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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.41 (1914) n.2107, 20 settembre

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L’ECONOMISTA

GAZZETTA SETTIMANALE

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI RED A ZIO N E: M. J . d e Jo h a n n is — R. A. Mu r r a y — M. Pa n t a l e o n i

Anno X L I - Voi. XLV Firenze-Rom a, 20 Settembre 1914 } ™RO M A : 56, V ia G regorianaZR: Via (lella N. 210 7

S O M M A R I O : Le moratorie, il credito e le borse. — La guerra contro la neutralità. — Per il Ministero delle Strade Ferrate, Ausonio Lo m e l l in o. — La commercializzazione della guerra. — Demografia delle Nazioni in guerra. — RIVISTA BIB LIO G R A F IC A : Camera di Commercio ed Indu str ia di Pa l e r m o, di Fir e n z e e di Pisa. Relazioni per

l'anno 1913. — La diminuzione dell’emigrazione transoceanica. — Fondo comune e fondo di garanzia degli Agenti di Cambio. — La tutela dei minorenni durante l’anno 1912. — Le spese per il personale a servizio dello Stato. — FIN AN ZE DI STATO: Bilancio delle Poste e Telegrafi. — RIV ISTA ECONOMICA E FIN AN ZIAR IA: 11 rendimento delle ferrovie francesi. — L’esportazione delia Germania. — La navigazione del basso Danubio. — I giornali che si stampano in Austria. Il divorzio in Svizzera. — 11 socialismo in Svizzera. — il commercio francese nel primo semestre 1913. — Prestilo di 325 milioni in Inghilterra.— Media del Cambio. — Borsa di Bordeaux._ PROSPETTO QUOTAZIONI, VALORI, CAM BI. SCONTI E SITUAZIONI BANCARIE.

Le moratorie, ii credito e ie borse,

Dopo le naturali esitazioni dei primi momenti, di fronte al conflitto scoppiato in tu tta Europa,, è subentrato in Italia un periodo di persistente consolidamento nelle direttive del non volontario e spontaneo intervento nel conflitto: il non pre­ sentarsi di alcun fatto che possa, per ora, far deviare da quella direttiva, impone di conside­ rare un migliore assetto della vita economica, attraverso quei provvedimenti subitanei ed ai- frettati che ebbero per caratteristica la iuiprov- visità e furono quindi dettati da una assillante urgenza.

Dei tre provvedimenti principali pre i dal Go­ verno per i rimborsi per la moratoria ai paga­ menti, per le borse, i dite primi si ripresentano per effetto della prossima scadenza di termine, il terzo per la quotidiana insistenza di iute fessati.

Non v’ha dubbio che, affermandosi nella pre­ visione che possa persistere durevolmente il pa­ cifico godimento della posizione neutrale, con­ venga ricondurre il nostro paese, non solo verso le preesistenti basi della sua funzionatila econo­ mica e finanziaria, ma sia opportuno anzi ocu­ latamente spingerlo a conquistare ciò che di be­ nefìcio può addurre il non essere partecipi nella lotta delle armi.

L’ideale sarebbe quindi i! poter riaprire a due battenti le porte del credito e poterle estendere magari su più vaste basi: sarebbe un vantaggio considerevole, al quale ogni cittadino e per sè e per ii paese dovrebbe anelare di giungere, fa­ cilitando al Governo ed agli Istituti di Credito il più sollecito ritorno alla normalità. Invece si deve ancor oggi constatare che, malgrado i buoni intendimenti dei dirigenti, non è dileguato quel panico, non è raggiunta quella calma, che sono precipuo requisito ad un regolare funzionamento

del credito. Abbiamo mostrato nel numero scor­ so (l) come gli Istituti di Emissione con a capo la Banca d’Italia abbiano allargato notevolmente le operazioni, riversando nel mercato danaro in abbondanza; orbene quel denaro non sembra sin, ritornato nelle arterie del commercio e delle industrie, che tuttora soffrono di depressione, bensi sembra che sotto forma di rimborso di de­ positi si sia rintanato negli alveoli reconditi del privato pusillanime. Gli sforzi delle maggiori istituzioni finanziarie vengono così frustrati, e lo sarebbero ancor più se si cedesse sul punto della limitazione dei rimborsi, per la paura e, di­ ciamolo pure, pel poco patriottismo della grande massa dei depositanti, che, ancor persiste a cre­ dere più sicuro il denaro presso di sè, che non presso quegli istituti ormai passati, resistendo, alle più dure prove.

In tali condizioni e finché una calma durevole non ritorni, ci sembra che il Governo bene ope­ rerà non modificando la graduazione dei rimborsi stabilita dal decreto 16 agosto, e studiando piut­ tosto, se ulteriori disponibilità non sia possibile involgere ih via diretta e proficua esclusiva- mente verso il commercio e le industrie.

Il secondo provvedimento che viene pure a scadenza è la proroga al pagamento degli ef­ fetti cambiari. Anche a questo riguardo abbiamo nell ultimo fascicolo dovuto deplorare « la spe culazione del non pagare » (2) di cui con mise rando spettacolo, si è valsa buona parte del paese, compresa quella che ricorre al deposito fiduciario per deporvi l’eccedenza dei propri gua­ dagni. Invero una nazione che anche in tempi nor­ mali, ha già così poco il senso del proprio do­ vere nei riguardi dei suoi obblighi di scadenza,

(1) V ed i Econom ista n. - 106, 13 se tte m b re 1014, p a g . 517: « Gli i s titu ti d i E m issio n e n e ll’a ttu a le m o m en to d e l l ’econorpia n a zio n ale ».

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594 L'ECONOMISTA 20 settem bre 1914

non va incoraggiata, con provvisioni generali, nella speculazione del non pagare.

1 pochi e singoli casi nei quali la proroga deve essere ammessa ed è anzi doverosa, possono es­ sere facilmente ed equamente valutati dalle stes­ se banche, le quali sono le prime interessate a mantenere viva la funzionalità dei commerci e delle industrie. Esse potrebbero volta per volta usare come per il passato della facoltà di con­ cedere proroghe per il graduale pagamento delle cambiali e potrebbero così, avvantaggiando d’al­ tra parte il ritorno di una condizione che per­ metta maggiori liberalità nel credito, eliminare la classe sempre esistita, ma oggi rafforzata dalle provvisioni generali, dei cattivi pagatori.

Infine i provvedimenti che riflettono i mercati dei valori, sono strettamente commessi con quanto abbiamo fin qui considerato e poiché appare che finora non sia stata raggiunta una fondata consi­ stenza di normalità, conviene affermare che sa­ rebbe inconsiderato di parlar fino da adesso della riapertura delle Borse.

Perdura purtroppo l’effetto di un provvedi­ mento, che auguriamo non sarà per ripetersi, in virtù del quale i contratti a termine con sca­ denza a fine agosto sono stati prorogati a fine di settembre previo pagamento del 2,50% in conto del prezzo e l ’interesse del 6 % . Le cri­ tiche vivacissime del quale è stata oggetto una simile disposizione, che non ebbe riscontro in alcun’altra piazza, ci dispensano già dal dimo­ strare come si tratti di un errore che vogliamo volentieri attribuire alla fretta, tanto inverosì­ mile esso sembra, se lo si dovesse considerare come effetto di ponderazione.

Auguriamo che il Governo non vi ricada, ren­ dendosi, come ha fatto, alleato dei giuocatori al ribasso e sacrificando così quelli al rialzo se pur ancor ve ne possono essere !

LA GUERRA CONTRO LA NEUTRALITÀ

« La neutralità non è un parafulmine, è un ombrello » scrisse pochi giorni or sono un bril­ lante articolista e si dilungò a dimostrare l’as­ sunto, senza punto considerare se veramente la neutralità potesse non essere nè l’uno, nè l’al­ tro; senza trattenersi un momento solo a riflet­ tere se la neutralità non potesse essere invece un bastone semplice, diritto come una lama, ap­ puntato come uno stile, flessibile come una verga, o pesante come una clava, o nodoso come un ran­ dello.

Invero non abbiamo ancora veduto nella stam­ pa valutare con argomentazioni che non dovreb bero essere difficili il valore positivo dell’atto

negativo racchiuso nella neutralità; eppure è

innegabile, e non può non risultare a chiunque consideri con equità e serenità, che anche l’inerzia ha un valore, che.anche il corpo inattivo ha un peso; che anche la condizione statica può-con­ tenere una potenzialità dinamica....

