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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRIESTE LA COMUNICAZIONE DEL BRAND NELL ERA DEL WEB 2.0

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Academic year: 2022

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRIESTE

FACOLTÀ DI SCIENZE DELLA FORMAZIONE

CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA

IN PUBBLICITÀ E COMUNICAZIONE D’IMPRESA

TESI DI LAUREA SPECIALISTICA

LA COMUNICAZIONE DEL BRAND NELL’ERA DEL WEB 2.0

Relatore:

PROF. GIOVANNA PEGAN

Correlatore: Laureanda:

DOTT. GABRIELE QUALIZZA DALILA PICCOLI

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Indice

Introduzione

Parte Prima

VERSO UNA NUOVA ERA 1

1. La rivoluzione della rete

1.1. Da Internet come media a Internet come ambiente 3

1.2. La parte abitata della Rete 10

2. I social media 12

2.1.1. Newsgroup e forum 14

2.1.2. I Blog 15

2.1.3. I Social network 17

2.1.4. Le Wiki 23

2.1.5. Le community 24

3. La rivoluzione del consumatore

3.1. Il consumatore nell’era del web partecipativo 26

3.1.1. Dai target alle persone 27

3.1.2. I prosumer co-creatori di conoscenza e valore 28

3.1.3. Il consumatore centauro 28

3.1.4. Il rinnovato bisogno di socialità 29

3.1.5. Il consumatore bricolaire 31

3.1.6. Desiderio di esperienze 31

3.2. Il nuovo potere dei consumatori sul Web 33 3.3. La partecipazione delle persone ai social media 36 3.4. Il consumatore italiano e i social media 37

(3)

Parte seconda

LE IMPLICAZIONI DEI SOCIAL MEDIA

NEI RAPPORTI TRA IMPRESE E CONSUMATORI 39

4. Ascoltare le persone in Rete

4.1. Le conversazioni in rete e la loro influenza nelle

decisioni d’acquisto 43

4.2. I mercati sono conversazioni 46

4.3. La forza del passaparola online. Word of mouth, buzz

e viral marketing 48

4.4. I social media come strumento di analisi e ascolto

dei consumatori 62

4.5. Monitoraggio delle comunità web e relazioni con

i community leader: il caso L’Oréal Italia 68

5. Dialogare con le persone in Rete

5.1. L’azienda e la marca nel Web. Dai siti vetrina

agli ambienti conversazionali 74

5.2. L’azienda entra nella conversazione 76

5.3. I Corporate Blog 83

5.4. Oltre il corporate blog… 97

5.4.1. Forum 98

5.4.2. Wiki 99

5.4.3. Microblogging 101

5.4.4. Social Network 103

6. Creare un legame con le persone in Rete 6.1. Portare online i concetti del marketing tribale 118

6.2. Le brand community online 122

6.3. La gestione di una brand community 127 6.4. Tre brand community a confronto 131

(4)

6.4.1. Vodafone Lab.

La community che sperimenta e condivide 132

6.4.2. Thun Club. Il piacere di far parte di un club esclusivo 140

6.4.3. Community Pampers. Un’ottica relazionale e di servizio 145

7. Coivolgere le persone in Rete 7.1. La co-creazione del valore in un ottica web 2.0 149

7.2. Il coinvolgimento del cliente nella generazione delle idee e nella fase di sviluppo del prodotto 151

7.3. Il coinvolgimento del cliente nelle attività di comunicazione e marketing 153

7.4. Il coinvolgimento del cliente nella co-produzione di offerte personalizzate 159

7.5. Nel Mulino che vorrei. Spazio alle idee dei consumatori 161

8. La comunicazione del brand nell’era del web 2.0. Il parere degli esperti 8.1. Introduzione 176

8.1.1. L’intervista 176

8.1.2. Gli intervistati 177

8.2. I risultati delle interviste 181

8.2.1. Il fenomeno del web 2.0 180

8.2.2. La comunicazione del brand nell’era del web 2.0. Rischi e opportunità 180

8.2.3. Gli strumenti del web 2.0 182

8.2.4. Il web 2.0 e i brand italiani 183

8.2.5. Il coinvolgimento dei consumatori attraverso le logiche web 2.0 188

8.2.6. Web 2.0 per il brand. Moda o reali prospettive di sviluppo? 190

8.2.7. I consigli degli esperti 191

(5)

Conclusioni 193

Appendice – Le interviste a testimoni qualificati 196

Intervista a Debora Baldasarre 197

Intervista a Paolo Bolpet 202

Intervista a Alberto Falossi 207

Intervista a Benedetta Gargiulo 211

Intervista a Mauro Lupi 217

Intervista a Alessandro Prunesti 221

Intervista a Flavia Rubino 229

Bibliografia 233

Blog e siti consultati 237

Altre fonti 239

Ringraziamenti 240

(6)

Introduzione

Da qualche anno stiamo assistendo ad un fenomeno nuovo che ha coinvolto il Web: le persone, dopo aver vissuto per diversi anni la Rete essenzialmente per scambiarsi informazioni, consultare notizie giornalistiche, messaggi commerciali e contenuti d’intrattenimento allo stesso modo di come avviene per i media tradizionali, finalmente si sono accorte dell’enorme potenzialità del Web e hanno iniziato a vivere Internet come un ambiente, dove possono partecipare attivamente e interagire tra loro. Si è delineato in Rete un nuovo modello basato sull’apporto dell’intelligenza collettiva e la partecipazione degli utenti, che supera quello tradizionale fondato sulla sola fruizione dei contenuti. Il Web oggi vive una nuova fase a cui è stato dato il nome di Web 2.0.

Come afferma Tim O’Reilly (2005), padre di tale concetto, il Web 2.0 non è una tecnologia, bensì un’attitudine. Un’attitudine che porta al centro le persone e la riscoperta del valore della relazione sociale. L’evoluzione della Rete rappresenta una rivoluzione culturale che propone un nuovo modo di comunicare, socializzare e creare che abilita la creatività, la condivisione di informazioni e soprattutto la collaborazione fra utenti.

I social media, strumenti di comunicazione interpersonale tipici del Web 2.0, come i blog, i social network, le community, le wiki, hanno trasformato le persone da spettatrici a protagoniste attive dei contenuti e delle relazioni, trasformando il web in una “piattaforma conversazionale” (Cova, Giordano, Pallera, 2008).

Si è passati da una società in cui i principali mezzi di comunicazione erano quelli di massa, unidirezionali, a una società in cui lo scambio di informazioni avviene tra utenti, many to many, grazie alle logiche del Web partecipativo; da un era in cui il brand era il protagonista, a un era in cui il

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singolo soggetto è il protagonista e il cliente assume una posizione di potere rispetto alla marca, grazie alle possibilità di ri-codificare il senso dei messaggi a lui direzionati e di produrre messaggi egli stesso.

Questo nuovo contesto inevitabilmente mette in discussione il modo di comunicare delle aziende e del brand che oggi devono assumere come focus principale la gestione di conversazioni e comunità per la creazione di esperienze positive online (Boaretto, Noci, Pini, 2007) che mirano a coinvolgere i consumatori.

A partire da questa consapevolezza e dalla voglia di capire che cosa sta accadendo oggi nel Web 2.0 e come si stanno muovendo le aziende italiane in questa direzione, nasce questa tesi, che si propone di fornire un quadro rappresentativo del fenomeno in atto dal punto di vista tecnologico e sociale e di analizzare le implicazioni che esso ha portato nel rapporto tra imprese e consumatori e nelle strategie di comunicazione di marketing, attraverso anche la presentazione di casi concreti e recenti.

Per la realizzazione di questa tesi ho scelto di utilizzare fonti molteplici e diversificate: ai testi appartenenti alla più recente letteratura sui temi del Web 2.0, del branding e della comunicazione di marketing, ho affiancato la lettura di articoli di testate giornalistiche (con particolare riferimento ai new media e alla comunicazione di marketing), la consultazione costante di numerosi blog di professionisti ed esperti del settore nonchè interviste in profondità a testimoni qualificati.

