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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.01 (1874) n.26, 29 ottobre

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D E I B A N C H I E R I , D E L L E S T R A D E F E R R A T E . D E L C O M M E R C I O , E D E G L I I N T E R E S S I P R I V A T I ABBONAMENTI Un anno Sei mesi Tre mesi Un numero Un numero arretrato. In 85 . . . 20 ... 10 ... 1 . . . 8 -Gli a b b o n a m e n t i d a t a n o dal 1° d'ogni m e s e

GLI ABBONAMENTI E LE INSERZIONI

si ricevono

R O M A F I R E N Z E S. Muri» in Via, 51 I Via dol Castellacelo, 0

M I B A N C O D ' A N N U N Z I C O M M I S S I O N I E R A P P R E S E N T A N Z E

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I

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... c o

-lli un bollettino blblipgmfjco si annunjeieranno tutti quei libri di cui saranno spedite due copie alla Direzione.

Anno I - Voi. II

Giovedì 29 ottobre 1874

N. 28

SOMMARIO

l * i r i > t e e c o n o m i c a : Società Adamo Smith Gli equivoci dol vin-colismo: il lasciar f art e passare — L'insognamento dell' economia politica negli istituti tecnici tIVJ — Dell'ingerenza governativa — Rivista

eco-nomica — Le spese pei lavori pubblici in Italia (1800-79) — Il commercio della Francia durante i primi nove mesi del ISTI — Il commercia del-l' Inghilterra durante i primi nove mesi del 187* — L'unione generale dello Poste ed 11 trattato di Berna — Relazione al Ministro dell'Interno sulle spese obbligatorie e facoltative dei Comuni (Jne).

f a r t e finanziaria e c o m m e r c i a l e : Rivista finanziaria ge-nerale — Notizie commerciali — Atti ufficiali — Listini dello borse. G a r r o t t a degli i n t e r e s s i p r i v a t i — E s t r a r i o n i

P r o d o t t i s e t t i m a n a l i delle S t r a d e f e r r a t e . B o l l e t t i n o b i b l i o g r a f i c o

P A R T E ECONOMICA

SOCIETÀ ADAMO SMITH

N O T A DEI S O C I F O N D A T O R I

(continuazione)

Hillebrand cav. prof. Carlo.

De Cambray Digny conte Guglielmo, senatore del Regno.

N O T A DEI SOCI O R D I N A R I

(continuazione)

Balestreri cav. prof, Domenico — Marenghi Emilio

Cassuto avv. Dario — Cali comm. Pietro, senatore del

Regno — Contrucci avv. Antonio, giudice al tribunale

di Lucca — Cipelli B., prof, di diritto commerciale nella

R. Università di Parma.

G L I E Q U I V O C I D E L V I N C O L I S M O (continuazione v, n, 2$)

II

Il lasciar fare e passare

Nessuna delle quistioni, che a noi preme

deluci-dare, potrà essere bene svolta, se prima non ci

por-remo di accordo sul senso di questo celebre motto.

Molti, germanici o germanisti, si sfiatano a

presen-tarlo come un principio teoretico, assiomatico,

ima-ginato a priori, da, uno o più dottrinarii, che vi

avreb-bero fabbricato di sopra tutto un sistema di scienza

economica. È questo, per lo meno, uno sbaglio, anche

storico innanzi tutto. Noi crediamo necessità lo

avver-tirlo, non certamente per certa classe di dotti uomini

che meglio di noi lo conoscono, ma per quel

pub-blico innocente che, non essendo tenuto di

addotto-rarsi in economia politica, è pur costretto ad

ascol-tare ed assimilarsi le erronee nozioni che destramente

gli si vengano insinuando.

L'indole assiomatica manca sin dalla origine. 11

motto proviene da uri uomo eminentemente pratico,

e nacque come l'espressione del suo naturale buon

senso, spoglia da ogni ombra di carattere scientifico.

Colbert, invasato allora dalla manìa di organizzare,

guidare, perfezionare le manifatture del suo paese,

aprì, come usano i ministri che vogliano farsi credere

illuminati,

una specie ili inchiesta, indirizzandosi

so-prattutto ai suoi dipendenti. Tutti, com'è di rito in

simili casi, applaudirono alle idee del ministro; un

solo, per nome Legendre, allo spettacolo delle

vessa-zioni con cui pensavasi di impastoiare artigiani e

manifattori, diede questa semplice ed incisiva risposta:

ma lasciateli fare! Il pubblico la seppe e ne mormorò,

perchè in quel tempo l'aura delle popolarità spirava

attorno al ministro di Luigi X I V ; ma la risposta non

cadde in oblìo, chè anzi, circa un secolo dopo, fu

evocata da un altro uomo, pratico anch'egli, il quale,

generalizzandola meglio e compiendola" a modo suo,

disse che il miglior regime economico

per la

Bran-d a pareva a lui consistere nel lasciar fare e lasciar

passare.

(2)

702 L ' E C O N O M I S T A

e di buone idee, che avea raccolte nei suoi molti

viaggi e nudrite colla lettura di eccellenti opere

in-glesi e olandesi, vedeva i due mali che

primeggia-vano in Francia, li deplorava, e dalla larga sua

espe-rienza, e dall'esempio degli altri paesi, si persuase che

bisognava attaccarli di fronte. Lasciar fare i prodotti

delle arti, lasciar passare i prodotti dell'agricoltura,

ecco ciò che egli credette, empiricamente può dirsi,

supremo ed urgente bisogno per la sua Francia. Qui

non eravi alcuna speculazione di verità categorica,

astratta, sbucata da qualche celletta del suo cervello;

eravi un consiglio di pratica opportunità, indotto dalla

osservazione di fatti ovvii e non negati da alcuno.

Gournay non era professore o filosofo, non lasciò alcuno

scritto, e la sua vita ci è nota abbastanza, per non

lasciarci nè pur sospettare che avesse fatto i suoi stridii

nelle Università di Eidelberga o di Tubinga.

È oLiiu dtiLiu soventi, e CtaTrauoesl medesimi, clie

la fisiocrazia, nata in quel torno, abbia da una parte

allargata smodatamente la massima di Gournay, e

dal-l'altra ne abbia fatto un principio fondamentale; ma

anche questo è uno sbaglio, e più grave.

La libertà de'fisiocrati rimase precisamente

ne'ter-mini in cui l'avea limitata Gournay; nel puro ordine

della ricchezza, nell'esercizio del lavoro e del traffico,

senza contemplarvi tutto ciò che coll'ordine della

ric-chezza altro non abbia fuorché relazioni indirette.

Opere pubbliche, beneficenza, istituzioni di credito,

regime di associazioni (eccetto i corpi d'arte), in

ge-nerale tutta la categoria delle funzioni adiutrici, fu

esclusa da'loro studii. Solo l'istruzione fu ricordata da

qualcheduno, il quale ne fece, non che una funzione,

ma anzi uno stretto dovere della pubblica autorità. I

fisiocrati eran tanto compresi della importanza dello

Stato, che si mostrarono molto inchinevoli a preferire

l'assolutismo politico. Or questa condotta è

palpabil-mente incompatibile colla supposizione che eglino

ab-bian dato alla libertà quel senso assoluto e sconfinato

di cui gli odierni vincolisti si lagnano.

Più falso ancora sarebbe il dire che ne abbiano

fatto un principio fondamentale della loro dottrina.

Tutto all'opposto, essi argomentarono la libertà come

una conseguenza forzata d'un sistema economico, il

quale parlivi», Oh" pilmi « m m U di diritto naturale,

passava per certe analisi della produzione (che poi

si son trovate inesatte), giungeva al bisogno di

li-bertà, senza che mai si fossero appoggiati

suH'afori-smo di Gournay, senza averlo nè pur citato, se si

eccettui Turgot suo biografo. Certamente si strinser

la mano quando si accorsero che la libertà era la

loro comune aspirazione, come due viaggiatori che

giungono a ricoverarsi in un medesimo asilo ospitale,

venendo da due punti opposti ; certamente, amici ed

avversari, per caso o per arte, li confusero insieme;

ma non perciò è men vero che avvi fra loro la gran

differenza del metodo, della quale vedremo

l'impor-tanza più tardi. Il lasciar fare di Gournay fu una

regola trovata induttivamente, dalla immediata

osser-vazione del fatto pratico ; il liberismo fisiocratico era

una deduzione da principii attinti nella sfera del giure.

Ed è un errore che, per esser comune, non lascia di

esser madornale, l'affermare sì spesso che il liberismo

de'fisiocrati costituisca la base fondamentale, e perciò

l'essenza tutta del loro sistema ; voi potete resecarne

completamente la conclusione in favore della libertà,

senze che la dottrina fisiocratica ne rimanga per

nulla intaccata.

L'equivoco diventa ancora più mostruoso allorché

si pretende di potere attribuire allo idee di Smith la

medesima ampiezza assoluta o il medesimo

dogmati-smo primordiale, che a fisiocrati si è affibbiato.

