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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.10 (1883) n.476, 17 giugno

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L'ECONOMISTA

G A Z Z E T T A S E T T I M A N A L E

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI P R IV A T I

Anno X - Voi. XIV

Domenici 17 Giugno 1883

N. 176

IL PROBLEMA FERROVIARIO

Tatti sono concordi sa questo punto in fatto di esercizio ferroviario nel nostro paese : così non si può andare avanti. Ed è vero, poiché la confusione derivante da questo stato d’ incertezza è peggioro della peggiore fra le soluzioni immaginabili. Nel­ l’Alta Italia l’esercizio provvisorio governativo ha fatto le prove che il pubblico conosce e che non potevano essere men liete, sebbene per amore di ve­ rità tutta la colpa non sia del Governo, ma anche delle condizioni in cui trovò quella rete poco prov­ vidamente e molto caramente riscattata. Le Romane pure sono già riscattate. Le Meridionali vivono an­ cora, ma al 3 0 giugno scade la proroga pel ri­ scatto secondo i termini stabiliti dalla Commissione del 2 8 aprile 1 8 8 1 , approvato con legge del 2 3 lu­ glio dello stesso anno. Consentiranno esse alla proroga chiesta dal Governo? E se non consetirauno? Ecco l’ignoto.

Stando così le cose, un po’ di storia non farà male, e ci troveremo forse il bandolo per venire ad una conclusione. I nostri lettori si ricorderanno come l’ultimo Ministero di Destra capitanato dal - l’on. Minghetti presentasse una serie di disegni di legge, i quali dimostravano chiaramente la influenza esercitata nelle sfere governative dalle dottrine del socialismo di Stato, che dalla Germania comincia­ vano a penetrare in Italia. La proposta di riscat­ tare e di esercitare tutte le grandi reti veniva a coronare un intero sistema di autoritarismo.

Gli amici delle idee liberali si commossero di­ nanzi a questo fatto e si dolsefo che fosse proprio un economista meritamente illustre che, abbando­ nata la vecchia bandiera della libertà economica, ardisse far quello che mai si era osato di fare nella stessa Francia, il paese forse più accentrato di E u rop a; quello che neppure lo stesso Bismark aveva avuto il coraggio di condurre a fine. A nulla valsero i consigli amichevoli di uomini competen­ tissimi e di parte della stampa seria. Allora a F i­ renze centro di questa Toscana, dove le nuove dot­ trine d’oltralpe non attecchivano, una società di combattimento formatasi già allo scopo di difendere le dottrine liberali e intitolata da Adamo Smith, esaminò ampiamente l’argomento, e alla discussione presero parte, oltre al suo presidente on. Peruzzi, uomini autorevoli appartenenti al ‘ Parlamento, alle maggiori amministrazioni, all’ insegnamento della scienza economica. E fra gli oratori più applauditi vi fu anche l’ attuale ministro dei Lavori Pubblici. L ’assemblea udì con attenzione e con deferenza i

partigiani dell’esercizio governativo, fra i quali par­ ticolarmente l’on. Boselli, ma si chiari apertamente fautrice dell’esercizio privato. E non mancò chi si dichiarò contrario al riscatto, oltreché per altre ra­ gioni, anco per questa che esso avrebbe condotto all’esercizio provvisorio governativo, il quale si sa­ rebbe mutato poi in definitivo. E veramente siamo andati sulle undici oncie, e lo Stato esercita tuttora le ferrovie dell’Alta Italia, ha in mano le Romane, e abbiamo corso il rischio che prendesse il resto.

Non vogliamo esagerare la importanza della So­ cietà Adamo Smith uguagliandola alla lega di Cob- den per l’abolizione del dazio sui cereali ; certo è però, che la sua propaganda giovò ad illuminare la pubblica opinione e contribuì a formare nella Ca­ mera una maggioranza contraria al progetto Min- ghetti. E se questi cadde in apparenza per le vo­ tazioni del seggio presidenziale, cadde in sostanza per avere abbandonato la bandiera dell’esercizio pri­ vato.

La Sinistra raccolse quella bandiera e salì con essa al potere. Ma bene spesso avviene che muti il maestro di cappella e la musica resti sempre la stessa, e la Sinistra in fatto di proposte autoritarie non ebbe nulla a invidiare alla Destra. Solo l’on. De- pretis, a cui si rimprovera la mutabilità che è forse più nei mezzi che nel fine, prese la cosa sul serio e nel 1.S77 presentò quelle convenzioni nelle quali si stabiliva già la divisione longitudinale e si stipulavano patti concreti. Lo convenzioni Depretis caddero eviden­ temente per più ordini di ragioni che non anderemo a rivangare. Intanto mentre si era tanto discusso e si era così solennemente proclamato il principio del­ l’esercizio privato, si trovò che c’era bisogno di stu­ diare ancore. Studiare è senza dubbio una gran bella cosa, ma è alquanto fuori di luogo il prolungare troppo gli studi preparatorii, non andando mai avanti e spendendo il tempo a ripetere quel che si sa. Tant’è, dal momento che si sentiva o si diceva di sentire quel bisogno, il rimedio era facile — una commis­ sione d’ inchiesta. E i commissarii andarono pelle­ grinando di città in città, e giustizia vuole che si dica che compirono la loro opera con intelligenza, con zelo, e con così scrupolosa imparzialità da indurre parecchi di loro, già favorevoli all’esercizio di Stato, a ricredersi dopo aver toccato con mano i fatti. Il lavoro durò molto più del tempo stabilito, ma la Commissione unanime si pronunziò favorevole a l - I’ esercizio privato, e le sue conclusioni vennero esposte nella relazione Brioschi-Genala.

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commissione d’inchiesta perchè si venisse una buona volta alla sistemazione delle nostre linee. Pare che ci fosse ancora bisogno di studiare. E alla fine dopo tanti indugi venne fuori la-proposta niente concreta dell’on. Baccarini, nella quale molti videro, forse a torto, tutt’altro che l’ intenzione di ottemperare ai ripetuti voti della pubblica opinione, del Parlamento, | e a quelli della Commissione d’inchiesta, e che (sia j detto senza nessuna allusione maligna all' on. B a c - cariui di cui apprezziamo troppo l’ingegno e la dot- | trina, ma piuttosto per ciò che tocca a questo d i­ sgraziato problema mai risoluto) ci richiamò alla mente quell’ epigramma del G argallo:

S ettan t’ anni Zeron meditò, Compilò, compilò, compilò, U n’ epistola alfin scaricò, F u stam pata, fischiata e crepò.

Oggi nutriamo fiducia che 1’ on. Genala il quale

J

è stato cosi strenuo difensore dell’esercizio privato j porrà mano ferma e sicura alla soluzione del pro­ blema ferroviario. Certamente le difficoltà sono gravi. Come abbiamo accennato in principio, la Società delle Meridionali deve pronunziarsi sulla nuova pro­ roga chiesta dal Governo. Se essa si accorderà, il Governo sarà in caso di preparare nell’intervallo la soluzione desiderata, e noi vogliamo sperare che ciò avvenga. Ma se la Società non approva la proroga ì In , tal caso il Governo, malgrado tutte le dichiarazioni dell’ onorevole Maglioni, non potrebbe forse essere obbligato a riscattarle, per potere procedere libero da ogni impegno alla finale sistemazione? E intanto si troverebbe sulle braccia tutte le ferrovie, e 1 on. Ce­ nala dovrebbe per forza accettare l'esercizio gover­ nativo provvisorio. Il fatto non sarebbe lieto. Pure anco in tal caso, che ci auguriamo non si verifichi, fidando per ciò nella temperanza, nel patriottismo e, date le attuali circostanze, nell’ abnegazione della benemerita società sopravvissuta incolume in mezzo a tante rovine, siamo convinti che l’or. Ministero dei lavori pubblici a cui non fanno difetto nè l’ ingegno nè il carattere saprebbe in breve, superato ogni osta­ colo , provvedere definitivamente all’ assetto delle linee e alla concessione loro all’esercizio privato.

m u m n

e

tutela

degli

apprendizzi

Molte povere famiglie per far imparare un’ arte manuale ai giovinetti, sogliono allogarli presso qual­ che artiere alle condizioni che il capo di famiglia stabilisce d’accordo con quest’ultimo.

