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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.40 (1913) n.2050, 17 agosto

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L’ ECONOMISTA

G A Z Z E T T A S E T T IM A N A L E

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI

Anno XL - Vol. XLIV

Firenze-Roma, 17 Agosto 1913

N. 2050

SOMMARIO: Che cosa ha mostrato la guerra balcanica, J. — Uso ed abuso dello sciopero, Zadiq — Saggio sugli effetti dei dazi doganali (continuazione) B. Calìa NO Donvito — I resultati della ispezione straor­ dinaria alla Banca d’Italia e le operazioni di sconto — R I V I S T A B I B L IO G R A F IC A : [Théo Daedalus, Ì ’Angleterre juive, Israel chez John Bull. — Sir Charles Bruce, The true temper of empire —— Benvenuto Griziotti, Le imposte sugli incrementi di valore nei capitali e sulle rendite nei redditi (Interessi, valori, profitti)), J. — R I V I S T A D E L L A A G R I C O L T U R A : Le terre coltivate in Italia - Il va­ lore della produzione agraria negli Stati Uniti - L ’agricoltura inglese negli ultimi 40 anni - La si­ tuazione agricolo-mineraria della Bolivia — CA S S E DI RISPARMIO IN I T A L I A : Gassa di Risparmio di Udine N O T IZ IE F IN A N Z IA R I E : Credito fondiario di Francia - Banca russo-inglese - Banca Com­ merciale Italiana - Distribuzione dell’oro nelle Banche del Mondo - La riserva metallica della Banca di Francia - Situazione delle Casse di risparmio postali a tutto giugno 1913 - Prestito della città di Budapest- La sostenutezza della rendita Italiana — M E R C A TO M O N ET A R IO E R I V I S T A D E L L E BORSE P R O S P E T T O , QU O TA Z IO N I, V A L O R I , CAMBI, S CONTI E S IT U A Z IO N I B A N C A R IE .

Clic cosa Ita mostrato la guerra Baltauica

Il primo periodo del conflitto balcanico, distruggitore di quello statu quo ormai di­ menticato, ma che nondimeno per lunghi anni formò tenacemente il pernio di una conven­ zionale e quasi paurosa intesa fra le fa z io n i europee, è terminato, mostrando pertanto che la inesistenza del preteso cardine fonda- mentale non squilibra nè toglie per ora coe­ sione al concerto Europeo.

È apparso, durante lo svolgersi delle varie ed emozionanti vicende guerresche che si d o­ vesse sostituire alla ricetta dello statu quo lo specifico d’el non intervento, ma anche questa è risultata presto una di quelle espressioni di cui si giova la diplomazia e che sono in uso comune nei rapporti internazionali, per signifi­ care teoricamente il contrario di ciò che si fa praticamente; allo stesso modo che la parola pace può essere adoperata per nascondere sovente una guerra più aspra di quella guer­ reggiata colle armi o per significare temporanea sospensione di ostilità o preparazione di nuovi conflitti.

Così la formula del non interventofu costan­ temente contraddetta dalla evidente azione della Conferenza di Londra, il cui scopo palese è stato quello di intervenire nel conflitto bal­ canico per conseguirvi un assetto il più pos­ sibile rispondente alle rispettive aspirazioni

delle Potenze. Non si può dire davvero, alla stregua dei fatti, che abbia a derivare dal pro­ posito di astensione nell’intervenire, la crea­ zione del nuovo Stato di Albania, il forzato abbandono di Scutari imposto al Montenegro, la mossa rapida ed inattesa della Rumeni a, la pressione (sia pure vana) sulla Turchia, per farle accettare il confine Enos Midia dapprima, per restituire Adrianopoli di poi, la soluzione data alla consegna del Dodecanneso, la ten­ tata revisione del trattato di Bucarest eco. eoe. Che tutto ciò ripetiamo trovi giustificazione in un principio che si intitola non intervento, appare, diremo così strano, più che veritiero.

Ma guerre e paci di quest’ultimo periodo hanno potuto mostrarci fatti più positivi e di maggior rilievo nei quali per primo nuova ragione di conforto e di soddisfazione viehe

al nostro paese.

L ’Italia ebbe parte nel concerto Europeo non più come l’ultima Potenza entrata nel consesso e tollerata solo perchè sorretta dalla autorità dei suoi alleati, non più colla rino­ manza di speciali attitudini per giri di valtzer, ma con autorità propria, come forza conscia della propria forza, come Potenza fra le P o­ tenze, ascoltata.

Con un tatto che dobbiamo encomiare, perchè perfettamente rispondente alle tradi­ zioni lasciate da nomini di preclara onestà politica, fra i quali amiamo ricordare il Vi

L’ opera, lasciata dall’au’ ore, completa anche nelle conclu­ sioni, uscirà fra breve in edi­ zione nitida ed accurata.

P r f. A J. d e J O H A N N IS

A n a n i /'"N A O I f~ \ Monografia analitica sul fe

L ' A M d I U ' , A I J | U ! U nomeno del cambio aggio e sulle cause cbe presiedono aUe sue variazioni

F IR E N Z E - T ip . G a lile ia n a 1913 _____________

D irig ere rich ie s te e va g lia

Amministrazione dell’ H C d N O M 5 S r A

R O M A - Il Piazza V en ezia

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514 L ’ECONOMISTA ¡7 agosto 1913

sconti Venosta, l’Italia mantenendosi stret­ tamente fedele agli impegni contratti nella Triplice, con rara abilità e senza estar ombra di dissensi, ha saputo assecondare validamente le vedute comuni cogli alleati e tutelare in­ sieme decisamente i suoi interessi. Non vi è chi non possa riconoscere che la nostra poli­ tica, quale sentitamente voluta dal nostro Sovrano ed efficacemente corroborata dalla mente colta, acuta e preparata dell’on. Di San Giuliano, ha destato meraviglia e rispetto all’estero e deve suscitare orgoglio e fiducia nella nazione.

La fermezza imparziale colla quale fu ri­ solto l’incidente del Montenegro, malgrado il sacrificio intimo di sentimento che deve es­ sere costato; l’attitudine sicura e tenace per i limiti meridionali della nuova Albania, pei quali si aveva una palese prevalenza di inte­ ressi particolari e diretti; il fermo ed onesto contegno tenuto, anche di fronte alla infida Turchia, per il rispetto del trattato di L o ­ sanna; tutto ciò ed altro mostra che la fase degli avvenimenti testé chiusa ha dato occa­ sione di aumentare il prestigio e la considera­ zione del nostro paese nella politica interna­ zionale, anche in dispetto di quegli imbarazzi artificiosi e fastidiosi che la vicina repubblica non ha mancato anche questa volta di tentare di procurarci.

L ’essere onesti non può formare un vanto, ma prova però che il vincere ed il far prevalere il proprio vantaggio, mantenendosi onesti, è frutto di eccelse qualità.

Ci hanno mostrato anche i recenti conflitti che l’Austria sa e può essere una alleata fedele, per lo meno fino a che non ha da far alcun sacrificio di se e malgrado quella intransigenza ringhiosa e quasi ossessionata nella tema di un oltraggio alla integrità delle sue aspirazioni, che troppe volte la' misero sul punto di per­ dere quella calma serena, (di cui l’Italia ha saputo dare esempio anche nei momenti più gravi), e troppe volte le hanno fatto com m et­ tere errori che poteva risparmiare.

Le guerre nella penisola Balcanica non ci hanno però neppure risparmiato uno spetta­ colo che sarebbe stato esilarante, se non cominciasse ad apparire pietoso.

Gli schiaffi internazionali ai quali la Fran­ cia, la allegra repubblica del capitale e della

genialità, stese regolare ricevuta a Fashoda e ad Algesiras, nell’incidente del Manhouba e Cartage, ecc. la hanno or mai gettata in uno stato di tale incomposto isterismo inter­ nazionale, che l’inverecondo attuale suo a- gitarsi, richiama bene alla mente la saltatrice

di corda di un volgare baraccone, tanto esat­

tamente quanto l’Italia poteva in un tempo ormai lontano e difficile essere raffigurata intenta ad accettare negli eleganti e nitidi saloni della diplomazia i giri di valizer, cui la invitavano gentiluomini e cavalieri.