Non vogliamo qui pei* certo addentrarci a dimostrare l’efficienza attiva della nostra neu­ tralità, ma non vogliamo passare sotto silenzio

il fatto che la nostra neutralità non ha una

borine presse, come si suol dire.

E questo vogliamo rilevare perchè anche ci sembra strano che il Governo debba di quando in quando ricorrere ai noti brevi comunicali di riaffermazione della sua condotta, per calmare la crescente marea delle discussioni che gli si fanno attorno, mentre è evidente che negli oneri della mobilitazione od altri potrebbe rientrare quel tanto che occorre per documentare alla stampa estera e nazionale che la buona ragione sta dalla sua parte.

Con un po’ di diplomazia, con quel ¡taire che non può mancare nel Gabinetto dell’attuale Mi­ nistero si può certo conquistare una buona parte della stampa con quei mezzi che trovano tanto minore resistenza, quanto piii alto ne è il loro valore.

La disinvoltura colla quale la stampa in ge­ nere può cambiare il tono del suo ritornello è notoria per moltissimi esempi: tutto sta nel sa­ pere opportunamente documentare la verità ; ed una volta che si sia saputo usare dei mezzi persuasivi con la dovuta abilità, d’nn subito l’intelletto si illumina e trova il modo di mo­ strare al pubblico che non vi è incoerenza nel dire oggi il contrario di ciò che si è detto ieri. Con ciò non si afferma che la stampa non ami la verità ; anzi, il nodo sta appunto nel dimostrare da quale parte essa sia, èd una volta ben veduto, la moralità rimane salva ed il mutamento di opinione si riduce ad una sola questione tecnica.

Forse ci si potrà accusare di professare un realismo che rasenta il cinismo ; purtroppo dob­ biamo credere che nelle grandi questioni sia necessario tener conto di tutti gli elementi che possono agevolare il conseguimento del fine ; ed in questo caso si tratta nientemeno di vincere una guerra ; la guerra cioè che si muove da troppe parti contro la neutralità.

Non dimentichi quindi il Governo, che appar­ tiene alle inevitabili necessità l’avere una stampa favorevole quando un indirizzo incomincia ad essere discusso in modo inquietante e che con­ seguire tate intento non è un problema difficile.

Per il Ministero delle Strade Ferrate.

Abbiamo dal nostro chiarissimo e carissimo collaboratore questo articolo, che giustamente richiama ad una grave questione paesana, mentre di troppo le m enti son rivolte alio spet­ tacolo offerto dall’estero. L’Economista non e mai stato invero tenero per le aziende gerite, sotto qualsiasi forma., dallo Stato, perciò è con­ corde con l ’A utore soltanto e specialmente in quanto deplora l'attuale andam ento fin a n zia ­ rio delle Ferrovie Statali.

La dedalica questione ferroviaria, trattata con una certa larghezza nelle ultime sedute alla Ca­ mera, merita qualche parola che risalga alle sue origini :

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e parte dell’Adriatica, io pubblicavo nel n. 6 della Critica Sociale, diretta dall’on. Turati, anno 1902, poche righe di scritto col titolo: II

Ministero delle Strade Ferrate.

Dopo di avere insistito sulla necessità sociale dell’esercizio di Stato delle Ferrovie nel modo stesso che dallo Stato si eserciscono i servizi Postali e Telegrafici (ed oggi anche i telefonici) scrivevo le seguenti parole:

« Le convenzioni ferroviarie, a norma di leg­ ge, vanno denunciate due anni prima della loro scadenza — disdiciamole dunque subito e nei due anni di frattempo tutto studiamo e tutto prepa­ riamo perchè l’esercizio di Stato abbia a sosti­ tuire l’esercizio privato a Regia cointeressata, senza dare luogo a scosse ed attriti dannosi nei servizi di movimento, di traffico, di trazione, di manutenzione.

« A ciò ottenere basterà che nei primi anni di sua gestione lo Stato nulla o ben poco m uti nell’organizzazione data ai servizi dalle tre So­ cietà esercenti : le innovazioni e le modificazioni di migliore interesse pubblico, tecnico ed ammi­ nistrativo, si introdurranno poco per volta con oculata prudenza, man mano che ne viene rico­ nosciuta la opportunità e la convenienza.

« E poiché ogni azienda a carattere industriale e commerciale, sia essa esercitata da privati ov­ vero da Comuni o dallo Stato, va amministrata separatamente da ogni altra Gestione, per modo che dai libri del Dare e dell’Avere emergano chiaramente i vantaggi, profitti e danni dell’im­ presa, e dai loro capitoli della spesa e dell’en­ tra ta si possano desumere gli elementi ed i cri­ teri meglio convenienti per il buon andamento generale e di dettaglio dell’azienda stessa — eri­ giamo l’esercizio delle Ferrovie ad amministra­ zione separata ed indipendente da ogni altra ge­ stione di Stato, ed accanto al Ministero delle Poste e Telegrafi facciamo sorgere col 1905 il nuovo Ministero delle Strade Ferrale ».

* * #

Più tardi, il 24 luglio 1904, pubblicavo sul- TIdea Liberale di Milano un articolo col titolo: « Quintino Sella e l’esercizio di Stato delle Fer rovie ». In esso dopo avere citate le convinte severe parole dell’on. Quintino Sella colle quali in suo discorso alla Camera stigmatizzava l’e­ sercizio privato delle Ferrovie — le Società ano­

nime facciano e trattino degli interessi p r i­ vali, ma non vengano a fare ciò che è di pub­ blica ragione, cio'e i servizi pubblici — accen­

navo al modo amministrativo di passaggio dal­ l’esercizio privato a ll’esercizio di Stato colle se­ guenti frasi : « come si nsa in tutte le grandi amministrazioni pubbliche e private, allorché un nuovo titolare d’ufficio subentra all’altro è norma, di buon amministratore, di non mutare l’andamento antico, se non a gradi e mano mano che l’osservazione di esperienza detta e consi­ glia le modificazioni di circostanza.

« Lo stesso metodo converrà che segna il nuovo titolare — lo Stato — allorché subentrerà al­ l’esercizio ferroviario alle attuali Società eser­ centi. Converrà, cioè, che all’atto della presa di possesso dell’azienda non m uti o m uti il meno

possibile i cardini del nuovo andamento tecnico

ed amministrativo dell'azienda stessa ». #

* *

Più tardi, il 6 maggio 1905, ne\VIdea Libe­

rale e con opuscolo separato, dimostravo la ne­

cessità economica, tecnica, amministrativa e po­ litica di riscattare anche le Società delle F er­ rovie Meridionali, onde formare corpo unico di esercizio concorde di Stato colle Ferrovie, già riscattate, delle Reti Mediterranea e Sicilia.

Ed anche in quello scritto io insistevo sulla necessità tecnico-amministrativa di prendere pos­ sesso delle riscattate reti, senza nulla mutare per il momento alla loro organizzazione — adottando il metodo seguito per tutte le grandi ammini­ strazioni pubbliche e private, dove il minisiro succede al ministero, il direttore al direttore, senzachè l ’impiegato nulla muti nelle norme consuete dei suoi doveri.

Per tal modo l’andamento dei servizi continua come prima, senzachè il pubblico si accorga del mutato Capo di amministrazione: che se avve­ nisse diversamente l'anarchia generale di ser­

vizio non tarderebbe a farsi strada ed a; lutto sconvolgersi e guastare tanto tecnicamente che am m inistrativam ente.

*

# #

Purtroppo fui facile profeta; la presa di pos­ sesso delle Ferrovie da parte del suo Direttore Generale avvenne nel modo che tutti sappiamo — cioè sconvolgendo uomini e cose, fin dal primo giorno di attuazione dell’esercizio di Stato, e tutto accentrando a Roma.

Si scambio la presa di possesso dell’azienda ferroviaria colla riform a dell’azienda stessa: e la conseguenza, inevitabile, fu quel disservizio fer­ roviario che meravigliò non solo 1’ Italia ma 1’ Europa intera.