Di regola al giovane apprendista il padrone non dà che un po’ di cibo, qualche volta provvede an­ che il vestito od il ricovero ; non è se non quando il fanciullo è più innanzi negli anni e quando ha di già una qualche perizia nell’ arte che dovrà col tempo esercitare, che il padrone comincia a retri­ buirlo con un qualche meschino salario.

Vi hanno genitori poveri ma affettuosi per la loro prole, (e sono convien riconoscerlo il maggior nu­

mero) i quali, anche dopo aver collocato i loro figli presso un artiere, non cessano per questo di vigi­ larlo e di seguirne il buon indirizzo. Ma pur troppo hannovi anche famiglie noncuranti, le quali, quando sieno riuscite a togliere una bocca all’ordinario loro

consumo, non si prendono più altro pensiero di ciò che può avvenire dei loro figli, e quindi non si cu­ rano del modo con cui sono trattati, dei progressi che fanno nella loro arte e della istruzione ed edu­

cazione che ricevono. ,

Ugualmente vi hanno capi artieri che vigilano paternamente sugli apprendizzi, che curano di tu ­ telarli da ogni causa di corruzione morale, e ne fa­ voriscono l’ istruzione religiosa morale ed intellet­ tuale. Ma ve ne hauno pure altri i quali sfruttano troppo e troppo presto le forze dell’ apprendizzo, non si curano della sua istruzione, e lasciandolo a contatto con persone di età adulta e talvolta di mo­ ralità dubbia, lo pongono sulla via della corruzione della colpa e del delitto.

Non è raro vedere per le vie della città fan- ciulletli incaricali dàl loro padrone di tra-portare ferri legni, mobili, oggetti di qualsivoglia natura, troppo pesanti per le loro deboli forze. Nè questi infelici sono essi solo le vittime ; chè il pubblico è spesso grandemente molestato da costoro, trovan­ dosi i frequentatori delle vie, esposti a serii peri­ coli, pel fatto di questi troppo giovani facchini.

Vi hanno inoltre padroni, che per vari anni man­ tengono l’apprendizzo ad esercitare operazioni af­ fatto accessorie all’arte, o lo adoperano più che al­ tro al loro personale servizio. Vi hanno operai che, senza riguardo alcuno al fanciullo che li ascolta, usano un turpiloquio, espongono infami propositi e gittano germi fatali in quelle giovani menti. Di scuola non si parla affatto ed il fanciullo vieti su come un selvaggio, per quanto egli possa essere nato e viva in mezzo ad una città colla e civile.

Questa classe anche nei centri urbani più civili è fomite di barbarie, e causa prima di fatti che danno luogo a meraviglia da parte dei buoni cit­ tadini. Ora è un’atto di inumanità clamoroso com ­ piuto fi danno di vecchi, o di storpi, od anco di domestici animali ; ora è un guasto apportato ad un monumento pubblico ; ora sono vere battaglie a sas- saté, a bastonate indette per le vie cittadine ; è poi sempre il contingente di ogni perturbazione, di ogni agglomerazione, fornito da questa classe che, tra­ scurata e non tutelata come si dovrebbe, vien su rozza, riottosa, ineducata, pericolosa, formando vivo contrasto col progresso della moderna educazione, colla luce della nostra civiltà.

Quante volte i buoni cittadini presenziando fatti riprovevoli di questi gavroches non esclamarono: « a che giovano dunque gli asili ? a che le scuole? Si spende un monte di quattrini per dirazzare le plebi, ed ecco quali fatti accadono ! »

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17 giugno 1883

L ’ E C O N O M I S T A

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schools, nelle quali, coll’aUrattiva del cibo gratuita

meute largito e del dono di qualche vestimento, si radunano i ragazzi cenciosi che pullulano nelle vie della città. Si hanno colà, come si hanno in Fran ­ cia, le commissioni vigilatrici sui tirocinii, che non lasciano campo al padrone di abusare dell'appren- dizzo, sia assoggettandolo a lavoro troppo grave e prolungalo, sia percuotendolo, sia impedendogli di instruirsi. Il sistema del mezzo tempo (h alf-tim e- system), per cui l’apprendizzo deve per metà del giorno essere mandato alla scuola, è in Inghilterra severamente applicato.

Presso di noi, nazione sino adesso poco pratica, si è bensì fatta la legge sull’ istruzione obbligato­ ria (1 5 luglio 1 8 7 7 ), si è compiuto il rispettivo re­ golamento (1 9 ottobre 1 8 7 7 ), ma per quanto ri­ guarda le indagini circa il modo" con cui tali di­ sposizioni sono applicate, lo zelo dei provveditori e degli ispettori non si esplica abbastanza energica­ mente ed i Consigli scolastici, probabilmente, non si sono mai occupati deH’argomento sul quale crediamo utile richiamare in modo speciale la loro attenzione.

La tutela degli apprendizzi e la vigilanza sul modo col quale sono istruiti ed educati, sono fatti di grande rilevanza, è un dovere, che vorremmo vedere maggiormente compreso ed adempiuto dalle autorità comunali e scolastiche. Tutte le trascuranze che si avranno a questo proposito, tutte le econo­ mie che si supporrà di aver fatto delle spese oc­ correnti per soddisfare questo urgente bisogno, sa­ ranno indubbiamente sopportate più tardi in pro­ porzioni mollo maggiori per mantenere la pubblica sicurezza, per effettuare arresti, condanne e deten­ zioni, fatti tutti che danno luogo a dispendi enormi e pur troppo sino ad ora assolutamente spropor­ zionati ai meschini risultati ottenuti.

Prof. Ia c o p o Vi r g i l i o.

I bilanci ielle principali Camere ii Commercio

Abbiamo promesso di esaminare con qualche cura i bilanci delle Camere di Commercio. — Per dare uu poco d’ordine a questa importante materia, co­ minciamo dall’osservare i bilanci delle Camere prin­ cipali ; — diciamo principali rispetto all' entità del bilancio, non senza notare subito che questo ele­ mento non dà regola sufficente per determinare la maggiore o minore influenza di una istituzione ; noi lo prendiamo per un momento come argomento de­ terminante essendo difficile, per non dire impossi­ bile, seguire altra via.

