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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.10 (1883) n.474, 3 giugno

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L'ECONOMISTA

G A Z Z E T T A S E T T I M A N A L E

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI

Anno X - Voi. XIV

Domenica 3 Giugno 1883

N. 474

IL NUOVO MINISTRO D ii LAVORI PUBBLICI

La crisi ministeriale teste avvenuta ha portato l’onorevole Cenala a sostituire l’ on. Baccarini nel portafoglio dei lavori pubblici.

Lo abbiamo ripetuto tante volte, noi non ci oc­ cupiamo nelle colonne dell’ Economista di politica, non è quindi nel senso politico ma nel riguardo economico che nel mentre mandiamo all’egregio nostro amico le più sincere felicitazioni per il me­ ritato onore, avvertiamo che gli incombe un com­ pito difficile e spinoso. L ’on. Gettala professa teorie economiche schiettamente liberali ed entra a far parte del Ministero nel momento in cui, e nella am­ ministrazione di cui assunse il portafoglio e nelle altre, si elaborano e si discutono per presentarle al paese importantissime leggi economiche. Non pos­ siamo per ciò che salutare con viva gioia la scelta fatta dalla Corona, e non possiamo che sentire la più ampia fiducia nell’opera del nuovo Ministro. In pari tempo non ci nascondiamo quali difficoltà gli si pa­ rino dinanzi e quali ostacoli egli debba vincere e superare. Ma conosciamo anche la potenza del suo ingegno e apprezziamo allissimamente la tempra in­ tegra e forte del suo carattere, onde siamo con­ vinti che egli vorrà e saprà cooperare al trionfo di quei principi, che in lui sono profondo convinci­ mento.

Già la questione dell’esercizio ferroviario si pre­ senta matura ; le voci di coloro che vorrebbero for­ zar la mano al Governo perchè mantenesse l’eser­ cizio governativo, si fanno in questo momento più vivaci. È per noi un segno manifesto che per costoro è svanita una speranza, ed è comparso un timore. Siamo indotti quindi a sperare che ogni esitazione sarà rimossa e la questione, già risoluta teoricamente fino dal 1876, sarà ora sciolta praticamente.

Dobbiamo dirlo ? — È per noi di massimo con­ forto il fatto che a tradurre in atto quel principio così validamente ed accanitamente sostenuto dalla Società Adamo Smith, venga dalla sorte — voglia­ mo dire dalla fortuna d’Italia — chiamato precisa- mente un uomo che fu segretario e membro atti­ vissimo ed autorevole di quella Società.

All’on. Cenala incombe, abbiamo detto, un coni pito difficile. Sta in sua mano il dimostrare quanto falso fosse l’ appellativo di dottrinarismo applicato derisoriamente alla scuola economica a cui egli ap­ partiene. Mostri che quella scuola sa congiungere alla dottrina la pratica, senza che questa smentisca quella.

Ripetiamo: l’on. Genala ha l’ingegno, la dottrina, e soprattutto il carattere per compiere degnamente I alta missione a cui è chiamato. Ed egli gradirà senza dubbio che dell’opera sua ci erigiamo sempre e a giudici scrupolosi ed imparziali. Sarà la miglior prova della sincerità dei personali sentimenti che ci legano a lui.

Per citi s a r ie istituita la Cassa ¡azionale ielle pensioni?

La così detta legislazione sociale venne invocata sempre e da tutti come argine efficace contro la questione sociale. Si disse : — la borghesia, la quale mercè la cooperazione del popolo raggiunse il posto di classe dirigente quasi esclusiva, non mostri ora di negligere quella parte del popolo che ha più bi­ sogno del suo aiuto. Il proletariato è una piaga del­ l’epoca nostra che per amore della civiltà deye esser curata e guarita. Contadini che muoiono di pellagra o che emigrano per fame, operai che lavorando tutto il giorno non .guadagnano il bastante per as­ sicurare alla loro famiglia un nutrimento sufficiente, sono alti e perenni rimproveri che si erigono contro la borghesia e, se vuoisi scongiurata la miseria di tanta parte della popolazione, conviene d ie si abban­ donino i vecchi dogmi del lasciar fare e lasciar passare, conviene che la società intera a mezzo del suo potere-collettivo, lo Stato, intervenga e sollevi queste miserie.

Ed a coloro i quali rispondevano essere per lo meno pericoloso il cercare un rimedio a tal morbo mediante l’ intervento diretto dello Stato, ed allega­ vano i più chiari esempi della storia, e le opinioni dei più eccellenti cultori delle discipline sociali, — la scuola dei socialisti della cattedra rispose : siamo qui noi a predicare ed attuare una nuova scienza la quale si tolga dall’arido dottrinalisrtio ; — noi, in nome della miseria, in nome delle sofferenze del popolo, in nome di coloro che languono di fame, o che invecchiati nel lavoro non trovano pace neffii ultimi anni di vita, faremo una serie di leggi atte a scemare questi mali così gravi 3 costituiremo la nuova legislazione sociale.

Or bene; cardine della cosi detta legislazione socia­ le è la Cassa pensioni per gli operai, testé proposta dal Ministro Berti, e della quale abbiamo dato un breve cenno nell’ultimo numero dell’ Economista.

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aver dato piuttosto un nuovo mezzo di facile pro­ sperità a spese dello Stato alla piccola borghesia, che non aver provveduto alla classe operaia. Ed il Mi­ nistro, che riconosce questo falso indirizzo delle leggi straniere, afferma che il suo progetto si informa perciò appunto ad altri principi.

Se non che a pag. 41 della relazione leggiamo con grande meraviglia alcune confessioni che è prezzo dell’opera riportare integralmente, affinchè non sem­ bri che riassumendolo adulteriamo, anche incoscia- mente, il concetto del Ministro. Ecco le sue parole:

« Dalle ricerche che si stanno facendo circa le condizioni di alimentazione degli operai e la mi­ sura dei salari, si raccolgano fatti numerosi che confermano, a ragion di numeri e di geografia, ciò die intuitivamente s’avrebbo potuto enunciare ; vi sono due categorie di operai per le quali gli isti­ tuti di previdenza che noi proponiamo possono al certo essere accessibili ed utili.

« La prima categoria comprende quegli operai che in generale vivono presso a poco come la pic­ cola borghesia e i piccoli impiegati. Appartengono a questa categoria i servegliauti, i capi-operai, gli operai che, come i litografi, i tipografi, i mecca­ nici eoe., debbono acquistare con lungo tirocinio la speciale abilità richiesta dall’esercizio delle loro pro­ fessioni, quelli insomma che, o per la speciale dif­ ficoltà del lavoro a cui tendono, o per i pericoli a cui questo li espone (ad esempio i minatori), o per altra ragione, ricevono salari elevati che uguagliano, e talvolta anche superano, gli stipendi dei piccoli impiegati o i guadagni dei piccoli com -

mercianti.

« Appartengono alla seconda categoria coloro che hanno salari medi; e sono in generale quelli che non prestano l’opera loro come semplici braccianti, ma esercitano un determinato mestiere, sia dentro che fuori degli stabilimenti, il quale non richieda speciale abilità o non sono soggetti a lunghe in­ terruzioni di lavoro.

« Ye ne ha una terza ed è quella alla quale appartengono i semplici braccianti: come terraiuoli, facchini, ecc., o quelli il cui lavoro di poco diffe­ risce da quello dei semplici braccianti ; ed anche taluni operai che esercitano un determinato me­ stiere, ma che per la natura stessa del lavoro, re­ stano per una buona parte dell’ anno disoccupati.

A questa categoria si possono ascrivere, per esem­ pio, in buona parte gli operai addetti alle fabbri­ che di laterizi e i muratori, specialmente nelle re gioni in cui la stagione invernale e rigida e lunga; gli operai delle cartiere, quelli (per la massima parte donne) addetti alla trattura e filatura della seta ecc., ecc.

« Assai scarso sarà il numero degli operai ap­ partenenti a questa terza categoria che potranno profittare détta Cassa pensioni, e ciò o per la scarsità dei salari, o per le frequenti interruzioni del lavoro.

