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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.05 (1878) n.225, 25 agosto

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L'ECONOMISTA

GAZZETTA S E T T I MANA L E

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FE R R O V IE. IN TERESSI PRIVATI

Anno Y - Yol. IX

Domenica 25

La Sezione Italiana all5 Esposizione di Parigi

Dal momento che a giudicarne dal concorso degli espositori italiani alla Mostra parigina, si dovrebbe, come noi lo riteniamo purtroppo, concepire una idea assai meschina della potenza produttiva del nostro paese, è ben naturale che in quanti prendono a cuore le cose nostre (e noi osiamo ascriverci fra questi) sorga spontaneo il desiderio di ricercare se per avventura, avuto invece riguardo alla realtà dei fatti, non vi fosse modo di modificare un giu­ dizio così poco confortante per noi. Ed è appunto per appagare un simile desiderio, ohe, nel catalogo ufficiale della sezione italiana, si volle con opportuno intendimento raccogliere intorno alle varie arti ed industrie che si esercitano in Italia, quella larga copia di notizie, di cui, come altra volta ne abbia­ mo fatta promessa, ci proponiamo oggi intrattenere i nostri lettori, per quanto l’abbondanza della ma­ teria e la ristrettezza dello spazio possano consentirlo. Non si aspetti peraltro da noi una esposizione com­ pleta e metodica, quale I’ importanza del tema la richiederebbe; delle molte cose che potrebbero dirsi, accenneremo soltanto alle principali e ciò senza un metodo preconcetto, ma seguendo quello stesso adottato dai compilatori del catalogo, metodo ormai noto ai nostri lettori. Ed infatti I’ unico scopo che ci prefìggiamo si è quello di infondere nell’ attimo di chi vorrà leggere queste nostre povere osserva­ zioni, la convinzione, (in noi del resto fermissima) che la produzione italiana, la quale così nel campo industriale come nel campo artistico non può oggi, e non potrà ancora per molto tempo, uscire vitto­ riosa dal confronto colla produzione estera, si trova peraltro in uno stadio di deciso risveglio, ed ba in questi ultimi anni, fatti dei progressi abbastanza sensibili. Nè si creda perciò che noi ci lasciamo trascinare da un soverchio ottimismo; ciò è così poco vero che, vista l’indole e lo scopo tutto spe­ ciale della pubblicazione che abbiamo fra mano, ci sentiamo invece disposti a credere più al male che al bene, ogni qual volta questo non sia comprovato da notizie, positive e precise: del resto non può dirsi neppure che anche in quella pubblicazione tutto sia colore di rosa. Ed infatti eccone subito una prova non appena entriamo in materia, ve­ nendo a parlare di quei rami di produzione che co­ stituiscono il primo gruppo dei nostri prodotti, cioè delle opere d’arte.

Fino alla metà di questo secolo, la grande mag­ gioranza degli italiani, ponendo mente più alle glorie del passato che alla realtà del presente andava tuttod. ripetendo che il culto delle arti belle era un

mo-Agosto 1878

N. 225

nopolio esclusivo del nostro paese. Fu soltanto alla Esposizione universale del 1832 che la benda ci cadde dagli occhi e che dovemmo di fronte alla evidenza riconoscere come l’Italia lungi dal tenere sempre lo scettro, del regno dell’arte, vi conservava a mala pena uno degli ultimi posti. D’allora in poi non poco fu fatto per riconquistare l’antico primato, di guisachè i dipinti di pennello italiano^ ottennero lodi sempre maggiori alle successive Esposizioni, e specialmente a quelle recentissime di Vienna e di Filadelfia; ed in questi ultimi anni furono anche og­ getto di ricerca per parte di qualche amatore e di qualche commerciante straniero.

Nonostante siamo ancora assai lontani dalla mèta, e tutto quel più che possiamo sperare nella Esposi­ zione presente si è che i nostri pittori possano uscire senza vergogna dal confronto coi pittori stra­ nieri. E questo che diciamo della pittura vale anche per le arti affini del disegno, dell’ incisione e della litografia, le quali ultime specialmente, se non tosse la Regia Calcografìa di Roma fondata un secolo e mezzo fa da Clemente X ll ed ora mantenuta dal governo, si potrebbero dire quasiché dimenticate in Italia. — Per la scultura che fra noi ha annoverato sempre, ed annovera anche oggidì valentissimi cul­ tori le cose vanno assai meglio, comunque non sia vero quello che da taluno si va ripetendo, che cioè in questo ramo di produzione noi possiamo vantare una superiorità decisa. — Quindi lasciando da parte l’architettura, arte che di fronte alle esigenze della vita moderna subisce al presente una radicale tra­ sformazione, e della quale pertanto sarebbe intem­ pestivo il giudicare. Ci sembra agevole il concludere da queste poche osservazioni, che la nostra produ­ zione artistica dopo un periodo di profondo scadi­ mento, accenna da qualche anno a questa parte a rimettersi sulla buona via ed a risorgere a nuova vita, ma che molto ancora ci resta da fare per egua­ gliare le altre nazioni e specialmente la Francia e la Germania e, sotto certi riguardi, anche l’Inghil­ terra, che tanto ci superano sotto questo rapporto. E ciò per chi, come noi è stato maestro a tutti nelle arti, e ne ha conservato per tanti secoli il primato, è cosa assai increscevole a confessarsi; non so­ lamente dal punto di vista dell’amor proprio nazionale che deve di necessità restarne umiliato, ma anche sotto l’ aspetto economico, dacché è ovvio il com­ prendere quale larga fonte di ricchezza sarebbe assicurata al nostro paese il giorno in cui la pro­ duzione artistica, la .quale dovrebbe pur trovare in Italia la sua patria naturale, fosse in grado di esercitare sopra larga scala I’ esportazione dei propri prodotti.

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pro-cessi delle arti liberali, non ci offre il campo a larghe considerazioni. — Convinti infatti che riuscirebbe di troppo inopportuno discorrere qui dell’ ordinamento delle nostre scuole elementari, secondarie, superiori e speciali, e che d’ altra parte certi rami di indu­ strie come ad esempio quelle compiute nelle 6 ul time classi di questo gruppo, sia per la loro stessa natura, sia per le condizioni in cui si trovano in Italia, abbiano un importanza del tutto secondaria, ci li­ miteremo a quelle che sono e che potrebbero diventare anche più importanti per noi, quale la Tipografia e la fabbricazione della Carta. — L’ arte della stampa è stata sempre coltivata con grande amore in Italia, ed anche oggidì è una delle più fiorenti, e principal­ mente per ciò che riguarda la bontà dei suoi pro­ dotti, i quali, eccezion fatta dalle cosi dette edizioni illustrate, di cui soltanto in epoca recente furono pubblicati alcuni saggi lodevoli, (opera specialmente dei tipografi milanesi), non temono davvero il con­ fronto delle -più reputate edizioni straniere.

Disgraziatamente la cosa cangia d’aspetto se la con- ¡ sideriamo dal lato economico e industriale.— Anzi- j tutto, da noi sono rarissime quelle edizioni a buon | mercato ma pure pregievoli, che oggetto di costante I e larga richiesta hanno formato la fortuna di tanti

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tipografi esteri, e danno materia di continuo lavoro j a migliaia di operai nei grandi stabilimenti tipogra-

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fimi della Germania, dell’Inghilterra, della Francia e ] del Belgio; ma anche prescindendo da ciò, il con- ! sumo dei libri editi nelle nostre tipografie è sempre assai limitato, perchè essendo quasi tutti scritti in lingua italiana non trovano smercio che in una cer- { chía ristretta di lettori, e tranne pochissime eccezioni, j non si esportano all’ estero; quindi le opere la cui tiratura ascenda a qualche migliaio di esemplari si possono contare quasi sulle dila, il che equivale a dire che i guadagni di un tipografo in Italia debbano quasi sempre essere anche troppo modesti. — Pei pezzi, l’arte della stampa deve tuttodì provvedersi ah’ estero degli strumenti necessari, giacché in Italia non si fabbrica un solo torchio a macchina, ed ancora non siamo neppure completamente giunti a produrre inchiostri della bontà necessaria.