Premessa questa avvertenza le Camere di cui qui studieremo brevemente il bilancio sarebbero dodici: quella di Bari, Firenze, Foggia, Genova, Livorno, Messina, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Venezia, il bilancio delle quali sorpassa le 3 0 mila lire in via normale. Tenendo conto del consuntivo 1880 queste dodici Camere si ordinerebbero ri­ spetto alle spese del loro bilancio nel seguente modo: Roma L. 2 0 9 mila, lire Torino 129 mila, Genova 117 mila, Bari 1 1 6 mila, Messina, 9 8 mila, Na­ poli 9 4 mila, Venezia 7 6 mila, Firenze 71 mila, Palermo 5 8 mila, Foggia 5 4 mila, Livorno 5 3 mila, Milano 51 mila. Se invece prendiamo la media dei consuntivi negli anni 1 8 7 8 - 8 0 abbiamo l’ordine un poco diverso: Roma 3 4 8 , Torino 1 40, Genova 138,

Messina 118, Bari 112, Napoli 101, Venezia 9 6 , Firen­ ze 7 5 , Livorno 73, Milano 61, Foggia 6 0 , Palerm o55. Vediamo ora come si dividano le entrate, di que­ ste dodici Camere in base all’ ultimo consuntivo pubblicato, quello del 1880.

I residui attivi, cioè le somme che queste dodici Camere dovevano risquotere negli esercizi prece­ denti, salirono a L . 7 7 ,5 5 0 , cioè circa il 3 9 per cento sul totale dei residui attivi di tutte le 73 C a­ mere di Commercio. Delle dodici che noi osserviamo, tre non hanno questa rubrica nel consuntivo che esaminiamo, e sono : Foggia, Messina e Torino. La somma anzidetta quindi si divide sopra nove Ca­ mere però in proporzioni molto differenti, infatti Napoli sola aveva un residuo attivo di oltre 4 4 mila lire, cioè il 57 per cento del totale, e poi si passa subito a Palermo, con quasi 1 0 mila lire, cioè il settimo, e Milano con 7 mila lire di residui, cioè il decimo. Le altre Camere hanno cifre che non arri­ vano a 5 mila lire.

In quanto alle rendite patrimoniali, una sola delle dodici Camere ne è priva, quella di Foggia, le al­ tre hanno complessivamente quasi 119 mila lire di rendite derivanti dal patrimonio sopra 1 8 4 mila che rappresentano la cifra per tutte le 73 Camere in tale articolo del bilancio. Quindi le undici Camere dispongono già del 6 4 per cento di tutto il con­ plesso delle rendite patrimoniali, la più ricca delle Camere sotto questo rapporto è la Camera di Torino che raggiunge le L . 31 mila quasi uu terzo di tutte le sue entrate (quando si escluda il danaro in Cassa), poi Messina 16 mila lire oltre un quinto delle entrate; Firenze pure con 1 6 mila, cioè olire un quinto essa pure delle sue entrate, Livorno con quasi 14 mila lire, cioè le stesse proporzioni di Fi­ renze e Messina, poi viene Venezia con L. 13 mila cioè il 0 ,1 7 per cento delle sue entrate ; finalmente Bari con L. 12 mila cioè un decimo del totale delle entrate. L ’altre cinque Camere hanno una rendita patrimoniale che non giunge a diecimila lire ; Ge­ nova ha appena L . 2 5 0 e Palermo L. 1 8 5 . Biso­ gna però notare che queste cifre non offrono sem­ pre un criterio sufficiente per trarne alcuna con­ clusione. Talvolta le Camere hanno accumulato del capitale per intraprendere una qualunque spesa, ed infrattanto lo investono in titoli o lo collocano a frutto; è chiaro che in questi casi non si tratta di una rendita patrimoniale ordinaria ma straordina­ ria, e non sarebbe male che i bilanci fossero redatti in modo da rendere apprezzabile questa distinzione. Passiamo ora a vedere le entrate fornite dalle tasse e diritti che dal bilancio sono divise in sei capitoli ; delle dodici Camere che formano ora soggetto del no­ stro studio, nessuna ha riscosso alcun diritto sulle vendite all’incanto, gli altri cinque capitoli cosi si di­ vidono :

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Questo quadro ci offre la possibilità di una serie di considerazioni. Prima di tutto se mettiamo le dodici Camere in ordine relativo alla entità di que­ ste entrate, le quali costituiscono il vero peso sui con­ tribuenti, salvo quelle per la condizionatura della seta della quale parleremo poi, abbiamo : Bari, To­ rino, Messina, Roma, Genova, Venezia, Firenze, Foggia, Milano, Palermo, e Napoli ; il quale ordine, come si vede, è molto diverso da quello precedente. Meno Venezia, tutte le altre undici Cam ere trag­ gono entrate dai d iritti sugli atti, alcune pero, come Foggia, in misura da non poterne tener conto. La entrata più generale è la tassa negli esercizi, adottata da sei C am ere; due sole, Roma e Torino, hanno la sovraimposta sui redditi di ricchezza mo­

lile-, quattro, Bari, Foggia, Genova, Messina, im­

pongono sulle polizze di carico, e pure quattro ri­ cavano diritti per la condizionatura della seta.

In questo uliimo cespite però della condizionatura della seta, bisogna notare che piutlostoche rappre­ sentare una imposta, nella maggior parte dei casi rappresenta un servigio diretto che viene pagato dagli utenti.

Mettiamo infatti a confronto le entrate e le spese per questo articolo e troviamo:

entrate spose differenza

delle entrate

Firenze 2 4 ,0 2 1 1 2 ,0 M + 1 2 , 0 0 0

Genova 4 , 3 0 6 2 , 1 0 0 7 9 4

Messina 6 8 4 2 , 9 0 0 2 , 2 1 6

Torino 1 8 , 0 2 5 2 4 , 8 0 8 6 , 7 8 3

Non ci sappiamo spiegare il fatto che questo ser­ vizio divenga tanto profìcuo per Firenze e sia in­ vece di perdita per le altre Camere, tanto più che tra queste ultime troviamo la Camera dì Torino la quale ha, in tale arlicolo, un bilancio cospicuo.

Ciò premesso vorremmo ora fare un confronto tra questo totale di imposte prelevate dalle Camere di Commercio ed il numero delle persone ad esse direttamente legate. In mancanza di altri elementi prendiamo il rapporto tra il numero degli elettori e le esazioni di ciascuna Camera ed abbiamo il se­ guente prospetto :

Esazioni Elettori Ogni elettore 33ari... L . 103,408 N. 3,869 L. 26,73 Firenze .. » 41,898 » 5,344 » 7,85 Foggia . . . » SO,588 » 2.153 * 23,49 Genova... » 60,387 » 6,698 » 9,01 Livorno .. » 38,192 » X, 368 » 27,84 Messina... » 64, 731 » 1,023 » 63,96 M ilano... . » 44,503 » 6,488 » 6,86 Napoli... » 33,3ìò » 3,668 » 9,08 Palermo .. » 24, 065 » 1,515 » 15,88 Roma... » 64, 368 » 4,407 » 14,59 Torino. ... » 73,310 » 9,953 » 7,36 V en ez ia ... » 58,138 » 2,284 » 25,45 Totale L. 656,906 N. 48, 770

Passiamo adunque da un aggravio massimo di L . 6 8 ,9 0 per ogni elettore datoci da Messina al minimo di L. 7 ,3 6 datoci da Torino. È evidente però che la entità del rapporto apparisce variabile piuttosto per causa della differenza nel numero degli elettori, poiché, se si eccettua la Camera di Commercio di Bari la quale ha una molto forte somma di esazioni, (e vedremo in seguito che ciò dipende specialmente da spese straordinarie iuquan- tochè nel 1 8 7 8 le esazioni si limitarono a 7 0 mila

lire, e nel 1879 a 7 7 mila), le altre undici Camere si mantengono entro limili abbastanza vicini : il massimo ci sarebbe dato da Torino con 73 mila lire, ed il minimo da Palermo con 24 m ila; la differenza adunque, è di 4 9 mila lire, cioè il 6 7 per cento, mentre la quota di ogni elettore sta tra il massimo di L . 6 3 ,9 6 , ed il minimo di 7 ,3 6 , cioè oltre l’8 8 per cento di differenza.

