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17) Violazione dell’art. 606 lett.e) c.p.p. –travisamento- questione eteroplasmia (non è l’unica ipotesi, Casari evidenzia che ove si tratti di sperma il MT DNA è molto scarso, involge il tema della natura della traccia);

Entrambi i motivi che precedono fanno riferimento al mancato rinvenimento del Mt DNA di Ignoto 1/Bossetti nelle tracce miste in cui è stato identificato il DNA nucleare di Bossetti del DNA mitocondriale dello stesso. 15

La struttura

All’interno del citoplasma cellulare sono presenti i mitocondri le cosiddette centrali energetiche della cellula. Ciascun mitocondrio costituisce una entità autonoma e contiene più molecole, fino a un centinaio, di proprio esclusivo materiale genetico. I mitocondri sono presenti sia nelle cellule animali che in quelle vegetali in quantità variabile, da varie centinaia a un migliaio. Poiché i mitocondri hanno il ruolo di centrali energetiche cellulari in genere i tessuti metabolicamente attivi sono quelli che ne contengono il maggior numero. In media i mitocondri occupano circa il 30 % del volume citoplasmatico. Il Mt DNA è molto più semplice e più corto di quello contenuto nel nucleo, è costituito soltanto da 16.569 paia di basi a formare una doppia elica circolare, contenente pochi geni.

Ai fini identificativi si studia una zona detta D-loop, comprendente le regioni ipervariabili HV1 e HV2 , soggette ad ampia variabilità nella popolazione e al cui interno sono presenti molti polimorfismi di sequenza. ( S.Anderson Sequence and organitation of the human mithocondrial genome.) Una caratteristica del MT mitocondriale è quella di essere ereditato per via materna, perchè

15Si rinvia al paragrafo 6.5 f. 273 e ss della sentenza AA

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gli spermatozoi non contengono praticamente mitocondri. Questo particolare meccanismo di trasmissione viene molto utilizzato per studi di tipo filogenetico, perché mentre all’eredità nucleare hanno contribuito più soggetti, la linea di discendenza mitocondriale è dovuta ad una sola antenata che ha trasmesso il proprio mt DNA praticamente inalterato. A differenza di quanto avviene per il DNA nucleare è possibile che in una stessa persona coesistano diverse popolazioni di DNA mitocondriale, evidenza descritta in campioni di sangue e nelle formazioni pilifere. (GG Paneto e W Parson). Ciò è stato constatato dallo stesso GILL che ha curato gli accertamenti per l’identificazione dei Romanoff sulla base del metodo sviluppato per l’estrazione del DNA mitocondriale.

Il DNA mitocondriale possiede caratteristiche proprie rispetto al nucleare quanto a modalità di trasmissione e profili di variabilità. A differenza del DNA nucleare possiede un livello di capacità informativa di gran lunga ridotto dal momento che si trasmette in via matrilineare.

Nella 2° generazione e in quelle successive, solo i discendenti per linea materna infatti condividono lo stesso DNA mitocondriale. Normalmente è associato allo studio delle popolazioni e le maggiori applicazioni degli studi sul mt DNA si registrano in medicina e negli studi sulla evoluzione delle popolazioni. Il mt DNA può esprimere compatibilità tra un campione e un sospetto non già per l’effettiva provenienza di quel campione da quell’individuo, ma perché il donatore è un soggetto imparentato lungo la linea materna oppure il profilo del Mt DNA è ampiamente diffuso nel campione di popolazione di riferimento, così da essere presente anche in persone non correlate nelle generazioni più recenti. Si ricorre in ambito forense all’analisi del MT DNA in casi particolarmente difficili quando le tecniche analitiche sul genoma autosomico non hanno fornito risultato per DNA nucleare (casi in cui non sia disponibile il DNA nucleare dell’individuo o si tratta di tracce molto esigue). Oltre ai rischi molto elevati di contaminazione, altri problemi sono collegati alla metodica di sequenziamento, e anche nei casi di non esclusione è necessario dare evidenza statistica al risultato ovvero poter verificare quanti altri soggetti nella popolazione di riferimento posseggano le medesime caratteristiche nucleotidiche del rilevamento, cosa che richiede estesi sequenziamenti moticondriali relativi a centinaia di migliaia di individui di tutte le etnie. Dato il gran numero di mitocondri in una cellula, si può presentare il caso in cui una popolazione di mitocondri abbia una sequenza differente.