Sembra, che la irrequieta forma di eloquio della stampa francese voglia far dimenticare ad ogni tratto quella piacevole finezza che rese sempre famosa la bocca delle sue donne ammirate, e voglia, con suoni rauchi e discor­ danti, dare esatta idea di abitudini da saltim­ banchi.

Ire, rancori, ostilità, acrimonie, livori, sem­ brano ormai ispirare le gesta disordinate del paese d ’oltr’Alpe che così inconsultamente vuol dare spettacolo di facili amori mercenari or con l’una or coll’altra Potenza, di favoritismi clandestini or con l’uno or con l’altro Stato Balcanico. Amica della Russia, poi gelosa della Russia perchè ravvicinata alla Germania; amica e non amica dell’Inghilterra; espansiva colla Grecia per avversare l’Italia, ed amica della Bulgaria perchè alleata colla Russia; sovvenziona la Turchia per la riconquista di Adrianopoli ecc. ecc. Tutto ciò è tale incom ­ prensibile guazzabuglio di contraddizioni, che non può sorprendere esserne conseguenza naturale quella mancanza di considerazione che la Francia ha saputo anche di recente procurarsi nella Conferenza di Londra, dove il peso della sira volontà ha sempre avuto ac­ coglimento conforme a quello che ebbero le famose iniziative Pichón!

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nel futuro sette in luogo di cinque. Quindi? Quindi siamo d’accordo con coloro che af­ fermano essersi a Bucarest firmata « la finta pace ».

J.

Uso ed Abuso dello sciopero

Generalmente l’ uso continuato e razionale, anche di un’ arma dì lotta, rafforza ed addestra chi ha il compito od il diritto od il bisogno di adoperarla, ne perfeziona la tecnica e la pratica, tanto quanto l’abuso della medesima, debilita e disgusta rapidamente.

Non ci sembra però che sia stato ancora com­ preso il valore preciso di questa proposizione elementare da coloro che, arrogatasi la direzione di una certa parte dei movimenti sociali, formu­ lano e diramano ordini, senza pesare e valutare se la attuazione dei loro comandi rientra nel­ l ’ordine dell’uso od in quello dell’abuso.

Eppure non è da oggi che gli stessi fautori delle agitazioni operaie o proletarie riconobbero che lo sciopero, pur essendo un diritto, ha tut­ tavia dei limiti nel suo esercizio, come tutti i diritti.

Ovvio è quasi dimostrare che anche la pro­ prietà, sia individuale che collettiva, è un d i­ ritto, ma non per questo nel convivere sociale è lasciato illimitato e senza norme che ne d i­ sciplinino l’ uso ; sappiamo anzi, per ricordare la sola proprietà immobiliare, quanto ogni giorno più sia ristretto e rimpicciolito e confinato il campo nel quale il diritto, che deriva dal titolo di proprietà, può essere esercitato.

Non diverso evidentemente deve essere il pro­ cedimento per il diritto di sciopero. I due re­ centi tentativi di sciopero generale : in Milano prima, in tutta Italia poi, ci sembrano rien­ trino chiaramente nell’ orbita dell’ abuso, ed ap­ punto per questo non trovarono, nelle stesse classi, che sole sono interessate agli effetti che può conseguire quest’ arma, quel seguito che avrebbe indubbiamente avuto il regolare uso di un diritto.

Gioverà tener presente che circa due anni or sono, uom ini di scienza e Don per certo avversi a che il proletariato avesse a conquistare mi glioramenti anche c o ll’ arma della lotta econo­ mica basata su li’ abbandono del lavoro, furono però concordi nello stabilire che il diritto di sciopero avesse dei limiti naturali :

1) nel diritto del corpo politico di garantire la propria sicurezza;

2) nell’ eguale diritto agli altri individui.

Ed in seguito a questi principi fondamentali è stato distinto lo scopo legale o meno degli scioperi, classificando fra gli illegali quelli che si propongono :

1) di ottenere il monopolio di un mestiere; 2) di creare o mantenere un mercato chiuso ; 3) di sostenere un altro sciopero per sim­ patia ;

4) di provocare il licenziamento di un ope­ raio sotto pretesto che non appartiene ad una unione ;

5) di forzare un terzo a violare un con­ tratto ;

6) di violare un contratto che obbliga lo scioperante ;

7) di ottenere la percezione di una ammenda imposta ad un impiegato forzato a prendere parte ad uno sciopero.

Non crediamo che la legislazione possa in questi tempi di larga democrazia intervenire a regolare la materia, ma senza bisogno di leggi, il proletariato stesso dovrebbe, nel suo interesse, tener presente lo schema sopra indicato, od altro che ritenesse migliore, per cominciare a fissare i limiti allo sciopero.

La parte sana del proletariato e quindi, pos­ siamo affermare, e la maggioranza di esso, che ha dato anche recentemente prova di avvedu­ tezza e di buon senso, squalificando la condotta dei sindacalisti ed opponendosi alle illusioni ed alle trascendenze di pochi ma turbolenti ele­ menti senza senno, potrebbe adoperarsi con una azione, quieta ma persistente, a regolare da se stessa il problema insoluto.

Dovrebbe come si suol dire : disciplinare la materia dello sciopero, colla mira di evitare il ripetersi dello abuso e della imposizione del­ l’ abuso.

Ormai quando si ossei va che appena un 4 o 5 per cento del proletariato aderisce a certe ma­ nifestazioni violente, vi è legittimamente da spe­ rare, che l ’ altro 95 o 96 per cento possa tro­ vare modo, anche senza vincolare la propria li­ bertà di azione, di sottrarre se stessa e quella lieve percentuale di scarmigliati alle influenze di comandi inconsulti, vuoti di scopo e di effi­ cacia, molesti anzi e deleterii.

Disciplinata la materia in modo conveniente si avrebbe ripetiamo, l ’ uso deflo sciopero in luogo dell’ abuso ; il che significa che padronali e pro- prietarii insieme verrebbero a godere i benefici di movimenti messi in opera con discernimento, anziché inquietudini disordinate improvvise, pri­ ve di una ragione sufficiente che non beneficano nè profittano ad alcuno.

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516 L ’ ECONOMISTA 17 agosto 1913

Saggio sogli Edotti dei dazi doganali(,)

§ Vili.

Ol i effe tti d e i d a z i s u ll’en tr a ta d i p r o d o t t i in d u s t r ia l i (:protezionismo in­

dustriale).

Sommario — 27. La percussione dei dazi sui prodotti industriali : effetti, reazioni.'— *28. Le condizioni della classe operaia nei casi di protezionismo in­ dustriale. — '2 9 . Ripercussinne" dall’interno al­ l’estero dei precedenti effetti. — 30. Interessi so­ lidali dì tutti gli Stati di fronte alla politica economico-tributaria di ciascuno di essi.

Abbiamo discusso finora l’ipotesi che i con­ sumatori incisi appartengano alla classe in­ dustriale e che quindi il dazio colpisca l’en­ trata di prodotti agricoli. Passiamo ora invece a fare l’ipotesi che i consumatori incisi nel primo momento appartengano alla classe agri­ cola e che perciò il dazio colpisca l’entrata di prodotti industriali, noi avremo in massima il delinearsi delle stesse tendenze, in senso op­ posto, di quelle già studiate nella ipotesi pre­ cedente.

Studiamole un pò più da vicino.

Prima d ’ogni altro notiamo che il protezio­ nismo industriale che segna, per lei più, il primo passaggio dalla fase agricola a quella manifattu­ riera, è caratterizzato in generale da un’agricol­ tura non più sufficiente ai bisogni d’un popolo, il quale è perciò costretto a rivolgersi e quindi a coltivare nuove fonti di ricchezza. E parti­ colarmente nel rapporto fra paesi nuovi e paesi vecchi, madrepatrie e colonie, l ’industrializ­ zazione è caratterizzata dalla grande fertilità delle terre nuove in confronto dello esauri­ mento di quelle vecchie e quindi dalla impos­ sibilità per queste ultime di sostenere la con­ correnza delle prime e dalla necessità di passare ad altri impieghi più proficui (2).

27. Ammesso 'il protezionismo industriale, i consumatori dei prodotti protetti e fra questi gli agricoltori ne pagherebbero in conseguenza le spese. Ora se la classe agricola sarà in grande decadenza, si subirà l’aggravkfo senza reagire, o reagendo molto debolmente e per parte dei suoi appartenentrmeno infiacchiti ; altrimenti essa reagirà, più o meno energicamente, per al­ lontanare da sè il più che sia possibile gli effetti del protezionismo industriale.