Sicuramente, Adamo Smith amava le libertà

eco-nomiche quant'altri mai. Sicuramente, in massima

generale, egli non seppe mai consentire che entrasse

iia gli uffici dello Stato l'insana faccenda del «

sor-vegliare e guidare l'industria privata per indirizzarla

in un modo o in un altro. » Non riconobbe nel

so-vrano che tre soli doveri : badare alla sicurezza della

società ; tenere entro i limiti della più rigorosa

giu-stizia gli atti de'cittadini ; provvedere a quelle

pub-bliche opere ed istituzioni che non possano senza

scapito o danno affidarsi alla privata operosità. Ma

per vedere quanto poco in ciò fosse di sistematico

(nel senso spregiativo della parola), basterà ricordare

i casi nei quali Adamo Smith, forse dormicchiando

un po'come Omero, si mostrò deviato dal suo

prin-cipio. I punti principali dell'atto di navigazione

fu-rono da lui encomiati. A proposito de'calmieri,

am-mise l'intervento del Governo quando esistesse per

legge una corporazione esclusiva, in luogo di dire

che bisognava abrogare la legge piuttosto che voler

decretare il prezzo ufficiale del pane. Il sistema dei

drawbacks

gli sembrò assai ragionevole. Della pubblica

beneficenza si tacque, lasciandoci il dubbio che vi

avrebbe approvato le intrusioni governative. Nella

istruzione medesima, le sue inclinazioni verso la

li-bertà, come oggi s'intende, riescono tiepide. Questi,

ben lo sappimo, son piccoli nèi; ma è bene che sieno

ricordati, perchè i vincolisti conoscano come il

libe-rismo ciecamente assoluto, non appartiene nè anco

all'uomo, il cui nome è stato preso da noi come

sim-bolo dell'economia liberale.

(3)

scelte e discusse col più penetrante criterio. Chi lo

aveva ben meditato, lo ha saputo ben definire da un

tale aspetto. « Una volta lanciato il suo tema, Adamo

Smith non gli lascia più tregua; lo esamina sotto

tutti gli aspetti, lo appoggia con mille esempi, lo

vivifica con mille confronti, e, in una parola, lo

so-vraccarica d'una luce abbagliante.... In lui nulla è

arrischiato, congetturale. Non parla che di cose

pro-fondamente pensate, di città che ha vedute, di fatti

che ha verificati.... Distribuisce con arte meravigliosa

osservazioni d'ogni maniera, e il talento suo filosofico

l'aiuta a trarne il partito migliore.... Così è che non

si lascia mai questo autore, senz' essere più istruiti,

giacché, quand'anco Smith s'inganni, avrà aiutato egli

stesso il lettore a scoprire il suo errore e trovare il

modo di premunirsene. » Qualunque progresso

avve-nire che faccia 1' economia politica, soggiungeva lo

scrittore di codeste parole, sarà sempre sentito il

bi-sogno di studiare il Saggio sulla ricchezza delle

na-zioni

, e venerarvi il fondatore della scienza. — Ma

Ad. Blanqui s'ingannava! Non v'erano a'tempi suoi

i Congressi di Eisenach, nè v'erano i professori e

giornalisti d'Italia, pronti a trattare da miserabile

visionario l'autore d'un libro, che evidentemente non

hanno mai letto.

In breve, la massima della libertà non fu mai un

principio assoluto. 0 fu indotta dalla osservazione di

qualche fatto, o fu dedotta da più alti principii. P o

-teva bene, anche nel primo caso, divenire un

princi-pio: Gournay avrebbe potuto, quando ne conobbe la

necessità, affermarla come verità inconcussa ed

edifi-care sopra di essa un nuovo ramo dell'umano sapere.

Noi fece. I Fisiocrati la dedussero, ma lasciarono

in-dietro, ciò che è indispensabile complemento di ogni

deduzione, la riprova sperimentale. Smith si condusse

in senso inverso. A tutto rigore può dirsi che principii,

propriamente detti, egli abbia finto di non averne;

in-dusse

sempre; ma, a differenza di Gournay, non si

mosse sotto l'impulso delle sue impressioni, partì

in-vece dalla più ampia osservazione de'fatti; e il rigore

della sua analisi andò sempre a incontrare una sola

e medesima conclusione: bisogno di libertà.

Un difetto, cosa ben chiara, vi ha in codesti due

metodi, adoperati isolatamente. Non si completano.

La libertà, come ogni regola di sociale condotta, deve

avere del pari la sua dimostrazione dottrinale, e la

sua riprova sperimentale. E questo è il doppio lavoro

a cui gli economisti posteriori si diedero.

Di passo in passo rimontarono sino ai primi fatti

della coscienza; e così han cercato di venir costruendo

una economia politica rigorosa, compassata, che un

giorno potrebbe non aver nulla da invidiare alle scienze

più esatte. Ma nel lavorare in tal senso, han dovuto

avvedersi come, da tutti i lati, si riusciva

costante-mente alla medesima conclusione dei Fisiocrati.

Spie-gando a modo di circolo tutti i fenomeni della vita

economica, videro partire da ogni punto di questa

cir-conferenza innumerevoli raggi che andavano tutti a

trovare per loro centro nient'altro che libertà.

Al tempo medesimo l'ban torturata, l'ban messa

a severissime prove dell'ordine pratico; e qui pure

co-stantemente han trovato, o creduto, se così vuoisi,

di aver trovato che ogni libertà violata è il primo

anello da cui si genera una lunga catena di mali,

immensamente maggiori di quelli a cui la violazione

pretenda di aver portato rimedio.

Se quest'opera fosse compiuta, la prova della

li-bertà riuscirebbe perfetta. Ma nulla può mai dirsi

compiuto nel mondo. Gli economisti lo sanno bene

;

e però non contrastano che si possano rinvenire,

ipo-teticamente, o nuovi metodi deduttivi i quali non

vadano ad incontrare il centro della libertà, o nuovi

fatti capaci di smentirne i vantaggi. Ma questi tre

quarti, che già sono scorsi, del secolo X I X hanno

in-segnato tutt'altro. ugni nuova analisi de'lenomem

eco-nomici, istituitasi nell'ordine puramente teorico, ha

scoperto nuovi legami tra le verità metafisiche e la

ostinata conclusione per la libertà; come ogni nuova

osservazione di fatti sopravvenuti nella sfera pratica

ha confermato i vantaggi dello applicarla, i danni del

violarla. Quindi è che, in quei medesimi punti sui

quali da Smith in poi si dubitò di non poterla

adot-tare, le obiezioni mano mano s'impallidirono. Chi può

mai prendere oggi sul serio le rare aspirazioni che

osano ancora manifestarsi verso la velleità di

prote-zionismo doganale? Sparirono le apprensioni di

Si-smondi intorno agli effetti della libera concorrenza e

(4)

704 29 ottobre 1874

Tale è la storia del Lasciar fare e passare. Àbbiam

sentito il bisogno di accennarla, così in ìschìzzo, per

poter mostrare un po' chiaramente ai nostri lettori in

che consista ed a qua! firn? si adoperi Vequivoco di cui

si giovano i vincolisti.

Consiste, primieramente, nel far servire il motto dì

Gournay come prova della sterminata ed insensata

ampiezza che noi diamo al liberismo eóonomicO. Da

più ohe 60 anni, quel motto fu già Volgarizzato nel

mondo. In tutte le opere economiche, anche le

tede-sche non molto recenti, venhe sempre T occasione di

rammentarlo ; e gli scrittori, che n' ebbero una

cogni-zione non molto confusa o non a posta alterata,

av-vertirono sempre quaì'era il senso e la portata di

quella forinola, in quali modi si fosse fraintesa, o si

sarebbe potuta abusare. Ma non importa: i giornali

italiani ne parlano ora come se ora apparisse per la

prima volta; la prendono letteralmente come

l'inten-derebbe una donnicciuola del volgo; non mostrano

d'aver mai udito in che maniera, sin dalla origine,

siasi spiegata, e poi mille volte cementata e chiarita.

Lasciar fare, lasciar passare!

ma ciò evidentemente

significa abbandonare le redini a tutto il malvolere

de'tristi; vuol diro licenza, impunità, usurpazione,

ac-caparramento, usura, frode, indolenza.... completa

anar-chia e barbarie; vuol dire tal cosa sì strana, che la

serietà togata della Perseveranza di Milano, la

demo-crazia del Diritto dì Roma, e l'adamitica semplicità

del Tempo veneziano, tutte si trovami d'accordo a

rimanerne stupefatte, inorridite egualmente. I

vinco-listi di professione non potevano, in verità, scendere a

un sì basso grado d'idiotismo economico; ina

lascia-rono dire.

Per altro, togliendo ad imprestito ora i frizzi

di Scliònberg e Wagner, ora le vaporose osservazioni

di Cairnes, avevano sotto la mano un più solenne

fra-sario. La massima fisiocratica poteva esser detta una

libertà sconfinata,

un sistema negativo, un brevetto

d'im-becillità

conceduto al Dio-Stato, il nichilismo

governa-tivo.... In sostanza venivasi a dire lo stesso; ma

del-l'uomo munito di codeste espressioni profonde e

miste-riose, niuno avrebbe osato affermare che ignorasse il

senso del lasciar fare e passare, sì sarebbe tutt' al più

dovuto supporre che, per tattica di partito o per

arti-fizio oratorio, tìngesse ignorarlo.