Tale condizione, in cui si ha la presenza di basi differenti in una medesima posizione è conosciuta come eteroplasmia. La possibilità di eteroplasmia, ovvero della presenza in un individuo di due o più genomi mitocondriali, è una delle maggiori cause della complessità del DNA mitocondriale che comporta che a volte in tessuti diversi e in uno stesso tessuto possano aversi MT DNA diversi. Si può avere eteroplasmia di sequenza ( due segnali sovrapposti ad un unico nucleotide) oppure eteroplasmia di lunghezza ( variazione della lunghezza del numero dei nucleotidi. I discendenti possono ereditare una proporzione variabile delle due popolazioni e nel corso del tempo una popolazione può fissarsi a scapito di un'altra, ripristinando una condizione di omoplasmia.

Il primo caso di eteroplasmia osservato in Scienze forensi riguardava proprio l'analisi dei resti dei Romanov (Gill et al., 1994).

In caso di sovrapposizione di mt DNA di due soggetti diversi aventi sequenze di DNA diverse è difficile, se non impossibile distinguere i singoli contributori della mistura. Come si è visto in tema di DNA nucleare quando il match si realizza tra indagato e traccia occorre chiedersi quanti altri soggetti sul pianeta hanno il medesimo profilo genetico compatibile con quello dell’indagato, la risposta è fornita dalla statistica che consente di quantificare il dato così da renderlo comprensibile e qualificabile

Valutazione statistica dei confronti con DNA mitocondriale

Per definizione il DNA mitocondriale non può essere usato per identificare una persona rispetto ad un parente in linea materna (parenti in linea materna hanno sequenze uguali). E’ invece possibile stabilire la probabilità che due sequenze uguali indichino un effettivo rapporto di

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parentela, piuttosto che un match casuale. Per questo è necessario riferirsi a database di sequenze mitocondriali da diversi individui di una popolazione ( Metodo usato da Gill et al. (Nature Genetics, 1994 6, 130-135). Il grado di certezza per l’assegnazione di una sequenza ad una famiglia si esprime come rapporto tra le probabilità di due ipotesi alternative: probabilità che il campione appartenga alla famiglia rispetto alle probabilità che il campione non appartenga alla famiglia. Un limite alle stime statistiche è dato dal fatto che i dati di popolazione sul polimorfismo mitocondriale sono ancora scarsi. E’ quindi probabile che le stime della frequenza basate sulla frequenza osservata siano poco accurate. Per queste ragioni si preferisce non presentare un valore di probabilità nei casi riguardanti il DNA mitocondriale.

Questo ad esempio è l’orientamento dell’FBI:“Currently, the FBI Laboratory does not provide frequency estimates of mtDNA types in laboratory reports because of the restrictions mentioned previously involving the database size. The FBI states only the number of occurrences of a mtDNA sequence in the current database. To date, the number of mtDNA sequences present in the general population is unknown because not all sequences have yet been observed”.(http://www.fbi.gov/hq/lab/fsc/backissu/july1999/dnatext.htm)

La corte AA ha evidenziato le ragioni a base degli accertamenti sul DNA mt disposte nel corso delle indagini sottolineando che le indagini tecniche sul DNA mitocondriale non sono state disposte perché si era in possesso di un dato genetico (nucleare) incerto, ma perché, essendo stato accertato in modo evidente un DNA nucleare (attribuito a Ignoto 1), non corrispondente ad alcun altro DNA rinvenibile nella copiosa banca dati del RIS, e quindi non compatibile con alcun altro profilo generico, si procedeva alla ricerca della linea materna o di qualche altra notizia utile ai fini identificativi, pur sapendo che sulla traccia mista il DNA mitocondriale non può essere attendibile a tale scopo.

Il col. Lago ha precisato che ogni cellula ha un unico nucleo, dentro cui vi è il DNA nucleare, nato dalla combinazione tra il DNA paterno e quello materno, e che contiene l'informazione generica sull'individuo specifica, e come tale identificativa, e numerosi mitocondri, deputati alla produzione di energia e il cui numero, vista la funzione, varia da tessuto a tessuto e anche all'interno di parti diverse di un singolo tessuto.