E proprio come abbiamo detto a proposito del protezionismo agricolo, ora, a proposito del

(\) Economista del del 10 agosto, n. 2049. (2) Fontana-Rdsso, Trattato di politica commer­ ciale'- pag. 10 - Milano Hoepli, 1907.

protezionismo industriale, gli agricoltori : o tenteranno di ottenere gli stessi vantaggi éon- cessi. 'agl’industriali, o eleveranno i loro prezzi in ragione della cresciuta capacità economica degl’industriali, o tenteranno di consumare meno di generi protetti, o di sostituire ai generi rincariti per la protezione - generi similari non colpiti.

S’intende bene che la maggiore o minore esten­ sione e gravezza del protezionismo stimolerà più o meno energiche reazioni nelle classi che ne subiranno lo aggravio.

Ma dal rincaro delle merci protette potreb­ bero essere colpite, quando si trattasse di ge­ neri da esse consumati, anche le classi operaie, oltre le classi agricole e gli stessi industriali. Si determinerebbe quindi fra tutte queste classi una lotta, una serie di azioni e di reazioni ten­ denti a ripartire l’onere dei dazi protettori in rapporto al valore di ciascuna classe e al grado di complementarità dell’elemento della produ­ zione di cui ciascuna di esse disponga.

28. Così la classe operaia potrebbe venire a tro­ varsi in una condizione più vantaggiosa delle altre, nel senso che il nascente industrialismo, aumentando la domanda di lavoro, può mettere in grado la classe lavoratrice di ripercuotere appunto sulle altre classi domandanti lavoro l’aggravio della protezione, mercè un aumento di salari. Senza dire che le condizioni dei sala­ riati sarebbero più agevoli nel movimento di ripercussione, anche per la possibilità di emigra­ zione, che è enormemente più facile per le classi lavoratrici, che non per le proprietarie agricole, le quali troverebbero a reagire più comodamente con un’azione politica, mercè la quale potreb­ bero giungere ad abbattere o ad attenuare il protezionismo industriale, o a compensarsene, alla lor volta, con un protezionismo agrario, o con altre misure fiscali (premi, spese pubbliche vantaggiose all’agricoltura et similia).

E che gli agricoltori premeranno energica­ mente con un’azione politica si desume anche dalla considerazione che le altre nazioni le quali fornivano prima alla nazione in parola le merci ora vietate con la protezione e che quindi ne ritiravano in cambio molto probabilmente pro­ dotti agricoli, ora o potranno cessare dal ritirare tali prodotti o ne ritireranno in minore quantità diminuendo così, quindi, la domanda di prodotti agricoli nella nazione avviantesi all’industria - lismo : si peggioreranno anche perciò le condi­ zioni degli agricoltori.

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lirpita, non si ferma, mai all’ interno pel paese Gassatore e fra i sudditi e le, varie classi eoono- ìnico-sociali di esso, ma si propaga sempre, più p . meno prontamente, più o meno energicamente ed, efficacemente, più o meno estesamente e sensibilmente, anche all’estero, oggidì più che nel passato, per la maggiore solidarietà economico- sociale di tutte le nazioni fra loro (1).

30. In altri termini, data la sempre crescente — e del resto sempre ineliminabile solidarietà

mondiale economico-sociale, ogni urto, ogni scuo­

timento economico tributario è destinato a ri­ percuotersi, più o meno presto e più o meno sen­ sibilmente, su tutte le nazioni, così come gli effetti di una guerra, in quanto determina mag­ giore consumo di ricchezza e minore produzione di essa, non possono mai limitarsi agli Stati belli­ geranti, ma finiscono col ripercuotersi su tutti. E qui non sarà inopportuno cogliere l’occa­ sione per affermare un altro principio importan­ tissimo in materia finanziaria-tributaria in genere ed in materia doganale in ispecie e cioè dell’in­ teresse solidale di tutti gli Stati di fronte alla politica economico-tributaria di ciascuno di essi e più precisamente di fronte allo impiego che ciascuno Stato fa delle enormi somme che ognuno di essi preleva dalle private ricchezze. Perchè come l’impiego produttivo di esse con tutti i conseguenti benefici sono destinati a ripercuotersi

(1) « La costituzione politica dei popoli, l’emula- « zione delle razze e le gelosie economiche potevan « credere d’aver frazionato il mercato mondiale, ma « esso invece, ad onta di questa artificiale ripart.i- « zione, si manifesta, soventi, come un tutto inscin- « dibile ; quasi che la natura, coi suoi poteri e colle « sue risorse avesse voluto rendere vani gli sforzi « particolaristi degli uomini e le rivalità insane e i « perniciosi conflitti di essi. Tanto rinverdire di siepi « protezionistiche non vieta ai Continenti ed agli Stati « di moltiplicare gli scambi e di allacciare con nuove « e generose arterie i mercati, che la natura stessa « s’illuse di dividere cogli oceani e che gli uomini « s’ingannarono di poter frazionare con le dogane. « Al di sopra del particolarismo, che germoglia sugli * antagonismi della politica e delle razze, si stende * spesse vòlte la solidarietà economica. Essa fa sì « che le produzioni transmarine arrivino a scongiu- « rare le carestie, che prima erano insanabili ; che le « merci lontane alimentino l’operosità delle fabbriche « nostre, riattivando le produzioni manifatturiere, pro- « vocando più degno compenso al lavoro, più largo pro- « fitto al capitale. Le correnti commerciali odierne « poco subiscono l’influenza delle tariffe protettrici, * contro di esse reagiscono e passano vittoriose sugli « ostacoli artificiali, che la protezione volle imporre * *. Fontana-Russo, Trattato dì Politica commerciale. Milano - Hoepli 1907 - pag. 4.

a benefizio non solo di una, ma di trutte le. altre nazioni, così il cattivo impiego e la distruzione di ricchezza è destinato a ripercuotersi, altresì a danno di tutte le nazioni.

Per esempio : se il dazio sul grano sarà pagato dall’Argentina a vantaggio degl’italiani e que­ sti impiegheranno tali somme così riscosse a miglioramenti di porti e di comunicazioni in­ terne, al miglioramento della produzione in­ terna, eco. ecc. questi benefizi non potranno non ripercuotersi anche a vantaggio dell’Argentina, la quale per la aumentata e migliorata nostra produzione potrà ottenere a migliori condizioni quella ricchezza che noi diamo loro in cambio d.el loro grano. Ma se quella parte d.i ricchezza prelevata sotto forma di dazio viene da una nazione improduttivamente impiegato, il danno che ne consegue per la nazione stessa dilapida­ trice si ripercuoterà altresì sulle altre nazioni, che con la prima sieno in relazioni economiche dirette, immediate, ed anche, a più lungo an­ dare, con quelle che sieno in relazioni indirette e mediate.

G. Carano Donvxto.

I resultati della Ispezione straordinaria

a l l

» B a n c a D ’ i T a L i a

e le operazioni di sconto

Proseguendo neH’esame (1) della interessante relazione compilata dalla Commissione che ha testé terminata la ispezione straordinaria pre­ scritta della legge sugli Istituti d’Emissione, troviamo che meritano di essere riportate al­ cune osservazioni e distinzioni sulle operazioni di sconto. Dopo una classificazione di queste operazioni a seconda del saggio di sconto ridotto, di favore e normale la Commissione nota che nella ispezione non sono risultate infrazioni alla legge e ai regi decreti che regolano lo sconto. Così il termine di scadenza degli effetti,d’esistenza di due firme sugli effetti medesimi sono osservati.

Dis t r ib u z io n e d e ll o sconto p e rr e g io n i. Dopo avere classificati per regione e per cate­ gorie di affidati le esposizioni accese noi registri rischi, la Commissione riduce a percentuali della somma totale le cifre per ciascuna regione d’I ­ talia e per ciascuna categoria di affidati, otte­ nendo lo specchietto che segue :

Lo specchietto riproduce la fisonomía econo­ mica del paese.

