L’ECONOMISTA
G A Z Z E T T A S E T T IM A N A L ESCIENZA ECONOMICA, FINANZA. COMMERCIO, BANCHI. FERROVIE, INTERESSI PRIVA TI
REDAZIONE: M . J . d e Jo h a n n e s — R. A. Mu r r a t — M. Ca n t al e o n i
Anno XLI - Voi. XLV
Firenze-Roma, 28 Giugno 1914 j S S f f J
N. 2095
S O M M A R IO : Il bilancio politico-economico dell’ ultimo sciopero generale. Roberto A. Murray. — La legge sulle navi asilo.
E. Z. —
La complessità del sistema tributario italiano.—
Il risparmio in Ita lia .—
La tassabilità della sede legale di una ditta, Mi c h e l e De Sa n t i s. — Costo della vita in Germania. — IN F O R M A Z IO N I: B a n c a T i r r e n a . - N u o v o p r e s t i t o f r a n c e s e . — L ’ industria cinem atografica in Francia. — La legge per il personale ferrovia rio. — I 1 2 0 milioni per costruire edifici scolastici. - RIVISTA ECONOMICA: B i l a n c i o 1914-915 d e l M i n i s t e r o d e l l a P u b b l i c a I s t r u z i o n e . — L a s i t u a z i o n e e c o n o m i c a e f i n a n z i a r i a n e l l a B o l iv ia . — Società Italian a per le Strade Ferrate Meridionali. — MERCATO MONETARIO E R IVISTA DELLE BORSE. — PROSPETTO QUOTAZIO NI, VALORI, CAMBI, SCONTI E SITU A ZIO N I BANCARIE.IL BILANCIO POLITICO-ECONOMICO
dell’ ultimo sciopero generale.
A sciopero finito ci sembra opportuno di va lutarne, per quanto è possibile obbiettivamente, gli-effetti, sia dal lato politico sia da quello economico.
il compianto Prof. Montemartini in un a r ti colo su « II ansio degli scioperi p e r la classe
lavoratrice » (1) che fu inizio di una discus
sione assai ampia al proposito (2) distinse gli scioperi in tre categorie: !a) gli scioperi im
pulsivi, reazioni non preparate contro la pres
sione economica della classe capita 1 istic . ; b) i
m orali (e fra questi includeva anche i politici
e i religiosi) tendenti alla conquista di condi zioni di lavoro che modifichino favorevolmente l’ambiente, e che talvolta riescono aH’afferma- zione della teorica dello sciopero per lo scio pero, perchè si crede in questo modo di at tatare, col sistema più rapido, ¡’organizzazione delle forze lavoratrici; c) infine, gli economici quelli in cui la classe lavoratrice sopporta dei costi in vista di determinate remunerazioni.
Si potrebbe obbiettare che questa classifica zione — come, del resto, ogni a ltra — è ben lungi dall’essere rigorosa e indiscutibile; ma noi non terremo conto di questo difetto, ba standoci ch’essa sia sufficiente a distinguere, in
(I) V. G iornale degli E c o n o m isti, tiov. 1905.
(2i Al Mo n t e m a r t in i, risp o se p rim a il Co l e t t i nello stesso p e rio d ic o nel die. e g e n n aio su cc e ssiv i, e g li c o n tro re p lic ò al co n tem p o il Montem artini : poi in te rv e n n e ro n ella p o lem ica I ’ Jannacconk su L a R ifo rm a Sociale del g e n n aio 1906. su c c e s s iv a m e n te il Bachi n el G iornale degli E c o n o m isti d el gen n a io 1906, il Caroncini nello stesso p erio d ico nel d ie. 1905 e n e l gem i. 1906, e infine il Loria n e lla R ifo r m a Sociale del fe b b r. 1906, del q u a le sc ritto re il Mo n tem a rtin i a v e v a c r i t i - cato u n ’o p in io n e c o n te n u ta n e ll’o p era « L a costitu zio n e econo m ica od iern a », d i nu o v o rep lic a ro n o il Go l e t t i n e lla R i fo r m a Sociale d el fe b b r. e d e ll’ a p rile 1906, e V Jannacconk
nel fascicolo d i m arzo d i q u e s ta s te s s a riv is ta .
una larga approssimazione, le svariatissime forme di scioperi, al riguardo dei fin i che si propongono e degli effelli che ne derivano.
Così pure non contrasteremo l’osservazione che i fini e gli effetti molte volte possono a n - che non corrispondere, perchè non è raro il caso di veder persone che si propongono una cosa e che ne raggiungono un’a l t r a ; nè il rilievo, pur giusto, che le distinzioni dei fimi, in quanto semplici categorie del pensiero, riesco», più fa cili e precise di quelle degli effetti, che son fe nomeni concreti, derivati, estremamente com plessi.
Osserviamo solo che la classificazione de 1 Montemartini ci può servire a caratterizzare
grosso modo ii recente sciopero generale i t a
liano: e tanto basta.
E appunto, si i per le esplicite dichiarazioni dei promotori e dirigenti, sia per quel che r i sulta dall’osservazione dei fatti, lo sciopero del quale ci occupiamo, ha da ricondursi a quella categoria che ii Montemartini disse degli scio peri m o ra li, o più propriamente e specifica- mente (anche per non adoperar troppo a spro posito un attributo che ha già di per sè la di sgrazia di esser suscettivo di significazioni molto variabili) degli scioperi politici.
Quali ne siano stali precisamente i fin ì e gii
scopi, noi non ci tratterrem o a discutere: ci
preme solo di rilevare gli effetti.
E, in prima linea, quelli politici e morali. Non ci gioverebbe certo in questa ricerca la discussione della ta n ta e ta n ta prosa apparsa nei passati giorni sui quotidiani, sui settim a nali, ora anche sui quindicinali e mensili, per chè ben poca può essere discussa, non avendo essenza e talvolta neppnr forma ob b iettiv a:* essa però ci porge materia di molta considera zione, e può servirei nella sua stessa subbietti-. vita, per uno studio obbiettivo.
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sono esercitate le penne dei giornalisti sono questi :
a) lo sciopero generale nelle sue cause e
nei suoi fini;
b) le conseguenze risentitene: Io) dalla massa
della popolazione in generale e dalla « bor
gh esia » in particolare; ?°) dalla truppa; 3°) da
gli scioperanti;
c) particolari fenomeni d’ordine politico ve rificatisi: Io) nel paese; 2°) nel Parlamento.
*
* *
a) Al riguardo del fatto dello sciopero in
sè e per sè, i lettori imparziali si saranno de liziati di leggere molte cose istruttive, se non fossero state lievemente discordi. Chi ci vedeva la « manifestazione concorde e solenne di tutto il proletariato italiano di fronte alle violente repressioni poliziesche », chi « il tentativo incon sulto di una piccola minoranza di facinorosi per s o v v e rtire T a ttu a l i istituzioni politiche », chi.... Evidentemente, il p u n to di vista, per di così, dal quale giudicavano coloro le cui penne erano irresistibilmente attra tte a scriver giudizi di tal genere, doveva essere un tantino diverso!
Gli è che, piuttosto di giudicare il fatto dello sciopero, se ne volevano giudicare gli scopi e gli effetti, e forse si tentava, in sul principio, di indovinarli.