Passando agli altri capitoli di entrata, troviamo quello dei prestiti ed anticipazioni. Nel 1 8 8 0 due sole Camere ricorsero al credito, cioè Firenze per L . 1 2 ,3 0 0 e Livorno per L . 3 0 0 0 .

Vengono poi due capitoli sui quali i bilanci nulla dicono e nulla dice anche la relazione che li pre­ cede, vogliamo dire il capitolo dello entrate diverse e quello delle entrate straordinarie. Nella somma di tutte le 7 3 Camere, il primo rappresenta la cifra ili 0 0 mila lire, il secondo 7 0 .mila ; ma delle d o­ dici Camere che qui esaminiamo, sei sole hanno

entrate diverse e sono Firenze, Genova, Livorno,

Palermo, Roma, Torino per un totale di L. 3 7 ,3 3 9 delle quali L . 3 0 ,0 1 7 la sola Camera di Genova. Quale è la natura di queste entrate ? Nulla, dice­ vamo, ci feriscono le statistiche ufficiali, il che non è certamente lodevole, ma dal bilancio consun­ tivo 1 8 8 2 della Camera di Genova rileviamo che, per questa Camera almeno le entrate diverse c o r - rispondouo a quelle derivanti dal deposito franco e

magazzino. Meno ancora possiamo dire sulla natura

delle entrate straordinarie che risultano in otto delle dodici Camere mancando in quelle di Bari, Firenze, Foggia e Roma. Nel totale delle otto Camere som­ mano a L . 2 6 ,3 1 9 di cui 1 4 ,3 6 3 per là sola Ca­ mera di Genova.

Queste osservazioni che abbiamo fatto sui bilanci di entrata delle dodici principali Camere ci dimo­ strano intanto la omogeneità, entro certi limiti, della loro costituzione. In altro articolo vedremo di ana­ lizzare le spese.

1/ INDUSTRIA DEL CASEIFICIO

I N I T A 1 . 1 V

Dalla relazione del sig. Prof. Carlo Besana sulla sezione X classi 2 2 a , 2 3 a e 24* della Esposizione di Milano vogliamo ricavare qualche notizia sulla nostra industria del Caseificio. Non può a meno di essere interessante tale relazione dappoiché l’ egre­ gio Autore si propone di riferire le sue impressioni

« collimino queste o no con quelle degli esposi­ tori, del pubblico ed anche di qualche collega della giuria; » egli intende di rendersi indipendente da tutto e da tutti, e parlare unicamente nell’ interesse del paese, il quale, se ha giusto motivo di compia­ cersi dei progressi conseguiti nell’ ultimo ventennio, non deve però dissimulare le sue piaghe e pascersi di vane illusioni.

Dopo aver dato le cifre dei prodotti esposti e l’ a­ nalisi eseguita dalla Commissione dei periti, il re­ latore si domanda :

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17 giugno 1883

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Alla prima domanda l’Autore risponde affermati­

vamente ; per quanto gli manchino gli elementi nu­ merici per accertarlo, tuttavia avverte che mentre altri prodotti agricoli sono contrariati o dalla con­ correnza estera (come Tormento riso, seta eco.,) o dalla malattia (come l’uva), la ricerca del bestiame da macello all’estero ha spinto gli agricoltori a fare del prato, del bestiame e del latte una delle prin­ cipali produzioni agricole ; per il che brughiere e boschi si mutare, o in prati, e, aggiunge l’Autore, se le molte paludi e le molte montagne brulle si ri­ ducessero a pascolo, l’ Italia potrebbe far a meno di importare circa 4 5 ,0 0 0 quintali di formaggio clic rappresentano circa 1 0 1 /2 milioni di lire.' All’in­ cremento di tale produzione agricola giovarono le latterie sociali alpine ; in quelle regioni montuose ciascun alpigiano avendo scarso bestiame non po • irebbe da solo ricavare alcun prodotto di burro e di formaggio, onde va diffondendosi sempre più il sistema di unire il latte di molti proprietari e farlo lavorare o da un casaro di professione o da un possessore per turno e dividere poi fra tutti i con­ tribuenti il prodotto. Pochissime di tali latterie so­ ciali esistevano in Yal d’Aosta prima del 1 8 6 0 , nel 1 8 6 9 cominciarono quelle dell’ alto Novarese, nel 1 8 7 2 quelle del Bellunese e nel 1 8 7 9 -8 0 pullularono in Valtellina. Le latterie sociali vennero favorite con premi dal Ministero di Agricoltura e non van a­ mente poiché in questo tempo crebbero assai in num ero; il prof. Besana dà l’elenco di quelle che sono a sua cognizione, e ne troviamo 4 5 nella pro­ vincia di Torino, 2 2 in quella di Novara, 6 0 in quella di Como, 1 4 in quella di Sondrio, una nel Cremonese, 72 in quella di Belluno, una in S a r­ degna ; in totale 1 6 5 . Aggiunge però il relatore che molte altre, di cui non può avere i nomi, si trovano nelle vallate delle provincie di Brescia e Bergamo, nella Carnia, in Valcamonica, nel Reg­ giano, nel Parmigiano, nel Modenese, nel Mantovano, nel Ferrarese e nel Cremonese, le quali però sono tanto primitive che, la maggior parte, non hanno contratto scritto, ed adoperano la tessera per se­ gnare il latte portato al casello comune. Quanta poi sia la utilità di tali latterie sociali, basti notare, che il latte varia da 8 a 1 2 centesimi al litro di prezzo nei paesi di montagna, mentre, mutato in burro od in formaggio nelle latterie sociali, acquista un v a ­ lore da 14 a 1 8 centesimi. Caratteristica è la se­ guente osservazione inviata dalla Giunta di Bel­ luno « nelle località — essa dice — dove esiste una latteria, l’esattore delle imposte incassa ad ogni rata quanto prima stentava ad avere, e non si vedono più avvisi d’ asta per prediali insolute come pur troppo frequentemente succedeva in paesi dove la proprietà piuttosto che suddivisa si può dire sm i­ nuzzata. »

Molto però lasciano ancora a desiderare queste istituzioni sia ppr i locali sia per gli utensili, seb­ bene si abbiano ottimi esempi che lasciano sperare imitazione come a Pedemonte, a Sesto cremonese, a Taibon, a Domegge, a Villa di Villa. Le latterie sulle Alpi lavorano dall’ottobre al maggio, quelle a valle dal maggio al novem bre; in media ciascuno dispone da 1Ò0 a 5 0 0 litri al giorno. Le Alpine ri­ cavano dal latte, burro, formaggio magro e ricotta ; però il burro soltanto forma oggetto di commercio anche lontano dal luogo di produzione ; — il for­ maggio troppo magro non viene consumato che nei

borghi e villaggi circostanti. Tuttavia alcune di queste latterie hanno cominciata la produzione an­ che di formaggi grassi o semi-grassi, come quelle della Val d’ Aosta che fanno le fontine ed il Gru­ yere, della Valtellina che [fanno Gruyere. Le latte­ rie al piano, specialmente nell’ Emilia, producono burro, formaggio di grana e ricotta.