È stata inoltre fondamentale l’osservazione costante e la partecipazione diretta a diversi social network e brand community che mi hanno permesso di comprendere direttamente in che modo le aziende si stanno muovendo in questo nuovo contesto e come stanno sfruttando le opportunità offerte dal Web 2.0 per avviare un dialogo con le persone, coinvolgerle e instaurare con esse una relazione. Ciò mi ha consentito di catturare e seguire da vicino alcune innovative e recenti case history da me individuate in Rete.

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La tesi è strutturata in due parti.

Nella prima parte viene presentata la nuova rivoluzione tecnologica e sociale rappresentata dal fenomeno del Web 2.0, in particolare si cerca di definire questo concetto citando le sue origini, le cause del suo manifestarsi, le implicazioni che esso ha avuto sulla fruizione dell’utente, sul suo modo di partecipare in Rete e sulla possibilità datagli di diventare protagonista col proprio apporto personale. Vengono inoltre descritti i principali social media che lo costituiscono, fornendo alcuni esempi tra quelli più significativi e conosciuti in Rete.

Segue poi una panoramica sulle caratteristiche attuali dei consumatori, definiti postmoderni, ponendo l’attenzione sul rinnovato potere che essi oggi hanno acquisito grazie ai nuovi paradigmi del Web 2.0, concludendo con alcuni dati relativi ai consumatori italiani e il loro rapporto con Internet e i social media.

Nella seconda parte si presentano le implicazioni del fenomeno del Web 2.0 sul rapporto tra i consumatori e le aziende, sottolineando come sia importante oggi adottare un approccio sempre più consumer oriented incentrato sull’ascolto e sul dialogo.

In particolare vengono dedicati quattro capitoli per descrivere come le aziende possono sfruttare le enormi potenzialità del Web 2.0 per ascoltare i propri consumatori, instaurare con loro un dialogo, creare un legame tra loro e la marca e coinvolgerli nella co-creazione del valore della marca.

Nel primo capitolo di questa seconda parte si pone l’accento sulle conversazioni che avvengono in Rete e l’influenza che esse possono avere nelle decisioni d’acquisto dei consumatori. Si spiega come Internet oggi rappresenta una piazza virtuale dove i consumatori s’incontrano, parlano tra loro, si scambiano informazioni che spesso possono riguardare giudizi, commenti, esperienze su prodotti, marche, aziende e come l’utente Internet

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in questo modo è diventato un soggetto attivo che contribuisce alla formazione della brand image e influenza le scelte degli altri consumatori.

Si sottolinea la potenza del passaparola in Internet e i meccanismi di diffusione virale che essa può innescare. A fronte di ciò si danno delle indicazioni su come l’azienda può attivare o incoraggiare la diffusione del passaparola positivo tra consumatori e come può diffondere in maniera virale messaggi e contenuti che promuovono il brand.

Inoltre si spiega come i social media possono rappresentare un ottimo strumento di analisi e ascolto dei consumatori. Attraverso l’ascolto costante delle conversazioni in Rete, l’azienda può comprendere l’immagine che essa ha acquisito presso il popolo di Internet e avere costantemente sotto controllo la propria web reputation in modo da poter, eventualmente agire di conseguenza, controllare e, talvolta, prevenire possibili criticità.

Il secondo capitolo descrive come il brand può entrare nella grande conversazione della Rete al fine di instaurare un dialogo con i propri consumatori. Attraverso l’analisi e l’osservazione dei principali social media si valuta come le aziende possono utilizzare strumenti come i blog, i forum, i social network, le wiki, i microblogging per sviluppare un rapporto basato sulla conversazione, dove i contenuti della comunicazione vengono arricchiti con il contributo reciproco di tutti gli utenti.

Nel terzo capitolo si focalizza l’attenzione sulle brand community, evidenziando come sia possibile portare online i concetti del marketing tribale allo scopo di creare e rafforzare i legami non solo tra i consumatori e il brand ma anche tra i consumatori stessi. In particolare si sottolinea come una brand community può essere vantaggiosa per l’azienda, che può così rafforzare il brand ed incrementare una fedeltà di tipo affettivo, e vantaggiosa per i consumatori che possono soddisfare quel desiderio di

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comunità tipicamente postmoderno, condividendo con altri la passione per il brand.

Successivamente si danno alcune indicazioni circa la gestione di una comunità brandizzata, al fine di dimostrare come l’approccio alla sua creazione possa essere diverso da caso a caso vengono analizzate tre brand community: Vodafone Lab, Thun Club e la community di Pampers.

Dopo aver descritto come ascoltare, dialogare e istaurare un legame con il consumatore sfruttando le opportunità offerte dal Web 2.0, il quarto capitolo spiega come coinvolgere il consumatore in Rete nella co-creazione del valore, mettendo a frutto le sue competenze.

Partendo dalla consapevolezza del ruolo centrale che oggi assume il consumatore, si spiega come coinvolgerlo nella generazione delle idee e nella fase di sviluppo del prodotto, nelle attività di comunicazione e marketing e nella produzione di offerte personalizzate presentando alcuni esempi concreti.

Il capitolo si conclude con la presentazione di un interessante e recente case history: il progetto “Ne mulino che vorrei” di Mulino Bianco, la prima piattaforma italiana di condivisione delle idee tra i consumatori.

La tesi si conclude con alcune riflessioni e considerazione sul fenomeno del Web 2.0 e le sue implicazioni nella comunicazione del brand, in base a quanto emerso dalle sette interviste fatte a testimoni qualificati quali professionisti, giornalisti, professori, esperti di comunicazione, marketing e new media.

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PRIMA PARTE

Verso una nuova era

"Internet non è al passo con i tempi, ma con il futuro"

Anonimo

Non molto tempo fa, il Web era definito il “Cyberspazio”, ovvero un luogo indefinito posizionato da qualche parte. Chi navigava in rete ripeteva circa le stesse azioni di quando si sfoglia un quotidiano: si guarda, si leggono le informazioni, ci si sofferma su qualcosa di interessante. L’utente che navigava era in qualche modo “assoggetato” a quello che altri decidevano di comunicare e non gli veniva data la possibilità di interagire.

Da allora, il Web è cambiato molto o meglio, il Web è rimasto sempre lo stesso, piuttosto gli utenti si sono accorti delle enormi potenzialità del Web.

Si è iniziato ad approcciarsi ad esso in maniera più attiva e partecipativa: in rete le persone parlano tra loro, siano essi fornitori di prodotti e servizi (acquisti on line, prenotazioni alberghiere, ecc…) o consumatori (forum, blog, social network, ecc…).

Ciò che rende Internet uno strumento completamente diverso dagli altri mezzi di comunicazione (televisione, stampa, radio) è il fatto che il cambiamento non proviene dagli “attori del mercato” (aziende, multinazionali, governi, …) ma sono i consumatori, i cittadini, gli utenti stessi che, scegliendo e seguendo i propri interessi senza essere sottoposti a condizionamenti o manipolazioni, influenzano la “forma” del Web (Marini, 2008).

È per questo che oggi si parla di Web 2.0; Internet sta vivendo una nuova era dove gli utenti non sono più un’audience, ma una comunità dove si sta affermando una nuova modalità partecipativa di utilizzo del Web. La rete si

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sta trasformando in una piattaforma sociale di archiviazione, accesso e scambio di risorse e conoscenze dove le parole d’ordine sono condivisione e partecipazione.

In questo scenario si delinea un nuovo consumatore, che non si pone più in maniera acritica e passiva nei confronti di chi comunica, ma che sempre più si propone come attore critico. Egli è sempre più attento e selettivo, competente ed esigente, insensibile alle forme tradizionali di marketing e comunicazione, è disponibile a sviluppare e co-creare esperienze coinvolgenti e gratificanti ed esprime la voglia di essere al centro di esperienze uniche e partecipative (Fabris, 2008). Il nuovo potere del consumatore dovuto alla facilità con cui egli può creare e condividere contenuti e informazioni, oltre che accedervi, si deve proprio alle nuove potenzialità tecnologiche del Web, grazie alle quali le persone possono anche soddisfare i loro bisogni di socialità e di relazione.