Oggi, in linea concreta, si può solo affermare come si è sopra già accennato, che la natura dello sciopero ultimo fu politico, e il pretesto dei fatti d'Ancona, mentre servì al partito so cialista per inscenare un grande movimento che valesse a mostrarne la rinata attiv ità dopo le beffe che gli si eran volute fare nel periodo della grande fumata nazionalistica; fu poi sfruttato abilmente dall’esiguo gruppo repubblicano, che, quando è solo, limita principalmente la sua a t tività alle canditature protesta o di semplice affermazione, lndubitamente si è dovuto con statare la facilità con cui le folle, per istinto (che è poi in contrasto col calcolo), sono sem pre rivoluzionarie e magari antidinastiche, perchè credono che il cambiar delle fo rm e e delle etichette voglia dire, cambiar di so
s ta n z a ! Coine supporre — del resto — che pos
sano saper la storia come non la sanno neppur motti di quelli che la insegnano, e quando colono che vivono davvero alle loro spalle, hanno tutto il disonesto interesse a falsarla 1
Da questo lato gli effetti politico-morali del l ’ ultimo movimento in sè e per sè, son quelli stessi che può . portare una riv ista delle proprie forze: siano queste militari, scientifiche, poli tiche.... I partiti estremi, rivoluzionari, antidi nastici, si sono valutati, si sono tastati il polso e hanno dichiarato che la loro salute è ottima e che lo sviluppo è normalmente progressivo.... E ’ sottinteso un caldo saluto e un sincero rin graziamento a quella politica che, in Italia, prende oramai nome particolare da un uomo, che mentre manda gli altri in soffitta, si affretta
f nascondersi in cantina, ogni volta che il tempo
minaccia burrasca.... E la burrasca questa volta ha avuto uno speciale significato: a buon in- tenditor poche parole.
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b) E veniamo alle conseguenze molteplici
dello sciopero ultimo, a line di considerarne i relativi effetti.
1“ Rispetto alla massa della popolazione in genere e di quella « borghese » in particolare, le conseguenze non sono difficili a determinarsi: il furore dei giornali che ne sono il portavoce, mostrano chiaramente che gli interessi ne sono stati, in modo ben crudo, percossi. Quali sieno invece gli effetti che queste dolorose conseguenze apporteranno, è più difficile prevedere. Se la borghesia non è corpo interamente morto, le ultime bastonate solenni dovrebDero scuoterla, incitarla alla difesa, spingerla a nuova vita. Ma a v rà ancora sangue capace di generare, per trovar forza di rifarsi dei colpi patiti? In caso contrario dovrà sparire per cedere il posto a chi più lo merita.
2° Riguardo alla truppa le conseguenze degli scioperi sono poco liete. Secondo la mag gioranza degli scrittori, essa ha per primo di ritto quello di prendersi delle sassate, e per primo dovere quello di obbedire ciecamente agli ordini di calma e prudenza del governo. Le due cose — per chi ragioni obbiettivamente — par ranno alquanto antitetiche. Quasi quasi sembra, in questo caso, ragionare più giustamente quella minoranza, la quale ammette è vero, nella truppa, il diritto di prendersi le sassate della teppa (di questa sola, perchè le masse evolute e coscienti che affermano i loro diritti inviolabili, eco., ece.. si guardano bene dal commettere atti di tale genere), ma al tempo stesso le riconosce il do vere di non obbedire al governo, e di far causa, comune con coloro che, in questo caso specifico, son suoi fratelli — salvo poi, s’ intende, di r i tenerla una massa di assassini, massacratori, etc., qualora obbedendo un po’ al governo e un po’ a ll’istinto della propria conservazione, pensa che le armi le saranno state date, dopo tutto, per servirsene almeno qualche volta.
A parte la logica degli altri, e mettendo in uso quella pochissima propria, dobbiamo in primo confessare che non siamo riusciti a comprendere perchè nessun governo * borghese » abbia mai pensato di provvedere largamente i soldati di sassi, mattoni e altri simili ingredienti, dal mo mento che il lancio di certi oggetti — pei' tanta gente — non sembra costituire indelicatezza al cuna. Sarebbe quello un pacifico sistema affinché i molti scioperanti, che vanno per rompere là testa ai soldati, si trovassero benevolmente rotta la propria, fra l ’indifferenza dei loro compagni, dato che questi — cogniti della costante giuri sprudenza spicciola dei propri organi giornali stici e dei propri dirigenti — ammettono, oramai da tempo, come pregevole sistema di afferma zione dei propri ideali, la sassaiuola per quanto copiosa e.... pesante essa sia.
Invece i vari governi che si son succeduti in Italia, e perfino quelli impersonati dall’on. Gio litti, non hanno avuto una tale geniale idea, e non hanno neppure saputo prevenire qualche fucilata verso la folla. Si potrebb’essere meno previdenti ed accorti ?
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vien dato di fare, leggendo quello che gli altri pensano.... o sognano.
C’è di più. Quando sui diti di una mano, alla sera delle cruente battaglie del.... lavoro, se ne contano i m o rti (i feriti per quanto gravi sono poco degni di considerazione finché non si son decisi definitivamente per l'ultim o viaggio), si tien conto e ci si commuove solo di quelli a p partenenti alle file popolari. Quando muoiono dei militari ci si stringe nelle spalle, come per dire — quando non si pensa di peggio — « a ehi tocca, tocca ».
Dietro a questo giudizio di fatto ne sta un altro, o, meglio, ne stanno due altri, che ne sono le.... logiche premesse. 11 primo ritiene pro vocazione alla folla, quasi quasi, la semplice presenza di agenti di p. s. o di soldati per le strade. S’intende: perchè permettere a codesti intrusi di turbare l’opera delle masse che dissel ciano le strade, rompono le vetrine, distruggono insegne, fanali, lampade, abbruciano carrozze, vetture ferroviarie, asportano verghe, rubano valori, che, in una parola, santificano la libertà ? Per altro lato, agenti e soldati che si trovino circondati da masse preponderanti, non possono mai dirsi in condizioni tali da ricorrere alle armi per legittima difesa. Vi pare? Sarebbe un disconoscere la mitezza dei sentimenti di tanta buona gente.
Con tutto questo, ripetiamo, il soldato, l ’agente di p. s., hanno il diritto di rispettare l’ordine di non reagire. E perché? Perchè il governo non abbia Paria di volersi macchiare d’ innocen tissimo sangue.
Quale conseguenze ne derivano? la mancanza d’ogni ritegno nelle folle, e una continua mi naccia alla disciplina militare. Come taluno ha detto, la paura del male (intendi uso delle armi quando gli agenti dell'ordine siano in su lta ti) porta al peggio (ossia ugualmente all'uso delle armi, senza che si affermi con ciò l'assoluto ob bligo di rispetto ai rappresentanti dell’autorità statale).
Noi siamo oggi in Italia a questo punto. E ciò, come diremo, pei' colpa del Parlamento, anzi, della Camera dei Deputati, la quale alla sua volta è sotto P incubo di un pregiudizio che è sintesi di un miseràbile sistema di governo co mune a molti gabinetti passati, i (piali, per in teressi economici, bau fatto strazio di quel su premo bene eh’ è P integro rispetto dell’ordine.
3° Riguardo agli scioperanti le conseguenze, dal loro punto di vista, politicamente parlando, sono ottime.
Ogni giorno che trascórre, ogni esperimento che si rihnuova, è un passo verso quel disordine sociale che li muove.
Quello che sarà a vedersi, si è se, nel nuovo ordine di cose, questi numerosi scontenti d’oggi, saranno i contenti di domani. La storia prima, la logici! poi, lo negano. La storia ci dice in fatti che gli agiati sotto ogni regime di Governo son la minoranza, e che nessuna forma di Go verno ha saputo creare la ricchezza con mezzi miracolosi. La logica poi c’insegna che, l’agia tezza, la ricchezza, eec., degli individui, son ter mini correlativi : non solo chi è in alto suppone coloro che si trovano in basso; ma, anche, una
volta che le masse si trovassero ad esser nomi nalmente pili ricche in modo compatto, esse, in realtà, sarebbero ancora al punto di prima.
Ma chi è oggi tanto babbeo di occuparsi di storia e di logica? Basta la poesia rivoluzionaria per spingere il mondo avanti, specialmente quan do, posto su una china, mostra di camminare, magari di correre e ruzzolare da sè... E poi v’è chi nega il progresso!
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c) 1" Parlando sopra del carattere politico
dello sciopero abbiamo accennato il lamente vole giuoco cui si è prestato il partito socialista a favore del repubblicano, specialmente, là, in quella Romagna, dove i g ia lli ed i rossi danno da anni il più miserabile spettacolo di civili di scordie.