Tutti i consulenti che si sono dedicati allo studio del DNA mitocondriale della traccia estratta dal reperto 31, hanno concordemente affermato che tale tipo di DNA, diversamente da quello nucleare, individuando non il singolo individuo, ma l'intera linea matrilineare, ha una limitata capacità identificativa, il che spiega perché in ambito forense si ricorra alla ricerca i tale tipo di DNA solo quando non sia possibile estrapolare il DNA nucleare, a causa del livello di degradazione o per le intrinseche caratteristiche del reperto (capello o pelo privo di bulbo, unico a contenere il DNA mitocondriale, reperti ossei combusti in cui, essendo i mitocondri molto più numerosi del nucleo, non rinvenendo DNA nucleare, si prova a cercare quello mitocondriale). Avendo a disposizione il DNA nucleare, la ricerca a fini identificativi del DNA mitocondriale è inutile. Il col. Lago con riferimento agli accertamenti sul DNA mitocondriale, finalizzati a specificare i caratteri fenotipici di Ignoto 1, ( si ricordi che Lago accertava che Ignoto l, con percentuale di probabilità pari al 94,5%, aveva gli occhi chiari, proprio come Bossetti), ha specificato che nel campione 31-G20 è stata rinvenuta una componente differenziale minoritaria precisando che questa è una componente non una persona, escludendo che tale componente fosse riferibile ad una persona. Ha specificato, altresì, che l'approfondimento del DNA mitocondriale su traccia mista complessa è rarissimo ( tanto che nel mondo è stata effettuata pochissime volte), ricordando gli studi scientifici al riguardo (Montesino), ha, quindi, concluso che" il fatto di aspettarsi che una certa mistura studiata con il DNA nucleare si possa o si debba ritrovare pari pari studiando il DNA mitocondriale, è una presunzione che non trova verifica nei fatti.

La corte sottolinea come il caso in esame sia del tutto peculiare perché il profilo genetico nucleare non aveva portato a identificare la vera identità di Ignoto 1. Ciò perché Ignoto 1 era risultato essere figlio naturale di un uomo deceduto nel 99.

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Il limitato utilizzo in ambito forense spiega, d'altro canto, perché, diversamente da quanto accade per il DNA nucleare, non vi siano in commercio kit per l'estrapolazione di questo tipo di DNA e, dal punto di vista delle analisi forensi, l'impegno degli scienziati nell'elaborazione di kit sempre più sofisticati si sia concentrato sul DNA nucleare; spiega, inoltre, perché all'interno del laboratorio RIS non si effettuino ricerche sul mitocondriale.

La corte ha analizzato le affermazioni dei vari consulenti delle parti, rilevando come la difesa abbia più volte richiamato quanto scritto ed affermato dal prof. Casari al quale era stato dato l'incarico di effettuare il sequenziamento dell'intero genoma di Ignoto 1 tramite NGS volto a verificare se i poliformismi potessero dare delle indicazioni in merito all'identificazione di Ignoto 1 sulla scorta di studi ancora sperimentali di un genetista olandese. Va al riguardo evidenziato che il Prof. Casari, proprio perché le sue indagini sul mtDNA erano finalizzate a studiare la propensione allo sviluppo di malattie genetiche, aveva sempre avuto, in precedenza, come punto di riferimento il campione relativo ad un singolo individuo e non ad una traccia mista, come quella in esame.

Casari Giorgio Nevio, docente di Genetica clinica all'Ospedale San Raffaele, esperto di malattie mitocondriali (non è un genetista-forense), ha confermato che "su un 3% di una traccia umana, per di più mista… la traccia di Ignoto 1 più la traccia di Yara ( DNA mitocondriale di Yara) diventava praticamente impossibile proseguire su questa linea”.

Con riferimento all’affermazione di Casari, valorizzata dalla difesa, secondo cui sulla traccia mista il risultato del MT DNA esce ed è affidabilissimo, va chiarito che il consulente non parla in alcun modo di dato identificativo. Il dott. Casari non ha mai affermato che, una volta accertato il DNA nucleare, occorra ricercare il DNA mitocondriale ( anzi, risulta aver eletto esattamente il contrario).

Il prof. Giardina, ha dichiarato che nei campioni analizzati (31-Gl 9) per la ricerca della madre c'è una sola componente mitocondriale di Yara, mentre nel campione 31-G20 viene rilevata una componente mitocondriale maggioritaria di Yara, uguale a quella del 31-G19 e una componente minoritaria precisando che il DNA mitocondriale in profili misti non può essere analizzato e che tale traccia minoritaria doveva essere definita non utilizzabile per comparazione potendosi trattare di artefatti, di un segnale sporco o “che comunque non mi consente di vedere un unico segnale".

