GAZZETTA SETTIM ANALE
SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI
Anno XLI - Voi. XLV Firenze-Roma, 15 Marzo 1914 N. 2080
S O M M A R IO : I dividendi invariabili degli Istituti di Credito M obiliare. M. Pa n t a l e o n i. — Per la tutela delle donne emigranti. E. Z. — I nuovi provvedimenti tributari (a proposito della imposta di negoziazione). Gil b e r t o
Te r n i. __L ’industra siderurgica italiana giudicata a ll’estero. — Il censimento industriale del Regno secondo gli ultim i rilievi statistici. — IN FO R M A ZIO N I: Il Credito Provinciale assorbe u n ’altra Banca. — Le azioni della B ancaria Italiana. — 11 « Pool » della navigazione transoceanica. — I diritti su l fiume Roia. — Im prese Fondiarie - Roma. — RIVISTA B IB LIO G RA FIC A : Alex. Lekas, L ’Et.at et les fonctionaires. — Louis Perlmann,
Die Bewegung der W eizenpreise u nd ihre Ursachen. — RIVISTA AGRARIA : Produzioni agricole nell’ultimo quadriennio. — FINANZE DI STATO E COM UNALI : Le riscossioni negli 8 mesi di esercizio provvisorio. — Il prestito di dieci milioni alla città di Torino. — R IVISTA ECONOMICA : Le condizioni economiche dell'Olanda nel 1913. — NOTIZIE FIN A N ZIA R IE. — P restito austriaco. — F errovia di Bagdad. — Condizioni finanziarie della Turchia. — Coniazione di nuove monete. — 11 tasso del cambio al Messico. — Em issione di buoni quinquennali per 62 milioni. — 11 prestito greco per 500 milioni. — MERCATO MONETARIO E RIVISTA DELLE BORSE. — PROSPETTO QUOTAZIONI, VALORI, CAMBI, SCONTI E SITU A ZIO N I BANCARIE.
I dividendi invariabili
d e g li Istitu ti di Credito M obiliare.Gli Istituti di eredito mobiliare hanno preso da noi, tutti quanti, l’abitudine di dare divi dendi invariabili. Si veggano le seguenti ta belle.
La Commerciale, dopo i primi sei anni, nei quali ha dato dividendi variabili, ha dato dal 1901 al 1904 L. 40 per azione di L. 500, cioè l’8 °/0 ; dal 1905 in poi ha dato sempre L. 45 per azione, cioè il 9 °/0. Sono 9 anni di divi dendo invariato, che seguono a 4 anni di divi dendo pure invariato.
Il Banco di Roma, dal 1899 a questa parte, ha sempre dato L. 7 per azione di L. 100. Sono
15 anni di dividendo invariato.
Il Credito Italiano, dal 1908 a questa parte, dà 30 lire per azione di 500 lire, ossia, il 6 °/0. Per tre anni precedenti dava 32,50, e prima d’allora L. 30. Siamo sempre di fronte al feno meno dei dividendi invariabili.
La Provinciale dà dal 1907 a questa parte L. 13 per azione di 100 lire. Precedentemente il dividendo variava.
Della Bancaria non si può dire che abbia dato un dividendo invariabile. Tendeva, anch’essa, a questo, ma la vita agitata dell’Istituto noi ac consentì.
La Cassa Generale di Genova, che è, in fondo, pure un Istituto di credito mobiliare, ma con azione del tutto regionale, — e perciò da noi non è stata finora discussa — dà pure dividendi stabili. Dal 1903 al 1906 sono state L. 20 per azione di 250 lire e dippoi lire 25, ossia il 10%.
E evidente che questa stabilità dei dividendi non esiste nel regno della natura e perciò ap partiene al regno dell’arbitrio umano. In altri termini, è assolutamente impossibile che i veri
utili dell’annata siano sempre i medesimi! Se, adunque, il dividendo è sempre il medesimo, c’ è nel meccanismo un volano; ovvero, i bilanci sono annuali, perchè così vuole la legge e la consuetudine, ma vengono redatti in modo come se fossero quadriennali, quinquennali, decennali. 11 dividendo annuo è un dividendo medio di anni passati e di anni venturi; ovvero, il dividendo annuo — quello che viene pagato agli azioni sti — è un vero acconto su di un dividendo che già maturò in anni scorsi e che maturerà, pre vedibilmente, in anni futuri: insomma, il divi dendo che viene distribuito è una interpola
zione.
■ Ciò è forse contrario alla legge — e diventa cagione di infernali processi se le cose vanno male — ma è una necessità.
Dire che una cosa, un provvedimento è una necessità, è dire che è cosa ottima (1). Le due locuzioni sono addirittura tautologiche.
E’ la legge che è stupida, perchè impone so luzioni, atti, non conformi alle esigenze della realtà.
Perchè mai deve il tempo abbracciato da un bilancio essere regolato sulle rivoluzioni della terra intorno al sole ! Che c’entra l’astronomia con i fatti industriali? Perchè voler coartare questi a essere una funzione di quelli? Si ca pisce ancora che un bilancio agricolo possa sem brare svolto nell’anno solare. Ma, anche questo, in linea di fatto, non è vero. E’ svolto invece nel ciclo « di quelle rotazioni agricole che sono interdipendenti ». Un ciclo di rotazioni ha in numerevoli spese comuni — joint costs o f
prò-(1) I n f a t t i : il necessario è la co sta ta z io n e c h e è u n ica la v ia che è a p e r ta a chi deve a g ire ; p e r ciò stesso esclude lib e rtà d i sce lta : in v e c e, la v ia o ttim a p re su p p o n e lib e rtà d i sce lta tr a p iù v ie e ch e v e n g a sce lta q u e lla che è re la tiv a m e n te p iù a d e g u a ta a lle co n d izio n i d i ta tto in v is ta d e l ra g g iu n g im e n to d i u n m a x im u m re la tiv o d i s o d d isfaz io n e . O r bene, q u a n d o le co n d iz io n i d i fa tto p e rm e tto n o u n a so la v ia , l ’ è p re c isa m e n te com e se ne p e rm e tte sse ro in fin ite, m a tu tte q u a n te a ll'in f u o r i d i u n a fossero n o n adeguate alle c o n d izio n i d i fa tto . E cosi il
duction, — e il bilancio agricolo non è chiuso,
non ha un inventario di apertura e un inven tario di chiusura reali, che a rotazione coni-
piuta. E’ artificioso il bilancio annuale. Là dove,
e fino a quando l’agricoltura non è progredita, il bilancio annuale è meno artificioso in agri coltura che nella industria, perchè le rotazioni sono brevi e possono essere annuali. Ma, quanto più l’agricoltura si perfeziona e progredisce, tanto più le rotazioni si fanno lunghe, ossia ultra an nuali, perchè le colture si incatenano l’una nel l’altra, e le spese fatte per l’una servono anche per le altre: elles s’enchevêtrent.
Nell’industria l’inventario di apertura e quello di chiusura non sono mai annuali. Perciò noi rendiamo i bilanci annuali mediante una serie di artifizi. Non dirò che sono del tutto capric ciosi. L’esperienza ci guida. Ma, sono artifizi ar tificiosi.
Il primo volano è la riserva. Cosa è la riserva se non un utile non distribuito perchè, appunto, non v’ha modo di essere certi che l’avvenire confermerà il giudizio dato, in sede di bilancio, sugli utili! Se, ad es., la mia azienda è tecni camente tale, che occorrono tre anni perchè io sappia se ho guadagnato o perso, e la legge per contro mi obbliga a rispondere al quesito già dopo il primo anno, a me non resta che di so stituire al dividendo, per me ancora ignoto, di tre anni di attività aziendale, e alla sua divi sione per tre, una congettura; ed allora, per non andare incontro a guai, darò un acconto sul dividendo triennale, passando a riserva quanto più posso. L’anno successivo sarò già più vicino alla realtà: terrò conto della misura in cui ho errato nell’acconto di dividendo, terrò conto di una previsione ora più certa relativa al terzo esercizio, e preleverò o aggiungerò alla riserva. Alla fine de] terzo anno poi faremo i conti veri.
La riserva è implicita, o esplicita, o entrambe le cose. La esplicita è fatta per la platea. Il bi lancio è la risultante di innumerevoli valuta zioni. Posso essere largo in queste valutazioni e avere allora una riserva esplicita relativa mente grande. Posso essere cosi rigoroso in que ste valutazioni da aver distrutto ogni riserva palese.
In sostanza, è questione di prudenza e di ca pacità — e, si capisce, di onestà — degli am- ministratori.