Ma non è tutto. 1 Vincolisti sono infaticabili poi

nel voler dare ad intendere che, da Quesnay infinò a

noi, la libertà fu presa come un principio

arbitraria-mente prestabilito, Così possono a man salva

respin-gerla, come d'ogni capriccio può farsi; e si figurano

di avere acquistato uno scqdo, buono a difenderli da

qualsiasi obbiezione promossa contro ogni proposta di

ingerenze governative.

Dovunque, infatti, le loro ragioni vacillino, invece

di arrendersi confessando i propri errori, di fatto o di

logica, vi buttano in faccia l'accusa del dogmatismo.

Vogliono favorire un commercio a detrimento d ' u n

altro? o incasennare l'istruzione? o monopolizzare

l'esercizio del credito? Voi avrete un bel dimostrare

che la protezione doganale si risolve in un

deplora-bile sciupamento di sociale ricchezza, o che

l'insegna-mento ufficiale può facilmente divenire la pedanteria

elevata a sistema legale, o che i banchi privilegiati

non servono che a strozzare l'esercizio del credito; voi

potete appoggiarvi sulle argomentazioni più limpide,

sui fatti più certi, sulla esperienza più mondiale; che

giova? lo scudo è pronto: voi siete ottimisti fanatici,

non avete che un sol sistema, un sol principio, un

SOlo Dio : lasciate fare e passare.

A complemento di questa tattica, che fin qui sarebbe

una semplice prova di volgare ignoranza, vi si

aggiun-gerà qualche cosa che senta di consumata malignità.

Si dirà, pel' esempio, che voi pretendete usurpare mi

impero tirannico e fazioso, e vi lanceranno l'insulso

sarcasmo di Consiglio de'dieci. Ma qui dobbiamo

ar-restarci, perchè qui già sì tocca il confine della

po-lìtica, che abbìam giurato a noi stessi dì non varcare.

Confesse! emo ben volentieri che simili artificii sono

molto acconci a sgomberare, per chi li adoperi, la

gra-dinata del Campidoglio; màfacciamoci cuore! la scienza,

col SUo passo di piombo, raggiunge tutti; e poi chi noi

sa? dalla corona del Campidoglio all'abisso tarpeo

Corrono appena due passi.

L'INSEGNAMENTO DELL'ECONOMIA POLITICA

NEGLI ISTITUTI TECNICI

IV

(continuazione rodi n. 2b)

Nel capitolo intitolato ripartizione vediamo che sì

ragiona della distribuzione della ricchezza in generale,

della genesi del salario, della genesi della ripartizione,

del mercato generale del lavoro, del risultati generali,

di cenni sulle principali qnistioni ed istituzioni

rela-tive alle condizioni degli operai, di nozioni sulle idee

socialiste e loro generale carattere, della popolazione e

importanza capitale

delle ricerche che vi si riferiscono ;

frasi e modi tutti, i quali nulla hanno dì precisione,

anzi ne sono l'opposto.

La legge di Malthus è lo spauracchio del nostro

programmista. Egli si contenta di dare una semplice

storia della quistione,

e si affretta ad indicare che si

spieghino i principii della demografia, i quali hanno

una maggiore attinenza con la statistica. Conveniamo

che i principii di demografia riescono indispensabili,

come dice il programmista, per trattare l'economia

propria

della popolazione; ma siccome gli alunni di

economia apprendono la statistica, e quindi i principii

demografici, bastava un semplice rinvio o richiamo,

senza esporre qui tutte le teorie demografiche. Ma

affrettiamo questa noiosa indagine e veniamo alla

(5)

dei cenni della genesi, del meccanismo ed altri simili

arzigogoli; abbiamo Vordine dei consumi, dopo che

già si sono fatte di essi le opportune distinzioni, e via

dicendo.

Assolutamente fuori di posto si è l'argomento della

rendita lorda o netta, il quale doveva essere svolto

o nella produzione o nella ripartizione; che cosa abbia

da fare la rendita nei consumo, aneo il cervello più

acuto non riesce a comprendere, salvochè non si voglia

esprimere l'alto concetto, che olii non ne ha non ne

spende, e che chi ha scarse rendite non può fare che

limitati consumi.

Nè meno degna d'attenzione è quell' altra frase

mi-sura

della ricchezza d'un paese ad un momento dato.

Che si cerchi di determinare la ricchezza di un paese

lo comprendo, ma che la si misuri panni un po' troppo,

1

ed anche questa materia è spostata, e si meraviglia

di trovarsi fra i consumi. Altro argomento estraneo ai

consumi si è il seguente: Se sia possibile un eccesso

generale

e costante della produzione e conseguente

in-gombro di tutte le vie di smercio; eccessi e

equili-bri parziali ecc. È evidente che tutto questo doveva

essere svolto alla parte della produzione e della

cir-colazione,

perchè appartiene ai calcoli propri del

pro-duttore ed alle crisi commerciali. Parlare dell' over

trade

nel consumo, è un richiedere che o non se ne

parli quando si tratta di una delle forme delle crisi,

0 che si faccia una ripetizione.

Ancora due o tre importanze, due o tre nozioni

sommarie

a proposito del credito pubblico e del

si-stema tributario e questo non bel programma finisce.

Con esso si raggiunge perfettamente l'intento che

l'autore sembra essersi proposto di sostituire ad una

trattazione coordinata, un affastellamento di nozioni

economiche senza nesso e senza concatenazione. A buon

diritto questo venne detto il programma degli

agglo-merati:

il più delle materie si trovano fuori di luogo.

La statua venne infranta ed i rottami divisi in quattro

sacchi; e questo è metodo!

Taluni, fortunatamente pochissimi, trovano che

que-sto programma è ottimo, perchè lascia molta libertà

di movimento, perchè quel ficcare materie fuori di

posto, lascia campo che l'insegnante imiti l'e3empio

del programmista, scuotendo questi tirannici vincoli

dell'ordine; approvano del pari quei speciali e quei

generali,

quei cenni sul, idea del, concetti di, ed altre

simili generalità, che slanciando la fantasia nelle

in-certezze nebulose, lasciano che essa possa meglio

va-gare fuori di quelle vecchie e diritte vie

manchester-riane, che avevano isterilito la scienza.

Oltre gli ammiratori ad ogni costo, abbiamo eziandio

1 Papi dell'economia politica. Un di costoro che scrive

con le frasi piene di barbagli, di rinfrangimenti, di

sprazzi, che son propri dell'onorevole d'Oderzo, se la

piglia un po' grossolanamente con chi scrive queste

critiche. Per dare una risposta alle osservazioni da noi

fatte in questi articoli, sapete ciò che dice questo

furibondo signore in un articolo dell 'Economista

d'Ita-lia?

Sfrombola un argomento, contro il quale non vi

ha nè corazza, nè scudo, nè elmetto. Piegate la testa

o lettori e giù il berretto. Il signore dice che le

obie-zioni fatte non valgono nulla, perchè chi scrisse il

programma da noi criticato è nientemeno che l'illustre,

l'impareggiabile, Messedaglia!

Diamine! confessiamo che veramente non ci

atten-devamo argomenti così calzanti da coloro che ogni dì

accusano gli Smithiani di essere autoritari, di porsi

a riparo dei grandi nomi, di essere addirittura i dieci

e per di più infallibilisti!

Non vi avvedete carissimi, ma intollerantissimi amici

che quella frase « è scritta proprio tutta di pugno del

Messedaglia » dimostra che voi nuotate in pieno

in-fallibilissimo? Ebbene che c'importa che sia il

Messe-daglia o il Cossa o lo Scialoia od il Lampertico? Sta

a vedere che questi signori per quanto dotti, cessano

di essere uomini, non possono sbagliare e che in lor

vita non hanno mai fatto qualche lavoro un

po'trascu-rato e pigliato mai granchi! Altro che nomi sonori,

amici cari, ci vogliono; si richiedono buone e

convin-centi ragioni. Questo programma è un pasticcio; tanto

peggio pel Messedaglia se egii ne è il padre putativo;

questo prova che anche le madri più belle possono

avere aborti o partorir mostricini.

Ma lo scrittore dell 'Economista d'Italia, non solo

grida al sacrilegio sostenendo l'infallibilità dei suoi

Papi indiscutibili, verbo vivente, dell'economia

poli-tica; ma con un piglio anzi addirittura con un

cipi-glio da pedagogo verso lo scolare e tale da

disgra-darne proprio un membro del Consiglio dei Dieci,

minaccia quel professore, il quale mancando ad ogni

convenienza e ad ogni principio di disciplina, invece

di porgere umilmente le sue osservanzioncelle al

Con-siglio superiore degli Istituti, ed al ministro, osa

ri-velare con piena franchezza tali difetti al pubblico

lanciando per mezzo della stampa, tali osservazioni

in-consideratamente (poveri noi!) nel vortice della

pub-blicità! (Vedi giornale citato n. 42, pag. 542). Chi

avrebbe creduto-che si fosse trattato di cose sacre e

di segreti di Stato?!