Non si volle istituire il Ministero delle Strade

F errate accanto a quello delle Poste e Telegrafi :

— si volle invece una Direzione Generale auto­

noma cioè irresponsabile, dentro il Ministero

dei Lavori Pubblici — si volle un Ministero inco­ stituzionale dentro il Ministero di Statuto — anzi si volle peggio.

Perchè soppressa quasi interamente la legge di contabilità, ed Amministrazione generale dello Stato onde sanzionare illim itata l’autonomia della Direzione Generale, si venne a form are

di questa u n a specie di società anonim a eser­ cente le Ferrovie di Stato con capitale sociale costituito c o i. fo n d i messi a sua disposizione dal M inistro del Tesoro.

E poiché l’autonomia non avesse a soffrire limitazioni di sorta, nemmeno nei freni d’indole disciplinare, amministrativa e morale che sor­ gono dai rapporti gerarchici di responsabilità deliberativa ed esecutiva intercorrenti fra il Con siglio di amministrazione ed il Direttore Gene­ rale dell’azienda, si arrivò laddove nessuna so­ cietà giunse nè giungerà mai — cioè a fa re del

Direttore Generale il Presidente del Consiglio di am m inistrazione.

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direttore generale dell’azienda ha voce mera­ mente consultiva nel Consiglio di amministra­ zione; non solo non lo presiede, ma nemmeno è membro effettivo. Ed è naturale che cosi sia perocché il Direttore dell’azienda quello è che

risponde verso il Consiglio di amministrazione!

tanto dell’esatto adempimento di sue delibera, zioni, quanto del regolare andamento dell’azienda stessa.

* * #

Sui primi del 1910, insediatosi al Governo il Ministero Sonnino-Salandra-Rubini e nel quale l’on. Rubini copriva la carica di Ministro dei Lavori Pubblici, io scrivevo le seguenti parole:

« L’anomalia amministrativa e costituzionale di una direzione generale; autonoma, che costò e costa tante centinaia di milioni di danaro e ! tante sofferenze allo Stato ed alla Nazione, sta finalmente per aver termine. Davanti alla Ca­ mera sta il progetto di legge col quale il Mini­ stero Sonnino propone la instituzione di quel

Ministero delle Ferrovie che, in osservanza agli

art. 46 e 47 dello Statuto del Regno, : avrebbe dovuto ¡(istituirsi colla stessa legge che dispose il riscatto delle Ferrovie patrimoniali dello Stato, da un ventennio in esercizio di Regia cointeres­ sata col mezzo di Società private,

« Il progetto che instituisce il nuovo Mini­ stero decreta, a similitudine di quanto avviene presso le Società anonime, che il Direttore ge­ nerale non possa presiedere il Consiglio di Am­ ministrazione :

« Colla cessazione di tale anomalia ammini­ strativa e colla cessazione di quell’ autonomia sconfinata che violando lo Statuto ed il Diritto comune, ha instituito dentro il Ministero dei Lavori pubblici un Ministero delle Ferrovie, senza Ministro, creando così in persona degli impie­ gati ferroviari tanti azionisti gratuiti di, una Società anonima esercente le Ferrovie dello Stato per conto rischio e pericolo della Nazione — si può andare sicuri che il sano criterio tec­ nico — amministrativo dell’on. Rubini riescirà in breve a sistemare l’azienda per modo che fra qualche anno il generale dissesto ferroviario del- 1 Italia non sarà più che un ricordo melanco­ nico di tempi che furono e che non avranno più risurrezione.

« Ed io amo credere che i mali ferroviari, I che si lamentano e dissanguano tesoro e disci­ plina dello Stato, tanto più presto andranno a finire quanto più sollecitamente la sistemazione dell’ azienda ferroviaria di Stato si avvicinerà ai concetti organici di servizio della riscattata

Società delle ferrovie meridionali ».

# # #

Sono passati quasi 12 anni dal primo mio | scritto sulla necessità costituzionale, finanziaria amministrativa, disciplinare e morale della in­ stituzione del Ministero delle Ferrovie e ne sono passati 9 dacché impera la Direzione Ge­ nerale autonoma sulle riscattate linee dello Stato.

In questo frattempo la sua grande smania di autonomia anarchicamente accentratrice di ogni

sana libertà di azione dei dipendenti Uffici, ir responsabilmente sperperatrice del pubblico da­ naro ed involontariamente eccitatrice di ogni indisciplina negli atti del personale portò il dis­ servizio amministrativo, finanziario, disciplinare al punto che il Ministero Salandra, appena a r­ rivato al Governo, si trovò costretto di creare tre Commissioni di studio e di inchiesta per la sistemazione di una azienda generale di Stato, la cui vita quotidiana di sue funzioni non è che una minaccia continuata ed una insidia perma­ nente al Tesoro erariale, alla economia nazio­ nale all’ordine pubblico.

Mali questi che vennero testé ampiamente ri­ levati dagli onorevoli Cavagnari, Ruini, De Vito, Chiaraviglio, Soderini ed altri in occasione dello svolgimento di loro mozioni ed ordini del giorno alla Camera dei deputati.

*

# *

Sono troppo savie e reali le parole dette dal- 1 onorevole Cavagnari nell’ultimo giugno quando proponeva la instituzione del Ministero delle

Ferrovie, perchè non occorra qui ripeterle :

« La Camera ed il Paese (egli disse) sanno ora che cosa sia quella tanto vantata autonomia che, contraddicendo intimamente al principio della responsabilità ministeriale, ha creato due irresponsabilità, quella del Ministero e quella della Direzione generale.

« La Direzione autonoma fu voluta per sot­ trarre l ' amministrazione ferroviaria alle in­ fluenze parlamentari : ma anche questo scopo non fu affatto raggiunto perchè tale ammini­ strazione, appunto perchè si sottrae in gran parte al Controllo parlamentare, è più che ogni altra soggetta ad illegittime franunettenze.

« 11 servizio ferroviario è in tale stato di di­ sordine che, se non si cambierà sistema, l’Am­ ministrazione delle Ferrovie preparerà le peg­ giori sorprese per le sorti del bilancio e per la stessa economia del Paese; si ritorni quindi ai retti principii costituzionali, e si instituisca il

Ministero responsabile del servizio ferroviario

dello Stato.

Medesimamente disse una grande verità l'ono­ revole Chiaraviglio quando, nello svolgimento di un suo ordine del giorno, affermò incostituzio­ nale il metodo seguito nel decorso anno dal Mi­ nistro Succhi, ed ora dal Ministro Cinifelli, di

aum entare le ta riffe dei trasporti per accre­ scere le paghe degli agenti ferroviari.

Che se, seguendo tale esempio, gli agenti delle poste, dei telegrafi, dei telefoni, delle dogane, delle privative e della finanza in genere chie­ dessero a loro volta aumenti nelle tariffe po­ stali, telegrafiche, telefoniche, doganali, dei ta bacchi, nelle aliquote della ricchezza mobile, del registro, del bollo ecc., eoe., onde avere aumenti nelle rispettive paghe, il Governo non potrebbe equamente rifiutarsi di accoglierne le-rispettive domande di pari trattamento.

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Ed è veto questa nuova peregrina teorizza­ zione delle imposte di Stato che Governo e P ar­ lamento si trovano avvinti in virtù della pro­ filattica cura di disservizio che da 9 anni l’au­ tonoma Direzione generale sta con ogni diligenza apprestando alle cose ferroviarie dello Stato.

Quale il rimedio a tanta ja ttu ra finanziaria, economica, e disciplinare?. . . . A modesto mio avviso il rimedio è uno solo, quello, cioè, di convertire immediatamente, sic et simpliciter, la Direzione generale in Ministero delle Ferrovie, senza introdurre per ora modificazioni di sorta nel suo andamento.

Più tardi, a possesso maturato, si potrà ap­ portare all’azienda quei, temperamenti modifi­ cativi che potranno suggerire le Commissioni di inchiesta in corso di lavoro, e, sopratutto quel radicale decentramento di funzioni direttive ed esecutive che fu vanto di buon esercizio del Ministero ferroviario in Ungheria e della r i­ scattata Società delle nostre ferrovie m eridio­

nali-, la quale, con una rete di circa 5 mila

chilometri, teneva presso la Direzione Generale di Firenze non più di un centinaio di impie­ gati, mentre oggi la Direzione Centrale di Stato, con poco più del doppio di lunghezza di linee, ne mantiene in Roma più di quattromila ! !