Il secondo volano sono i coefficienti di ammor tamento, , i quali sono di due specie affatto distinte. E relativamente facile, poiché è un pro blema tecnico, determinare la quota di logorio di macchinari, di caseggiati e di cose consimili e stabilirne la misura in modo che questi fat tori di fabbricazione, con l’aggiunta della quota di ammortamento, abbiano ognora il loro valore
originario. Ed è questo la prima specie di coef
ficienti di ammortamento. Ma, ve n’è una seconda, che è di pretta valutazione, e che consiste nella svalutazione che occorre dare a fattori di fab bricazione perchè i progressi dell’industria pos sono sostituire quelli che una azienda possiede
con altri più economici, ossia, di maggiore ren
dimento, e perchè il prodotto islesso dell’azienda può soffrire nello smercio e nei prezzi dalla con
correnza di aziende similari, e da altre che pro ducono surrogati. Si tratta di coefficienti di am mortamento che investono ad un tempo i fattori di fabbricazione e il prodotto loro, e che non hanno nulla che vedere con criteri tecnici.
Or bene, gli Istituti di credito mobiliare, per essere essi compartecipanti in imprese industriali, perchè ne posseggono delle azioni, a perché ne sono I creditori, sia che ne abbiano le obbliga zioni, o gli effetti, q sia . che abbiano loro fatto dei fidi in conto corrente, hanno bilanci che ri flettono tutte le vicende delle industrie dalle
quali sono nudriti, e i loro cicli di rendimento sono strettamente dipendenti da quelli delle aziende industriali.
Perciò, non essendo sostanzialmente annuali i bilanci industriali, sono pure soltanto fittizia-
mente annuali quelli degli Istituti di credito
mobiliare.
Nè è uniforme per tutti gli Istituti di credito mobiliare la durata dei cicli ; questa durata è per ogni Istituto conforme ai cicli della sua
clientela — la quale non ha necessariamente
cicli di uguale durata di quella delle altre clien tele. Un Istituto di credito mobiliare legato alla metallurgia, ha un ciclo diverso da quello di un Istituto legato a costruttori e appaltatori di co struzioni edilizie, portuarie, ferroviarie, o legato a operazioni di credito agricolo e via dicendo. Certo, una completa e rigorosa specificazione non conviene e ogni Istituto ha un mazzo di affari, tra corti e lunghi. Ma, per contro, una certa specificazione pure c’ è, e il mazzo contiene fiori di generi che predominano su altri.
Ed ecco anche perchè c’ è posto per parecchi Istituti di credito mobiliare, a misura che in un paese i generi di imprese si fanno più nu merosi, e perchè, salvo ai margini, e là dove le industrie passano per variazioni quasi imper cettibili da un genere all’altro, non c’è concor renza tra Istituti di credito mobiliare, o, per lo meno, non c’è in quella misura e perfezione con cui c’è tra banche di deposito e sconto com merciale.
E’ questa, dunque, la spiegazione fondamen tale che diamo del fatto che i dividendi sono stabili, per lunghi periodi.
inte-15 marzo 1914 L ’ ECONOMISTA 163
ressato nelle azioni e obbligazioni industriali possedute dal suo Istituto.
L’interesse che gli Istituti di credito mobiliare hanno nella stabilità relativa delle loro proprie azioni nasce da quanto abbiamo esposto nell’ar ticolo precedente, cioè dallo necessità di fare fre quenti emissioni di nuove azioni per accrescere il loro capitale. Ohi mai sarebbe disposto ad ade rire al loro invito, e nella clientela vecchia, e in quella nuova, se il possesso di azioni di tal genere costringesse il loro acquirente a tener die tro quotidianamente, o mensilmente, al loro corso, e ove fosse tentato ora a venderle tutte, ora a comperarne. Tanto varrebbe allora di comperare direttamente i titoli industriali nei quali s ’in veste il capitale degli Istituti! Perchè servirsi di questo intermediario, che è costituito dagli Istituti di credito mobiliare, se non procura, a chi ha risparmi da investire, una maggiore sta bilità di quella che avrebbe investendo diretta- mente in Carburo, Azoto, Elettrochimica, Gaz, Tram, Navigazione e via dicendo? Il possessore di azioni di un Istituto di credito mobiliare vuole che l’Istituto faccia in sua vece una oculata cernita tra gli innumerevoli valori industriali, e la prova che la cernita sia stata occulata, e che T Istituto sappia lavorare su margini, ora ven dendo questo titolo per comperare quest’altro, ora vendendo quest’altro per comperare il primo, la pròva, dico, di questa abilità sta, in ultima analisi, per l’azionista di un Istituto di credito mobiliare, nella stabilità del corso dell’azione dell’ Istituto.
Anche le banche di deposito e sconto hanno interesse alla stabilità del corso delle loro azioni, ma per tutt’altra ragione, e perciò anche in tut- t’altro modo. Infatti, una banca di deposito e sconto deve temere il ribasso delle proprie azioni, perchè questo può spaventare i depositanti e dare luogo a un run. Ma, un rialzo non la danneggia. Per contro, un Istituto di credito mobiliare, se è ben diretto, non teme un run. Questo non lo tauge nella sua professione. Non lo colpisce nelle sue parti vitali. Mette fuoco a una opera accen- soria. Lo danneggia, invece, tanto il ribasso quanto il rialzo delle sue azioni perchè le svelle dal loro tassa mento, le sradica dalla sua clien tela, presentandole o occasioni di insperato lucro, o la tema di perdite.
Ma, come ottenere una desiderabile stabilità, sia pure qualificata, del corso delle azioni ?
La cosa non è impossibile; anzi, non è nem meno difficile. Ma, il tempo e lo spazio non ci acconsentono di discorrerne oggi, vincolati come siamo all’argomento dei dividendi.
Tornando dunque all’esame dei dividendi di stribuiti, è facile fare il conto del giorno in cui un Istituto ha rimborsato all’azionista il capitale versato.
Se un Istituto ha vissuto, non è più il caso di parlare di rischio corso dall’azionista, e di considerare come premio per il rischio la quota di dividendo che eccede gli interessi correnti !
Se un individuo, in un duello alla pistola, ha avuto il cappello perforato, ma non già la testa, il rischio corso dalla testa è stato zero, come
ha provato l'evento, e non è più il caso di par
lare di quella che è stata la sua opinione, prima
dell’evento,' sul l'ischio che egli avrebbe corso, poiché l'evento ha dimostrato la sua opinione
essere stata del tutto infondata.
Ammesso questo ragionamento, che mi sembra incontrovertibile, stabiliremo un, conto corrente in cui metteremo al passivo il costo detrazione comperata e vi, aggiungeremo ogni anno T inte- resse corrente reale, e quindi variabile sulla somma del costo, e gli interèssi sugli interessi. All’attivo metteremo il dividendo annuale e gli interessi scalari su questo dividendo. Il giorno del pareggio, il capitale iniziale è stato rimbor sato, e ogni ulteriore dividendo è reddito netto. Volendo dare un esempio semplificato d> questo computo, diremo che il Banco di Roma, posto che il tasso corrente dell’interesse fosse costante- mente del 5 %, e posto che il dividendo fosse co stantemente del 7°/0> ha bisogno di anni 26 per aver rimborsato l’azionista, e che la Commerciale, poste le medesime condizioni, ma un dividendo del 9°/o» ha bisogno di anni 17 per aver rim borsato il suo azionista. Come si vede i nostri maggiori Istituti sono ancora notevoli debitori dei loro azionisti, oppure, che è dire ristesse,, questi ultimi sono ancora notevoli creditori delle industrie nazionali.
Dalla maggiore o minore rapidità del rim borso del capitale antistato dall’azionista, a se conda che il dividendo è alto o basso, segue una
grande serie di considerazioni che qui non pos
siamo svolgere, ma che un uomo d’affari, messo sulla strada, fa- subito da se.
Dirò solo questo: più sono numerosi gli anni che occorrono perchè l’azionista abbia ammor tito il prezzo della sua azione mediante la ri scossione di dividendi, e più il valore attuale dell’azione sarà basso relativamente ad altra azione richiedente minor tempo di ammorta mento. In linea di livello assoluto, saranno più bassi i corsi se è previsto un tasso dell’interesse crescente, e più alti, se è preveduto decrescente. Inoltre un dividendo più basso presenta un ri schio maggiore, a parità di sincerità di bilancio. Chi mai conosce il futuro ! Per contro, un divi dendo più alto, accresce i dubbi sulla sincerità dei bilanci. Chi mai conosce il bilancio di una banca ! Donde i singolarissimi apprezzamenti delle borse. Di che diremo ora.
Infatti, un altro aspetto dei dividendi che ci interessa è la loro piuttosto grande disparità.