E costoro si dicono amici della libera discussione e

della verità? Davvero ohe ad ogui momento sotto la

vernice di una calma studiata, apparisce il despota

ed il tiranno. Ma che varrebbe armarsi di staffile

contro chi vuol pensare da per sè ed ama l ' i n

-gerenza, perchè vuole, quando egli sia Governo,

so-stituire ad ogni principio il suo volere. Si raffreni

ancora per poco, egli sarà presto Governo, ma non

per questo egli creda trovar da per tutto uomini che

si lascino impaurire dalle sue mal celate e mal

re-presse minacci e.

(6)

706 29 ottobre 1874

DELL'INGERENZA GOVERNATIVA

Le discussioni accademiche sono quasi sempre

ste-rili ed irritanti, ed a risolvere le questioni scientifiche

non bastano le metafore e le frasi sonore, ma è d'uopo

scendere sul terreno dei fatti; anche nella scienza il

miglior controllo della teoria è la pratica. Giacché

adunque oggidì si è sollevata la discussione sulla «

fun-zione economica spettante allo Stato odierno » bisogna

abbandonare le nuvole della rettorica, e studiare il

quesito, colla scorta dei fatti, cercarne la risoluzione

colla stregua della storia e dell'esperienza.

Ma per essere pratipi, bisogna anzitutto usare un

linguaggio che sia da tutti compreso, ed intendersi

sul senso delle parole che si usano. I nostri avversarii

hanno posto la questione in questi termini «

investi-gare quale funzione economica spetti allo Stato odierno,

perchè la libertà diventi ognora più certa e feconda. »

Che cosa s'intende di dire colle parole: funzione

economica dello Stato odierno ? Ecco la prima ricerca

che dobbiamo fare per rispondere ai nostri avversari,

se pure non vuoisi rinnovare la famosa disputa dei

dotti accademici sul verso: pape satan, pape satan

aleppe.

E, per dir vero, le parole dei nostri avversarii ci

sembrano di colore oscuro, o, per lo meno, molto

va-ghe, tali da ammettere varie interpretazioni.

Per indovinare il senso, usiamo il sistema analitico

delle esclusioni. Funzione economica: Si vuol forse

parlare dell'azione dello Stato nella tutela dell'ordine

pubblico? pare di no, perchè non è l'economia politica

che si occupa del diritto e del dovere nello Stato di

difendere la nazione dalle aggressioni esterne, e di

tu-telare l'ordine pubblico interno, ma bensì sono la

scienza politica, l'internazionale, l'amministrativa. E

vero che i nostri avversarii presero le mosse da un

fatto che interessa l'ordine pubblico, cioè dal fatto

che fanciulli di troppo tenera età sono impiegati nelle

officine ad un lavoro faticoso che ne rende atrofica la

esistenza, m a certo anch'essi comprendono, che se lo

Stato può e deve intervenire a far cessare questo

abuso, non è che in forza del dovere che ha di

sorve-gliare la salute pubblica; d'impedire quei fatti che

possono nuocere alla salute dei cittadini, a quel modo

istesso, che l'autorità sorveglia i mercati, sequestra le

derrate corrotte, vieta gli esercizii ginnastici

perico-losi, proibisce la tratta dei bianchi. In ciò non vi ha

un fatto economico, ma una misura d'ordine pubblico.

E se di quest'azione dello Stato si volesse parlare non

vi potrebbe essere discussione, perchè tutti sono

d'ac-cordo nello ammetterla.

Non pare neppure che si voglia alludere

all'ammi-nistrazione della giustizia per parte dello Stato. È

troppo evidente che dallo Stato solo deve dipendere

l'amministrazione della giustizia civile e penale, non

potendo questa lasciarsi in balìa dei privati, senza

distruggere ogni vincolo sociale. E se ci si dice, ad

esempio, che lo Stato deve prevenire e punire il

ba-garinismo, gli scioperi violenti le coalizioni criminose,

che deve rendere giustizia all'operaio come al padrone,

tutelare con leggi il salario contro il capitale, siamo

d'accordo. Si parla forse dell'azione che lo Stato

eser-cita e deve esereser-citare amministrando la cosà pubblica?

Neanche su ciò può esservi contesa, perchè da tutti si

ammette che lo Stato è un ente con personalità

pro-pria, distinta da quelle dei singoli cittadini, e che

per-ciò ha interessi suoi proprii, cui esso solo deve

ammi-nistrare; che questi interessi, sebbene in definitivo

riflettano il benessere sociale, sono però distinti

da-gli interessi dei privati. E niuno nega la ragione di

essere della amministrazione governativa, per quanto

la si desideri semplice e decentralizzata, nè la

le-gittimità di quei provvedimenti che il Governo emani,

per regolare i suoi rapporti cogli altri corpi

costi-tuiti o coi privati.

Non è dunque di ciò, che intendono ragionare i

nostri avversarii: escludiamo dunque che quest'azione

economica

riguardi l'ordine pubblico,

l'amministra-zione della giustizia, l'amministral'amministra-zione governativa.

La parola economica fa supporre che si voglia solo

parlare di ciò che fa speciale oggetto della scienza

economica, cioè la produzione e la distribuzione della

ricchezza. A questi due fenomeni si rannodano e si

riferiscono tutti i problemi dell'economia politica, e

le ricerche dei nostri avversarii sono dunque rivolte

« all'azione che lo Stato possa e debba esercitare nella

produzione e nella distribuzione della ricchezza.

Ridotta a ciò la questione, essa perde quella

ver-nice di novità che vi hanno dato, e non è altro che

le vecchia tèsi, cotanto discussa già fra la scuola

pro-tezionista e la scuola di Manchester, riproposta sotto

nuove forme, e con nuovi pretesti.

Ma si parla dello Stato odierno, parola che ha

pur bisogno di essere spiegata; pare che non si

vo-glia fare uno studio astratto, che non si vovo-glia

stu-diare la funzione dello Stato in genere, qualunque ne

sia la forma; pare anzi che si escluda la forma di

Governo all'antica, in cui la volontà del capo dello

Stato era legge.

E siccome si studiano i casi nostri, pare anche si

voglia escludere la forma di Governo repubblicana

in cui i poteri legislativo ed esecutivo sono raccolti

in una sola persona, od in un solo collegio di

otti-mati; ma che si voglia accennare al Governo

costi-tuzionale, monarchico o repubblicano, in cui i due

poteri, legislativo ed esecutivo, sono ben distinti, e

funzionano separatamente. Questa infatti è la forma

di Governo, che può dirsi odierna.

Però, senza essere troppo scrupolosi sulla proprietà

delle parole, notiamo che Stato non è sinonimo di

Governo, ma indica un'estensione di territorio

popo-lato che non è Nazione.

(7)

po-tere che governa la Nazione, distinto in legislativo

ed in esecutivo; noi chiediamo di quale dei due si

vuol parlare, del primo, o del secondo, o di tutti

e due?

Ben diversa è la cosa, se vuoisi che questa

fini-zione economica si eserciti con leggi dal potere

legi-slativo, o con azione spontanea dal potere esecutivo.

Altro è che una legge regoli il lavoro dei fanciulli

nelle officine, temperi gli scioperi, misuri i salarii,

diriga la produzione o il consumo, altro è che il

Mi-nistero intervenga con un decreto, o con un ukase

prefettizio a dirimere controversie fra operai e padroni

a sciogliere una società operaia. La questione di

di-ritto si collega colla questione di utilità.

Dunque è di questa ingerenza del potere legislativo

e del potere esecutivo nei fatti della vita economica

sociale, che si vogliono studiare e fissare i confini.

E noi pure tenteremo questo studio, lieti, che siasi

riaperta la discussione su tal materia, in cui i vecchi

pregiudizi rigermogliano sempre con nuovi colori. Ma

prima ci pare utile dare uno sguardo allo stato attuale

pratico della questione, onde vedere, se per caso,

in luogo del bisogno di allargare i confini

dell'inge-renza

1

governativa, non sia sentito e vivamente il

bi-sogno di restringerli. E fin d'ora diciamo, con riserva

di provarlo, che in Italia vi è soverchia ingerenza

go-vernativa nella vita economica della Nazione, che

l'Italia è in preda ad un fatale socialismo burocratico.

(Continua).

RIVISTA ECONOMICA

Nuovi meeting» iu favoro dello elussi agricolo in Inghilterra, — L'ultimo sciopero degli agricoltori di Suffolk Norfolk e Lincoln. — La riunione dell'associazione inglese degli operai minatori (Amalganated association of miners) e lo sciopero del Wigan. — Altri scioperi in Inghilterra fra i minatori. — Lo sciopero di Kidderminster. — I proventi delie imposte in Francia. - li bilancio preventivo del 1875 in Austria.