Nel 1910, Presidente del Consiglio Fon. Son- nino, il Ministro dei Lavori pubblici del tempo, on. Rubini presentava (come dissi) al Parla­ mento il progetto di legge per la instituzione

del Ministero delle ferrovie, progetto che re­

cava la firm i anche dell'on. Salandra, allora Ministro del Tesoro.

Caduto poco dopo il Ministero Sonnino, ca­ deva anche quel progetto — perocché l’on. Gio- litti, padre della Direzione Generale autonoma, 10 mandava agli archivi.

La ripresa pertanto di quel progetto di legge e la Conversione della Direzione Generale in

Ministero delle Ferrovie dovrebbero essere un

impegno d’ onore e di convinzioni dell’ attuale Ministero Salandra-Rubini. Tanto più che tale instituzione chiuderà per sempre l’era degli scio­ peri ferroviari di permanente minaccia allo Stato. Informi il Ministero delle Poste e Telegrafi, i cui agenti, superata la suggestione del cattivo esempio che loro propinavano i sindacati ferro­ viari, sono oggi rientrati nell’ordine il più en­ comiabile e quale si addice a funzionari addetti a servizi pubblici : dimostrando così di essersi convinti che lo sciopero nei servizi pubblici è 11 massimo delitto sociale che si possa commet­ tere in via amministrativa.

Anche l’on. Luzzatti, contrario una volta, he finito per ravvedersi ed augurare a l'a creazione del M inistero delle Ferrovie colle seguenti pa­ role scritte nei 1910 sul Corriere della Sera.

« Le Ferrovie sono divenute un così impor­ tante affare pubblico che possono dare concreta esplicazione ad un dicastero speciale, il quale debba avere alla testa un M inistro responsa­

bile che renda continuatamente conto al P arla­

mento di una così grande azienda'dello Stato ».

Ausonio Lom eli.ìn o. L'Amministrazione provvede ai cambiamenti ed alle correzioni di indirizzo senza spesa alcuna per i signori abbonati.

La commercializzazione della guerra.

Per chi consideri qualsiasi genere di lotta, ed in specie quelle che mettono a tutta prova 1’ av­ venire di popoli o di razze, trova invero che la sentimentalità e la generosità, formano bensì splendidi argomenti di canto per i poeti, di ro­ manzo per letterati, ma sono soltanto episodio; stanno ad ombreggiare in roseo il fondo scuro dèlia brutalità e della fatalità dei conflitti ar­ mati, ma non costituiscono e non possono costi­ tuire la intonazione generale dello sfondo, che è ed è bene che sia delle tinte più decise e più marcate, anche a vantaggio della minore du­ ra ta dello spettacolo.

I n ’pace noi sappiamo che i patti, i trattati, le convenzioni internazionali hanno valore di consistenza infinitamente minore di qualsiasi sti­ pulazione privata: la facilità colla quale si di­ sconoscono impegni assunti fra paese e paese e la mancanza di una qualsiasi sanzione per ri­ chiamarne il violatore alla osservanza, all’infuori dei fucili e dei cannoni, mostrano che un ele­ mento assai più importante può entrare a far parte dei rapporti internazionali, più, che il patto scritto: ed è la capacità, l’ attitudine, la forza che una nazione ha nel mantenere la parola data.

Si potrebbero infatti distinguere popoli pei quali il mancar di fede, il girare da una orien­ tazione all’altra è pratica quotidiana e voluta; altri che invece, nella graduazione dei loro tor­ naconti, mettono in prima linea la parola data, la promessa fatta.

Abbiamo detto: nella graduazione dei torna­ conti, poiché crediamo invero ingenuo il poter pensare un amore di rettitudine, che forse non sarebbe neppure ammirato, il quale dovesse spin­ gersi alla rinuncia di vantaggi tangibili, per ef­ fetto di sentimentalità o di una morale troppo rigida. I rapporti internazionali sono appunto di tale complicata natura, che non mancherebbero mai, se lo si voglia, di offrire una scusa od un pretesto atto a giustificare direttive diverse dalle attese.

Quando però da una nazione si siano avute prove che fedeltà ed onestà di condotta, formano la ra ra e preziosa base delle sue relazioni in­ ternazionali, che cosa se ne potrebbe o se ne dovrebbe pretendere di più? Invero non saprem­ mo; e ci sembra perciò strano che si voglia ac­ cusare di troppo mercantilismo un popolo, spe­ cie se per eccellenza commerciale, il quale com­ batta la guerra onestamente si, ma con tutti i mezzi leciti, anche se non strettamente perti­ nenti alle operazioni da svolgersi sui campi di battaglia o sui mari.

Vogliamo alludere all’ Inghiterra, l’onestà con­ trattuale della quale, sia nei rapporti internazio­ nali, sia nelle abitudini del traffico, è troppo nota perchè debba essere dimostrata.

Or bene, si accusa l’ Inghilterra di avere com­

m ercializzato anche la guerra. Si nota infatti

(6)

598 L'ECONOMISTA 20 settem bre 1914

egualmente per i titoli inglesi pagabili in Ger­ mania, Austria-Ungheria o loro colonie; che fu decretata la decadenza di tutti i brevetti tede­ schi, appartenenti cioè a sudditi tedeschi in In­ ghilterra; che si siano tagliati a preferenza i cavi germanici e si esercita una attiva censura anche sui telegrammi commerciali dei paesi neutri, ecc., ecc.

In tutto ciò si ravvisano gli estremi dell’im­ perialismo commerciale inglese, meritevole, se­ condo alcuni, della pili tenace anglofobia.

In realtà non sappiamo vedere dietro tali ac­ cuse che un movente di sentimentalità, e non un sano ragionamento che valuti, a parte la indi­ scussa legittimità dei provvedimenti, come il vincere sui campi o sui mari una guerra, che ha un fondo di rivalità commerciale, per perderla poi nel commercio o per non conseguire i van­ taggi che stanno a scopo ultimo delle vittorie delle armi e delle flotte, sia svisare totalmente i termini precisi e sostanziali della lotta.

Ma se incriminabile fosse il contegno dell’ In­ ghilterra, noi dovremmo per uno stesso concetto imporci, dato che volessimo essere sentimentali nella misura voluta dagli scrittori anglofobi, ben guardarci da compiere atto commerciale che possa ledere gli interessi dei nostri alleati, ed astenere la nostra, nazione dai traffici in mer­ cati dove Germania ed Austria ci furono con­ correnti, a non acquistare carbone per la nostra flotta dall’ Inghilterra, e cessare il commercio colla Francia e colla Russia ecc. ecc.!

Invece coloro stessi che deplorano i sistemi adottati dall’ Inghilterra, non vorrebbero certo che l’ Italia si astenesse dal commercializzare

almeno la neutra lità , non potrebbero preten­

dere che lo spirito di abnegazione, o meglio il sentimentalismo poetico, si spingesse ad un ri­ guardoso contegno oltre i limiti imposti dalle convenzioni internazionali, e dalle speciali de cretazioni sul contrabbaddo di guerra. Eppure l’ Inghilterra, che fu sempre scrupolosa osser vante dei trattati internazionali, e che ha dato prova, d’ intervenire in un conflitto, forse quando meno le conveniva, unicamente per omaggio e per fedeltà alla parola data, non ha peranco compiuto alcun atto che non rientri, come tutti quelli elencati nel capo di accusa, nel campo della piena legittimità.

Ben altro ci pare incomba nel momento at tuale che scorgere, specie per l’Italia, i pericoli di un imperialismo commerciale inglese: non sa­ ranno i grandi paesi organizzati al commercio, confermati già da secoli nella supremazia dei traffici e miranti a quel monopolio che spetta­ rono un tempo a Genova e Venezia, che po­ tranno dar ombra all’Italia, la quale come non sarà per l’Inghilterra una rivale, potrà invece trovare in questa sempre una potenza usa a pro­ mettere poco, ma a mantenere fino in fondo ciò che promette. E ciò ci sembra abbastanza.

Qualunque domanda di informazione viene fornita gratuitamente e senza che occorra il rimborso di alcuna spesa.

| Demografia delle Nazioni in guerra.