Certamente non vogliamo negare che la ri nata fratellanza di quei due partiti politico-eco nomici, ci li a fatto battere il cuore di santa consolazione. Se l’anarchia fa diventar tutti fra telli, eccoci qua: siamo anarchici anche noi!
Se non che, quei repubblicani e quei sociali sti delle Romagne ci sembrano rassomigliare un po troppo ai famosi ladri di Pisa, di un conosciuto proverbio toscano: van d’accordo di notte quando rubano, e si bastonano di giorno quando s’ hanno da dividere il frutto delle loro imprese. E sic come in Romagna s’ è rubato a destra e a si nistra, e la fratellanza s’è trovata solo nell’eser cizio di una tale professione idealmente p irifi- catrice dei poveri e dei ricchi; noi siamo ancora dubbiosi dei definitivi resultati, e per iscriverci ufficialmente al partito anarchico, vogliamo aspet tare di poter esser sicuri che quella fratellanza dei socialisti e repubblicani romagnoli sia tenace, come il carattere di qne’ boni patriotti... Di piii — veri amieti della politica spicciola — ancora un’altra fonte di dubbio ci commuove e ci fa tentennare... perchè non iscriversi al partito r e pubblicano? Non sarebbe un partecipare al go dimento — sia pure per il momento semplice- mente ideale •— di tutte quelle ipoteche sul fu turo di cui esso ha da tanto tempo la proprietà? E non sarebbe altresi meritevole, pel pubblico bene, di dare la propria adesione, per quanto modesta, ad un partito la cui prevalenza poli tica ha — almeno a giudicare da quanto si è detto e mostrato in certi luoghi — la ta u m a turgica potenza di portare l’abbondanza dei beni economici e quindi il loro buon mercato? Vero è, dicesi, che quel buon mercato fu ottenuto a spese di coloro che avevano la sfortuna morale... e materiale di non essere repubblicani ; perchè tra questi, i commerciatili avevano dovuto, loro malgrado, rialzare i prezzi anche dei generi di prima necessità...
Allo stato dei tatti dunque, noi, oggi, non sap piamo proprio scegliere fra anarchia e repub blica: son tanti i pregi mostrati dall’ima e d a l l’altra, tanti i vezzi di queste bellissime donne, che ci tocca proprio di far dinanzi a loro la figura dell’asino di Bnridano.
2° Ci consola il fatto che in questa posi
nel-404 L ’ ECONOMISTA 28 giugno 1914
l’intimo loro, l’esacerbante lotta, fra il pari amore del potere e del bene della patria, fra l’affer mazione del proprio tornaconto e la difesa del- l'ordine pubblico... Poi memori che l’ indecisione è peggiore d’ogni peggior decisione, e visto che all’ordine pubblico ci pensavano gli altri, stim a rono opportuno di provvedere al proprio torna conto e intravidero la necessità di prepararsi a raccogliere le sempre probabili successioni. Di sgrazia volle che l’umanissimo gesto non incon trasse il pubblico favore, e che vi fossero critici alla non eccellente condotta morale di certe ex eccellenze e dei loro compagni. Ma — esse si domanderanno — chi può mai accontentar tutti in questo mondo 1 Ed hanno ragione: anzi l ’animo loro può tranquillizzarsi: noi, per esempio, ci sentiamo pieni di vera riconoscenza per loro. Ci hanno dato un esempio preclaro di attività puramente economica. Nel far lezione di econo mia politica, quando dovremo chiarire l’attività
AeW'homo econom icus, il ricordo del fatto ci il
luminerà, e la nostra riconoscenza sarà così rav vivata di anno in anno. In pedagogia s'insegna che gli esempi concreti sono da preferirsi a lineili ideali perche meglio s’imprimono nelle menti degli studenti: noi ce lo teniamo per detto.
Purtroppo però questo esempio costa caro, in quanto è indice che nel Parlamento — o meglio — nella nostra Camera dei.Deputati per calcolo o per cecità, e forse, per t u t t ’e due; non si ha idea del primo dovere che incombe ai ra p p re sentanti di ogni collettività di popolo: "quello di assicurarne Vesistenza.
La pusillanimità ed i tentennamenti dei nostri politici rappresentanti, a qualunque partito essi appartengano, ci stanno ad affermare in modo purtroppo sicuro, che la piccola politica dei per sonali interessi, ha fatto da troppo lungo tempo perder di vista quella linea di condotta che può degnamente chiamarsi vita politica.
Non si t r a tta di vedere se un partito piut tosto che un altro possa e debba aver in sua mano le redini di una società in certo momento; si t r a t t a che la collettività non si annienti per la mancanza di un’autorità eminente. Si potrebbe ammettere uno Stato repubblicano o socialistico senza rispetto alle relative autorità? E contro gli attentati che a queste si lecessero da chi nessuna autorità riconosce, non si dovrebbe rea gire con la forza?
Chi nega, ò è cieco o non vuol vedere: o è un ignorante o è in mala fede.
E noi abbiamo assistito alle manovre di una Camera cieca che tentava obbligare alla cecità chi, in questo momento, ha con tanto intelletto, le redini del potere.
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Molto più difficile riesce il farsi un’idea, sia pure larghissimamente approssimata, delle con seguenze economiche di un sciopero generale, come l ’ultimo verificatosi da noi.
Già n ’è riprova il lungo dibattito che si ac cese — come in principio dicemmo — per il cal colo del costo degli scioperi per le sole classi lavo ratrici : e per queste il calcolo è piu semplice e diretto, di quello che non lo sia per le classi « capitalistiche ».
Vero è che, a nostro ben modesto parere, le
discussioni che si fecero or somquasi dieci anni
al proposito, ebbero in gran parte origine dal non essersi intesi sul significato da attribuire alla parola « co sto » . Invero con questo-termine può volersi significare il danno economico che
una classe — ad es., la lavoratrice risente
durante e per lo sciopero in corelazione ad un periodo normale di lavoro di uguale d u ra ta ; o può intendersi tutto il danno vivo che essa, ri sente per un dato sciopero. Nel primo caso si deve semplicemente tener conto dei salari man c a ti; nel secondo vi si debbono aggiungere f risparmi eventualmente consumati, i sussidi otte nuti da classi affini ecc. eec. Ossia nel primo caso si te rrà conto del solo lucro cessante, nel secondo anche di qualsiasi danno emergente.
A questo socondo criterio si è obbligati di ricorrere, quando si voglia calcolare il danno totale di uno sciopero per tutta una collettività, salvo — s’ intende — a non incorrere in repliche o doppi computi; pel fatto che vi son classi la cui protesta politica non ha altro modo di affer marsi che sotto forma di distruzione.
Qual danno economico dunque avrà sopportato l’Italia per l’ultima tempesta? Non osiamo e non si possono far cifre. Oi limitiamo ad osservare che al danno economico delle classi estreme fa riscontro — dal loro punto di vista — un van taggio politico: potrà dirsi lo stesso per le classi
borghesi, il cui danno economico fu anche in comparabilmente superiore? La risposta sta a loro, e il mezzo di pervenirvi sarà anzitutto una rigenerazione intellettuale e morale per la quale è necessario di sbarazzarsi di certi Jiomines
economici, e di certi pregiudizi e falsi senti
mentalismi, che ci fan porre sulla stessa bilancia un amico ed un nemico, una persona dabbene che si guadagna il pane col proprio lavoro ed un teppista.
Roberto A. Mu r r a y.
La legge sulle navi asilo.
Parecchi mesi addietro, e precisamente nel fa scicolo del 2 novembre scorso, ci accadde di p ar lare delle navi-asilo, cioè di quelle due sole che per ora sono in esercizio in I ta lia : la S cilla a Venezia e la Caracciolo a Napoli. E’ oramai ab- stanza noto ch’esse sono vecchie navi da guerra, disarmate e divenute inservibili per la naviga zione, le quali, tenute stazionarie in porto, dànno ricovero così a fanciulli abbandonati come a or fani della gente di mare, che vi ricevono non solo alloggio e mantenimento, m a anche educa zione e istruzione e vengono avviati all’esercizio delle professioni marinaresche.
