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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.13 (1886) n.620, 21 marzo

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L'ECONOMISTA

GAZZETTA SETTIMANALE

SCIENZA ECONOMICA, F IN A N Z A , COMMERCIO, BAN CH I, F E R R O V IE INTERESSI P R IV A T I

Anno XIII - Voi. XVII

Domenica 21 Marzo 1886

N. 620

DAZI PROTETTORI

In questi giorni nella stampa e in Parlamento si è risollevata la questione dei dazi protettori sui cereali.

L ’ on. Senatore Alessandro Rossi ha pubblicato uno scritto di Egisto Rossi, dalle cui opinioni si può in parte dissentire, ma a cui non può conte­ starsi il pregio dell’ ingegno, della dottrina, e delle accurate e pazienti ricerche. Questo scritto tende a dimostrare che I’ on. Lamperdco nella sua relazione intorno alle tariffe doganali prese a base inesatti apprezzamenti intorno a ciò che tocca specialmente alla concorrenza americana. Non possiamo farci li per lì giudici del dissidio, e ci riserbiamo di parlare del libro di Egisto Rossi. Solo crediamo che la ret­ tifica anche giusta di alcuni fatti non potrebbe giu­ stificare un principio assurdo, qual’ è per noi quello della protezione. Se ora abbiamo ricordato questo lavoro, si è perchè il Senatore Rossi vi ha pre­ messa una prefazione, nella quale al solito deplora la cecità degli economisti e la acquiescenza del Go verno alle formule antiquate della Scuola liberale, ma crede che nell’ interesse dell’ agricoltura e della finanza al momento decisivo Parlamento, Governo e tutte le Scuole economiche si troveranno d’accordo. Noi non vogliamo togliere all’egregio Senatore questa illusione, ma nell’ interesse dell’ agricoltura e della finanza ci auguriamo che rimanga tale e non si con­ verta in un fatto che, a nostro avviso, sarebbe de­ plorabile.

Qualunque sforzo erculeo d’ ingegno non giungerà mai a provare che un aumento di dazio sui cereali non farà rincarare il prezzo del grano sul mercato interno e quindi il prezzo del pane con danno evi­ dente delle classi più povere. E quando ci dicono che il prezzo del pane non è diminuito in propor­ zione di quello dei grano, ci additano un fatto, il quale prova che altri elementi che contribuiscono a formare il costo di produzione del pane sono stati causa di questo fatto, ma non prova nè saprebbe provare che il prezzo del pane non sarebbe stato superiore se all’ azione di quegli elementi si fosse aggiunto un dazio più elevato.

Onde bene a ragione, mentre anche alla Camera i protezionisti avevano colta l’ occasione della discus­ sione dei provvedimenti finanziari per spezzare una lancia in favore della loro tesi prediletta, l’on. Sidney Sonnino sorse a protestare in nome dei sani prin- cipii della libertà economica. Non conosciamo se non il riassunto del discorso dell’on. Deputato, ma siamo certi che egli avrà confermati gli apprezzamenti da lui

fatti in altra occasione circa alla questione agra­ ria. Allora egli combatteva uno sgravio della im­ posta fondiaria e dimostrava che l’ interesse dei proprietari era degno di considerazione, ma che non doveva cercarsi coprendolo sotto la bandiera del- l’ interesse dei lavoratori.

I protezionisti hanno veramente sbagliato di tat­ tica quando per raggiungere il loro intento vollero dimostrare I’ assurdo, che cioè il dazio sui cereali non rincarerebbe il grano. Infatti una delle due: o non rincara, ed allora i proprietari non ne rica­ verebbero alcun benefizio, perchè i prezzi rimarreb­ bero gli stessi; o il dazio diminuisce la concorrenza, e ciò non può avvenire se non col rincaro del prezzo. Ci pare che oggi per la questione dei dazi pro­ tettori dell’ agricoltura si possa ripetere che l’ au­ mento del dazio gioverebbe senza dubbio ai pro­ prietari, che venderebbero a più il loro grano, ma non gioverebbe punto ai contadini proprietari o ai lavoranti. Si chiamino dunque le cose col loro nome. Noi accettiamo anche le osservazioni che ci fa [’I ta ­

lia Agricola che non tutti i proprietari sono pro­

tezionisti ; però rimane sempre vero che la proprietà ha ottenuto lo sgravio dei tre decimi, ma siccome l’appetito viene mangiando, alcuni proprietari invo­ cano ora un aumento di dazio, e magari domani invocheranno la proibizione o almeno la scala mobile. — E perché no ?

Non neghiamo che la protezione sarebbe comoda e potrebbe dispensare dall’attendere a migliorare o trasformare secondo i casi e in quanto sia possibile le colture sotto l’ impulso della concorrenza, ma non sapremmo persuaderci che l’ interesse di una classe di produttori e specialmente dei proprietari mag­ giori sia l’ interesse generale. Che cosa avverrebbe negli anni di cattivo raccolto? Chi ne pagherebbe le spese?

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nefizio dei pochi più ricchi e a danno della gene­

ralità.

Noi saremmo senza dubbio lieti che le condizioni del bilancio permettessero in favore della proprietà benefizi maggiori di quegli sgravi, che noi in vista di quelle condizioni combattemmo ; ma quando un paese sopporta il peso di gravi imposte, che si fa sentire a tutte le classi della società, non ci pare equo fare eccezioni a prò dei proprietari più grossi e in danno dei consumatori.

Non abbiamo dunque bisogno di dire che siamo lieti che il Governo si sia mantenuto su questo punto formo noi rispetto alle buone dottrine. Cosi non se ne allontanasse e non se ne fosse allontanato mai !

Intanto l’on. Grimaldi fu esplicito nelle sue dichia­ razioni e respinse a nome del ministero ogni pos­ sibile accomodamento in questa questione. Dichiarò che nessuna manifestazione importante era giunta al Governo per l’introduzione di nuovi dazi e che ragioni d’igiene pubblica e non altre lo consiglia­ vano a respingere categoricamente qualsiasi dazio sui cereali. Lo stesso Congresso degli agricoltori, sebbene composto delle persone più direttamente interessate, non ha saputo far passare il dazio che a debolissima maggioranza.

E siamo lieti di questo tentativo fatto dai prote­ zionisti poiché così apparve che nè il Ministero, nè il Parlamento, nè il paese sono disposti a rialzare il dazio d’ entrata sui cereali dopo 1’ abolizione del macinato. In Italia questa questione è intimamente connessa con quella della Pellagra ; sicché alle ragioni ben note che la scienza e l’ esperienza suggeriscono si aggiungono quelle più speciali del nostro paese afflitto nelle sue fertili provincie dal morbo pellagroso. Noi ci congratuliamo coll’on. Gri­ maldi per le sue franche dichiarazioni, venute in buon punto in vista della non lontana convocazione dei Comizi elettorali. I protezionisti non manche­ ranno di tentare gli ultimi sforzi e sapranno valersi di tutte le condizioni ad essi favorevoli. Spetta quindi ai liberali di organizzarsi per la prossima lotta e di porre a base del loro programma quella libertà economica che è oggi insidiata da tante parti.

IL PROGRAM M A FINANZIARIO

Mentre alla Camera per opera veramente lode­ vole dell’on. Grimaldi, il Governo manifesta con chiarezza il suo programma economico e, come dicia­ mo in altro articolo, nega assolutamente - e ne fa questione di Gabinetto — di inaugurare anche per i cereali una politica protezionista, rimaniamo an­ cora nel buio intorno al programma finanziario.

Quello che noi non volevamo credere è avvenuto e fon. Magliani, dopo aver solennemente dichiarato che manteneva integro il suo progetto per i provvedi­ menti finanziari, di fronte alla insistenza della Com­ missione, ha ceduto ed ha ritirata quella parte che riguarda il rimaneggiamento delle tasse di registro e bollo. E ben vero che l’on. Ministro delle Finanze ha soggiunto che non intendeva di ritirare defini­ tivamente quel progetto, ma aveva in animo di npresentarlo assieme ad altre proposte; ma Fon. Ma­ gliani ha dimenticato che queste sue dichiarazioni

oggi non sono accolte più con la fede di altro tempo. Eguali solenni ed esplicite dichiarazioni ha fatte per la tassa sul servizio militare, per la legge sulle pensioni, per la legge sulla riforma bancaria, per quella sul riordinamento dei tributi comunali e pro­ vinciali ; e le suo promesse rimasero lettera morta. Lo andiamo pur troppo accertando con profondo dolore, Fon. Magliani, in vista del presente, ogni giorno più sciupa il suo passato e compromette il suo avvenire, e per quanto sia sempre viva in noi la speranza che riprenda la buona tradizione e mo­ stri di volere fermamente qualche cosa, confessiamo che i fatti si accumulano per smentirci. L ’ on. Ma­ gliani aveva in pensiero di mantenere forte il bi­ lancio così che il credito dello Stato non avesse eccezione ed i corsi della rendita, spingendosi legit­ timamente e senza artifizi, al di là della pari, si ren­ desse facile la conversione del nostro 5 per cento. P e r quali ragioni questo programma, che era pros­ simo a raggiungersi, oggi sia immensamente allon­ tanato, i nostri lettori lo sanno, ed hanno veduto còme il bilancio italiano, senza essere compromesso nè pericolante, sia però in condizioni tali da esigere per molti anni ancora, soltanto prudenza e vigilanza.