Per la Carta soltanto provvede ad esuberanza la produzione nazionale — Le labbbriehe italiane produ­ cono infatti ogni sorta di Carta e di Cartoni, così a mano come a macchina, dalla Carta fatta di sola paglia, di riso o di grano, dalla Carta di legno alla Carla da sigarette e alle qualità più fini da scri­ vere. — La produzione annua, ragguagliata a circa 36 milioni di chilogrammi, dà lavoro a circa 14 mila operai, ed alimenta una esportazione annua di Chi­ logrammi 6,300,000 circa, per un valore approssi­ mativo di L. 5,600,000, mentre l’ importazione non raggiunge in quantità 2 milioni di Chilogrammi, e per valore tocca appena 4 milioni di lire — Se poi uniamo alla carta i libri, la musica stampata e pro­ dotti affini, avremo un equilibrio quasi che per­ fetto fra I’ importazione e fi esportazione, per un va­ lore respettivo ili circa 7 milioni e mezzo di lire, il che ci prova come questi rami d’ industria già abbastanza fiorenti in Italia siano da ritenersi su­ scettibili anche di ulteriori progressi.

Quanto alle industrie comprese nel terzo gruppo, quelle cioè che hanno per oggetto la fabbricazione di oggetti di mobilia e accessori considerandoli nel loro complesso ci si presentano in condizioni assai favorevoli. Anzi tutto, la industria dei mobili

pro-priamente detti, è coltivata in Italia in grandi pro­ proporzioni, tantoché non havvi quasi città o bor­ gata nella quale non si fabbrichino mobili a buon mercato od anche per abitazioni signorili. Milano, Torino, Pisa, Genova, Pistoia, Livorno e Chiavari, celebre per la specialità delle sue seggiole, conten gono numerosi ed importanti opifici destinati a que­ sta industria; pregievolissimi poi sono i lavori di in­ tarsio e di intaglio con dorature o senza è che si eseguiscono dai nostri artefici. Nè meno sviluppata è la produzione dei mobili in ferro ed in ottone, che, una volta specialità quasi esclusiva alla città di Genova, si lavorano oggi stupendamente in quasi tutte le città Italiane —' Quindi la produzione na­ zionale non solo supplisce largamente al consumo interno, ma alimenta una esportazione di circa 3 milioni di lire, contro una importazione che non ar­ riva neppure al milione.

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L’ ECONOMISTA 531 2o agosto 1878

provveda, e presto, al molto che ancora rimane da | farsi.

Passando ora a discorrere delle industrie costi- menti il quarto gruppo, è con speciale soddisfazione che ci facciamo ad esporre sullo stato odierno delle industrie dei filati e dei tessuti in Italia, alcuni dati statistici, i quali, per coloro a cui non siano affatto ignote le condizioni in cui pochi anni or sono ver­ savano le industrie medesime, saranno più che suf- ; ficienti per constatare quale notevole incremento | abbia sotto questo rapporto subito la produzione na­ zionale, e quali maggiori progressi se ne possano attendere in seguito.

La filatura del cotone, per 1’ addietro affatto ne- irletta fra noi, impiega oggidì 50,000 tonnellate circa di cotone, e si esercita in vari opifizi, che nel loro complesso danno movimento a 700 od 800 mila fusi e lavoro a circa 54 mila operai. La tessitura che si esercita principalm nte sopra telai a mano, ¡ quantunque in Italia si contino circa 15 mila telai meccanici, impiega a un dipresso 80 mila lavoranti, e dà un prodotto annuo di circa 170 milioni di lire. Tre finalmente sono le principali stamperie di co­ tone, l’una a Milano, una a Torre-Pelliee, la terza a Salerno il cui prodotto. ascende in complesso a quasiché 600 tonnellate. È vero però che nissuna di queste industrie è giunta ancora a supplire com­ pletamente al consumo nazionale, dacché si debbono importare annualmente 13 mila tonnellate di filati ed altrettante di tessuti. Nonostante crediamo che questa industria abbia raggiunto fra noi una non lieve importanza, sia perché estesa in molli punti del territorio nazionale, (e specialmente nell’alto Pie­ monte e nella provincia di Pisa) sia per 1’ entità della produzióne in sé stessa. Non è quindi senza meraviglia che la vediamo rappresentata a Parigi da soli' 13 espositori, fra cui neppur uno della pro­ vincia di Biella che pure conta di per se sola più che 20 cotonifici importanti, e fra questi la rino­ matissima fabbrica dei fratelli Poma.

Per le altre materie tessili vegetali, quali la ca­ napa, il lino e la juta, la filatura meccanica conta in tutto il regno 47 mila (usi pel lino e la canapa, 2 mila per la juta, e produce 9 mila tonnellate di filo all’anno, per la maggior parte di numeri grossi. Molto sviluppata, massime trai contadini, è la filatura a mano, che da un prodotto di oltre 120,000 ton­ nellate, delle quali se ne esportano annualmente 30 e perfino 50 mila, contro un’ importazione di 4,000 tonnellate di filo dei numeri più fini. Quanto alla industria della tessitura, oltreché provvedere rispetto alle qualità ordinarie e di media finezza, al consumo interno può alimentare una esportazione di 500 ton neilate di tessuti di canapa; ma anche rispetto ai tessuti le qualità più fini dehbonsi provvedere al­ l’estero nella misura di circa 700 tonnellate all’anno. Più salda è l’industria nazionale rispetto alla fabbri­ cazione dei cordami di canapa la cui esportazione annua oscilla fra le 2 e le 3 mila tonnellate: men- : tre invece per i tessuti di juta che servono come materia d’imballaggio l’industria estera convenne sui nostri mercati, per circa 2,200 tonnellate all anno.

Meno sviluppata è l’arte della lana, comunque ii nome di questa arte nobilissima si riconnetla colle più gloriose memorie delle nostre repubbliche del ¡Medio Evo. Infatti la lavorazione delle lane petti­ nate può dirsi affatto incipiente fra noi, dacché | conta soltanto 30,000 fusi per la filatura, e per la [

tessitura oltre al prodotto delle filande nazionali im­ piega soltanto 300 tonnellate di filo estero. Assai meglio costituita è l’industria della lana cardata, la quale riunisce negli stessi opifici la filatura e la tessitura impiegando 270 mila fusi per la prima, e 8 mila telai, di cui 2 mila meccanici, per la seconda, ma la sua produzione annua valutata a 130 milioni di lire, ha mestieri per supplire al consumo interno del soccorso dei prodotti esteri per un vrdore di altri 50 milioni di lire, mentre l’esportazione tocca appena-i 5 milioni; questa industria fornisce lavoro a 50 mila operai. Del come poi si trovi rappresen­ tata alla Esposizione Parigina dopo quanto abbiamo detto altra volta, amiamo meglio tacere.

Principalissimo fra i prodotti tessili per la sua importanza rispetto al nostro paese è la seta, dacché come è noto f industria serica tiene quasi il primato fra le industrie italiane, sebbene oggi attraversi uno stato di crise gravissima. In tempi normali il prodotto delle nostre filande può superare 3 milioni di chi­ logrammi e dare lavoro a 150 mila operai, per la più parte donne. Anche la torcitura delle sete, che si esercita sui prodotti tratti dal levante, è un’ in­ dustria di grande rilievo dacché eziandio in questi anni critici, impiega 1 milione e mezzo di ehilog. di materia prima e 75 mila operai. — Da questi due rami di lavorazione si ricavano ehil. 3,500,000 di cascami i quali dopo pettinati vengono per la mag­ gior parte spediti a'I’ estero, il rimanente viene filato in Italia dove esistono all’ uopo 27 mila fusi. — Meno sviluppata al certo è la tessitura delle sete, comunque da qualche anno a questa parte si accenni a voler far rivivere fra noi quest’arte fonte di così lauti guadagni per i nostri antenati. Infatti nel 1877 contro una esportazione di tessuti in seta per 57 mila chilogrammi, abbiamo avuta una importazione quasi che doppia, perchè ascendente a 112 mila chilo­ grammi circa, e questo ci costituisce nella dolorosa convinzione di doverci rendere tributari dell’ estero per una industria di cui noi possediamo ad esube­ ranza la materia prima.