28 giugno 1914 L’ ECONOMISTA 405
1 risaltati favorevoli già offerti dalle due so praddetti navi, elie funzionano egregiamente, hanno indotto il Governo a, presentare una legge ora di recente approvata, che disciplina la ma teria e apparecchia altre istituzioni similari. Non ha trovato opposizioni di sorta, nè mai lo poteva, e nel suo piccolo viene ad essere una delle mi gliori cose uscite ultimamente, senza far rumore, dall’officina parlamentare.
La nuova legge istituisce e riconosce come Ente morale l’Opera Nazionale di patronato per le navi asilo, con sede in Roma presso il Mini stero della Marina, la quale h a per oggetto il promuovere la fondazione e lo sviluppo di tali navi, il sussidiare quelle che abbiano maggior bisogno d’aiuto, lo stabilire con opportuni ac cordi il coordinamento della loro azione benefica con quella di altre istituzioni pubbliche o pri vate che abbiano scopi affini. L ’Ente è ammini strato da un Consiglio composto del Ministro della Marina, che può delegare altri a rappre sentarlo, d ’un delegato del Ministero dell’Interno, d’uno di quello dell’ Istruzione, d ’un delegato di ciascuna nave-asilo, e di altri membri straordi nari che risultino adatti a portare all’opera un concorso morale o materiale, questi ultimi da nominarsi con R. decreti. E con R. decreto verrà a mano a mano riconosciuta ciascuna nave-asilo la quale, salvo l’armonia degli intenti e il coor- din mento di cui sopra, verrà dunque ad avere vita autonoma e mezzi propri.
Siffatta autonomia, per la quale ogni nave- asilo potrà avere un proprio speciale statuto or ganico, sembra giustificata dalla probabile va rietà di condizioni e bisogni locali. In pari tempo non è inopportuno sottoporle tutte alla vigilanza d’un Ente centrale, che promuova accordi tra le singole navi e tra esse e quelle istituzioni già esistenti che mirino ad uno,scopo in qualche parte analogo. Bisogna evitare la dispersione delle forze, favorire invece la loro cooperazione. Dice con esattezza la Relazione presentata alla Ca mera: « E ’ lamento generale che le varie bene fiche istituzioni, per un malinteso spirito di i n dipendenza, vivono ed agiscono incuranti l’una dell’altra, laddove un opportuno coordinamento delle loro attività potrebbe dar luogo a rilevanti economie e ad una più perfetta organizzazione, favorendo così il conseguimento degli scopi co muni od affini ».
Il Ministero della Marina re s ta autorizzato a cedere gratuitamente, in via temporanea o defi nitiva, per l’istitituzione di navi-asilo, queste regie navi delle quali sia consentita l’alienazione a mente delle disposizioni in vigore, provvedendo anche, in quanto sia possibile, agli occorrenti lavori di adattamento e di.riparazione, per mezzo dei dipendenti arsenali militari marittimi. Ora la necessità che v’ è di rinnovare di continuo, sull’esempio d’altre nazioni, e sia pure gradata- mente, il naviglio da guerra, e il carattere di
scarto che vengono così ad acquistare le due
unità più vecchie e meno valide, lasciano pre vedere che difficilmente risulteranno scarse le navi da destinare ad asilo. Ma prescindendo a n che dal tempo che è necessario pei lavori di adattam ento da eseguire su ogni nave che a mano a mano si renda disponibile, se si anderà
un po’ adagio la principale ragione sarà quella della spesa.
Lo Stato è in grado di largheggiare abbastanza non però senza limiti. Ferme restando le data zioni annue già assegnate alla Scilla e alla Ca
racciolo, che sono rispettivamente di lire 12 e
16 mila, la legge testé votata stabilisce a favore dell’Opera Nazionale per le navi-asilo un sus sidio di L. 40.000 per l’esercizio 1914-15, di lire 60.000 per l’esercizio 1915-16 e di L. 80.000 per gli esercizi 1916-17 e successivi. Non si può dire che sia troppo poco; e un piccolo rincalzo lo darà anche la tassa, che il Ministero della Marina ha avuto facoltà d'imporre, d’ ingresso al Museo unito all’arsenale di Venezia e in genere agli stabilimenti militari marittimi in occasione di festeggiamenti per vari di navi, ecc. Ma le città marittime italiane che hanno manifestato il de siderio (e sono già tante) d’avere nelle proprie acque una nave-asilo, non s’aspettino di venir tutte accontentate in un solo anno.
Chi dovrà avere la precedenza ? Ci sembra che non se ne dovrebbe dub itare: chi avrà non chie sto prima, non alzato più la voce, ma fatto di più da parte sua. Per la provvista dei mezzi, dice la Relazione ministeriale, molto si può e si deve attendere dalla beneficenza pubblica è pri vata. Difatti a Venezia, per la nave Scilla, quella privata è splendidamente larga, a Napoli pei'la
Caracciolo il Comune dà annue lire 16.000, e
L. 5000 la Provincia e 5000 la Camera di com mercio. Seguano le altre città questi esempi, nella misura delle proprie forze, diano ed a v r a n no. Soltanto chi si aiuta, acquista un (itolo perchè
LI COMPLESSITÀ DEL U t TRITIO ITUO
Mentre la Camera si prepara a votare i nuovi provvedimenti trib u ta ri che, com’è noto, rig u a r dano :
tasse di bollo sui libri e copialettere com merciali ;
tasse di bollo sui biglietti dei totalizzatori e tenitori discommesse e giuochi sportivi;
tasse sui biglietti dei cinematografi; tasse di negoziazione;
tasse sulle vetture automobili; tasse sulle acque m inerali;
riorganizzazione dei diritti di statistica ci vici ;
tasse di successione;
già presentati dal precedente Ministro delle Fi nanze, on. Facta, ed emendati dall’attuale Mi nistro, on. Rava ; ed i provvedimenti da questo ultimo aggiunti, e cioè:
tasse sulle concessioni governative e sugli atti e provvedimenti am m inistrativi;
addizionale 5 % alle imposte dirette ed alle tasse sugli affari,
406 L' ECONOMISTA 28 giugno 1914
grado i pesi che la opprimono, è tuttavia ca pace ancora di dare impulso sempre nuovo, urte
nouvelle poussée, come diceva X In fo rm a tio n
del 16 con1., alle industrie ed ai commerci, ma della cui forza di resistenza è sempre pericoloso abusare specie in un paese, come il nostro, che soltanto da pochi anni si è avviato verso un promettente sviluppo delle sue energie.
Im poste di p ro d u zio n e :
1. Imposta sulla fabbricazione degli spiriti. 2. Imposta sulla fabbricazione della birra. 3. Imposta sulla fabbricazione delle acque gassose.
4. Imposta sulla fabbricazione delle pol veri ed altre materie esplodenti.
5. Imposta sulla fabbricazione della ci coria preparata.
6. Imposta sulla fabbricazione dello zuc chero indigeno.
7. Imposta sulla fabbricazione del glucosio. 8. Imposta sulla fabbricazione del mal- tosio e degli sciroppi di maltosio che nel con sumo possono servire agli usi del glucosio (legge 5 giugno 1913, n. 555).
9. Imposta sulla fabbricazione dell’olio del seme di cotone.
10. Imposta sulla fabbricazione dell'acido acetico puro e rettificazione dell’acido impuro.
11. Imposta sulla fabbricazione dei fiam miferi.
12. Imposta sulla fabbricazione degli ap parecchi di accensione surroganti i fiammiferi (legge, 6 marzo 1910, n. 83).
13. Imposta sulla rettificazione degli oli minerali greggi e sulla estrazione degli oli mi nerali di resina, di catrame e di ogni altra ma teria.