Nell’Italia settentrionale, in cui maggiore è l’attività commerciale ed industriale e dove mag­ giormente prosperano gl’istituti di' credito, lo sconto è accordato in misura maggiore, rag­ giungendo la percentuale di 56.83 al 10 settem­ bre 1912. Nell’Italia centrale, in cui il commercio e l’industria sono meno attivi e meno prosperi

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518 L ’ ECONOMISTA 17 agosto 1913 C A T E G O R IE D I A F F I D A T I R E G IO N I I s ti tu ti d i c r e d it o B a n c h ie r i S o c ie tà c o m ­ m e r c ia li e c o m m e r c ia n ti S o c ie tà in d u ­ s tr ia li e in d u s tr ia li P r o p r ie t a r i e a g r ic o lt o r i T o ta le

It a lia s etten trion a le. 25,85 5,91 7,73 14,28 8,06 56,83 * ce n tra le . . . 7,77 1,32 6,43 7,49 2,8“ 25,81 * m e r id io n a le . 2.72 0,37 3,19 2,04 2,12 10,44 » in su la re . . . 1,58 0,65 1,74 1,58 1,37 6,92

T o ta le . . . 37,92 8,25 19,09 25,39 9,35 1 0 0

.-gl’istituti di credito, la percentuale si abbassa a 25.81. Nell’Italia meridionale la percentuale si attenua ancor più, scendendo a 10.44. Nelle isole, infine, lo sconto si ragguaglia a 6.92 per cento. Vero è, però, che, per l’Italia meridionale e insulare, bisognerebbe tener conto, in un qua­ dro più generale e comprensivo, dell’azione eser­ citata dai due Banchi meridionali di emissione, che in quelle regioni hanno azione preponderante onde le percentuali dello sconto, al 10 settembre 1912, risulterebbero certamente più elevate. Ad ogni modo si può affermare che la Banca d ’Italia, per mezzo dello sconto, asseconda l’at­ tività economica laddove questa si manifesta e nella misura che l’attività stessa consente.

In tema di confronto fra regioni e fra categorie di affidati insieme, si può dire che gl’istituti di credito e i banchieri attingano alla Banca in numero e per somma maggiori nell’Italia setten­ trionale; in numero e per somma minori nel­ l’Italia centrale; ed in numero e per somma più bassi ancora nell’Italia meridionale e insulare.

Laddove difettano per quantità e per forza gli Istituti di credito e i banchieri, si sviluppa, per numero di presentatori, lo sconto diretto carta commerciale e industriale. Ma la somma delle esposizioni pel commercio e per l’industria è sempre più alta nelle regioni nelle quali l’at­ tività economica è più intensa. Perciò se il nu­ mero dei commercianti e delle società commer­ ciali, degl’industriali e delle società industriali che si rivolgono al massimo Istituto è rilevante nell’Italia meridionale e insulare, e anche più notevole nell’Italia centrale rispetto a quello dell’Italia settentrionale, la somma per cui queste categorie di affidati si trovavano esposte, al 10 settembre 1912, verso la Banca è più forte nel­ l’Italia settentrionale, specie per l’industria, meno forte nella centrale, debole nella meridio­ nale e nella insulare. Se ne deduce che la somma degli affari di ciascun cliente è, per entità, più importante nel settentrione d’Italia che non al centro, e più importante al centro che non nel Mezzogiorno e nelle isole.

Di s t r i b u z i o n e d e l l o s c o n t o

P E R Q U A L IT À D I A F F I D A T I .

In ordine alla distribuzione dello sconto ire le diverse categorie di affidati, si osserva che la percentuale maggiore della somma totale del portafoglio della Banca è attribuita agl’i ­

stituti di credito (37.92) che, insieme ai banchieri (8.25), fanno generalmente operazioni di ri­ sconto .

Gli Istituti di credito che operavano il ri­ sconto plesso la Banca al 10 settembre ultimo scorso ascendevano a n- 575 per una esposizione complessiva di L. 160.849 731,24 e i banchieri a 254 per » 34.983.287.12 È confortevole che poco meno della metà del portafoglio alla data dell’ispezione'sia risultata composta da effetti riscontati, poiché l’operazio­ ne di risconto è senza dubbio la più consona alla funzione di un istituto di emissione.

Infatti il risconto, oltre ad offrire maggiore sicurezza dello sconto diretto, per la doppia ga­ ranzia derivante dalla coesistenza sugli effetti delle firme dei eoobbligati e di quelli della Banca che risconta , è il mezzo più efficace e più adatto col quale gl’istituti possono esplicare la funzione loro propria di distributori e regolatori del cre­ dito.

Aggiungasi che la maggior parte degli Istituti di credito clienti sono anche corrispondenti della Banca, e perciò tenuti a dare una cauzione, la quale in generale lascia sempre un largo mar­ gine che all’evenienza garantisce anche l’espo­ sizione cambiaria.

Presso la Banca d’Italia, il risconto varia sen­ sibilmente di ammontare da stabilimento a sta­ bilimento, e se in talune succursali, specie del­ l’Alta Italia, esso ne assorbe tutta l’opera, in altre non è praticato affatto. La esistenza o la mancanza di più o meno numerose e prospere banche popolari, istituti di sconto e istituti di credito organizzati per servire da intermediari fra il piccolo commercio e gl’istituti di emissione e per lo sconto delle note di pegno dei magazzini generali e dei depositi franchi, spiegano la ine­ guale distribuzione o la assenza delle operazioni del risconto.

E se nella circoscrizione di talune filiali della Banca, a istituti di credito della specie, i quali operino il risconto, non è accordata l’agevolezza del saggio di favore, ciò avviene perchè, pur essendo creati per agevolare il piccolo com­ mercio e la piccola industria, essi esigono dai loro clienti un interesse che raggiunge saggi al- tissimi e che perciò offre loro largo margine an­ che in confronto del saggio normale dello sconto adottato dalle banche di emissione. Una partir colare indagine fatta sulle esposizioni degl’isti­ tuti di credito ammessi alrisconto ha dimostrato ancora che esse presentano in generale una suffi­ ciente mobilità - requisito principale per le operazioni di sconto di una Banca di emissione — così da escludere in esse l’esistenza di operazioni di sconto diretto con carattere di comodo cam­ biario.

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teresse che ritraggono e quello che corrispon­ dono; e per rimediare a questa diminuzione di utili, le Banche stesse si sforzano e moltiplicano le loro operazioni, esponendosi por conseguenza a rischi sempre maggiori. Ed è veramente da deplorarsi questa concorrenza che vien fatta alle piccole Banche, poiché esse riversano, per così dire, i danari che ricevono pei depositi in conto corrente, in operazioni utili e provvide pei piccoli centri ove sono istituite; mentre, all’opposto, le Banche maggiori si preoccupano meno di tali interessi locali, e impiegano i danari in deposito nelle loro operazioni e, secondo il loro tornaconto, forse anche in operazioni con l’estero.

Osservasi ancora come da più parti si sia no­ tato che taluni grandi Istituti, dopo aver age­ volata la trasformazione di Società in nome col­ lettivo o in accomandita ed anche di vecchie e solide ditte private in Società anonime, e dopo di aver guadagnato nel collocamento delle a- zioni ed obbligazioni, si sono spesso ritirati mettendo :n pericolo le industrie e lasciando alle Banche locali il compito di aiutarle, immobiliz­ zando una parte più o meno rilevante dei loro depositi, con i pericoli che siffatte immobiliz zazioni portano e di cui si sono fatte sentire le conseguenze.

Occorre riflettere se tutto ciò non richieda uno studio che conduca a prudenti disposizioni legi­ slative intese a tutelare i depositanti e ad un tempo la economia nazionale.

I C O N T I C O E R E N T I A L L O S C O P E R T O .

Non meno interessante dal punto di vista ban­ cario, è lo sconto diretto di cambiali aventi origi­ ne da transazioni di commercio. Esse al 10 set­ tembre 1912 ascendevano alla somma di lire 80,990,071.50. ripartita fra 4664 clienti (So­ cietà commerciali e commercianti). E siccome la categoria di questi clienti della Banca era la più numerosa, ma presentava una esposizione minore non solo di quella degli Istituti di credito e banchieri ma anche degli industriali, così si può concludere che il credito affidato alla cate­ goria degli esercenti il commercio era anche il più frazionato.

Ora se si può affermare che in generale la carta presentata allo sconto diretto della Banca d ’Italia sia la conseguenza diretta di affari compiuti, non si può dire, che sia esclusa la carta che rappresenta affari da compiere, e quindi la carta di comodo commerciale.