E la conversione della rendita italiana era cosa attesa nel mondo finanziario ; quando l'Economista ne ha date le prime notizie, era argomento di trat­ tative e di discussioni nell’alta banca ; pur troppo la situazione finanziaria dello Stato mutò negli ultimi anni e pur troppo non si vede raggio di luce che illumini la via verso la quale si cammina. Su que­ sto proposito però da uno dei nostri corrispondenti riceviamo da Berlino alcune riflessioni che oggi ci suo­ nano melanconiche e pubblicandole vi richiamiamo l’attenzione dei lettori perchè comprendano di quanta importanza sarebbe per la prosperità pubblica l’avere I ben definito un programma finanziario. Il nostro

corrispondente ci osserva :

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come sia sbagliata l’attuale tendeuza,di confidare quasi

esclusivamente i propri averi agli Stati, a debitori, cioè, che non possono essere citali dinanzi ad alcuna autorità giudiziaria se non adempiono ai loro impegni; che pagano soltanto quando e finché possono, e che se risorgono da parziale o totale fallimento, non ricono­ scono gl’ impegni precedentemente assunti. Ma poi­ ché il capitale vuole la rendita di Stalo o di Comuni, e siffatta tendenza cresce in ragione della repugnanza contro il collocamento del danaro in intraprese di pubblica utilità, la ricerca di rendite di Stato diverrà sempre più forte. Cosi è il capitale stesso che spinge il corso delle rendite e che provoca gli Stati ad ab­ bassare il saggio degl’ interessi. La tendenza sociali­ stica del tempo nostro si distingue in ciò, che tutti, ricchi e poveri, ciascuno alla sua maniera, attendono la propria salute dallo Stato, da quello Stato istesso, che non conosce, nè certo può conoscere, per la tituazione delle cose, più elevato compito, che esau­ rire le sue forze in allestimenti militari ed impie­ garvi il danaro che con tanta leggerezza gli viene affidato. »

GLI ITALIANI AL PLATA

Di tornare su questo argomento ci è data occa­ sione da due Conferenze, che il doti. Basilio Citta­ dini tenne a Genova nel dicembre del 1884, e che il prof. Iacopo Virgilio mandò fuori colle stampe qualche mese più tardi, premettendovi un’ acconcia prefazione ’). Veramente avremmo dovuto darne rag­ guaglio assai prima ; tanta è la copia delle notizie, tanta la gravità delle osservazioni che vi sono rac­ colte. Ma poiché le circostanze ce ne impedirono, non temiamo almanco che al peccato dell’indugio sia per aggiungersi adesso quello deU’inopportunità. L ’ar­ gomento dell’ emigrazione degli italiani verso I’ Ar­ gentina è di quelli che meritano di essere studiati diligentemente; e sui quali è bene ritornare di spesso; massime quando s’abbia a guida un valentuomo come il signor Cittadini, che, all’animo più generoso, unisce una lunga esperienza.

Seguiamolo dunque nella sua esposizione; la quale comincia acconciamente con alcune notizie storiche sull’immigrazione italiana da quelle parti. Di italiani, nei paesi del Piata, si possono' trovare ad arguire vestigi sin dal secolo X V I ; e in quel territorio par­ ticolarmente che, colonizzato dai Gesuiti, tien da essi il nome di Misiones. Più tardi se ne incontrarono alcuni in Buenos-Ayres, esercitarono qualche arte liberale, o qualche mestiere. Ma 1’ affluire più fre­ quente data dal 1815 ; dai tempi cioè in cui non pochi patrioti ed amici della libertà, mal sopportando le intolleranze ed i rancori della Ristaurazione, move­ vano a respirare aure meno inclementi. Cosi si for­ marono quei manipoli di valorosi che, a Montevideo sotto Garibaldi, e sotto l’Olivieri a Buenos-Ayres, ten­ nero alto il nome italiano, e gli cattivarono favore di là dei mari. Uomini rispettabili, ai quali non s’as­ somigliarono pur troppo tutti quelli che vennero di poi. Negli anni che corrono dal 1815 a quelli del no-') Cittadini doti. Basidio; G li Italiani al P ia ta .- V A rgen tin a e l’Italia ; Conferenze. Genova, 1885.

stro riscatto, il maggior contingente all’ emigrazione verso l’America è dato da liguri piccoli proprietari, artigiani, braccianti che partivano alla spicciolata, a cercare miglior fortuna, e che, in molti casi la tro­ varono, per essere stali in massima coraggiosi e so­ lerli. Ma dal 1861 in poi il fiume degli emigranti s’ingrossa di molto. Dal Piemonte e dall’ alta Lom­ bardia si vedono calare a Genova schiere sempre più frequenti di operai, di artigiani, di professionisti, ed anche di avventurieri. Il desiderio o il bisogno di tentare la sorte prendq di li a poco anche le popo­ lazioni meridionali, e in ispecie delle Calabrie, di Molise, del Sannio. I legni che partono da Napoli sono poco meno numerosi e stipati di quelli che sal­ pano da Genova.

E la causa di questo Esodo? La causa è così com­ plessa , che a volerne analizzare i singoli momenti, occorrerebbe uno studio molto più lungo, che qui non ci è concesso. Certo è che all’ emigrazione dei campagnoli lombardi e piemontesi contribuirono le annate rese disastrose dalla pelerina e dall’oidio. A questo motivo particolare, altri generali se ne ag­ giunsero: le aumentate esigenze del fisco; il rincaro di molti oggetti necessari ; I’ aumento della popola­ zione, superiore a quello della ricchezza, e se lo met­ tiamo di posto l’ultimo, certo non fu ultimo per ef­ ficacia il bisogno, quasi inconscio, di operosità e di espansione, che suole accompagnarsi a tutti i grandi rivolgimenti politici e sociali. Così, l’emigrazione ita­ liana verso l’America, che sino al 1860 era di qual­ che centinaio all’ anno, venne aumentando di mano in mano a parecchie migliaia. Il numero degli ita­ liani immigrati nell’Argentina fu di 6,950 nel 1876; di 18,416 nel 1 8 8 0 ; e nel 1885 toccò i 57,045.

Il sig. Cittadini calcola, che dei 5 milioni incirca, di cui si compone la popolazione dell’Argentina, una sesta parte sia d’ origine italiana. In questo mezzo milione sono compresi naturalmente i figli di emi­ granti nati nella repubblica, e divenuti, per questo fatto solo, cittadini argentini. Il maggior numero dei nostri attende adesso all’agricoltura ed alla pastorizia, laddove, un tempo, su cento italiani, dieci o dodici soltanto erano agricoltori. I termini si sono invertiti dal 1876 in qua ; e dopo l’80 diminuì anche, fortu­ natamente, l’affluire degli spostati: impiegati dimessi, ragionieri, imbroglioni, geni incompresi figli prodighi, farabutti, e guastamestieri « che fu il cancro della nostra famiglia al Piata », sono parole dell’ egregio Cittadini; il quale si augura, e noi facciamo voti con lui, che la piaga, quasi rimarginata adesso, non s’abbia a riaprire mai più.

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cezione un terzo della popolazione è italiana; che a

Parana i nostri sono numerosi molto ; che nella nuova città La Piata, su 23,000 abitanti, 13,000 sono ita­ liani. Nelle estancie il napoletano ha preso il posto

del gaucho indigei.o; e come l’agricoltura « in gran

parte, così il piccolo commercio e le minute indu­ strie sono in mano ai nostri. Da per tutto si odono risuonare i nostri vernacoli; da per tutto s’ incon­ trano documenti della laboriosità dei nostri emigrati. Le città nuove, le ferrovie, le strade, i porti, insomma le costruzioni d’ogni genere, sono dovute massima­ mente a braccia italiane. Italiano un terzo della po­ polazione di Buenos-Ayres ; e su quei settantamila, più di diecimila , secondo il Cittadini, sono agiati, più di mille ricchi, e non pochi ricchissimi. Il nucleo operaio è ragguardevole per numero e benessere ; basti dire che la Banca della Provincia ha in depo­ sito non meno di 80 milioni di lire per conto di pic­ coli industriali ed operai italiani. È fortemente orga­ nizzato e disciplinato per mezzo di istituti cooperativi e di soccorso. In cinque società operaie si contano 12,000 soci attivi all’incirca. Furono esse ad istituire 11 scuole con 39 insegnanti. La colonia mantiene un ospedale, che ricovera, in media, 130 infermi al mese. E fu per iniziativa di una società operaia che nel 1881 ebbe luogo a Buenos-Ayres un’esposizione industriale italiana, con esito così felice, da lasciar desiderio di una seconda, che s’aprirà di questi giorni « Così gli Italiani al Piata - è il signor Cittadini che parla - sono una forza, un punto di leva, una promessa. Essi preparano all’ Italia le vie ad un proficuo espandi­ mento della sua produzione e della sua coltura; essi infine, mentre affermano laggiù nella esuberante vi­ talità della loro esistenza una Italia, che non teme correre il pallio della civiltà con ogni altra gente ivi convenuta, mandano d’ anno in anno dai 14 ai 18 milioni in danaro sonante alla terra natia; la mi­ gliore , la più sicura prova che quella emigrazione non è una perdita. »

