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Creare un legame con le persone in Rete

5.3 La gestione di una brand community

Prima di creare una brand community è necessario in primo luogo capire se ha senso crearne una, cercando di capire se i propri consumatori rappresentano già una community o se possono diventarla quindi se c’è una passione che ruota attorno al brand che può dar vita alla creazione di legami, e alla voglia di scambiare opinioni, esperienze, consigli. I possessori di una Mini o una Ducati entreranno volentieri a far parte di una community, come i collezionisti di oggetti Thun o di orologi Swacth perché questi consumatori sono accomunati da una grande passione, sono dei fan del brand. Allo stesso modo altri gruppi che potrebbero far parte di una community comprendono quelli in cui le persone si forniscono

spontaneamente un supporto reciproco, si scambiano consigli e raccontano delle esperienze che li accomunano come le mamme che si incontrano nella community di Pampers. È molto difficile che esistano community di persone che consumano questi o quei biscotti, in quanto manca un buon motivo, una passione per creare un legame.

Valutato ciò bisogna essere consapevoli del fatto che per avviare una community ci vuole costanza nel supportarla e mantenerla viva nel lungo periodo. Una community ha bisogno di cure e nutrimenti in termini di contenuti, nuove funzionalità e restyling per rimanere attuale e preservare i successo (Li, Bernoff, 2008).

Nel libro “Marketing Reloaded” Boaretto, Noci e Pini (2007) danno alcune indicazione su come un’azienda dovrebbe comportarsi nella gestione di una brand community.

Un’azienda che decide di sviluppare una brand community deve innanzitutto individuare gli strumenti necessari per favorire lo sviluppo delle relazioni tra i consumatori, deve quindi pensare a un luogo di interazione virtuale dedicato ai membri della comunità, dove questi possano relazionarsi con chi condivide la stessa passione al fine di condividere emozioni ed esperienze vissute.

Per questo motivo l’impresa deve sviluppare tutti gli strumenti di interazione che possono rendere possibile un dialogo tra i consumatori.

Questi possono essere:

• forum o chat dove i membri possono scambiarsi pensieri sulla marca, pareri, dubbi, consigli, raccontare le proprie esperienze e intrattenere discussioni sui temi rilevanti;

• un blog dove l’azienda può rccontarsi e inserire novità e nuovi prodotti allo scopo di confrontarsi con i membri e dare loro l’occasione di poterne discuterne;

• sezioni dove i membri possono condividere foto e video mentre utilizzano il prodotto o dove possono mostrare agli altri utenti le proprie

collezioni legate al prodotto. Nella community di Nutella ad esempio esiste una sezione chiamata “Nutella art & Collection” dove sono raccolte tutte le foto che i nutellari inseriscono nei propri album e un’area “Collezioni” dove si trovano le foto dei collezionisti italiani dei bicchieri di Nutella e dove si possono trovare gli altri collezionisti e fare degli scambi;

• spazi virtuali dove si può giocare o avere dei momenti di svago e divertimento;

• un social network interno dove ogni membro può creare la propria pagina personale e interagire con gli amici.

Oltre a strumenti virtuali occorre anche favorire interazioni di tipo reale, organizzando ad esempio incontri ed eventi che consentano ai membri di incontrarsi fisicamente. Gli incontri offline risultano molto importanti per aumentare il livello di coinvolgimento e la voglia di partecipare, essi rappresentano un’opportunità per consolidare significativamente l’interattività nella comunità, mantenendola viva e attiva. Come ha sottolineato Maffesoli, Internet crea sì delle relazioni virtuali fra i soggetti, ma una parte di questi legami, almeno un quarto, diventano legami reali (Mola, 1998).