« Questi operai delle città o dette campagne non possono entrare nel novero dei risparmiatori, che a misura che il paese cresca la sua produ sione e che le sue condizioni economiche vadano migliorando. M a anche questo doloroso fatto non deve trattenerci dal compiere sin da ora ciò che già può giovare a molti. I fa tti ci additeranno quanto e come potremo e dovremo fare per i la­ voranti dell’ultima categoria. »

Ci sia permesso di esprimere tutta la nostra me­ raviglia di fronte a simile singolare confessione. -— Come? Fino adesso avete predicato della necessità di venire in aiuto del proletarlato, di soccorrere, mediante l’aiuto della collettività quei lavoratori che dal loro lavoro non traggono abbastanza onde sfa ■ morsi, avete parlato di miseria, di pellagra, di emi­ grazione, di fame... ed ora, al primo atto che com­ pite per mettere in esecuzione le vostre idee umanitarie, mentre pur riconoscete che gli altri paesi non hanno saputo raggiungere lo scopo, venite a dirci : delle tre classi di operai, la ricca, la media e la povera, noi intendiamo di aiutare solo le due prime e di abbandonare l ’altra alla Provvidenza per attendere tempi migliori I !

Vorremmo dire che tutto ciò pare sappia di colpa, se non apparisse chiaro essere ispirato da falsi criteri economici, e dalla corrente morbosa che oggi invade ogni Stato.

"Avete cento mila pellagrosi, avete migliaia di con­ tadini che hanno un salario di una lira ed anche meno al giorno, avete braccianti che sono retri­ buiti così scarsamente da destare la più profonda pietà, e nel mentre trovate in un modo o nell’ al­ tro due milioni all’anno da consacrare al proleta- tariato, alla miseria, alla fame, venite fuori con una legge la quale confessa di venire in aiuto solo atte categorie meno bisognose ?

E nel mentre asserite nelle vostre considerazio; i che non volete stabilire un privilegio, confessate che lo Stato interverrebbe ad aiutare degli operai che hanno salari che eguagliano e talvolta anche superano gli stipendi dei piccoli impiegati o i gua­ dagni dei piccoli commercianti, e questi escludete dal vantaggi che loro offrirebbe la nuova legge.

Noi comprendiamo e giustifichiamo come sotto il dominio di un sentimento nobile e generoso si possa adottare dei provvedimenti senza troppo riflettere alle conseguenze che da essi deriveranno ; compren­ diamo e giustifichiamo che dinanzi alla miseria le dottrine della scienza sieno talvolta dimenticate, ma qui in verità si tratta di una irrisione ; qui col pretesto di andar incontro alle questione sociale, la si ag­ grava e la si rende più aspra. Non è possibile infatti che la terza categoria d i operai, la più maltrat­ tata dalla fortuna, non si ribelli dinanzi alla insi­ pienza ed alla ingiustizia dello Stato e non com­ prenda quanta distanza corra tra le promesse ed il mantenimento loro.

Noi speriamo che la Camera, non fosse che per que­ sta sola coi siderazione, farà al progetto della Cassa Na­ zionale di assicurazione l’accoglienza che merita, ed essa ed il paese si convinceranno una volta di più quanto credito meritino quelle nuove teorie econo­ miche le quali si oppongono alla scienza.

Lo Stato, oggi, pur di fare qualche cosa, non bada se I’ opera sua raggiunga uno scopo diame­ tralmente opposto a quello che si prefigge; pur di accrescere la sua potenza, pur dì allargare la base della sua funzione, pur di moltiplicare il numero degli affari a cui provvedere, passa di errore In errore.

Oggi vuol mettersi a far l’assicuratore, come ieri volle loro il banchiere. E come teme che la nuova attribuzione gli sia impedita, vuol coprirla col manto della filantropia, vuol far credere che sia suo in­ tendimento solamente di soccorrere la miseria.

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strano che non è vero ; questo scopo col progetto presentato i on si raggiunge.

E sino a che abbiamo tanii bisogni, sino a che, a ricordarne uno solo, i nostri maestri elementari lottano colle più forti urgenze della vita, noi diremo sempre che io Stato, se ha due milioni all’anno di­ sponibili, può far molto meglio che impiegarli a van­ taggio di chi, per sua stessa confessione, ha dei sa­ lari che eguagliano ed anche superano gii stipendi dei piccoli impiegati od i guadagni dei piccoli com­ mercianti per i quali non si trova necessario al­ cun provvedimento.

IL NUMERO DELLE CAMERE DI COMMERCIO

Il Consiglio superiore del Commercio doveva oc­ cuparsi nella sua ordinaria seduta della riforma delle Camere di Commercio, affine di presentare al Mini­ stro delle proposte concrete su cui basare un pro­ getto di riforma della legge (i luglio 1862. Ma il Consiglio non ha avuto tempo di discutere tale questione, pure così importante, e 1’ ha rimessa ad altra sessione. Forse la deliberazione sospensiva fu utile poiché in tal modo si rese possibile la di­ stribuzione della relazione del Segretario del Consi­ glio, big. A. Monzilli, la quale riassume con molta lucidità tutte o quasi tutte le proposte che finora furono discusse per riformare lo Camere di Commer­ cio e fornisce multi elementi per uno studio serio dell’ argomento. Così le Camere e tutti coloro che iu tali questioni sono interessati per qualunque causa, potranno esaminare i diversi punti del problema e fornire al Consiglio, al Governo ed al Parlamento lumi sufficienti perchè la tanto invocata riforma ab­ bia ad essere rispondente ai bisogni ed al desideii del paese ed agevoli il conseguimento dei suoi de­ stini economici.

Umi delle prime questioni che si presentano a pro­ posito della riforma delle Camere di Commercio, è quella del loro numero. E sopra tale punto vogliamo ora dir brevi parole.

È noto che abbiamo 75 Camere di Commercio, alcune abbracciano più di una provincia come Ga­ serta che comprende Benevento, Torino che com­ prende Novara, Siena che comprende Grosseto; in altre provincie vi sono più Camere e sono 6 cioè : Roma e Civitavecchia, Genova e Savona, Ascoli e Fermo, Milano e Lodi, Forlì e Rimini, Como e Lecco e Yarese.

Queste 73 Camere di Commercio sono troppe? Convien limitarle?

La Francia ne ha 85, la Gran Brettagna 73, l’Au stria Ungheria 59, la Germania 111; se paragoniamo la superficie e la popolazione nostra con quelle della Francia, della Gran Brettagna e della Germanio, si vedrà che non abbiamo grandi differenze, ma se in­ vece, specialmente per la Francia e la Gran Bret­ tagna, paragoniamo la entità del nostro commercio e delie nostre industrie, sarebbe da concludersi su­ bito che il numero, delle nostre Camere è esube­ rante. Infatti nei mentre, per confrontare un solo elemento, il nostro commercio ci dà una quota per abitante di importazione ed esportazione di L. 47, quello della Francia dà L. 144, e quello della Gran Brettagna L. 250.

E non mancarono infatti in parecchie occasioni delle proposte perchè si diminuisse Í! numero delle Camere, alcuni volendo limitarle a i una per pro­ vincia, alil i ad una per regione. E agevole compren­ dere che questi sistemi non sono razionali, ma so­ migliano alla deliberazione di chi adattò i libri alla biblioteca facendo accorciare i più grandi. Adot­ tando il sistema di una Camera per provincia affine di ridurre il numero da 73 a 69 (e notiamo che la riduzione sarebbe così piccola da non meritare la pena di attuarla), si verrà a far sì che invece di avere, ad esempio, una sola Camera nelle provincie di Siena e Grosseto se ne avranno due!

L ’altra di stabilire una Camera per regione, ol­ treché essere una riforma contraria a tutta la nostra legislazione, la quale non si occupa di regioni se non nelle statistiche, sarebbe pure irrazionale, perchè al­ cune delle antiche capitali di regione, hanno perduta la loro influenza nelle altre città che compongono la regione stessa. Ad esempio nel Veneto, non cre­ diamo vi sia una sola ragione perchè Verona, Vi­ cenza, Udine, ecc. abbiano ad avere una Camera ohe risieda a Venezia; e se nelle diverse città si istituissero dei Gomitati dipendenti dalla Camera, è a temersi che, o i Gomitati diventerebbero altret­ tante Camere, ed allora la riforma sarebbe frustrata, o si avrebbero dei conflitti tutt’altro che vantaggiosi al Commercio. Gli altri criteri coi quali verrebbe proposto di diminuire il numero delle Camere sono a nostro avviso ancora meno sostenibili e quindi non ce ne occupiamo.