Il Credito provinciale dà il 13 °/o- La Com merciale dà il 9°/0- Il Banco di Roma dà il 7 °/0. Il Credito italiano dà il 6 %• La Bancaria dà il 6 °/0. I redditi di questi varii Istituti non sono ca pitalizzati al medesimo saggio. 11 listino del 4 marzo ci dà : per la Provinciale lire 180; per la Commerciale 835; per il Banco di Roma 105; per il Credito italiano 558 ; per la Bancaria 98. Depurando questi corsi dei dividendi già matu rati, abbiamo i seguenti corsi : Provinciale 167; Commerciale 790; Banco Roma 98; Credito ita liano 528; Bancaria 92.
La Provinciale, avendo 12.5 milioni di capi tale e 8.5 milioni di riserve, cioè, un capitale di 21 milioni, darebbe a ogni azionista 210 lire per le sue 100 lire. La borsa sottovaluta il ti tolo, stimandolo 167 di lire 43.
La Commerciale, avendo 130 milioni di capi tale e 49.4 milioni di riserva, ha un capitale di 179.5 milioni, da dividersi tra 260 mila azioni da 500 lire. Si avrebbe, quindi, un riparto di 690 per ogni azione da 500 lire. La borsa sopra valuta il titolo, portandolo a 790 lire, di lire 100. Il Banco di Roma ha 200 milioni di capitale e 8 milioni di riserve, cioè un totale di 208.05 milioni, da dividersi tra 2 milioni di azioni da 100 lire; il che dà 104 lire per ogni azione di 100 lire. La borsa sotto valuta il titolo, stiman dolo in 98 lire, di lire 6.
Il Credito Italiano ha 75 milioni di capitale e 10.5 milioni di riserve, cioè un totale di 85.5 milioni di capitale, da dividere tra 150 mila azioni di lire 500. Ogni azionista riceverebbe 570 lire per le sue 500. La Borsa sotto valuta il titolo stimandolo in 528 di lire 42.
La Bancaria ha 50 milioni di capitale e 1 mi lione di riserve, cioè, un totale di 51.023 mi lioni di capitale, da dividere tra 500 mila azio,- nisti. L’azionista riceverebbe dunque 102 lire per le sue 100. La borsa sotto valuta il titolo di 8 lire, valutandolo in lire 92. Da ciò segue che la borsa non ragiona con questi criteri. E allora ?
Se poniamo mente al rapporto tra il dividendo e il corso di borsa, vediamo che la borsa mol tiplica il dividendo della Provinciale per 12.8, il dividendo della Commerciale con più di 17.5 ; il dividendo del Banco di Roma con 14; il di videndo del Credito Italiano con 17.6; il divi dendo della Bancaria con 15.3.
Qui apparisce, di nuovo, la sottovalutazione della Provinciale; poi, in misura minore, quella del Banco di Roma ; poi quella un poco mag giore della Bancaria ; e che le valutazioni più favorevoli sono riservate alla Commerciale e sovratutto al Credito Italiano.
Se la borsa usasse per tutti gli Istituti i criteri che applica alla Commerciale, noi ve dremmo la Provinciale a 227.5, anziché a 167; Banco di Roma a 122.5, anziché a 98; il Credito italiano a 525.0, anziché a 528. Se, per contro, la borsa valutasse tutti i titoli come valuta quello della Provinciale, vedremmo il Banco Roma a 88.90, anziché a 98; la Commerciale a 571.5 anziché a 790; il Credito Italiano a 381.0, an ziché a 528, e la Bancaria a 76.2.
Come abbiamo veduto il corso della borsa non regolarsi sul capitale, accresciuto dalle ri serve, e diviso pel numero delle azioni, — pro babilmente perchè apprezza i bilanci a modo suo, e non li prende come sono stampati, — cosi ora vediamo il corso della borsa non regolarsi nean che sui dividendi e non moltiplicarli per il me desimo coefficiente. Riteniamo perciò che ab biano una notevole portata sul corso della borsa alcuni dei fattori molto brevemente accennati dianzi, e qualche altro che taceremo.
A noi sembra che il prossimo avvenire debba portarci una maggiore parità di trattamento e che ci sia da aspettarsi un miglioramento dei
corsi della Provinciale e un peggioramento dei corsi della Commerciale, ed anche, lievemente, della Bancaria. Il Banco di Roma, invece, ha già un corso intermedio tra le sottovalutazioni, e le sopravaiutazioni, essendo il suo coefficiente di capitalizzazione 14. Il Credit in un senso sot tovalutato, in un altro sopra valutato. La situa zione richiederebbe uno studio assai dettagliato per un giudizio.
Non ci sono noti dei lucri prospettivi che giu stificano le suddette sopravalutazioni e sotto valutazioni. Solo per il Banco di Roma ci pare di vedere, che, per poco che avessero da pren dere uno sviluppo commerciale la Tripolitania e la Cirenaica, notevolissimi benefizi esso racco glierebbe da quanto vi ha seminato, semina che nel suo bilancio figura per soli 17 milioni. Per il resto le posizioni non sono molto diverse, non tanto diverse, certamente, da rendere ragione voli le diverse quotazioni.
Vi sono Istituti di credito mobiliare i quali, occasionalmente, guadagnano molto con varie ope razioni di boycottaggio, per usare il termine meno forte appropriato al caso. Il boycottaggio si esercita a danno di una industria. Facciamo il caso che sia noto che una società industriale debba rimborsare tra alcuni mesi 5 milioni. Le si impedisce allora, mediante ribassi sulle sue azioni, di aumentare il proprio capitale. Essa è costretta a venire a patti con gli Istituti cre ditori e, cioè, ad affidare a questi la emissione delle nuove azioni, dandole ài prezzo che essi dettano, o a subire nuove e più gravose condi zioni per il prolungamento del debito, che per il fatto ¡stesso del creditore non è rimborsabile. Sono operazioni sconsigliabili, perchè, pur dando momentaneamente notevoli benefizi, creano una atmosfera di odio e di ribellione della quale alla lunga restano vittime questi Istituti. Un Istituto ha bisogno di un buon nome. Non è certo que sto il modo di farselo. E, non può acconsentire in codesti metodi la stampa indipendente.
M. Pan ta leo n i.
ree
u n
i
delle donne i m i15 marzo 1914 L’ ECONOMISTA 165
sbarco e il numero dei respinti dai porti d’arrivo sia il minore possibile.
Non è già che non vi siano tuttora lacune da colmare, perfezionamenti da introdurre nel si stema, nuovi provvedimenti, nuove norme da isti tuire. L'esperienza, che insegna sempre, ne sug gerisce a mano a mano. E in questo, come in ogni altro ordine di cose, i risultati non sprege voli finora ottenuti valgono a stimolare e a illu minare la ricerca del meglio, facendo sentir più viva la mancanza di ciò che è ancora deside rabile.
Anche nella tutela deH’emigrazione ha già co minciato a esercitarsi, volonterosa e intelligente, l’opera della donna. Qui si tratta d’un femmi nismo d’ottima lega, che non pensa a rivendi care diritti, ma a compiere doveri, che vuole collaborare all’azione dell’uomo, cooperare con lui nel porgere conforto ai sofferenti e consiglio agli ignari, adoperandosi con animo e tatto fem minile a vantaggio in genere di tutti gli emi granti, ma in ispecie e con più cura dell’elemento femminile. A proposito di che, è giusto far men zione del Segretariato femminile per la tutela
delle donne e dei fanciulli emigranti, con seie
in Roma e diramazioni altrove; il qual Segre tariato finora ha avuto ad occuparsi maggior mente dell’emigrazione, in gran parte tempora nea, che ha luogo dall’ Italia settentrionale verso altri paesi d’ Europa, e adesso comincia a svol gere l’opera propria anche a favore dell’emigra zione che dall’ Italia meridionale muove verso l’America.
Opportunamente le colte signore del Segreta riato sostengono che l’emigrazione femminile avrebbe bisogno d’una assistenza speciale, che a tutt’oggi non v’ è. « I regolamenti meticolosis simi del Commissariato — scrive una di esse — parlano sempre di emigranti, non facendo distin zione tra i due sessi. Si sono istituite Società per emigranti uomini, non per emigranti donne. Nessuno si ricorda del gran numero delle donne emigranti. Pur troppo le donne sono quelle che la Società dimentica sempre, mentre sono Tele mento più fattivo di costumi e di anime » (1). In questo lamento non v’è nulla d’eccessivo. Noi che scriviamo, essendoci rivolti all’ Ispetto rato d’emigrazione in Napoli, ossia in quel porto dove la corrente migratoria è più larga, per avere qualche dato numerico anzitutto sulle donne che s’imbarcano, poi su quelle che viag giano sole, ci siamo sentito rispondere che siffatti particolari statistici non vi sono, e che per averli occorrerebbe un lavoro piuttosto lungo, in quanto i registri tengono bensì conto di tutti gli indi vidui e gruppi famigliari che s’imbarcano, ma senza una apposita distinzione determinata dal sesso. Manca dunque questa prima base: la co gnizione del numero, anche approssimativo, di quelle persone alle quali si vuol prestare opera protettrice.