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CAPITOLO PRIMO

La rivoluzione della Rete

1.1 Da Internet come media a Internet come ambiente

Nel 1991, quando i primi computer collegati alla Rete avevano ormai vent’anni, nasceva il servizio di Internet di maggiore successo e responsabile del suo rapido sviluppo negli ultimi quindici anni: il World Wide Web (www).

Il Web è nato dall’idea di Tim Burnus Lee, ricercatore del CERN (Laboratorio europeo di fisica delle particelle con sede a Ginevra), con l’obiettivo di promuovere la collaborazione e lo scambio di informazioni tra gli scienziati coinvolti nei progetti di fisica delle particelle. A lui si deve l’elaborazione dei tre standard che ancora oggi sono fondamentali del Web:

il protocollo di comunicazione HTTP (Hipertextual Transfer Protocol), che permette ai computer di comunicare tra loro attraverso la rete Internet e scambiare file ipertestuali, l’URL (Uniferm Resorcer Locator), l’indirizzo che permette di identificare in maniera univoca ogni risorsa presente nel server di tutti i computer collegati alla rete e l’HTML (Hipertextual Markup Language), un linguaggio semplice per la creazione dei documenti ipertestuali.

Grazie al Web negli anni novanta è entrato in Internet un pubblico sostanzialmente diverso da quello delle comunità scientifiche e hacker, che fino a quel momento erano state le principali utilizzatrici della Rete, e si è assistito ad una massiccia corsa per posizionarsi in Rete da parte di imprese attirate da questo nuovo territorio. In particolare, negli anni che vanno dal 1996 al 2001, sebbene nessuno avesse un modello di business molto chiaro, si riversarono moltissimi capitali in iniziative sul Web, le quali venivano all’epoca valutate con grande benevolenza dagli osservatori e dagli analisti finanziari convinti che questo nuovo territorio sarebbe stato la nuova

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frontiera dell’economia (la new-economy), capace di generare grandi guadagni perché presto gli utenti si sarebbero trasferiti in massa ad utilizzare servizi a pagamento online. Il passaggio dell’economia reale dal mondo fisico al Web fu in realtà meno repentino di quanto in quell’epoca si predicava. Eppure quel quinquennio è segnato da un fiorire d’iniziative imprenditoriali che duravano lo spazio di una stagione e poi venivano comprate o fallivano: le cosiddette dot.com, imprese a cui bastava aggiungere un “.com” dopo il nome per essere considerate interessanti e valutate con esagerata benevolenza.

Per alcuni anni le borse segnarono un rialzo continuo che andò di pari passo con l’esplosione del numero di host e di utenti che si connettevano ogni anno a Internet ma il 10 marzo del 2000 si verificò quello che viene ricordato come lo scoppio della bolla speculativa della new economy, in cui molte delle cosiddette “dot.com” si rivelarono piene di debiti dichiarando bancarotta. Ciò fu causato da una serie di fattori che avevano consentito ad alcuni speculatori di agire senza i necessari controlli, facilitati dall’eccessivo entusiasmo ed isteria nei confronti del nuovo mezzo.

L’errore delle dot.com è stato quello di non considerare Internet per quello che in realtà è, ovvero un mezzo di relazione fra persone e non un mezzo di distribuzione. Il Web doveva, e deve tutt’oggi, essere considerato più un facilitatore, un moltiplicatore di relazioni piuttosto che un moltiplicatore di denaro facile.

Dagli anni novanta in poi c’è stato via via un forte cambiamento dell’immagine del Web da parte degli utenti il cui utilizzo è legato da una parte ad un aspetto essenzialmente informativo o ludico, dall’altro da fattori quali l’interattività, la relazione e la partecipazione. “Gli utenti hanno finalmente iniziato a vivere il Web e non solo a consultarlo come una grande enciclopedia universale” (Mariano, Megido, 2007).

Gli utenti stanno riscoprendo il gusto dell’interazione, della condivisione e spesso sono alla ricerca di luoghi dove poter produrre contenuti. Questo è

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uno dei motivi principali per cui il Web sta avendo un grosso incremento oltre che di numero di utilizzatori, anche di tempo dedicato al suo utilizzo da parte di ciascun utente.

Il Web si trova oggi ad un nuovo stadio della sua evoluzione che mette al centro il ruolo dell’utente, una fase a cui è stato dato il nome di Web 2.0.

In merito al Web 2.0 sono state coniate moltissime definizioni, di seguito riporto quella che ho trovato su Wikipedia che ho scelto perché ritengo sia appropriato utilizzare come fonte un’applicazione di generazione di contenuti che sfrutta la conoscenza collettiva tipica del mondo Web 2.0:

“Il Web 2.0 è una locuzione utilizzata per indicare genericamente uno stato di evoluzione di Internet (e in particolare del World Wide Web), rispetto alla condizione precedente. Si tende ad indicare come Web 2.0 l'insieme di tutte quelle applicazioni online che permettono uno spiccato livello di interazione sito-utente”1.

La parola “Web 2.0” nasce nel 2004, durante una sessione di brainstorming tra O'Reilly, Radar e MediaLive International. Si origina così la Web 2.0 Conference, rinominata in seguito Web 2.0 Summit, che dall'ottobre 2004 è il luogo in cui vengono analizzati e censiti lo sviluppo del Web, i suoi trend e le nuove possibilità di business nel settore. In seguito a questa conferenza gli esperti del settore qui convocati, Tim O'Reilly in primis, hanno riassunto in una mappa costituita da memi, il fenomeno Web 2.0 in tutte le sue diverse sfumature.

L'esito della conferenza è stato riassunto nel documento che ha decretato la nascita ufficiale del Web 2.0. Il 30 Settembre 2005 Tim O'Reilly (2005) pubblicò, infatti, l’articolo “What Is Web 2.0. Design Patterns and Business Models for the Next Generation of Software”, dove l’autore identifica ed analizza una serie di tecnologie che in quel periodo stavano avendo un enorme sviluppo e che hanno portato al naturale progresso del mezzo

1 “Web 2.0”- Da Wikipedia, l’Enciclopedia Libera (versione italiana).

http://it.wikipedia.org/wiki/Web_2.0.

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Internet e delle sue caratteristiche. Più che dare una definizione teorica del fenomeno, nell’articolo sono analizzati gli elementi che hanno consentito al Web 2.0 di manifestarsi e tali elementi hanno in comune un fattore importante, ovvero l'evoluzione del software da semplice prodotto a servizio.

"Mappa Meme" del Web 2.0. Fonte: www.awaredesign.eu/articles/14-Cos-Web-2-0

Riferendosi alla mappa meme, i due principi fondamentali di questa nuova forma di Internet sono:

• il web come piattaforma - “The internet as platform” (O'Reilly, 2005);

• la centralità dei dati - “You control your own data” (O'Reilly, 2005).

Questi due elementi chiave permettono agli utenti di partecipare in maniera attiva e democratica nella Rete, controllando, ordinando e creando i dati ed i contenuti secondo le loro esigenze e preferenze. Con il Web 2.0, infatti, “le chiavi della porta principale vengono consegnate all’elemento più importante della Rete: le persone” (D’Ottavi 2006).