Bene ha fatto il chiarissimo avv. G. di Mi­ celi a raccogliere in un pregevole articolo ap­ parso nel Popolo IIornano del 15 eorr. i dati demografici principali nei riguardi dei popoli belligeranti ed a porre a confronto i dati stessi con quelli del decennio precedente. Con accu­ rata indagine l’A. presenta le cifre dell’aumento della popolazione, nel modo seguente:

Popolazione.

Il quadro seguente dà un’idea della popola­ zione comparata di questi Stati (in migliaia di abitanti): S ta ti 11)01 1912 A um ento Austria U. 46.449 50.117 a sso lu to 3.668 7.89% Belgio 6.985 7.571 586 8 39 Francia 39.124 39.650 526 1.34 Germania 58.629 66.146 7.517 12.82 Inghilterra 42.246 45.663 3.417 8.09 Russia 106.226 121.826 15.600 14.68 Serbia 2.622 2.916 291 11.12

Dal quadro suesposto risulta à prima vista Tincremento minimo che la Francia ha avuto nell’aumento della popolazione e questo del resto è il problema più grave, che statisti eminenti e scienziati profondi si sono proposti di risol­ vere.

L’incremento maggiore è dato dalla Russia con una percentuale d’aumento di 14.68; se guìta a breve distanza dalla Germania e dalla Serbia.

E dando uno sguardo alle cifre assolute ve­ diamo che i due Imperi centrali hanno una po­ polazione globale di 116.263.000 abitanti, men­ tre le Potenze della Triplice Intesa ed alleati vantano una popolazione quasi doppia (217 milioni 626.000 abitanti).

Come è evidente il contingente armato, che può dare una Nazione è in proporzione diretta della popolazione di essa e quindi è ovvio che i due eserciti tedeschi si trovino di fronte forze di gran lunga maggiori.

Questa deficienza numerica è compensata in certo modo da altri elementi, come la unità di razza, la posizione dei territori limitrofi, la si­ militudine della lingua, ecc., ma queste consi­ derazioni esulano dal nostro studio e quindi ci contentiamo di accennarle soltanto.

M atrim oni.

Continuando nel rilievo demografico delle Na­ zioni belligeranti, l’ A. presenta un quadro sul numero comparativo dei matrimoni:

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A questo riguardo il di Miceli opportuna­ mente argomenta che mentre la Russia segna nel 1912 la percentuale maggiore nell’aumento delle nascite, segna addirittura una diminuzione nel numero dei matrimoni, il che evidentemente porterà delle ripercussioni nelle future statistiche delle nascite.

Ma la cifra veramente eccezionale per il suo cammino indietro é data dalla Serbia, che nel 1912 segna diminuzione percentuale del 45.76 %• Essa trova una spiegazione naturale nella guerra balcanica, ’che teneva sotto le armi buona parte dei giovani, che in quell'anno avrebbero rea­ lizzato un loro sogno d’amore, se un dovere maggiore non li avesse chiamati alla guerra.

La Francia dall’aumento dei matrimoni può trarre migliori auspici per l’aumento delle na­ scite prima e conseguentemente della popola­ zione, ma questo benefico effetto forse sarà neu­ tralizzato, se non addirittura sconvolto dalla immane lotta odierna, nella quale la. Francia ha perduto migliaia di giovani.

Nascite.

Effetto primo del matrimonio — continua il competente Autore —- è la nascita nella mag­ gior parte dei casi e quindi presenta interesse fare anche un rilievo delle nascite avvenute nei due periodi considerati negli Stati bellige­ ranti : S ta ti 1903 Austria U. 1.669.192 Belgio 192.301 Francia 826.712 Germania 1.983.078 Inghilterra 1.183.627 Russia 5 063.425 Serbia 105.553 1912 D ifferenza a sso lu ta % 1.670.167 + 968 + 0.06 171.187 — 21.111 — 10.98 750.651 — 76.061 — 9.20 1.869.636 - 113.442 — 5.72 1.158.518 — 87.109 — 7.36 5.215.484 + 152.059 + 3.00 114:254 + 8.704 + 8.24 L’abbassamento della natalità è quasi gene­ rale in Europa e i paesi in cui nel 1912 si con­ tarono più di 300 nati ogni 10.000 abitanti sono molto rari.

Come osservazione generale si vede che la natalità decresce dall’est all’ovest, cosi la R us­ sia e i popoli balcanici forniscono i coefficienti più elevati.

La Serbia, che nella staiistica precedente, era prima nella scala negativa, in questa è prima nella scala positiva, perchè mentre i matrimoni dovevano subire un arresto dovuto alla guerra balcanica, le nascite fatalmente erano conse­ guenze dei matrimoni avvenuti prima della guerra.

La Russia spiega con questa statistica il r i­ lievo fatto nel primo quadro, cioè una maggiore tendenza all’aumento della popolazione.

Il Belgio che, come si vede nel quadro pre­ cedente, segnava un ottimo, quasi singolare, in­ cremento nell’aumento dei matrimoni, segna la maggiore diminuzione nel numero delle nascite. Del resto il ’lettore avrà osservato che in un anno considerato ad un coefficiente di alta nu­ zialità corrisponde quasi sempre un coefficiente di bassa natalità e viceversa.

Soltanto l’Austria-Ungheria ha un piccolis­ simo aumento nel numero delle nascite, ma gli Stati segnano tutti un passo indietro.

Morti.

Il quadro, che si riferisce alle morti ci là ap­ parire chiaramente un nesso fra le altre mani­ festazioni del fenòmeno demografico negli Stati considerati e quindi non lo trascuriamo :

S ta ti 15)03 15)12 D ifferenza a s s o lu ta °/0 Austria U. 1.154.018 Belgio 118.675 Francia 753.606 Germania 1.170.905 Inghilterra 667.988 Russia 3.153.205 Serbia 60.494 1.086.227 — 67.791 — 5.87 112.378 - 6,297 — 5.30 692.740 — 60.866 — 8.07 1.029.749 — 141.156 — 12.05 631.491 — 36.497 — 5.46 3.416.961 + 263.456 + 8.35 63.358 + 2.864 + 4.73 La mortalità è diminuita in ([nasi tu tti i paesi considerati, meno la Russia e la Serbia, ecce­ zioni che trovano Una spiegazione la prima in una epidemia sofferta in quell’anno e la seconda nella guerra balcanica.

Facendo dei raffronti fra quest’ultima e le ta­ belle precedenti vediamo che in genere dove crescono i nati, crescono i morti, il che sarebbe una delle prove di quell’equilibrio meraviglioso che ha regolato sempre il mondo.

La Germania — conclude l’Autore — che ha uno dei coefficienti maggiori nell’aumento della popolazione e dei matrimoni, che segna addirit­ tura il maggiore coefficiente nella diminuzione delle morti e che ha uno dei minori coefficienti nella diminuzione generale delle nascite ci mo­ stra completamente come l’assetto demografico presente e futuro del grande impero sia florido’ e come tutti gli elementi concordino per un in­ cremento singolarmente esuberante.

Se il lettore vorrà dare uno sguardo comples­ sivo a tutti gli elementi che riguardano la Fran­ cia, si accorgerà che se nel presente i dati sta­ tistici spiegano la diminuzione della popolazione nella sorella latina, per l’avvenire danno affi­ damento perchè questa marcia disastrosa per lo meno si arresti.

Gli altri Stati seguono il movimento generale e non presentano eccezionali dislivelli, ma il certo si è che tutte le speranze e le induzioni per l’avvenire, scaturenti dallo stato attuale delle cifre e dall’osservazione sul fenomeno de­ mografico saranno sconvolte dalla immane guerra europea, che perturberà la stazione di partenza e di arrivo della vita umana sottraendo tante giovani vite nel periodo migliore della loro at­ tività sessuale.

RIVISTA BIBLlOQRèFICfl

Camera (li Commercio ed Industrie a Pa­

lermo. — Commercio estero della Provincia,

di Palermo. — Dati per gli anni al 1913. Camera di Commercio e industrie di Fi­

renze. — A ndam ento d ell’ in d u stria e del

commercio nella Provincia di F irenze d u ­ rante Vanno 1913.

Camera di Commercio e industrie di Pisa.