Malgrado ciò, resta sempre indubitato che le donne emigranti, pur meno numerose degli uo mini, ascendono ogni anno a qualche diecina di migliaia, se l’emigrazione complessiva, specie in certi anni, raggiunge alcune centinaia di
mi-(1 ) L e donne e i fa n c iu lli e m ig ra n ti n e i p o r ti d ’im barco. Re lazio n e d i Iren e d e Bonis d e i B aro n i d e N obili. R om a, 1913.
gliaia. Da questo fatto però emerge non altro che la grande entità del fenomeno sociale in di scorso. Ma perchè una tutela speciale pel sesso femminile, mediante l’opera di persone del sesso medesimo ? Vediamo.
Se anche l’emigrazione, il che non è, fosse sol tanto di maschi, avrebbe sempre qualche ragion d’essere l’assistenza prestata dalle donne. Esse hanno certe attitudini loro proprie, a cui nulla si può sostituire. Nelle famiglie attendono più as sai che l’uomo all’educazione dei bambini. Nelle scuole le classi più elementari sono affidate a maestre anziché a maestri. Come infermiere, suore o laiche, sui campi di battaglia o negli ospedali, riescono superiori agli uomini, più de stre, più ingegnose, più solerti, più gradite agli infermi. Se non che, lo si è visto, l’emigrazione italiana è, in parte notevole, anche femminile; e allora ragion di più.
Molto provvido sarebbe incaricare qualche donna, che vi si prestasse o per onesto lucro o per vocazione disinteressata, di prender parte alle ispezioni che il Commissariato fa eseguire negli alberghi per emigranti, di ricevere alla stazione ferroviaria quelle donne che arrivano per imbarcarsi senza nessun uomo di famiglia che le accompagni. Sarebbe pur necessario isti tuire le ispettrici viaggianti, che, analogamente ai R.1 Commissari di bordo, ma con attribuzioni ben distinte e più limitate, compiessero l’intera traversata oceanica, per soprairitendere ai dor mitomi femminili, all’igiene, al vitto, e via di cendo. Spesso le donne — si legge nella Rela zione poc’anzi ricordata — non osano chiedere alle guardie, ai commissari di P. S., agli agenti del Commissariato d’emigrazione (tutti uomini) delle piccole agevolazioni, qualche cosa da nulla alle volte, ma che il pudore o il soverchio ri spetto non permette di chiedere agli uòmini.
E che dire delle donne escluse dall’ imbarco in seguito alla visita medica, che è, rispetto al tracoma, severissima'? Che dire di quelle che sono respinte allo sbarco dopo la lunga e mala gevole traversata, per effetto della seconda vi sita che 'ha luogo all’arrivo ? La loro condizione è spesso lagrimevole. Chiamate per lo più in America dai loro mariti già emigrati, per rag giungerli hanno venduto alla peggio tutto quel poco che possedevano. Oggi vengono riaccompa gnate alla stazione o da suore o da un agente di P. S., che, pagato loro il viaggio, le abbandona al loro destino. Ma tornando al paese, non vi trovano che delusioni e miseria. Ora, per ac compagnarle fin là se minorenni, oppure per confortarle, per sottrarle alle reti di ignobili sfruttatori, per fornirle di lavoro, per impiegarle in città se ne è il caso, per insegnar loro il modo di curarsi, se la malattia è guaribile, e porsi in grado di partire in altro momento, non è adatta nè efficace, fuorché l’opera sagacemente affet tuosa d’un’altra donna. Chi abbia un po’ studiato la mente, le tendenze, i costumi delle donne emi granti, lo sa.
occupate nei porti d’imbarco, non si dovrebbe tardar più oltre. I Patronati degli emigranti, che in qualche luogo già esistono e lavorano con zelo, e il Segretariato femminile di cui sopra è cenno, possono farsene promotori e sappiamo che lo desiderano. Bisogna però che il Commissariato Centrale per l’Emigrazione li secondi, sia col dare quelle disposizioni pratiche e ufficiali di cui ad esso solo, e non ad altri, la legge attri buisce la facoltà, sia col sussidiare con maggior larghezza (il pingue patrimonio accumulato glie lo consente) i predetti Enti privati, ch’esso ben conosce e ha imparato a pregiare, tanto è vero che già li sussidia per la collaborazione utile che gli prestano.
E. Z.
I n u o v i p r o v v e d im e n t i t r ib u t a r i.
A proposito della imposta di negoziazione. II prof. Einaudi scrivendo nei giorni passati sul Corriere della, Sera intorno alla imposta di negoziazione che fa parte dei nuovi provvedi menti tributari, colla consueta lucidità ha vo luto dimostrare che il proposto aumento nei ti toli al portatore — da 2,34 a 3°/0o — è giusti ficabile in quanto volendosi ovviare all’incon veniente che tali titoli sfuggano alla imposta di successione per mancata denuncia ed impossibi lità di accertamento da parte del Fisco, la nuova aliquota del 3°/00 rappresenta per 1,50°/00 l’im posta surrogativa alla tassa di registro, per le rimanenti 1,50 altra surrogativa all' imposta di
successione. Pagare 1,50 °/00 ogni anno equivale
a pagare il 54 °/00 ad ogni 36 anni e questa somma può considerarsi all’incirca come equi valente alle cresciute imposte di successione, alle quali i titoli al portatore si sottraggono. Egli dice che la riforma in sostanza è buona, ma che senza essenziali aggiunte può riuscire arnese di iniquità; così avverrà, se i titoli al portatore pagheranno ogni anno 1’ 1,50 °/00 pari al 54 °/oo °gui 36 anni, ed equivalente all’in circa all’imposta di successione, cui in media saranno soggetti i titoli nominativi, e paghe ranno inoltre, quando saranno accertabili in una successione, l’imposta relativa di cui hanno già pagato il surrogato. Quindi la riforma andrebbe necessariamente completata nel senso di abolire
per i titoli al portatore, dopo l’attuale aumento,
1 ' imposta di successiotie.
Tale ragionamento a primo esame persuasivo, si presta tuttavia a due obbiezioni che appaiono a noi di qualche importanza. La prima sta nella constatazione che adottando il provvedimento suggerito dall’Einaudi lo Stato non raggiun
gerebbe più lo scopo il quale si prefigge del
maggior introito con siffatto aumento che pre vede in L. 2.600.000. Non adottandolo rimane d’altra parte la sperequazione in confronto ai titoli nominativi : infatti la tassa sui titoli al portatore nell’esercizio 1911-12 diede un prodotto di 13.526.000 (v. relazione al disegno di legge) che rappresentano un capitale di 5.543.400.000:
se si rinuncia per questi titoli al portatore alla tassa di successione, ammettendo che i trapassi si verifichino, come vuole l’Einaudi, a una di stanza media di 36 anni, dividendo la cifra ca pitale di cui sopra per 36, otterremo il quanti tativo medio in titoli al portatore soggetto al trimenti ogni anno a tassa di successione. Tale divisione dà per quoziente 153.983.333; ammet tendo anche che detti titoli sieno tutti soggetti per causa di morte alla tassa minore, ipotesi ma nifestamente assurda, dell’. 1,60 °/0 — che è l’ali quota fino a 30 mila lire fra ascendenti e di scendenti — si ottiene un prodotto annuo di L. 2.463.733, cifra molto vicina a quella che si ripromette il Governo dall’attuale aumento e che dovrebbe venire da esso sottratta. Senon- chè — si dirà — ciò si verificherebbe nel caso in cui le denuncie fossero complete, e non si effettuassero delle evasioni nei titoli al porta tore ; ma è appunto tenendo conto di tale even tualità che abbiamo preso a base di calcolo l’aliquota più bassa a motivo di compenso, ali quota che da 1,60 arriverà in qualche caso sino al 27%.
La seconda obbiezione consiste nel rilievo che considerando come surrogativa all’imposta di successione la nuova tassa del 3%o> ed abo lendo pertanto come suggeriva l’Einaudi l’im posta di successione pei titoli al portatore, per questa specie di valori che possono essere anche i soli elementi di un intero patrimonio soggetto à trasferimento a causa di morte, si rinunce- rebbe al principio della progressività già intro dotto nella legge del 1902.