Il Web 2.0 nasce da una spinta tecnologica, le cosiddette applicazioni RIA

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(Richer Internet Application), ovvero applicazioni web che presentano le stesse caratteristiche e funzionalità delle applicazioni residenti sul PC, consentendo all’utente esperienze d’uso simili alle normali applicazioni desktop. Queste innovazioni tecnologiche hanno permesso al Web 2.0 di sviluppare delle nuove competenze e delle peculiarità, individuate anch’esse nella mappa dei memi di O'Reilly (2005):

• Architettura della partecipazione: facendo leva sugli effetti di networking rende semplice agli utenti aggiungere valore ai software con i propri contributi e quindi viene sfruttata l'intelligenza collettiva nell'arricchimento dei contenuti;

• I dati come nuovo “Intel Inside”: i dati sono l'elemento distintivo del Web 2.0, la cui organizzazione all'interno di un'applicazione è fondamentale per risultare competitivi. Ciò significa che avere una strategia delle informazioni è più rilevante che avere una strategia di prodotto;

• Innovazione nell'assemblazione: una strategia di piattaforma nel Web 2.0 comporta la progettazione di servizi in grado di essere facilmente remixati da chiunque grazie al rilascio delle API (Application Programming Interface);

• Arricchimento delle esperienze degli utenti: dalla pagina statica tipica del Web 1.0, si è giunti alla creazione di Rich Internet Application in grado di creare l'esperienza di un desktop unendola alle peculiarità del Web;

• Software al di sopra di un singolo dispositivo: ovvero disegnare delle applicazioni in grado di adattare il proprio comportamento al mezzo di fruizione, permettendo all'utente di avere un'esperienza soddisfacente sia sul PC che su qualunque altro dispositivo mobile;

• Sfruttamento dell'effetto “Long Tail”2: le nicchie di mercato ed i gruppi

2 “Long Tail”, ovvero “coda lunga”: termine introdotto da Chris Anderson nel 2004 che

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meno influenti hanno, all'interno della Rete, lo stesso potere dei grandi numeri tanto nel senso della domanda di prodotti quanto nel campo comunicativo informativo. Nasce perciò un sistema più democratico e personalizzato;

• Modelli di business leggeri e scalabilità effettiva dei costi: vengono adottati modelli di business e tecnologie leggere, che grazie alla loro scalabilità permettono di minimizzare costi e tempi di sviluppo;

• Filosofia del “perpetual beta”: il beta testing dei servizi Web 2.0 coinvolge in maniera duratura i propri utenti per poter avere un feedback aggiornato sulle funzionalità delle applicazioni in modo da migliorarne costantemente le qualità.

Un sito Web 2.0 deve avere quindi alcune peculiarità tipiche:

• La rete come piattaforma, fornendo applicazioni interamente attraverso il browser e consentendo agli utenti di farne uso;

• Agli utenti deve essere consentito di generare i dati presenti in un sito e di esercitare una forma di controllo su di essi;

• L'architettura della partecipazione come modello di riferimento che incoraggia gli utenti ad aggiungere valore all'applicazione nel momento stesso in cui partecipano attivamente nel suo utilizzo. Ciò in netto contrasto con le applicazioni gerarchiche che controllano l'accesso e categorizzano gli utenti in ruoli precisi e statici;

• Un'interfaccia interattiva, di facile fruizione e personalizzabile basata sul linguaggio Ajax o applicazioni similari;

• Alcuni aspetti di social networking, come la presenza di community,

riprende le teorie economiche e manageriali ben note come la legge di Pareto, secondo la quale il 20% delle cause è responsabile dell' 80% degli effetti. C. Anderson ha applicato questo concetto al Web 2.0: se i modelli di business tradizionali hanno sempre privilegiato una tipologia di prodotto ad alta distribuzione, quello del web 2.0 sfrutta anche le potenzialità di tipologie di prodotti di nicchia, meno diffusi. Alcuni esempi possono essere Amazon, iTunes, GoogleAdsense. Lo stesso vale anche per la leva di comunicazione all'interno della strategia di marketing.

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forum, blog, chat, condivisione di profili personali.

Notevoli ed evidenti sono le implicazioni di questi concetti per il sistema di marketing.

In primo luogo grazie al Web 2.0 assistiamo ad una rivoluzione del modello di fruizione del Web, dove l’utente può facilmente produrre e pubblicare contenuti e collaborare alla loro costruzione, assumendo in questo modo un ruolo attivo e non più di semplice fruitore delle informazioni. Questo può avvenire sia con sistemi di editing di pagine web, quali blog e wiki, sia nella produzione di materiale multimediale come foto e video, ovvero attraverso quelli che vengono chiamati CGC (Consumer Generated Content), i media generati dal consumatore.

Ma nella Rete gli utenti non solo producono contenuti ma anche li condividono con il resto della comunità virtuale sfuttando il networking. La partecipazione, lo scambio, l’interazione, il confronto stanno alla base del Web 2.0 e ne garantiscono la sopravvivenza.

Un’altra grande innovazione introdotta dal Web 2.0 riguarda il sistema di classificazione e di ricerca delle informazioni e anche qui gioca un ruolo chiave l’utente. È egli stesso infatti che grazie all’introduzione del concetto di “tag”, ovvero parole chiave, può indicizzare i contenuti selezionati secondo le sue esigenze e preferenze. In questo modo si crea una conoscenza condivisa non solo con la produzione di contenuti ma anche in virtù della capacità del singolo di ricercarli con parole chiave da lui generate. Nasce così il concetto di folksonomy3, una sorta di tassonomia creata dal “popolo della Rete”, dove persone diverse definiscono in modo diverso risorse simili, moltiplicando i percorsi mentali, mettendo in relazione le risorse e dando vita a una rete di contenuti (Maistrello 2006).

Non viene più utilizzato un metodo mono-dimensionale statico,

3 Neologismo di lingua inglese derivato dal termine “folks”, ovvero persone, e dal termine

“taxsonomy”, ovvero tassonomia, metodo di classificazione.

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rappresentato come un albero, ma un sistema multidimensionale, rappresentato efficacemente in maniera visibile da una nuvola, la cosiddetta tag cloud. (D’Ottavi, 2006)

Conseguenza diretta della folksonomy è la nascita dei bookmarking sites, ovvero siti web che aiutano gli utenti nella ricerca di informazioni, raccogliendo segnalazioni di notizie e contenuti rilevanti da parte di altri utenti permettendo al singolo una fruizione selettiva rispetto a notizie gia condivise da altri e potenzialmente interessanti.

Infine un altro aspetto interessante abilitato dalle tecnologie Web 2.0 è rappresentato dai cosiddetti Feed RSS che consentono all’utente di avere la notifica dei cambiamenti avvenuti nella pagina a cui fa riferimento4. I Feed ci permettono di essere aggiornati riguardo i contenuti di nostro interesse senza essere esposti a messaggi non rilevanti, si possono ad esempio ottenere giornalmente tutti gli aggiornamenti del proprio blog preferito o addirittura tenere traccia delle discussioni generate da uno specifico post.

Il Web 2.0 ha trasformato i siti web da contenitori di informazioni isolati a vere e proprie open source di contenuti e funzionalità, mettendo a disposizione dell’utente una piattaforma, un “ambiente” dove pubblicare contenuti, selezionare informazioni, creare interconnessioni e reti di contatti con altri utenti, condividere informazioni, emozioni, passioni.

Si aprono le porte perciò a nuovi modelli di business basati su un mercato basato sulle conversazioni, che registra una crescita nel valore economico della Rete ed un superamento del “dot.com boom” degli anni novanta.

1.2 La parte abitata della Rete

Nel suo ultimo libro Sergio Maistrello (2005) si riferisce al Web 2.0 come

4 L’indicazione dell’aggiornamento richiesto per una pagina viene inserito nel cosiddetto

“Feed Reader”, cioè un’applicazione che tiene in memoria tutti i feed, cioè le pagine riguardo ai cambiamenti delle quali l’utente vuole essere aggiornato.

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alla “parte abitata della Rete5” descrivendola come “l’insieme interconnesso di tutti i punti di presenza personale, un archivio gigantesco in cui i contenuti sono organizzati non più secondo sovrastrutture concettuali, ma in base all’unità di misura della società”.

La parte abitata della Rete è costituita da tutte quelle applicazioni che sarebbero vuote e inutili senza una comunità attiva di utenti che le riempie con i propri pensieri, le proprie opinioni, le proprie abilità, le proprie passioni. Qui tutto è interazione: i nodi della rete sono i punti di presenza delle persone, i collegamenti tra un nodo e l’altro rappresentano relazioni, i contenuti sono conversazioni e i link sono la moneta dell’economia e della conoscenza. Gli abitanti della rete siamo noi o meglio chiunque desidera esprimere se stesso, le proprie opinioni, incontrare e scambiare pareri con altre persone, mettersi in gioco, mettere a frutto la propria creatività, condividere (Maistrello 2007).