E come potrebbe esserlo ? domandiamo noi. Forse che per essa ci viene meno la mano d’ opera ? Ci viene tanto poco, che, insieme coll’emigrazione sta­ bile, ne abbiamo una temporanea di 30,000 su per giù tra giornalieri e braccianti che muovono ogni anno verso la Francia e l’Austria ; segno che le braccia, per il momento, sono esuberanti al lavoro qui da noi. Oppure si teme vicino il giorno in cui, aumentatasi l’ energia industriale, s’ abbia a sentire grave la partenza di tanti huoni lavoratori ? Ma anche su ciò l’animo può stare in pace. Non sono certamente i 30 o 40 mila emigranti verso l’America, che possano determinare uno squilibrio fra la do­ manda di lavoratori e le braccia disponibili, quando l’accrescimento annuo della popolazione in Italia può calcolarsi ai dugento quarantamila.

Un altro argomento, che s’ adduce contro l’emi­ grazione, si è quello, che ogni emigrante rappre­ senta un capitale, che va perduto per la madre patria. E che una perdita ci sia, nessuno lo nega. Ma quale è questa? difficile il rispondere, perchè il quesito non fu ancora studiato bastevolmente ; oltreché è di tale natura, da non consentire una risposta assoluta, buona per tutti i casi. In Germa­ nia il capitale che va perduto si calcola a 3,000 lire per ciascun emigrato; cifra che, qui da noi, è da dirsi per avventura soverchia. Ma qualunque si sia, chi vorrà sostenere, che la perdita, a cui va incon­ tro la madre patria, si ragguagli all’ interesse del

capitale supposto? La cosa, come abbiamo detto testé, merita di essere studiata ancora e molto. Se l’emigrante rappresenta un fattore di produzione, rappresenta anche un consumatore : ed il bilancio fra l’uno e l’altro momento varia infinitamente. 01- tredichè sappiamo essere abbastanza frequenti i casi di emigrati nostri, che, fatta un po’ di fortuna, tor­ nano in patria a godersela. Bisogna tener conto anche dei civarizi mandati ai congiunti od attinenti ; ci- vanzi che abbiamo visto salire a somma cospicua. Ma il vantaggio massimo delle emigrazioni (quando sieno ben regolate s’intende) il vantaggio die ri­ sarcisce tutte le perdite, e tutti gli inconvenienti, con­ siste nelle relazioni civili ed economiche che pos­ sono stabilirsi fra la metropoli e le regioni coloniz­ zate ili nuovo, nello scambio fra prodotti del suolo e prodotti delle industrie; fra materie grezze e materie lavorate. La cosa è evidente in modo tale, da non bisognarle dimostrazioni.

Epperò conveniamo pienamente col signor Citta­ dini nell’avviso che l’emigrazione dei nostri verso l’America Sud, nonché esser guardata con sospetto o di malocchio, debba essere sorretta anzi- se non propriamente promossa dallo Stato e dai privai'.

Senonchò gli emigrati continuano ad essere c it-. ladini italiani, il Governo non può dirpensarsi dal- l’accordare loro la sua tutela. Tocca a lui di eser­ citare la debita sorveglianza sugli Agenti di emigra­ zione ; di far osservare scrupolosamente le discipline stabilite per i trasporti; di dare a’ suoi ministri ed agenti negli Stati americani istruzioni e mezzi per favorire tutti quei provvedimenti, o quegli istituti che garantiscono, per quanto è possibile, Temigrato dalle malizie degli incettatori o speculatori, e gli fanno tenere in pregio la qualità d’ italiano.

Che il nostro Governo, in questa parte, si sia mostrato negligente, non si potrebbe dirlo in verità. Anzi ne giova riconoscere, che più d’uno dei mini­ stri o consoli italiani, nel Brasile e nell’Argentina, si resero benemeriti grandemente degli immigranti. Ma è vero altresì, che adoperandosi in quel modo, seguivano il proprio animo, piuttosto che le istru­ zioni ricevute; onde un’ azione precaria e non sem­ pre conseguente. Ora sarebbe tempo che avesse a divenir tale; sarebbe tempo di far tesoro delle esperienze sin qui raccolte per informare ad esse alcune disposizioni legislative od amministrative, di cui già da lungo si fa sentire il bisogno. Della ne­ cessità di premunire gli emigranti contro gli in­ ganni e le soverchierie degli accaparratori di schiavi

bianchi, abbiamo toccato prima. Soggiungiamo ora

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Non c’è da temerò adunque che sieno per insospet­

tirsi se l’immigrazione italiana, mentre aumenta di numero, cerca di farsi anche più ordinata e compatta, e se l’Italia guarda ai paesi del Piata come ad un mercato, che potrà alimentare e promuovere sempre più il suo sviluppo economico.

Ma per giugnere a questo è, in certo modo, in­ dispensabile di tener saldo il vincolo della lingua e delle tradizioni patrie ; ed anche di questo il Go­ verno nostro vorrà prendersi cura ; come pur fece in passato aiutando l’istituzione di scuole italiane. Del resto il dar vita di là dell’Atlantico ad una nuova Italia, legata all'antica dalle memorie e dagli inte­ ressi, non può essere opera di Governo. Sono i cit­ tadini dei due paesi che devono proporsi quel fine, e studiare ad impiegare i mezzi più adatti a rag­ giungerlo ; e lo devono prima gli immigranti, rin- novellando ed estendendo l’ardire, la sagacia e la risolutezza di quelli che li precedettero già in quel- l’aringo. Vi fu un tempo in cui la navigazione sul Piata, e quella di cabotaggio sulla costa era pres­ soché tutta in mano a liguri. Oggi non è più così. Il decadimento a cui venne la nostra marina mer­ cantile, per non avere in tempo saputo sostituire il •vapore alla vela, ebbe il suo contraccolpo anche laggiù. La navigazione ora è in mano a Compagnie francesi ed inglesi. E se, in quanto ad agricoltura noi teniamo tuttavia il primo posto nelle industrie e nc-l grande traffico stiamo quasi all’ ultimo. R e­ centemente è vero, si vide sorgere qualche sta­ bilimento industriale e qualche opificio italiano di valore; è vero che a Buenos-Ayres e nelle altre città maggiori ci sono case commerciali italiane di primo ordine; ma nè queste nè quelli potrebbero misurarsi per numero ed estensione d’ affari cogli stabilimenti e colle ditte inglesi, francesi e tedesche. L’inferiorità degli italiani nel movimento commer­ ciale dell’Argentina è propria umiliante. La impor­ tazione italiana sta all'inglese come \ a 4 2 ; alla francese come 1 a 9 ; alla tedesca ed alla belga, come 1 a 6. E sin qui la sproporzione s’ intende. Ma come spiegare che la Spagna, paese di non grande industria, superi del triplo l’Italia colle sue importazioni? L’argomento etnografico non regge, perchè la popolazione spngnuola prevale di poco all’italiana. Egli è che noi italiani, degenerando pur troppo dai maggiori, abbiamo perduto le qualità che ci vogliono al grande commercio. Non istudi, non spirito d’ intrapresa ; ma invidie, e taccagnerie. Ci lamentiamo di venir prevenuti o soverchiati dagli altri. Ma che cosa si è fatto da noi per sostenere la concorrenza ? Da qualche tempo appena comin­ ciamo a risentirci e risederci. Speriamo che il mo­ vimento non cessi ; speriamo che i commercianti sappiano cavare partito dei nuovi provvedimenti presi per la marina.