Facemmo cenno nella passata rivista di un'agitazione che si andava accentuando nelle contee occidentali del-l'Inghilterra in favore dei coltivatori del snolo, ed annun-ziammo che un gran numero di riunioni erano state tenute allo scopo di suscitare una profonda commozione nell'opi-nione pubblica a profitto di tali operai. Questi meetings hanno continuato a tenersi in gran numero anco nella presente settimana e sono forse il preludio di conflitti più gravi fra i diversi elementi di lotta che sono in azione e di cui non può dissimularsi l'importanza ; l'inerte resi-stenenza dello spirito di conservazione radicato nella so-cietà, i sogni fantastici dello speculatore, le aspirazioni che sorgono dai numerosi strati dei nulla-tenenti, sono al-trettante forze in contrasto il cui urto non può a meno di produrre di tempo in tempo qualche esplosione disastrosa. Sono stati tenuti meitings a Exeter e a Wellington ove gli oratori hanno fatto desolanti pitture dello stato presente degli operai agricoli dicendolo intollerabile, ma sul punto dei rimedi pratici a tale condizione i suggerimenti non sono stati all'altezza della loro eloquenza. Dappertutto si è consigliato gli operai a rimanersene tranquilli ed a di-rigere i loro sforzi per cercare di essere rappresentati in

Parlamento. A Wellington vi ò stato un rimarchevole di-scorso del signor Newman il quale con molta erudizione ha voluto dimostrare appoggiandosi alla storia che le isti-tuzioni sociali ed il progresso civile non sono assicurati se non che da una larga partecipazione al possesso del suolo per parte di coloro che lo coltivano, ha parlato dei vari paesi ove le leggi ordinatrici di una migliore distribuzione della proprietà fondiaria avevano suscitato nella massa della popolazione un sentimento di attaccamento tenace verso la patria e le sue leggi, ed ha citato fra questi la Prussia ove le riforme di Stein e di Hardenberg dopo la disorganizzazione che derivò dalla catastrofe di Jena, ren-dendo i contadini inamovibili dal suolo, erano appunto in-dirizzate a tale scopo. Ha poi prognosticato all'Inghilterra un doloroso avvenire quando non cerchi di provvedere a entrare su questa via.

I nostri lettori rammenteranno il formidabile sciopero avvenuto poco tempo fa fra le classi operaie delle contee eli Buffo lk eli Norfolk o eli i/incolli. in oni ai '.etkìIMÌ1 l'i una,

nuova potenza di recente creazione; l'Unione agricola na-zionale promossa due anni or sono dal signor Joseph Arch ed organizzata a somiglianza delle unioni dei mestieri (trades unions) e con lo stesso scopo. I fittaioli che disde-gnarono di entrare in trattative con questa nuova società diedero licenza a tutti gli operai che fossero ascritti nelle sue file, e dopo una lòtta di varie settimane l'Unione stessa dovette consigliare i suoi affigliati a sottoporsi alle condizioni che loro venivano imposte. TI signor Areli in una delle riunioni dei giorni decorsi a Wisbeacli in favore delle popolazioni agricole, ha pronunziato un discorso in cui ha detto che l'ultima erisi è ben lungi dal potersi chiamare una disfatta per gli agricoltori di cui già 900 piuttostochè sottoporsi alle pretese dei patroni hanno la-sciato il distretto per mai più tornarvi, ed 870 hanno ri-preso il loro lavoro presso i fittaioli senza cessare di ap-partenere all'Unione. Veramente non è senza tristezza che si può chiamare col signor Arch questo avvenimento un trionfo, quando si rammenti che gli scioperanti si videro abbandonati dall' Unione che non aveva più denari da somministrar loro, e che senza risorse sufficienti aveva provocato il loro abbandono dal lavoro.

Lo sciopero è un'arme di guerra terribile in mano delle classi operaie ma è un'arme a doppio taglio, e l'esperienza dimostra sempre più largamente ch'essa riesce la maggior parte delle volte disastrosa per coloro che se ne servono.

Un reputato periodico francese fa osservare con molto senno che dacché questo mezzo di lotta è entrato nelle abitudini delle popolazioni industriali dell'Inghilterra la loro esistenza ha preso un carattere di scoraggiante in-stabilità.

(8)

nell'ina-708 29 ottobre 1874 zione,del capitale sprecato, vi è l'altro assai più doloroso di

una continua mobilità nella condizione dell'operaio e un continuo spostamento dei suoi interessi che nuoce alle sue abitudini di temperanza e di risparmio nei momenti di elevazione del salario e gli procura tormentose pri-vazioni nei periodi di abbassamento.

A queste idee sembrava inclinare sir Thomas Halliday quando nel discorso ch'egli pronunziò qualche giorno fa a Birmingham, nella riunione dell'associazione generale degli operai minatori (Amalgamated association of Mi-nerà) di cui egli ò il presidente si dichiarò apertamente nemico delle coalizioni.

L'associazione generale dei miniatori è la più potente fra le unioni di mestieri dell'Inghilterra e tiene semestral-mente un congresso dei delegati dei diversi distretti ove ha degli affigliati, per discutere gli affari che interessano la società. Ultimamente a Birmingham erano riuniti i de-legati di trentatre distretti minerarii.

Il numero dei membri di questa associazione che era di 106,368 il 30 marzo 1874, non era più alla fine del settembre ult. pass, che di 57,706, e questa forte cifra di diserzioni era dovuta alla mancanza di lavoro in conse-guenza della crisi industriale ed alle forti contribuzioni in denaro reclamate dagli affigliati per sostenere gli scioperi dello Staffordshire meridionale e di Barnley.

L'ammontare delle spese sostenute in queste due circo-stanze ci danno un'idea della straordinaria potenza delle associazioni inglesi dei mestieri. In questi ultimi sei mesi la somma di 55,645 ls. (circa 1,400,000 fr.) è stata spesa da questa potente società di minatori per sostenere senza successo lo sciopero dello Staffordshire del Sud e 10,548 ls. (265,000 fr.) sono stati consacrati ad appoggiare quello del distretto di Barulez.

Queste forti sovvenzioni hanno scosso fortemente le forze dell'Unione. Il signor Halliday dichiara di essersi fatto costantemente una regola di consigliare con insistenza agli operai l'arbitraggio e di indurli a fare le maggiori concessioni. Il comitato direttivo di questa associazione ri-fiuta adunque in questo momento qualunque appoggio ad uno sciopero che non abbia avuto il suo preventivo as-sentimento, ecl è questa linea di condotta che tiene anco di fronte agli operai minatori di Wigan che si sono messi in isciopero in numerò di 14,000.

La proposizione di .resistere alle riduzioni imposte dai patroni per mezzo dello sciopero fu sottoposta ad un mee-tings di operai nel quale sembra che la maggioranza si pronunziasse in favore dell'accettazione delle condizioni dei patroni, ma i promotori dell' agitazione non vollero sottomettersi a questa specie di plebiscito, perchè in esso avevano votato anco buon numero di donne.

GÌ' intraprenditori dei lavori di miniere esigevano in quel distretto una riduzione di 15 (RO sopra i salari, ed il comitato direttivo dell'Unione consiglia agli operai che non sembrano per altro disposti a venire per ora ad ac-cordi di accettare una riduzione del 10 0i0.

La cronaca degli scioperi in Inghilterra è sempre molto numerosa, e per chi tenga dietro a studiare il movimento dei rapporti fra il capitale e il lavoro può di continuo of-frire una larga mèsse di fatti da osservare con profitto. Oltre la grande coalizione di Wigan, fra gli stessi operai minatori possiamo registrare della minaccie di scioperi a

Bristol. I patroni di questa regione hanno fatto avvertiti gli operai che i loro salari dovranno esser ridotti di un 12 0i0 (da 24 a 21 seell. la settimana). Gli operai cosi mi-nacciati si sono rivolti all'Unione la quale ha dichiarato di non poterli sostenere ai termini dei propri statuti, per-chè in quel distretto vi è un numero troppo grande di quotizzazioni arretrate. — Un altro sciopero pronunzia-tosi nelle miniere carbonifere del Northumberland dove i patroni avevano risoluto una riduzione nei salari del 20 0]P, e stato scongiurato in seguito ad un meeting di delegati dell'Associazione di minatori di quel distretto tenuto venerdì scorso a Newcastle-on- Tyne nel quale fu preso a gran maggioranza di voti la decisione di accondi-scendere ad un arbitrato intorno alla proposta riduzione dei salari.

Ed ancora non abbiamo finito con la cronaca degli scio-peri in Inghilterra. Kidderminster è una città di 15 a 18 mila abitanti conosciuta per le sue grandi fabbriche di tappeti in cui oltre a vastissimi capitali trovano impiego un grandissimo numero di operai i quali da qualche giorno si sono messi in isciopero.

Lo sciopero non è provocato come al solito da una que-stione di salari ; esso è avvenuto da che fino ad ora tanto nelle fabbriche di tappeti come nelle altre officine non erano stati impiegati che degli uomini, ma da qualche tempo a questa parte si vanno introducendo anco le donne nelle manifatture e contro questa innovazione gli operai protestano e reclamano la espulsione del sesso debole dai lavori.

E solo a questa condizione che gli operai accettano un arbitrato, ecl essendo in possesso di un capitale che per-mette loro di resistere e di aspettare il risultato della lotta e trovandosi associati con tutti gli operai che lavorano al-l'industria elei tessuti, trovano un appoggio che li rende forti e minaccia di prolungare la coalizione e di renderla calamitosa.