L ’ipotesi ha tanto maggior fondamento in quanto da qualche tempo in Ita ha, per opera degli Istituti liberi, si preferisce al credito sotto la forma cambiaria quello per mezzo delle aperture di conto corrente allo scoperto. Lo sviluppo che hanno preso da qualche anno le operazioni in conto corrente attivo presso i principali nostri istituti di credito ordinari, lascia ritenere che ad esse si ricorra largamente,

La distribuzione del credito per mezzo di aperture di conto corrente allo scoperi o im­ plica da parte dell’Istituto, la piena fiducia nella solvibilità del debitore, in quanto che questo mezzo non offre le guarentigie legali dalle quali è invece circondata la cambiale. Se quindi, come appare dai fatti esposti, la

espansione del conto corrente attivo, nonostante le minori garanzie, debba ritenersi avvenuta a scapito di quella normale del portafoglio, la sostituzione dell’uno all’altro mezzo di cre­ dito non può essersi effettuata , se non mediante sottrazione del mercato della carta cambiaria di prim’ordine rilasciata da persone di notoria e indiscutibile solvibilità.

E la sostituzione’ è stata agevolata dal fatto che queste persone tanto più volentieri accet­ tano il credito sotto forma di conto corrente, in quanto è offerto loro un mezzo costoso della cambiale, assoggettata ad una tassa di bollo abbastanza gravosa (nonostante le attenua­ zioni sancite dalla legge 31 dicembre 1907, n. 804), dalla quale va invece esente il conto corrente.

Le banche e i banchieri privati, dal canto loro, trovano nel conto corrente, oltre che il modo di dare conveniente collocamento nelle industrie e nei commerci — che largamente ne approfittano - alle proprie disponibilità, anche uno strumento efficacissimo di concorrenza agli istituti di emissione ai quali, sul ricordo del passato, è vietata dalla legge una simile operazione.

Il diffondersi dell’uso del conto corrente - limitando il campo in cui deve svolgersi l’a­ zione degl’istituti di emissione i quali, per dare collocamento ai mezzi disponibili e per guada­ gnare il terreno perduto, sono indotti a far buon viso agli effetti di comodo commerciale - produce quindi la rarefazione della buona carta scontabile e tendo a comprimere il get­ tito naturale del provento erariale della tassa di bollo.

Nuove provvidenze dovrebbero essere per­ ciò prese per non turbare e restringere l’azione degli istituti di emissione e - ciò che più im­ porta - per evitare il pericolo che in periodi di profonde crisi industriali e commerciali a queste si aggiungano anche quelle del credito derivanti da mancanza di garanzie legali nelle forme sotto le quali il credito stesso è distri­ buito .

De l l a c r i s i s i d e r u r g i c a.

Trattando in modo speciale delle esposizioni degù industriali e delle Società industriali, è da rammentare come il numero degli affidati al 10 settembre u. s. fosse di 2283 con una esposizione complessiva di L. 107.700.156,54, che rappresentava il 25.39 per cento del totale del portafoglio a quella data.

Non erano comprese in questa esposizione cambiali per lire 10 milioni, rilasciate da un gruppo d’imprese siderurgiche e che circa un anno prima dell’ispezione attuale figuravano per somma maggiore nel portafoglio dell’Isti­ tuto, il quale ne aveva operato regolarmente lo sconto alle singole imprese che fecero poi parte del gruppo. Le cambiali stesse al 10 set­ tembre facevano, invece, parte degl’impieghi della riserva straordinaria della Banca.

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I

520 L ’ ECONOMISTA 17 agosto 1913

elio rendeva immobilizzate presso lo imprese nostrano, quantità di prodotti che, senza di essa, avrebbero trovato facile sbocco sui mer­ cati. Tale malessere ebbe per effetto naturale la difficoltà, da parte delle imprese, di man­ tenere gl’impegni finanziari che si erano an­ dati formando relativi alle giacenze. Per ov­ viare a siffatta condizione di cose, si pensò di riunire in un sol gruppo le varie imprese siderurgiche - regolando con unico indirizzo la produzione nuova e lo smaltimento delle giacenze - e di sistemare finanziariamente le loro aziende, frenando anche l’investimento di altri capitali negl’impianti. La direzione tec­ nica ed amministrativa fu accentrata presso la Società Uva.

La Banca, insieme ad altri istituti e ban­ chieri che avevano impiegato forti somme nel­ l’industria, fu richiesta di cooperare nella si­ stemazione finanziaria. E questa avvenne me­ diante prolungamento delle scadenze dogli impegni già contratti dalle imprese, e mediante ulteriori sovvenzioni necessarie alla produzione e al consolidamento delle aziende.

Per l’istituto di emissione avrebbe fatto osta­ colo al prolungamento delle scadenze - c o n ­ sentito in fatto per cinque anni - lo spirito informativo della legge che lo regola. Ma la Banca, animata dal desiderio di agevolare la sistemazione finanziaria della grande, industria, evitò ogni osservazione, destinando all’inve­ stimento di parte della sua riserva straordi­ naria le cambiali che, per tal modo, cessavano di far parte dell’impiego di disponibilità riser­ vate al commercio e all’industria in condizioni normali.

L ’investimento - dei 10 milioni di lire della riserva straordinaria in cambiali da estinguersi in cinque anni e con, la firma in solido delle Società siderurgiche, è consentito all’Istituto dal suo statuto che all’articolo 67, derivato dalla convenzione 29 novembre 1908 fra lo Stato e la Banca, dispone: « Una riserva straor­ dinaria sarà costituita con porzione delle plus­

valenze risultanti dalla liquidazione delle par­

tite che erano considerate immobilizzate agli effetti delle leggi sugli Istituti di emissióne. Le somme assegnate a siffatta riserva straor­ dinaria, per deliberazione del Consiglio supe­ riore, con l’assenso del Ministro del Tesòro,

potranno essere impiegate in modi e forme diversi da quelli indicati nel titolo I I del presente Sta­ tuto ».

E l’assenso del Ministro del Tesoro fu dato all'impiego in cambiali siderurgiche, «che im­ pediva avvenissero altre crisi, che evitava mi­ gliaia di operai andassero sul lastrico, che offi­ cine necessarie alla difesa nazionale rimanes­ sero chiuse, mentre supremi interessi della patria potevano reclamare che rimanessero apèrte », anche nella considerazione che trat­ tasi di una industria, ohe ormai rappresenta un cospicuo fattore della vita del paese.

Rese così libere dall’impiego, in cambiali dell’industria siderurgica, le disponibilità or­ dinarie dell’Istituto, la esposizione degli in­ dustriali e delle Società industriali si presentò, al 10 settembre u. s., sufficientemente ripar­ tita in 2283 affidati, fra i quali figuravano

eziandio, per scarse esposizioni; poche ditte e società esercenti- le industrie dei cotoni e delle sete.;

■ Lo S C O N T O E L E IN D U S T È I E C O T O N IE R E ,

s e r i c a, s o l f i f e r a, e c c.

Grave;fu la crisi cotoniera degli ultimi anni] con ripercussione anche nel 1912, dovuta a debiti creati per impianti, anziché derivanti naturalmente da una razionale rotazione del capitale circolante, e a mancanza di indirizzo amministrativo comune. Una crisi siffatta- d.i cui gl’istituti di emissione avrebbero risen­ tito, se non per le proprie esposizioni dirette, in complesso limitate e sufficientemente sicure, 7erto indirettamente, -indusse il nostro mas­ simo Istituto ad, intervenire negli accordi ini l’Alta banca e l’Associazione cotoniera,, intesi a disciplinare le condizioni di pagamento dei crediti delle aziende del cotone, allo scopo di mobilizzarli e di provocare una emissione cam­ biaria soggetta ai criteri rigorosi della scadenza la quale meglio determina il credito e costi­ tuisce una remora alle incaute espansioni- La a- zione, dell’Istituto consiste puramente nel vi­ gilare affinchè le banche, alle quali risconta, inducano la rispettiva clientela a tener conto delle utili prescrizioni dettate dai dirigenti l’industria e ad osservare le norme di paga­ mento stabilite, per non creare, poco alla volta,, un portafoglio di non agevole e pronta realiz­ zazione.

Relativamente alla situazione serica - an- ch’essa non scevra di pericoli^la Banca si occupa di misurare i fidi ai setaiuoli, e spe­ cialmente di moderare la speculazione degli

ammassi, la quale rincara i prezzi con le do­

mande affrettate e spesso tumultuarie dei boz­ zoli, a danno dei, filandieri soverchiamente premuti dalla concorrenza dei prodotti .del­ l’estremo Oriente.