L’importanza degli eventi come meccanismo d’interazione e abilitazione di processi di socializzazione è evidente, ad esempio, nel caso di Mini che ha scelto di non lasciar dialogare i suoi brand appassionati solo all'interno dello spazio web ma di creare una serie di incontri reali che possano fare da moltiplicatore del senso di comunità, i raduni Mini. Questi si svolgono annualmente e prevedono due giornate in cui vengono organizzati viaggi itineranti a bordo della propria Mini, degustazioni gastronomiche e competizioni su circuito. All’interno della community49 poi i Mini drivers

49 www.minidriverlounge.mini.it

pubblicano le immagini e i racconti delle esperienze che hanno vissuto insieme, durante questi incontri.

In entrambi i casi, sia negli ambienti virtuali che reali, la cosa importante è che l’azienda trovi delle soluzioni adeguate per far sentire a proprio agio i membri della comunità, incoraggiandoli ad interpretare relazioni multilaterali.

Un altro aspetto che l’azienda deve valutare nella gestione di una community è la dimensione e i criteri di accesso. Non bisogna sottovalutare il fatto che una community troppo grande rischia di annulare l’intimità tra i membri. Non è detto quindi che una community più iscritti ha meglio è, l’importante è che ci sia una forte affinità tra i consumatori e il brand, si potrebbe dire che nelle brand community vale più la qualità che la quantità.

È per questo che a volte può risultare conveniente limitare l’accesso alla community solo a coloro che sono clienti del brand o proprietari effettivi del prodotto oppure a coloro che sono disposti a pagare una quota annuale di iscrizione. Questo rende la community più esclusiva e quindi facilmente più ambita e desiderata ed enfatizza il senso di appartenenza provato dalle persone. Chiaramente questo approccio è giustificabile nel caso di prodotti di culto o esclusivi. Ad esempio l’accesso alla community di Thun richiede il pagamento di una quota di iscrizione, mentre nel caso di Mini la partecipazione al club richiede il possesso del prodotto, non avrebbe senso invece limitare l’accesso a community come quella di Nutella.

È opportuno inoltre che il brand offra dei servizi esclusivi ai membri della community, come sconti, promozioni speciali, convenzioni con soggetti terzi, offerte di entertainment, giochi e intrattenimento. L’aspetto più importante è informare più in dettaglio su tutta la propria filiera, dare anticipazioni sui propri progetti, attività e prodotti, privilegiare la comunità per l’acquisto e la prova di nuovi prodotti, svolgere attività di couseling, dare loro la possibilità di dialogare direttamente con i manager e con la proprietà, comunicare insomma con la propria comunità in modo da farla

sentire importante. Fondamentale è che la comunità non abbia l’impressione di un uso o di una presenza commerciale della marca nella comunità ma abbia la consapevolezza di un vantaggio e uno scambio sulla base di reciprocità, di una relazione reale tra esseri umani. La marca deve richiedere la collaborazione dei consumatori in maniera onesta e trasparente, in alcuni casi offrendo anche una ricompensa a chi è in grado di offrire un miglior apporto all’implementazione dell’offerta (Fabris, 2008). Si pensi che Fiat addirittura ha progettato una versione della nuova Fiat 500 esclusivamente riservata ai membri della community online.

L’azienda infine deve cercare di favorire la nascita e diffondere gli aspetti di brand religion (Boaretto, Noci, Pini, 2007), ovvero quell’insieme di codici comunicativi propri, di rituali e tradizioni legati al brand e al prodotto che consentono di creare un senso di unità condivisa all’interno della community, a rafforzare il senso di appartenenza dei membri e far vivere esperienze uniche, speciali. Ciò assume molta importanza soprattutto nei casi di prodotti di culto o nel caso in cui si pone enfasi sulle caratteristiche funzionali del prodotto.

L’azienda può, ad esempio, celebrare la storia della marca durante i raduni in modo da creare un senso di similarità, autenticità ed esclusività tra i partecipanti, favorire la condivisione di storie legate al brand, mettendo in comune storie vissute dai membri, diffondere codici comunicativi come nomi unici attribuiti ai prodotti e ai membri della community e termini tecnici legati all’utilizzo dei prodotti, offrendo insomma quelli che Cova chiama i supporti dei rituali.