Dalla tabella pubblicata dal governo francese sopra gì' incassi del Tesoro durante i primi nove mesi del 1874 ricaviamo che le contribuzioni dirette continuano ad esser pagate con la solita esattezza, e non solo son pagati i dodicesimi scaduti, ma sono anche anticipati in gran parte quelli da scadere. Le anticipazioni sono più consi-derevoli di quelle dell'anno scorso ; ma le spese di liti sono per altro più elevate che durante l'esercizio prece-dente, tuttavia non raggiungono chd'fr. 1 46 per 1000 fr. di riscossione. L'imposta del 3 per cento' sui valori mobili dà ottimi risultati; fu calcolata per l'anno intiero in 32,000,000 fr. e nei primi nove mesi ha già reso franchi. 26,315,000.

Le imposte indirette sono inferiori di 34,000,000 alla cifra prevista, ma esse vanno prendendo adesso un assai migliore indirizzo. Il deficit dei primi sei mesi in questo cespite d'entrata era di 26,732,000 fr., quello del solo mese di luglio fu di 7,664,000 fr., al contrario il mese di agosto non ha presentato che un deficit di 2,070,000 fr. ed il mese di settembre offre un eccedente di 2,310,000 fr.

(9)

Nel Reichsrath austriaco riunitosi gli ultimi giorni della settimana scorsa il Ministero delle finanze della mo-narchia cisleithana sig. De-Pretis ha presentato il primo giorno della sua apertura il budget preventivo per l'an-no 1875, di cui diamo qui sotto un prospetto.

S P E S E D E L L O S T A T O

Ordinarie Straord. Totale Differenza

col 1874 Fiorini valuta Austriaca

Lista civile 4,650,000 4,650,000

Gabinetto partic laro di S. M. 74,295 - 74,29; ' 200

Parlamento 648,365 1,000,000 1,648,368 + 498,065

Coite suprema 22,000 — 22,000 - 2,600

Consiglio dei Ministri . . . 620,542 620,542 - 2,458

Ministero d e l l ' I n t e r n o . . . . 16,596,768 3,056,101 19,652,869 - 737,331 Minist. della difesa Nazionale 7,417,000 1,000,000 8.417/00 — 413,000 Minist. del Culto ed Istruzione 13,450,282 3,818,005 17,268,287 + 623,412 Ministero delle Finanze . . . 09,744,748 2,057,853 72,402,596 + 326,596 Ministero del Commercio . . 20,811,044 2,733,200 23,544,244 + 18,144 Ministero d'Agricoltura . . . 10,325,760 1,045,880 11,971,640 + 708,140 Ministero di Giustizia. . . . 19,400,990 1,214,350 20,615,340 + 995,480

Corte dei Conti 157,000 — 157,000

Pensioni 12,514,145 8,300 12,522,445 + 231,145

Sovvenzioni e Dotazioni. . , 400,000 19,310,311 19,710,311 +2,872,331 Debito Pubblico 89,782,782 1,664,002 91,446,784 -3,829,249 Amminist. del Debito pubblico 773,687 18,000 791/87 + 10,187 Spese per gli affari comuni . 76,207,146 - 76,267,146 -2,781,844

Totale del preventivo . 143,056,549 38,126,002 381,782,551 —1,482,762

(1) (2J —1,482,762

(1) Nell'unno passato le spese ordinarie ascendevano a 338,089 563 flor (2) Nell'unno passato le spese straordinarie, escluse quelle' per la (ostruzione delle 1 errovie, ascendevano a 48,175,750.

E N T R A T E

Consiglio dei Ministri . . . . Ministero dell'Interno . . . . Ministero della difesa Nazionale Ministero del Culto ed Istruzione Ministero delle Finanze . . . Ministero del Commercio. , . Ministero d'Agricoltura. . . . Ministero di Giustizia . . . . Corte dei Conti

Pensioni

Sovvenzioni e Dotazioni . . . Debito pubblico . . . Amministr. del debito pubblico Ilendita dei beni demaniali . . Canone della Società dei Vapori

sul Danubio

Residuo di Cassa dell'anno de-corso Totale dell'entrata Ordinarie j Straord. I Fiorini v a l u t a Austriaca 430,225 1,130,267 39,28! 4,679,204 317,916,099 20,085,350 11,02-2,200 37- ,294 36,194 345,000 1,410 7,100 2,174,728 200,000 17,090 Totale 430,225 1,131,677 39,268 4,686,304 320,120,827 20,285,350 11,039,290 370,294 9,412,336 900,000 632,309 350,084,721 (3) 36,194 9,412,336 345,000 900,000 632,31 9 Differenza col 1871 f- 2,225 323 t- 5,742 4 - 59,704 -3,597,789 +• 100,350 -t- 933,590 + 63,294 106 7,529 +4,979,836 38,000 —1,600,000 - 190,225 14 000 ODO 13,344,973 369,429,694 —1386928! (») i

3) Nell'anno passato l'entrate ordinarie ascendevano a 357,760,870 fiorini. 4) Nell'anno passato l'entrate straordinarie ascendevano a 25,532,105 fiorini.

Il risultato che si rende manifesto da questo quadro si è adunque che senza le spese per la costruzione delle ferrovie, per le quali deve esser provveduto con una legge speciale, il totale delle spese di 381,782,551 fi. contro un' entrata di 369,429,694 fi. presenta un deficit esatto di 12,352,857 fi., mentre nel preventivo perii 1874, senza calcolare parimente le spese per la costruzione delle ferrovie, l'entrata e l'uscita quasi si pareggiavano. Se si considera che secondo il preventivo le spese del 1875 con-tro quelle ('(Hanno decorso diminuiscono di 1,482,762 fi. ne resulta che la preventiva diminuzione dell'entrata ascende a 13,835,619 fi. La causa di questo sbilancio deve rintracciarsi, secondo l'esposizione del ministro, nella cifra delle contribuzioni indirette che segnarono una grande diminuzione.

Questo disavanzo Ai 12,000,000 di fiorini non potrà più venir coperto come negli anni scorsi con la riserva di cui disponeva lo Stato e ohe adesso trovasi esaurita, ed il ministro espesse la necessità di ricorrere a tale scopo alla vendita di rendita dello Stato la cui emissione fu già autorizzata in addietro.

Le spese pei Lavori pillici in Italia

( A m a i SS««-1S51Ì)

Non è senza interesse passare in rassegna in questi giorni

le spese che il Governo italiano ha fatto dopo la

costitn-zione del ovo regno pei' migliorare le condizioni

eco-nomiche del paese. Nello scorrere di pochi anni abbiamo

vedute sorgere e compiersi in Italia opere grandiose ed

utili, e nessuno oramai può negare che non siasi dato un

grandissimo impulso ad ogni specie di opere pubbliche,

non che ai servizi delle poste e dei telegrafi, essi pure

elementi efficaci di progresso per la ricchezza nazionale.

Le cifre che andiamo esponendo sono desunte dai conti

amministrativi del ministero dei lavori pubblici che

deter-minano definitivamente le spese di ciascuno esercizio. Esse

dimostrano a sufficienza quali ragguardevoli somme siansi

erogate nel tredicennio 1860-1872 in opere pubbliche.

ANNI Spese ordinarie Spese straordinarie TOTALE 1860 L . 33,762,700 16,311,740 50,074,441 1861 46,492,295 53,814,587 100,100,882 1S6-2 60,691,644 44,303,174 104,991,818 54,752,896 43,949,191 98,702,088 1864 68,662,477 48,338,806 117,001,283 107,008,832 34,797,750 141,800,782 T8f.fi 34,030,826 17,905,914 52,596,740 ,1867 37,312,605 60,895,034 98,207,099. 1868 37,530,488 43,172,444 80,702,933 1809 38,020,331 65,279,521 103,899,852 1870 28,347,471 35,011,733 63,359,205 1871 42,217,898 78,095,832 120,313,739 45,059,797 80,119,104 131,178,901 TOTALE..L. 635,090,320 027,854,830 1,262,945,373 i|

(10)

710 L' E C O N O M I S T A 29 ottobre 1874

uà minimo di 52 milioni e mezzo di lire nel 1866 (ormo

della guerra con l'Ausilia), e c u un massimo di quasi 142

milioni di lire nell'anno 1865, non tenendo conto dell'anno

1860 per non esser comprese ielle cifre di quest'anno,

nè in quelle del 1861 le spese pel Napoletano e per la

Sicilia.

Vediamo ora corno furono ripartite queste spese, per

ciascun ramo di servizio affidato al Ministero dei lavori

pubblici.

Spese Spese Totale ordinarie straorilin.