Con l’ausilio di opportuni provvedimenti legislativi e di un riordinamento amministra­ tivo sono state superate le difficoltà dell’in­ dustria e del commercio degli zolfi e dei prodotti agrumari,

con

conseguente alleggerimento delle posizioni di credito, un tempo ritenute ec­ cessive, e che facevano temere del loro buon esito.

Ebbero inoltre fine le notevoli operazioni che la Banca, pur nelle form e. perfettamente legali e con le maggiori garanzie, aveva dovuto consentire sulla fine del 1907 per venire in­ direttamente in soccorso del mercato finan­ ziario.

L o S C O N T O A I P R O P R I E T A R I E D A G R IC O L T O R I.

La esposizione dei 3061 proprietari ed agri­ coltori affidati della Banca al 10 settembre u. s. ammontava a L. 39.653.823,44, che rappre­ sentavano il 9.35 per cento dell’importo totale del portafoglio.

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i: proprie di un istituto di emissione. Escludere ; totalmente daLportafoglio bancario le cambiali ¡I dei proprietari e degli agricoltori, equivarrebbe a negare il credito a una classe di cittadini che, per le condizioni del nostro paese e specie del­ l’agricoltura, non va trascurata; dall’altra parte, ciò facendo, sarebbe come .sopprimere no>n pochi stabilimenti ohe operano in proviucie i;. povere d’industrie e di commerci e dove man­

cano istituzioni di credito per àòilAiaisj-ré quei bisogni della proprietà fondiaria e dell’agri- , coltura che richiedono munii o sovvenzioni

a lenta estinzione.

ì proprietari e gli agricoltori annoverati fra gli affidati della Banca, al 10 settembre 1912, erano, per numero e per esposizione comples­ siva, superiori nell’Italia meridionale, e insu­ lare in confronto di quelli dell’Italia centrale. L ’Italia settentrionale presentava un numero assai più piccolo di affidati in tale categoria; però la esposizione complessiva di questi ,era maggiore che non nelle altre parti del Regno. I sistemi agricoli più progrediti e più costosi, le trasformazioni edilizie più frequenti e più radicali, la partecipazione di proprietari alle imprese 'commerciali e industriali, più viva nel 'éèttehfjripne che altrove, spiegano l’eleva­ tezza del fido accordato’ in quelle regioni, ai singoli proprietari e agricoltori, Acf ogni modo la Banca, nello scontare cambiali di proprie- h lari e agricoltori, procede con le norme comuni, in modo che per essa non sia incerta la realiz­ zi zazionò del,credilo alla scadenza, in qualun- ¡i qùè’ epoba questa si verifichi. Merita menzione j il lattò che le rinnovazioni di effetti cambiari avvengono in cifra assoluta d’importo maggiore nelle-règioni industriali e commerciali che non in quelle dedite , principalmente all’agricol­ tura e alla proprietà fondiaria.

De ves i inoltre osservare che l’agricoltore esercita anch’esso un’industria e che spesso egli, si rifornisce dàlie banche per sostenere le spese delle scòrte e degli operai, salvo a sod­ disfare il suo debito integrale all’epoca della raccolta. D’altra parte, considerate queste ope ¿ razioni dal punto di vista della maggiore si­

curezza, è certo che il credito ai proprietari agricoltori offre, rispetto a quello dato ai com­ mercianti e agl’industriali, il vantaggio di ag­ giungere alla garanzia morale quella materiale degli immobili che sono posseduti dai presen­ tatori: beni che, ad ogni evenienza di scossa ! solvibilità degli affidati, possono essere assog- : gettati a ipoteca o venduti, senz’altro danno ij per l’Istituto all’infuori di quello di una pro-

rogata liquidazione del'credito.

Del resto, ripetesi, la percentuale della carta : agraria e fondiaria in confronto al totale del ! portafoglio al 10 settembre Í912 è così bassa I da costituire una eccezione, massime se si do- vesserò passare alla categoria degl’industriali. ;j le ' cambiali degli agricoltori e proprietari che attingono al crédito per trasformazione di colture e di prodotti.

La macchina da scrivere R M P I K E

è la più solida, la più perfetta, la meno

costosa [Y. inserzione in copertina pag. 3].

R

iv is t a

B

iplioqrafica

Théo Daedalus. — L'Angleterre juive, lsraiìl chesJohnBull. - Paris; Fòntemoing& C°, 1913, pag. 390.

Dopo una diligente indagine storica nella quale l’ autore studia nelle diverse fasi, le vicende del p p olo ebraico nella vita pubblica e privata in ­ glese, egli giunge a considerarne il trionfo com­ plete e sicuro che l’ ebreo ha avuto sul suolo britannico. In possesso ormai di fortune consi­ derevoli, la porta aperta in tutte le classi della Società, la facile strada a soddisfare pubblica­ mente ambizioni e vanità, hanno secondo l’ au­ tore non già cambiato il carattere dell’ antico schiave, ma lo hanno trasformato in quello di inopportuno invasore, di pesante e antipatico per quanto dovizioso soprafattore. 11 problema ebraico incomincia a preoccupare l’ opinione in­ glese; ma poiché non può avvenire assorbimento, l’ autore dice che nel caso d ’ intossicazione di un individuo, o di una razza si dovrà per necessità, rigettare, ciò che non si può assimilare; ed egli si augura che per tutti i paesi europei si trovi il modo di guarire il semito-morbus.

Sir Charles Bruce. — The true temper of em­ pire. Londra, Macmillan 1912, pag. 211.

Rei tempi moderni una raccolta di argomenti intesa a rivendicare le prerogative della corona, o meglio a stabilire i reali e precisi doveri della sovranità su un dato territorio, mostrandone i punti nei quali o per tacila rinuncia del sovrano o per limitazione conseguente alle difficoltà di esercizio della sovranità questa viene a dimi­ nuire. nel confronto colla sua primitiva esten­ sione e col suo [»reciso significato, è opera inte ressante perchè diretta ad una ricostruzione, durante un evidente ed ineluttabile periodo di demolizione. Bd all’ aitore l'argomento dà occa­ sione di considerarlo in due diversi aspetti ; il carattere della sovranità nell’ Impero britannico; il carattere della sovranità nel Regno Unito. Due concenti pienamente diversi nei quali l’ e­ sercizio dei diritii sovrani trovano diversa espli­ cazione.

Benvenuto Griziotti — Le imposte sugli incre­ menti di valore nei capitali e sulle rendite nei redditi {Interessi, salari e profitti). — Caserta, Tip. della Libreria Moderna, 1912, pag. 230. È alla ricerca della soluzione tecnica delle nu­ merose questioni che sorgono per l'ordinamento delle imposte sulle rendite, sia .nei redditi che nei capitali, che l’ autore intende dopo aver chia­ ramente e largamente esposta, con larga cono­ scenza anche delle teorie straniere, la natura economica dei fenomeni di rendita.

Lo scopo scientifico del lavoro ci sembra pie­ namente raggiunto, nè per le profondità delle osservazioni, nè per la sicura conoscenza della materia tributaria, ma raccolto in volume, dopo essere apparso nel giornale degli Economisti;, avrebbe potuto essere ■ dall'autóre messo ; più al corrente celle leggi tedesche .ed inglesi .di re­ cente data.