Quasi di pari passo per la sua importanza colle industrie tessili viene nel gruppo di cui ci occu­ piamo I’ industria dei cappelli di paglia, la quale costituisce veramente una specialità italiana, ed esporta annualmente 30 milioni di prodotti. Nonostante sa­ rebbe cecità il negare che questa industria, abbia da qualche tempo perduto assai della passata pro­ sperità, sia perchè al cappello di paglia generalmente assai costoso, è subentrato nel consumo generale come succedaneo più a buon mercato il cappello di palma o di materie simili, sia perchè in altri paesi e spe­ cialmente in Svizzera, si è trovato modo di utiliz­ zare nella fabbricazione, anche la paglia di qualità più ordinaria e quindi più economica, facendo su­ bire alla medesima mercè delle macchine speciali tuttavia ignote fra noi, una preparazione che le rende adatte anche ai lavori più fini.

Pure importante una volta, ma ora non più, era l’industria degli abiti fatti per l’ esportazione, la quale poteva esercitarsi e si esercitava con successo nelle città franche e massime a Livorno, e che aboliti gli antichi privilegi è venuta con essi a morire; per guisa che oggi fra l’esportazione e l’ importazione si nota una lieve differenza e a nostro svantaggio. E ciò basti quanto al 4.“ gruppo.

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italiano sia abbastanza ricco di minerali, e lo prova il fatto che nell’ anno 1877 furono esportati:

Minerali di ferro Tonnellate 256,667 di di di di di rame ■ » 9,616 piombo » 27,551 zinco » 78,255 manganese » 7,575 -- zolfo » 210,527

a cui debbonsi aggiungere 140 mila tonnellate circa di marmi estratti dalle cave di Massa e Carrara. Disgraziatamente però la mancanza di estese gia­ citure di carbon fossile fa sì che la parte più im­ portante della industria mineraria italiana si rifletta nelle esportazioni, di modo che, comunque non man­ chino fra noi alcune fabbriche di ghisa e di acciaio, la lóro produzione totale, compreso anche il ferro, raggiunge a mala pena le 80 mila tonnellate all’anno, e dobbiamo ricorrere all’estero per la ghisa da getti, per le rotaie e per tutti i ferri grossi di cui im­ portiamo oltre alle 200 mila tonnellate annue, con­ dizione di cose assai dolorosa e che ci impone sa- grdìzi non lievi massime ora, che per le esigenze della vita moderna, l’uso del ferro si è tanto ac­ cresciuto.

Anche rispetto ai prodotti dell’industria forestale, le nostre condizioni non sono di gran lunga migliori. Eppure il nostro paese, per la sua struttura geo­ grafica, dovrebbe essere Ira i più ricchi in questo genere di produzione.

Ecco a tale proposito i seguenti dati statistici : Nel 1876 l’ importazione dei legnami da costru­ zione ascese a L 57,295,000 circa, l’esportazione a sole L. 5,156,050. Nel 1877 invece l’ importa­ r n e raggiunse un valore di L. 44,024,095, men­ tre l’esportazione si ridusse a L. 2,375,277; la stessa prevalenza dell’ importazione sull, esportazione si ri­ scontra pel legname segato in correnti ; inveee pel legname segato in tavole l’esportazione fu superiore all’ importazione, tanto nel 1876, quanto nel 1877. Così pure per I industria della fabbricazione delle doghe, ad una importazione di circa 16 mila etto­ metri possiamo contrapporre una esportazione 6 volte maggiore. Pei carboni abbiamo avuto nel 1877 una importazione di 11,500 tonnellate circa, e una esportazione di oltre 60 mila con sensibile progresso rispetto agli anni precedenti, e in via di progresso è pure da noi l’ industria delle scorze, di cui l’ im­ portazione che prima superava T esportazione, ora ne raggiunge a mala pena la metà.

Altra classe importantissima d’ industrie che si comprendono in questo gruppo è quella che ha per oggetto i prodotti agrari non destinati alla alimen­ tazione, quali, (per tacer della seta di cui si è par lato a'trove) la lana, il miele, la canapa, il lino, il cotone, gli olii industriali, il succo di liquorizia il sommacco. Eccoci pertanto a dare alcune notizie sulle principali almeno di queste industrie. — In Italia il numero degli animali ovini, secondo il cen­ simento del 1875 ascenderebbe a 8,674,527 capi, con una media di 27 capi per chilometro quadrato' e di 524 per ogni mille abitanti. — Nonostante mancando da .noi le qualità superiori, e J’ uso dei tessuti di lana essendo assai diffuso massime nel- I Italia settentrionale, dobbiamo annualmente impor­ tare circa 80 mila quintali di materia prima contro una^ esportazione di quintali 7 mila appéna.

Ira le piante tessili Ja più largamente coltivata è certamente Ja canapa, alla cui cultura sono

desti-nati ben 155 mila ettari di terreno, da cui si ricava un prodotto annuo di circa 960 mila quintali. — Il lino invece occupa soli 81 mila ettari, e dà un prodotto di poco superiore ai 250 mila quintali, che per qualità non è paragonabile a quella di altri paesi. In complesso però questi due rami di pro­ duzione, sono fonte di benefizi non disprezzabili per noi dacché mentre T importazione ascende a poco più di 15 mila quintali, l’esportazione supera d’as­ sai i 240 mila.

Quanto alla produzione del cotone, che si può ri­ guardare piuttosto come un tentativo, suggerito da circostanze affatto eccezionali, che una cultura se­ riamente impiantata, reputiamo superlluo il discor­ rere, e lo stesso diciamo degli altri prodotti accen­ nati di sopra, perchè di minima importanza se si eccettua il sommacco, il quale, oltre a servire al largo consumo che se ne fa all’ interno, alimenta una esportazione ragguardevole la quale nel 1877 ha superati i 252 mila quintali. — E con ciò noi avremmo posto termine alle brevi osservazioni rela­ tivamente anche alle industrie comprese in questo 5° gruppo se non che non sappiamo tacere, quanto ci sia grato, il vedere come da qualche tempo a questa parte, vada introducendosi da noi la fabbricazione dei prodotti chimici, la quale fin qui era completamente negletta. — Si contano già in­ fatti parecchi stabilimenti importanti, che si dedi­ cano con successo a simili industrie, e comunque siamo tuttora assai lungi dal poterci emancipare dai produttori esteri, pure a giudicarne dai resul­ tati ottenuti non è temeraria la speranza che ciò possa accadere in un avvenire non troppo lontano. — Frattanto non vi è chi non sappia come, e non da oggi soltanto, sia ragguardevolissima fra noi la produ­ zione dell’ acido borico, quella dell’ olio di ricino quella dei sali di chinino, e quella finalmente del­ l’ agro di Cedro e di limone, così érudo come cotto, che nel loro complesso alimentano una esporta­ zione pel valore di parecchie diecine di milioni.

Dovremmo ora parlare delle industrie meccaniche, che costituiscono il 6.“ Gruppo — Ma con quale pro­ fitto mentre non vi ha chi ignori pur troppo quali siano le condizioni del nostro paese sotto questo rap­ porto, e mentre la mancanza di conbustibili che è il principale alimento di simili industrie, ci toglie la speranza di vederle mai semplicemente progre­ dire e sviluppare fra noi ? — Del resto, lo scarsis- simo e quasi derisorio concorso dei nostri produt­ tori è assai più eloquente di qualunque considera­ zione in proposito, e noi ci dispensiamo di buon grado dal farne, perchè I' argomento tornerebbe inu- tdmente increscioso non meno a noi che ai nostri lettori. — Del resto T economia dello spazio e la tema di riuscire importuni, ci consigliano a deporre per oggi la penna.