Del resto questa è l’assenza del Web come l’aveva concepita Tim Berners Lee all’inizio degli anni ‘90, che appunto l’aveva progettato perché avesse una ricaduta sociale, perché aiutasse le persone a collaborare. È così che scrive nel suo libro: “Il Web è più che un’innovazione tecnica. L’ho progettata perché avesse una ricaduta sociale, perché aiutasse le persone a collaborare, e non come giocattolo tecnologico. Il fine ultimo del Web è migliorare la nostra esistenza reticolare nel mondo” (Burnus Lee, 2001).

Finalmente le persone si sono riappropriate della rete di comunicazione; la tecnologia giusta, facile da usare, ha stimolato le persone giuste, in cerca di dialogo e di attività, dando vita a un enorme circolo virtuoso che non ha ancora esaurito il suo potenziale (Maistrello, 2007).

Il protagonista in Rete, grazie agli User Generated Media, diventa ogni singolo utente tanto che a conferma di ciò una rivista autorevole come Time Magazine ha dedicato la copertina nell’ultimo numero dell’anno – quello in

5 Il primo autore che ha parlato di “parte abitata della Rete” è Giuseppe Granirei nel libro Blog Generation (Laterza 2005).

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cui da sempre si segnala il personaggio che ha segnato i predenti dodici mesi – a un computer con sovraimpressa la scritta YOU, ovvero l’individuo in Rete.

La copertina di Time che ha eletto “Personaggio dell’anno” i cittadini della Rete.

1.3 I social media

Con il termine social media (o Consumer Generated Media) ci si riferisce a tutti quegli strumenti tipici del Web 2.0 che rendono possibile l’interazione tra gli utenti nel Web e la creazione e condivisione di contenuti. Sono luoghi virtuali che vanno a costituire la parte abitata della Rete, spazi pubblici aperti alla partecipazione e alla consultazione di qualsiasi utente; è qui che nascono le conversazioni sugli argomenti più disparati, dai grandi temi che riguardano da vicino la vita delle persone alla condivisione di interessi e passioni, ai giudizi su prodotti e servizi delle aziende.

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Si deve ai social media il cambiamento nel modo in cui gli utenti apprendono, leggono e condividono informazioni e contenuti in Rete. In essi si verifica una fusione tra sociologia e tecnologia che trasforma il monologo (da uno a molti) in dialogo (da molti a molti) ed ha luogo una democratizzazione dell'informazione che trasforma le persone da fruitori di contenuti ad editori.

Il messaggio nei social media al contrario dei media tradizionali viene generato e diffuso orizzontalmente con dinamiche e modalità differenti a seconda del mezzo, grazie ai social media il potere centralizzato dei media tradizionali viene attenuato dalla grande conversazione della Rete.

Con i social media il processo che porta alla formazione delle opinioni è frutto dello sforzo collettivo, i temi di discussione non sono quelli imposti dall’agenda dei media tradizionali ma quelli decisi dagli utenti (Guadagni, De Tommaso, 2007).

Gli individui hanno inoltre la possibilità di rielaborare e rilanciare secondo i propri punti di vista le informazioni alle quali hanno acceduto, per poi poterle condividere e mettere a disposizioni di altri utenti.

Brian Solis, professionista delle PR della Silicon Valley, e Jesse Thomas, web designer e artista, per aiutare le persone a orientarsi nel vasto paesaggio dei social media e dei molteplici canali di conversazione disponibili sul Web hanno disegnato il “prisma della conversazione” (Solis, Thomas, 2008) in cui si possono distinguere 3 macro categorie:

1. strumenti di produzione e produttività personale e di gruppo;

2. user generated media (siti web, forum, newsgroup, blog, microblog, podcast, web tv, mondi virtuali, social network);

3. filtri (motori di ricerca, social bookmarking, filtri di notizie, social aggregator).

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Il prisma della conversazione di Solis e Thomas. Fonte: www.theprismconversation.com

Di seguito verrà presentato un quadro generale dei principali social media presenti nel Web.

1.3.1 Newsgroup e Forum

I newsgroup e i forum rappresentano i primi strumenti del Web inteso come media collaborativo e nonostante l’avvento dei blog e social network essi – ma i forum in particolare – resistono nelle preferenze degli internauti dimostrando di conservare ancora un forte appeal sugli utenti che si dichiarano più influenzati dai forum che dai blog come mostra un’indagine sui consumer generated media di Digital Pr in collaborazione con TNS Infratest. Questo si deve sicuramente alla superiorità del lavoro collettivo rispetto a una voce singola (Guadagni, De Tommaso 2008).

I newsgroup sono dei gruppi di discussione che aggregano individui accomunati da interessi comuni, quindi attorno a tematiche che possono

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essere professionali, tecniche o anche molto specifiche. I messaggi al suo interno possono essere letti e scritti utilizzando client di posta o software dedicati. I forum invece si possono definire come dei luoghi virtuali dove le persone si incontrano per discutere, esprimere le proprie idee o semplicemente per ricercare informazioni, essi servono principalmente per conversare e seguire le conversazioni ordinate per tematiche e argomenti.

Solitamente i forum fanno parte di un sito e sono suddivisi per aree tematiche.

1.3.2 I Blog

La rivoluzione della Rete negli ultimi anni si deve sicuramente alla popolarità riscossa dal fenomeno dei blog. Questi strumenti di comunicazione interpersonale, asincrona, uno a molti, hanno fatto registrare un salto di qualità nella modalità di relazione degli individui in Rete. Se newsgroup e forum rappresentano spazi di discussione neutrali dove è il lavoro collettivo a rendere interessante queste community, per quanto riguarda i blog le cose sono diverse in quanto qui è la persona, attraverso la sua impronta identitaria, che può renderlo speciale e interessante per il lettore (Guadagni, De Tommaso, 2008).

Ma che cos’è un blog? Il blog6 è un sito internet organizzato sotto forma di diario virtuale, dove l'utente-autore, chiamato blogger, può riportare determinate informazioni, quali i suoi pensieri personali, notizie, curiosità, articoli su diverse tematiche, che prendono il nome di post.

La sua particolarità è quella di essere gestito da un software per la gestione dei contenuti (CMS – Content Management System) che automatizza e rende elementare l’inserimento, la pubblicazione e l’archiviazione di testi, immagini ed elementi multimediali, presentando i contenuti pubblicati in una rigida successione temporale. Quindi visto da dentro il blog presenta

6 La parola blog nasce dalla contrazione di Web log, letteralmente “diario su Rete”.

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una netta divisione tra i contenuti e la loro presentazione: il testo, le immagini e gli altri contenuti multimediali sono raccolti in un database e da questo sono richiamati e di volta in volta posizionati sulla pagina finale in base a ciò che il visitatore chiede di consultare. I contenuti quindi si posizionano in un template, una pagina vuota dotata degli elementi essenziali del progetto grafico nella quale sono indicati gli ancoraggi per i contenuti e tutte le variabili che possono determinare l’aspetto finale.

Visto da fuori il blog si articola in una struttura a colonne sormontate da una fascia orizzontale in apertura in cui si trova l’intestazione ed eventualmente una fascia orizzontale a piè di pagina. La colonna più ampia ospita i post disposti in ordine cronologico, mentre quelle laterali riportano raccolte di collegamenti ipertestuali (blogroll), l’accesso alle pagine di archivio e informazioni sul blog e l’autore. A margine di ciascun post compare la firma dell’autore, la data e l‘ora di pubblicazione, il permalink (indirizzo che identifica in modo univoco il post) e i commenti.