Per noi sopra questa questione che per alcuni — e crediamo a torto — rappresenta il punto di par­ tenza per una riforma della legge organica delle Ca­ mere, va posta la pregiudiziale, e ciò per molte ra­ gioni di cui alcune qui esponiamo brevemente.

Iuuanzi tutto è a notarsi che se abbiamo 75 Ca­ mere di Commercio, vi è un numero non disprez­ zabile di esse, le quali esistono solo perchè hanno l’ufficio, i Consiglieri ed il Segretario, non già per­ chè lavorino e rispondano allo scopo voluto dalla legge, ed ai desideri del paese. Sia perchè il terri­ torio nel quale funzionano non fornisca loro motivo di occupazione, sia che la tradizione o la pigrizia soffochi l’ attività della rappresentanza, è vero il fatto che alcune di queste Camere non si fanno mai vive, qualunque sia la causa per la quale dovrebbe essere scossa la loro attività.

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Camere ne prelevavano per meno di L. 1000 ; — altre cinque per non più di L. 2 0 0 0 ; — altre sette per non più di L. 3 0 0 0 ; — altre 19 Camere non risquotevano più di 10,000 lire di tasse.

Ora dicasi il vero se vai la pena di fermarsi a discutere sulla riduzione del numero delle Camere di Commercio per sopprimere le minori, proprio nel momento in cui si vuol riformare la legge organica di esse e quindi si potrà vedere se la inoperosità di alcune dipenda da vizio intrinseco e da cause estrinseche; e se ciò possa farsi in un paese che, come il nostro, si appresta a percorrere rapidamente la lunga via che lo separa dalla meta che hanno economicamente raggiunto altre nazioni.

Ci si obhietterà forse che anche tra le maggiori Camere alcuna vivono neghittosamente, od almeno non danno quel frutto che da loro legittimamente si dovrebbe attendere. Ma noi domanderemo in quale delle nostre o forestiero istituzioni non si incontrino di simili fatti.

Non inquietiamoci adunque intorno ad una que­ stione che è di per sè oziosa , lasciamo vivere lo nostre 73 Camere di Commercio ; diamo a loro i mezzi di funzionare colla maggior possibile utilità per gli interessi che sono chiamate a tutelare ; — che se poi alcune poche non faranno tutto il loro dovere, e non raggiungeranno il grado di attività che si può attendere, non adopriamo il sistema cieco della decimazione, col quale si rischierà di recidere dei buoni elementi, senza togliere tutti i cattivi.

A nostro credere il fare del numero delle Camere di Commercio quasi una questione fondamentale della riforma, sarebbe — è imagine vecchia ma ef­ ficace — un voler rinnovare la tappezzeria di un edificio che ha le mura cadenti.

Rivista Bibliografica

M aglio ne G iovanni. — S u i ra p p o rti della ragioneria colla scienza economica. — Milano, B oi'tolotti di D al Bono, 1888.

È un altro libro premiato ; e tra tutti quelli che ebbero simile onore o dei quali ebbimo occasione di discorrere, non esitiamo a dirlo è il più modesto ma quello che ha più meriti. Il tema era eguale al titolo del libro e la Commissione aggiudieatrice non fu parca di elogi a questa memoria nella quale, senza sfoggio di rettorica e di erudizione inutile, vengono raccolte delle notevoli considerazioni sulle attinenze della ragioneria colla economia politica. In genere, quando un alto scopo filosofico non guidi simili ricerche, non crediamo che presentino un pro­ gresso scientifico, ma piuttosto uno sforzo per tro­ vare dei rapporti della cui esistenza nessuno dubita, sebbene nulla o poco importi rilevarli e classificarli. Nel caso concreto, subito chè si ammetta che la Ragio­ neria sia « la scienza regolatrice delle amministra­ zioni che ha per oggetto i beni economici esprimi­ bili in cifre e le azioni amministrative che ne de­ rivano in relazione al diritto di proprietà » e non piuttosto l’arte dei conti, si può accettare quanto dice l’Autore sulle « attinenze fra queste discipline dipendenti dalla comunanza dell’ oggetto costituito dalle ricchezze che la scienza economica studia nella produzione e conseguenti fenomeni e la Ragioneria studia nella formazione dei patrimoni per poi clas­ sificarle, valutarle, mantenerle e trarne profitto. »

A dir vero noi mettiamo in dubbio la verità di que­ ste premesse, e vorremmo che si discutesse profon­ damente quanto lo merita, il quesito se la Ragione­ ria, quando cessi di esser arte o mezzo scientìfico

non diventi economia politica. Del resto ornai poco importa il nome, la geografia è chiamata una scienza, scienza la statistica, scienza la ragioneria, attendia­ moci che fra poco sia una scienza anche la fab­ bri cazioue degli stromenti chimici. E perchè no?

Date per vere però le premesse dell’Autore, di­ ventano indiscutibili le sue conclusioni « la scienza economica tratta dell’ ordine sociale della ricchezza — la ragioneria dell’amministrazione delle aziende m cui le ricchezze si costituiscono e si ricostituiscono; dal comune oggetto dei loro principi si scorge fra esse una naturale correlazione che dal campo teo­ rico viene poi a manifestarsi nelle pratiche applica­ zioni dell’arte economica ed amministrativa. » — Quindi l’Autore in altrettanti capitoli tratta del pa­ trimonio sotto V aspetto economieo-amministrativo, dell’Azienda in generale, dell’Azienza domestica, del­ l’Azienda patrimoniale, manifattrice, commerciale e pubblica, della contabilità delle aziende, e final­ mente nel l’j i l timo capitolo si riassume e conclude. La conclusione merita di essere riportata poiché mostra a che cosa possano condurre le promesse dell Autore. « Nè I’ economia, nè la ragioneria po­ tranno risolvere la questione sociale senza l’appog­ gio di altri principi che allargano l’ orizzonte delle idee oltre il limite delle fasi subite dalle ricchezze e dai patrimoni ma indubbiamente esse concorre­ ranno a dimostrare come le fantasie dei comunisti e dei socialisti sieno in contraddizione coi principi elementari sullo svolgimento dell’ umana attività e che a sciogliere il complicato problema della disu­ guaglianza di condizioni, più che le formule di Mal­ thus, di Rosi:ber, di Courcelle-Seneuil sulla popola­ zione giovano le buone istituzioni che diffondono l’istruzione e l’educazione che imparino non ad ab­ bassare i grandi a livello dei piccoli, bensì ad ele­ vare questi ultimi sul cammino dei primi. — E se la ragioneria co’ suoi precetti fondati su teorie eco­ nomiche tende a promuovere la formazione dei pa­ trimoni, a migliorarne l’amministrazione, ed ottenere il massimo reddito, non ha forse un importante ob­ biettivo anche pel benessere generale? — Gli è ap­ punto nella convinzione di una favorevole risposta a simil domanda che ripetiamo il principio su cui appoggiammo questi brevi cenni : essere la ragione­ ria un ramo delle scienze sociali. »

Quando l’Autore giunge a queste « illusioni », non sembra più strano che egli trovi degno di nota che tanto l'economia che la Ragioneria sieno scienze recenti, e che tanto in economia che in Ragioneria i beni si distinguano in mobili ed immobili, e que­ sti in fondi ed edifici quelli in merci, denaro: scorte, oggetti preziosi, mobilia, macchine, debiti e crediti diversi, e che insomma ad ogni piè so­ spinto, trovi una relazione tra l’ una e l’ altra scienza. Malgrado ciò, lo ripetiamo, accettate le pro­ messe con tanta abilità poste dall’Autore, il suo la­ voro ci pare veramente buono.

N ald i R a ffae llo . — D e lla unificazione della Contabi­ lità pubblica. — Livorno, 1883.