— Relazione sull’ andam ento agricolo com­

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600 L’ ECONOMISTA 20 settem bre 1914

La diminuzione dell'emigrazione transoceanica.

L’emigrazione segna quest’anno una notevole diminuzione e non solo dai porti di Napoli e di Palermo, ma anche dal porto di Genova.

Già lo stesso fenomeno si riscontra in tutti i porti dell’ Europa, per le condizioni generali de! mercato mondiale del lavoro divenute sempre più difficili dopo la guerra balcanica.

La grande massa di emigranti che parte dal nostro porto è sempre diretta a New-York, per poi suddividersi in tu tti i paesi degli Stali Uniti.

A voler rintracciare le cause dirette di questa diminuzione è cosa facilissima, perchè alla, crisi di lavoro prodotta in tutto il mondo dalla guerra balcanica e anche dalla guerra italo-turca, si è aggiunta una causa politica dovuta alla coa­ lizione dei grandi trust contro il governo fe­ derale.

Infatti essendo andata in vigore una legge contro i trust che minacciano di assorbire ogni genere di commercio e di monopolizzare anche quelli di prima necessità, il Governo degli Stati Uniti ha fatto approvare dal Parlamento una legge che impedisce i monopoli più esosi.

Da qui una serrata di stabilimenti industriali, e una resistenza che si risolve tutta a danno degli operai. Infatti in un gran numero di opi­ fici si è adottato il sistema di far lavorare a turni di due o tre giorni gli operai che prima lavoravano in continuazione in modo, che la miseria si va diffondendo nelle classi lavoratrici.

Una prova del disagio economico nel quale sono i nostri connazionali in America è il nn- j mero straordinario di emigranti che ritornano. La percentuale è altissima e quale mai fu rag­ giunta, anche negli anni di più grave crisi. Si può dire che ogni piroscafo di ritorno da New- York ne trasporta un migliaio e anche più.

Pino al 31 maggio ultimo sono ritornati 39.014 emigranti.

Vero è che dopo la crisi del 1910 durata fino al 1912, e nella quale l’emigrazione subì un a r­ resto più che parziale, si ebbe un crescendo im­ pressionante di emigranti tutti diretti al Nord Amarita.

Lo scorso anno, infatti, segnò il massimo re­

cord nel progressivo aumento dell’emigrazione,

che in trent’anni in Italia è aumentata del 640 per cento.

Il maggior numero di partiti si è avuto nei mesi di aprile e di marzo.

Scarsissima è anche l’emigrazione per il Bra­ sile, dove le condizioni economiche risentono più gravemente della crisi.

Le grosse Compagnie di navigazione, che hanno quest’anno iniziate le grandi costruzioni pensavano intanto che la crisi sarebbe supe­ ra ta fra un anno o poco più; e che esse dovreb­ bero tenere pronti i nuovi transatlantici per quei tempo.

La pratica dei loro affari dovrebbe essere ga- rentia più che sicura, e del-resto la statistica dell’emigrazione italiana da trent’anni a questa parte dimostra che il calcolo non è errato, per­ la crisi, nel progressivo aumento, non è durata mai più di due anni.

Fondo comune e fondo di garanzia

degli Agenti di Cambio.

Diamo qui la parte essenziale della Relazione con cui il Ministro di Agricoltura, Industria e Commercio accompagnava il R. Decreto che a u ­ torizzava gli agenti di cambio delle Borse di Genova, Milano, Roma e Torino ad associarsi per la formazione di un Fondo comune e di un fondo di garanzìa.

La legge del 20 marzo 1913, n. 272 ha dato un nuovo assetto alle Borse di commercio, alla pubblica mediazione ed alia tassa sui contratti di Borsa.

L’art. 22 di detta legge, fra le condizioni alle quali subordina l’esercizio della professione di agente di cambio, comprende anche la cauzione, nell’ ammontare da determinarsi, per ciascuna borsa, con r. decreto, nei limiti da lire 30.000 a lire 100.000.

Al maggiore onere della cauzione, quale è prescritta dai nuovi ordinamenti, devono sotto­ stare per espressa disposizione della legge, an­ che gli agenti di cambio inscritti in ruolo prima dell’entrata in vigore della legge sulle Borse.

In materia le disposizioni della legge sono espressamente retroattive per fini di interesse generale. Appunto in omaggio ,a tale principio, il Regolamento generale per l’esecuzione della legge, approvato con R. Decreto del 4 agosto 1913, n. 1068, all’art. 54 volle ribadire il con­ cetto che in ciascuna Borsa la misura della cau­ zione è identica per tutti i mediatori inscritti.

Con R. Decreto del 28 dicembre 1913, n. 1434 il deposito cauzionale degli agenti di cambio è stato determinato : in lire 100.000 per le 4 Borse principali di Genova, Milano, Roma e Torino; ija lire 50.000 per la Borsa di Napoli e in lire 30.000 — minimo consentito dalla legge — per tutte le altre.

Al governo intanto è stata fatta presente la opportunità di promuovere nelle quattro prin­ cipali Borse di Genova, Milano, Roma e To­ rino, la costituzione di associazioni fra gli agenti di cambio, con lo scopo di garantire, con deter­ minate forme ed entro dati limiti, le obbliga­ zioni degli associati nascenti da affari di Borsa.

In Francia, nelle Borse provvedute di p ar­

quet, e specialmente a Parigi le Compagnie di

agenti di cambilo hanno ammesso il principio della solidarietà ; cioè hanno consentito ad adem­ piere le obbligazioni degli agenti insolventi. Questa solidarietà di fatto è stata trasformata in solidarietà obbligatoria, in virtù del nuovo alinea terzo dell’art. 55 del decreto del 3 otto­ bre 1890, per il quale:

« Nelle Borse che contano più di 40 agenti di cambio, la Camera sindacale non si può ri­ fiutare di eseguire il contratto per conto del­ l’agente di cambio insolvente, nel limite del va­ lore totale degli uffici della Compagnia, calco­ lato in base alle ultime cessioni del fondo co­ mune e dell’ammontare delle cauzioni ».

Il fondo comune è* uno dei tre elementi, che concorrono a formare la Cassa Comune. Gli altri due sono:

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even-Inali responsabilità della Compagnia, in dipen­ denza delle operazioni di romperà e di vendita delle rendite francesi e di altri valori del Tesoro.

2" 11 tondo di riserva a conto di ogni agente di cambio.

Il fondo comune è alimentato da numerosi proventi, e cioè : da parte delle mediazioni spet­ tanti ai singoli agenti di cambio per la esecu­ zione degli ordini ricevuti : dal prezzo dei car­

nets usati dagli agenti di cambio e dai com­

messi principali ; dai prodotti eventuali, come diritti per riscatto o per rivendite di ufficio, tassa di ricevimento, certificato di corsi, ecc. eco. ; dal prodotto dei valori mobili ed immobili appar­ tenenti alla Compagnia; ed infine dalle media­ zioni per il servizio delle 'Tesorerie generali.

Non si può disconoscere che quest’ordinamento concorre a formare la solidità e la prosperità del grande mercato parigino.

Chi tratta con un agente di cambio della Borsa di Parigi sa di essere garantito non solo dal­ l’intero suo patrimonio, ma anche dalla respon­ sabilità solidale di tutti gli altri agenti. Vi è dunque -qualcosa di più e di meglio della ga­ ranzia costituita dal semplice deposito cauzio­ nale intestato all’agente ili cambio e vincolato per le eventuali differenze di Borsa. L’esperienza di molti anni dimostra che il parquet della Borsa di Parigi, grazie alla sua particolare organiz­ zazione, ha saputo superare momenti difficili; inoltre il principio della solidarietà serve di re­ mora alle operazioni arrischiate, perchè obbliga i vani agenti a controllarsi a vicenda.

Tutte queste considerazioni hanno convinto il Governo della opportunità di imitare, per quanto 10 consente la diversa organizzazione dei nostri mercati, il felice esperimento della vicina Re­ pubblica.

E’ intendimento del Governo di conservare vigore al R. decreto 28 dicembre 1913, n. 1434, per quanto riguarda l’ammontare delle cauzioni degli agenti di cambio. Esso integra la legge 20 marzo 1913, la quale ha mantenuto il con­ cetto tradizionale della cauzione prestata in proprio dall’agente.