Il blog è uno strumento elementare per pubblicare contenuti in Rete ma il suo successo sta nel fatto che chi lo usa esalta la natura ipertestuale e relazionale di Internet. Un blog associa una persona a un nodo della Rete:

attraverso i link, da ogni punto di presenza l’attenzione viene spostata in altri punti di presenza e ad altri siti, questo avviene quando i blogger per esempio indicano i link dei blog amici (il cosiddetto blogroll) o quando intervengono commentando post presenti in altri blog. L’interazione è garantita inoltre da altri strumenti quali la folksonomy e il feed ma soprattutto dalla possibilità da parte di altri utenti di lasciare commenti. In questo modo nascono delle vere e proprie conversazioni e relazioni su più temi generati e discussi da più utenti attivi e partecipativi sul Web (Maistrello, 2007).

Oggi con i blog chiunque è in grado di pubblicare i propri contenuti, senza possedere alcuna particolare preparazione tecnica grazie a piattaforme di

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blogging7 gratuiti. La diffusione capillare di questo fenomeno è dovuta in gran parte proprio a questo aspetto mentre da un punto di vista psicologico la blog explosion di questi anni risponde probabilmente a bisogni reconditi di carattere edonistico come ad esempio esercitare e autocompiacere le proprie capacità scrittorie e giornalistiche ma soprattutto esprime il bisogno delle persone di uscire dall’isolamento per ritornare al dibattito, al contatto diretto per partecipare in prima persona, esprimendo i propri pensieri e i propri punti di vista cercando un confronto con gli altri. Il blog da la possibilità a ciascuno di essere presente ed esprimersi.

L’importanza dei blog è evidente: essi rappresentano la versione telematica del vecchio passaparola, il canale più potente per promuovere le proprie idee, prodotti o servizi.

1.3.3 I social network

Letteralmente un social network consiste nella rete di relazioni sociali che ciascun individuo costruisce quotidianamente in maniera più o meno casuale nei vari ambiti della vita. Di fatto costituisce il capitale relazionale di una persona, che può essere utilizzato per scopi diversi, e poggia su relazioni fidate, ovvero ciascuno nella rete sociale ha la personale fiducia di almeno un altro membro che lo ha introdotto all'interno del gruppo.

È un fenomeno che si basa sulla teoria dei 6 gradi di Stanley Milgram del 1967, secondo la quale grazie a persone legate tra loro da conoscenza reciproca è possibile contattare chiunque nel mondo con non più di cinque passaggi intermedi.

Internet ha amplificato e reso accessibile a tutti la possibilità di sfruttare in modo esponenziale il social networking ed in questo modo sono nati moltissimi social network. Il funzionamento di un social network è molto

7 Esistono diverse piattaforme di blogging sul web che offrono servizi gratuiti come Splinder, Blogger, MSN Spaces, Wordpress, per un servizio personale occorre invece accedere a servizi a pagamento come Typepad o DBlog.

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semplice: una volta registrato, ciascun utente spontaneamente o su invito di un membro costituisce il proprio profilo con informazioni personali a sua discrezione. Dopo aver creato il profilo, l'utente iscritto può costituire il suo network, invitando a farne parte i propri amici, i quali come in una sorta di contagio virale faranno lo stesso, ottenendo un allargamento indiretto della cerchia di contatti.

Incontrarsi, conversare, discutere, imparare, collaborare, condividere passioni, sono i diversi obiettivi che alimentano il consolidarsi di queste reti.

Esistono diverse tipologie di social network che si possono così classificare (Massarotto 2008):

• Social network generalisti: sono aggregatori di persone che condividono contenuti di qualunque forma e genere. Esempi sono Facebook e Myspace. Non sono dedicati a nessun argomento in particolare, sta ad ogni singolo utente crearsi la propria rete di contatti in base alle proprie relazioni e interessi.

• Social network tematici: aggregano persone attorno a un tema o materia, per esempio la musica su Last.fm dove le persone ricercano nuova musica, amici appassionati dello stesso genere musicale, informazioni, concerti, o il lavoro su LinkedIn, dove si pubblica il proprio curriculum, si ritrovano ex colleghi, si cercano persone da assumere o collaboratori, ci si scambia conoscenze sul business.

• Social network semipubblici: si caratterizzano per un meccanismo by invitation only, ovvero per partecipare bisogna essere stato invitato da un membro. Il più popolare e attivo social network di questa tipologia è aSmallWorld che aggrega persone dell’alta borghesia di tutto il mondo, estremamente selettivo ma con un altissimo livello di interazione e fiducia tra i membri.

• Social network mediatici: sono caratterizzati da contenuti che hanno una forma specifica: video (YouTube), foto (Flickr), presentazioni (SlideShare) o altro e l’intera struttura e le funzionalità sono volte a

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valorizzare i contenuti.

Il fenomeno Facebook

Per comprendere il funzionamento dei social network di seguito riporto un articolo di Spadaro8 che descrive Facebook uno dei social network più famoso e diffuso al momento, le cui caratteristiche e funzionalità sono simili in linea di massima alla maggior parte dei social network.

Facebook nasce nel febbraio 2004 quando Mark Zuckerberg, allora diciannovenne studente di psicologia ad Harvard lancia un progetto per mettere online i profili degli iscritti ad Harvard, in gergo appunto Facebook.

L’idea di base dunque è molto semplice: collegare studenti, rispondere a una voglia diffusa di socializzazione e di nuove conoscenze all’interno di un ambito giovanile e di studio.

Dopo poco tempo molte università americane si sono iscritte a Facebook e dal 2006 chiunque ha compiuto tredici anni di età e possiede un' email può iscriversi gratuitamente e crearsi il suo account.

Facebook permette l’aggregazione di persone legate realmente o potenzialmente da qualcosa di specifico (amicizia, interessi…) in maniera da poter anche scegliere chi accettare all’interno del proprio gruppo di amici con i quali restare collegati.

Fra tutte le piattaforme di social network, Facebook si distingue per capacità di sviluppo: ha più valore e successo perché alto è il potenziale numero di nuovi amici, che si possono incontrare e di quelli che già si conoscono ma dei quali nel tempo si sono perse le tracce (compagni di classe, amici d’infanzia, persone conosciute durante viaggi, conoscenze all’estero…). La capacità di collegare le persone è dunque il punto di forza di di questo social network. Non è un caso che Chris Hughes, co-fondatore di Facebook,

8 SPADARO A. «Il fenomeno “Facebook”», in La Civiltà Cattolica 2009.

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studente di storia e letteratura e compagno di camera di Mark Zuckerberg ad Harvard, a 25 anni sia diventato il coordinatore della massiccia e fortunata campagna elettorale in Rete del nuovo presidente degli Stati Uniti Barack Obama. Questo ragazzo ha capito che i sistemi di social network - e Obama è stato presente in 15 di essi - potevano permettere ai sostenitori di comunicare tra di loro, generando un vero e proprio movimento dal basso.

Iscriversi a Facebook è molto semplice: basta inserire il proprio indirizzo e- mail e scegliere una password. Quindi, entrati nel sistema, è possibile iniziare a cercare i propri amici. In questo network ci si presenta per chi si è veramente, col proprio nome e cognome, e con il proprio volto reale.

Facebook non è il luogo dell’anonimato o dell’identità falsata (come ad esempio Second Life), ma quello della condivisione di ciò che si è e si fa realmente.

In genere, basta cercare i propri amici col loro nome e cognome per trovarli, se essi sono già iscritti, ovviamente. Man mano che si trovano amici è possibile chiedere di diventare loro amico nel sistema. Se l’altro conferma, è possibile accedere al suo profilo e vedere chi sono i suoi amici e così magari, sfogliando l’elenco, è possibile anche trovare ancora altri amici e così via. Accettare un amico su Facebook significa accettare di condividere l’elenco dei propri amici e dunque rendere possibile una sorta di scambio e di conoscenza reciproca, di vita e di relazioni.