Amministrazione centralo L. 10,193,283 * 10,193,283 Corpo del Genio c i v i l e . . . . 32,841,850 » 32,841,056 Trasporto della capitale

To-rino-Firenze e Firenze-* 4 733,016 Roma » * 4 733,016 14,733,610 Fabbricati e monumenti. .. 1,339,158 1,755,171 3,094,329 105,597,570 73,013,318 178,610,888 Lavori idraulici 42,131,77-2 17,715,479 59,847,251 Bonifiche 280,-241 21,230,052 21,542,293

Porti, spiaggia e fari 28,468,009 58,204,192 86,673,101 155,561,355 424,717,836 580,2:9,211

Telegrafi 56,875,843 5,481,950 62,357,793

200,242,361 8,14"!,917 208,390,278 Spese diverse 1 552,412 2,829,180 4,381.592

Totale.. L. 635,090,326 627,855,034 1,262,945,351

Si rileva da queste cifre che olire la metà della son ma

complessiva occorsa pei lavori pubblici venne impiegata nel

servizio delle strade ferrate. E si osservi che i 580

mi-lioni di lire sopra indicati non rappresentano tutta la

spesa occorsa nel tredicennio 1860 7 2 pei lavori dt Ile

fer-rovie italiane, poiché è da sapersi che da] 1866 in poi le

spese per il pagamento delle sovvenzioni e garanzie

d'in-teressi alle Società ferroviarie furono trasportate dal

bilan-cio del Ministero dei lavori pubblici a quello del

Mini-stero delle finanze. 0 a, riportandosi alle cifre indicate

dal-l'onorevole Morpurgo nel suo pregievole lavoro sulle

fi-nanze italiane, pubblicato ralla seconda edizione àtWItalia

Economica nel 1873,

vediamo che la spesa per le

sov-venzioni chilometriche pagate dallo Stato dal 1866 al 1872

ascese ad oltre 300 milioni di lire.

Dopo le strade ferrate, il servizio delle Poste fu quello

che richiese maggiori spese durante il tredicennio (lire

208,390,278). Anche la costruzione e la sistemazione dei

ponti e strade e il loro mantenimento e miglioramento

gravarono per una somma ragguardevole (178 milioni e

mezzo di lire) l'amministrazione dei lavori pubblici. La

costruzione dei porti, spiaggie e fari rappresenta essa

pure una somma non indifferente (86 milioni e 673 m i a

lire) nelle spese fatte nel periodo sopraindicato, come pure

è meritevole di attenzione la spesa occorsa pel servizio dei

telegrafi (62 milioni di lire).

Esaminando pei il conto amministrativo del 1873,

ve-diamo che le spese per le opere pubbliche aumentarono

anche nel decorso anno. Infatti le somme pagate dal T e

-soro durante l'anno 1873 sul bilancio passivo dei lavori

pub-blici ascesero a lire 159,983,006, delle quali 46,966,440

sulla parte ordinaria, e lire 113,016,566 sulla parte

straor-dinaria. Finalmente nel bilancio di definitiva pr, visione

di quel Ministero pel corrente anno 1874 le spes* furono

stabilite in lire 163,821,755 spettanti per lire 55,633,283

alla parie ordinaria, e per lire 108,158,472 alla parie

straor-dinaria di quel b lancio.

Riassumendo tutte le cifre sopra esposte, compresi i 300

milioni delle sovvenzioni chilometriche, vediamo ohe per

la sola amministrazione dei lavori, pubblici l'Italia ha

im-piegato nel corso di quindici i nni la importante somma di

un miliardo e 886 milioni di lire.

Gii elettori è bene che conoscano ed apprezzino queste

cifre in questo momento.

IL COMMERCIO DELLA FRANCIA

DURANTE I PRIMI NOVE MESI DEL 1874 Il commercio della Erancia che aveva dato favore-volissimi resultati durante il primo semestre di que-st'anno, dal mese di luglio in poi è entrato in un pe-riodo migliore. La ripresa che segnalavamo nell'ultimo nostro resoconto progredisce di più in più.

Il seguente quadro dà le cifre delle nostre importa-zioni ed esportaimporta-zioni durante il terzo trimestre del 1873 e 1874. IMPORTAZIONI 1S9X «894 Luglio Er. 305,306,000 352,195,000 Agosto » 285,027,000 275,052,000 Settembre » 324,424,000 344,552,000 Totale dei primi 9 mesi Er. 2,526,392,000 2,826,323,000

E S P O R T A Z I O N I

«893 «894 Luglio Fr. 276,969,000 335,958,000 Agosto » 315,784,000 320,431,000 Settembre » 316,547,000 393,316,000 Totale dei primi 9 mesi Er. 2,851,131,000 2,794,262,000

Ciò ohe soprattutto è da notarsi nelle cifre qui sopra, si è il progresso realizzato sull'esportazione da tre mesi in poi. Alla fine dei primi sei mesi il resultato totale delle esportazioni della Francia nel 1874, era inferiore di 197,273,000 franchi a quello dei primi sei mesi dell'anno precedente. In grazia allo sviluppo preso dall'esporta-zione durante i mesi di luglio, agosto e settembre, la differenza in meno in pregiudizio del 1874, oggi non è che di soli 56,869,000 franchi. Abbiamo dunque rigua-dagnato durante l'ultimo trimestre 140,404,000 franchi.

Le importazioni si mantengono sempre in una buona situazione.

Ecco come si decompongono :

I M P O R T A Z I O N I (primi nove mesi)

«893 «89« . Fr. 598,572,000 715,190,000 . » 1,551,489,000 1,708,141,000 » 258,560,000 287,268,000 , » 117,771,000 115,724,000 Fr. 2,526,392,000 2,826,323,000 Prodotti alimentarli Materie prime . . . Oggetti fabbricati . Altre mercanzie . .

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83 milioni di fr. nel 1874). Per contro vi sono da segna-lare notevoli diminuzioni sugli zuccheri, che da 85 mi-lioni nel 1872 passano a 76 mimi-lioni nel 1874; sui caffè che da 71 milione di fr. nel 1873, sono scesi a 59 mi-lioni di fr. nel 1874; sui grassi che l'anno passato ave-vano raggiunto la cifra di 35 milioni, e che quest'anno si sono fermati a 22 milioni di fr. Finalmente l'importazione dei bestiami non si è elevata durante i primi nove mesi del corrente esercizio, che a 76,357,000 fr. mentre che l'anno passato oltrepassava la cifra di 117 milioni di franchi.

Nella categoria delle materie prime, conviene notare il progresso realizzato dai seguenti articoli :

Pelli brute Fr. Lane » Sete » Cotoni > Legname da doghe . . . » 1 8 » 119,007,000 263,214,000 235,072,000 135,852,000 35,566,000 «8134 134,109,000 267,534,000 260,186,000 253,619,000 46,141,000 Se vi è aumento nell'importazione di legname da doghe, non è la stessa cosa in ciò che riguarda il le-gname da costruzione che figura sul quadro del 1873 per 78 milioni di fr. ohe su quello del 1874 è portato per solo 71 milioni.

Circa il cai'hon fossile, l'anno passato a simile epoca ne era stato importato 53,398,621 quintali metrici, per il valore di 165,001,739 franchi. Quest'anno ne è entrato in Francia solo 46,348,000 quintali metrici per un valore di 143,217,174 franchi.

Durante i primi nove mesi del 1874 si è visto l'impor-tazione dei fili di cotone ascendere a 22 milioni; dei tes-suti di seta a 28 milioni ; dei testes-suti di lana a 50 milioni e dei tessuti di cotone a 41 milioni. Questi resultati sor-passano quelli del 1873 di una somma dai 3 ai 5 milioni in circa, per ciascuno dei sopra citati articoli.

Ecco come si suddividono le cifre delle nostre espor-tazioni.

ESPORTAZIONI (nei primi nove mesi)

« 8 7 3 « 8 7 4 Oggetti fabbricati Fr. 1,639.366,000 1,623,946,000 Prodotti alimentari e materie prime » 1,064,142,000 Altre mercanzie . . » 147,623,000 1,016,254,000 154,062,000 Totale Fr. 2,851,131,000 2,794,262,000 Dall'esame delle cifre qui sopra, risulta subito che la esportazione dei prodotti fabbricati nel 1874 è inferiore a quella del 1873 di soli 15,420,000 franchi. La diffe-renza in meno che esiste ancora a pregiudizio del 1874 è dovuta quasi interamente al movimento dei generi di alimento. Effettivamente invece di esportare per franchi 137,603,000 di cereali, come nel 1873, non ne abbiamo esportato quest'anno che per 69,963,000 franchi.

Eatta questa digressione, riprendiamo l'ordine del quadro delle Dogane che mette in prima riga l'espor-tazione degli oggetti fabbricati. Occupiamoci dunque d®i prodotti delle nostre industrie tessili.

Tessuti di seta — di lana . . . » — di cotone . . » — di lino e canapa » Fili di lana . . . » - - di cotone. . . » — di lino o canapa » — di formio e juta » ESPORTAZIONI « 8 7 3 Fr. 388,530,000 » 247,917,000 » 56,747,000 22,461,000 22,814,000 6,264,000 11,395,000 2,785,000 1 8 7 4 369,621,000 273,755,000 55,872,000 20,584,000 25,643,000 4,815,000 14,382,000 1,657,000 Fr. 758,913,000 766,329,000 Così, benché l'esportazione dei tessuti di seta, cotone, lino o canapa e dei fili di cotone e di jute sia diminuita1 in quest'anno, l'aumento che si ò prodotto sui tessuti di lana ed i fili di lana, di lino e di canapa ci dà un bilancio generalo in vantaggio del corrente anno.