Crediamo pertanto che la proposta di legge, quale è stata presentata, non permetta di con siderare l’inasprimento della tassa di negozia zione per i titoli al portatore come un’ imposta di surrogazione a quella successoria, perchè, ri manendo questa in vigore anche per i titoli nei casi in cui il contribuente in ossequio alla leg ge fa regolare denuncia, pagherebbe due volte. Se invece si accogliesse la proposta dell’Einaudi, T introito dello Stato sarebbe nullo ed insigni ficante. Ed allora perchè la riform ai Perchè 10 Stato introiti 2.600.000 lire in più, è oppor tuno gravare di altrettanto, nelle attuali condi zioni delle industrie, le nostre Società? E, ciò che assai più importa, tolto lo scopo di impe dire gli occultamenti nelle successioni, dichia rando che l’inasprimento ha carattere di surro gatoria — il che renderebbe d’altronde sterile 11 provvedimento — perchè spingere alla tra
sformazione dei titoli al portatore in nomi nativi, che limitando di tanto la facilità di trasmissione dei valori, eliminerebbe uno dei
maggiori coefficienti del loro successo nell’odierna struttura economica, con danno enorme di tutte le società per azioni, che collocherebbero i loro titoli con difficoltà incomparabilmente superiore?
Gilb er to Te r n i.
15 marzo 1914 L' ECONOMISTA 167
L’ i n d u s t r ia s id e r u r g ic a i t a l ia n a
giu d icata a ll’estero .
Lo Stahl u n d Ehen dèi 5 febbraio scorso pubblica alcune notizie e considerazioni sulla nostra industria siderurgica, che meritano di es sere riprodotte, come VIndustria le riassume, inquantochè si tratta del giudizio di una delle più autorevoli Riviste del mondo specializzate nel ramo dèlia metallurgia.
Cessati i bisogni improvvisi, naturalmente grandi, creati dalle guerre Libica e Balcanica i quali tennero straordinariamente impegnate le singole industrie e fecero salire i prezzi a limiti molto vantaggiosi, è subentrata la reazione creando un forte disagio, che si risente quasi dappertutto, quando non si risenta qualche cosa più forte che il disagio e cioè una crisi vera e propria. Le scorte di magazzino, in fatto di ma teriale da guerra, sono già da molto tempo rin novate e, sotto questo punto di vista, si è prov veduto in modo forse anche troppo abbondante. Per una tale ragione si verifica per qualche ramo un totale ristagno delle ordinazioni diStato, mentre invece per altri rami esse si mantengono nei limiti normali. Per quanto concerne la fab bricazione dei proiettili, si dice che, in conse guenza di tale stato di cose, le officine più pic cole hanno dovuto necessariamente desistere dal dedicarsi a questo genere di lavorazione, solo da poco tempo intrapreso, e mettersi di bel nuovo a produrre le specialità, di cui si occupavano in precedenza.
Certamente nei nuovi programmi della Ma rina è prevista la costruzione di molte nuove navi e perciò lo Stato è molto occupato nel- l’apportare grandi ampliamenti ai cantieri per mettersi in grado di far fronte anche a forti bi sogni. Questo sarà probabilmente per l’anno in corso il più importante, ma, nello stesso tempo, l’unico fatto notevole, l’unica risorsa per l’in dustria siderurgica, che non è certo sufficiente a portare un sollievo alla crisi di cui venne or fatto cenno: è dalla fine dello scorso anno che si lamenta questa straordinaria penuria di la voro. Il Parlamento si è dedicato con cura allo studio di questo problema e la industria spera che si avranno grandi lavori da parte delle fer rovie, porti, ecc.
Ciò potrà forse servire ad evitare una crisi molto acuta, ma non è però sufficiente a giu stificare l’ottimismo che traspare da un articolo recentemente pubblicato nella Kölnische Zeitung e basato su una relazione del giornale II Sole del 15 dicembre 1913:
Società Uva: Entrate presumibili L. 3.794.500; uscite presumibili: interessi L. 1.650.000, am mortamenti L. 500.000, svalutazioni da porta foglio L. 625.000; utile netto L. 1.019.500; to tale L. 3.794.500.
Società Elba: entrate presumibili L. 3.472.000; uscite presumibili: ammortamenti L. 1.950.000; utile netto L. 1.522.000; totale L. 3.472.000.
Società Siderurgica di Savona: entrate pre sumibili L. 2.681.000; uscite presumibili: inte ressi L. 500.000, ammortamenti L. 800.000, sva
lutazioni di portafoglio L. 917.000; utile netto L. 464.000; totale L. 2.681.000.
Ferriere italiane : entrate presumibili lire 1.291.000; uscite presumibili: ammortamenti L. 400.000 ; utili netti L. 891.000 ; totale lire 1.291.000.
Sulla base di queste cifre l’autore dell’arti colo sopracitato manifesta l’opinione che quelle aziende non distribuiranno per il 1913 dividendo alcuno. Egli spera però che si potranno avere nel 1914 le stesse eccedenze attive e. crede che verranno in questo caso ripartiti i seguenti di videndi : Uva 3 %> Elba 5°/,, Savona 1 l/2°/0 e Ferriere italiane 4 %. Ma noi dubitiamo di ciò in primo luogo perchè non riteniamo che le ec cedenze attive nel 1914, per le ragioni esposte al principio di questo articolo, possano risultare eguali a quelle del precedente esercizio ed in secondo luogo perchè ci sembra che le deduzioni previste nei bilanci sopra riportati siano troppo esigue cosicché, se calcolate al loro giusto va lore, non vi sarebbe stato effettivamente mar gine per distribuire dei dividendi.
Il gruppo dell’ Ilva, il maggiore e nello stesso tempo il più importante organismo dell’industria siderurgica italiana — di esso fanno parte i più importanti impianti di alti forni esistenti in Italia — è manifestamente passato per nn pe riodo di forte riorganizzazione finanziaria e quale conferma di una situazione in via di ge nerale progresso dovrebbe avere un risultato reale e tangibile in forma di dividendo. Ma, poiché la situazione è tu tt’altro che in via di progresso, bisognerebbe supporre che si fosse ottenuta una considerevole riduzione del prezzo di costo per via di una pratica divisione di la voro. Le amministrazioni delle varie società co stituenti il gruppo, subito dopo la convenzione, hanno cominciato a mettersi su talé via, ma non sembra che tale lavoro di riorganizzazione abbia fino ad ora raggiunto il suo ultimo limite : si vedrà in avvenire se il risanamento potrà es sere durevole.
Non si può dire che da parte dell’Uva, se si vuole emettere un giudizio che ne rispecchi in modo esatto la situazione, siano stati fatti od iniziati nello scorso anno nuovi impianti od am pliamenti degli impianti esistenti meritevoli di essere tenuti in considerazione. Soltanto in Ba gnoli venne costruito un altoforno che potrà es sere messo in esercizio verso la primavera di quest’anno. Ma questo non può essere conside rato come un ampliamento atto ad aumentare la produzione del ferro greggio, perchè questo altoforno deve servire solo quale riserva e per il momento non si ha l’intenzione di tenere in attività più di due altiforni.
Anche il mercato dei tubi, per la parte con cernente tubi laminati senza saldatura, si pre senterà nell’anno corrente sotto un aspetto ben denmto. bi sono aggiunte due nuove installa zioni: ì tubi Mannesmann in Dalmine hanno aumentato considerevolmente il loro laminatoio per tubi già esistente e le Acciaierie e Ferriere bombarde hanno messo in funzionamento nel dicembre dello scorso anno un nuovo laminatoio per tubi, di costruzione affatto moderna. E’ stato per tal modo conseguito l’intento di rendersi indipendenti dall’estero ed è quindi cessata la importazione dei tubi senza saldatura, poiché la produzione interna è sufficiente a provvedere al fabbisogno. Consumatori principali sono le ferrovie, che devono attualmente eseguire la trasformazione dì parecchie linee adottando la trazione elettrica, e le imprese per trasporti di lorza elettrica, le quali impiegano come pali perle linee i tubi Mannesmann in modo quasi esclusivo.