Col nuovo schema di Decreto Reale invece si introduce per le prima volta nei nostro regime 11 principio della solidarietà degli agenti di cam­ bio, ponendovi a base il consenso degli interes­ sati. Si evita così il rimprovero rivolto al de­ creto francese, dianzi citato, cóntro il quale si disse che solo la legge o la volontà delle parti possono stabilire il vincolo solidale. Gli agenti di cambio avranno la libera scelta di risolversi a loro piacimento per Tuno o per l’altro sistema. !

Ecco ora brevemente i criteri direttivi seguiti del nuovo decreto.

Col sistema accolto la cauzione è, per metà, prestata in proprio, secondo le disposizioni della | legge, da ciascun agente di cambio associato, j

mentre V a ltra metà, in caso di insolvenza, è | prelevata dal fondo comune solidariamente co­ stituito dagli agenti consociati. Durante il pe­ riodo transitorio che va dal 13 luglio 1914 al 13 luglio 1917, il fondo comune contribuirà sol­ tanto fino a m età dell’ammontare della cauzione alla quale sono tenuti i vecchi agenti di cambio.

A decorrere dal 13 luglio 1917, il fondo co- |

inune contribuirà fino alla concorrenza di lire 50.000.

I nuovi agenti di cambio e le società auto­ rizzate dall’nrt. 68 della legge possono far parte delle associazioni, alle stesse condizioni dei vec­ chi agenti, salvo qualche piccola e necessaria deroga.

In / ondo coniane è costituito, per ci.scu n a' Borsa con il contributo iniziale di L. 5000 a carico di ciascun associato ed è poi alimentato dalla metà dei proventi che competono all’ as­ sociazione a. titolo di partecipazione in emissioni di titoli di Stato, ovvero di mediazione pei1 or­ dini ricevuti in titoli di Stato o cambi.

L ’altra metà di tali proventi, insieme con un contributo annuo, a fondo perduto, di. lire 100 per ogni associato, andrà a formare un altro

fondo denominato di garanzia, dal quale si

dovrà prelevare, entro certi limiti, quanto possa occorrere fino a ll’ integrale soddisfacimento dei debiti dell’insolvente.

I sindacati delle quattro Borse di Genova, Milano, Roma e Torino sono autorizzati a de­ volvere i proventi dei diritti di laro competenza, per metà al fondo comune e, per metà al fondo di garanzia.

Gli interessi del fondo comune sono attribuiti per metà al fondo stesso e per metà al fondo di garanzia.

Gli interessi del fondo di garanzia vanno ad accrescere esclusivamente quest’ultimo.

E ’ ovvio che il fondo di garanzia, soprattutto^ nei primi anni, sarà di modesta entità. Ora è di intuitiva evidenza che si deve'evitare che il fondo di garanzia possa essere assorbito, fin dagli inizi, da qualche grossa insolvenza. Si è perciò disposto che il fondo medesimo risponde fino a concorrenza di tanti decimi della propria consistenza quanti sono i quinquenni compiuti di vita dell’associazione. In nessun caso un’in­ solvenza potrà assorbire più di metà del fondo medesimo.

Severe e precise disposizioni sono dirette ad assicurare che la consistenza del fondo comune non si riduca mai al di sotto del minimo di lire 2500 per ogni associato, e adeguate sanzioni colpiscono gli insolventi.

Per meglio affermare la differenza tra il fondo comune ed il fondo di garanzia, si è disposto che, in caso di scioglimento, il primo va rip ar­ tito fra gli associati, mentre il secondo deve essere devoluto a scopi di interesse generale.

Si confida che tali provvedimenti riusciranno di notevole benefizio ai nostri mercati, concor­ rendo a renderne più salda la compagine, più regolare l’andamento.

La Mela del minorenni durante l'anno 1912.

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602 L ’ ECONOMISTA 20 settem bre 1914

disfazione pel modo con cui funzionò questo ser­ vizio, che i più ottimisti qualiflca.no come suf­ ficientemente regolare, mentre altri accennano a deficienze; ma quasi tutti sono concordi nell’at- tribuire le cause di ciò principalmente alle con­ dizioni delle cancellerie dove il personale o manca o è limitatissimo.

Poiché dell’attività del servizio delle tutele sono indice le convocazioni dei consigli di fa­ miglia e di tutela, taluni Procuratori ragionando del limitato numero delle convocazioni in con­ fronto del numero delle tutele istituite, ne a ttri­ buiscono, in parte, le cause alle assenze dei tu ­ tori, dei consulenti, ed anche dei minori per emigrazione.

I Procuratori Generali sono concordi nel ri­ ferire che la istituzione della tutela, dal mo­ mento della sua denuncia, in generale avvenne in modo regolare e sollecito e che il modo con cui si esplicò l’azione degli ufficiali dello Stato Civile, nell’ottemperare al l’obbligo della denun­ cia, è sufficientemente regolare.

Sulla presentazione annuale da parte dei tu ­ tori degli stati della loro gestione le relazioni sono alquanto sommarie, ma pare che ingene­ rale il servizio non dia luogo ad osservazioni: è da segnalarsi la Procura generale di Casale, che ha istituito una speciale vigilanza sull’am­ ministrazione dei patrimoni dei minorenni.

In complesso nel regno furono 23 le rimozioni dei tutori. Nel distretto di Brescia un tutore dovette essere rimosso e prontamente sostituito, perchè sottoposto a procedimento penale per atti di libidine commessi sulla sua pupilla a lui af­ fidata; nel distretto di Cagliari due tutori fu­ rono rimossi perchè contro di loro venne inten­ tata azione giudiziaria per abusi commesi nella gestione am m inistrativa; nel distretto di Casale quattro tutori furono rimossi, uno per traseu- ranza, due per condanna penale ed il quarto perchè colpevole di maltrattamenti verso la mi­ norenne affidata alla sua tutela; nel distretto di Catania un tutore fu rimosso, perchè sotto­ posto a procedimento penale per aver favorito la prostituzione della pupilla; nei distretto di Firenze tre tutori furono rimossi per trascura­ tezza e malo esempio; nel distretto di Genova otto tutori furono rimossi per cattiva o trascu­ ra ta amministrazione; nel distretto di Milano si ebbe la rimozione di un tutore e di un pro­ to lore, perche sottoposti a procedimento penale per furto qualificato e falso in atto pubblico, per falsa asseverazione di inventario a danno della loro pupilla; nel distretto di Venezia un tutore fu rimosso dalla eariea per negligenza nella custodia dei minori.

Dalle relazioni per tutti i distretti giudiziari risulterebbe che in generale non si ebbero do­ glianze o richiami contro i tutel iti e che sol tanto in nove distretti e per 26 minorenni sotto tutela fu provveduto al ricovero coattivo in Isti­ tuti correzionali.

II sen. Tarai rileva che è notevole il fenomeno generale della progressiva e costante diminuzione che dal 1909 si aggira annualmente attorno al migliaio, nel numero complessivo delle tutele. Sulle cause di tale fenomeno non è fatta alcuna speciale ricerca da parte dei Procuratori Gene­

ra li;all’intento di spiegarle qualcuno,segnalando la diminuzione, l’addebita alia emigrazione.

Su un totale di 14.710 tutele istituite nel 1912, quelle pei minorenni legittimi furono 8313.

Le tutele per minorenni legittimi si istituiscono nella massima parte dei casi per morte del geni­ tore vedovo superstite: scarso fu il numero delle tutele per incapacità o impedimento civile a l­ l’esercizio della patria potestà (assenza-interdi­ zione); e ben poche furono le tutele istituite per abuso della patria potestà o per perdita della medesima.

Il 1912 presenta rispetto al 1911 una lieve di munizione nel numero effettivo complessivo delle tutele istituite per nati illegittimi, le quali fu­ rono 6307.

Nell’anno 1912 furono istituite 3051 tutele con patrimonio e 11.659 senza patrimonio, e furono chiuse 18.055 tutele delle quali 3596 con patri­ monio e 14.459 senza patrimonio.

11 relatore termina dicendo che non può rite­ nersi vi sia miglioramento nel servizio delle tu ­ tele per l’anno 1912 rispetto a ll’anno 1911 per il quale il relatore comm. Dironti ebbe a dichiarare che il servizio stesso era ancora lungi dal r i­ spondere alle sue altissime finalità.