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di rendere obbligatoria l’adozione della logismografia nella contabilità dei Comuni. L’Autore si mostra re­ cisamente contrario ad una simile misura e princi­ palmente per due ragioni: la prima perchè gli pare lesivo al principio di autonomia dei Comuni che oggi si vuole estendere anziché restringere; In se­ conda perchè non crede che il sistema di contabi­ lità logismografico sia ancora dimostrato compieta- mente il migliore, mentre « da estimabili avversari è tuttora giudicato per un metodo di scrittura senza nessun valore nè teorico nè pratico. » Non entreremo qui nella questione della bontà o no della logismo­ grafìa, ma francamente affermiamo che ci parrebbe veramente eccessivo il rendere obbligatorio il sistema logismografico alla contabilità dei Comuni, delle Pro­ vincie e delle Opere Pie. L ’ Autore con molta so­ brietà espone delle validissime ragioni, ma noi ci permettiamo di andare anche più in là; non solo per far ciò devesi attendere che la logismografia abbia de­ bellati i suoi avversari, ma per venir ad una misura così restrittiva della libertà delle Amministrazioni lo­ cali, ci pare che bisogna che sia anche dimostrato che gli altri' sistemi di contabilità non rispondono allo scopo.

Cottrau Alfredo. — Può g ettarsi un ponte sullo stretto d i M essina? — T orino, 1883.

È una lettera dell’ egregio ingegnere nella quale dà un suo giudizio sul progetto degli ingegneri Giam- basliani e Biadego per un ponte attraverso lo stretto di Messina, e lo dice un progetto « serio estetica- mente bello, ed oltre a ciò un problema scientifi­ camente risolto... ma non altrettanto è convinto che rappresenti una soluzione pratica degassaggio sullo stretto di Messina. »

Rospigliosi Roberto. — D ella rappresentanza propor­ zionale nelle elezioni comunali. — P isto ia, B ran ­ coli, 1882.

L’ Autore si professa campione della rappresen­ tanza proporzionale e, a vero dire, oggi che si comincia a riconoscere la assurdità e la ingiustizia della tirannia del numero, la questione della rap­ presentanza proporzionale è per lo meno un lodevole tentativo per cercare i rimedi od uno stato di cose che parve un momento essere l’ideale del bene, ma si riconobbe presto essere invece una forma qua­ lunque di manifestazione del dispotismo, anziché della libertà. — Noi abbiamo avuto occasione di espri­ mere in proposito alcune idee le quali posson esser sembrate troppo radicali, ma non esitiamo ad af­

fermare che per noi il concetto della eguaglianza tra gii uomini, ha il suo fondamento nel ' rispetto non solamente al numero, ma anche alla funzione del­ l’individuo. Non sappiamo persuaderci come sia r i ­ spetto alla eguaglianza un sistema per il quale il voto del Presidente di Cassazione è reso nullo dal voto contrario dello spazzino; — non ci persuadia­ mo che quei due voti si equivalgano e quindi, se contrari, si elidano.

L ’ Autore nell’opuscolo che abbiamo soli’ occhio propugna che il voto degli elettori comunali sia li­ mitato a 2[3 a 3|4 od a 4|5 degli eligendi e suf­ fraga il suo concetto con argomenti che non sono nuovi, ma che non cessano di essere sani e giusti. La forma poi dello scritto è sotto ogni aspetto lo­ devole. Ci congratuliamo coll’Autore.

Prof. J. De Johannis.

L’ INDUSTRIA SERICA IN ITALIA

Abbiamo ricevuto il III volume delle relazioni dei giurati dell’jEsposizione industriale italiana del 1881 in Milano, pubblicato per cura del Comitato esecu­ tivo. — (Milano, Hoepli 1883). — Questo terzo vo­ lume contiene le relazioni sui filati di seta (Se­ zione X l V a a), sui tessuti di seta (Sez. XIV® b),

sul cotone (Sez. X V a), sulla canapa, Uno, ec.,

(Sez. X V Ia), sulla lana (Sez. X V IIa) e sui tessuti diversi (Sez. X V III“).

Ci proponiamo oggi di riassumere brevemente le relazioni dei signori Ing. G. Bonacossa sui filati di seta, e G. Bressi sui tessuti di seta, parendoci im­ portante che i nostri lettori conoscano lo stato di questa nostra importante industria, desunto da una recente ed autorevole pubblicazione.

All’ esposizione di Milano per i filati di seta si presentarono 158 espositori, ed il giurì ha conferiti 3 diplomi d’ onore, 8 medaglie d’ oro, 25 medaglie d’argento, 41 medaglie di bronzo, 43 menzioni ono­ revoli. I tre diplomi d’onore furono accordati: 1° alla dilla M arini Pietro e Comp., di Zugliano, provincia di Vicenza, il quale, mediante il patrocinio della fa­ miglia Papadopoli di Venezia, nel 1868 fondò uno stabilimento che conta sei mila operai e produce circa 60 mila chilogrammi di filati all’ anno. Ag­ giunge la relazione del giurì: « ne escono prodotti eccellenti per ogni rispetto ed apprezzati come tali. »

2° alla Società per la filatura di cascami di

seia, con stabilimento a Meina, di Milano; vi lavorano 500 operai e produce 30,000 chil. di filati, ed oltre il doppio di cardati e « trae prodotti di molto pregio e di non comune perfezione ».

alla Società per la filatura di cascami in No­ vara ili Milano, che impiega circa un migliaio di operai ed ha una produzione di 100,000 chilogr. ogni anno. « Questa filatura — dice la relazione del giurì — è la più grande in Italia, ed una fra le più importanti in Europa; i suoi prodotti godono meri­ tatamente una reputazione di primo ordine ».

Dopo discorso degli altri espositori che ebbero premi inferiori, nella seconda parte viene a parlare dello stato e dell'andamento dell’ industria serica in Italia ; ed ecco le principali osservazioni che sono esposte :

Nell’ultimo decennio la produzione dei bozzoli e delle sete greggie avrebbe dato in Italia i seguenti numeri approssimativi:

A n n o bozzoli sete groggìe

1872 4 4 ,5 0 0 ,0 0 0 2 ,9 0 0 ,0 0 0 1873 3 9 ,0 0 0 ,0 0 0 2 ,7 3 0 ,0 0 0 1874 3 3 ,0 0 0 ,0 0 0 2 ,2 0 0 ,0 0 0 1875 4 3 ,0 0 0 ,0 0 0 2 ,8 7 0 ,0 0 0 1876 1 3 ,5 0 0 ,0 0 0 9 5 0 ,0 0 0 1877 2 4 ,0 0 0 ,0 0 0 1 ,8 0 0 ,0 0 0 1878 3 7 ,2 0 0 ,0 0 0 2 ,6 5 0 ,0 0 0 1879 1 8 ,9 0 0 ,0 0 0 1 ,4 5 0 ,0 0 0 1880 4 1 ,6 0 0 ,0 0 0 3 ,1 0 0 ,0 0 0 1881 3 9 ,8 0 0 ,0 0 0 3 ,0 4 0 ,0 0 0