I principali prodotti che l’Italia mandò sinora al- F Argentina, sono: riso, vino, vermut, liquori, olio d’ oliva, conserve, frutta secca, fruiti canditi, zolfi, marmi, salumi, paste, carta da lettere e da impacco, zolfanelli, coralli, alabastro lavorato; poi velluti, stoffe di seta e di lana, tessuti di lino, cappelli di feltro e di paglia, specchi, bastoni, cravatte. A queste merci altre se ne potrebbero aggiungere, a delta del sig. Cittadini, di spaccio sicuro ; ed in ¡specie : ceramiche artistiche di modica spesa, terre cotte, bronzi, specchi, mobili di legno e di ferro, lavori d’avorio e di tartaruga, fiori artificiali, merletti,

trine, passamanterie a mano ed a telaio ; tessuti di cotone d’uso casalingo ; fustagni quali si usano dai nostri contadini. Le calci idrauliche ed i cementi sono molto ricercati ; nò V ha dubbio che anche la nostra pozzolana, che può sostituire il Portland, troverebbe acquisitori. Lo stesso si dica degli at­ trezzi agricoli, ed in particolare degli aratri fabbri­ cati qui da noi ; che i colonisti italiani preferiscono a quelli d'altra provenienza. Era i due generi di merci, di cui si fa importazione, ve n’ hanno due, il cui spiccio potrebbe aumentarsi di molto : la carta ed il vino. Le cartiere dovrebbero mandare maggiore quantità di buona carta da stampa; i pro­ duttori di vino curarne la preparazione con melodi razionali, ed ottenere uniformità di tipi. Nè vuoisi dimenticare in ultimo il commercio librario.

Il mercato argentino, come si vede, è tale da potervi trovare alimento tutte le nostre industrie. Nè regge l’ obiezione delle tariffe doganali vigenti colà, perchè esse gravano sulle importazioni fran­ cesi, inglesi, e tedesche non meno che sulle nostre ; e perchè sono temperate nei loro effetti dallo straor­ dinario buon mercato dei noli ; talché in oggi costa di più il trasporto di una tonnellata di mercanzia da Genova a Cagliari, che non da Genova a Montevideo ; od a Buenos-Ayres. Anche il timore che il com­ mercio, da quelle parti, possa andare incontro a peripezie rovinose, non ha serio fondamento.

Crisi ed arenamenti temporanei potranno avverarsi lì, come altrove; ma che l’ ordine pubblico e la si­ curezza delle persone e degli averi sieno pressoché assicurati, nessuno potrà disconoscerlo; sicché alla federazione Argentina può pronosticarsi senz’altro un grande avvenire. Ammesso che l’immigrazione con­ tinui ad affluirvi numerosa come negli ultimi anni (nè v’ha motivo di ritenere il contrario per un pezzo) le provincie argentine potranno contare fra un secolo venti milioni di abitanti. Lasciando pur da parte la Patagonia, e i territori prossimi alle Ande, che sinora si sono mostrati refrattari alla cultura , la Federa­ zione possiede un milione e mezzo all’incirca di chi­ lometri quadrati, sui quali si possono esercitare l’agri­ coltura o la pastorizia ; capaci quindi di accogliere per lo meno un sessanta milioni d’abitanti. Costretti a fondare il proprio benessere sulla produzione dei campi e dei pascoli, quella popolazione, non potrà farsi manifatturiera che in tempi molto di là da ve­ nire. Qual vasto e sicuro mercato non è aperto ivi alle industrie europee!

L’Italia saprà essa giovarsi di così favorevoli con­ giunture? Se le trascurasse ne avrebbe grave danno; e non minore del danno la vergogna. Sta bene a non perder d’occhio l’Africa ; sta bene che si cerchi di ravvivare i traffici coll’ Asia, ma il commercio con questa non impedisce di farlo anche altrove. Più il commercio si estende e più ne aumenta l’ inten­ sità. Quanto ai vantaggi che potrà darci l’Africa, essi sono problematici, patente invece l’utile che potrà ri­ dondare a noi da più strette relazioni coi porti lungo il Piata. Governata e sorretta meglio, che non si sia fatto sin qui, la nostra emigrazione potrà, a capo di non molti anni, formare il terzo della popolazione ar­ gentina. Quando pur fosse possibile di segnarle di­ rezione diversa da quella che ha preso istintivamente, dovremmo guardarci bene dal farlo.

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della Piata la preponderanza industriale, commerciale

ed economica che possiamo avervi nel concerto delle altre immigrazioni. Occorre completare col capitale importato e coll’intelligenza l’ opera lenta dei nostri operai ; è necessario che il lavoro nazionale vi si or­ ganizzi in opifici, in colonie agricole, in traffici, in imprese nudrite di capitali nostri, e dirette da menti italiane. Senza di ciò onderemo scadendo, come sca­ diamo visibilmente. — Io mi rivolgo a quei benemeriti, che sanno farsi apostoli della nazione che lavora; mi rivolgo ad essi, e li esorto a tener dietro prudente­ mente alle migliaia d’ artigiani, di braccianti, di co­ loni che ogni mese salpano dai porti italiani per le rive platensi. Seguano coi loro capitali e colla loro scienza e pratica degli affari gli agenti della produ­ zione, e dieno opera ad affermare su quelle terre un' Italia, che colà è quasi ignorata ; l’Italia capita­ lista, industriale, intraprendente. »

Parole d’oro ; che vorremmo avessero eco in ogni parte d’ Italia. Oh perchè i giornali cotidiani, che trovano pure tempo e spazio a tante quisquilie, si mostrano così poco curanti di questo, che è pure fra gli interessi più vitali del paese? Perchè non si cerca con tutti i mezzi di illuminare, e, meglio, di formare l’opinione del pubblico su quel soggetto ? Sennonché taluni, piuttosto che di diffondere la luce, amano di accrescere la confusione ; mentre altri, allettando la gente con chimere, la distraggono dagli intendi­ menti pratici e proficui.

Ma è tempo di concludere; e concludiamo di­ cendo, esser tale l’importanza, tale I’ urgenza dei provvedimenti in favore dell’ emigrazione italiana, che nè il Governo, nè i privati possono dispensarsi dall’occuparsene, e senza indugio. Che cosa incomba al Governo, lo abbiamo indicato : tutelare gli emi­ grali, sino al loro arrivo nel nuovo paese, con re­ golamenti provvidi e liberali; procurar loro sicu­ rezza ed appoggio negli altri Stati per via d’accordi internazionali ; favorire la conservazione dello spi­ rito e della lingua nazionale ; agevolare, coi mezzi di cui può disporre, le relazioni civili ed economiche fra l’Italia ed i colonisti oltremare. Che il Governo si faccia colonizzatore egli stesso ; nessuna persona accorta lo domanderà di certo. Quand’egli ha spia­ nata la via, o ne ha rimosso gli impedimenti più gravi, tocca ai cittadini di muoversi e camminare. E l’opinione pubblica che deve dare la spinta ; è il convincimento dell’utilità comune che deve sti­ molare l’opera individuale, e far accorrere i capitali. A Buenos-Ayres sta per inaugurarsi la seconda Esposizione italiana. Sarebbe occasione ottima a studi ed a confronti ; dai quali, com’è a presumersi risulterebbe chiara la possibilità di procacciare mag­ giore credito e spaccio ai prodotti delle industrie italiane; forse col mezzo di Magazzini Consorziali, da aprirsi nei principali centri di popolazione.

E come testé, si è fondata in Germania l’ Asso­ ciazione Herman per promuovere efficacemente la colonizzazione tedesca nelle provincie meridionali del Brasile ; così sarebbe bene che anche fra noi avesse vita (l’impulso potrebbe muovere da Genova) una vasta Associazione nazionale, intesa a favorire cogli studi e coll’ opera tutto ciò che riguarda le immigrazioni e le colonie italiane, ed in partico- lar modo quelle nell’ Argentina. Sarebbe un avvia­ mento notevole verso lo scopo che tutti ci do­ vremmo prefiggere : di creare una nuova Italia di là dell’Atlantico; di procurarci i vantaggi di una

grande colonia, senza doverne sostenere i dispendi e I i rischi.

Ad ogni modo qualcosa si deve fare ; seppur vo­ gliamo che l’ Italia non abbia ad immiserire di dentro nei bizantismi ; ed a rimettere di credito al di fuori.

B . Ma l fa tt i.

RIVISTA ECONOMICA

Lo sc io p e ro d i D e c a z e v ille e la p o litic aI l p ro g e tto .

d i le g g e p e r r e g o la r e i l t r a f f ic o d e lle fe rro v ie in In g h ilt e r r aC r is i m o n e ta ria in IS p a g n a ■

Il vento dogli scioperi continua a infuriare nella vicina Francia. Non ostante l’ esperienza così fre­ quente fatta in materia di scioperi i minatori del dipartimento dell’Aveyron pare non abbiano perduta ogni speranza di ottenere colla resistenza ciò che di buon grado, la Compagnia che ha in esercizio le miniere di Decazeville, non crede di accordare. E bisogna dire che essa non lo può in realtà dacché, come riconoscono gli imparziali di qualunque partito, ‘ gli affari della compagnia sono tutt’ altro che flo­ ridi e tali da non consentire aumenti di salari. Ciò nondimeno gli operai politicanti che fanno parte della Camera francese hanno sollevalo una lunga discus­ sione sull’intervento del Governo, sulla riforma della legislazione mineraria, sulla partecipazione ai guada­ gni delle miniere, sul ritiro della concesssione alla compagnia di Decazeville e simili.