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522 L ’ ECONOMISTA 17 agosto 1913

Rivista della Agricoltura

Le terre coltivate In Italia. — Una delle opinioni più largamente diffuse è che l’ Italia sia uno dei paesi meno largamente coltivati, uno dei paesi, dove l’ estensione del territorio incolto sia rappresentato da cifre elevate, uno dei paesi il cui avvenire agricolo dipenda dalla messa in valore di grandi estensioni, ri­ coperte da stagni e paludi. Come questa opi­ nione si sia potuta cosi largamente diffondere apparirà incomprensibile quando si avrà dato uno sguardo ad una statistica, che è destinata a stupire, sconvolgendo essa radicalmente e pro­ fondamente il concetto, che è sempre prevalso sulla larghezza delle zone incolte, Ecco la sta­ tistica, la cui compilazione è destinata a distrug­ gere la leggenda delle terre incolte. La riparti­ zione della superficie del Regno secondo la de­ stinazione produttiva:

Superfìcie dest. alla prod. Totale per 100 kmq. di sup. terr. Piemonte 25.668,75 87,3 Liguria 4 858,37 91,8 Lombardia 20.674,74 95,8 Veneto 21 241,41 86,4 Emilia 18.827,92 90,3 Toscana 22.692,78 94,2 Marche 9.074,56 93,6 Umbria 9.189,74 94.1 Lazio 11.311,29 93,6 Abruzzi 15.452,28 93,4 Campania 15.443,19 95,2 Puglia 18.379,42 96,2 Basilicata 9 522,56 95,3 Calabria 13.787,37 91,4 Sicilia 24.314,11 94,5 Sardegna 23.246,37 96,4

Come si vede sopra una superficie territoriale totale di kmq. 286.682,22 la superficie destinata alla produzione agraria è di kmq. 263.716,07, cioè del 92 per cento. Curioso è rilevare come la Sardegna sia la regione che ha maggiore ali­ quota di territorio coltivato mentre la Lombardia presenta la maggiore aliquota di territorio in­ colto ! La superiorità di produzione della Lom­ bardia sulla Sardegna, del Veneto sulla Basili­ cata e dell’ Emilia sulla Calabria dipende dal fatto che nel nord l’ agricoltura ha assunto forme più perfette. Questa statistica dimostra che il problema agrario d ’ Italia dipende non dalla messa in valore del territorio incolto, rappre­ sentato dall’8 per cento (inclusa la superficie occupata da fabbricati, strade, ferrovie e corsi d ’ acqua) ma da una coltivazione più intensa.

Il valore della produzione aerarla negli Stati Uniti. — Lapopolazionedegli Stati Uniti era al 15 aprile 1910 di 91.972 000 abitanti, in cifra tonda, 92 milioni, mentre che nel 1900 essa era di 75.994.000, cioè di 76 milioni.

Essa è, dunque, cresciuta del 25 per cento, dividendosi nei due censimenti nel modo se­ guente :

Si calcola come popolazione urbana, quella che si trova nelle agglomerazioni da 2500 e più abitanti.

Popolazione urbana 1910: 42.623.000 - 1900 31.604.000 — Aumento 11.019.000 per cento 34.8

— Popolazione rurale 1910: 49.340.000 - 1900 44.385.000 — Aumento 4.964.000; per cento 11.2. La maggioranza della popolazione degli Stati Uniti è dunque sempre rurale ; ma essa non è aumentata che del 1 ’ 11 per cento, mentre quella urbana è aumentata di quasi il 35 per cento. Essa obbedisce alla legge generale di tutti i paesi che si sviluppano.

Le omelie sul ritorno alla terra non impedi­ ranno il fenomeno di questa caratteristica evo­ luzione dei popoli. Il progresso economico di una nazione è tanto più intenso in quanto esso comprende più grandi città.

La superficie degli Stati Uniti è di 1.903 milioni 2.990.000 acri (l’ acro = 40 are) cioè 701.561.000 ettari. Il territorio agricolo com­ prende 878.798.000 acri (351 milioni di ettari), ovvero il 46 per cento della superficie totale del paese.

11 censimento distingue due specie di « land »: « land in farm s» ed « improvedland in farms ».

L’ * improved land » terreno migliorato, com­ prende tutti i terreni abitualmente coltivati, le praterie, i giardini, i verzieri, i vigneti ed i ter reni occupati dalle costruzioni. Gli altri terreni comprendono i terreni rocciosi, le boscaglie e le paludi. Le foreste sono calcolate a parte.

Sugli 879 milioni di acri del territorio agri­ colo i terreni migliorati contano 478,452,000 acri (191,380,000 ettari) cioè 54,4 per 100, ov­ vero 25,1 della superfice totale degli Stati Uniti. Si chiamano « farms » agli Stati Uniti tutti gli esercizi agricoli, siano condotti dai loro pro­ prietari, siano dati in affitto.

Numero delle fattorie al 1910: 6,361,500 al 1900 : 5,737,000. Aumento 624,130. Per cento il 10,9.

La media dei terreni occupati da ciascun esercizio era di 146 acri nel 1900 e di 138 nel 1910, cioè di 55 ettari ; ma il terreno miglio­ rato non conta che per 72 acri nel 1900 e per 75 acri nel 1910, cioè 30 ettari. Il valore medio di tutta la proprietà compresi i fabbricati e gli animali d ’ esercizio, era. di 3,563 dollari nel 1900 e di 6,444 dollari (33,500 lire) nel 1910 ; esso è dunque aumentato dell’ 81 % .

Il valore medio di tutta la proprietà per acro di terreno era di 24 dollari 35 nel 1900 è sa­ lito a 46 dollari 64 (242 lire), cioè un aumento del 9 1 ,3 % .

Il valore medio del terreno per acro era di 15 dollari 57 nel 1900 e di 32 dollari 40 (168 lire) nel 1910, cioè nn aumento di 108 % .

Il totale dà le seguenti cifre :

(in milioni di dollari)

1910 %

Terreni 28,476 13,058 + 418,1

Fabbricati 6,325 3,557 + 77,8

Istrumenti e macchine 1,265 750 + 68,7 Animali domestici,

vo-latili, ecc. 4,825 3,075 + 60,1

Valore totale 40,991 © O O + 100,5 Da questa cifra appare il tenue valore che rappresenta non solo l’ acro terreno, eziandio addizionato di tutti i valori connessi dell’ eser­ cizio: quest’ ultimo vale 605 lire per ettaro, ed il primo, 240 lire per ettaro.

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rad-doppiato dopo il 1900; il valore totale degli esercizi agricoli è raddoppiato ; ed esso ascende alla cifra totale di 41 milioni dì dollari, cioè a più di 2 miliardi di lire

Ecco dal 1850 in poi, il progresso del valore della proprietà agricola :

Per l’ esercizio totale in in dollari milioni di dollari

1850 2.738 3.967 1860 3.904 7.980 1870 3.363 8.945 1880 3.083 12.180 1890 3.523 16.082 1900 5.563 20.440 1910 6 444 41.000

Il valere per esercizio aveva raggiunto nel 1860 una cifra che non fu sorpassata che nel 1910.

Qual’ è il valore annuo della produzione agri­ cola?

Il Censimento non ha cercato di determinare il valore totale dei prodotti compreso quello dei raccolti e quello degli animali.

Non si possono addizionare, senza correre il rischio di cadere in un doppio impiego raccolti e prodotti degli animali, poiché una parte dei raccolti serve a nutrire gli animali.

Il valore dei raccolti, oggetti alimentari e ma­ terie destinate all’ industria, come il cotone, è valutato nel 1909 e nel 1899 alle cifre se­ guenti :

1909 1899 Aumento %

(in milioni di dollari) 5.487 2.999 - f 2.488 83.0 In lire, il valore è dunque nel 1909 di mi­ lioni 28.532, esso era nel 1899 di 39 dollari 46 per testa, era nel 1909 di 59 dollari 66 per testa, cioè di 310 lire.

Nel 1899 esso valeva 523 dollari per esercizio e nel 1909, 863 dollari (4.485 lire).

Il valore medio dei diversi raccolti si è ripar­ tito nel modo seguente nel 1909 e nel 1899 :

1909 1899

Cereali 48.6 49.4

Fieno 45.1 14.9

Cotoni 6.7 5.9

Abbiamo veduto che il valore degli animali domestici era calcolato a 4.920 milioni di dol­ lari.

La razza bovina figura in questa cifra per 1.499 milioni di dollari di cui le vacche latti­ fere per 706 milioni di dollari ; i cavalli, i muli, gli asini per 2.622 milioni di dollari, i suini per 299 milioni edi montoni per 232 milioni di dol­ lari.

I prodotti del latte sono valutati a 796 mi­ lioni di dollari, di cui 223 per il burro (cioè 1.160 milioni di lire) e 1.148.000 per il for­ maggio.

II valore della lana era calcolato nel 1909 b 75.472.000 dollari, quello delle uova a 306 mi­ lioni e 689.000 dollari, cioè a 1.600 milioni di lire ; il bestiame allevato nell’ anno che termina col 15 aprile 1910, ucciso e venduto valeva 202 milioni di dollari, più di un miliardo di lire.