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dà un prodotto di un milione di chilogrammi. La importazione delle sete greggie in Italia, tanto di boz­ zoli nostrali che importati, sta poco al disotto dei 3 l/a milioni di chilogrammi, e per l’ esportazione è au­ mentata negli ultimi anni così che si può dire abbia raggiunto i 400,000 chilogr., una parte dei quali va in Francia, ed un’altra parte nei diversi centri mani­ fatturieri dell’ Europa e dell’ America. La importa­ zione invece delle sete greggie la facciamo per 200,000 chilogrammi, quasi intieramente dal Tren­ tino, e di 1,200,000 chiI. dal Giappone, dalla China, e dall’ India, e vengono lavorate quasi per intiero nei filatoi del Bergamasco, Comasco e Milanese, per un valore di quasi 4 ’/4 milioni, per trasformarle in

trame ed orgasmi. La esportazione di sete greggie e lavorate dà fra i tre ed i tre e mezzo milioni di chilogrammi. I due più importanti rami della indu­ stria, la trattura e la torcitura, si risentono ancora della crisi che travagliò il mercato serico dopo il 1872; prima perchè la moda abbandonò quasi del tutto le seterie e causò ristagno nella produzione e svilimento nei prezzi; poi perchè nel 1876 per scarso raccolto della seta, essendosi eccitata la specu­ lazione, si produsse un fittizio rialzamento nei prezzi, che per molti industriali fu causa di rovina : si ag­ giunsero poi alcuni anni di scarso raccolto, per cui molte filande dovettero esser chiuse, e quelle che restarono attive furono obbligate a disputarsi la ma­ teria prima, pagandola ad un prezzo che lasciava perdita sul ricavo dei prodotti lavorati. Tuttavia da queste traversie l'industria nel complesso avvantag­ giò, giacché i produttori si misero allo studio affine di migliorare i prodotti ed aumentarne la quantità, diminuendo le spese; ed i perfezionamenti si spinsero tanto che la trattura « per lo stato in cui ora si trova da noi, in confronto cogli altri paesi d’ Europa ed Asia, non ha a temere concorrenza » Però ab­ bisogna una maggior quantità di bozzoli e sopra­ tutto bisogna evitare che ci vengano di seconda mano, passando cioè pel tramite di Marsiglia, ma diretta- mente sia coll’impianto di case commerciali nei prin­ cipali centri esteri di produzione, sia coll'attirarli qua, favorendoli coti tutte le facilitazioni possibili di trasporti, magazzinaggi, sovvenzioni, ec.

In quanto alla torcitura essa pure si trovò in analaghe condizioni, ma sebbene l’ingegno del pro­ duttore, messo alle strette dalla concorrenza fran­ cese, svizzera e germanica, abbia introdotti nell’indu­ stria molti miglioramenti, essa è costretta a lavorare

sull’osso, e non potrà ritornare proficua senza una abbondanza generale di raccolto, ed il ritorno della moda alle seterie.

Perchè tuttavia questi due rami di industia serica, la trattura e la torcitura, abbiano a raggiungere lo sviluppo di che sono suscettibili, occorre, secondo la relazione, che abbiamo riassunta: 1° che sì stabi­ lisca anche nell’industria serica la speculazione, la quale nei momenti in cui la produzione eccede la domanda, assorba la eccedenza e la tenga fuori del mercato sino al momento della ricerca; — il che risparmierà il bisogno di mandare le nostre sete in mano di commissionari esteri, sistema dannoso e non affatto decoroso. 2° che sieno diffusi i magaz­ zini generali, e la legge che li regola accordi loro maggior elasticità di funzione; 3° che la legge limitante le ore di lavoro e l’ età degli operai addetti agli stabilimenti, se sarà discussa dal Parlamento, non abbia, proteggendo l’individuo, ad offenderne gl’inte­

ressi degli industriali. 4° che sia accresciuto il numero delle scuole professionali e quelle d’arti e mestieri, le quali possano dare gli assistenti, i direttori, ed i macchinisti dei nostri stabilimenti, e non sia trascu­ rato l’insegnamento delle lingue dell’Asia minore e dell’ estremo Oriente per quei giovani che si indi­ rizzano al commercio delle sete. 3° che siano pro­ mosse nei principali centri sericoli le associazioni simili a quelle dell’industria e commercio delle sete di Milano e Torino,

La relazione del Sig. Bressi sui tessuti di seta

non è meno interessante. Dopo aver affermato che il pubblico non si aspettava di trovare all’ esposi­ zione un così svariato e ricco assortimento di stoffe nazionali, tanto liscio che operate, nota che in ¡specie le stoffe liscie di Como, nere e colorate, vengono da alcuni anni in buona quantità esportate all’ estero, compresavi la stessa Francia, ove sostengono la con­ correnza a pari condizioni cogli articoli di Lione, mentre dura ancora in Italia il mal vezzo di vendere per francese la stoffa più "bella e ricca, e per na­ zionale soltanto quella per uso comune ed a basso prezzo. Onde si può concludere con un sentimento di vera soddisfazione, che l’industria nostra si trova in uno stadio di vero progresso per la qualità o quantità della produzione. Nella sola provincia di Como ab­ biamo ottomila telai, mentre 20 anni or sono erano al più tremila, ed altri cinque mila telai si calco­ lano esistenti nelle altre provinole Milano, Torino, Genova, Piacenza, Lucca, Roma, Napoli e Sicilia. In base a questi 13 mila telai si può stabilire quindi in complesso circa 22 mila operai occupati nell’in­ dustria delle stoffe seriche; la produzione è valutata di circa 31 milioni di lire, dei quali 22 milioni pro­ vengono dalla provincia di Como; si esporta per circa 11 1/2 milioni dei quali 10 prodotti dal comasco.

Per quanto però questi sieno segni di progresso, è noto che dinanzi alla Francia, la Germania e la Sviz­ zera, colle quali dobbiamo competere , non siamo forti, onde bisogna escogitare tutti i mezzi possibili per sviluppare, senza perdita di tempo, in più vasta scala la nostra forza di produzione. Uno dei mezzi più efficaci per ottenere un rapido aumento della nostra produzione, sarebbe l’impianto di telai mec­ canici per la fabbricazione di tutti gli articoli leg­ geri (rasetti, lustrini, taffetas, serge), per i quali il minor costo di fattura ottenibile dai telai mecca­ nici, è condizione indispensabile per combattere la concorrenza.

Il Relatore con calda parola esclude che un au­ mento dei dazi di entrata sui prodotti esteri abbia ad essere adottato per ottenere lo sviluppo della nostra industria « noi abbiamo sempre sostenuto l’opinione — egli dice — che il miglior riparo sia quello di combattere la concorrenza dei forestieri in questi articoli colle stesse loro armi , cioè di fab -

bricarli in casa nostra collo stesso preciso sistema dì fabbricazione cui devono la loro momentanea preponderanza ». Urge quindi l’impianto di stabi­

limenti da 100 a 200 ad anche più telai meccanici riuniti; al che occorrono senza dubbio dei capitali, i quali affluiranno certamente verso la tessitura se­ rica, come affluiscono nelle industrie del cotone, della lana e del lino. — Occorre però la coopera­ zione di tutti ; non si dimentichino le scuole di se­

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L ’ E C O N O M I S T A

c'43

circa un milione di franchi, avrà 80 telai ed un laboratorio di tintoria. A Zurigo con una sottoscri­ zione tra fabbricanti si è istituita u: a scuola di tes­ situra che ha 20 telai, ed un corso di teoria e di disegno.

Abbiamo largamente riassunto (¡ueste relazioni perchè ci pare opportuno che il paese conosca più diffusamente che è possibile, sia lo stato delle nostre industrie, sia i loro bisogni. Gli egregi scrittori di quelle relazioni abbiano i dovuti elogi per la loro franca parola e per l’interessamento che dimostrano a vantaggio della prosperità nazionale.

■ E l i 01 ECONOMIA POLITICA DI PARIGI

(.Seduta del 5 maggio)

La questione che fù argomento di discussione è la seguente: Dei migliori mezzi per sviluppare il commercio esterno della Francia.

Siegfried'autore, del quesito, proponendosi di trat­ tare l’argomento dal punto di vista economico, co­ mincia col dire che il movimento delle importazioni in Francia è in progresso non solo quanto alla quantità ma anche quanto alle vie stesse per le quali i prodotti arrivano sul suolo francese. Altra volta, egli osserva, la maggior parte delle merci che la Francia era costretta ad importare in masse considerevoli per i bisogni delle industrie, toccavano Londra prima di entrare nei porti francesi; oggi mercè l'allargamento dei mezzi e delle vie di navi­ gazione, i coloni delle Indie, le sete della China, e del Giappone, le lane d’Australia pervengono diret­ tamente dai luoghi d’ origine. E le importazioni

Siegfried le trova utili non solo per il benessere dei consumatori francesi, e per le necessità indu­ striali, ma anche per alimentare il lavoro nazionale. Su questo punto, osserva l’ oratore, che la Francia presenta disgraziatamente una inferiorità deplorabile specialmente a motivo della elevazione delle tariffe ferroviarie. Egli crede pertanto che perfezionando l’ attrezzamento dei porli, e abbassando ie tariffe delle ferrovia l’importazione, si svilupperebbe rapi­ damente con gran vantaggio dei consumatori, e del lavoro nazionale. Passando alle esportazioni l’oratore, dice che il punto capitale è di produrre ad ogni costo mercanzie che convengano all’estero. Ma que­ sto non basta. Occorre venderle a buon mercato, e avere de’ numerosi agenti all’ estero che le facciano pervenire ai consumatori. E a raggiungere questi scopi Siegfried stima opportuno creare Camere di com­ mercio francesi nei grandi centri esteri; fondare a Parigi e nei grandi porti nazionali dei musei com­ merciali; facilitare lo stabilimento di negozianti, di agenti e di banchi all’estero, e di dare finalmente un maggiore sviluppo all’impianto di colonie, e alla istruzione commerciale.