. La questione che attualmente interessa mag giormente 1 industria siderurgica è quella che concerne il minerale : la provvista del minerale per la grande industria è entrata negli ultimi tempi in una nuova fase. E’ noto come le ri serve di minerale nell’isola d’Elba non siano soverchiamente grandi; il consumo di minerale nell ultimo decennio è andato continuamente au mentando, perchè vennero installati nuovi alti- torni e si e dovuto per tale ragione mettersi alla ricerca di mezzi atti a porre riparo allo esaurimento dei depositi del paese. Si sono esco- gitati due mezzi. Il primo è stato quello di ri correre ai minerali stranieri : le richieste furono rivolte specialmente alla Spagna ed al Sud della Trancia; diligenti ricerche vennero fatte nel iNord dell Africa (Tunisia ed Algeria) e si apri rono trattative, ma non si ebbero fino ad ora risultati importanti. Si ripone una grande spe ranza nella scoperta di minerali nelle nuove terre conquistate della Tripolitania. Se dalle ulteriori investigazioni e ricerche risulterà che sara possibile e conveniente attivare un razionale esercizio, dovranno naturalmente passare ancora alcuni anni prima che si possa trarre un reale beneficio dalle miniere. Non si può però conce pire su queste miniere alcuna speranza prima che non siano costruite le linee ferroviarie per interno, al cui progetto lo Stato attende con la piu grande energia.
Il secondo mezzo al quale si dovrà rivolgere 1 attenzione — e questo è già in parte anche avvenuto —- e quello di utilizzare in più larga misura i minerali dell’Elba, lavorando cioè i minerali meno ricchi e sfruttando i giacimenti in modo assolutamente completo. Questo proce dimento risulterà ancora rimunerativo,' dati i prezzi del materiale importato, e gli esperimenti tatti a questo riguardo sembra' abbiano dato buoni risultati.
A questo proposito è da meravigliarsi che non si sia pensato ad utilizzare miniere anche piu importanti collocate in altre località del aese; e cioè vogliamo alludere ai giacimenti che si trovano negli alti monti della valle a Aosta, e così pure ai minerali di Cogne. Que- s ì minerali, data la loro ubicazione, non si presentano per l’industria così opportuni come
quelli dell Elba, ma, data la loro eccellente com posizione, vi è la certezza che l’esercizio di quelle miniere risulterebbe rimunerativo. Si temeva da principio che, causa la grande altezza alla quale si trovano i minerali (circa 2600 m.), impianto di una ferrovia avrebbe presentato troppe difficoltà o che durante la stagione in vernale il lavoro sarebbe riuscito straordinaria mente disagevole, se non del tutto impossibile, ma ora si è riusciti a rimediare ad entrambi gli inconvenienti. L’ultima tratta della ferrovia aerea tra 1600 e 2600 m. è già pronta per es sere fatta funzionare ed un forte contingente di operai lavora attualmente ed ha lavorato du rante tutto l’inverno nella miniera, senza che si sia fino ad oggi riscontrato alcun inconve niente. Dopo questi esperimenti è da presumersi che la industria italiana saprà approfittare di questa risorsa, quando però non si lasci prece dere da imprese straniere.
Le industrie meccaniche, e fra esse quelle che si occupano della costruzione di macchine a va pore, di turbine, di locomotive, di vagoni, di navi ed altre ancora, riuscirono a rendersi per la massima parte indipendenti dall’estero, per modo che attualmente vengono importate sol tanto macchine affatto speciali, la cui fabbrica zione non risulterebbe rimunerativa, data la limitata possibilità di collocamento: a queste tenne dietro anche gradatamente l’industria dei grossi ferri, mantenendosi sempre nei limiti delle risorse naturali per modo che, anche sotto a tale rapporto, la produzione nazionale in ferri lami nati è sufficiente a coprire le richieste del mer cato del Paese. Particolamente interessanti sotto questo punto di vista riescono le seguenti cifre delle importazioni ed esportazioni:
Mentre la esportazione complessiva durante i mesi da gennaio a novembre 1913, in confronto al corrispondente periodo del precedente anno, e aumentata di 92 milioni di lire, raggiungendo i 2.247 milioni, 1 importazione è aumentata in- vece di soli 48 milioni di lire, raggiungendo la cifra di 3.260 milioni di lire. E, cioè, si ebbe un importante aumento nelle cifre d’importa zione del carbone per 26 milioni e si raggiun sero i 353,4 milioni di lire; diminuirono invece le cifre d importazione dell’anno precedente per i seguenti articoli:
Caldaie, macchine, ecc. di 21,3 a 109 milioni di lire;
Masselli, ghisa di 3,1 a 44,7 milioni di lire; Lavori in ferro e acciaio di 4,2 a 62,4 milioni’ di lire;
Ferri laminati di 1,7 a 12,4 milioni di lire. Di fronte a queste si ebbero le seguenti cifre per l’esportazione :
15 marzo 1914 L’ ECONOMISTA 169
IL CENSIMENTO INDUSTRIALE DEL SEGNO
S E C O N D O GLI U L T IM I R IL IE V I S T A T IS T IC II risultati del primo censimento degli opifici e delle imprese industriali in Italia al 10 giu gno 1911, contenuti nel primo volume, di recente pubblicato, e concernente il numero delle im prese censite, il numero delle persone occupate e la forza motrice espressa in cavalli dinamici, sono stati assunti come segue :
il numero delle imprese censite concerne le imprese esercitate in apposito locale da non meno di due persone (inclusi il padrone o direttore) e comprende quelle che erano in azione il 10 giu gno 1911;
il numero delle persone occupate comprende gli operai, i membri delle famiglie dei padroni che erano addetti alle imprese con o senza re tribuzione, e il personale dirigente, sorvegliante, tecnico e amministrativo;
la forza motrice comprende la media gior naliera dell’energia effettivamente sviluppata nel mese di giugno 1911 dai motori idraulici (ruote o turbine), a vapore, a gas povero, a gas illuminante; a benzina, a petrolio, a olii pesanti, a vento.
Le imprese sono state distinte per categorie : le quali sono sette, delle dieci classificate, giac che le altre, che riguardano l’agricoltura, il com mercio ed i servizi e le professioni sono estra nee al campo della statistica industriale e sono : Io Industrie estrattive del sottosuolo; 2° in dustrie che lavorano e utilizzano i prodotti del l’agricoltura, della caccia e della pesca; 3° in dustrie che lavorano e utilizzano i metalli ; 4° in dustrie che lavorano i minerali; 5° industrie che lavorano e utilizzano le fibre tessili; 6° industrie chimiche; 7° industrie e servizi corrispondenti ai bisogni collettivi e generali, e comprendono l’industrie poligrafiche, la produzione di forza motrice, luce, acqua e calore, le industrie dei trasporti ed i servizi riguardanti l’igiene, la sa nità e l ’estinzione degli incendi.
I dati analitici del numero delle persone oc cupate nelle industrie ed in base a questo, danno nel seguente prospetto per regione:
1. Lombardia . . 657.868 2. Piemonte. . . . 342.394 3. Veneto . . . 198.757 4. Toscana . . . . 188.857 5. Campania . . . 158.119 6. Liguria . . . . 132.674 7. Sicilir ... 120.840 8. Romagne. . . . 83.606 9. Puglie... 82.724 10. L a z io ... 72.413 11. Ducati Emil. . . 62.734 12. Marche . •. . . 49,686 13. Calabrie . . . . 40.358 14. Abruzzi Molise . 36.966 15. Sardegna. . . . 34.055 16. Umbria . . . . 32.106 17. Basilicata . . . 11.562 Regno ...
Comparando questo risultato con quello avuto nell’indagine del 1903, si ha per il Regno un
aumento superiore al doppio e facendo un rag guaglio con la popolazione presente si ricava una media di 66 persone occupate per ogni mille abitanti, mentre nel 1903 tale media era di 43 per mille.
Nel prospetto che segue è indicata la media per mille abitanti per ciascuna provincia, come pure la quantità della forza motrice prodotta in ogni provincia.
Le colonne 4 e 6 del prospetto espongono dati sulla forza motrice sviluppata dai motori originali (idraulici, a vapore, a gas, a benzina, a petrolio, a oli pesanti, a vento): quindi si tratta non già di forza consumata, bensì di forza prodotta.
Nei riguardi delle singole determinazioni di ordine geografico è da tener presente che la forza prodotta in una determinata provincia può essere trasformata in tutto o in parte in ener gia elettrica e questa può essere addotta e con sumata in altre provincie.
Provincie 10 giugno Popolaz. 1911
Persone
P ro v in cie P o p o la z . 10 giu g n o 1911 P e rso n e occupate F o rza c a v a lli dinam . Su 1000 ab. c a v a lli O C C U . Rinarri. 1 2 3 4 5 8 Potenza 474.021 11.562 5.145 24 11 R avenna 248.356 12.038 9.527 48 38 Reggio Calabr. 444.915 15.843 6.547 36 15 Reggio Emilia 310.337 17.285 7.442 56 24 Roma 1.302.423 72.414 64.604 56 36 Rovigo 257.723 10.355 8.385 40 32 Salerno 558.282 25.227 25.005 45 45 Sassari 332.194 8.787 3.493 26 10 àie ri a 241.530 12.268. 5.169 51 21 Siracusa 476.765 11.406 . 5.514 24 12 Sondrio 129:928 5.591 23.206 43 179 Teramo 307.490 7.322 4.937 24 16 l ’orino 1.213.709 169.597 123.711 140 102 Trapani 357.106 12.722 3.804 36 11 Treviso 491.166 26.179 16.185 53 33 Udine 628.081 34.907 43.631 56 69 Verrezia 466.752 33.819 10.197 72 22 Verona 475.049- 52.902 15.435 54 32 Vicenza 496.438 39.574 23.197 80 47
Ragguagliando la popolazione alla potenza dei motori meccanici adoperati nelle varie in dustrie, si trova che nel Regno sono in attività 46 cavalli dinamici per ogni 1000 abitanti; men tre nel 1903 erano in attività soltanto 29 ca valli dinamici.