La politica, e la cattiva politica in questo caso, si è immischiata nella questione prettamente econo­ mica e nessun male peggiore di questo connubio deleterio. Al sole dell’ odierna e giusta libertà sono quindi fiorite tutte le teorie più assurde e ridicole e più lesive della libertà stessa, in nome della quale parlano i Catilinari moderni. Si è fatto il processo al capitale e alle società che si valgono del frutto del risparmio, sudato da tanti lavoratori, per chie­ dere, chi la partecipazione ai guadagni delle com­ pagnie, chi il riscatto delle miniere e l’ esercizio loro affidato agli operai. Sono proposte che non fanno certo onore ad una Assemblea legislativa per­ chè rivelano la assenza od almeno la scarsità delle cognizioni più elementari. L ’esercizio delle miniere affidato agli operai oltre il resto non risolve nulla, perchè se non si vuole il disastro della finanza dello Stato, bisogna pure che il capitale trovi un ade­ quato interesse nei risultati della stessa impresa. La partecipazione agli utili è una condizione con­ trattuale che dev’ essere liberamente consentita ed appartiene agli esercenti di decidere in quali cir­ costanze essa è opportuna e in quali proporzioni conviene di determinarla. La legge deve restare neutrale assicurando agli operai e ai padroni una completa libertà.

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— Le tariffe ferroviarie sono la parte dell’ordina­

mento ferroviario, certo più vulnerabile e suscettibile di maggiori critiche qualunque sia il regime in vigore. Le società ferroviarie hanno da conciliare interessi di­ sparatissimi, da soddisfare desideri spesso tra loro con- tradittori, mentre non possono dimenticare gli interessi di coloro che hanno impiegato i loro risparmi nelle imprese ferroviarie o quelli non meno legittimi del Tesoro. Ed è con le tariffe che le società o lo Stato devono raggiungere questo intento; con quelle tariffe che paiono assai facili a stabilirsi da chi ragiona di cose ferroviarie senza conoscerne neanche quali siano le spese, ma è opera assai ardua se si pon mente ap­ punto ai gravi interessi che sono in giuoco. Ed è per ciò che assistiamo a lunghe discussioni nei Parlamenti o sui giornali intorno alle tariffe e proprio di questi giorni c’ è stata una lunga discussione alla Camera francese sull’argomento delle tariffe ferroviare senza concludere nulla.

Anche in Inghilterra le molteplici compagnie sono aspramente censurate per le loro tariffe e allo scopo di portarvi un po’ d’ ordine il ministro del commercio signor Mundella ha presentato di re­ cente un bill per regolare il traffico ferroviario. Dire che la legge era attesa da lunga pezza e con ansietà è dire ancor poco. Scrive infatti il Daily News che la presentazione di quel bill segna la chiusura di un lungo periodo di agitazione e incertezze nel quale le classi commercianti e agricole da una parte e Tinte- resse delle ferrovie dall’altro hanno chiesto con insi­ stenza delle modificazioni. Noi non sappiamo quanto ci sia di vero nell’asserzione del Daily News che il sistema ferroviario inglese è il più costoso del mondo ; ma è certo che il traffico ora risente il peso degli ingenti e forse eccessivi capitali impiegati nella costruzione, sotto forma di tariffe elevate e oneri gravosi. Nel periodo attuale di crise questo peso doveva esser sentito maggiormente ed ha quindi potuto suscitare una importante agitazione a favore dell’ intervento governativo in materia di tariffe. L ’ Inghilterra del resto è entrata in questo campo della delimitazione delle facoltà delle compagnie poco a poco. Ha inco­ minciato si può dire nel 1873 cella creazione di una Commissione speciale (thè Railway Commissioni) la quale ora dovrebbe essere rinforzata secondo il bill del sig. Mundella e dovrebbe occuparsi soltanto della questione delle tariffe. Sarà presieduta da un giudice dell'Alta Corte e ve ne sarauno tre, una per T Inghilterra, una per la Scozia ed una per T ir- landa. Una disposizione della nuova legge che è del resto quasi la stessa di quella presentata dal Cham- berlain, obbliga le compagnie a sottoporre entro un certo periodo di tempo le tariffe pei trasporti delle merci e dei viaggiatori alla Commissione reale che avrà il diritto di rivederle e correggerle. La Com­ missione sarà investita di veri poteri giudiziari, ed essa dirimera le controversie insorte tre i privati e le compagnie, fisserà T ammontare delle indennità dovute alle vittime degli infortuni ferroviari e le compagnie non potranno appellare contro le sue de­ cisioni che caso in cui elevassero delle obbiezioni di diritto. Questa misura solleverà indubitatamente viva opposizione alla Camerà dei Comuni, ma se si con­ sidera l’accoglienza favorevole avuta dal bill e le ten­ denze radicali dell’odierno liberalismo inglese, le pro­ babilità sono per la sua approvazione.

— Nel disordine monetario che contradistingue quest’ultimo quarto di secolo, non v’è paese che più

o meno acerbamente non abbia a sentire gli effetti dello squilibrio tra i due metalli che adempiono l’ufficio di medium circolante. E intanto che mono- melallisti e bimetallisti si scervellano a escogitare il modo di uscire dalle presenti incertezze, vediamo la crisi monetaria fare il giro pel mondo. Ora è la Spagna, la quale ad una finanza ancora dissestata, sebbene in via di miglioramento, dovrà forse aggiun­ gere presto una circolazione peggio viziata. L ’ oro emigra e l’argento ingombra il mercato al punto che se non si provvede sollecitamente il corso for­ zalo dell’argento diventerà inevitabile. Non può os­ servi che un solo rimedio quello d’ imitare gli Stati confederati nell’ Unione monetaria Ialina, i quali da molti anni hanno sospesa la coniazione delle monete d’argento principali e secondarie. Ma questa misura anziché migliorare il rapporto tra Toro e l’argento non potrà che peggiorarlo sempre di più. Intanto i giornali spagnoli si lamentano e a torto di una decisione presa dagli stabilimenti finanziari dell’Algeria in virtù della quale essi non ammette­ ranno più nelle loro casse le monete spàgnuole di cinque pesetas che per fr. UGO. Dalla riforma monetaria del 1868 in poi il douros pezzo di cin­ que pesetas è stato coniato al titolo ed al peso del pezzo da 5 fr. francese, perdendo così 26 centesimi sull’antico douros. Ora siccome la Spagna non fa parte della Unione monetaria latina e non si sa come essa intenda rimborsare le monete d’argento che essa conia indefinitamente, bisogna riconoscere che i banchieri dell’Algeria coll’ attuale deprezza­ mento dell’argento hanno pure ragione di non ac­ cettarle al valor nominale.

IL CONGRESSO

degli agricoltori italiani in Roma

Come abbiamo detto nel nostro numero del 28 feb­ braio nell'ultima settimana del mese di febbraio ulti­ mo scorso, fu tenuto a Roma l’ottavo congresso degli agricoltori italiani, nel quale si contavano ben 234 iscritti fra cui 103 rappresentanze di Comizi agrari, Scuole, Accademie, Associazioni comunali, Comuni, Provincie, giornali, ecc.

Ecco un breve riassunto dei lavori del Congresso. Intorno al quesito proposto :

« Sulla disparità di trattamento tributario, fra i di­ versi enti che contribuiscono agli oneri dello Stato e proposta di riordinamento delle imposte tutte in base al principio d’ uguaglianza sancito dallo Statuto ; »

approvò la seguente risoluzione :

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L’ E C 0 N 0 M I S T A

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Sull’ altro quesito:

« Delle agevolezze da richiedersi nell’applicazione delle tasse sulle permute, sui trapassi, sulle succes­ sioni dirette e sui contratti di locazione ; »

deliberò :

« 1. II Congresso fa voti perché nel prossimo ri­ maneggiamento delle tasse sugli affai'i, la imposta sulle permute sia applicata soltanto alla differenza tra i valori permutati ;

2. Che sia provveduto con leggi speciali a ren­ dere proporzionali all’ importo le tasse le quali in oggi aggravano eccessivamente la piccola proprietà ed a facilitare l’esazione dei piccoli crediti ;

3. Facendo plauso al dotto lavoro dell’onorevole Camussi invita la Presidenza a trasmettere al G o­ verno la di lui relazione assieme al presente verbale, raccomandandone lo studio. »

Sul terzo quesito :

« Di un programma d' una generale revisione e classificazione delle tariffe doganali, coordinata colla riforma tributaria ; »

il Congresso venendo più particolarmente alla .questione dei dazi protettori sui prodotti agricoli votò dopo lunga discussione e con SO voti favore­ voli, 45 contrari e 3 astensioni l’ ordine del giorno da noi commentato nell’ ultimo numero e che te­ stualmente suona così :

« Il Congresso, riconfermando la stretta solidarietà fra gli interessi agrari e gli industriali ;