Mercier riconosce che se la Francia non può dirsi in regresso nel suo movimento commerciale, non cammina pertanto di pari passo colle altre na­ zioni. È necessario per conseguenza indagare le cause di questa specie di decadenza, ed esaminare dapprima quali sono i nuovi processi di cui si ser­ vono per .are questa guerra economica alla Fran­ cia. Gl’italiani, egli dice, che fanno prova di tanta

scienza, e di tanto patriottismo allorché si tratta dei loro interessi economici, pensarono dì fare un’in­ chiesta universale. Lo stesso giorno su tutti i punti del globo, coloro che erano lungi dalla madre patria si riunirono presso i respelli vi ‘consoli per rispondere a un questionario identico. Vi si stu­ diarono non solo gli sbocchi presenti ma anche quelli dell’avvenire. Dal punto di vista della con­ correnza si prese di mira la Francia e soprat­ tutto i suoi vini descrivendone le cure negli imbal­ laggi, le etichette, e i differenti sistemi di tappaggio. S ’inviarono all’ estero le nomenclature delle case italiane. Da quell’immenso lavoro che può dirsi la scoperta di un’Italia esteriore, s’impara a conoscere che la pesca del corallo e del pesce è fatta in Al­ geria da imbarcazioni italiane sótto bandiera fran­ cese, che la navigazione del Piata appartiene a dei transfughi della marina italiana da guerra; che ban­ chieri italiani dominano al Perù e al Chili, e che italiani sono consociati nel cabotaggio e nel lungo corso nei porti del littorale occidentale dell’America del Sud. L’oratore temrina il suo discorso consi­ gliando alla Francia un’inchiesta di questa specie.

Fournier de F loix osserva che si è sparso a torto nella pubblica opinione che il commercio di esportazione della Francia sia in decadenza, e che questa opinione si è propagata al di fuori da gior­ nali di Berlino e di Vienna non che da una parte della stampa italiana. L’ oratore per mezzo di cifre dimostra che la situazione è sempre favorevole, e che a mantenerla tale occorre prima di tutto una politica estera stabile, che comprenda e difenda gli interessi secolari della Francia all’estero. E a que­ sto riguardo, egli dice, che l’abbandono del pro­ tettorato in Egitto è stato un errore assai grave. Inoltre egli consiglia di riformare progressivamente ma con risoluzione l’ insegnamento secondario so­ stituendo Adamo Smith a Virgilio, e Bastiat a Orazio, e di lavorare a modificare le abitudini casalinghe della Francia. Fournier termina il suo discorso di­ cendo che senza emigrazione non vi è colonizzazione e che la colonizzazione è il miglior mezzo di svilup­ pare la produzione.

Algave dice che le esportazioni della Francia non sono nè compromesse nè fiorenti : esse restano in uno statu quo che attesta in realtà uno stato di sofferenze economiche, in quanto che in simile ma­ teria, non progredire vuol dire indietreggiare. Que­ ste sofferenze secondo l’oratore derivano dalle m o­ dificazioni subite dalla moda, dal gusto dei consu­ matori a cui la Francia forniva le sue sete, i suoi tessuti, ecc. Un’altra causa la trova nelle trasfor­ mazioni avvenute, specialmente al di fuori, grazie a tariffe di dogana favorevoli, in varie fabbricazioni di cui I industria francese teneva da vario tempo il monopolio. Finalmente, egli dice, la questione operaia nel modo in cui è posta attualmente, con l’aumento crescente dei salari colloca la Francia in posizione molesta di fronte alle altre nazioni indu­ striali, in cui il prezzo della mano d’ opera si è mantenuto sin qui a un tasso quasi moderato.

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Fran-eia di un paio rii miliardi. Tutti i paesi ricchi e manifatturieri come la Francia e I’ Inghilterra, ma anche il Belgio, l’ Olanda, la Germania e l’ Italia, hanno un’ importazione superiore alia loro espor­ tazione. Al contrario nei paesi puramente agricoli , come la maggior parte delle repubbliche ispano­ americane, l’esportazione supera l’importazione. L’o­ ratore continua a dimostrare che la pretesa deca­ denza non si verifica neppure in ciò che concerne la marina mercantile dal punto di vista degli scambi propriamente detti. Quanto alla colonizzazione Si- moniti crede che essa debba essere favorita con tutti ì mezzi possibili inquantochè le colonie sono sem­ pre una sorgente di ricchezza per la metropoli, e quanto alla emigrazione egli opina che sia un er rore il credere che essa impoverisca un paese; in­ vece lo arricchisce poiché lo sbarazza di genie mal­ contenta e inoperosa che va a lavorare altrove, e che sovente ritorna riportando ricchezze.

Boucherot dice che il sistema di colonizzazione seguito dal governo francese è il meno adatto per dare impulso al movimento commerciale, inquanto­ chè l’iniziativa personale si trova sempre di fronte al non possumus delle amministrazioni. Perchè la colonizzazione sia efficace l'oratore crede che si debba lasciare ai colonizzatori la più ampia libertà.

Boucherot deplora poi che in Francia, anche nelle sfere le più elevate, la geografia non sia ben cono­ sciuta, e che le questioni coloniali che sono di una importanza incontestabile vengano trattate con la più gran leggerezza.

Passy è d’accordo con Simonin nel ritenere che in un paese che progredisce il valore delle impor­ tazioni oltrepassi e tenda a oltrepassare di più in più quello delle esportazioni e la differenza secondo l’oratore, è precisamente la misura del benefizio che si realizza mescè lo scambio del proprio lavoro col lavoro altrui. Egli opina che le cagioni che rendono il commercio francese insufficiente sieno perma­ nenti e che non tocchino per conseguenza che in­ direttamente a ciò che si chiama non senza esage­ razione, la crisi attuale, o meglio, la questione operaia.

B ar cay segretario onorario della Camera di commercio britannico a Parigi, rileva che esistono due grandi ostacoli al buon successo della Francia negli sforzi che essa fa in questo momento per crearsi degli sbocchi commerciali in contrade remote e sono: I o perchè essa non ha la materia prima a buon mercato, 2° perchè il suo materiale a motivo delle sue leggi sui brevetti d’invenzione è antiquato e difettoso. Per ciò che concerne le materie prime, egli dice, che vi sono dei prodotti che per una tale industria sono materie d’ impiego definitivo e per un’altra sono materie prime: questa definizione se­ condo esso ha una importanza particolare in Fran­ cia ove le industrie le più caratteristiche souo quelle che trasformano e perfezionano prodotti già fabbricati: bisognerebbe pertanto che il lavoro francese potesse avere questi prodotti a buon mercato. Quando poi alle leggi sui brevetti l’oratore trova dannoso alle industrie che esse non permettano al brevettato di servirsi delle proprie invenzioni che nel suo paese. Attesa I ora tarda molti oratori rinunziano alla pa­ rola, e quindi la seduta viene sciolta.