Società di economia politica di Parigi

(Riunione del 5 agosto)

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25 agosto 1878 L’ ECONOM ISTA Simone Sterne avvocato di Nuova York, il profes- j

sore Vigauò di Milano, il sig. Brodi ex ministro di Norvegia, il sig. Mobammed ben Drissaga di !

Touggourt e il sig. F. Limel direttore del giornale l’AbeiIle della Nuova Orleans.

Il Presidente dà notizia dei risultati di un con­ corso per un trattalo elementare di economia poli­ tica ad uso delle scuole primarie aperto dal Con­ siglio generale del Dipartimento di Seine et Oise nel quale furono presentati l i lavori, molti dei quali attestano studio e conoscenze esatte nei loro autori, parla di un rapporto del sig. Gróard direttore del- l’ insegnamento elementare nel Dipartimento della Senna in cui si constata che i corsi di economia politica stabiliti in molte scuole municipali della città di Parigi hanno dato i più soddisfacenti risul­ tati e che gli alunni i quali avevano preso parte a quei corsi, mostravano in generale uno spirito più sicuro ed una mente più ferma. Il sig. Gréard in­ tende di preparare fino dalla scuola primaria la mente dei fanciulli a lezioni di un carattere più elevato mediante un'opportuna direzione ed un suf­ ficiente svolgimento dato alio studio della geografia industriale e commerciale. Il presidente stesso af­ ferma che in alcuni corsi di contabilità fatti perle fanciulle nelle scuole comunali di alcuni quartieri di Parigi si è pure avuto la felice idea d’insinuare alcune nozioni intorno ai principali fenomeni econo­ mici, che agli esami egli stesso, insieme con altri distinti economisti come il sig. Garnier, il sig. Le- vasseur ed il sig. Coq, si è potuto accertare del profitto tratto da questo insegnamento.

Il sig. Limousin invita i membri della Società a prender parte ai lavori di un Congresso internazio­ nale del Commercio e dell’industria organizzato dalle camere sindacali di Parigi e che si riunirà dal 16 al 22 del mese corrente. Questo invito fornisce oc­ casione al sig. Garnier di enumerare i diversi Con­ gressi interessanti più o meno direttamente gli studi economici che sonò stati tenuti o si terranno a Pa­ rigi durante il periodo dell’Esposizione ed al Pre­ sidente di segnalare la Società che si è costituita; ed a cui partecipano largamente i commercianti e gl'industriali liberali della Francia, per la difesa della libertà, dell’industria e del commercio ; società che costituisce un vero Congresso permanente per il progresso teorico e pratico della scienza economica.

Il sig. Biehard (Du Cantal) richiama l’attenzione della riunione sopra l’importanza dell’ insegnamento agricolo e deplora incidentalmente che la coloniz­ zazione dell’Algeria faccia pochi progressi ed a ciò risponde il sig. Clamargan citando le piantagioni numerose che vi sono state fatte ed i grandi stabi­ limenti agricoli che vi sono stati fondati.

Dopo di che il sig. Ceresole dietro invito del Pre­ sidente espone alla riunione la situazione attuale del- i’ intrapresa della ferrovia del Sempioiie. La Società costituita a questo scopo è concessionaria di un tronco di 120 chilometri che partendo dàlia estremità orien­ tale del lago di Ginevra va fino a Brigue che giace alla base del monte. Questa Società oltre questa li­ nea in esercizio che si congiunge a Saint Maurice con le ferrovie della Svizzera occidentale e che si congiungerà presto a S. Ginoglph alla frontiera fran­ cese con la rete della ferrovia Parigi-Lione-Medi- terraneo ha la concessione del tunnel del Sempione sul territorio svizzero e la promessa ufficiale della stessa concessione sull’ italiano. Questo tunnel, che

533 è stato studiato accuratamente dal punto di vista tecnico e geologico ed al cui ingresso nord arriva già la locomotiva, sarebbe all’ altezza di 729 metri sul livello del mare molto minore cioè dei passaggio del Giura a Pontarlier, del Gottardo che è a USO metri e del Cenisio che è a 1300. Essendo minore l’ altezza la lunghezza del tunnel dovrà essere natu­ ralmente maggiore. Quello del Cenisio è di 12 chilo­ metri quello del Gottardo di 15, il Sempione neavrebbe 18. Ma la difficoltà di costruzione se pure può es servi, poiché i progressi della meccanica e l’abbon­ danza di forza idraulica, fornita costantemente dal Rodano da una parte e della Diveria dall’altra facili­ teranno moltissimo i lavori, sarà in ogni caso com­ pensata dalla molto maggiore facilità dell’esercizio. Al lato meridionale del tunnel il progetto di fer­ rovia percorrendo la valle dell’ Ossola si Inforche­ rebbe per congiungersi da una parte ad Arona sul lago Maggiore in direzione di Milano e dall’altra a Gozzano sul lago d’ Orta in direzione di Novara e di Genova.

Il governo italiano ha dichiarato offieialmente al consiglio federale svizzero di essere pronto a co­ struire la linea d’ accesso lino all’ imboccatura del tunnel sul suo territorio per il momento in cui il traforo sarebbe compiuto. 1 piani ed i lavori di tutta l’impresa eseguiti nel modo il più completo figurano adesso all’Esposizione nella seziono Svizzera; restano adesso da raccogliere i capitali ad essa necessari: il costo ne è previsto in 77 milioni, somma enorme, ma la Francia ne ha spesi essa sola 118 per la metà del Cenisio e per le linee d’accesso ed il Gottardo il cui costo era previsto in 186 milioni ha presentato in seguito una deiscenza di 102 che si è ridotta a 10 portando le pendenze fino al 28 0[o° e ridu­ cendo la linea ad un solo binario nella maggior parte de! suo percorso. Questi errori si sono però prodotti unicamente riguardo alle linee d'accesso e non potrebbero verificarsi pel Sempione ove la que­ stione delle linee d’accesso è risoluta. Inoltre grazie ai perfezionamenti meccanici realizzati la Società del Gottardo ha potuto ottenere l’appallo dei lavori per il traforo a ir. 3200 per ogni metro di galleria e nondimeno la Società del Sempione prende per base dei suoi calcoli l’antico prezzo di fr. 4000.

Se fra il nord ed il mezzogiorno di Europa non esistessero che due grandi vie di comunicazione, il Brennero ed il Moncenisio si potrebbe dubitare, che il Sempione fosse realmente di grande vantaggio per la Francia. Ma una volta aperta la comunica­ zione del Gottardo, questa linea mette in pericolo non soltanto gli interessi commerciali e tutto il mo­ vimento dei Cantoni della Svizzera francese ma anche ad un più alto grado, il transito ed il mo­ vimento dell’Inghilterra e del Belgio per la Francia settentrionale e centrale e tende a cambiare asso­ lutamente le condizioni del traffico fra i due terzi della Francia e l’Italia. Per evitare ciò bisogna che la Francia apra una via che in condizioni di pen­ denza e di esercizio migliori del Gottardo possa lottare con esso e venga ad aprirsi non sopra To­ rino, come si aprirebbe una via pel Monte Bianco, ma sopra Milano e sopra' l’arteria di Brindisi e dei Canale di Suez.

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i partiti all’Assemblea Nazionale una proposta per sovvenzionare con 48 milioni, repartiti in 12 annuita, l’intrapresa del Sempione e che su questa proposta, rinviata all’esame del ministro delle finanze pende ancora una decisione.

Alcuni oratori replicano al sig. Ceresole confes­ sando ch’essi non si rendono ben conto dei van­ taggi economici e politici derivanti alla Francia dalla apertura di una nuova via attraverso le Alpi. Ri­ sponde ad essi il sig. Pascal Duprat mostrando la necessità per la Francia di assicurarsi una parte del transito che il Gottardo tende ad assorbire a profitto della Germania e conferma che l’Assemblea nazionale si era mostrata sempre favorevolissima alla proposta di sovvenzione per questa intrapresa.