« Ritenuto che il disagio generale lamentato dagli operai delle industrie, è conseguenza inevitabile delle angustie economiche delle popolazioni agricole ;

« Convinto che, migliorando con ogni mezzo pronto, energico ed efficace le condizioni della produzione si provvede ad un tempo al benessere dei lavoratori delle campagne e delle industrie ;

« Fa voti perchè Parlamento e Governo provve­ dano sollecitamente a frenare, con un ragionevole dazio doganale, la importazione dei cereali esteri, che per disparità di condizioni tutte a loro vantag­ gio, esercitano una insostenibile concorrenza alle produzioni indigene con danno della prosperità na­ zionale. »

Sull’ altro quesito :

« 8. Sugli interessi dell’ agricoltura in Parla­ mento, e nei diversi corpi rappresentativi e modi di promuoverne ed assiemarne, in armonia cogli altri maggiori interessi della nazione, un’ efficace propor­ zionale tutela; »

venne deliberato :

« Il Congresso, convinto della necessità che l ’agri­ coltura sia largamente ed intensamente rappresen­ tata nel Parlamento e quindi anche nel Governo, e che perciò le proposte che la riguardano suscitino nelle Camere il massimo interesse ;

« Fa voti perchè tutti gli elettori politici ed am- ministrativi proprietarii del suolo o dediti all’ agri­ coltura, o che dall’agricoltura ritraggono direttamente od indirettamente le loro risorse, abbiano di mira la scelta di uomini versati nelle discipline agrarie, bene informati dei bisogni e delle sofferenze della classe agricola ed aventi capacità e volontà di propugnarne gl’ interessi. Si augura poi che gli uomini dotati di questa qualità vincendo una inopportuna modestia, si mostrino disposti ad assumere l’alto mandato legi­ slativo ;

« Fa voti non meno perchè si costituiscano So­ cietà e Comitati allo scopo di provvedere nei modi legali a quelle scelte e di segnalare agli eletti gli argomenti cui più opportunamente possano rivolgere la loro attenzione e perché i Comizi, le rappresen­ tanze e le Società agrarie considerino come altro dei principali loro còmpiti quello di cooperare ai suddetti intenti.

« Infine fa voti, perchè colla discussione si formi una opinione pubblica concorde e generale intorno ai provvedimenti da adottarsi per lenire la crisi agraria e perchè Parlamento e paese, pur non n e­ gando allo Stato i necessari tributi, vigilino costanti affinchè non se ne impongano d ’ insopportabili, per­ ché a prevenire la necessità di questi si riducano fin dove è possibile le spese attuali e non se ne facciano di nuovo e perchè reclamino, occorrendo, la pronta e precisa esecuzione della legge sulla pe­ requazione fondiaria, la quale si confida verrà dal Senato approvata.

« E perchè quella esecuzione venga accelerata, il Congresso ha fiducia clic i Consigli provinciali vor­ ranno giovarsi della facoltà loro attribuita dall’arti­ colo 47 della detta legge (ritenendo che quest’articolo non abbia ad essere modificato) e chiederanno quindi la sollecita esecuzione delle operazioni catastali pre­ standosi all’ uopo alla voluta anticipazione. »

La seconda sezione del Congresso che aveva da studiare questioni più specialmente tecniche prese le seguenti deliberazioni :

« 1. Che sia da consigliarsi alle regioni meri­ dionali ed insulari d ’Italia la confezione di vini da diretto consumo in quelle zone ove per condizioni speciali di clima e di terreno non sia assolutamente indispensabile il confezionare vini da taglio.

2. Che siano istituite cantine sociali ed enopoli sociali, specialmente in cfuelle regioni ove per man­ canza di vasti ed adatti locali isolati, e di un per­ sonale tecnico e intelligente l’enologia è sempre allo stato primitivo. In queste condizioni, specialmente, è cosa utilissima che i proprietari mettano in comune le loro uve, manipolandole sotto la direzione di abile enotecnico e conservando i vini in locali adatti e con tutte le cure razionali.

3. Che il Governo (seguendo lodevoli consuetu­ dini già da tempo avviate), le Camere di commercio, i Comizi agrari, le Provincie ed i Municipi, sussi­ dino ed incoraggino l’istituzione di annuali fiere eno­ logiche regionali, di congressi enologici pure regio­ nali, con assaggi di confronto di vini di altre regioni italiane e straniere. Sarà a preferirsi che i consueti premi in medaglie siano invece cambiati in acquisti dei vini premiati da inviarsi anche gratuitamente nei paesi stranieri più lontani per far nome al vino italiano, a cura degli enti morali che presiedono alla tutela del progresso enologico italiano.

« li Congresso raccomanda anche l’incoraggiamento dei Corpi morali per l’istituzione dei Circoli enofili e dei musei vinicoli, seguendo in questo ultimo l’esem­ pio di quanto sta facendo la provincia di Lecce.

4. Che, nell’ interesse dei produttori di vini ita­ liani, sia presto attuate il progettato Consorzio eno­ logico italiano ; che la Società generale degli agri­ coltori italiani nomini una Commissione incaricata di studiarne e redigere lo statata e di fare le pra­ tiche necessarie per la sua costituzione.

5. Il Congresso esprime un voto di alto plauso al Ministro di agricoltura per la recente istituzione di premi in denaro di L. 20,000 e 10,000 a beneficio dell’industria enologica e per l’impulso sempre dato all’ industria enologica coi mezzi che ha disponibili e specialmente coll’ istituzione degli enotecnici a l- l’ estero, e coi concorsi a premi fra le aziende vini­ cole private delle diverse provincie italiane.

Il Congresso a questo plauso unisce il desiderio che il Parlamento stanzi fondi per premi più ingenti da accordarsi alle persone ed alle associazioni, che intraprenderanno una seria ed importante esporta­ zione all’estero di vini italiani per consumo diretto. »

Quindi approva il seguente ordine del giorno : « Il Congresso :

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« Considerando come di fronte alle attuali inva­ sioni di peronospora sia indispensabile migliorare collo zucchero i mosti delle uve ;

« Fa caldissimi voti al governo affinchè voglia, o in tutto o almeno in parte, esentare dal dazio lo zucchero per 1’ enologia, studiando il modo di alte­ rarlo affinchè non possa essere adoperato per uso diverso.

« Il Congresso degli agricoltori raccomanda ai vi­ ticoltori d' Italia di diminuire il soverchio numero dei tipi dei loro vini, unificando le specie dei vitigni in quelle che più si addicano alla produzione del nostro commercio locale.

« Raccomanda inoltre che per mezzo delle catte­ dre ambulanti e delle cantine esperimentali si svi­ luppi la conoscenza del modo di confezionare buoni vini. »

Raccomandò i seguenti mezzi per combattere le principali malattie che danneggiano l’oli veto :

a) Mosca olearia : « Trattandosi che questo in­ setto si sviluppa (secondo il Comes) colla umidità, si scalzino e mettano le radici alio scoperto nel- 1’ estate.

b) Seccume, gommosi e cancrena umida : « Pronta recisione degli organi e delle parti degli organi col­ piti od alterati.

c) Curie e pinguedine : « Recidere fino al sano le parti più o meno guaste degli organi, fognare il terreno e promuovere una più attiva vegetazione nelle piante.

d) Melata, fumaggine e cocciniglia : « Contro melata : Indagare le cause ed ovviarle, coll’ aumen­ tare, secondo le cause stesse, la freschezza del ter­ reno nei luoghi aridi ; nei terreni compatti e freddi coi lavori frequenti ; recidere le radici marcite, rin­ novare e fognare il terreno circostante. Contro f u ­ maggine e cocciniglia: impolveramento della intiera pianta con cenere o calce o con entrambe mescolate.

c) Rogna : « Indagarne la causa speciale ed ovviarla e con più moderata e regolata potagione e lavori profondi del terreno rinfrancare la pianta.

9. Affrettare con premi e incoraggiamenti l’ im­ pianto di grandi magazzini di prodotti della nostra agricoltura, invitando il governo a stabilire grossi premi in danaro, o incoraggiamenti d ’ altro genere ai più benevoli inviatori, società, o ditte, e invitando le Camere di commercio a concorrervi.

10. Far voto al governo e al Parlamento, per­ chè d’ ora innanzi ai trattati di commercio sulla base della nazione più favorita sieno sostituiti gradata- mente quelli sulla base dei singoli interessi commer­ ciali quali sono, ovvero dell’ applicazione di tariffe generali inspirate agli interessi speciali all’ agricol­ tura italiana.

11. Far voti al governo e al Parlamento, perchè siano concessi ai trasporti dei nostri prodotti agri­ coli destinati all’ esportazione, tutti i possibili van­ taggi di tariffe in modo da poter con essi alleviare indirettamente le maggiori spese richieste per oltre­ passare il confine.

12. Far voti al Parlamento perchè nell’ interesse del commercio di esportazione, siano votati i fondi necessari per la istituzione di agenti commerciali e specialmente enotecnici.