Le spese per il personale a servizio dello Sialo.

Il crescendo delle spese per il personale a ser­ vizio dello Stato è illustrato limpidamente nel prezioso volume del Ragioniere Generale comm. Bernardi testé pubblicato con il titolo « 11 bi­ lancio del Régno d’ Italia negli esercizi finan­ ziari dal 1862 al 1912-1913».

Escluso il personale dell’ Azienda ferroviaria e quello dell’Amministrazione dei telefoni, ser­ vizi che dallo Stato furono assunti, rispettiva­ mente, dal 1° luglio 1905 e dal 1° luglio 1907, il numero dei posti degli organici di tutte le , altre Amministrazioni di Stato ammontava al 1° luglio 1913 a 160.347 con una spesa com­ plessiva di lire 375.219.861, mentre al 1° lu­ glio 1882 i posti sommavano a 98.354 e la r e ­ lativa spesa si ragguagliava a lire 171.512.802. Gli organici vigenti al 1° luglio 1913 rappre­ sentano, quindi, un maggior onere annuo di circa 204 milioni, in confronto dell’ onere por­ tato dagli organici vigenti al 1° luglio 1882, con un aumento del 119 per cento.

Lo stipendio medio al 1° luglio 1882 era di lire 1.740; quello al 1° luglio 1913 di lire 2.340. L’aumento di 600 lire costituisce l’effettivo mi­ glioramento portato alla, media degli stipendi e importa una spesa annua di oltre 96 milioni, la quale dimostra come lo Stato, nel provvedere ai crescenti bisogni dei servizi pubblici, non abbia trascurato le condizioni del proprio per­ sonale.

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Anche gli stipendi degli uscieri e degli inser­ vienti vennero con la stessa legge migliorati di lire 200.

Per quanto concerne il Ministero delle poste e'dei telegrafi con la legge 17 luglio 1910, n. 418, si provvide a migliorare quelli del personale sub alterno. Con la successiva legge 26 giugno 1911, n. 575, furono soppressigli stipendi di lire 1500 p erla la categoria, di L. 1200 per la 2a ca­ tegoria e di L. 1050 per la 3a categoria sosti­ tuendoli rispettivamente con lire 2000, 1500 e 1300.

Non è poi superfluo notare che l’aggravio del bilancio si determina, nel fatto, in una cifra assai superiore a quella sopra indicata di 96 mi­ lioni, a causa della fatale ripercussione di que­ sta spesa, sull’onere del debito vitalizio e delle maggiori somme occorrenti per assegni, inden­ nità, sussidi, compensi di lavoro straordinario, premi di servizio e contributi alla Cassa nazio­ nale di previdenza.

Nè minori cure sono state rivolte al perso­ nale dell’Amministrazione delle Ferrovie dello Stato. '

Al 1° luglio 19u7 la spesa per il personale di ruolo ascendeva a L. 119.561.077 con 92.205 funzionari ed agenti. Ai 1" luglio 1913 la spesa è salita a L. 172.362.650 ed i funzionari ed agenti a 115.240.

Nel breve periodo di sei anni si ha, pertanto, un aumento assoluto nella spesa per circa 53 milioni, un incremento, cioè che si (agguaglia al 44% e che è dovuto in parte, all'accresciuta quantità numerica del personale, e, in parte non lieve, al migliorato tratta­ mento economico.

Strettamente connesso con lo svolgersi delle spese di personale è l'onere per il debito -vitalizio. Da 33 milioni nel 1862, sale a 62 milioni dopo soli 10 anni, specialmente per le pensioni assegnate in conseguenza delle guerre per la unificazione del Regno.

Successivamente per un periodo di otto anni (dal 1874 al 1881) la spesa si restringe intorno a 59 mi­ lioni, per riprendere, poi, la via ascensionale con al­ terne vicende, palesandosi l’incremento ora lieve, ora più accentuato, talvolta arrestandosi, come negli eser­ cizi dal 1898-99 al 1901-02, fino a raggiungere nel­ l'esercizio 1912-13, l’ammontare di 120 milioni, dei quali però, 25 milioni circa rappresentano gli assegni di riconoscenza nazionale ai superstiti delle guerre di indipendenza.

Non deve sorprendere l'aumento del debito vita­ lizio: il crescente onere e la naturale conseguenza del progresso nella spesa del personale in servizio dello Stato, per un triplice ordine di cause: miglio­ ramento di stipendi, ampliamento di ruoli organici e istituzione di nuovi servizi.

Richiamando la relazione delfon. Calcano per l'ap­ provazione delle spese per la Libia notiamo che l’au­ torevole parlamentare terminava la sua relazione ri­ conoscendo, a nome della Giunta del bilancio, la resistenza e la forza della finanza italiana la quale assicura il pareggio dei bilanci futuri — e magari ulteriori avanzi — alla condizione però che non si aumentino più gli organici della burocrazia.

F I N A N Z E DI STATO.

Bilancio delle Poste e Telegrafi.— Riassumiamo la relazione dell’on. Agnglia sullo stato di pre- visisione della spesa del Ministero delle Poste

e dei Telegrafi per l’esercizio finanziario dal 1° luglio 1914 al 30 giugno 1915.

11 futuro bilancio presenta una spesa generale di L.155.114.762,99 dalle quali dedotte L. 1.031.244 e cent. 12 che appartengono alle partite di giro, risulta che le spese reali amnonteranno a lire 154.083.518,87 in cui le spese effettive hanno un totale diL. 152.283.464,37 divise in L. 139.749.100 per la parte ordinaria e L. 12.534.364,37 per la parte straordinaria, di fronte a L. 1.800.054,50 di movimento di capitali.

Delle future spese è degna di rilievo quella prevista in L. 60.331.000 per stipendi ed inden­ nità di residenza al personale di ruolo dell’Am­ ministrazione centrale e provinciale.

La spesa del 10% sugli stipendi degli impie gali che hanno compiuto o che compiono il ses­ sennio durante il futuro esercizio 1914-15 sarà di L. 22.923,70 con una diminuzione di L. 759,50 sulla spesa iscritta nell’esercizio passato.

La maggiore spesa presunta per decretare au­ menti periodici di stipendi che cadranno col fu­ turo esercizio è di L. 204.862.

In complesso Ja spesa riguardante il personale per l’esercizio 1914-15 risulta ammontare alla somma di L. 112.340.000 con un aumento sul­ l’esercizio passato di L. 5,975.712.

Questa spesa ha segnato uno sviluppo costante, continuo, impressionante. Dopo 10 anni essa è salita di circa il doppio, essendo stata nel 1905- 1906 di L. 62.737.164 e poi salendo, a L.66.150 113 nel successivo esercizio, risultò di L .74.462.727 nel 1907-08 per salire ancora nell'anno seguente a L. 81.905.186: e cosi via da L. 86.587.327 a L. 91.552.665 per sblalzare nell'esercizio 1911-12 con L. 14.204.493 di aumento a L. 105.757.158. Nel penultimo esercizio essa si mantenne in que­ sti confini, essendo risultata aumentata di sole L. 86.809 e di poco risali, nel corrente esercizio con L. 480.321, di aumento, come abbiamo già visto a L. 106.364.288.

Ponendo ora a confronto la spesa preventivata per l’esescizio finale 1914-15 con quella dell’eser­ cizio finale 1913 14 si ha che per l ’esercizio in parola è richiesto un maggiore onere di lire 17.383.441,61, delle quali L. 8.575.977 riguar­ dano la parte ordinaria e L. 8.807.464,61 quella straordinaria.

Le L. 8.575.977 della parte ordinaria sono do­ vute in complesso alle seguenti cause che costi­ tuiscono ragioni imprescindibili alle quali l’am­ ministrazione non si é potuta sottrarre: Stipendi ai personale di ruolo L. Retribuzione agli agenti rurali agli

accollatori di trasporti, aglii

al-lievi fattorini »

Ai ricevitori »

Agli avventizi dei telefoni »

Per lo sviluppo dei servizi »

Pensioni » Varie » 2.900.000 775.000 2.350.000 374.000 1.284.707 240.000 212.270 L. 8.575.977 L’aumento invece di L. 8.807.467.61 proposto per la parte straordinaria è la differenza risul­ tante da:

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