Dietro invito del presidente il sig. Simone Sterne dà interessanti ragguagli intorno alle fasi attraverso a cui è passato il movimento libero scambista agli Stati Uniti. I deputali degli Stati del Sud rappre­ sentavano nel congresso le idee libero scambiste, ina allorquando scoppiò la guerra di secessione il discredito che colpì il loro modo di pensare intorno al mantenimento della schiavitù ed alla dissoluzione dell’ Unione americana si propagò naturalmente contro tutte le loro opinioni e la loro politica fu tralvolta. Nei primi anni della guerra, i principi di libero scambio erano considerati come principi anti­ patriottici. Il sistema protettore s’impiantò con una base incrollabile perchè l’attenzione del paese non poteva ricondursi sopra le sue finanze ed il suo commercio in un momento in cui la sua esistenza stessa era in giuoco. In un paese come gli Stati- Uniti che non conosce riposo e che si appassiona vi­ vamente delle questioni pubbliche di legislazione e di amministrazione non si può ottenere che il pub­ blico si preoccupi soltanto di una questione alla volta e tutte le altre rimangano posposte e quelle di un carattere più urgente e di un interesse più vitale hanno necessariamente la precendenza. Dopo la guerra gli Stati del Nord non credettero opportuno di trat­ tare il Sud come paese conquistato e vollero mo­ strarsi pieni di generosità ; i neri furono non solo emancipati ma fu ad essi accordato anche il diritto al suffragio. 1 Carpet Baggers classe d’ intriganti politici venuta dal Nord, e chiamata popolarmente con quel nome che significa portatori di valigia perchè si suppone che in qualunque luogo essi ar­ rivino tutta la loro fortuna sia dentro la loro valigia, presero possesso degli Stati del Sud impadronendosi della moltitudine numerosissima e ignorante dei vo­ tanti di colore ed impiegandola a depredare la po­ polazione bianca. D’altronde sarebbe stato non meno pericoloso che i negri fossero rimasti sotto la di­ pendènza morale e il controllo dei loro antichi pro­ prietari, onde il governo non ha potuto prendere nessuna misura contro questo stato di cose e dalla soluzione di questa questione che divide il paese in partiti diversi dipenderà prima o poi la scelta stessa della presidenza. La questione non versa solo intorno ai diritti politici conferiti ai negri, ma spe­ cialmente intorno al problema se il potere federale debba essere impiegato, come lo è adesso, a con­ servare l’autorità politica nelle mani della classe inferiore congiunta con la classe spogliatrice che mette in pencolo la libertà della nazione.

Un’altra gravissima questione è sempre pendente. 1 carichi enormi che la guerra ha imposto al paese e il gran numero degli impieghi hanno dimostrato

chiaramente l’inconveniente di averli concessi come bottino di guerra ai partigiani del partito vittorioso senza nessuno esame del merito del postulante: e per la demoralizzazione che da ciò proveniva la riforma del servizio civile è divenuta una questione di capitale importanza. È quindi più grave ancora il problema della circolazione monetaria e delle fluttuazioni della valuta che tolgono ogni sicurezza alle previsioni del commercio e le esigenze del par­ tito che come mezzo di livellare le condizioni sociali chiede l'estensione indefinita della carta moneta. Tutti questi legati della guerra reclamavano la prima e più grave attenzione, onde la questione del libero scambio doveva rimanere in seconda linea.

Oltre di che un periodo apparente di prosperità si stendeva con non mai visto splendore su tutto il paese; le grandi costruzioni ferroviarie, il molti­ plicarsi di tutti i valori, lo aprirsi delle ricche mi­ niere davano una vernice di perfezione al sistema stabilito. Fu la reazione del 1873 che tolse l’inganno e le ferite del sistema protettore rimasero scoperte, j Adesso il partito democratico è entrato aperta­ mente nelle elezioni presidenziali spiegando la ban­ diera del libero scambio, e sebbene non abbia potuto impadronirsi del seggio la vittoria delle urne è ri­ masta incerta. L’educazione della nuova generazione è confidata a professori di economia che sono liberi scambisti. La questione della guerra e delle sue conseguenze essendosi dileguata ed il sistema di circolazione metallica venendo ripreso nel 1879 sorge viva la speranza che rinunziando ad una pro­ sperità menzognera il popolo intelligente riconosca che si arriva alla vera prosperità col mezzo della libertà commerciale.

Questa speranza non è divisa dal sig. F. Limet. Gli americani, egli dice, sono pochissimo familia­ rizzati con i principii economici. Vi è una reazione sensibile contro le tariffe proibitive specialmente negli Stati agricoli del Sud e dell’Ovest. Anco gli ; Stali industriali cominciano a soffrire della mancanza di sbocchi, f industria americana lavora adesso un milione e mezzo di balle di cotone e non le dispia­ cerebbe di vendere all’estero l’ eccedente dei suoi . prodotti. Il delegato del comitato parigino per la conclusione di un trattato franco-americano il sig. Chotteau è giunto in America in momento oppor­ tuno e questo trattato potrà forse esser concluso con l’abbassamento di alcune voci della tariffa. Ma questo è tutto ciò che può sperarsi, il partito pro­ tezionista essendo ancora potentissimo agli Stati-Uniti. Il sig. Chadwick tornando sull’ argomento della diffusione dell’ insegnamento dell’economia politica nell’istruzione elementare dice che per render ciò più facile bisogna amplificare il sistema di educa­ zione in modo da guadagnar del tempo e ciò può ottenersi sostituendo in molta parte alle ore di scuo­ la le ore d’insegnamento professionale. Questo si­ stema è stato provato che abbrevia molto il tempo finquì impiegato per far penetrare nella mente del fanciullo una certa somma d’ idee l’ indirizzo pro­ fessionale non fa che avvantaggiarsi mediante la coltura dello spirito e questa si fortifica con lo sviluppo armonico degli organi esterni. Anco il sig.

Passi/ appoggia queste vedute dell'ospite inglese.

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2o agosto 1878 L’ ECONOM ISTA 535 razionale e semplificata con l'aiuto della quale i fan­

ciulli possono imparare a leggere in IO giorni, men­ tre poi ne bastano altri 20 per convertire nella mente del fanciullo il sistema appreso all’ortografia usuale. Il signor Garnier ha potuto insieme col sig. Passy apprezzare da se stesso i resultati ottenuti/

RIVISTA BIBLIOGRAFICA

Saggi d Economia Politica, d e l d o t t o r Lu ig i Cossa,

-professore nella R. U n iv ersità di P a v ia — Mi­ lano, Hoepli 1878.

È un volumetto di circa 200 pagiue, edizione Hoepli, nel quale stanno raccolte, come dice l’Au­ tore, « dieci brevi memorie di economia politica », che noi chiameremmo invece dieci brevissime me­

morie di bibliografia economica. Non se n’abbia a

male l’illustre professore di Pavia; ma la scienza I economica, propriamente detta, c’entra assai poco nell’opuscolo ch’egli ci presenta, e che noi abbiamo letto con molta attenzione e con altrettanto pro­ fitto.

Nella prima memoria, a discorrere bibliografica­

mente delle teorie economiche dei Greci, il Cossa

occupa undici paginette, che ci sembrano anche troppo per l’argomento, malgrado i lavori diffusi del Glaser, del Moli), dell’IIildebrand, c malgrado le esagerazioni entusiastiche del Roscher per l’antichità della scienza economica. Noi stiamo col Ferrara, il quale dall’analisi di alcuni passi di Platone, di Se­ nofonte e di Aristotile, conclude avere gli antichi ignorata l’economia. Il Ferrara esponeva codesta sua opinione in un lavoro di gioventù; ma gli anni che corsero d’allora (1836), non mutarono per nulla, confermarono anzi l’opinione dello illustre scienziato, e furono anni spesi interamente nello studio e nella meditazione. Noi siamo tuttavia disposti a dare una maggiore importanza all’argomento, appena la storia dell’economia politica sia arricchita di una buona esposizione critica delle teorie economiche dei Greci, che ci aspettiamo, piu che da ogni altro, dal pro­ fessore Cossa, il quale, provvisto coni’ è dei necessari studi storici e filosofici, può facilmente riempiere questa per lui deplorevole lacuna.