14. Imposta sul gas-luce e sull’energia elettrica a scopo di illuminazione e di riscal (lamento.
D a zi d o g a n a li e d ir itti m a r ittim i: Dogane :
1. Dazio di importazione (compreso quello sul grano).
2. Dazio di esportazione.
3. Sopratassa di confine sulle acque ga zose.
4. Sopratassa di confine per la birra. 5. Sopratassa di confine per le polveri ed altre materie esplodenti.
6. Sopratassa di confine sulla cicoria pre parata.
7. Sopratassa di confine snU’olio di seme di cotone.
8. Sopratassa di confine sugli spiriti. 9. Sopratassa di confine sui fiammiferi.
10. Sopra tassa di confine sull’acido acetico. 11. Sopratassa di confine sul glucosio. 12. Sopratassa di confine sui prodotti con tenenti sale.
13. Diritti di statistica. 14. Diritti di magazzinaggio.
15. Diritti di bollo sulle lettere di vet tore e sulle polizze di
carico.-16. Diritti di bollo sulle bollette doganali e sui manifesti.
17. Diritti per contrassegni doganali ap posti alle merci.
18. Tassa speciale sugli zolfi in Sicilia (art. 2 della legge 22 luglio 1897, n. 317, e art. 28 della legge 30 giugno 1910, n. 361).
19. Depositi per emissione di bollette a. cauzione, introitate definitivamente nelle dogane di partenza.
D iritti m a rittim i :
1. Tassa d’ancoraggio.
2. Diritti marittimi diversi.
3. Tassa di bollo sulle bollette di paga mento dei diritti marittimi.
4. Tassa di navigazione sul Tevere. 5. Tassa supplementare di ancoraggio per gli approdi nel porlo di Genova.
6. Tassa supplementare di ancoraggio pei1 gli approdi nel porto di Savona.
7. Diritti sanitari dovuti dalle navi per la disinfczione col sistema Clayton.
Tasse diverse :
1. Tassa progressiva per gli oggetti di antichità e d ’arte destinati all’estero, esclusi quelli di artisti viventi o la cui esenzione non risalga ad oltre 50 anni, e multe per la espor tazione clandestina degli oggetti stessi (legge 20 giugno 1909, n. 364).
2. Diritti dovuti giusta Tart. i della legge 26 giugno 1902, n. 272, per le visite sanitarie degli animali, delle carni e dei prodotti animali (grassi e strutti), che si importano nel Regno e degli animali che si esportano, ed ammende stabilite dalla legge medesima.
Im poste d irette :
1. Imposta sui fondi rustici.
2. Imposta sui fabbricati.3. Imposta sui redditi di ricchezza mobile. 4. Varie:
a) Trenta per cento dell’imposta erariale
sui fondi rustici a carico dei contribuenti con reddito imponibile superiore a L. 6.000 delle provincia di Cosenza, Catanzaro e Reggio Cala bria, da destinarsi a termini dell’art. 47 della legge 25 giugno 1906, n. 255.
b) T renta per cento dell'imposta erariale
sui fondi rustici a carico dei contribuenti con reddito imponibile superiore a L. 6.000 nei coni partimenti catastale napoletano, siciliano e sardo, escluse le provincie di Potenza, Napoli e della Calabria da destinarsi a termini dell’art. 7 della legge 15 luglio 1906, n. 383.
a) Addizionale sulle imposte dirette e sulle
tasse sugli affari ai sensi dell’; rt. 2 della legge 12 gennaio 1909, n. 12, e dell’art. 1 della legge 28 luglio 1910, n. 842, destinata a sopperire le spese dipendenti da! terremoto del 28 dicem bre 1908.
d) Imposta di ricchezza mobile sugli inte
ressi di titoli di debito pubblico di proprietà del tesoro vincolati e di quelli liberi da ogni vin colo;
e) Imposta di ricchezza mobile sugli inte
28 giugno 1914 L'ECONOMISTA 407
in cambio dei certificati, o non ancora date in pagamento dei lavori.
Tasse su g li affari.
1. Tassa di successione:
a) tassa sui trasferimenti di beni per causa
di morte;
b) tasse per i passaggi di usufrutto di bene
fici e cappellanie ;
c) tasse in dipendenza di leggi anteriori a quella del 14 luglio 1866 n. 3121.
2. Tassa di manomorta. 3. Tasse di registro:
a) tasse sugli atti civili; b) tasse sugli atti giudiziari;
c) tasse in dipendenza di legge anteriori a quella del 14 luglio 1866 n. 3121;
d ) tassa speciale di una lira per tonnellata
sulla produzione delio zolfo nel continente. (R. Decreto 28 gennaio 1906 n. 11, convertito in legge con l ’art. 24 della legge 15 luglio 1906 n. 333, e art. 28 della legge 30 giugno 1910 n. 361).
4. Tasse di bollo:
a) bollo a tassa fissa per atti e scritti civili
e commerciali, giudiziali, stragiudiziali ed am ministrativi comprese le tasse sulle sentenze pe nali ;
b) bollo e tassa graduale per cambiali ed
altri effetti di commercio;
c) tassa annuale di circolazione e tassa
straordinaria in varia misura a secondo della ragione dello sconto sui biglietti degli Istituti di emissione (testo unico delle leggi bancarie approvato con R. decreto 28 aprile 1910 n. 204);
d) bollo sui titoli e valori esteri; e) bollo sulle carte da giuoco; f ) tassa sui contratti di borsa.
5. Tasse in surrogazione del registro e del bollo :
a) tassa sulla negoziazione delle cartelle,
certificati, obbligazioni ed azioni, escluse le ob bligazioni 3 % di cui nella legge 27 aprile 1885, n. 3048;
b) tassa sulla negoziazione delle obbliga
zioni ferroviarie ferroviarie 3%> di cui nella legge 27 api ile 1885, n. 3048;
c) tassa sui capitali delle società stran iere;
d) tassa sulle anticipazioni e sovvenzioni
sopra deposito o pegno ;
e) tasse sulle assicurazioni e contratti vi talizi.
6. Tasse ipotecarie.
7. Tasse sulle concessioni governative:
a) licenze di caccia e porto d ’a rm i; b) altre concessioni contemplate dalle t a
belle di cui.nelle leggi 13 settembre 1874, n.2086 e 19 luglio 1880, n. 5536;
e) privative in d u s tria li— Istituzioni e cam
biamenti di fiere e mercati — Marchi e segni distintivi di commercio — Disegni e modelli di fabbrica — Diritii di autore delle opere d’im pegno ;
d) tasse minerarie dovute dai concessionari
di miniere.
8. Tasse sui velocipedi, sui motocicli e sulle automobili.
A ltr e specie di tasse.
1. Tasse di pubblico insegnamento. 2. Tasse varie e proventi di servizi pub blici che si riscuotono dagli agenti dema niali :
a ) diritti di verificazione dei pesi, delle mi
sure, del saggio o del marchio dei metalli pre ziosi ;
b) diritti ed emolumenti catastali escluso il
diritto di scritturazione di cui all’art. 2 della legge 22 giugno 1911 n 590;
c) proventi degli archivi di Stato ;
d) diritti per la inserzione degli atti delle
società e delle associazioni commerciali nel bol lettino ufficiale delle società ;
e) tassa per la monta dei cavalli stalloni.
3. Diritto di scritturazione stabilito, in aggiunta ai diritti catastali dall’art. 2 della legge 22 giugno 1911, n. 590, e destinato a norma dello stesso articolo.
4. Tassa di concessione sulle autorizza zioni all’ap ertu ra e all’esercizio delle fa r macie.
5. Tassa straordinaria 30 °/0 e tasse ed altri corrispettivi per io svincolo e la r i vendicazione dei benefizi.
6. Tasse sul prodotto del movimento a grande e piccola velocità sulle ferrovie dello Stato.
7. Tasse sul prodotto del movimento a grande e piccola velocità sulle ferrovie dello Stato.
8. Tasse sul prodotto del movimento a grande e piccola velocità sulle ferrovie con cesse all’ industria privata.
9. Tassa d’entrata nei musei, nelle galle rie, negli scavi d’antichità e nei monumenti (art. 5 della legge 27 maggio 1875, n. 2554).