13. Far voti infine che venga organizzato un servizio permanente per il commercio internazionale e specialmente per le esposizioni mondiali, allo scopo di tenere sempre pronti tutti i mezzi più opportuni che potranno occorrere per organizzare il concorso dell’ Italia alle grandi mostre mondiali, e di riuscire quale servizio di informazioni a quanti produttori o case o ditte vorranno far veraci tentativi per aprire mercati o sbocchi ai prodotti del lavoro nazionale.

14. Approvava ebe il 1° articolo della legge fo­ restale del 30 giugno 1877 dovesse venir cosi mo­ dificato :

< Sono sottoposti al vincolo forestale i boschi e le terre spogliate di piante legnose sulle cime e pendici dei monti fino al limite superiore della zona del ca­ stagno e quelli posti inferiormente a questo limite, che, per la loro specie e situazione possono, dibo­ scandosi e dissodandosi, dar luogo a scoscendimenti, smottamenti, interramenti, frane, valanghe, disordi­ nare il corso delle acque nei rivi, torrenti, fiumi e laghi con danno pubblico, alterare la consistenza del suolo o produrne l’ isterilimento, ovvero danneggiare le condizioni igieniche locali. »

Il sig. Cirio propose l’istituzione di speciali va­ goni agrari pel trasporto delle derrate di basso prezzo, e si istituiscano pure treni agricoli noi quali le so­ cietà ferroviarie metterebbero di loro solo le mac­ chine ed il personale, mentre i vagoni sarebbero di proprietà degli agricoltori.

Questi treni, composti dai 20 ai 25 vagoni, do­ vrebbero pagare non più di L. 2. 50 per ogni chilo­ metro di percorso ; cosicché con tale tariffa, cento litri di vino pagherebbero circa L. 1 .5 0 facendo un viaggio di 1,500 chilometri, meutre ora da Firenze a Roma (circa chilometri 300) pagano più di L. 1 .5 0 . Il treno agricolo non dovrebbe essere di una sola ditta: chi ha un vagone completorio potrebbe ag­ giungere. La Società s’incaricherebbe essa di spedire e di far vendere i prodotti nei posti indicati ; essa darebbe pure i semi e anticipazioni ai produttori per metterli in grado di produrre le derraie richie­ ste dal consumo.

Il Congresso votò :

« Il Congresso, facendo plauso all’ operosità ed alla proposta del eomm. Cirio, fa voti che i ministri competenti e le Società ferroviarie concedano la for­ mazione di treni speciali per facilitare lo scambio e 1’ esportazione dei prodotti agrigoli.

L E B A N C H E P O P O L A R I !)

Arona 26 febbraio La nostra Banca ha sofferto vicissitudini non lievi negli anni decorsi sulle quali io non voglio ora parlare ; molti le imputano specialmente alla diminuzione degli affari ed alla decrescente importanza che, per la aper­ tura di nuove vie, ebbe Arona. Nè io nego che questa possa essere una delle cause, ma non credo si possa tacere che il fatto è anche imputabile ad una so­ verchia fidanza nella quale molti si cullarono che lo straordinario incremento presentato nei primi anni dalla nostra istituzione dovesse essere perenne. Si riguardò quindi la Banca come se avesse a raggiun­ gere uno sviluppo indefinito e venne meno il fatto ; la Banca accasciò ; nè ancora una mano energica è pronta a ordinare la Banca quale dev’ essere e quale dalle cifre sue risulta. Basta pensiate che gli utili lordi vanno da qualche anno notevolmente di­ minuendo da 49 mila lire nel 1882 a L. 32,911 nel 1884 e L. 33,264 nel 1885. Ma collo scemare degli utili lordi non scemarono le spese di ammini­ strazione che nel 1884 furono di L. 9,713 e nel 1885 salirono a 10,598, onde, compresi gli interessi e le imposte, il 1884 diede L. 21,340 ed il 1885 L. 22,144. È vero che dal disavanzo di 22,872 lire siamo passati ad un utile netto di 11 mila lire, ma non lascio dal- l’ osservare che ciò ancora non basta e che se si vuole veramente dare alla nostra Banca una posi­ zione normale, bisogna rinnovarne l’impianto in modo

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21 marzo 1886

che risponda alle piccole proporzioni nelle quali oggi s’ é adagiata. La sua situazione al 31 decembre dava per capitale Lire 156,600, fondo di riserva L . 17,012 ; depositi conti correnti ed a risparmio L. 388,347 ; il capitale disponibile adunque per la operazioni della Banca era di poco più di mezzo m i­ lione. Di fronte a questa cifra il portafoglio dava L . 491,787 l’impiego in effetti pubblici L. 62 000. Ora por questo movimento la cifra delle spese d’ ammi­ nistrazione è straordinariameute alta, infatti para­ gonando le spese totali, cioè amministrazione e tasse, la media delle Banche popolari del regno dà il 62.70 per cento circa per la prima categoria, mentre la Banca di Arona dà il 79 circa.

In quest’anno perù un miglioramento si nota e si potè dare agli azionisti L. 2,50 per azione e mi auguro che esso continui e dia quei risultati che gli azionisti hanno diritto di aspettarsi ; non mancano in­ fatti negli amministratori nè la capacità nè il buon volere; se accoppiernano a queste qualità la energia, la Banca riprenderà senza dubbio il suo splendore.

Cittadella 6 marno. Sig. Di r e t t o r e

Le parlo con piacere di questa nostra Banca e le espongo i risultati dell’esercizio 1885 ; eccone bre­ vemente le cifre. Il nostro capitale è di L. 89,370 ed il fondo di riserva, cospicuo assai poiché supera il 30 Olf) del capitale e giunse a L. 39,520. I nostri depositi salgono a L. 588,374. A queste cifre prin ­ cipali del passivo stanno di fronte all’attivo L. 60,426 in Cassa, L. 708,413 in portafoglio, L. 78,452 in ti­ toli. Naturalmente si ebbe ricorso al risconto in una misura abbastanza larga che domandò una spesa di L. 6,878. Ma sono ben contento, seguendo le rac­ comandazioni che Ella mi ha fatte, sig. Direttore, di farle rilevare con qual parsimonia provveda questa nostra Banca nelle spese di amministrazione. Con utili lordi che salirono a L. 47,604 non si ebbero che L. 5,809 di spese di amministrazione; ed essendo salite le tasse a L. 4,012, ed a L. 24,298 quelle per interessi e stipendi, rimase un utile netto di L. 13,482 cioè circa il 230 per cento delle spese di ammini­ strazione. E questa cifra è veramente 1’ elogio più grande che possa essere fatto al Consiglio ed alla Direzione, poiché, anch’io come Lei, non posso appro­ vare quelle Banche che, pur dicendosi popolari, au­ mentano a loro spese senza mantenerle in adeguata proporzione colla somma degli utili che si ricavano dagli affari.

LE FERROVIE IN AUSTRALIA

Le ferrovie in Australia hanno preso uno sviluppo straordinario, e quanto il continente Australiano sia abbondantemente provvisto di mezzi artificiali di co­ municazione lo dimostra chiaro il seguente prospetto che comprende la estensione assoluta delle ferrovie australiane, e la loro proporzione in ragione della popolazione.

Lunghezza Popolazione delle lìnee por ogni

in m iglia miglio Colonie Popolazione inglesi di ferrovie V itto r ia ... 931,790 1,562 596 Nuova Galles del Sud 839,310 1,366 615 Queensland... 287,475 1,034 278 Sud Australia... 304,812 998 313 Ovest A u stra lia___ 31,700 95 334 Contin.tcAustraliano 2,395,087 5,055 476

l

Ma l’ importanza dello sviluppo ferroviario si fa anche più manifesta se si consideri che mentre nel Canada si hanno 28 chilometri di ferrovia per ogni IO mila abitanti, nella Svezia 14, nella Svizzera 9, nella Gran Brettagna 8, nel Belgio, Francia e Ger­ mania 7 1/2, in Australia invece se ne hanno 35.

Il capitale impiegato nella costruzione delle ferro­ vie complessivamente per le cinque colonie del con­ tinente australiano ascende a 51,695,012 lire sterline, cioè L. it. 1,292,375,800.

Le ferrovie in Australia sono quasi tutte proprietà degli Stati coloniali, meno due eccezioni nella Nuova Galles e nell’ Australia occidentale.

Il materiale ruotabile, ad eccezione dei vagoni, degli assi e delle ruote che vengono importati, si costruisce nelle colonie. Le locomotive vengono per la massima parte importate dall’Inghilterra e dall’Ame­ rica del Nord. Nell’isola di Tasmania lo sviluppo in lunghezza di tutte le linee è di 167 miglia inglesi per le quali si spese fino a tutto il 1883 la somma di st. 1,633,638.