I NOSTRI ISTITUTI DI CREDITO

Banca di depositi e sconti di Catania

Il Consiglio di Amministrazione di questa Banca rivolgendosi agli azionisti radunati in assemblea ge­ nerale l’ H marzo decorso potò cominciare la sua relazione dicendo: « siamo lieti di potervi confer­ mare che le condizioni del nostro Istituto procedono sempre in quella via progressiva che, a buona r a ­ gione, avevano presentito; » ed aggiunge quindi: « la vostra fiducia incoraggiandoci a perseverare nel sistema di circospezione e diligente operosità che è stato la nostra guida invariabile, ha potentemente infinito a che il capitale, fiducioso anch’esso, si ri­ versasse a deposito nelle nostre Casse offrendoci i mezzi, pei quali aumentare la nostra azione bancaria a maggior vantaggio dei nostri interessi e delle con­ dizioni economiche del paese, unici obbietùvi ai quali abbiamo sempre mirato. »

Il poter manifestare con tale lieto linguaggio la prosperità di un Istituto di Credito, deve essere senza dubbio di grande soddisfazione e al /Consiglio che si sente forte del proprio operato ed alla Assemblea che lo ascolta. Vediamo ora come vi corrisponda la situazione della Banca.

La Banca di depositi e sconti di Catania venne fondata nel 1 8 7 0 ; conta adunque 14 anni di vita, ed ha succursali in^ Acireale, Biposto, Caltagirone, Modica e Milazzo. É Direttore della sede centrale il sig. cav. Domenico Piazzi. Ha un capitale versato di duo milioni diviso in 20 mila azioni; il fondo di riserva sale a L. 77,248.

Al 31 dicembre 1881 i depositi affidati alla Banca salivano a L. 7,180,611 di che L. 1,333,153 a ter­ mino e L. 5,847,458 disponibili; alla fine dell’eser­ cizio 1882 si elevavano a L. 8.032,352, quindi un aumento di L. 851,741, delle quali L. 557,697 spet­ tano ai depositi a termine e L. 293,043 a quelli disponibili.

Tali depositi appartengono per L. 3,501 mila alla sede centrale, L. 2,070 mila alla succursale di Aci­ reale, L. 1,166 mila a quella di Riposto, L. 942 mila a quella di Caltagirone, L. 432 mila a quella di Modica, e L. 18 mila a quella di Milazzo di recente fondazione.

Lo sconto diede le cospicui cifre di 11,468 effetti per L. 24,981,185, con aumento di 1975 nel numero e di L. 4,829,282 nel valore a paragone del 1881. La sede centrale scontò per L. 20,775 mila, Aci­ reale per L. 1,730 mila, Riposto per L. 897 mila, Caltagirone per L. 327 mila, Modica per L, 1,187 mila, Milazzo per L. 53 mila.

La Banca non ha che mezzo milione di lire im­ piegate in titoli dello stato. Alla line dell’ esercizio 1882 gli effetti in sofferenza rappresentavano la ci­ fra di L. 220,617.

Cosi la Banca potò alla fine del 1° trimestre 1882 dare ai suoi azionisti L. 4 per azione, ed altre L. 4,10 alla fine dell’anno, un totale corrispondente all’8,10 per cento.

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L’ E C O N O M I S T A

viene ricercato dappertutto, gii affari coi nostri cor­ rispondenti, nella cerchia del nostro Statuto, si du­ plicano quasi ogni anno, il che aumenta i vostri utili, mentre riceviamo le più belle testimonianze di stima e di considerazione. »

IL COMMERCIO DELL’ ITALIA

con la R e p u b b lic a d e ll’ U r u g u a y n e ll’an n o 1 8 8 2

Ecco quanto in proposito si pubblica dalla Direzione della statistica generale in Montevideo, d dì I I aprile del corrente anno. — Dai quadri rimessi a questa Direzione dalla Legazione della Repubblica nel Regno d’Italia, a cura del Sig. Don Paolo Antonini y Diez che si referiscono al movimento marittimo e com­ merciale dei porti di quel Regno con quelli di questa Repubblica durante l’anno ora scorso, si estraggono i seguenti dati.

Movimento di navigazione.

Entrati in porti italiani con provenienza Uru­ guaiana.

1° semestre —

l

ì vapori, 1 bastimento a vela con 18,558 tonnellate, 12,557 di carico e 5686 passeggieri.

2° semestre — 15 vapori con 16559 tonnel­ late di registro, 15569 di carico e 1751 passeggieri. Totale: 27 vapori, 1 bastimento a vela, con 35,117 tonnellate di registro, 27926 di carico e 5417 passeggieri.

Queste cifre paragonate a quelle dell’ anno pre­ cedente danno per resultato le seguenti differenze:

In meno nel 1882 — due vapori, 4 bastimenti a vela con 5197 tonnellate di registro e 1360 pas­ seggieri.

In più nel 1882 — 5658 tonnellate di carico. Partiti da porti italiani con destinazione a quelli della repubblica.

1° semestre — 28 vapori, 1 bastimento a vela con 42,102 tonnellate di registro, 19,502 di carico e 15,242 passeggieri.

2° semestre — 56 vapori, 2 bastimenti a vela con 56,408 tonnellate di registro, 20,877 di carico e 21,205 passeggieri.

Totale: 64 vapori, 5 bastimenti a vela con 98,500 tonnellate di registro, 40,379 di carico e 54,445 passeggieri.

Queste cifre paragonate con quelle dell’anno pre­ cedente presentano le seguenti differenze.

In meno nel 1882 — 2 bastimenti a vela. In più nel 1882 — 14 vapori con 50,825 ton­ nellate di registro, 16114 di carico e 8128 pas- sesrsjieri.OD

Genova è l’unico porto d’ Italia da dove sono partiti bastimenti direttamente per Montevideo. In quanto a provenienze Uruguaiane, il solo porto che le ha ricevute è quello di Genova esso pure, e questa navigazione fu effettuata con vapori di ban­ diera italiana.

Prospetto delle mercanzie esportate dal porto di Genova nel 1882, nella Repubblica Orientale, con­ frontato con quella dell’anno precedente.

A R T IC O L I V A L O R E N E L 1882 1881 O l i ... S cu d i 396, £00 S cu d i 332,300 A r tic o li n a v a li e a t t r e z z i r e l a ti v i . 88,650 70.440 I d . d i v a r i e c l a s s i ... 21,300 33-485 B ib ite d i o g n i g e n e re 224,000 167,900 R ic a m i e m e r le t ti... 10,000 9,795 C e r e a li, le g u m i e c o m m e stib ili 29 i, 000 249,840

7 ,013 C r is ta lli , sp e c c h i e v e t r i 11,000 D ro g h e , e s e n z e e m e d ic in a li . . . 90,680 20,731 F r u i t e fre s c h e e secch e . 80,600 77/211 F e r r a m i, m a c c h in e , u te n s ili d a a g r i­ c o ltu r a ... 9.190 I s tr u m e n ti d i m u sic a. 3, 480 1,512 L i b r i e sta m p e d iv e r s e . 9 ,0 0 0 5 ,012 M a r m i ... 48,790 20, 400 M a te rie p r i m e ... 16, 600 20,840 M e r c e r ie ... 11,290 5 ,027 M o b i l i ... 14,000 8 ,463 O g g etti d i b elle a r t i . . . 2 ,0 0 0 1,036 C a r t a ... 98.000 47,028 •2, 151 1,680 L a v o r i d i s tip e tta io . Ö, 000 P r o f u m e r ie . . 3 ,000 P e s c e c o n s e rv a to . 8 ,570 5 075 P i a n t e e sem i . . . 790 947 R o b a f a t ta e a r tic o li c o n fe z io n a ti. S e t e r i e ... 37,8402 ,5 0 0 41,615 1,480 T a b acco . . . . 19,000 20,000 T e s s u ti d i o g n i g e n e re . 230,000 173,400 C a n d e le e fia m m iferi . 62,948 S8; 490 1,980 11,600 L a v o r i d iv e r s i . 1,048

M o stre e a r tic o li s e n z a s p ecificaz io n e. 42,976

To t a l e . . S cu d i 1 ,8 4 7 ,3 0 0 1 ,4 0 7 ,1 8 3 D iffe re n z a a fa v o re d el 1882 440,177

Prodotti del paese importati al porto di Genova nel 1882, e provenienti dalla Repubblica dell’ Uru­ guay, confrontati con quelli dell’anno precedente.