10. Tassa sulle pellicole cinematografiche (legge 25 giugno 1913, n. 785).
11. Tassa annuale da corrispondersi ai termini dell’art. 16 della legge 28 maggio 1913, n. 468 dai titolari di farmacie auto rizzate e da istituzioni, enti e comuni pro prietari delle farmacie indicate agli articoli 4 e 12 di detta legge e da destinarsi alle spese di cui all’art. 21 della legge stessa.
P riva tive.
1. Tabacchi. 2. Sale. 3. Chinino.
4. Lotto e tassa sulle tombole.
IL RISPARMIO IN ITALIA.
Dal recente volume pubblicato dalla Dire
zione Generale del Credito e previdenza del Mi
nistero di Agricoltura risulta elié gli istituti
raccoglitori di depositi fruttiferi in Italia sono
i seguenti :
Casse di risparmio ordinarie;
Casse di risparmio postali;
Monti di Pietà;
408 L’ ECONOMISTA
28 giugno 1914
Società cooperative di credito (banche po polari, casse rurali, eco.).
A questo elenco vanno poi aggiunti gli isti tu ti di emissione, i quali sonò autorizzati a ri cevere, ed effettivamente ricévono, depositi in conto corrente. Tali depositi al 31 dicembre 1912 ammontavano a L. 87.782.872 così distribuiti: Banca d’Italia L. 46.843.337, Banco di Napoli li re 25.446.961, Banco di Sicilia L. 15.491.573.
Infine conviene ricordare due istituti, non compresi in alcuna delle categorie su menzio nate, i quali, in gran copia l’uno e in tenue mi sura l’altro, ricevono pure depositi fruttiferi. Il primo è il Monte dei Paschi ili Siena, il quale indipendentemente dalla Cassa di risparmio da esso creata secondo le norme della Legge 15 lu glio 1888, n. 5546, compie l’uffìeio di raccogli tore di depositi a. risparmio e a scadenza fissa. 11 secondo è l’ Istituto di Credito Agrario per il Lazio, con sede in Roma, creato con Legge 21 dicembre 1902, n. 542, il quale dal proprio statuto è autorizzato a ricevere depositi a r i sparmio e ad emettere buoni a scadenza fissa. Della prima facoltà si e valso ed è riuscito a raccogliere una certa quantità di depositi che impiega nelle operazioni di credito agrario.
I depositi esistenti presso il Monte dei Paschi di Siena (Sezione centrale) al 31 dicembre 1912 sommavano a L. 58.243.952 ed erano così di stinti: depositi ordinarsi (depositi a risparmio) L. 24.713 937 e depositi a scadenza fissa li re 33.530.015.
I depositi raccolti alla stessa data dal Credito Agrario per il Lazio ammantavano a L. 728.221.
Sommando i dati or ora esposti a quelli rap presentanti i depositi delle altre più ampie ed importanti categorie di istituti ricevitori di r i sparmi, si ottiene 1 importo totale dei depositi esistenti presso istituti esercenti pubblicamente Pufflcio di raccogliere i depositi siessi.
Tale importo al 31 dicembre 1912 ascendeva a L. 7.118.678.427.
La regione di gran lunga più ricca di depositi è . la Lombardia; essa possiede quasi un quarto della massa totale dei depositi del Regno. Segue il Piemonte con un settimo circa, della massa stessa. Vengono appresso, quasi con lo stesso ammontare de’ depositi, un undecisinio circa della massa, il Veneto, l’Emilia e la Toscana. Un quindicesimo del totale dei depositi possiede la Campania, un diciassettesimo la Sicilia e un di ciottesimo la Liguria, e il Lazio. Le altre r e gioni possiedono una frazione notevolmente mi nore della massa dei depositi e una quantità minima né. hanno la Basilicata e la Sardegna.
Tuttavia la cifra assoluta dei depositi non è un indice decisivo della maggiore o minore po tenza di risparmio di una regione; indice pre feribile è'invece la media dei depositi per abi tan te in. ciascuna regione; I risultati di tale in dagine portano a modificare notevolmente il giudizio sulla potenza relativa di risparmio di alcune regioni. L a Lombardia mantiene è vero il primo posto, ma la sua superiorità si attenua. In essa la media dei depositi per abitante è di L. 337,93, con una massa corrispondente al quarto quasi del totale.
Ma la Liguria, i cui depositi sono appena il
diciottesimo del totale, la media per abitante è non molto inferiore a quella della Lombardia cioè di L. 294,46, e supera quella del Piemonte e più ancora, quella della Toscana, dell’Emilia, del Veneto che hanno una massa di depositi di gran lunga superiore. Ciò che si è detto per la Liguria deve essere ripetuto, per il Lazio. La stessa indagine ci mostra che la media per abi tante nel Veneto, che pure ha un totale di de positi quasi identico a.quello della Toscana e del- 1 Emilia, è considerevolmente inferiore alla me dia per abitante di tali reg io n i'e . si accosta piuttosto alla media della. Campania e delle Marche. La Basilicata che in cifra assoluta .si trovava allo stesso livello della Sardegna su pera nella media per abitante la Calabria ¡a Sicilia, le Puglie e gii Abruzzi. La Sardegna invece consema anche nella media per abitante 1 ultimo posto, cosi come la Lombardia conserva il primo.
Nelle regioni più scarse, di depositi la quan tità maggiori di essi è raccolta nelle casse di risparmio postali; .eloquenti sono in questo senso i dati della Basilicata e della Calabria. Nella prima di 1 route a L. 57.676.359 ili depositi com plessivi si hanno L. 47.787.045 di depositi delle casse- postali, nella seconda di fronte a un to tale di L. 49.557.144, L. 39.491.479 di depositi delle c sse postali. Questi ultimi sono pure pre dominanti nelle Calabrie, negli Abruzzi, costi tuiscono la metà dei depositi della Sicilia e quasi la metà di quelli della Campania. E non si deve dimenticare che la. maggior parte dei depositi costituiti da rimesse di emigrati, che non figurano come si è detto nella presente ri- partizione del risparmio nazionale perchè in scritti su libretti emessi dalla Cassa centrale presso il Ministero- delle Poste, ma pure rap presentano una somma cospicua, appartengono a persone che hanno in gran maggioranza il loro domicilio patrio nelle regioni dell’ Italia me ridionale, continentale ed insulare. Nelle regioni dell Italia settentrionale e centrale la loro pro porzione è notevolmelile minore, ivi predomi nano i depositi presso le Casse di risparmio o r dinarie e presso le banche ordinarie e coopera tive; tu tta v ia la proporzione dei depositi delle Casse postali non è minore nella Liguria che Campania ed è pure assai elevata nei Piemonte (circa un terzo).
28 giugno 1914 L’ ECONOMISTA
409
In Piemonte e in Liguria le maggiori somme di depositi e le medie per abitante più elevate s'>no date dalle provineie di Torino e di Genova. Le ime e le altre cifre sono le più elevate del Regno dopo quelle di Milano.
Nel Veneto la provincia primeggiante sotto entrambi gli aspetti è quella di Verona; la r a gione della preminenza è forse data dal fatto che in tale città risiede la maggiore Cassa di risparmio del Veneto ed una delle maggiori dell Italia. Segue a non grande distanza la pro vincia di Venezia.
Nell Emilia sovrasta di gran lunga per massa di depositi la provincia di Bologna; la sua su periorità è minore nei riguardi della media per abitante che è pure elevala nelle provineie di Piacenza e di Modena.