Nella seconda monografia (questa davvero troppo breve per l’argomento che tratta) : delle teorie eco­

nomiche del medio evo, il Cossa è esatto, è erudito,

è diligentissimo bibliografo. Ci fece meraviglia però ch’egli non abbia tenuto conto di alcuni nomi, i quali non deggiono essere, senza biasimo, dimenti­ cati da chi ambisce farsi guida agli storici della scienza economica. Del Giogalli, per esempio, il Cossa non parla, e neppure fa menzione di quegli economisti che, in questi ultimi anni, credettero scoprire l’Alberto Errerà e il Vito Cusumano. Forse il Cossa ha trovato che codesti economisti non esi­ stevano che nella fantasia dei loro scuopritori; e noi, se così è, non esiteremmo un istante a credergli sulla parola. Ma un rimprovero non gli possiamo risparmiare; come mai cita egli con grandi parole d'elogio le monografie che il conte Cavalli va co­ municando da oltre dodici anni all’Istituto Veneto di Scienze? Egli lo chiama « modesto quanto in­ defesso raccoglitore di notizie interessanti. » Molto modesto, in verità, il signor Conte, ma assai poco in­

teressanti le notizie che raccoglie, specialmente per la scienza economica, alla quale sono affatto estranee od inutili. — Il Cossa mette fine alla sua seconda monografia chiedendo se può essere fondata la spe­ ranza di avere quando che sia sull’arduo tema delle

teorie economiche del medio ero un lavoro che me­

riti davvero il nome di storia. È assai dilficile che ciò avvenga, egli soggiunge: pazienza d’indagine — acume di critica — assenza d’ogni idea preconcetta sul merito degli scrittori presi in esame — dime­ stichezza sufficiente con opere d’argomento dispara­ tissimo — eroica rassegnazione nel vincere, la noia inseparabile dallo studio di autori diversi — eru­ dizione vasta, sicura, sobria —- senso storico per apprezzare le idee di altri tempi —• una cognizione sicura dello stato attuale della scienza, sono condi­ zioni indispensabili per poter intraprendere un lavoro, siffatto. E noi crediamo che il professore Cossa si trovi felicemente in tutte codeste eminentissime condizioni, meno due soltanto : la terza, cioè, e l’ultima.

Nella memoria sulla teoria del Ubero scambio nel

secolo A'.VII, il prof. Cossa non ci dice nulla, proprio

nulla che non sia conosciuto da chiunque abbia poco o molto studiato la genesi dei principii economici. Citando il Bandini, come il precursore, per l’ Italia, della libertà del commercio, egli dimentica che questa libertà si limitava ai confini dello Stato.L’arcidiacono senese vuole la libera estrazione dei prodotti agrari toscani, ma teme la concorrenza dei prodotti stra­ nieri. Per il Giogalli, invece, che scriveva quasi un secolo prima del Bandini, la libertà del commercio ch’ egli invocava non era ristretta dentro i limiti dello Stato, era la libertà di Cobden e di Bastiat, era la libertà del commercio internazionale, e ne giustificava economicamente il concetto, e ne dimostrava i van­ taggi prossimi e lontani:.... « Questa felicità al giorno « d’ hoggi è fuggita da noi, è passata agli Olandesi « et Inglesi, i quali con le loro navi circondando « tutta l'Affrica, passano nell’Asia medema, nelle « Indie Orientali, et levando tutti li frutti di quelle « parti, li conducono ne’ paesi loro; et di più, pas- « sando lo Stretto, hanno preso tarilo dominio anco « nel Mediterraneo che in tutti li porti del Levante, « dove praticano le navi venete, portano e levano « in tanta quantità merci, che in riguardo dell’ ap- « plicazioae al navegare, et di regola nelle spese, « hanno et haveranno sempre il primo luoco.... Temo « che tutti li decreti fa tti e da fa rsi in favore « delle navi venete, e contro le fo r ostiere che pra- « ticano questo porto, possano notabilmente nuocere « a quel trafico che si potrebbe mantenere in questa « città ne’ tempi correnti. Parerebbe adunque ottima « risolutione il ridurre le cose in stato che ancora « le navi forastiere potessero praticare questo porto « senza aggravio, concedendosi che con libertà ne- « gotii chi sa e chi può negotiare, dovendosi il bene « pubblico tanto gradire da sudditi quanto da fo ­

li rastieri, massime nel tempo presente che è facile

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« magazzeni, per provinone dei mercanti, e per con- i « samo di tante materie che sono bisognose nel- » racconciare et allestire le navi delle cose neees- « sarie a’ suoi viagi. E benché questi paiano solamente « guadagni di persone private, il tutto però final- « mente risulta in beneficio delli interessi universali « et del prencipe, perche quanto più guadagnano « li operarli e li suditi, tanto più largamente possono « spendere in tutte quelle cose le quali rendono « grossi datii in cassa publica. Se si darà animo « e facilità alle navi forestiere di praticar questo « porto, ne seguirà che porteranno quantità di mer­ ci cantie, et queste per conseguenza abasseranno di

« prezzo, cosa mollo a proposito se si riflette alla

« miseria nella quale è redotta la maggior parte « della gente bassa, aggiungendovisi ancora molti « disastri che a tutti gli altri gradi di persone indi « ne provengono.... Non altrimenti noi vediamo che « non la sola indispositione del capo o de’ membri « più nobili disordina et sconcerta la sanità del « corpo tutto, ma etiandio dal male de’ membri « p iù vili et abietti ne segue aflitlione universale

« di tutta la persona.... » Sarebbe troppo lungo il

riportare tutti i preziosissimi brani di questa scrittura; è tuttavia evidente che il libero scambio consigliato I da Sallustio Bandini, nel 1737, al Governo della Toscana è ben poca cosa a petto di quello che Si- mone Giogalli consigliava alla Repubblica di Venezia nel 1670.

¡I discorso del Bandini è, non v’ha dubbio, una delle produzioni intellettuali che più facciano onore all’ Italia. Il quadro del deplorabile stato della ma­ remma senese rivela il bel cuore dell’ autore, sem­ pre eguale in tutto il corso della sua vita. Lo stile del Bandini ha un incanto particolare, che nasce principalmente dalla chiarezza delle sue idee e dalla semplicità con la quale le esprime. Il suo merito scientifico è molto, se si tien conto dell' epoca in cui scrisse. È sorprendente la precisione colla quale parla dell’ ullicio delia moneta, delle cause influenti sulle ondulazioni dei prezzi, dei motivi che provano il bisogno della libera esportazione dei grani. Ma il prof. Cossa dovrebbe saperlo : 1’ opinione che il Ban­ dini abbia professato principii simili a quelli elio più tardi furono divulgati dai lisiocrati, non è esatta: I o perchè le massime del Bandini non sono presentate che come applicabili alle speciali circostanze della maremma ; e vi è gran distanza da questo pensiero all’ ampia veduta dei discepoli di Quesnay, che ne fecero una teoria sociale nel più vasto significato ; 2° perchè uno dei capi di somiglianza, il progeito dell' imposta unica, rende il Baiidini piuttosto un imitatore di Vauban, che un precursore di Quesnay; 3° perchè l’ altro capo, la teoria del prodotto netto, è una idea annunciata in Bandini quasi per inci­ denza, espressa, è vero, assai chiaramente, ma non presentata sotto 1’ aspetto d’ un principio fondamen­ tale, come divenne in mano di Quesnay.

