elette a suffra- diretto resterebbero in carica per sei anni; tuttavia ogni camera sarebbe rinnovata per metà dopo tre anni.
Il diritto elettorale attivo spetterebbe a tutti gli operai austriaci aventi 24 anni compiuti che sanno leggere e scrivere e sono domiciliati e lavorano da due anni almeno in uno dei distretti delle camere operaie e qualora figurino nella lista dei membri di una cassa di assicurazione contro le malattie stabilita nel distretto. (1 diritto elettorale passivo non apparterrebbe che alle persone eleggibili aventi al meno trent’ anni.
Le Camere operaie dovrebbero eleggere anche nove deputati al Reichsrath e Vienna, Linz, Graz, Innsbruck, Trieste, Praga, Reichenberg, Briinn, Lemberg formerebbero appunto i nove collegi elet torali.
Questa nuova proposta del club austro-tedesco è ora vivamente discussa dalla stampa, e qualora fosse accolta essa non sarebbe senza conseguenze sulla situazione della classe operaia, dandole una rappre sentanza che potrebbe usare dei suoi poteri per fini diversi.
— Il Bollettino di notizie commerciali che si pub
blica in Roma per cura del Ministero di agricoltura e commercio contiene nel N. 37 un riassunto della statistica commerciale bulgara nel 1884. Adesso che la Bulgaria è politicamente tanto in discussione cre diamo opportuno il farla conoscere anche dal punto di vista commerciale, tenendo conto specialmente delle sue relazioni con l’ Italia.
Il nostro commercio con la Bulgaria nel 1884 ebbo proporzioni assai meschine, inquantochè dalla statistica accennata apparisce che l’Italia per ragioni commerciali non occupa che l’ ottavo posto. Prima vien I’ Austria con una importazione del valore di L. 13,980,147; poi l’ Inghilterra con 12,026,960; poi la Turchia con 5 milioni circa, poi la Rumenia con 5.9 ; la Francia con 2.2 ; la Russia con 2.1 ; la Germania con 1.7 e finalmente l’Italia con 1,202,027.
Se poi consideriamo pandamente le merci sulle quali si esercitò principalmente il commercio d’ im portazione colla Bulgaria, apparisce sempre meglio la pochezza del commercio coll’ Italia.
L’ importazione totale della seta e merci di seia in Bulgaria ammontò al valore di fr. 639,332. Di questa merce l’Italia non importò nulla, mentre la Tur chia ne importò per fr. 194,461, la Francia 149,222, 1’ Austria 140,6 4 4 , e la Germania (dall' aprile in poi) 99,668.
L’ importazione del ferro e merci in ferro am - montò al valore di fr. 2,733,330. L’ Italia ne im portò per soli 1839; l’ Austria 968,343, poi l’ In ghilterra 910,337, poi la Germania (dall’aprile) 427,862 la Francia 111,800, la Turchia 76,081.
L’importazione delle tele e merci di lino e canape fu di fr. 1,047,496. Vi concorsero la Serbia per 351,311 ; l’Inghilterra per 263,893; l’Austria 231,142; la Turchia 82,947 ; T Italia 4628.
L’ importazione totale dei cuoi e merci di cuoio fu di fr. 1,994,380. Questa è una delle poche merci di cui l’Italia fa una certa importazione in Bulgaria, ma pure essa sta al quinto posto con fr. 104,371, mentre l’ Austria ne importò 931,997, la Turchia 463,601, la Francia 336,188, e l’Inghilterra 109,391.
L’ importazione del cotone e merci di cotone è delle più ragguardevoli, imperocché ammontò pel 1884 a fr. 10,662,636. L’Italia non ne importò nulla. L’In ghilterra fu prima con 7,470,878, poi l’ Austria con 1,276,101, la Turchia 483,200, la Francia 463,933, e la Germania (dall’ aprile in poi) 172,810.
L’ importazione delle spezierie e coloniali è un altro dei più importanti rami del commercio colla Bul garia; ed ammontò a fr. 12,203,577.
In questo P Italia è sufficientemente rappresen tata. Prima è 1’ Austria con fr. 4,821,434, poi la Romania 1,691,522, la Turchia 1,581,802, l’Inghil terra 1,281,251, l’Italia 996,089 e la Francia 642,048. L’ importazione della carta, cartone e merci di
cartone ammontò a fr. 843,092. Questo ramo di
commercio può dirsi esercitato quasi esclusivamente dall’ Austria, che ne importò per fr. 771,861; ven gono poi a grande distanza con un valore di circa fr. 17,000 Francia ed Inghilterra; poi Germania 12,000 e Turchia 10,000. L’ Italia ne importò per fr. 1057.
È notevole e doloroso specialmente che ciò av venga per le sete e merci di seta, per le tele e merci di lino e canape; come pure potrebbe ra gionevolmente desiderarsi che sorgesse un commer cio d’importazione dall’Italia per gli oggetti di ferro, per il cotone e merci di cotone, e per In carta che trovano in Bulgaria un consumo relativamente ab bondante.
RIVISTA DI COSE FERROVIARIE
P ro d o tti f e r r o v ia r i (f e r r o v ie a u s tro -u n g a ric h e ).
— Le fe rro v ie u n g h ere si n e l 1 885. — Giu
ris p ru d e n z a .
