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Titolo di Giuseppe Cimaglia

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Academic year: 2022

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Giuseppe Cimaglia*

L’attuale sistema valutativo in ambito assicurativo sociale trova la sua base normativa nel Testo Unico n. 1124 del 30.6.1965 il quale, a differenza delle normative di altri settori previdenziali, si contraddistingue per una perdurante fissità delle sue disposizioni. Non sono mancati taluni interventi innovativi, anche incisivi, del legislatore nel periodo più che trentennale di vigenza del T.U., ma essi sono stati tutt’altro che frequenti. Tra le più importanti innovazioni ricorderemo il C.P.R. n. 482 del 9.6.1975 con il quale vennero approvate le nuove tabelle delle malattie professionali nell’industria e nell’agricoltura e la Legge n. 780 del 27.12.1975 concernente la silicosi e l’asbestosi. A fronte della inerzia dimostrata dal legislatore, diversi sono stati gli interventi della Corte Costituzionale. Si ricordano le sentenze 179 e 206 del 1980 sulla più estesa tutela delle tecnopatie con apertura al cosiddetto “sistema misto”, e le sentenze 87, 356 e 405, tutte del 1991, sulla rilevanza del danno biologico agli effetti della assicurazione contro gli infortuni sul lavoro.

La disciplina in esame risulta pertanto sensibilmente alterata, per effetto di queste e di altre sentenze della Corte Costituzionale con la conseguenza che le originarie disposizioni del T.U. vanno necessariamente lette insieme con le cennate pronunce. Diversi sono stati i tentativi di proposta di altri disegni di legge (n. 1819/87, n. 1293/90, n. 810/92, n. 1270/95, n. 1480/95, n. 3200/95) per una prospettiva di riformulazione del T.U. per adeguarlo alla verificatasi evoluzione giurisprudenziale, ma nessuno di questi ha avuto buon fine.

Ma torniamo a ciò che più direttamente ci riguarda: il sistema valutativo. Nei diversi disegni di legge viene considerato anche il compito di razionalizzare i criteri di valutazione dell’inabilità permanente alla luce delle note sentenze del 1991. Come è noto la definizione di inabilità permanete contenuta nell’art. 74 del T.U., come perdita o riduzione della “attitudine al lavoro” senza alcun riferimento alle occupazioni lavorative specifiche o quanto meno attitudinali del soggetto, ha portato la costante giurisprudenza di legittimità ad intendere l’inabilità permanente come sinonimo di

“capacità lavorativa generica”, ossia come incapacità a svolgere un qualsiasi lavoro manuale medio.

Ai fini della valutazione del grado percentuale d’inabilità delle singole menomazioni, sono allegate al testo unico le Tabelle 1 e 2 per i due settori dell’industria e dell’agricoltura. In relazione al concetto di capacità lavorativa generica, notevolmente contestato dalla dottrina medico legale e ritenuto giustificabile agli albori della legislazione infortunistica, si avverte attualmente la necessità di un adeguamento alle esigenze più elevate delle singole attività e la necessità della inclusione del danno biologico, ai fini di una maggiore corrispondenza tra prestazione e danno. La sentenza 87/91 della Corte Costituzionale ha affermato la risarcibilità anche della menomazione della integrità psicofisica subita dal lavoratore nello svolgimento ed a causa delle sue mansioni, rilevando che l’attuale esclusione dell’intervento pubblico “... per la riparazione del danno alla salute patito dal lavoratore in conseguenza di eventi connessi alla propria attività lavorativa non può dirsi in sintonia con la garanzia della salute come collettività (art. 32 Cost.) e, ad un tempo, con la tutela privilegiata che la Corte Costituzionale riconosce al lavoro come valore fondante della nostra forma di Stato (artt. 1, 4, 35 e 38 Cost.), nel quadro dei più generali principi di solidarietà (art. 2 Cost.) e di eguaglianza, anche sostanziale (art. 3 Cost.) ...”.

Si tratta, come ben si può vedere, di un invito al legislatore di adeguare la tutela del danno da lavoro a tutti gli aspetti della personalità umana, indipendentemente dalle specifiche e dirette ripercussioni sulla attitudine al lavoro in senso stretto: un invito che assume un connotato quasi

* Primario di Medicina Legale, INPS, Roma

Collana Medico Giuridica ADDITO SALIS GRANO

ed. Acomep, 1998

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ultimativo, se è vero che la consulta non ha mancato di ricordare che la prolungata inerzia del legislatore potrebbe indurre ad una declaratoria di illegittimità costituzionale.

Alla luce di quanto fin qui considerato, l’INAIL ha istituito una commissione per l’elaborazione di un progetto delega per la revisione del T.U. e due commissioni per lo studio del danno biologico di origine professionale. La commissione del T.U. ha elaborato uno schema di disegno di legge che, fra le altre cose, all’art. 1 prevede “ ... una definizione della nozione degli eventi assicurati che tenga conto, in caso di infortunio sul lavoro o di malattia professionale, anche del danno biologico, evitando duplicazioni di indennizzo ...” e “ ... la razionalizzazione dei criteri di valutazione medico legale del danno e dei corrispondenti trattamenti tenendo conto della gravità delle lesioni ...”.

La prima commissione di studio sul danno biologico, partendo dalla considerazione che storicamente la inabilità propria del T.U. ha avuto una comprensività tale da includere anche quella componente che nel tempo si è enucleata come danno biologico, nel suo elaborato tecnico propone:

• la ridefinizione del rischio garantito nei seguenti termini: “menomazione della integrità psicofisica della salute in quanto attitudine a compiere qualsiasi attività realizzatrice della persona umana e pertanto comprensiva anche, ove sussista, del pregiudizio all’attitudine al lavoro”;

• una valutazione del danno biologico di origine professionale che andrebbe esperita sulla base di una tabella del danno biologico unica nei confronti di qualsiasi attività professionale;

• alla valutazione del danno biologico, unica per le due gestioni industria ed agricoltura, andrebbe affiancata quella relativa alla riduzione della attitudine al lavoro ovviamente inferiore, per ciascuna menomazione, a quella attualmente prevista dal T.U. n. 1124 del 1965 in quanto scorporata della percentuale relativa al danno biologico;

• è stato prospettato inoltre di abolire la franchigia per il danno biologico e prevederne una liquidazione in capitale secondo parametri areddituali, uniformi e convenzionali, da determinare;

• la valutazione autonoma andrebbe fatta solo per quelle fattispecie di danno biologico che per la loro qualità od entità sono, allo stato attuale, estranee alla tutela (danno fisionomico, capacità sessuale e/o riproduttiva, danni inferiori al minimo indennizzabile).

La seconda commissione di studio sul danno biologico si è articolata in due sottogruppi: l’uno incaricato dei problemi più strettamente giuridici e delle proposte relative; l’altro sottogruppo si è occupato della definizione delle problematiche medico legali e della redazione di una nuova tabella sostitutiva o quanto meno integrativa di quelle contenute nel T.U. del 1965. I relativi lavori si stanno ancora svolgendo e, verosimilmente, nell’arco di qualche settimana, si concluderanno con la presentazione di un documento ufficiale.

Collana Medico Giuridica ADDITO SALIS GRANO

ed. Acomep, 1998

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