Dal prospetto sopra esposto si può vedere che la massima quantità relativa di questa forza serve per industrie che si svolgono nelle pro- vincie di Torino, Brescia, Novara, Genova, Mi lano e Perugia; e la minima per industrie sta bilite nelle provincie di Trapani, Sassari, Bene- vento, Potenza, ecc.
Alcune industrie, però, e specialmente quelle minerarie, mentre richiedono molta mano d’opera, fanno poco uso di motori meccànici ; quindi si spiega la bassa percentuale delle provincie di Girgenti, Caltanissetta, Massa e Carrara, Ca gliari.
L’aumento avvenuto nella potenza di motori adoperati nelle industrie è stato proporzional mente molto più forte di quello avvenuto nel numero degli operai, giacche da 777.731 cavalli dinamici nel 1903, si è saliti nello spazio di 8 anni a 1.612.356; quasi il doppio.
Un altro indice del progresso delle industrie dal 1904, in poi, è dato dall’aumento del con sumo dei vari combustibili fossili, sia di produ zione nazionale, sia importati dall’estero.
Nel quadriennio 1900-04 la quantità media annuale di combustibili fossili consumata nel Regno era di tonnellate 5.728.103, mentre nel quadriennio 1907-1910 è salita a 9.460.349 ton nellate.
Non tutto il combustibile consumato nel Re gno è adoperato per le industrie, ma, per quanto non si abbiano elementi sufficienti per una clas sificazione di esso secondo i diversi impieghi, si può tuttavia, in base a calcoli approssimativi, affermare che il consumo per usi propriamente industriali, è notevolmente aumentato nel qua driennio 1907-1910.
Qualunque d om anda di inform azione viene fornita gratuitam ente e se m a che occorra il rimborso di alcuna spesa.
I IN F O R M A Z I O N I
Il Credito Provinciale assorbe un’altra Banca. — In seguito alla deliberazione della
assemblea della Banca Mutua Popolare di Pi stoia, questa verrà assorbita dall’ Istituto Italiano di Credito Provinciale.
Le azioni della Bancaria Italiana. — Si
afferma, ed abbiamo ragione di credere che la no tizia sia fondata, che la Bancaria Italiana trasfor mi le proprie azioni portandole dal valore nomina le di L. 100 ciascuna, a quello di L. 500 ciascuna.
Il « Pool » della navigazione transocea nica. — La Nette Politische Korrespondenz
— di solito bene informata — a proposito del « Pool » della grande navigazione scrive che le notizie finora pubblicate precorrono gli eventi. « L’accordo fra la Hapag e il Lloyd è stato fìs saio sinora soltanto in alcune disposizioni fonda- mentali; ma nella trattazione dei particolari of frirà ancora largo campo di divergenze. Simil mente è ancora sospeso nell’aria il trattato del « Pool » nordatlantico, che deve essere rinnovato per cinque anni. Il direttore Ballin avrebbe di chiarato che il « Pool » nordatlantico potrà essere rinnovato per altri cinque anni soltanto nel caso che, fino al maggio, si sia trovata una soluzione soddisfacente per le difficoltà create dagli olandesi. Infine, anche al rinnovamento della Atlantic Con- ferenc si oppongono ancora grandi difficoltà pro venienti da spostamenti di comunicazioni avvenuti nel Mediterraneo e nell’Adriatico, e provenienti sopratutto dalla questione canadiana che, da gran tempo, inceppa le mire della Atlantic Conference».
I diritti sul fiume Boia. — La Commissione
internazionale composta dei delegati francesi ed italiani si è riunita a Nizza per stabilire i diritti dei due paesi sulle acque del fiume Roja nei tratti comuni, come pure dei mezzi di utilizzazione di dette acque da parte dei rispettivi cittadini. I lavori della Commissione sono terminati con pieno accordo.
Imprese Fondiarie - Roma — Si conferma
che il Consiglio di amministrazione delle Im prese fondiarie ha deciso di proporre all’ as semblea degli azionisti la ripartizione di un dividendo di lire 6 per azione.
Banco di Roma. — Il Banco di Roma distri
buirà, a quanto si afferma, un dividendo di L. 6 per azione.
RIYI5TA BIBLlOQRflFKfl
Alex. Lefas. — L'E tat et les fonctionaires. —15 marzo 1914 L’ ECONOMISTA 171
tali manifestazioni. Assai sinceramente, il prof. Leías riconosce che le lagnanze dei funzionari sono legittime e che la loro causa è giusta. Al trettanto sinceramente egli mette in guardia con tro le decisioni sindacaliste.
Secondo l’autore la condizione dei funzionari dovrebbe essere regolata da uno statuto che as sicuri loro delle garanzie efficaci e che li pro tegga contro l’arbitrio governativo e parlamen tare. In Inghilterra éd in Germania sono già stati adottati degli statuti rispondenti a giusti desiderata essertziali. In Frahcia vi soùó stati dei tentativi già antichi, i quali sono stati pros simi ad essere adottati ; ma la cecità dei dipar timenti ministeriali interessati rese vani gli sforzi di uomini come Toqueville, Saint-Marc, Girardin, e più tardi di Etiène Lamy, di Bignon. L’autore vorrebbe che si riprendesse l’opera,-lasciata da questi precursori, e la si portasse a fine. Il pro gramma che egli traccia è dei più suggestivi e tutti quelli cui interessa la questione delle ri forme amministrative, dovrebbero trarne profitto. Il volume formerà per essi uno strumento indi
spensabile. J.
Louis Perluiann. — Die Bewegung der
Wei-zengreise. und ihre Ursachen. — Duncker
und Humblot, Miinchen, 1914, pag. 73. All’esame della formazione dei prezzi si ri volge sempre particolare attenzione sul principio di ogni trattazione della scienza economica. Tut tavia, quantunque da più di un secolo l’economia si occupi di questa materia, non è fino ad oggi arrivata ad unificare le varie teorie; sì che an cora esistono divergenze sui problemi vitali dei prezzi, del denaro e delle crisi che ne sono la conseguenza.
L’A. si limita ad esaminare la formazione del prezzo del grano in considerazione che, soltanto mediante una indagine particolare ad una data mercanzia, si può conoscere ed apprezzare al giu
sto l’importanza dei vari fattori sul movimento dei prezzi ad essa relativi e stabilire un limite di separazione dai fattori che influiscono sulle altre merci. La statistica dei prezzi del frumento, poi, è l’unica copiosa che renda possibile uno studio ampio e completo.
E tale è. quello che il Perlmann ci dà col suo pregevole saggio. Il quale è diviso in due parti : nella prima si esamina il movimento dei prezzi e nella seconda le cause che influiscono sul mo vimento stesso. Caratteristico è il metodo seguito dàU’A. in ciascuna di èsse. La prima parte è condotta in modo che l’attenzione si rivolge prima sulle grandi linee del fenomeno, per poi scendere alle particolari e quindi dal movimento generale dei prezzi nelle varie epoche storiche ed econo miche si passa all’esame dei prezzi annuali, men sili e giornalieri. Nella seconda parte, invece, l’A. segue il metodo inverso e mostra le cause che influiscono sulla formazione giornaliera dei prezzi per poi studiare la loro azione su periodi più lunghi: mesi, anni, decenni.
L’innegabile influenza che il prezzo del grano esercita sul valore delle altre derrate ed i rap porti che, nonostante la varietà della produzione, esistono fra i mercati dei vari paesi, rendono lo studio di interesse veramente attuale.
L. M.
RIYISTfl dQRdRIfl
Produzioni agricole n e ll’ ultim o quadriennio.
Riportiamo qui sotto l’interessante prospetto di con fronto della produzione nel Regno per 20 voci rile vate nel quadriennio 1909-1912.