E parlando dei così detti precursori dell’economia politica in Italia, il signor Cossa mostra di quasi trascurare 1’ epoca, lo stato della scienza e il valore degli autori di cui c’ intrattiene. « La maggior parte, egli scrive, degli economisti italiani, specialmente quei di Napoli e di Sicilia, pur riconoscendo i me­ riti del Bandini, seppe spingere più addietro le in­ dagini, e convenne nel riconoscere le origini del- j l’ economia nel Breve trattato ecc. del cosentino I Antonio Serra. » Ma quali sono codesti economisti

che convennero col giudizio del prof. Cossa ? « I Napoletani, egli dice, e i Siciliani specialmente vi­ dero nel Serra il fondatore dell’ economia politica in Italia. » E Francesco Ferrara, onore e vanto della scienza, non è forse siciliano ; e non fu lui che con più calore di tutti i critici relegò il Serra a quel modestissimo posto, dal quale nessuno siuora dei moderni scrittori ebbe il coraggio nè la velleità di strapparlo? E molto tempo prima che il libro di Serra fosse disseppellito dal Galiani, non giacque interamente e lungamente dimenticato? Galianr-iie lece uno smodato elogio, che il Bianchini d1 poi esagirò. Ma il prof. Cossa sa in qual conto si debba tenere Ludovico Bianchini, il più infelice razzolatore storico che si conosca. Pecchio fece del libro di 1 Serra un cattivo riassunto, dimostrando di non averlo letto che per metà. Villeneuve copiò letteralmente le riflessioni del Pecchio. Blanqui si limitò a dichiarare il Breve trattato « interessante a studiarsi come I’ espressione delle opinioni economiche dell’epoca. » Mancava chi avesse il coraggio di giurare sulla sup­ posta parola altrui in favore degli eccelsi meriti del ! Serra, e il prof. Cossa ebbe questo coraggio, dei quale non ci congratuliamo seco lui. Non v’ha nel libro dal Serra un solo pensiero che non si trovi negli .scrittori del secolo antecedente, e in molti punti egli ne resta inferiore. Dovunque metta del suo, si mostra debolissimo, e qualche volta oscuris­ simo ragionatore. E nella forma, e nella materia, ha lutti i difetti del tempo suo. Non è grandemente erudito, come non potrebb’ esserlo chi scrive dal : fondo di un carcere ; ma nessuna delle sofisticherie I scolastiche gli manca e nessuno degli errori econo­ mici allora in voga. Finché dunque lo si voglia considerare come un valente scrittore di quell’epoca, e studiarlo, come dice Blanqui, quale compendio delle conoscenze fino allora acquistate dalla scienza, nulla di più giusto ; ma quando si voglia magnificare il suo merito, poco più che ordinario, come hanno fallo il Galiani, il Bianchini, ed ora il Cossa, noi troviamo ragionevoli le meraviglie che ne ha levate il Mac Culloch, e non ci pare che sia un rendere gran servigio all’ Italia il fondare sopra basi così poco solide la sua gloria.

Passando oltralpe, il Cossa ci fa sapere che Jules Duval trovò in Montchretien de Vateville un pre­ sunto fondatore dell’economia politica in Francia. Il Cossa, dotto com’ è in materia bibliografica, avrebbe potuto soggiungere che Jules Duval non fece poi una scoperta che a lui appartenga esclu­ sivamente, dappoiché prima eli’ egli rinvenisse il trattato di Montchretien, se ne leggeva un largo sunto in una così detta scienza del governo di Reai del secolo passato (La scienza del governo, opera

di morale, di diritto, di politica ecc. dì Gaspare

Beai de Curban, Aquisgrana — Parigi, 1751-64 in-4, 8 volumi.) È un errore, riconosciuto già da tutti ormai, lo attribuire a Montchretien il merito di avere fondata la scienza economica. Non c’è al­ cun bisogno che gl’inglesi, i quali vanno supèrbi di Petty/ di Locke, di North, protestino contro le esagerazioni appassionate del Duval. La singolarità di Montchretien è la espressione Economia Politica, di cui fece uso. E del resto, il vocabolo di econo­

mia solamente non farebbe meraviglia: rimonta ai

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oltre-25 agosto 1878 L’ E C O N O M IS T A 557 che erano note le antiche Economiche attribuite a |

Senofonte e ad Aristotele. Comunque sia, per più di un secolo, dell’espressione economia politica non si trovava più la menoma traccia, neppure in Mon­ tesquieu. Rivisse nel Dizionario filosofico di Voi- ] taire, e nell’articolo Économìe politique della E n­

ciclopedia scritto da Rousseau : in entrambi però j

preso in un significato ben lontano ancora da quello j che poscia ebbe come una scienza particolare. Della qual scienza Montchretien, con buona pace del Duval e del Cossa, è molto profano. Spirito svegliato, ope­ roso, irrequieto, discolo fino ad essere stato tenuto per falsario, dopo mille curiose avventure, morì assassinato, e il suo cadavere, come quello d’uu ugonotto, fu bruciato, e le sue ceneri furono di­ sperse al vento. Negli ultimi anni della sua vita pubblicò il suo Trattato di Economia Politica, essendosi prima fatto conoscere come poeta tragico e come letterato. Questo trattato restò poco noto per lungo tempo, divenne poi assai raro. Duval ne fece, rinvenendolo, un gran chiasso, e il Cossa parla dell’opinione di Duval come di un’opinione ormai ammessa ed appena discutibile nel mondo degli eco­ nomisti. Gi sorprende codesta ingenua buona fede. R Serra, in Italia, e il Montchretien, in Francia, hanno per lui un valore inestimabile. Gli è così che riusciamo a comprendere con quali criteri e con quanto fondamento egli profonda i grani del suo migliore incenso a certi scrittori contemporanei, che avrebbero agli occhi nostri assai poco pregio, se il pregio loro ci fosse unicamente attestato dalle as­ serzioni, per quanto solenni, dell'illustre professore di Pavia.

Nella quarta Memoria, in cui si discorre delle prime

cattedre di economia politica in Italia, il Cossa e

inappuntabile per esattezza e per diligenza. Ma non è sempre imparziale, nè sa mostrarsi spoglio di pre- giudizii di sistema e di antipatie di scuola nel sen­ tenzieggiare sopra i lavori dei poveri morti. Oltre la tomba non vive ira nemica; ma intanto I’ Adeodato Ressi è trattato a dirittura ingiustamente, peggio che non abbia fatto il famigerato Ludovico Bianchini nel suo libro scritto, come Dio, vuole affastellando in fretta ed in furia nomi di economisti e di agricoltori e giudizii e pareri altrui. Il lavoro del Ressi (Eco­

nomia della specie umana) è carico di diletti, è

negletto nella forma, è disordinato e prolisso, se si vuole ; ma v’ è dentro un tesoro prezioso di sana filosofia, e vi sono indovinati egregiamente alcuni principe, ormai inconcussi, di scienza economica, che costituiscono il titolo maggiore di benemerenza al quale possano pretendere il Rae, il Carey, il Ferrara.