Prodotti ferroviari (Ferrovie austro-ungariche)
- Dalla statistica dei prodotti delle ferrovie dell’Au stria e dell’ Ungheria rileviamo che prese comples sivamente esse hanno dato nell’ agosto p. p. fio rini 21,866,694 In confronto con lo stesso mese dello scorso anno si nota una diminuzione di fio rini 594,653 ossia del 2.6 0/o ; ma siccome la lun ghezza della rete in esercizio è salita da 22,100 chilometri, come era nell’agosto 1885 a 22,413 chi lometri, così il prodotto chilometrico è stato di 976 fior, con una diminuzione di fior. 40, cioè del 3.9 0[0 rispetto all’anno precedente.Il prodotto totale dal 1° gennaio ammonta ora a fior. 149,767,922 e presenta una differenza di fio rini 6,341,549 ossia del 4.1 0|0 in meno a para gone dello stesso periodo del 1885. 11 traffico-merci dà esso solo un minor prodotto di fior. 4,417,851 e i viaggiatori una diminuzione per fior. 1,923,698 Dei tre ben noti gruppi in cui si ripartiscono le linee dell’Austria-Ungheria le ferrovie comuni (ge-
meinsame Bahnen) hanno dato nell’agosto 7,121,494
fiorini in meno pari al 8.2 0[0 al chilometro e dal 1° gennaio a tutto agosto fiorini 49,461,659 in diminuzioue di 4,005,410 fior, pari all’8.8 per 0|0 per chilometro.
Delle ferrovie comuni noteremo la Staatsbahn e la Sudbaìm. La prima coi. 2,451 chilometri ha avuto nell’agosto un prodotto di fior. 3,065,376 in diminuzione di 710,974, pari per chilometro al 9.3 0|o; e dal principio dell’anno il prodotto di 20,358,878 presenta una differenza in meno di 2,045,870. La Siidbahn e pure in diminuzione ; nell’agosto ebbe un prodotto di fior. 3,378,948 con una differenza in meno di 329,301 fior, pari al 8.9 per 0|0 al chilom.; e dal primo gennaio il minor prodotto è di fior. 877,110 su 24,505,696 fiorini.
Le ferrovie austriache ebbero un prodotto nel l’agosto di fior. 10,683,475 con un aumento chilo- metrico del 0.5 per 0|0 ; cioè dal 1° gennaio le entrate furono fior. 73,864,181 con un minor pro vento di fior. 2,504,318 pari al 4.2 per 0[0 per chilometro.
La rete ungherese finalmente ha dato in agosto fior. 4,067,536 con una diminuzione del 3.7 0[0 al chilometro ; mentre dal 1° gennaio il prodotto ammontò a fior. 26,442,082 ossia ha già più del- l’ anno precedente 168,179 fior, pari in ragione chilometrica al 3.5 per 0|0 in meno.
Nel complesso adunque, non ostante qualche lieve aumento, per alcune linee secondarie, verificatosi nel
l’agosto, i prodotti delle ferrovie austro-ungariche continuano ad essere in diminuzione rispetto a quelli del 1885.
Le ferrovie ungheresi nel 1885.
— Alla fine del 1885 la rete delle ferrovie ungheresi era di 1365 chilometri; durante il 1885, il 20 luglio, venne aperta all’esercizio la linea Szered-Galgocz-Liptovar della lunghezza di 16 chilometri ; la lunghezza me dia adunque della rete delle ferrovie ungheresi nel 1885 fu di chilometri 1356. I prodotti totali di questa rete furono di fiorini 17,419,909 con una diminuzione di fiorini 527,005 sul 1884; ed il pro dotto chilometrico fu di fior. 12,842.Il numero delle tonnellate trasportate ascese a 4,144,000 con un aumento di 2397 tono, sul 1884, cioè da 0.05 per cento. I viaggiatori furono 2,732,926 con un aumento del 1,17 0|0. Le entrate pernierei si divisero nel seguente modo : Grande velocità fiorini 4,750,660 con una diminuzione del 2.38 per cento sul 1884, piccola velocità fiorini 12,522,257, con una diminuzione del 3.15 per cento sul 1884.
Ecco il quantitativo delle principali merci tra sportate : Carbon fossile. Segala e fromento . F a r i n e ... Legno da costruzione O r z o ... Legna da fuoco . Mais... Barbabietola . A v e n a ... C o l z a ... tonnellate 431,642 » 384,417 » 369,894 » 143,283 » 149,385 » 112,312 » 85,419 » 35,546 » 37,431 , 35,721
Il percorso medio dei viaggiatori fu di 63.02 chilometri contro 61.74 del 1884, quello delle merci di chilometri 114.21 contro 115.13 del 1884.
In quanto alle spese salirono a fiorini 6,706,434 con un aumento di fiorini 15,361, cioè del 0,23 per cento sul 1884 e si dividevano nel seguente modo nei due anni 1884 e 1885:
D ifferenza
1885 1881 per
cento Amm. generale fior. 304,173 272,940 -f- 11,44 Movimento e traf fico . . . . » 2,517,996 2,519,750 — 0,07 Trazione e mate riale . . . . » 2,238,748 2,314,624 — 3,28 Manutenz. e sor veglianza delle strade . . . » 1,645,517 1,583,758 — 3,90 Si ebbero adunque nel 1885 1,05376 di entrate lorde per ogni 100 tonnellate-chilometro contro 1,11138 del 1884, cioè una differenza in meno del 5,18 per cento e di spese 0,40568, contro 0,41435 del 1884, cioè una differenza di 2,09 di più per cento. Il prodotto netto fu quindi di 0,64808 con tro 0,69703 per 100 tonnellate-chilometro, cioè 7.02 per cento di meno.
Il rapporto tra la spesa ed i prodotti per la rete ungherese nel 1885 fu di 30,50 per cento mentre era' stato del 37,28 per cento nel 1884.