In Toscana la provincia ove si raccoglie la maggior somma di depositi è quella di Firenze; la media per abitante è tu ttav ia un po’ più alta nella assai meno estesa provincia di Lucca. Assai più rilevante è la media della provincia di Siena, che apparisce la seconda del Regno, dopo Milano. Probabilmente tu tta v ia a deter minare tale risultato contribuisce il fatto che in Siena ha sede il Monte dei Paschi, per la cui sezione centrale non fu possibile avere ri- partizione pei' le provineie.
Nelle Marche primeggia la provincia di Ma cerata, negli Abruzzi e Molise quella di Cam pobasso sia nei riguardi della quantità dei de positi che della media per abitante. Tali regioni sono tu tta v ia sprovviste di grandi centri.
Nella Campania sovrasta di gran lunga sotto ogni aspetto la provincia di Napoli e in Sicilia è pure notevole la superiorità della provincia di Palermo.
Lii tassabilità della sede legale di una dilla.
Fin dall’apparire della legge 20 marzo 1910, n. 121 per la riorganizzazione delle Camere di commercio, sorse disputa sull’interpretazione del- 1 art. 46 della legge stessa, che si esprime te stualmente cosi;
« Le ditte che hanno esercizi commerciali e in dustriali nei distretti di più Camere di commer cio e Industria devono corrispondere la imposta a tutte le Camere suddette, in proporzione del reddito ricavato in ciascun distretto. La suddi visione dei redditi è fatta d ’accordo fra le varie Camere interessate; mancando raccordo, decide un collegio di tre arbitri, nominati eco... ».
Le quistioni sorgono a proposito di tale sud- divisione, onde stabilirla secondo equità e giu stizia, in modo da eliminare quanto più è pos sibile la necessità di ricorrere all’arbitrato del l’apposito collegio, di cui nell’ultima parte dell’a r ticolo 46, arbitrato che può venire a costare non poco e può assorbire parecchie annate della im posta in contestazione; ma sopratutto per la ri cerca delle norme direttive preliminari e gene rali, valide per tutti i casi, salvo, s’intende, le modalità speciali a ciascuno di essi.
Ma se le Camere di commercio hanno potuto
accordarsi, per adire il collegio di arbitri in casi che dovrebbero essere veramente eccezionali, ricorrendo liberamente dapprima ad una specie di arbitrato interni), quale .sarebbe la Presidenza dell Unione delle Camere, per lo scopo princi pale da raggiungere non è stato però possibile addivenire a nessun accordo; anzi i criteri e i punti di vista sono alle volte diametralmente opposti.
Diciamo subito che il dibattito non è di inte resse interno, cioè riguardante solamente le Ca mere di commercio, bensì di interesse di tutti i contribuenti, e la ragione è ovvia. Avere, as segnato una parte dei propri redditi, maggiore o minore, a quesla o a quella Camera di com mercio, vista la differenza, alle volte rilevante, della base e della aliquota di tassazione di queste, può poi-tare un onere non piccolo ad una data Ditta, che abbia naturalmente più esercizi commerciali o industriali in vari distretti ca morali. Se di 100 di reddito ne devono essere assegnali 80 ad una Camera che abbia tariffe alte di imposta camerale e solo 20 ad un’altra che abbia una taritla bassa, ciò e molto più oneroso che si dovessero assegnare . 20 alla pri ma e 80 alla seconda. Tanto piti che i minimi di tassazione non sono eguali per tutte le Ca mere.
La disposizione su riferita dell’art. 46 è iu verità una conseguenza dei molti giudicati otte nuti sotto l’ impero della vecchia legge 1862 sulle Camere di commercio, la quale non conte neva nessun accenno ad una suddivisione q u al siasi di redditi fra le varie Camere, ed anzi in sul principio era prevalsa la tesi che nessuna imposta tosse dovuta ad altra Camera che non fosse quella con giurisdizione sulla sede princi pale della Ditta, e ciò per il carattere reale e territoriale che si dava alla imposta camerale. Fu dopo, l’accoglimento della distinzione del Car dinali e della dimostrazione della tesi del carat tere personale e territoriale della, tassa stessa, che tu accolto e sanzionato più volte il principio secondo cui le case filiali, succursali ecc., gli esercizi staccati e. gii stabilimenti secondari in somma, possono essere tassati dalle varie Ca mere di commercio nella cui giurisdizione gli esercizi esistono. E la disposizione dell’art. 46 su citato non fa che accogliere e sanzionare il principio già adottato della giurisprudenza e della, dottrina.
Però, pur avendo sanzionato il principio, nes suna indicazione nè la legge nè il relativo r e golamento hanno dato circa lo modalità della suddivisione stessa. Quindi le incertezze e le varie opinioni delle Camere di commercio. Qual cuna in verità esplicitamente propose, ed altre senz altro praticamente adottano un metodo, per quanto empirico, altrettanto comodo e spiccia tivo, cioè quello di valutare da sè, a proprio esclusivo arbitrio, l ’entità del reddito delle sne- cursali e tassare questo secondo la propria ta riffa, senza preoccuparsi di quel che contempo raneamente tacessero per la stessa ditta le altre Laniere di commercio interessate. Altre invece
proposero, e la tesi, almeno come tendenza
410 1/ ECONOMISTA 28 giugno 1914
mere —, che tu tte le Camere interessate al red dito di una data Ditta si accordassero, anco]1 prim a della tassazione, nella quota parte del reddito stesso da assegnarsi rispettivamente, ot tenendo così prima l’accordo e in mancanza di questo, come già detto, sollecitare i buoni uf fici della presidenza dell’ Unione o ricórrere al l’arbitrato.
Però si scorge di leggieri che se il primo me todo è comodo e spicciativo per le Camere, può riuscire oneroso per il contribuente, giacché se è difficile accertare per la tassazione il reddito complessivo di un'azienda, che non sia una Ditta sociale obbligata alla pubblicità dei propri bi lanci, molto più difficile o addirittura impossi bile, talora per la ditta stessa, è la valutazione del reddito parziale di un dato stabilimento od esercizio secondario dipendente: onde la proba bilità molto grande di duplicazioni, che si risol verebbero nel determinare un reddito comples sivo enorme dell’azienda. Se questa non è in grado di opporsi all’accertamento parziale di ciascuna Camera si risolverà o a subire il carico di imposta su tutto il reddito che molto bene volmente le Camere saranno riuscite a cumu larle, oppure opporrà a tutte insieme il vero reddito totale proprio, invitandole a dividerselo agli effetti della tassazione. Certo l’ ideale sa rebbe che la Ditta desse essa stessa gli elementi di fatto per una tale suddivisione; ma sarebbe troppo ingenuo sperare tanto, senza dire che molte volte — ripetiamo — le stesse Ditte non sono in grado di fare ciò.
E così tanto con questo primo metodo, quanto con il secondo dianzi accennato, dell’accordo p r e ventivo fra ie Camere, si arriva sempre al punto in cui è necessario fissare le modalità e i limiti concreti della suddivisione.
Modalità e limiti che pare a noi non esistano come quelli che dovendosi attenere alle mutevoli e svariate condizioni di fatto delle varie aziende dipendono tanto da tali condizioni, da non poter essere classificati e raggruppati in categorie de terminate e circoscritte: si tra tta qui di quistioni essenzialmente pratiche e contingenti da defi nirsi caso per caso, ed è vano volere stabilire
a priori il (pianto da assegnare come percen
tuale a ciascuna Camera interessata. Ecco per che le varie proposte avanzate a tal uopo tro varono tutte delle forti opposizioni e giustamente. Non si vede, per esempio, quale rapporto possa avere la popolazione di un distretto camerale con gli affari che ivi può realizzare e più con il reddito che può ricavare, una Ditta che vi a b b ia semplicemente lo stabilimento di produ zione e non a ltro ; oppure una Ditta che si trovi colà a subire la concorrenza di altre ditte locali che altrove non le si oppongono; o una Ditta che esercitasse un ramo di commercio speciale, con clientela specializzata e magari minore in una popolazione totale maggiore, ecc. eoe. Eppure il criterio della popolazione fu uno di quelli pro posti a base della suddivisione; così come altri proponeva invece delle quote uguali, oppure a n cora delle percentuali fisse, ecc.