Interessante assai è quanto riguarda le latterie del. Bellunese ; quella Camera ìli Commercio rac­ colse ed inviò alla Esposizione i burri di 4 5 latte­ rie, ed i giurati riconobbero un grande progresso in questi burri del Bellunese, dianzi quasi ignorati e che ora hanno preso un posto nel commercio. La principale di queste latterie è quella di Meano con­ dotta dal prof. Adelson Gbirardi, valente chimico ed agronomo dal quale gli altri presero norma, consiglio ed esempio, e che fu premiato con me­ daglia d’oro dal Ministero di Agricoltura che rico­ nobbe la influenza importante di quella latteria, ove la pratica e la scienza sono, caso unico piuttosto che raro (osserva il relatore) consociate. — La provin­ cia di Belluno ha quasi 5 0 mila capi di bestiame bovino ; alcune delle sue latterie contano persino 2 5 0 soci, e dal latte ricavano un reddito percen­ tuale di 3,4 pel burro, 7,5 pel formaggio, 3 ,5 per la ricotta. Però il Relatore non fa a meno di os­ servare che queste istituzioni hanno ancora del cammino da percorrere onde perfezionarsi ; utensili e metodi ancora primitivi ed em p irci; mancanza di nettezza, meschinità di locali ; fretta nel partecipare agli utili senza impiegarne una parte a migliorare i mezzi di produzione, questi sono i principali di­ fetti del'e latterie italiane; alle quali il professor Besana raccomanda di servirsi del ststema Swartz per tener freschi nella stale i locali.

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acqua calda e non colla scotta la zangola dopo l’e ­ strazione del burro. Non si dimentichi che il burro

er l’ esportazione deve anzitutto essere conserva- ile, e ciò si ottiene tanto più facilmente quanto più il burro è puro. Questo è veramente il nodo della questione, e si cessi una buona volta di ca­ lunniare il sale, che non ne ha colpa. »

In quanto ai formaggi la esportazione di qualche importanza non verte che su due qualità il gratta o parm igiano o lo stracchino di Gorgonzola; la pro­ duzione di ambidue queste specie di formaggio è limitata ad una ristretta zona (bassa Lombardia, parte dell’Emilia e del Piemonte) ; nell’ Austria nella Svizzera, in Inghilterra e nell’ America si tenta di imitare tale produzione ma finora senza successo. Alcuni espositori fornirono alla Giuria i dati nume­ rici del loro commercio : la ditta Polenghi, Lom­ bardo, Cirio e C. di Codogno avrebbe una rendita annua di 2 1 ,0 0 0 formaggi di grana pel valore di L . 1 ,3 0 0 ,0 0 0 e 7 0 0 0 stracchini di Gorgonzola all’in­ terno e di 3 0 0 0 all’esterno per L. 1 7 0 ,0 0 0 ; e la ditta Zazzera Antonio pure di Cadogno vende annual­ mente 7 0 0 0 chilogrammi di formaggio di grana e 1 0 ,0 0 0 di Gorgonzola; la ditta Bignami e C., an­ coraessa di Codogno, vende 9 0 0 0 formaggi di grana; la ditta Vergani Angelo di Gorgonzola nel 1 8 7 9 - 8 0 vendè 1 3 ,2 8 7 stracchini di cui 4 4 1 0 (Cliilog. 41,320) a Londra ; e dal 1° settembre 1 8 8 0 al 1 5 marzo 1881 ne aveva spediti colà 5 7 1 0 ed aveva assunto l’impe­ gno di spedirne 3 0 0 per settimana : è a notare che il sig. Vergani fabbrica e stagiona esso stesso i for­ maggi che vende ; e che in genere i frabbricanti acquistano le forme dai fittabili dopo sei mesi di stagionatura e lo conservano poi tre o quattro anni in magazzino, chè mulo occorre onde rie­ sca maturo e perfetto. È a queste grandi case commerciali che dobbiamo l’ incremento dell’ espor­ tazione nei nostri latticini. Il grana ha qualità in- trinsiche tali da non temere concorrenza con for­ maggi di altra specie ; il Gorgonzola lotta col Roquefort e lo vince sia per la qualità sempre mi­ gliore, sia per il miglior prezzo. Però questa specie di formaggio va almeno in parte soggetto alle vi­ cende della moda, del gusto e dell’etichetta, dice il relatore, ed osserva ad esempio che nel mentre in Inghilterra si cerca il Gorgonzola erborinato (amuf­ filo) in Austria si preferisce quello di pasta bianca. Malgrado tutto ciò l’ Italia importa ancora oltre 7 0 mila quintali di formaggio, cioè 5 0 mila più di quello che esporta « cifra che prova ad esuberanza che il nostro paese non produce formaggi a suffi- cenza pel proprio consumo, tauto più che tre quarti di detta importazione riguardano non formaggi di lusso o di capriccio, ma quei tipi svizzeri, detti Emmenthal, Gruyère, Battelmatt, Spnlen ecc., che sono considerati come formaggi comuni e parte in­ tegrante dell’ alimentazione. » E qui il relatore si domanda se possa il caseisicio italiano fabbricare quanto è necessario al paese. E risponde di sì, se il vecchio caseisicio cederà il posto a quello nuovo sorto negli ultimi trent’ anni ; il primo non può sod­ disfare al bisogno, il secondo dà già prova col Bat­ telmatt esposto da Frassy Cesare e Giacomo, da Russierecc., — coll’Emmenthalesposto dal cav. Ponti di Milano, dalla latteria sociale di Sesto Cremonese, dalla latteria Maffei di Bibbiano — col Gruyère esposto dalle latterie sociali di Bormio, Talamona e Sesto Cremonese, di poter fare una vittoriosa concorrenza

ai prodotti esteri. Ma il caseisicio vecchio è in mano ai casari gen te, generalmente analfabeta, rozza, indifferente, gelosa di un preteso segreto di manipo­ lazione. « Per loro la pulizia è una cosa inutile — esclama il relatore — la scienza una cosa ridicola ; l’empirismo è tutto. Rifiutano qualunque novità ed i miglioramenti più lampianti e più pratici. Rari son quelli che sanno fabbricare, oltre il burro, più di un tipo di formaggio.... e quelli che sanno fab­ bricare grana e Gorgonzola, credono di essere aquile. E cco in quali mani è affidato il caseisicio nazio­ n ale! » E qui ricorda alcuni strani pregiudizi a cui ancora si presta fede e che dovrebbero scomparire; come che alcune località solamente sieno adatte a certe specie di formaggio, o che la sua riuscita di­ penda dal caso, o che non si possa produrne che in alcuni mesi dell’anno. E dice di aver un giorno visitalo uno di quei casoni della bassa Lombardia dove è fama che il grana non possa riu scire; vi trovo un casaro, molto vecchio « che adoperava il braccio per conoscere la temperatura del latte e di­ chiarava di conoscere il termometro solo di nome ; e questo prova la sua b ravu ra; dal casone uscii colle scarpe inzaccherate, e questo prova la pulizia ; per mostrare anche la cura che avevasi colà del for­ maggio, dirò soltanto che i formaggi, mentre erano in sale, venivano di notte rosicchiati dai topi, che penetravano da un pertugio facilmente chiudibile se si avesse voluto. E di casoni come questo, ove il formaggio non riesce, ove la sorte fallisce, ve ne sono molti. »

Qual differenza tra queste condizioni del vecchio e quelle del nuovo caseificio come ad esempio il ca­ scinale costruito a Cozzo di Lomellina dall’ ing. Ales­ sandro Monguzzi agente del duca Scotti !