L’ agricoltura Inglese negli ultimi qua rant'annì. — Il «Board of Agricultural Journal» ha pubblicato interessanti statistiche per illu­ strare la situazione dell’agricoltura in Inghilterra

negli ultimi 40 anni. Dalle cifre esposte risulta che il numero delle persone che si dedicano alla agricoltura ha continuato a diminuire dal 1871 in poi in Inghilterra ed in lscozia. Infatti men­ tre gli agricoltori nel 1871 scendevano, secondo i risultati del censimento di quell’ anno a 1,711,813, essi erano ridotti, nel 1901, secondo le cifre fornite da quel censimento, a 1,396,555 e le cifre approssimative del censimento 1911 fanno ancora discendere il numero degli agri coltori a 1,200,000. Naturalmente queste cifre non comprendono i lavoratori avventizi, che vengono assunti durante i periodi dei raccolti, ma anche il numero di questi tende a dimi­ nuire, poiché mentre nel 1871 ammontavano a 1,041,445, nel 1901 erano discesi a 692,546 e quando i risultati definitivi del censimento del 1911 saranno noti, il loro numero non sarà su­ periore ai 600 mila. Il che vuol dire che in 40 anni l’ agricoltura in Inghilterra ha perduto circa un milione di lavoratori delle varie cate­ gorie. Quanto alla superficie coltivata, questa è diminuita da 18,403,125 acri, quale era nel 1871 a 14,647,788 nel 1911. La superficie coltivata a grano è poi discesa da acri 3,571,894 a acri 1,906,938 durante lo stesso periodo. Invece il terreno posto a pascolo permanente è aumentato negli ultimi 40 anni, da 12,435,442 a 17,446,870 acri.

La situazione agricolo mineraria della Boli­ via. — La configurazione geografica della Bolivia è sommamente varia e vario è anche il clima. Perciò vi è anche una grande varietà di pro­ duzione agricola. Nelle regioni poco elevate, d o­ mina il clima caldo del Brasile e sono possibili le colture del caffè, del cacao, del tabacco, della china. Alcune zone di queste regioni sono co­ perte da fitte foreste che racchiudono incalco­ labili ricchezze di cui solo una piccola parte è sfruttata. Tuttavia l ’ utilizzazione del caoutchouc ha acquistato considerevolissima importanza, come si può constatare dalle cifre seguenti re­ lative alla esportazione in un decennio:

Esportazione del caoutchouc Anni In tonnellate In lire

1902 1,903 11,820,000 1903 1,745 6,981,000 1904 1,571 15,711.000 1905 1,468 14,682,000 1906 1,930 21,225,000 1907 1,830 17,682,000 1908 2,606 22,573,000 1909 3,052 43,894,000 1910 3,118 55,307,000 1911 3,645 37,842,000

Stazionarie fino al 1907, le esportazioni del caoutchouc boliviano hanno raddoppiato da qual­ che anno. Cotesta utilizzazione degli alberi da caoutchouc è ancora suscettibile di incremento considerevole, purché si disponga di una mano d ’ opera più abbondante.

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524 L ’ ECONOMISTA 17 agosto 1913

L ’ oro e l’ argento si trovano in quasi tutte le regioni boliviane. In ogni tempo, del resto, la Bolivia è stata tra ¡ principali paesi produttori di questi due metalli. Ma. causa, ripetiamo, la deficienza di capitati, molte miniere — se ne c o ’ tano più di 10,000 — vennero chiuse. In compenso, lo sfruttamento dei giacimenti di stagno ha assunto una importanza sempre cre­ scente; questo metallo si trova soprattutto nei distretti di Potosi, di Oruro e della Paz: e'dà luogo a una esportazione considerevole, della quale, ecco le cifre pel decennio 1902-12:

Anni Tonnellate Lire

1902 17,608 31,694,000 1903 20,299 38,900,000 1904 21,545 34,128,000 1905 27,689 52,500,000 1906 29,373 70,496,000 1907 27,678 59,784,000 1908 29,939 61 851,000 1909 35,566 63,308,000 1910 38,548 74,013,000 1911 37,073 105,279,000

Così, in meno di dieci anni, la esportazione ■Ilo sfagno boliviano è triplicata.

Casse di Risparmio In Italia

Cassa di Risparmio di Udine

Ci intratteniamo con piacere anche quest’anno sui resultati della Cassa di Risparmio di Udine pel 1912 che mostrano il suo continuo incre­ mento. Dalla relazione del Consiglio di ammini­ strazione stralciamo pertanto i dati più impor­ tanti.

L’ azione spiegata nel decorso anno, è stata feconda e benefica, non ostante la diminuita con­ sistenza dei capitali in deposito fruttifero. Le condizioni nelle quali si è venuto svolgendo l’ esercizio, non furono buone per l’ economia del nostro paese, poco favorito dai raccolti, ed il costante rincaro del denaro, che ebbe un rin­ crudimento verso la fine dell’ anno, non poteva non influire sull’ andamento dei risparmi ed in particolar modo su quelli che rappresentano grossi capitali in attesa di stabile impiego. Tale diminuzione non ha impedito però lo svolgimento delle operazioni con un’ azione intensa, cui cor­ risposero i resultati economici superiori ancora a quelli già ottimi del precedente esercizio.

Il Consiglio sempre disposto a dare alle am­ ministrazioni comunali il suo concorso, si è deciso di assumere col 1° gennaio a. c. il ser­ vizio di esattoria pel Comune di Udine e per i Comuni consorziati del II0 Mandamento. Con l’ assunzione di questo ufficio che sotto vari aspetti interessa la generalità dei cittadini, la nostra Cassa va aumentando quei benefici a vantaggio del pubblico che corrispondono alle finalità dell’ Istituto.

Le operazioni di mutui e prestiti che sono l’ indice più significativo dell’ attività dell’ Isti­ tuto, segnano complessivamente riunite, un nuovo aumento. 11 movimento dei mutui ipote­ cari a privati fu il seguente :

mutui esistenti al

31 dicembre 1911 N. 432 per L. 5,159,453.12 stipulati nell’ anno * 25 » » 218,500.— N. 457 » L. 5,377,953.12 estinti nell’ anno . » 15 » * 113,173.73

affranchi parziali.

L. 5,264,779.39 » 171,749.49 rimanenza a l31

di-cembre 1912 . N. 442 per L. 5,093,029.90 Speciali condizioni economiche e finanziarie, aumentarono eccezionalmente nell’ anno le ri chieste di mutui e prestiti ; ad esse la nostra Cassa rispose con larghezza, procacciandosi le notevoli disponibilità necessarie con antecipa- zioni su titoli. Tuttavia, per mantenere gli im­ pieghi in armonica proporzione col movimento dei risparmi, e salvaguardare quei principii fon­ damentali che da oltre 30 anni assicurano la prosperità del nostro Istituto, l’ amministrazione ha creduto di non allargare soverchiamente i limiti attuali di questi investimenti, i quali se soddisfano ai criteri delia sicurezza, contrastano per il lento ricupero, colla mobilità dei depo- aiti.

Anche nel 1912 vennero continuate le facili­ tazioni sui piccoli mutui ipotecari, non supe­ riori alle L. 4000.

L’ incasso delle annualità si è effettuato in modo abbastanza soddisfacente; le cure del­ l’ ufficio hanno contribuito al buon esito, mal­ grado le condizioni generali non favorevoli. Al 31 dicembre 1912 gli interessi scaduti e non pagati ammontavano a L. 40,901.55 di fronte alla somma dovuta di L. 472,571.01.

L’ impiego nella categoria Prestiti a enti mo­ rali ha raggiunto una cifra elevata. Aiutare i comuni significa aiutare la pubblica istruzione, la viabilità, l’ igiene ed il progresso cittadino e noi in questo campo abbiamo compiuto un la­ voro importante, ma anche per tali mutui dob biamo ora restringere il campo a quelli minori.

Ghirografari

Al 31 dicembre 1911 esistevano 112 prestiti chirografari a comuni e alla provincia, per la somma d i ... L. 4,324,727.35 durante l’ esercizio si collocò

in 4 prestiti la somma di » 1,161,500.— •

L. 5,486,227.35 si estinsero 4 prestiti per . . » 26,975.— L. 5,459,252.35 si operarono riscossioni in

parziale affranco per » 87,158.77 rimanenza al 31 dicembre 1912

prestiti N. 112 per . . L. 5,372,093.58

Conti correnti chirografari

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