L'Ufficio di Statistica A graria diretto dal valente ing. Giuseppe Zattini attende con am ore a perfezio n are le statistiche che finora m ancavano nel nostro paese. PRODOTTI P R O D U Z I O N I 1909 1910 1911 1912 quadriennaleM edia 1909-1912 F ru m en to ... 51.813.000 41.750.000 52.362.000 45.102.000 4 7.757:000 S e g a le ... 1.278.000 1.382.000 1.346.000 1.342.000 1.337.000 Orzo... 2.384.000 2.065.000 2.369.000 1.829.000 2.162.000 A v e n a ... 6.300.000 4.148.000 5.947.000 4.109.000 5.126.000 Riso... 4.753.000 4.380.000 4.792.000 4.395.000 4.580.000 (ira notu r e o ... 25.221.000 25.839.000 23.796.000 25.063.000 24.980.000 Fave da s e m e ... 6.638.000 5.098.000 5.168.000 4.022.000 5.231.000 Fagiuoli e legum inose minori da
FINANZE DI STATO E COMUNALI
Le riscossioni negli 8 mesi di esercizio provvisorio.
Dalla tabella delle riscossioni per gli 8 mesi del l’esercizio finanziario in corso (1° luglio 1913-28 feb braio 1914) risu lta che si introitarono per 19 milioni e mezzo in cifra tonda più degli 8 mesi dell'esercizio precedente, aumento che si eleva a 21 milioni, te nendo conto del ritardato versam ente in Tesoreria di 2 milioni di imposta di R. M. per ritenute. Sono in aum ento:
il reddito delle privative per lire 10 milioni e 445 m ila;
le imposte dirette per lire 11 milioni e 58 m ila; i proventi delle imposte, dei telegrafi e dei tele foni per lire 3 milioni e 142 mila.
Circa le privative, va notato che sull'aum ento di questo cespite non ebbe finora alcuna influenza il catenaccio dei tabacchi. Si é ripetuto questa volta il fenomeno che può dirsi costante, e cioè che in un primo tempo, anziché un aum ento si verifica una di minuzione di proventi o per contrazione di consumo o perchè m om entaneam ente il consumò si sposta verso qualità in ferio ri; cosicché gli effetti del catenaccio a favore del bilancio non cominciano a manifestarsi che soltanto dopo alcuni mesi. Nello scorso mese di gen naio si ebbe una dim inuzione di reddito; e nel mese di febbraio si ottenne un aumento corrispondente a quello che era norm ale prim a dell’applicazione del catenaccio. Circa . il m inor introito verificatosi nelle tasse affari per L. 3.340,000 si dà la spiegazione col m aggior provento di altre tasse, specie di surroga zione registro bollo e nelle dim inuzioni:
a) delle tasse ipotecarie per le quali nel prece
dente esercizio si ebbe un m aggior reddito a causa della costituzione di cauzioni dipendenti dagli ap palti decennali per la riscossione delle imposte;
b) dei proventi del bollo e del registro che si ali
m entarono eccezionalmente, nel decorso esercizio, di affari determ inati d all'im p resa libica, in m isura ecce dente l'increm ento norm ale;
c) della tassa sulle eccedenze straordinarie, dalla legge previste, della circolazione dei biglietti degli istituti di emissione.
La dim inuzione delle imposte sui consumi trae origine:
a) da m inore importazione di grano turco in con
seguenza del buon raccolto nazionale, di carne fresca e di bovini e di zucchero per l'abbondante produ zione interna. E ’ da notare però che alla diminuzione di lire 1 m ilione e 309 mila nel dazio sugli zuccheri fa riscontro un aumento nella tassa di fabbricazione della stessa d errata per lire 7 milioni e 263 mila,
b) da scemato gettito della tassa di fabbricazione
degli spiriti, che è dovuto a disposizioni di carattere transitorio em anate nel mese di febbraio 1913 e ri guardanti determ inate p a rtite di spirito, le quali vanno gradatam ente ad esaurirsi.
Alcuni rilevano piuttosto, nei riguardi delle entrate principali (escluso il dazio sul grano), che n ell’espo sizione finanziaria del dicem bre scorso fatta dal Mi nistro on. Tedesco si prevedeva per l’intero esercizio finanziario dal Io luglio 1913 al 30 giugno 1914, un
increm ento di soli 13 milioni e mezzo sulle somme accertate nell'esercizio 1912-13; m entre, nel fatto, tale m aggiore previsione è stata già su p erata di circa
otto m ilioni con le riscossioni di soli otto mesi, es
sendosi conseguito l'aum ento di 19 milioni e 303 mila lire, che si eleva a oltre 21 milioni per la ragione sopra indicata. Se, quindi, l’aumento delle entrate principali osservano alcuni continuasse nella stessa proporzione, m entre è legìttim o presagirlo migliore, perché il quadrim estre m arzo-giugno è o rd in aria m ente il periodo più favorevole di ogni esercizio fi nanziario, le previsioni esposte nel dicembre p. p. dal
I
M inistro del Tesoro verrebbero ad essere m igliorate di almeno dodici milioni alla c h iu su ra dei conti.
Il prestito di dieci milioni della città di Torino.
La G iunta p roporrà al Consiglio com unale: 1° rem issione di un m utuo di lire 10.000.000 dir viso in 20.000 obbligazioni del valore nom inale di L. 500 caduca, fru ttan ti l ’interesse annuo del 4 % netto da qualsiasi im posta e tassa presenti e future, estinguibili in 40 anni mediante estrazioni annuali alla pari, a p artire dal 1919, e non riscattabili prim a di un decennio;
2° la cessione delle 20.000 obbligazioni ad un gruppo finanziario al prezzo di L. 470 caduna, esclusa ogni provvigione;
3° di m andare a dichiarare inesigibile la somma di L. 600.000 nei residui delle somme stanziate nel bilancio 1913, per m utui da c o n tra rre ; e ò i radiare in corrispondenza nella parte passiva del bilancio stesso altrettan ta somma sugli stanziam enti per opere strao r dinarie.
A chiarim ento della proposta, ecco quanto riferisce il sindaco:
«11 Consiglio comunale nella seduta del 6 corrente mese, riconosciuta la necessità di addivenire alla sti pulazione di un m utuo di lire 10.000.000, mediante ¡'em issione di 20.000 obbligazioni del valore nominale di lire 500 caduna, deliberò di accettare la proposta fatta d ag l’istitu ti: Credito italiano e Banca comm er ciale italiana, a nome anche delle ditte bancarie: A. Grasso e figlio, fratelli C eriana e L. M arsaglia di as sum ere al prezzo di L. 470 caduna, esclusa qualsiasi provvigione, le 20.000 obbligazioni da L. 500 caduna, fru ttan ti l’interesse annuo del 4 per cento netto da qualsiasi im posta e tassa presenti e future, estinguibile in 40 anni, m ediante estrazioni annuali alla pari a p artire dal 1919 e non riscattabili prim a di un de cennio. Il tutto salvo gli ulteriori accordi definitivi cogli assuntori del prestito per le modalità inerenti all’operazione riservandosi di stabilire le disposizioni e le modalità relative all’em issione delle obbligazioni, all’estrazione loro, al pagam ento d eg l'in teressi ed al l’imputazione della somma ricavanda ai vari articoli dei residui attivi dei bilanci 1913 e retro.
« Le spese tutte inerenti all'em issione sono a carico degli assuntori del prestito.
« Gli accordi presi col gruppo finanziario sui p arti colari dell’operazione, conferm ati con lettera 13 corr. mese del Credito Italiano e della Banca Commerciale, sono i seg u en ti:
« 1° I titoli saranno del formato di quelli del p re stito 1892 e saranno distinti in 5000 unilaterali e 3000 q u intupli;
« 2° Il loro godim ento sarà dal 1° aprile 1914, per cui il prim o coupon sarà pagabile il 1° ottobre ¡914;
« 3° l’importo totale delle 20-.000 obbligazioni, in L. 9.400.00, sarà versato al M unicipio di Torino il 1° aprile 1914, contro consegna dei titoli definitivi. Nel caso che per quel giorno i titoli definitivi non fossero ancora pronti, il M unicipio consegnerà dei certificati provvisori a richiesta del gruppo finanziario, e s ’im pegna di provvedere alla consegna dei titoli de finitivi con la m aggior sollecitudine possibile.
« Le disposizione generali del prestito sulla emis sione ed estrazioni delle obbligazioni, sul pagam ento degl’interessi, ecc., quali figurano nel verso di ogni obbligazione, in un col piano d ’am m ortam ento, sono le seguenti:
« 1° 11 prestito sarà estinguibile in 40 anni me diante estrazioni annuali a sorte, da farsi pubblica m ente nel mese di luglio, alla presenza del sindaco e di due assessori specialm ente delegati, delle quali la prim a avrà luogo nel 1919.