E con gli amici si condivide ciò che si pubblica nel proprio profilo, il quale si compone di molti elementi grazie a una serie di applicazioni in continua evoluzione. Tuttavia ci sono alcuni elementi di base che possiamo definire standard per ogni profilo: una fotografia, una bacheca, le “info”, cioè le informazioni, e le foto. Le informazioni mostrano i dati anagrafici, le attività professionali, il grado di istruzione e i luoghi di formazione, la condizione di stato civile, ma anche l’orientamento sessuale e quello religioso dell’utente, mentre la bacheca (o wall) rappresenta il cuore di ogni profilo.

Essa è una sorta di lavagna nella quale è possibile scrivere momento per

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momento, usando una breve frase, quello che si sta facendo o pensando, il proprio “stato” nel gergo di Facebook, e in questo modo rendere queste informazioni pubbliche per gli amici. Nel momento in cui l’utente scrive il proprio stato, i suoi amici possono commentarlo.

Quando poi si accetta l’amicizia di una persona, il fatto viene reso pubblico sulla propria bacheca. E questo avviene anche quando si modifica in qualunque modo il proprio, ad esempio, quando si caricano fotografie o si pubblica una nota di testo (una riflessione, una citazione, un pensiero…) o si risponde a un quiz o a un test, o si aggiunge un link a una pagina web che si ritiene interessante o si carica un video pubblicato su YouTube.

Ogni aggiunta al proprio profilo può essere commentata dagli amici: i commenti vengono tutti pubblicati sulla propria bacheca, uno dietro l’altro.

Ogni elemento aggiunto al proprio profilo o alla propria bacheca costruisce un pezzo dell’identità dell’utente, cioè della sua immagine pubblica.

Le applicazioni che si possono usare su Facebook e che permettono di aggiungere contenuti al proprio profilo e alla propria bacheca sono in continuo aumento. Ad esempio, è possibile, grazie all’applicazione Books, segnalare i libri che si stanno leggendo e così conoscere, tra coloro che nel mondo la usano, gli altri che li stanno leggendo e, magari, condividere con loro impressioni di lettura. È possibile anche grazie a Causes rendere pubblica una causa da difendere o invitare i propri amici a aderire a petizioni o manifestazioni pubbliche. È possibile inoltre segnalare a tutti le città del mondo che si sono visitate, indicare le proprie preferenze musicali e i prossimi concerti a cui si parteciperà.

Su Facebook si può diventare fan di personaggi famosi, grandi pensatori, artisti, divulgandone la fama tra gli amici. Ma allo stesso modo è anche possibile creare pagine fan di prodotti e brand.

È poi possibile inviare un messaggio a tutti i membri o anche costruire un evento a cui invitare amici e iscritti. Usare Facebook per darsi un appuntamento reale è pratica che si sta diffondendo, sostituendo telefonate

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ed e-mail.

Nella pagina del proprio profilo appare anche pubblicità su una colonna laterale, in maniera evidente, ma non pesantemente invasiva. L’utente, se vuole, può esprimersi con un sistema abbastanza semplice sulla pubblicità che vede apparire accanto al proprio profilo, e valutarla positivamente o negativamente in modo che il sistema si autoregoli sulla base dei contenuti offerti.

Facebook permette ai suoi utenti di sentirsi e vedersi parte di una rete di relazioni che hanno un volto e una storia quotidiana alla quale si può partecipare con un click. Se io vado sulla mia home, cioè la prima schermata che mi appare quando mi connetto alla piattaforma, in un colpo d’occhio vedo lo stato aggiornato dei miei amici, e dunque apprendo che cosa stanno facendo, posso visitare poi il loro profilo e saperne di più, magari vedendo chi sono i loro nuovi amici o leggere le loro riflessioni, vedere le nuove foto che hanno scattato, e così via. È possibile trovare anche qualche amico on line e chattare con lui direttamente o inviare messaggi grazie a un sistema ad hoc. Facebook dunque permette di sviluppare relazioni e, d’altra parte, permette ad altri di svilupparle con noi.

Infatti chi aggiorna il proprio stato o fa l’upload (cioè “carica”, come si dice in gergo) di materiali personali lo fa perché altri possano conoscerli, leggerli, vederli.

Facebook dunque serve per entrare nella vita degli altri e permettere agli altri di entrare nella propria. Gli “altri” non sono tutti, ma coloro con i quali si decide di stabilire una relazione. Ovviamente è possibile abbassare i livelli di privacy ed esporre il proprio profilo al mare della Rete, ma questa logica, tutto sommato, è incoerente con quella della piattaforma, che invece tende a creare una rete in qualche modo circoscritta di amici e non una sorta di pagina completamente aperta al pubblico (Spadaro, 2009).

L’8,5% della popolazione italiana ha un profilo Facebook e la sua crescita continua ad un ritmo del 30% di nuovi iscritti mese su mese. Da fine

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Gennaio ad oggi gli utenti sono cresciuti di 2 milioni, arrivando a sfiorare gli 8.500.000 (il 38% della popolazione connessa)9. Dal 2007 è stabilmente nella top ten mondiale dei siti più visitati al giorno.

Facebook quindi è una realtà sempre più importante della Rete e conferma che la logica fondamentale del Web è quella relazionale, sociale oltretutto se si pensa che questa piattaforma, sebbene peculiare perché tutta centrata sulle relazioni, non è l’unica.

Il fenomeno Facebook, peculiare per caratteristiche, successo e rapidità di diffusione, più di altri ha fatto comprendere come i rapporti tra le persone siano al centro del sistema e dello scambio dei contenuti, che sempre più appaiono in Rete fortemente legati a chi li produce o li segnala. Riemergono dunque con forza i concetti di persona, autore, relazione, condivisione, partecipazione,… (Spadaro, 2009).

Grafico che mostra la crescita esponenziale degli utenti di Facebook. Fonte: Piattaforma Advertising di Facebook

1.3.4 Le Wiki

Una wiki10 è un sito web, (o comunque una collezione di documenti ipertestuali) che può essere modificato dai suoi utilizzatori e i cui contenuti

9 Fonte dei dati: Piattaforma Advertising di Facebook.

10 Il termine Wiki deriva da un termine in lingua hawaiiana che significa "rapido" oppure

"molto veloce" a cui si ispirò Ward Cunningham , il padre fondatore del primo wiki.

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sono sviluppati in collaborazione da tutti coloro che ne hanno accesso, come in un forum. La modifica dei contenuti è aperta e libera, ma viene registrata in una cronologia permettendo in caso di necessità di riportare la parte interessata alla versione precedente; lo scopo è quello di condividere, scambiare immagazzinare e ottimizzare la conoscenza in modo collaborativo. I wiki sono l’esempio più significativo del nuovo modo di intendere il Web come un universo aperto.

Caratteristica chiave delle wiki è la gestione dei link: qualunque parola può essere resa ancora per un collegamento ipertestuale e dare vita autonomamente ad una nuova pagina, a cui verra assegnato lo stesso nome dell’ancora a cui ha avuto origine.

Il wiki è un sistema di pubblicazione che si adatta bene ad alcuni ambiti specifici, in particolare quelli in cui l’organizzazione delle informazioni ripercorre una struttura gerarchica e condivisa: enciclopedie, glossari, manuali, liste. L’esempio più clamoroso dell’applicazione delle wiki è Wikipedia, un’enciclopedia on line libera e gratuita alla cui stesura tutti possono partecipare.

1.3.5 Le community

Simili ai social network sono le community, che dai primi si differenziano per il fatto che esse uniscono persone legate da passioni e interessi comuni.

Quelle che vengono chiamate comunità all'interno dello spazio virtuale possono essere definite come: “aggregazioni sociali che emergono dalla rete quando un certo numero di persone porta avanti delle discussioni pubbliche sufficientemente a lungo, con un certo livello di emozioni tanto da formare reticoli di relazioni sociali nel cyberspazio” (Muzi, Falconi 2006).

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In esse è assente la prossimità fisica ma è presente il senso di appartenenza, il condividere interessi considerati rilevanti e la possibilità continua di relazione tra i membri.