Se v’ ha un difetto nella Memoria del prof. Cossa, ci sembra di scorgerlo nella estrema brevità colla . quale egli ci fa la storia delle prime cattedre. A proposito di quella di Palermo, ci permetta il signor Cossa di correggere i dati da lui non troppo accu- j ratamente raccolti. E, poiché ci cade in acconcio, prendiamo a discorrere dell’ Università di Palermo, come esempio dimostrativo del come avremo desi­ derato e ci saremmo aspettati di veder approfondito l’argomento da chi si assunse di trattarlo ex p ro ­

fesso nel seno di un corpo scientifico, qual è l'Isti­

tuto Lombardo. L'insegnamento superiore, in Sicilia, era affidato ai Gesuiti, e lo fu sino al 1767, epoca in cui, abolita la corporazione, si creava, e si no­ minava alla direzione delle scuole, una Giunta ge­

suitica e di educazione. Ma il dispaccio I o agosto 1778,

ordinò che il mandato della Giunta passasse ad una

Deputazione, dipendente dal solo vice—re, ed avente

incarico di riordinare i programmi d’insegnamento, la disciplina scolastica, il numero delle cattedre, lo ammontare degli stipendi, ecc. Questa Deputazione, composta dei signori : principe di Trabia, principe di Torremuzza, duca di MisiImeri, monsignore Ventimi- glia, monsignore Airoldi, presentò, il 18 marzo 1779, un piano, che fu approvato con dispaccio del 1° maggio dello stesso anno. Mentre il piano aboliva le cattedre di diritto civile, delle pandette, di diritto feudale, di

storia civile e di antichità, di statistica, e di diplo mazia, lasciando solo, per la facoltà giuridica, le catte­

dre di diritto naturale e -pubblico, delle istituzioni e del diritto canonico, creava la cattedra di economia,

agricoltura e commercio. L’insegnamento dell eco­ nomia cavile( come lu allora chiamata, del com­ mercio, e dell’ agricoltura, fu affidato al Sergio, di­

rettore e fondatore della prima gazzetta settimanile, che vide la luce in Palermo nel 1764, e la quale ebbe quattro anni di vita, occupandosi peculiarmente di politica e di belle lettere. 11 Sergio lasciò inoltre un Piano del Codice diplomatico del commercio di Sicilia, che, sotto certi riguardi, deve considerarsi

di molto valore. Il principe di Trabia propose un giorno che si staccasse lo insegnamento dell’ agri­ coltura da quello dell’economia; e, per dispaccio sovrano del 5 giugno 1787, a codesta cattedra spe­ ciale di agricoltura fu chiamato un giovinetto di 22 anni, che' fu di poi il celebre Paolo Balsamo, il quale, sprovveduto allora di cognizioni abbastanza solide e numeroso, si trovò nella necessità di stu­ diare la materia che avrebbe dovuto insegnare. Per ciò si mosse dall’isola, e non vi ritornò che quattro anni più tardi, dopo avere avuto a maestri lo Zite- chini in Italia, il Broussonet in Francia, l’ Arturo Yung in Inghilterra. Nel 1791 il Balsamo cominciò le sue lezioni di agricoltura ; ma quando quello stesso Ferdinando di Borbone, che aveva abolita, in Sicilia, nel 1767, la Compagnia di Gesù, ve la ri­ chiamò, restituendole la direzione delle scuole su­ periori — le quali presero in tale occasione il ti­ tolo di Universitas studio-rum (1805) — Balsamo dimandò ed ottenne (1806) che la cattedra di Eco­

nomia e commercio e quella di agricoltura lessero

nuovamente riunite. La cattedra prese allora il ti­ tolo di Economia rurale e commercio. Quando il Balsamo rinunciò allo insegnamento, nel 1813 la

Deputazione, con rappresentanza del 13 febbraio,

propose la separazione delle due cattedre, le quali furono un’altra volta ancora disgiunte per regio bi­

glietto dell’l l aprile dello stesso anno. Alla cattedra

di economia civile e commercio fu allora nominato per concorso (28 aprile 181.4) il dott. Ignazio Sau- tilippo; ed a quella di agricoltura fu chiamato (22 luglio 1815) il dott. Gaspare Russo.

La quinta monografia parla di Pietro Verri in

Olanda. Il titolo è seducente: somiglia agli avvisi

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e i tant’altri neerlandesi grandi e piccoli, che noi, j poveri ignorantoni, dichiariamo senz'altro di non co­ noscere, e — peggio ancora — di non voler mai ! conoscere.

La prima-monografia della parte II (Saggi Critici) \ porta per titolo: « Lettera al prof. Emilio Nazzani | sul sunto di E. P. » Di questo scritto è meglio j non parlare, perchè dovremmo anzitutto occuparci delle dottrine che appartengono allo stesso profes- j sore Nazzani, il che non entra precisamente nel- i argomento che <*/ interessa. E poi, converrebbe I uscire dal campo della scienza economica. Si tratta di ben altro: Nell’opuscolo di Pietro Accordi di Mantova, clic discorre sulle « Idiosincrasie », a pag. 28 troviamo quanto segue : « Quello stato di « tensione della mente, onde veggonsi cose reali in « un mondo chimerico, quelle passioni o sentimenti « che fanno deviare il retto senso della realtà e « della verità, vanno, a mio avviso, contemplati « nelle idiosincrasie morali, siccome quelli che ver- « sondo sopra inclinazioni od avversioni, hanno i « requisiti necessari d’ogni idiosincrasia. Anche * quelle morali attrazioni e ripulsioni note per cie-

« che od eccessive simpatie od antipatie, sono vere j « idiosincrasie, le quali tutte o sono ereditarie, o « sono congenite, o sono aquisite. » Qui l’Accordi, preso il punto di partenza, procede a dimostrare che « se si badi a questi sentimenti, forza è lo in- ferirne essere connaturale in noi la tendenza alla ingiustizia... » Noi lasciamo l’Accordi, e ci limi­ tiamo a dire che — salvo tutto il merito dovuto agli scritti del prof. Nazzani — la lettera aperta a lui diretta dal Cossa, e resa pubblica così solenne- j mente, altro non è che una idiosincrasia, non sap­ piamo se congenita od aquisita, ma per certo tra le più degne di essere osservate e studiate dalla fisio­ logia moderna e, punta il caso, anche da S. E. il Ministro della istruzione pubblica... Noi, del resto, ci congratuliamo coll’egregio prof. Nazzani, al quale la idiosincrasia del prof. Cossa farà schiudere quelle porte dell Università di Pisa, che lo stesso sig. Cossa avrebbe voluto che gli fossero state aperte, dall’ex ministro Coppino, a due battonti.

*1.saggio 2° (della 2a parte) è intitolato; « L’Eco­

nomia dei Popoli e degli Stati di Fedele Lamper-

tieo. » E di questo scritto non parliamo, perchè:

A d d e p a ru m parvo, parvo superadde p u sillu m , Tempore sic parvo magnurn cum ulabis acervum .

Gli ultimi tre saggi trattano, l’uno: della nozione

del capitale; l’altro: dei limiti della produzione ; e

il terzo s’intitola: prime linee d’una teoria delle

imprese industriali. Attendendo le ultime linee —

che saranno senza alcun dubbio, molto più vantag- j giose per il nome dell’autore e per coloro a cui sono destinate — ci asteniamo, anche per questi 3 capitoli, di tar parola; e ciò con un altro perchè :

A m b u let u t cancer n c te , h a u d effeceris unquam .

Statistik der osterrescliisch-ungarischen Monarchie von

F . Schm it und GL A. Schirmer (S tatistica della mo­ n arch ia A ustro-U ngarica) — V ienna, Gerold.

Il pensiero dell’editore di questo libro si è quello di fornire agli scolari delle classi superiori dei licei austriaci una guida nello studio della storia patria

Con tutta I’ ampiezza e la profondità die spiega l’edi­ tore, egli non riesce pero a nascondere che nel campo della Statistica nella monarchia, e special- monte in Ungheria, le cose non stanno come si po­ trebbe desiderare. Si vede che il dualismo è di grande impaccio ed è palese che l’ influenza unga­ rica agisce in modo opprimente sulle condizioni in­ terne dell’ Austria e se si continua di questo passo il centro di gravità della monarchia si trasporterà dall’ occidente e dal Sud, verso I’ oriente

Ueber die Kriegsgefangenschaft (Sulla prigionia di guer­

ra) Studio di O tto E ichelm ann. Dorpat, C. M at- tiesen.

«La sola base sicura delle relazioni fra i popoli è il diritto internazionale » dice I’ autore, e partendo da questa sua massima tratta la quistione dei pri­ gionieri di guerra. Prima parla sul concetto giuridico della guerra e sulla natura giuridica della guerra secondo il diritto delle gènti,' poi trattando della si­ tuazione dei^ prigionieri di guerra fa delle proposte per porre d’ accordo la prigionia di guerra colle idee del diritto moderno.

Der radikale deutsche Socialismus und die cristliche Gesellschaft von Kudolph T odt. W ittenberg, E. Her-

rosé (il socialismo radicale tedesco e la società cristiana.

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