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Le implicazioni dei social media nel rapporto tra imprese e consumatori

“Le aziende che non capiscono che i loro mercati sono ormai una rete tra singoli individui, sempre più intelligenti e coinvolti, stanno perdendo la loro migliore occasione”

Art. 18 Clutrain Manifesto

In questo contesto, caratterizzato dall’emergere di un nuovo consumatore e un nuovo Web, come devono muoversi le aziende?

Nell’epoca della flessibilità e dinamicità, sarebbe sbagliato restare indifferenti e rimanere aggrappati ai vecchi modelli di marketing e comunicazione. Al contrario, la strategia più efficace consiste nell’acquisire una visione sempre più orientata al mercato e sensibile ai segnali e agli stimoli, seguendo il modello del “sense and respond” cioè “ascolta e rispondi”.

Scendendo nel concreto, occorre innanzitutto iniziare a sfruttare uno dei più grandi vantaggi del Web partecipativo, e cioè la possibilità di rilevare cosa l’utente realmente desidera e pensa.

Internet è diventato come una gigantesca piazza virtuale, una piattaforma aperta, luogo di scambio e di incontro. Se si vuole avere presa sui consumatori occorre, quindi, dialogare con loro. Nell’era del Web 2.0 la parola d’ordine deve essere interattività (Marini 2008).

Le aziende devono mettersi in gioco, innovarsi e accettare le novità ma anche, se è il caso, bocciare i costosissimi investimenti fatti in passato.

I bellissimi “siti vetrina” dove l’utente non può far altro che stare a guardare può essere un ottimo sito, ma l’unica cosa che comunica agli utenti è quanto si è bravi a creare un sito. Non si riesce a interpretare come l’utente veramente reagisce e percepisce il sito, non si ottiene nessuna indicazione neanche su come evolversi in futuro. Bisogna dotarsi degli strumenti giusti, essere più vicini agli utenti, interagendo con loro, dando loro la possibilità di esprimersi, dire la loro e essere coinvolti in prima persona nelle attività della marca.

La comunicazione del brand nel Web 2.0 deve intrattenere il pubblico, stupirlo, stimolare la conversazione e innescare i meccanismi di diffusione virale. Si deve passare da un’ottica in cui ci si rivolgeva ad una massa indifferenziata a un ottica in cui si utilizzano forme e mezzi di comunicazione sempre più tribali, che si rivolgono esclusivamente alle persone più interessate e influenti.

Le aziende devono imparare a sfruttare le enormi potenzialità che il Web oggi offre per:

• ascoltare i propri consumatori;

• dialogare ed entrare in relazione con loro, condividendo conoscenza;

• creare un legame tra loro e la marca;

• stimolarli, coinvolgerli, renderli partecipi alle attività della marca.

Ascoltare è la cosa più importante: all’inizio è necessario fare una grande ricerca di partenza in Rete per capire chi parla del brand e cosa dice, quali sono gli ambienti Internet più importanti per il proprio mercato e per i propri clienti. Il materiale potrà essere moltissimo come non essercene, in entrambi i casi bisogna trarne degli spunti strategici. Dopo questa prima grande ricerca bisogna tenersi sempre aggiornati su quanto viene detto.

È fondamentale poi accettare quello che si dice dell’azienda, capire che se qualcuno parla male c’è una ragione. Non si può assolutamente cercare di censurare o nascondere ma è necessario capire i motivi e migliorarsi:

provare a relazionarsi e spiegarsi onestamente con chi si lamenta è un primo passo. Se non si è disposti ad accettare, è meglio evitare anche di ascoltare.

Quando si è chiamati in causa rispondere è la premessa per costruirsi una buona reputazione. Rispondere significa non soltanto replicare quando viene detto qualcosa di sbagliato o falso su di se, ma anche intervenire per segnalare contenuti interessanti propri o di altri prodotti che possono integrare una discussione, e infine rispondere alle domande che vengono poste su di se in particolare ma anche in generale nei forum.

Ma rispondere non basta, il passo successivo è creare contenuti di interesse per i propri clienti e informazioni che riguardano il proprio brand. Ciò significa non soltanto curare al massimo i testi del proprio sito e blog ma anche creare video, foto e contenuti multimediali in genere. È buona cosa tenere un blog, aprire un canale su YouTube e un account su Flickr, comunicare con Twitter, curare la propria voce su Wikipedia ed essere presente sui principali social network.

I contenuti creati vanno poi condivisi lasciando agli altri la libertà di condividerli in modo da attivare il passaparola. E’ il modo migliore per ottenere visibilità sui social media, dove l’informazione tende a essere diffusa di mouse in mouse. È opportuno condividere anche i contenuti che si ritengono interessanti ma che sono stati creati da altre persone: in questo modo si possono instaurare relazioni con le persone su Internet e ottenere credibilità.

L’azienda deve partecipare il più possibile: essere presente nei principali social network e siti di settore, nei commenti dei blog importanti, farsi trovare anche sui motori di ricerca. Su Internet cercare di portare le persone sul proprio sito per poi comunicare richiede molte più risorse che comunicare direttamente dove le persone sono: inoltre quest’ultima strategia risulta più efficace perché consente di targetizzare i propri modelli comunicativi a seconda delle persone presenti in ogni specifico ambiente virtuale.

Fondamentale è creare una relazione paritaria con i propri clienti, coinvolgendoli, rendendoli parte attiva nelle attività della marca, magari mettendo anche a disposizione degli ambienti dove i consumatori possano relazionarsi tra loro.

Ma soprattutto un’azienda sul web deve divertirsi, essere motivata e mettere passione in ciò che fa. Questa è la premessa per fare un buon lavoro sui social media: se ci si preoccupa troppo dei risultati si rischia di apparire falsi. Sui social media bisogna essere creativi, disponibili a investire del tempo per parlare davvero con le persone, per guardare video, ed essere aperti a scoprire ogni giorno cose nuove. (Polico 2009)

Gli strumenti a disposizione sono molteplici e verranno analizzati approfonditamente nei capitoli successivi attraverso anche la presentazione di diverse case history di successo.

CAPITOLO TERZO