L ’ Autore quindi parla brevemente dell’ industria del latte condensato esercitato da una sola Casa in Italia, dalla ditta Bòhringher, Mylius e Comp. di Locate Triulzi dove sono impiegati 1 7 0 operai, e che prepara oltre un milione di scatole di latte con­ densato all’anno che vanno spedite la maggior parte in Inghilterra ; consuma più di 1 0 ,0 0 0 litri di latte al giorno. Questa ditta recentemente ha iniziata un’al­ tra preparazione,, cioè il latte condensalo senza zuc­ chero pel consumo delle città italiane. Il latte ap­ pena portato nello stabilimento viene condensato poi distribuito in recipienti da 50, 2 5 e 12 chilogrammi e mediante i treni diretti spediti in giornata a T o­ rino, Roma, Genova, Bologna, Firenze, Verona, V e ­ nezia, Trieste ecc. ; giunto a destinazione il latte viene allungato colla quantità d’acqua voluta, ossia ricostituito a latte normale, e messo in vendita al minuto.

Intorno al burro artificiale il Relatore discorre diffusamente e trova che se quell’ industria, conside­ rata in se, è lodevole poiché lavora e migliora una materia prima, è dubbio se abbia conseguito un pro­ gresso poiché la facilità dell’ inganno e della sofisti­ cazione rende possibile che il consumatore paghi come burro di latte il burro di sevo.

L ’ Autore termina dicendo che nel lavoro di tra­ sformazione a cui è obbligata la agricoltura italiana specialmente per la concorrenza Asiatica ed Ameri­ cana, il caseisicio è destinato ad avere un posto im­ portantissimo.

(7)

17 giugno 1883

L’ E C O N O M I S T A

375

e di quanta dottrina disponga per l’industria nazio­

nale il prof. Cesare Besana.

E noi terminiamo ricordando i nomi di coloro che all’ Esposizione riportarono la medaglia d’oro ; il si­ gnor Facciali Alessandro di Milano, la ditta Polen- ghi, Lombardo, Cirio e C. di Codogeo, la ditta Bohringher Mylius e C. di Locate Triulzi, il ca- valier Ponti Andrea di Gornaredo, il sig. Vergani Angelo di Gorgonzola.

Rivista Bibliografica

— Abbiamo ricevuto un volume degli Annali dell’Industria e del Commercio pubblicato dal Mi­ nistero dì Agricoltura industria e commercio; con­ tiene la Relazione sulle scuole industriali e com­

m erciali, anno scolastico 1881-82.

— Un altro volume pubblicato dallo stesso Mini­ stero negli Annali di Agricoltura porta il titolo : « Le innondazioni della regione veneta nel 1882

in rapporto al diboscamento dei monti e g li effetti delle briglie e delle serre specialmente nella p r o ­ vincia di Sondrio.

— La Casa libraria editrice fratelli Dumolard di Milano pubblica il X X X V II volume della tanto pre­ gevole Biblioteca Scientifica internaz'onale. Questo volume contiene l’opera del prof.

Gabriele Buccola

« la legge del tempo nei fenomeni del Pensiero —

Saggio di psicologia sperimentale. — È un volume

di 4 3 2 pagine con incisioni e tavole litografiche. — La Unione Tipografico Editrice di Torino, ha pubblicato in questi giorni la dispensa I I a e 1 2 a del secondo volume de\J)igesto italiano (Enciclope­ dia metodica e alfabetica di Legislazione, dottrina e giurisprudenza. Ambedue le dispense contengono la continuazione della voce Agenti della forza pub­

blica articolo-dettato dai sig. C. Bertagnoli ; i pa­

ragrafi delle due dispense trattano : Guardie di

pubblica sicurezza a cavallo (capi 1 32) Guardie

forestali (capi 2 8 ) Guardie comunali (capi 8 1 ),

Guard e di finanza o doganali (capi 89), Guarda­

fili telegrafici (capi 6), Agenti stradali (capi 8 ),

Guardie p a rtico la ri (capi 1 0 ).

I NOSTRI 1STIT0TI DI CREDITO

(10) Banca Generale, Roma

La Banca Generale fondata a Roma nel 1871 ha un capitale versato di 2 3 milioni in azioni da L . 3 0 0 nominali, ha una sede anche a Milano ed una di recente fondazione a Genova.

Il Consiglio di amministrazione della Banca Ge­ nerale presentando all’assemblea degli azionisti il re­ soconto dell’esercizio 1 8 8 2 ricorda come due cause generali abbiano limitata I’ azione degli Istituti di credito; la crisi bancaria che colpì il mercato di Parigi e la imminenza dell’abolizione del corso for­ zato. « Queste cause riunite — dice la relazione — coincidendo colle valutazioni del nostro patrimonio ai prezzi bassi del 31 decembre 1 8 8 2 , hanno con­

tribuito a rendere il bilancio dell’ anno 1 8 8 2 meno favorevole dei bilanci degli anni precedenti. » Ri­ tiene però che appuuto queste circostanze sfavore­ voli abbiano accresciuta la vigorìa dell’ Istituto « in quanto che esso ha potuto farvi fronte con la sua operosità generale sempre crescente, e con i resul­ tati di tutti i rami di amministrazione ordinaria che si vennero man mano consolidando negli anni d e­ corsi. »

La Banca Generale ha preso parte associandosi con Istituti ili credito e Case bancarie del Belgio per formare un sindacato Italo-Belga, allo studio per la costruzione delle ferrovie secondarie italiane ; — avendo una interessenza colla Società Veneta per imprese e costruzioni pubbliche, diretta del com- mendator Breda , ha concorso con essa a formare una Società per costruire la ferrovia economica Al­ bano-Anzio-Nettuno, ed ha comperato ad Anzio a convenienti prezzi dei terreni, collo scopo di riven­ derli a tempo opportuno ; — ha concorso al pre­ stito per l’abolizione del corso, forzoso ; — ha sov­ venuto a conto corrente per un milione il Municipio di Roma, e per un altro milione ha partecipato al­ l’ultimo prestito dello stesso Municipio. La Banca generale ha pure stipulati parecchi contratti per l'esercizio di Esattorie. Ha cercato di dar sviluppo al Credito Agrario aprendo una nuova succursale a Prosinone e propone di aprirne un’ altra a Foligno ed una terza a Spoleto e spera che, aiutandosi con la gestione delle Esattorie, possa dare largo impulso alla circolazione dei Boni agrari. Ha pure posta la sua interessenza nella Società Immobiliare e nella Società delle Ferriere italiane, e nel Comitato pro­ motore per le applicazioni della elettricità, sistema Edison, costituitasi a Milano.

E cco ora le cifre generali nelle quali si riassu­ mono le operazioni della Banca Generale : — P o rta ­

foglio italiano 3 7 9 1 /2 milioni, portafoglio estero,

3 0 3 milioni, effetti pubblici 2 2 9 1 /2 milioni, movi­ ménto dei conti correnti oltre 141 1 /2 milioni.

Malgrado questo movimento così notevole la Banca non distribuì che un dividendo di L. 3 per azione oltre l’interesse del 5 0 /0 già pagato, ed oltre aver aumentato il fondo di riserva di L. 2 4 ,5 0 0 , e la re­ lazione giustifica lo scarso dividendo ricordando di aver chiamati gli azionisti al versamento di un nuovo decimo dei capitale, ma aggiungendo che la opera­ zione fu fatta tardi cosi, che nel mentre questa somma versata concorre negli utili, non potè essere impiegata nel giro degli affari cbe alla fine del­ l’esercizio.