La particolarità della community è che essa viene costituita da utenti che hanno in comune determinati interessi, e per questo tutte le discussioni ed interazioni che avvengono al suo interno ruotano intorno a tali temi.

Un esempio di community molto interessante è quella di DeviantArt, comunità online di artisti e aspiranti artisti, nata nel 2000. DeviantArt pubblica gratuitamente le creazioni artistiche, dette “Deviation”, dei suoi utenti, denominati deviant; esse possono essere prosa, poesia, fotografie, disegni, elaborazioni digitali - i prodotti più comuni - ma anche artigianato, animazioni e giochi creati in Flash e progetti relativi alla community , come foto di meeting, concorsi, immagini di stock utilizzabili da altri Deviant nei loro lavori. Dopo la registrazione ogni utente dispone di una pagina personale all'interno di DeviantArt con tutte le sue deviation. L'utente registrato può ricevere e lasciare commenti, suggerimenti, critiche sugli altri Deviant e Deviation. Oltre ai servizi di forum e chat, all'interno della community gli utenti possono collaborare nella creazione di una deviation, inoltre l'utente può vendere le proprie opere sottoforma di stampe su foto, poster, mousepad o altri oggetti di merchandising.

Esistono poi la brand community, community che considerano la marca come aspetto centrale e che permettono la relazione tra consumatori, brand e azienda (cfr. cap. 5).

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CAPITOLO SECONDO

La rivoluzione del consumatore

2.1 Il consumatore nell’era del Web partecipativo

I principali cambiamenti che caratterizzano, da un punto di vista sociologico la società postmoderna, definita anche “società dell’informazione” sono riassumibili in (Cova, Giordano, Pallera, 2007):

• informazione come risorsa principale;

• globalizzazione;

• postmaterializzazione della società, dove la ricerca dell’identità e della realizzazione personale diventano predominanti rispetto ai desideri più materialisti;

• capacità umana di ricevere, processare e trasmettere informazioni.

Si è passati da una società in cui i principali mezzi di comunicazione erano quelli di massa unidirezionali a una società in cui lo scambio di informazioni avviene tra utenti, many to many, grazie alle logiche del Web partecipativo; da un era in cui il brand era il protagonista, a un era in cui il singolo soggetto è il protagonista e il cliente assume una posizione di potere rispetto alla marca, grazie alle possibilità di ri-codificare il senso dei messaggi a lui direzionati e di produrre messaggi egli stesso.

Nell’epoca moderna il consumatore è come se avesse affrontato un lungo periodo di apprendistato nel mondo dei consumi tanto che oggi, nell’epoca postmoderna, si dimostra più esigente, selettivo, attento, difficile da accontentare. È un soggetto disincantato e laico, autonomo e responsabile, consapevole che i consumi sono anche una forma di linguaggio con cui

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comunica la propria identità, ma non solo, egli è sempre più attivo, partecipativo, protagonista, creativo, orientato a comportamenti sociali e comunitari (Fabris 2008).

Di seguito analizziamo quali sono gli aspetti più importanti che caratterizzano il consumatore postmoderno.

2.1.1 Dai target alle persone

Ci troviamo di fronte a un nuovo consumatore che non si pone più in maniera acritica e passiva nei confronti di chi comunica, ma che sempre più si propone come attore critico.

La parola “target” diventa quindi obsoleta, perché indica un vecchio concetto di destinatario della comunicazione: chiamandolo “obiettivo” gli si toglie personalità e identità. Invece, “consumatore” oggi vuol dire sempre più personalità e identità, accentuando la propria unicità(Gargiulo 2006).

La parola target si rifà, come molte altre parole usate nell’ambito del marketing (campagna, slogan), a un linguaggio militare che rileva un atteggiamento aggressivo da parte delle aziende. Questo approccio è da superare, utilizzando nuovi termini in grado di trasferire un atteggiamento più umano dell’azienda nei confronti dei consumatori che devono essere considerati prima di tutto delle persone, decretando definitivamente il passaggio dalla guerra alla collaborazione (Cova, Giordano, Pallera, 2007).

Il Web partecipativo, in quest’ottica ha reso possibile il costituirsi di nuove dinamiche di interazione tra marca e persone e tra persone e persone rispetto alla marca (da one to many a many to many), permettendo un dialogo tra soggetti alla pari superando il vecchio modo di fare comunicazione unidirezionale.

L’immagine della marca in questo contesto non è più nelle mani di un solo emittente, l’azienda, ma nelle mani dell’intero pubblico, infatti come sostiene Semprini una marca è costituita dall’insieme dei discorsi tenuti su

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di essa dalla totalità dei soggetti coinvolti nella sua generazione (Semprini 2002).

2.1.2 I prosumer co-creatori di conoscenza e valore

Oggi è fondamentale il ruolo svolto dalle persone, intese non più solo in termini di consumatori ma come veri e propri prosumer (Toffler 1987) che producono senso.

Il termine prosumer, neologismo derivato dagli Stati Uniti, frutto dell’unione tra Producer e Consumer, sta proprio ad indicare un nuovo profilo di consumatore che produce e consuma allo stesso tempo conoscenza e valore.

Il consumatore da variabile passiva, diventa variabile attiva e viene coinvolto nel processo aziendale, dalle fasi di progettazione alle fasi di produzione. Diventa centrale il concetto di interazione e collaborazione, rispetto ad approcci di marketing di informazione e persuasione del cliente.

Grazie ai social media e le logiche del Web partecipativo il coinvolgimento del cliente nel processo di creazione del valore viene amplificato, le persone possono parlare delle proprie esperienze, esprimere giudizi e produrre contenuti e attraverso le loro interazioni in Rete, aumenta anche il valore condiviso.

Molti oggi parlano anche di consumattore (Zorino 2006) per sottolineare il nuovo protagonismo degli individui, la loro esigenza di partecipare e di dire la loro su qualsiasi argomento. I nuovi consumatori, grazie anche alle nuove tecnologie hanno la possibilità di modificare a proprio piacimento, mettendoci del proprio, qualsiasi messaggio: lo manipolano, ne parlano, lo diffondono secondo i principi della buona conversazione e del reale interesse di ogni singolo individuo. L’emittente non può fare molto, il potere è nelle mani del consumatore, egli però può cercare di instaurare un dialogo con i propri destinatari.

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2.1.3 Il consumatore centauro

Yoram Wind e Vijay Mahajan (2002) parlano nel loro libro di una nuova tipologia di consumatore che definiscono “consumatore centauro”, un consumatore ibrido, sempre più multimediale e multicanale, imprevedibile nelle scelte e nei comportamenti.

Il centauro accede alle informazioni attraverso più canali mescolando bisogni e comportamenti consolidati con nuove modalità interattive, si trova a suo agio in Rete ma non ha smesso di utilizzare i media e i canali tradizionali per informarsi e fare acquisti muovendosi con familiarità e autonomia in un universo fatto di attività online e offline che vanno dal contatto diretto con il personale del punto vendita, alle brochure, ai siti web, alle community, ai forum, blog, sms, call center…, canali controllati dal sistema offerta e non.

Si tratta di clienti che cercano il contatto diretto con l’azienda nell’ambito di tutte le fasi del processo d’acquisto: le fasi di pre-vendita, di consumo e di post-vendita sono, allo stesso modo, obiettivi di interesse informativo per i consumatori multicanale.

Il consumatore oggi, grazie alla multicanalità, può fare acquisti sempre e ovunque, ha a disposizione tante opzioni di prezzo (ad esempio grazie alle aste online e sistemi di prezzo fai da te), può entrare in relazione con l’impresa e con altri consumatori più facilmente e ha la possibilità di acquisire una visione globale attraverso l’accesso alle informazioni 24 ore su 24 e a livello mondiale.

Le decisioni d’acquisto e le relazioni del consumatore con la marca sono fattori indotti dall’interazione con diversi canali di comunicazione che, anche se fondati su tecnologie diverse e magari non integrate tra loro attivano un’esperienza coerente con i valori della marca.

2.1.1 Il rinnovato bisogno di socialità

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