Fra gli altri prodotti fabbricati, i lavori in pelle ed in cuoio hanno visto la loro esportazione abbassarsi da 105 milioni di franchi nel 1873 a 97 milioni di frairctii nel 1874; le confezioni sono cadute da 69 milioni di franchi a 53 milioni, e l'oreficeria da 35 a 31 milioni di franchi. È vero che vi è stato un aumento sugli zuc-cheri raffinati (89 milioni di franchi nel 1873 e 106 mi-lioni e mezzo nel 1874) e sull'ebanisteria e sulle mer-cerie (108 milioni di franchi nel 1873 e 113 milioni di franchi nel 1874).

Nella categoria dei generi d'alimento e di materie prime, le principali diminuzioni colpiscono i cereali -più sopra ne abbiamo indicata l'importanza - ed i vini, di cui l'esportazione oltrepassava l'anno passato i 218 milioni di franchi, mentre quest'anno è appena arrivata ai 192 milioni. I liquori non sono favoriti di più. Dai 74 milioni, cifra del 1873, discendono nel 1874 a mi-lioni 53.

Dopo queste diminuzioni, vi è da segnalare l'umento di varii articoli, specialmente il burro (52,791,000 fr. nel 1873 contro 66,627,000 fr. nel 1874), le lane (66 mi-lioni di franchi nel 1873 e 82,149,000 fr. nel 1874), le sete (73 milioni nel 1873 e 85 milioni nel 1874), final-mente il cotone in lana (54 milioni nel 1873 e 66 mi-lioni nel 1874).

Il movimento dei metalli preziosi, oro, argento, du-rante i primi nove mesi degli anni che ci occupano, si è elevato, per l'importazione, a franchi 329,225,000 nel 1873 e a fr. 718,491,000 nel 1874, e per l'esportazione a fr. 428,482,000 nel 1873 e a fr. 96,567,000 nel 1874; i metalli preziosi dunque ci ritornano in enorme quantità.

IL COMMERCIO DELL'INGHILTERRA

(12)

712

L' E C O N O M I S T A

Non è stata la medesima cosa coli'esportazione, che

nel settembre 1873 era per 22,274,000 lire sterline, e ohe nel settembre 1874 è caduta a 24,464,000-lire ster-line. Vi è stata dunque a danno dell'ultimo mese del-l'anno corrente una diminuzione di 810,000 lire sterline che rappresenta circa il 3, 6 per cento in meno.

Se consideriamo ora l'insieme dei resultati commer-ciali ottenuti durante i primi nove mesi dei due anni, ci troviamo di fronte alla seguente situzione :

Primi novo mesi

1873 . 1874 . Importazione L. st. 276,175,000 » 283,482,000 2 sportaziono 193,676,000 180,676.000 Da un lato vediamo che nel 1874 l'importazione sorpassa di 7,307,000 la cifra del 1873; da un al-tro lato constatiamo che l'esportazione nel 1874 è in-feriore di 12,735,000 lire sterline a quella del 1873. Il calcolo delle proporzioni ci dà per il 1874 un aumento di 2, 7 per cento all' importazione ed una diminuzione del 6, 6 per cento all'esportazione. La situazione gene-rale del commercio inglese b Insomma un poco miglio-rata durante il mese di settembre. Alla fine dei primi otto mesi il deficit sull'esportazione era valutato a 7 per cento. La ripresa è ancora poco sensibile, ma finalmente, per leggiera che sia la tendenza, non per questo cessa di esistere e dobbiamo segnalarla. Detto questo, occu-piamoci del dettaglio dell'importazione.

Seguendo l'ordine alfabetico del quadro inglese, la prima merce importata che presenta un aumento è il burro. L'Inghilterra che ne aveva fatto venire nel 1873 per 5,062,287 lire sterline, nel 1874 ne ha domandato per un valore di 653,697 lire sterline. Quantunque il rapporto del Board of trade non indichi i paesi di pro-venienza di questi articoli, è evidente che le cascine d'Isigny hanno dovuto fruire in buona dose i beneficii di questo sviluppo del consumo inglese.

Le importazioni del grano si sono elevate da 19,797,840 lire sterline nel 1873, a 20,176,000 lire ster. nel 1874. L'azzardo delle raccolte ha disgraziatamente voluto che la Francia non avesse, sul principio del 1874, un gra-naio ben fornito. L'Inghilterra ci aveva comprato nel 1873 per 746,892 lire sterline di grano; quest'anno ce ne ha richiesto solo per il valore di 133,233 lire sterline. La Russia che le aveva somministrato grano per il valore di 4 milioni e mezzo di lire sterline nel 1873, gliene ha spedito nel 1874 per 2 milioni. L'approvvigionamento inglese ha dovuto farsi in America, e gli Stati Uniti, che non avevano dato nel 1873 che per 8,479,601 lire sterline di grano, hanno largamente approfittato della situazione vendendo quest'anno agl'Inglesi per 11,756,222 lire sterline di grano. L'importazione dell'orzo si è pa-rimente elevata da 2,912,514 lire sterline nel 1873, a 3,363,899 lire sterline nel 1874. Quella dell'avena è pas-sata da 3,833,397 lire sterline a 3,976,205 lire sterline. Finalmente il formentone ha visto la sua importazione raggiungere la cifra di 6,526,158 lire sterline nel 1874, mentre nel 1873 era di 5,161,738 lire sterline.

L'importazione del riso ha guadagnato pure. L'anno passato rappresentava a simile epoca un valore di 2,228,023 lire sterline. Quest'anno ha raggiunto quasi 3 milioni di lire sterline. I tessuti di seta continuano ad essere in favore sul mercato britannico. Nel 1873 ne sono stati

12 29 ottobre 1874 importati per 3,925,301 lire sterline, e nel 1874 per 5,706,687 lire sterline. La Francia ha fornito per parte sua nel 1873 seterie perla cifra di 2,657,467 lire st. e nel 1874 di 3,881,003 lire sterline. Parimente di Fran-cia è provenuta quasi la totalità dei nastri di seta e di raso, la cui importazione nel 1873 era per 1,225,292 lire sterline e nel 1874 per 1,623,288 lire sterline. '

I legni grezzi e segati sono specialmente in progresso quest'anno. Mentre che l'Inghilterra l'anno passato ne aveva comprato solo per 11 milioni di lire sterline, que-st'anno ne ha fatto venire per 15 milioni di lire st.

Finalmente, le lane in massa che figuravano per 16,392,' 56 lire ster. sullo specchio del 1873, su quello del 1874 sono portati per 17,903,336 lire st.

Riguardo questi aumenti, ecco alcune mercanzie che accusano, nell'importazione del 1874, una debolezza più apparente che reale, perchè proviene principalmente dalla diminuzione di prezzo di certi articoli:

Caffè. . . . L. st. Cotone grezzo. » Zucchero . . » Vini . . . . » 1873 6,335,572 43,124,570 18,784,074 5,940,286 1874 6,055,551 38,931,641 12,988,657 5,224,209 Per il cotone e per lo zucchero specialmente, se la cifra del valore d'importazione accusa una notevole di-minuzione, non è lo stesso caso colla cifra delle quantità che resta stazionaria con un leggiera tendenza ad alzarsi. Diminuzione di valori, in queste condizioni, lungi dal-l'essere un indizio sfavorevole per il commercio inglese, corrisponde ad alcuni vantaggi ed economie profittabi-lissime sul prezzo della materia prima.

Eccoci alla riesportazione. — Un solo articolo merita menzione, ed è il cotone. Il grande entrepót inglese ne ha rivenduto nel 1873 per 4,591,738 lire st. e nel 1874 per 5,354,869 lire sterline. Il Belgio, la Francia e la Germania sono tra i grandi compratori di questo tessile.

In ciò che concerne l'esportazione dei prodotti diretti del suolo e dell'industria del Regno Unito, vi è da no-tare che le numerose variazioni dei prezzi che si sono pro-dotte da due anni in poi, non permettono di farsi una idea esatta della situazione reale del commercio inglese colla sola ispezione dei valori. Infatti, da una parte i valori si abbassano a misura che i prezzi diminuiscono, e dall'altra le quantità aumentano. Mentre nell'impor-tazione questo doppio movimento di valore e quantità può esser vantaggioso agl'importatori, nell'esportazione è totalmente sfavorevolissimo, perchè equivale ad una vendita nella quale si dà per meno denaro una più gran quantità di mercanzie.

Questa spiegazione era necessaria per la lettura del seguente quadro :

QUANTITÀ VALORI

1813 1871

Carbon fossile, tonn. . 9,ili,164 10,310,570 Fili di col;, liv. do poids 158,390,018 10-2,248,081 Tessuti di cotone, yanls. 2,032,963,216 2,690,296,938 Ferro e acciaio, tomi. . 3,200,999 1,830,040

1S73 1874 Lire st. Lire st. 9,924,272 9,1S0,624 11,734,762 10,883,728 43,175,074 41,470,085 29,144,217 23,702,875

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