Il prof. Previderè ( unitamente alla dr.ssa Grignani), nella relazione integrativa in data 28.l.2015 e nelle dichiarazioni dibattimentali, dopo aver ricordato che l'analisi del DNA mitocondriale in genetica forense viene utilizzata in casi particolari per identificare reperti biologici molto degradati o per individuare una linea di trasmissione materna (non è, infatti, in grado di identificare il singolo soggetto), ha specificato che tale esame ( mtDNA) costituisce un accertamento particolarmente complesso, in special modo se si tratta di analizzare tracce biologiche commiste, ovverossia determinate dal contributo di più soggetti. E’, infatti, testimoniato dalla letteratura di merito (Crespillo Forensic Science International 157-167; Montesino M. Forensic Science Internationalc 42-56, 2007) che l'analisi del DNA mitocondriale di tracce miste possa restituire risultati apparentemente in contraddizione rispetto alla tipizzazione dei marcatori autosomici nucleari. E ciò è legato alla possibilità che il numero di mitocondri per cellula possa variare non solo fra individui, ma anche tra tessuti biologici del medesimo individuo, alla possibilità che differenti donatori contribuiscano ad originare tracce miste con un differente numero di mitocondri, alla possibile differenza dei liquidi biologici utilizzati per originare la traccia. In particolare, ha ricordato che Montesino ha concluso:

"che le particolari caratteristiche di ogni traccia mista possono influenzare profondamente l'interpretazione dei risultati del DNA mitocondriale in tracce miste, portando in qualche caso a false esclusioni".

Il prof. Previderè ha, quindi, sottolineato, con riferimento alle tracce 31-Gl9 e 31-G20, analizzate per il DNA mitocondriale nella consulenza del col. Lago, che il profilo genetico autosomico è senza ombra di dubbio riconducibile all'indagato Bossetti, ma il suo DNA mitocondriale non è evidenziabile, è, per contro, presente il DNA mitocondriale di Yara in proporzione maggioritaria.

Poco si sa circa la composizione di tali tracce, in special modo alla precisa natura delle medesime se non che è stata stabilita la natura ematica e che è una traccia mista. Il contributo mitocondriale dell'indagato può non essere, quindi visibile ed essere stato nascosto dal contributo della vittima.

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Previderè ha ribadito chiaramente che l'identificazione si compie caratterizzando i marcatori autosomici del DNA nucleare e non il DNA mitocondriale. In relazione ai marcatori del DNA nucleare, nessun dubbio sussiste circa la riconducibilità a Bossetti del profilo genetico attribuito a Ignoto 1.

La stessa prof.ssa Gino, consulente della difesa, ha affermato con chiarezza che " quando una traccia è mista il discorso sul DNA mitocondriale è molto arduo. Per un motivo molto semplice perché già di per sé il DNA di una persona può presentare delle sequenze differenti. Quella che abbiamo chiamato eteroplasmia. E quindi a quel punto lì di fronte ad una traccia mista tu non sai se, in realtà stai, ma potrebbe essere lo stesso soggetto che ha lasciato sia lo sperma sia il sangue, perché comunque ciascuno nelle nostre cellule può avere questa differenza di sequenza. Non solo all’interno della stessa cellula ci possono essere DNA mitocondriali diversi. Negli stessi tessuti del nostro corpo dove l’eteroplasmia si manifesta maggiormente. E quindi diventa molto difficile a quel punto dire se quella traccia è una traccia mista o se in realtà è una eteroplasima,,, quindi il DNA mitocondriale sulle tracce miste è assolutamente sconsigliato.”

Emblematico risulta il lavoro presentato dalla Ct della difesa, Gino, al XXVI CONVEGNO NAZIONALE GENETISTI FORENSI ITALIANI - GeFI Rimini, 8-10 giugno 2016, pubblicato sul sito dell’università di Torino (il luogo dove i docenti danno conto delle loro pubblicazioni) nel 2016 con il titolo: DNA mitocondriale, analisi di misture, avente ad oggetto lo studio del comportamento del mtDNA nelle misture comprendenti sangue, saliva, liquido seminale e cute (tessuto sino ad oggi poco indagato in questo tipo di contesto). Si afferma nella scheda sintetica: “Nonostante i metodi analitici di nuova generazione consentano una simultanea amplificazione di un numero elevato di marcatori, il potere discriminante da essi raggiunto non è talvolta sufficiente a permettere l’elaborazione di quadri complessi, quali campioni costituiti da DNA genomico particolarmente degradato. Si rende dunque necessario in tali casi ricorrere allo studio di polimorfismi del DNA mitocondriale (mtDNA). È noto quanto l’ammontare di mitocondri possa differire tra individuo e individuo e possa inoltre variare nei diversi tessuti del medesimo organismo. All’interno del normale processo analitico non è prevista però, a differenza di ciò che succede per il DNA genomico, una qualche forma di quantificazione del mtDNA: l’assenza di informazioni quantitative può condurre a fallaci interpretazioni. 16