Ed appunto perchè, trattandosi di casi pratici, da risolversi di volta in volta e con la conoscenza pressocchò precisa delle peculiari condizioni di
essi, non vogliamo noi occuparcene per ridurli a categorie.
Di una questione fondamentale però possiamo e vogliamo occuparci; questione che pure è stata dibattuta anche davanti all’autorità giudiziaria. Si t r a t t a di sapere se insieme ed oltre che per gli stabilimenti di produzione o gli esercizi com merciali veri e propri, la Ditta debba corrispon dere tassa anche a quella Camera nella cui giurisdizione abbia solamente la sede legale.
Le Camere avevano proposto, in verità senza approfondire la questione, di rilasciare a quella con giurisdizione sulla sede legale di una Ditta, una, quota parte dell’intero reddito, chi un terzo chi la metà, chi una quota particolare da deter minarsi, evidentemente, di volta in volta.
Senonehè le Camere di Alessandria, Pisa, Fo ligno e poi altre, con propri ordini del giorno, tendevano a far riconoscere ed accettare come massima da tutte le Camere che la Sede legale non fosse passibile di imposta, naturalm ente a l legando l'inesistenza di un qualsiasi reddito formantesi presso la Sede legale. E il Tribunale di Roma con sentenza 10 giugno 1912 accoglieva una tale tesi, come già aveva fatto la Cassa zione di Torino con sentenza C a p r i l e 1911.
Ecco come argomenta e conclude la sentenza romana :
« Non deve confondersi la sede di una Società, che è tale per tutti gli effetti legali ai sensi del proprio Statuto, con gli esercizi industriali della Società medesima. L’esercizio industriale si riferisce allo svolgimento dell’attività pro duttiva, a quegli atti del commerciante con i quali egli ottiene i prodotti del suo commercio, a quegli atti dell’industria che producono la ricchezza destinata ad essere messa in commercio. La sede sociale invece è il luogo ove risiede la direzione degli affari della Società e non dove si compie la produzione della ricchezza commer ciale. Nella sede sociale nulla si produce, essa è solo il domicilio dell’Azienda, non è l’esercizio; come dice il Codice di procedura civile è la casa in cui risiede l’amininislrazione della Società (art. 189 Cod. proc. civ.).
28 giugno 1914 I,' ECONOMISTA 411
«Se fosse altrimenti, mentre nel luogo di pro duzione, e cioè nell'esercizio industriale, viene tassata tutta, la produzione, t u tta l’attività in dustriale dei commercianti, questa verrebbe ad essere tassata una seconda volta, e non più in ragione del prodotto, ma con criteri del tutto arbitrarli, in altro luogo, ove trovasi la sede dell’azienda, la sede sociale.
« In tali sensi deve intendersi la disposizione dell’art. 46 della legge in conformità dello scopo che ebbe il legislatore e della dizione gram m a ticale, abbastanza esplicita, che rilevasi dalle parole « esercizi commerciali e industriali » usate dalla legge ».
{ C o n tin u a ) ■ Mic h e l e De Sa n tis.
Costo della vita in Germania.
Nella relazione annuale della Camera di Com mercio di Essen, la Ditta Ivrupp pubblica il mo vimento dei prezzi dei viveri nella Cooperativa di consumo Krupp di Essen, e contemporanea mente una tabella dei salari medi percepiti dagli operai dell’acciaieria. Dalle oscillazioni dei prezzi dei singoli viveri non è possibile indicare senz’ai tro l’aumento del costo della vita sulla base di questa statistica e prendendo per norma la r a zione giornaliera di un marinaio tedesco, ve-diamo che le spese settimanali per il mantelli
mento di una famiglia di 4 persone (genitori e
due figli risultano come segue :
Spese Salario medio per operaio
per il vitto giornaliero settimanale
1899 17,58 4,72 28,32 1900 17,82 4,78 28,68 1901 18,06 4,63 27,78 1902 18,18 4,52 27,12 1903 17,97 4,56 27,36 1904 17,85 4,88 29,28 1905 19,84 5,12 30,72 1906 19,86 5,35 32,10 1907 19,62 5,35 32,10 1908 20,46 5,35 32,10 1909 20,85 5,44 32,64 1910 21,18 5,51 33,06 ¡911 21,48 5,59 33,54 1912 22,29 5,66 33,96 1913 22,83 5,89 35,14
Dal
1899al 1913 le spese per il vitto.sono
quindi aumentate del 29,86 % . e i salari medi
soltanto del
2 4 .7 9 % .Dall'anno di massima at
tività
1906le spese per il vitto aumentarono
del
16,36% , mentre i salari degli operai degli
stabilimenli Krupp crebbero soltanto del
10,09% .Giungiamo a queste conclusioni, ritenendo che la
statistica della ditta Krupp sia esatta, ciò che
purtroppo non si può provare. Per esempio il
calcolo dei salari medi non costituisce una sicura
base, perchè la ditta non ci dice quanto è cresciuta
la quantità dell’occupazione. E, in determinate
circostanze, controllando esattamente le cifre dei
salari, si potrebbe giungere a risultati ancora
peggiori. Inoltre bisogna osservare che nel cal
colare le spese del vitto presero per base i prezzi
delle qualità inferiori, appunto per evitare qual siasi obiezione.
Comunque dalla statistica della ditta Krupp, risulta con assoluta certezza, che il tenore di vita degli operai è peggiorato e che l’aumento dei salari non è proceduto di pari passo col rin caro dei viveri. (Kalvver in Koujunnktnr, 22 gen naio).
I IN F O R M A Z I O N I
B an ea T irren a. — Sotto gli auspici del Cre
dito Italiano, la Ranca ’Tirrena con sede a Li vorno ricondotta a vita nuova si offre alla fiducia del pubblico nei moderni locali testé aperti nella Piazza Vittorio Emanuele.
N uovo p restito fr a n c e se . — Si afferma che
il nuovo prestito francese di 830 milioni al 3,50 per cento, sarà emesso al pubblico al prezzo di frs. 91,00.
L’industria cinematografica in Francia.
L industria cinematografica h a preso in Francia uno sviluppo rapidissimo e si può oggi asserire ch'essa sia, in un vero periodo di prosperità.
Le striscie impressionate o sensibili {films) per proiezioni luminose, solo dal 1910 sono oggetto d'una statistica m in u zio s a da parte delTamministrazione do ganale francese, tanto nelle loro importazioni in Francia, come nelle loro destinazioni all'estero.
P er le importazioni in Francia di rulli e striscie per cinematografi si hanno i valori seguenti:
Nel 1910 franchi 9.834.000
» 1911 » 15.221.000
» 1912 » 23.701.000
» 1913 » 22.954.000
.Dalle cifre qui sopra riportate si può desumere quale progressione rapida abbiano subito le impor tazioni di. rulli e di striscie cinematografiche in Francia. Da 9 milioni di franchi nel 1910, gli invii all'estero sono passati a quasi 23 milioni nel 1913; facendo esattamente il computo si vede che nel 1913 la cifra totale rappresenta 11 milioni e mezzo di franchi di
film s impressionate, 11 milioni e 400.000 franchi di film s vergini, e l'aumento in soli 4 anni è stato
del 1 45% .
Si noterà tuttavia che nel 1913 le spedizioni del l'estero sono state inferiori di 750.000 franchi circa a quelle delTanno precedente. Ma questo indeboli mento è dovuto solo al grandissimo sviluppo della produzione francese.
( iò è m^sso in evidenza dai seguenti dati statistici del movimento delle esportazioni francesi, dal 1910 in qua:
Nel 1910 franchi 6.681.000
» 1911 » 8.840.000
» 1912 » 18.994.000
» 1913 » 33.202.000