Non abbiamo dopo ciò bisogno di dire cbe la Banca Generale è un Istituto di Credito del quale è evi­ dente la prosperità attuale e promettente assai più quella avvenire; la sua attiva ed oculata ammini­ strazione è garanzia solida per tale promessa.

(1 1 ) Società di Credito Torinese

(8)

l’acquisto di fondi pubblici, afferma che potè ben presto migliorare le condizioni della B an ca, spiegando ad un tempo attività e prudenza. Diciamo a ragione poiché in questo primo esercizio ebbe un movimento di 3 3 milioni di conti correnti passivi, e di 6 0 1 /2 di operazioni di sco n to, e potè quindi ricavare un utile di L . 2 1 4 ,5 8 7 , delle quali L . 2 0 0 ,0 0 0 furono distribuite agli azionisti a titolo di interesse.

Il credito torinese ha un capitale versato di 4 0 mi­ lioni diviso in 3 2 ,0 0 0 azioni liberate in L . 123 cia­ scuna. Ne è presidente il comm. Michele Chiesa.

Auguriamo al Credito Torinese lo sviluppo e la fortuna che mostra di avere la forza e la capacità di raggiungere.

LA QUESTIONE DELLE FERROVIE IN FRANCIA

Dopo tanta laboriosa e difficile gestazione final­ mente il Ministro dei lavori pubblici sig. Raynal ha presentato alla Camera francese le convenzioni stipulate tra lo Stato e Compagnie ferroviarie di P a -

ris-Lyon-M editerranée, del M id i, del N o rd e del-

T Est. Pareva dapprima che il governo volesse at­ tendere di aver concluse anche quelle colla com­ pagnia A&W'Ovest e quella di Orleans, ma pare che le difficoltà incontrate sieno tali da non promettere una pronta soluzione, e da sconsigliare quindi un ritardo maggiore alla discussione dei preliminari già convenuti.

E cco in riassunto i punti principali delle con­ venzioni presentate.

Lo Stato non garantirebbe interesse alle obbli­ gazioni che le Compagnie emetteranno per soppe­ rire alle spese delle nuove linee che si impegnano di costrurre ; cioè 2 0 0 0 chilometri la Compagnia Paris Lyon-Mediterranée, e 4 0 0 la Compagnia del Nord, 1 2 0 0 quella del Midi, 1 5 0 0 quella dell’ Est. L e Compagnie poi si impegnano di partecipare alle spese di costruzione in ragione di 5 0 ,0 0 0 lire per chilometro, compreso l'argine, l’armamento ed il ma­ teriale mobile. Lo Stato dal canto suo non alienerebbe il diritto di riscatto, ma se lo effettuerà entro 15 anni, pagherà solamente in base ai capitolati d’ o ­ nere già convenuti, se dopo, aggiungerà il pagamento delle spese in ragione di 1 /1 5 per anno del totale. Il massimo dividendo per la Compagnia P aris-L yon - Mediterranée è determinato in L. 7 5 , quello per la Compagnia del Midi in lire 5 0 ; il soprapiù dei be­ nefici è diviso, due terzi per lo Stato, un terzo per le Compagnie. In quanto alle tariffe vien fissata come regola la base chilometrica decrescente, e solo come accezione la tariffa da stazione a stazione. Lo Stato poi rinuncia alla imposta del 1 0 0 /0 sulla tariffa pel trasporto dei viaggiatori, mentre le Compagnie ribasseranno le tariffe del 10 per cento per i viag­ giatori di l a classe, del 2 0 0 /0 per quelli di 2*, e del 3 0 0 /0 per quelli di terza. In quanto alla im­ posta del 2 3 0 /0 sui trasporti di merci a grande velocità, le Compagine ridurranno la tariffa, in quanto lo Stato diminuisca la tassa.

Il Ministro dei lavori pubblici francesi ha adun­ que subita una evoluzione di cui non possiamo che rallegrarci ; partigiano non è molto delle teorie del sig. A lain-T argó contro le Compagnie di strade ferrate ed a favore della costruzione da parte dello

Stato, oggi ha sentita la imperiosa necessità di li­ berare il Tesoro da una spesa che sarebbe stata insopportabile, ed ha chiamato in aiuto del governo la industria privata. Infatti dopo la campagna così abilmente e tenacemente capitanata dal sig. Say sulle condizioni del bilancio francese, non restava altro bivio che, o sospendere d’un tratto la eccessiva quantità di lavori pubblici intrapresa, o affidarne la massima parte alla industria privata.

Però questo ritorno del Ministro ad idee più conformi alle teorie liberali, ebbe in certo modo un momento di esitazione, avendo egli domandato ed ot­ tenuto che la Camera rinviasse l’ esame delle con­ venzioni anzidetle alla Commissione nominata per esaminare il regime generale delle ferrovie. Questa Commissione è accusata di non aver seguito il mo­ vimento felice che la nazione, la Camera ed il Governo francese hanno recentemente seguito in fatto di politica economica, ed in genere molti avrebbero desiderato che fosse nominala una nuova commissione più rispondente alle attuali convinzioni della Camera. Riteniamo però che questo timore non abbia molto fondamento, non essendo presu­ mibile che la Commissione, per far prevalere i suoi precedenti convincimenti, voglia andar incontro ad una certa sconfitta.

Ad ogni modo l’esempio della Francia è, in q u e­ sta materia consolante per noi che avremo fra breve sul tappeto la questione ferroviaria. La Francia per seguire le teorie di coloro che lo Stato vorrebbero onnipotente, mentre è anzi in alcuni atti insipiente, andò sull’ orlo della rovina finanziaria, e non è si­ cura ancora di salvarsi.

Impariamo !

IL TRATTATO DI COMMERCIO « L i SVIZZERA

Pare che la Commissione Parlamentare non sia disposta a proporre la approvazione del progetto di trattato concluso tra l’ Italia la Svizzera, sebbene il trattato non garantisca se non la clausola della na­ zione più favorita. Per questa clausola però la Sviz­ zera verrebbe ad ottenere delle importanti modifi­ cazioni nei dazi, quali forse non avrebbe di riscon­ tro l’ Italia.

Malgrado ciò la nostra vicina non volle acconsen­ tire ad alcun provvedimento comune per impedire il contrabbando che, come è noto, viene esercitato su larga scala sul confine tra i due stati, e non può essere che a mala pena represso dello stuolo di guar­ die che mantiene l’ Italia, mentre la serveglianza svizzera è — non diremo connivente — un certo quasi nulla.

Prima di accennare alle modificazioni principali che sarebbero portate dal proposto trattato, vediamo la importanza degli scambi che avvengono tra l’ I­ talia e la Svizzera.

Nel triennio 1879-81 importammo dalla Svizzera poco più di 3 4 1 /2 milioni di lire in prodotti di­ versi, il che corrisponde a meno del 3 per cento di tutta la nostra importazione che ammontò nella media di quel periodo a L . 1 ,2 3 9 milioni.

(9)

17 giugno 1883

L ’ E C O N O M I S T A

£77

Ammessa la attendibilità delle statistiche doga­

nali, abbiamo adunque che la importazione e la esportazione nella Svizzera e dalla Svizzera stanno rispettivamente al 3 ed al IO col complessivo nostro movimento commerciale.