Quanto all'altro consulente della DIFESA, dr. Capra, alla domanda se c'è una spiegazione del fatto che è stato trovato il DNA nucleare di Bossetti e non anche il DNA mitocondriale del medesimo (nel senso che non è stato possibile accertarlo, non già che si debba escludere che vi sia ... ), ha risposto in modo sorprendente che non è in grado di fornire una opinione, perché non ha avuto a disposizione i "dati tecnici' (senza specificare quali sarebbero questi dati tecnici). Lo stesso consulente della difesa, che, come ha ricordato il PM in sede di controesame non ha alcuna esperienza in accertamenti sul DNA mitocondriale, dopo aver convenuto sul fatto che il DNA mitocondriale si eredita per via matrilineare, ha citato un solo caso in cui aveva sollecitato l'esame del DNA mitocondriale, per dimostrare come nella prassi forense fosse utile tale ricerca. Ma ciò non significa affatto che tale ricerca sarebbe indispensabile, quando vi sia DNA nucleare. Infatti, lo stesso Capra ha poi ammesso che in quel caso da lui citato era stato verificato il DNA mitocondriale perché l'esplorazione di quello nucleare aveva dato esito negativo. A fronte dell'intervento del Presidente che ha mostrato di aver compreso come il DNA mitocondriale si estrapolasse frequentemente, il consulente Capra ha poi precisato che (in realtà) egli intendeva soltanto sottolineare che tale ricerca non fosse sperimentale.

16Sono stati dapprima individuati due soggetti di sesso maschile, caratterizzati ciascuno da due diverse mutazioni nella sequenza della regione HV1 e HV2 del DNA mitocondriale. Isolato e quantificato il DNA dai singoli tessuti (sangue, saliva, liquido seminale e cute), sono state allestite misture di estratti contenenti rapporti noti di DNA nucleare. Dette misture sono state sottoposte allo studio di polimorfismi STR autosomici.

Parallelamente le medesime misture sono state sottoposte ad amplificazione di entrambe le regioni ipervariabili del DNA mitocondriale e ad una successiva analisi puntuale delle quattro varianti individuate nei donatori attraverso tecnica di minisequencing. Dopo corsa elettroforetica, sono stati analizzati i relativi elettroferogrammi al fine di valutare il mantenimento delle proporzioni definite a monte: per le misture costituite da sangue, saliva e liquido seminale dette proporzioni sono conservate; viceversa, nelle misture contenenti DNA estratto dalla cute, qualunque sia l’altro tessuto/fluido coinvolto, le proporzioni iniziali risultano sovvertite per il DNA mitocondriale.

57 Le Linee Guida

Le stesse linee guida Ge.Fi, richiamate dalla difesa, ricordano che lo studio di aplotipi del mtDNA trova applicazione solamente in tracce contenenti DNA nucleare altamente degradato o costituite da cellule anucleate (ad es. peli telogen o privi di bulbo). Sottolineano il rischio particolarmente elevato di contaminazione nell’analisi del mtDNA. Evidenziano la mancanza di kit commerciali a supporto del processo di laboratorio, l’elevato rischio di contaminazione e di generare artefatti di sequenziamento quali fattori che influiscono sulla qualità dell’analisi di mtDNA in forense. Inoltre la mancanza di sistemi d’automazione nei processi che intercorrono tra la produzione del dato di laboratorio e la stesura del report analitico rappresentano un aspetto critico dell’analisi di mtDNA.

Avvertono, inoltre, del rischio di ottenere aplotipi chimerici, generati dal mescolamento involontario di segmenti di mtDNA proveniente da diversi individui (“ricombinazione artificiale”), e raccomandano a tal fine di utilizzare protocolli che prevedono preliminarmente l’amplificazione dell’intera regione di controllo (CR) in un unico amplicone o la co-amplificazione di corti frammenti sovrapposti che consentono il sequenziamento dell’intera CR anche in presenza di DNA molto degradato [8].

Alla luce di queste indicazioni, la corte ha ritenuto che il mancato rilevamento del DNA mitocondriale

Alla luce di queste indicazioni, la corte ha ritenuto che il mancato rilevamento del DNA mitocondriale