Q U A N T IT À N E L V A L O R E N E L P R O D O T T I ' ' - I 8 8 S 1 8 8 1 D E L P A E S E 1 8 8 S 1 8 8 1 SCU D I SCU DI

O lio d i c a v a llo ..K il. » 12, 192; 1,016 C o rn a ... 40, OOC 66,691 1 ,4 2 0 2 ,447 A v e n a ... » 1,600 » 160 C a rn e c o n s e rv a ta . » 700 20( 2, 100 22 O r z o ... » 62,000 » 12,400 C e r a ... » 10( » 60 C r i n i ... » 3,300 1,504 C o g n a k ... l i t r i * 100 37 C o rd a m i . . . . K il. » 750 , 60 R a m e v ecch io . . » 600 500 66 C u o i ... 28,473 54,000 142,365 281,060 P e ll i co n c ia te d i Mon-t o n e ... 17,242 a l,771 16,500 44.700 P e ll i la n o se . . . K . 129,150 141,100 00,000 84,700 C u o i s a la ti . . . » 22 921 176 57,000 Z a m p e ... » 1 » 40 P e s c i c o n s e r v a ti . » 75 » 20 » E r b a M até . . . » 250 1 ,308 200 1, 3 0 F e r r o v ec ch io . » 121,100 3 ,240 L a n a ... » m,ooo 192,150 24, 336 95.875 F o rm e n to n e . . . » 126,500 1,070 M iele di a p i . . » » -P e ll i d i ti g r e . . » » » A r g e n to ... » 300 800 » P iu m a d i S tru z z o » 59 300

>y

U n g h ie d i b o v e. N. 29, 000 4 5 ,000 1 ,450 2,019 S a ls a p a r ig lia . . K . 50 » 60 S e g o ... » 16,000 422,450 3,510 76,041 G ra n o ... » 45, 600 2 ,736 S em i d i f r u t t i . » » 200 * 98 G e s s o ... » , i 47 ,0 0 0 189 C e n e re ... T . 100 » 2 ,500 To t a l e Sc u d i 255,555 667,998 _____i D iffe re n z a a fa v o re d e l 1881 412,443

Da questi quadri resulta :

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dei bastimenti partiti dall’ Italia per Montevideo, si ebbe poi una diminuzione nel numero di quelli giunti in porti italiani da Montevideo.

2. ° Che la esportazione italiana nel territorio uruguaiano ha seguito un progressivo aumento nel 4882, offrendo all’iiieontro una notabile diminuzione la importazione uruguaiana.

3. ° Che il numero degli emigranti italiani al Rio de la Piala è andato aumentando, mentre è diminuito nel 4882, quello che di coloro che dalla Piata fecero ritorno in Italia.

BULLETT1N0 DELLE BAiNCHE POPOLARI

Banca popolare di Messina.

— Situazione 30 aprile. — Capitale L. 80,400, riserva L. 736, de­ positi a conto corrente L. 8,-448, a risparmio L. 7 , 4 9 7 ; portafoglio L. 21,363, anticipazioni in valori, L. 4,533, su oggetti preziosi L. 2,794. Spese L. 261, profitti L. 1141. — E da avvertire chela Banca popolare di Messina conta appena p chi mesi di vita; pero lascia già sperare un prospero avve­ nire e noi lo auguriamo vivamente.

Banca cooperativa popolare di Molfetta.

— Si­ tuazione 30 aprile, anno 3° di esercizio. — Capitale L. 30,837, riserva L. 6,972 depositi a risparmio L. 87,404, Buoni fruttiferi L. 9 3 ,3 4 2 ; — portafoglio L. 223,2 67. Spese L. 4594 rendite L. 3512.

Banca di depositi e prestiti di S. Sofia. —

Situazione 30 aprile, anno 4 4° di esercizio. — Ca pitale L. 143,050, riserva L . 20,248, depositi a conti correnti L. 45,652 a risparmio L. 4 2 6 ,0 3 3 ; portafoglio L. 459,801, anticipazioni L. 216, im­ piego in titoli di rendita L. 54,940. Spose L. 1126, proli Iti L. 4281.

Banca mutua popolare Siracusana

(resoconto dell’esercizio 40°, 4882). — Dalla relazione di quel Consiglio di Amministrazione ci piace ricavare le seguenti notizie. Al 34 dicembre 1882 la Banca Siracusana aveva un capitale sociale di L . 400,000 diviso sopra 400 azioni da L. 400 ciascuna, ed un fondo di riserva di L. 51,608. I depositi a rispar­ mio durante l’ esercizio salivano alia cifra di lire 1,086,730 da L. 4,025,140 che erano al principio dell’anno, quindi un aumento di L. 64,590 essendo stato di L. 2,054,807 il movimento della entrata per questo ìitolo. Dei predetti depositi poi L. 568,687 sono mirabili con preavviso di 7 giorni, e L. 518,045 vincolati a tempo determinato. Ben a ragione il Consiglio avverte che ciò dimostra « non solo la fidu­ cia nella istituzione ma anche ¡1 nessun pericolo di una crisi istantanea cui per caso diffìcile potrebbe andar soggetta. » Anche i conti correnti ad interesse aumentarono di L. 20,555 durante il 4882, salendo a L. 84,999.

In quanto al portafoglio gli effetti scontati compresi i prestiti diedero la rilevante cifra di L. 6,370,097 cioè oltre un milione piu che nel 4881. Il numero di tali effetti fu 4823, quindi una media di L. 4320 per effetto. Ve ne furono 1628 per meno di L. 200 il. 1095 fra 200 e 500 lire, n. 748 fra 500 è mila, n. 863 fra mila e cinquemila lire, n. 252 fra cinque e dieci mila, e 46 sopra diecimila. I prestiti fu­ rono 191 per L. 73,842 di cui n. 86 sotto 200 lire,

n. 66 fra duecento e cinquecento, n. 34 fra 500 e mila, n. 5 sopra mila lire. Le anticipazioni cautate da pegno effettivo ebbero 684 partite aperte per L. 1 14,535, in aumento a paragone del 1881.

Le spese dell’esercizio salirono a !.. 94 ,3 5 5 di cui sole L. 2917 di risconto; le rendite a L. 149,497 quindi un utile netto di L. 24,871, di cui lire 12 mila furono ripartite fra gli azionisti in ragione di lire 3 per azione, essendo già state pagate lire Odi dividendo.

Terminiamo riportando le parole con cui comincia la relazione del Consiglio « il resoconto del 1882 completa il decimo anno di vita corsa nel silenzio ed in un operoso raccoglimento: vita se non volete potente, rigogliosa certo ed in continuo progresso. » Ed invero le cifre dimostrano esuberantemente la verità di questo asserto.

CROM A BELLE C A IRI! DI COMMERCIO

Camera di Commercio di Napoli.

— Nella tor­ nata del di 11 Maggio dopo avere risoluto vari re­ clami e deliberato alcuni sussidi, la Camera di Napoli si occupò di alcune proposte e voti formulati da altre Camere ili commercio del Regno.

Rapporto alla istanza diretta al Governo dalla Ca­ mera di Mantova affine di ottenere che gli uffici po­ stali non congiunti ferroviariamente al capoluogo della provincia vengano autorizzati a spedire e ricevere gruppi di valori metallici, la Commissione della rap­ presentanza commerciale di Napoli riconoscendo l’op­ portunità che il provvedimento venga adottato, e con­ siderando che l’ Amministrazione postale potrebbe autorizzare l’ammissione di pacchi postali contenenti valori dalla stessa assicurati, deliberò di appoggiare i voti della consorella di Mantova. Circa alla pro­ posta deila Camera di Arezzo rivolta al Governo e alle direzioni ferroviarie affinchè gl’ impiegati delle ferrovie sieno obbligati a suggerire le tariffe speciali e di applicarle ancora che queste non sieno dai mit­ tenti richieste per loro ignoranza, e riguardo all’altra proposta tendente a che la lana sia tolta dalla cate­ goria delle materie infiammabili , e quindi abilitala ad essere spedita a gran velocità, la Camera di Na­ poli deliberò di appoggiare ambedue i voti della rap- presentaza commerciale di Arezzo.

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