Rispetto alla importazione la maggior cifra vien data dalla categoria 1 5 a che giunge a quasi IO mi­ lioni nella inedia triennale. Quattro di questi dieci milioni sono rappresentati da bestiame bovino che introduciamo dall’ Elvezia: 5 mila vacche, 5 mila

giovenchi e torelli, 9 mila vitelli ; poi 2 0 mila quin­

tali di formaggio per oltre 5 1 /2 milioni. — Della categoria 1 2 a (minerali, metalli e loro lavori) di cui importarono in media oltre 4 1 /2 milioni, spe­ cialmente oro ed argento greggio per oltre la metà di tal somma, e 8 0 0 mila lire di macchine a p a rti

d i macchine. — Del cotone importammo per 5 1/2

milioni, cioè filati semplici greggi p r 1 1/2 mi­ lioni, tesssuti greggi per oltre 2 milioni, tessuti

stampati per poco più di un milione, il rimanente

quasi tutto di manufatti di cotone. — Nella cate­ goria seta importammo per più di 0 milioni, la mag­ gior parte \iì seme da bachi, bozzoli, e seta tratta

semplice. — E pure di qualche entità la importa­

zione del legno che nel 1881 arrivò a 3 milioni, di cui quasi due legno comune rozzo segato, squar­

tato ecc. — Nello stesso anno 1881 crebbe anche assai la importazione della categoria 1 3 a giungendo a quasi 6 1/2 milioni, di cui ben L. 5 1 /2 milioni entrarono sotto la voce pietre, terre e m inerali non

metallici, gessi, calce ecc. Tutto il rimanente del

nostro commercio di entrata dalla Svizzera è sparso in entità minima sulle diverse voci della tariffa doga­ nale non raggiungendo in alcuna il 1|2 milione di lire. Rispetto alla esportazione il quadro è più inte­ ressante perchè la entità è molto maggiore. Pren­ dendo a base il 1881 troviamo che si manda in Svizzera circa 8 3 mila ettolitri di vino, quasi 3 mi­ lioni di lire, ed appena 1 6 0 0 quintali d’ olio per L. 2 2 9 mila ; nel triennio 1 8 7 9 -8 1 poche oscilla­ zioni sofferse questa categoria nella entità del suo complessivo valore.

Le categorie 2 .a (generi coloniali) 3 .a (prodotti chimici) e o .a (canapa lino eoe.) 6 .a (cotone) e 7 a (lana) non danno alcuna cifra, di qualche impor­ tanza; ma la categoria 8.® seta indica le seguenti cifre; nel 1 8 7 9 milioni 8 5 1 /2 , nel 1 8 8 0 milioni 8 4 1 /2 , nel 1881 milioni 121 1 2 / 2 ; e fermandoci a questo ultimo anno, incontriamo quasi 7 0 0 mila lire di seme da bachi, quasi 5 1 /2 milioni di boz­ zoli, 1 1 3 1 /2 milioni di seta tratta semplice greg­

gia, 2 1 /2 di cascami di seta pettinali.

Nulla di rimarchevole offrono le categorie 9 a (le­ gno e paglia), 1 0 a (carta e libri), l l a (pelli), 1 2 a (mi­ nerali, metalli e loro lavori). Qualche voce più rilevante offre la 1 3 a categoria (pietre, terre, vasai- lami ecc.), cioè L. 6 0 4 mila di pietre, terre e m i­

n era li non m etallici, gessi calce, e L . 3 0 0 mila i

laterizi; e la categoria 1 4 a (cereali) giunge a quasi

cinque milioni nella media dell’ anzidetto biennio, sebbene nel 1 8 1 sia rimasta appena a 3 1 /2 mi­ lioni; si esportò cioè, 3 0 0 mila lire di grano turco, 6 0 0 mila di granaglie, 2 0 0 mila di riso, 7 0 6 nula di farine. — Qualche attività presenta la uscita dei

bestiame, ma arriva appena a 2 milioni.

Ora il trattato proposto accorderebbe la franchigia al legno svizzero in tavole e quadrelli mentre finora paga L . 4 al metro cubo ; verrebbe ridotto da L . 3

j ad 1 il dazio per gli orologi da tasca in casse d’oro, e da L. 1 a L . 0 ,3 0 se in casse di qualunque altro metallo; — sarebbe pure ridotto da L. l o a L. 8 il dazio dell’estratto dì latte senza zucchero ; si esen­ terebbero da ogni dazio l’ oro e I’ argento in pani greggi, semplicemente sgrossati, dello spessore di un millimetro e più per fogli, e di due millimetri e più per fili; — e si concederebbero delle facilita­ zioni alla entrata delle armi. — La Svizzera dal canto suo diminuirebbe fino a L. 3 .5 0 il dazio sul vino e comprenderebbe in questo anche il Wermouth anziché trattarlo come liquore, e diminuirebbe di qualche cosa il dazio sugli oli, sugli agrumi, sui marmi segati e sulle paste.

Il dire fin d’ora di quanta importanza possa ri­ sultare un trattato colla Svizzera è impossibile, poi­ ché la apertura della linea del Gottardo deve ne­ cessariamente mutare assai il movimento del nostro commercio, e solo la esperierza può dirci in quale forma ed entità.

Riconosciamo però che l’ Italia avrebbe diritto di insistere, giacché malauguratamente i dazi ci sono, ad essere aiutata nel reprimere il contrabbando.

IL TRATTATO 01 COMMERCIO ITALO-GERMANICO

Abbiamo dato nell’ ultimo nostro numero la no­ tizia della approvazione da parte del Reichstag ger­ manico del trattato di commercio tra quella nazione e l’Italia, ed abbiamo anche aggiunto alcune notizie sulla importanza dei nostri scambi con quel paese. E cco ora le principali stipulazioni convenute in quel trattato :

La Germania riduce a 1 0 marchi il quintale il dazio di 1 5 marchi, sull’ uva fresca, che essa avea stabilito due anni orsono, espressamente per chiudere i suol mercati alle nostre crescenti esportazioni di questo prodotto. Il dazio di 3 0 marchi sulle mandorle è ridotta a 1 0 marchi. Il dazio sugli agrumi freschi è ridotto da 12 a 4 marchi. Il dazio sulle olive è ridotto da 6 0 a 3 0 marchi. Il dazio sugli oli di oliva in botti da 8 a 4 marchi, e gli olì in botti­ glia da 2 0 a 10 marchi.

Rimangono i dazi attuali sulle uova 3 marchi, sul pollame d’ ogni sorta 12 marchi, sul riso 4 marchi; è vincolala l’ esenzione di dazio per lo zolfo greggio e raffinato, pel tartaro greggio e raffinato, pel sugo di liquirizia, pei bozzoli, per la seta anche se filata ma non tinta, pei cascami di seta tinti, pel corallo, pel marmo greggio o semplicemente sgrossato, pel pollame vivente.

Per la clausola della nazione più favorita viene esentato dal dazio l’ articolo: erbaggi e prodotti orti­ coli, di cui è sperabile un aumento di esportazione in causa dell'apertura del Gottardo,

D’ altra parte, le concessioni da noi fatte alla Ger­ mania, oltre il regime della nazione favorita, con­ sistono nell’esenzione del dazio di una lira sul ’lup­ polo, esenzione che già proposta al Parlamento nella revisione della tariffa doganale, perchè il luppolo è materia prima della birra.

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