Inoltre le ferrovie dell’Australia sono in continuo aumento e alla fine del 1884 erano in quel conti­ nente in costruzione complessivamente delle linee per la lunghezza di 1482 miglia inglesi di cui 132 nella colonia di Vittoria, 602 nella Nuova Galles del Sud; 454 nel Queensland, 225 nell’Australia occidentale, 68 nell’Australia meridionale e 322 in Tasmania.

BULLETTINO DELLE BANCHE POPOLARI

(Situazioni al 28 febbraio 1886)

Banca Metaurense in Urbino. — Capitale ver­

sato L. 1 9 9 ,5 5 5 ; Riserva L. 9 ,0 3 9 ; Conti correnti

e risparmio L. 360,947 ; Portafoglio L. 769,704 ; Valori pubblici L. 8 1 ,9 6 4 ; Sofferenze L. 2 ,1 2 0 ; Entrate L. 1 7 ,5 5 6 ; Spese L. 5,419.

Banca Popolare Cooperativa di Nola. — Capi­

tale versato L. 5 9 ,7 5 0 ; Riserva L. 3 ,7 3 0 ; Depositi fiduciari L. 6 4 ,6 2 2 ; Creditori diversi L. 7 ,2 0 6 ; Portafoglio L. 9 1 ,9 6 4 ; Crediti L. 4 1 ,7 0 9 ; Soffe­ renze L . --- ; Rendite L. 2 4 1 3 ; Spese L. 181.

Banca Mutua Popolare di Trapani. — Capitale

versato L. 460,266 ; Riserva L. 19,684 ; Depositi e risparmio L. 1 ,1 0 0 ,8 0 4 ; Utili del 1885 L. 4 1 ,7 4 2 ; Portafoglio L. 1,505,801 ; Entrate L. 44,138 ; Spese

L. 19,631. v

Banca Cooperativa Popolare di Mutuo Credito in Cremona. — Capitale versato L. 2,226,501 ; Ri­

serva L. 8 5 1 ,4 9 0 ; Risparmio L. 1 6 ,0 8 8 ,1 2 6 ; Conti correnti a chèques L. 706,956 ; Crediti L. 377,066; Entrate L . 7 5 ,4 2 6 ; Portafoglio L. 3 ,9 6 5 ,5 1 1 ; An­ ticipazioni L. 372,471 ; Mutui ipotecari L. 2,929,812; Immobili L. 1 0 3 ,0 0 0 ; Fondi pubblici L. 1 0 ,9 0 0 ,1 1 4 ; Sofferenze L. 2,930 ; Entrate L. 75,426 ; Spese L i­ re 120,101.

Banca Mutua Popolare di Verona. — Capitale

(11)

21 marzo 1886

L’ E C O N O M I S T A

187

agli inondati L. 43,764 ; Entrate L. 37,899 ; Spese

L . 25,045.

Banca di Depositi e Prestiti in S. Sofia. — Ca­

pitale versato L. 413,050 ; Riserva L. 28,938 ; Conti correnti L. 7 9 ,8 4 7 ; Risparmio E. 1 4 2 ,9 5 9 ; Buoni fruttiferi L, 1 5 1 ,7 6 1 ; Portafoglio L. 3 6 7 ,6 7 3 ; Va­ lori L. 60,851 ; Sofferenze L. 2 3 ; Entrate L. 5042 ; Spese L. 2333.

Banca di Verona. — Capitale versalo L. 8 0 0 ,0 0 0 ;

Riserva L. 100,000 ; Conti correnti L. 3,730,979 ; Boni fruttiferi L. 564,744 ; Portafoglio L. 3,587,896 ; Fondi pubblici L. 1,086,291 ; Sofferenze L. 3 ,6 4 3 ; Entrate L. 52,653 ; Spese L. 39,487.

Banca Mutua Popolare in Cajazzo. — Capitale

versato L. 5 6 ,9 0 0 ; Riserva L. 1 8 ,9 3 5 ; Conti cor­ renti L. 4 5 ,7 1 4 ; Risparmio L. 5 3 ,2 9 5 ; Buoni frut­ tiferi L. 1 4 0 ,4 5 3 ; Portofoglio L. 2 7 1 ,7 9 9 ; Valori L. 72,000 ; Sofferenze L. — — ; Rendite L. 5373; Spese L. 2027.

Banca di Savignano di Romagna. — Capitale

versato L. 1 0 0 ,0 0 0 ; Riserva L. 5 4 ,8 1 3 ; Conti cor­ renti L. 3 1 3 ,7 6 0 ; Risparmio L. 1 0 3 ,3 5 9 ; Porta­ foglio L. 2 7 7 ,4 0 0 ; Valori L. 4 5 ,6 7 5 ; Immobili L. 1 6 ,2 2 8 ; Crediti ipotecari L. 2 1 ,3 2 9 ; Sofferenze L. 2 1 ,7 8 0 ; Rendite L. 7 0 2 2 ; Spese L. 2773.

Banca Popolare di Mutuo Credito di Bologna;

— Capitale versato Ij. 1,898,970; Riserva L. 971,890. Conti correnti e Risparmio L. .13,890,913; Porta­ foglio L. 10,075,762. Valori pubblici L. 4,3 9 3 ,8 5 6 ; Immobili L. 18 1 ,8 3 6 ; Crediti L. 1 ,4 4 1 ,0 1 3 , soffe­ renze L. 4 ,2 1 4 ; Rendite L. 77,977 ; Spese L i­ re 50,396.

indagini un’ istanza di varie ditte ed un prome­ moria relativo al carico e scarico delle merci, istanza colla quale si chiede che « parificate in quanto ri­ guarda 1’ applicazione del diritto fisso le ultime tre classi di merci alle prime 5 o almeno estesa quest’ap­ plicazione alla 6* classe si ritorni alle antiche con­ suetudini per ciò che si riferiva alla disposizione del carico e dello scarico nel senso che tali opera­ zioni sempre devolute alla ferrovia senza facoltà di opzione per parte del pubblico, vengano completa- mente eseguite come lo erano dalle imprese P e­ staggi per conto delle F. A. I. »

Camera di Commercio di Savona.

— Riunitasi il 27 febbraio fra altre risoluzioni di minore im­ portanza approvava il bilancio preventivo per il 1886 nella somma di L. 8,416,05 tanto nell’entrata, che nella spesa ; deliberava di mettersi in comunica­ zione con le consorelle di Torino, e di Genova alfine di concretare una istanza collettiva a favore degli scali di Genova e di Savona presso il Ministero e l’amministrazione ferroviaria affine di ottenere che vengano forniti costantemente di un materiale fer­ roviario corrispondente alle esigenze del commercio; dichiarava nulla ostare acciocché dalle sottoprefet­ ture venga approvata la deliberazione del Comune di Vado riguardante l’apposizione del dazio su al­ cuni generi non contemplati nelle leggi daziarie, ma permessi però ai Comuni ; e per ultimo approvava i conti degli esattori consorziali pel 1885.

N O T IZ IE F IN A N Z IA R IE

CRONACA DELLE CAMERE DI COMMERCIO

Situazioni delle banche di emissione italiane

Camera di Commercio di Vicenza.

— Nella seduta del 29 gennaio approvava il ruolo dei cura­ tori nei fallimenti per il triennio 1 8 8 6 - 8 7 - 8 8 ; de­ liberava di appoggiare l’ istanza della Camera di commercio di Foligno diretta ad ottenere che nel riordinamento giudiziario si mantengano i tribunali speciali di commercio, e che ove non esistano detti tribunali, vengano presso i tribunali civili aggiunti ai giudici ordinari uno o più giudici commerciali per le cause mercantili, e approvava il bilancio preventivo per il 1886 nelle seguenti cifre;

A t t iv it à ...L. 2 5 ,9 9 4 .2 0 P assività... » 1 9 ,0 9 2 .3 4 Fondo di riserva . . . L. 6 ,9 0 1 .8 6

Camera di Commercio di Bologna.

— Nella tornata del 3 febbraio la Camera deliberava di ap­ poggiare la istanza della Ditta T. Mannaresi ten­ dente ad ottenere che la fornitura del lucido da scarpe per l’ esercito venga affidata all’ industria nazionale, e procedeva alla formazione della terna per la nomina di un giudice supplente nel Tribù naie di commercio. E nella seduta del 19 del detto mese approvava alcune modificazioni alla pianta organica degli impiegati della Camera e deliberava di rinviare alla Commissione per ulteriori studi e

Banco di Napoli

20 febbraio differenza ( Cassa e riserva.. L. 143, 615,000 -¡- 4,213,000

Attilio ?

Portafoglio... » 89,128,000 — 1,565,000 (A n tic ip a z io n i... » 41,226,000 — 331,000

¡

Capitale... » 48,750,000 — — Massa di rispetto » 10,928,000 — — C irc o la z io n e .... » 196,628,000 — 1,479,000 Conti c.s altri debiti a rista ’ 43,142,000 — 717,000

Situazioni dello Banche di emissione estere.

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